Il Giardino Bortolotti ҈ȨɤȃȨɄȨ % potesi: Ciucioi da chicchiol = cincia romagnola; varianti locali ciciol, zizzol - dal “Vocabolario Vernacolo Italiano pei distretti roveretano e trentino” di Giambattista Azzolini (1777-1853). Il paesaggio storico di Lavis è incernato sull’Avisio, torrente impetuoso che confluisce nell’Adige poco più a ovest,e che incide la Val di Cembra. La presenza del corso d’acqua ha segnato una storia di inondazioni ricorrenti, permettendo nel contempo il fiorire di attività produttive, quali la fluitazione del legname,l’estrazione del porfido ed il funzionamento dei mulini. È proprio la presenza di questi ultimi che ha coadiuvato lo sviluppo delle filande di seta nel Settecento e sino a metà Ottocento, fornendo l’energia necessaria alla produzione di vapore per il trattamento dei bozzoli e per l’azionamento delle macchine per la trattura della seta. Il paesaggio collinare del Settecento sino a metà dell’Ottocento è caratterizzato dalla gelsicoltura e viticoltura, che spesso si ritrovano combinate, con le viti mariate ai gelsi. Tale paesaggio si modifica gradualmente nel corso della seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Il paesaggio urbano cambia radicalmente con l’introduzione della linea ferrata, inaugurata nel 1909, che attraversa il ponte e corre proprio ai piedi del Giardino Bortolotti, nonché con l’introduzione dell’illuminazione a gas, poi a petrolio e infine elettrica. La Val di Cembra vanta la risorsa estrattiva del porfido, roccia che si intravede ai margini del giardino, che potrebbe essere stato realizzato su un’area di cava dismessa, oppure costituire, più semplicemente, la cava di pietra del giardino stesso. Questa ipotesi potrebbe spiegare la disponibilità di quest’area alla creazione di un giardino, troppo scoscesa e rocciosa per la produzione agricola, ma già in qualche modo preparata per costruirvi terrazzamenti. Sicuramente la tradizione estrattiva del luogo implica conoscenza della lavorazione della pietra, capacità di costruire manufatti sulla roccia viva e possibilità di mostrare la roccia naturale accanto a quella lavorata, in quella contrapposizione tra arte e natura di memoria rinascimentale. Nel giardino, la parete rocciosa viene utilizzata dal Bortolotti quasi fosse costruita, coperta a volte soltanto da uno strato sottile di pietre lavorate, e a volte dal solo intonaco, quasi la struttura della possente scenografia fosse la montagna stessa. Ottone Brentari, nella Guida del Trentino Orientale del 1895 fa riferimento al Giardino Bortolotti, con parecchie terrazze, e rovine di recente costruzione, e sottolinea la presenza di rovine artificiali a lato delle terrazze. La guida del Touring Club Italiano delle Tre Venezie, preparata nel corso del primo conflitto mondiale e pubblicata subito dopo (1920) testimonia che il Pittoresco giardino Bortolotti era a quel tempo estimato oggetto di visita per gentile concessione dei proprietari; questo conferma che il giardino visse ancora per almeno cinquant’anni oltre la morte del suo creatore Tommaso Bortolotti (1796-1872) e che il suo decadimento avviene in epoca successiva. Il giardino emerge quale paesaggio partorito dalla fantasia del Bortolotti, ricco di riferimenti colti, in contrapposizione con quello agrario a fluviale in cui è inserito.. Si tratta dell’espressione di un concetto di paesaggio diverso, di una immensa scenografia realizzata, tra l’altro, per attirare l’attenzione. Indubbiamente, il Giardino Bortolotti ai Ciucioi si rifà all’antica tradizione della villa da mostra, espressione di magnificenza del principe rinascimentale, dove l’assenza di una vera e propria villa è sostituita da una grande scenografia atta a restituirne l’illusione. Dal punto di vista storico-paesaggistico il Giardino Bortolotti costituisce indubbiamente un unicum, in quanto creato in periodo di eclettismo e di emergenza del romanticismo, dove le false rovine, spesso di richiamo neogotico, si succedono per la creazione di una scansione di scene. Esempi di questo tipo sono assai comuni nel nord Italia, a cominciare dai giardini dello Jappelli della fine del Settecento, sino a quelli pittoreschi del tardo Ottocento. Tuttavia, peculiarità del Giardino Bortolotti, che lo si scosta da una tipologia abbastanza codificata, è nelle disposizione degli elementi architettonici non in sequenza, bensì in sovrapposizione, a creare una scena unica composta da elementi molteplici e diversificati, quasi questa fosse un’immagine di città ideale dipinta sulla parte superiore del versante montano. Non si conoscono altri esempi simili in Italia, né in altri paesi, eccetto forse 11 Palais Ideal di Hauterive vicino a Lione, insieme di esotiche architetture riunite in una dalla fantasia del postino Louis Ferdinand Cheval, sogno in pietra che, in ogni caso, viene concepito e realizzato in epoca successiva, poiché iniziato nel 1879 e concluso nel 1924. da Cesare Micheletti, Loredana Ponticelli, Ada Segre In collaborazione con: ASSOCIAZIONE CULTURALE LAVISANA