Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE: Via dell’arcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 Catanzaro Spedizione in a.p.Tabella C autorizzazione DCo/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003 Fondato nel 1982 31 gennaio - anno XXXiii n. 2 PIANTO DI UN INNOCENTE perché? perché? perché ?... il commento dell’Arcivescovo Bertolone a p. 5 Anche il Papa ha ricordato il piccolo Cocò D omenica scorsa dopo l’Angelus Papa Francesco ha ricordato il piccolo Cocò, il bambino di soli tre anni trovato carbonizzato a Cassano allo Ionio insieme al nonno e alla compagna di quest’ultimo. «Oggi in questa piazza ci sono tanti bambini - ha detto il Pontefice tra gli applausi della folla - e io voglio ricordare Cocò Campolongo, a tre anni bruciato in macchina e ucciso». «Questo accadimento su un bimbo così piccolo sembra non avere precedenti nella storia della criminalità. Cocò è di sicuro con Gesù in cielo. Per queste persone» che si sono macchiate di questo terribile crimine, il Papa ha auspicato un ritorno alla conversione. servizio a p .6 APERTuRA L’agenda del Vescovo FeBBRaio ORRORE E TERRORE!... D a queste nostre pagine non può mancare la registrazione dell’efferata morte riservata a tre persone di cui un ragazzino di 3 anni: Nicola Campolongo, detto “Cocò”. La terra di Calabria non aveva mai raggiunto tanta empietà… eppure un corpicino umano è stato bruciato con tanta spietatezza. Il progetto di morte è solo frutto di cecità mentale, di tenebre di cuore e di totale assenza di umanità. L’esecutività di tale progetto ha trovato mani inaridite di sangue umano, occhi di brace ardenti, viso incenerito dallo stesso odio che si porta dentro. Tra queste lingue di fuoco - che sono infernali - emerge il volto candido di un bimbo che, estraneo ad ogni problematica di questa vita disumana, si guarda attorno e vede nel nerume del fuoco in cui è stato bruciato, le ombre di queste figure macabre che non hanno diritto ad essere chiamate persone umane o se queste vogliono ancora esserlo, ascoltino le parole di Papa Francesco che li ha invitati alla conversione. Il volto della Calabria deve essere purificato da queste sozzure di disumanità. Sorga il sole sulle ceneri di Cocò e di quanti hanno subito violenze inumane, ma sorga il sole anche sulle coscienze annerite dagli orrendi crimini. Il sole indori tutto! Raffaele Facciolo 2 31 gennaio 2014 3-5 Reggio Calabria, partecipa ai lavori della CeC 7 Udienze 6 9 Roccelletta di Borgia, aggiornamento del Clero Davoli Marina, Santa Messa 11 ore 11 germaneto S. Messa 13 Catanzaro, Scuola Chimirri, Seminario di studio ore 16 Soverato visita all’ospedale, h. 17 S. Messa 14-15 Cei, partecipa al Seminario della Commissione Clero e Vita Consacrata 20 Mattina ritiro al clero di Mileto 16 Pomeriggio incontro con la città a Vibo 21 24 Catanzaro, Seminario S. Pio, Presiede S. Messa per festa fidanzati della diocesi incontro con la città con l’on. Paola Binetti e guido Rodhio 25-28 Roma: Partecipa al Convegno presso l’Università Lateranense Torre Ruggero, esercizi spirituali Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace ABBONAMENTO CCP n. 10342889 intestato a “Comunità nuova” € 25,00 per l’Italia € 40,00 per l’estero Direttore Resposabile: Mons. Raffaele Facciolo Redazione: Francesco Candia (amministratore) Michele Fontana • giovanni Scarpino Marcello Lavecchia • Fabrizio Marano Valeria nisticò • Rita Doria Saverio Candelieri • anna Rotundo Fondato nel 1982 editore e Redazione ARCIDIOCESI METROPOlITANA DI CATANZARO-SquIllACE Via arcivescovado, 13 88100 - Catanzaro tel. 0961.721333 e-mail: [email protected] iscritto al n. 2/1982 del Registro della Stampa del Tribunale di Catanzaro il 16 gennaio 1982. ISSN: 2039-5132 www.diocesicatanzarosquillace.it CulTuRA Il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comuniazioni Sociali uNA CORRETTA COMuNICAZIONE SOCIAlE PER uN’AuTENTICA CulTuRA DEll’ INCONTRO D a una conoscenza sia pure elementare della storia della Chiesa Cattolica si evince come questa Istituzione si sia interessata sempre ai mezzi della comunicazione, che, ovviamente, si sono evoluti col passare dei secoli (manoscritti, libri, giornali, radio, tv, pc, ecc.), ma che hanno avuto sempre come fine principale ed essenziale quello di promuovere “un’autentica cultura dell’incontro”. Si pensi soltanto alle Lettere di S. Paolo alle varie comunità cristiane del suo tempo e appare chiara la missione informativa, formativa e operativa che la Chiesa ha sempre svolto, e svolge ancora di più ai nostri giorni, per lenire le molteplici forme di emarginazione e di povertà materiale e spirituale. A proposito, Papa Francesco, nel Messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che reca la data del 24 gennaio scorso, ma che è destinato alla celebrazione della stessa Giornata in ogni angolo del mondo, si chiede: “E per noi discepoli del Signore, che cosa significa incontrare una persona secondo il Vangelo? Come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e peccati, essere veramente vicini gli uni agli altri? Queste domande si riassumono in quella che un giorno uno scriba, cioè un comunicatore, rivolse a Gesù: «E chi è mio prossimo?» (Lc 10,29). Questa domanda ci aiuta - continua a dirci Papa Francesco - a capire la comunicazione in termini di prossimità. Potremmo tradurla così: come si manifesta la “prossimità” nell’uso dei mezzi di comunicazione e nel nuovo ambiente creato dalle tecnologie digitali? Trovo una risposta nella parabola del buon samaritano, che è anche una parabola del comunicatore. Chi comunica, infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”. E qui il Messaggio del Santo Padre “tocca” un tema che non è nuovo alla dottrina sociale della Chiesa, che ai nostri giorni deve fare i conti con i media, in special modo internet, che può “offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”. Ma non sempre è così perché la connessione digitale, capace di arrivare “fino ai confini della terra”, può trasformarsi in comunicazione non corretta, eticamente carente, o addirittura spingere a “isolarci dal nostro prossimo. Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista, più umana che tecnologica”. Papa Francesco, dice ancora che “Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche, e, purtroppo, anche religiose”. Eppure, nello stesso Messaggio, Francesco afferma che “La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali”. E questa “rivalutazione” dei media è particolarmente indirizzata agli operatori della comunicazione, ai giornalisti, agli scrittori, alla cui sensibilità e corretta deontologia professionale viene affidato il compito non lieve, ma gratificante, di far “meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell’uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri”. In conclusione, il significativo Messaggio del Santo Padre sopra citato è di grande attualità, nel solco, d’altra parte, di testi ufficiali della Chiesa, come Etica nelle comunicazioni sociali (2000), Etica in Internet (2002),e La Chiesa e Internet (2002), tutti editi dalle Paoline, il cui contenuto appare ancora interessante e degno di essere letto e meditato. Antonio Fazio 3 31 gennaio 2014 ATTuAlITà Celebrazione per i 25 anni di episcopato di Mons. Ciliberti un fruttuoso ministero pastorale nella “vigna del Signore” P astore a Locri- Gerace, dal 1989 al 1993, a Matera- Irsina, dal 1993 al 2003, a CatanzaroSquillace, dal 2003 al 2011. Venticinque gli anni –un quarto di secolo- di episcopato per il nostro arcivescovo emerito Antonio Ciliberti. Un lungo e fruttuoso ministero pastorale che ha inciso notevolmente nelle dinamiche ecclesiali, culturali e sociali del meridione d’Italia, in particolare della Calabria e della Basilicata. E così le chiese calabresi e lucane elevano la lode al Signore per aver messo sul loro cammino di comunione un pastore che sempre si è speso –e da eme- 4 31 gennaio 2014 rito continua a farlo- per quell’evangelizzazione “nuova” (nelle forme, ma non nel contenuto) tanto cara a Papa Giovanni Paolo II, oggi beato. Solenne quindi la celebrazione eucaristica presieduta per l’occasione dallo stesso mons. Ciliberti –che per anni è stato pure Vice presidente della Conferenza Episcopale Calabra- nella Cattedrale di Catanzaro. Un importante momento di preghiera fortemente voluto dall’arcivescovo metropolita mons. Vincenzo Bertolone e che ha visto la presenza pure di mons. Antonio Cantisani, arcivescovo emerito di Catanzaro-Squillace, di mons. Vittorio Mondello, arcivescovo emerito di Reggio Calabria–Bova, di mons. Leonardo Bonanno, vescovo di San Marco Argentano- Scalea, di mons. Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, di mons. Francesco Milito, vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, di mons. Donato Oliverio, vescovo dell’Eparchia di Lungro, di mons. Vincenzo Rimedio, vescovo emerito di Lamezia Terme, di mons. Cornelio Femia, amministratore diocesano di Locri- Gerace, e di mons. Antonio de Simone, amministratore di Rossano- Cariati. Insomma folta la rappresentanza dell’episcopato calabrese, ma non solo. Alla funzione religiosa – animata dalla Schola Cantorum “Santa Maria Mater Pacis” con la direzione del Maestro Paolo Silvano- hanno infatti partecipato numerosi sacerdoti, gli esponenti delle istituzioni civili e militari –tra i quali, in prima fila, il commissario della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro ed il sindaco di Squillace Guido Rhodio- e tantissimi fedeli laici che hanno letteralmente gremito l’edificio sacro. Significative le parole che l’arcivescovo Bertolone ha rivolto a mons. Ciliberti nel suo indirizzo di saluto: “In questa felice ricorrenza mi piace pensare al capitolo venti degli Atti degli Apostoli, ove leggiamo che Paolo ringrazia il Signore perché, nonostante i suoi difetti, l’ha chiamato a ‘rendere testimonianza al messaggio di tenerezza e di grazia di Dio’. Proprio come Ella ha fatto nei venticinque anni di episcopato, durante il servizio reso nelle tre diocesi ove il Santo Padre lo ha inviato. Un venticinquennio ricco e proficuo, per il quale tutti noi siamo riconoscenti. Nel suo magistero Ella ha sempre affermato che l’attività di evangelizzazione è il fondamento e il principio dell’azione della Chiesa e ci ha sempre ricordato che il cristiano è chiamato ad essere un conoscitore esperto della volontà di Dio. Il nostro è un incontro di preghiera in ringraziamento al Padre perché Egli, come sottolinea lo splendido Prefazio degli Apostoli, è il Pastore eterno che non abbandona il suo gregge, ma lo custodisce e lo protegge sempre per mezzo dei suoi santi Apostoli e lo conduce attraverso i tempi ATTuAlITà sotto la guida di coloro che Egli stesso elegge Vicari del Suo Figlio e costituisce Pastori. Per questo ancora una volta vogliamo lodare il Signore”. “Carissima eccellenza –ha continuato mons. Bertolone-, la comunità tutta e i presbiteri ringraziano il Signore per il grande dono dell’episcopato. La ringraziano anche l’Episcopato calabro e lucano per il suo servizio episcopale. Le auguriamo tanta serenità, salute e fecondità apostolica. Volentieri faccio riferimento al 29 maggio 2011 quando mi presentò la Chiesa di Catanzaro- Squillace. Ed allora con Lei ogni giorno ringraziamo il Signore ripetendo ‘è bella e dolce la mia Chiesa’”. “Chi è il vescovo?”. E’ la domanda dalla quale è partito mons. Ciliberi nella sua omelia, che si è concentrata sulla grandezza del ministero episcopale e sacerdotale. “Il vescovo – ha detto – successore degli apostoli per mandato divino, con l’imposizione della mani e la preghiera consacratoria, rende partecipe il presbitero del suo sacerdozio che è continuazione del sacerdozio di Cristo. La comunione, quindi, tra il vescovo e il presbitero è una dimensione ontologica che va colta e vissuta nella fedeltà”. Quello del vescovo, in altre n parole, è – ha sottolineato mons. Ciliberti- “un mandato pastorale segnato da una chiamata”: “il suo compito è quello di portare il vangelo ad ogni uomo; un compito che appartiene a tutti i membri della Chiesa, ma in maniera particolare ai vescovi ed ai sacerdoti”. Mons. Ciliberti ha quindi rinnovato l’invito alla comunità cristiana a pregare, affinché “non manchino santi pastori”. “Con don Bosco – ha detto Cresce in diocesi la “famiglia” dei diaconi permanenti ella memoria della traslazione delle reliquie di Sant'agazio, patrono della diocesi, l’arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone, nella concattredale di Squillace, ha conferito il sacro ordine del diaconato permanete a Bruno Trovato. Si tratta di un laico sposato e padre di un figlio, che ha maturato il cammino vocazionale nella parrocchia San nicola Vescovo in Squillace lido, unitamente al lavoro di fisioterapista. “La mia famiglia, il parroco, la comunità parrocchiale ed i formatori - afferma Bruno Trovato mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto in questo percorso vocazionale. oggi, da diacono, chiedo al Signore di poterlo servire ancor di più con umiltà e carità, per collaborare alla costruzione della civiltà dell’amore”. Mons. Bertolone, nell’evidenziare il profumo di santità che Sant’agazio emanò nell’offrire la sua giovane vita al progetto di salvezza, ha richiamato l’impegno che il diacono è chiamato a vivere come faro della luce di Cristo al servizio della Chiesa, lasciandosi plasmare dalla Parola di Dio, da dover annunciare con passione, convinzione e testimonianza di vita. Presenti alla celebrazione l’arcivescovo emerito mons. antonio Cantisani, assieme a numerosi presbiteri, diaconi e fedeli. ancora– ricordo che il dono più grande che Dio possa fare a una famiglia è darle un figlio sacerdote. E ancora, insieme al grande santo dei giovani, ricordo alle comunità parrocchiali che il grado di spiritualità che le caratterizza si misura dal numero delle vocazioni che in esse sbocciano”. Nel concludere l’omelia mons. Ciliberti ha ricordato la vicenda di Giovanni quando, ormai avanti con l’età, dall’isola di Patmos si rivolge ai suoi discepoli per un ultimo insegnamento. “Anch’io – ha aggiunto- con cuore di Padre, dico a tutti: figlioli miei amatevi gli uni gli altri. Queste suggestive parole sono l’eco della Parola di Cristo. Da questo vi riconosceranno che siete miei se vi amerete gli uni gli altri. Amatevi come io vi ho amato. La forza del mio reciproco amore è la voce incarnata della nostra missione nel mondo ed è il cemento solido per costruire tra gli uomini la vera civiltà, vagheggiata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo”. A fine celebrazione eucaristica mons. Raffaele Facciolo, vicario generale, nel leggere il telegramma augurale del Santo Padre, ha consegnato all’arcivescovo Ciliberti in dono da parte della comunità diocesana di CatanzaroSquillace, una riproduzione artistica raffigurante l’abbraccio di comunione e speranza tra Papa Francesco e Papa Benedetto. Anche il Comune di Corigliano Calabro ha inteso omaggiare mons. Ciliberti con una targa per i ventidue anni da parroco a servizio della cittadina dell’alto cosentino, prima dell’ordinazione episcopale. Luigi Mariano Guzzo 5 31 gennaio 2014 ATTuAlITà PIANTO DI UN INNOCENTE: perché? perché? perché ?... a notizia che ha campeggiato nella stampa in questi giorni, corredata di foto agghiaccianti, è il ritrovamento di tre cadaveri carbonizzati dentro un’auto bruciata e semidistrutta. Uno dei tre corpi era quello di un bambino, Cocò, di anni: tre, si è saputo dopo, contemporaneamente all’individuazione da parte degli inquirenti dell’ennesima vendetta mafiosa. Ciò ha scatenato l’indignazione degli italiani di ogni età, estrazione sociale, fede politica e regione. Tutti, ma proprio tutti sgomenti di fronte all’efferatezza e alla barbarie di coloro che hanno distrutto l’esistenza di tre esseri umani nel delitto di Cassano all’Jonio, senza fermarsi neppure di fronte ad un bimbo innocente. Mi rendo conto che davanti ad azioni tanto turpi e violente si invochi per gli assassini, sicari e mandanti, egualmente immondi, la forca o altra analoga soluzione. Considerazioni e presunte soluzioni che anche la shoah ha talvolta proposto proprio a causa della sua senza redenzione, soprattutto perché essa finirebbe per diventare, sotto altra specie e forma, un’ulteriore violenza inferta su persone umane, seppur colpevoli di crimini innominabili. Il corpo sociale non s’immunizza uccidendo i germi patogeni. Forse potrebbe essere più efficace una “vaccinazione”, ovvero un intervento strutturale, ben congegnato, armonico e deciso, finalizzato alla formazione delle coscienze. Sappiamo, ad abundantiam, che in presenza di un cancro maligno, che ha aggredito l’organismo con presenza di metastasi diffuse, un intervento chirurgico lo si esclude perché per asportare qualche metastasi finirebbe per recidere organi vitali. E allora? allora va pensato un diverso tipo di intervento. Ma intanto, dice la popolazione sgomenta ed indignata, non si può stare inermi a constatare che il male gratuito trionfa, le cosche rivali tramano e organizzano i loro loschi affari e pronunciano le loro condanne spietate, fino ad eliminare chiunque intralci enormità, folle, assassina, lucidamente sgangherata e mostruosa. Però, il sistematico sterminio di bocche, giudicate irrimediabilmente “inguaribili”, viene posto in essere assai prima di Auschwitz, di Treblinka o di Tierezin, più di una volta con la collaborazione progettuale di medici e scienziati, “ orgogliosi” di mettersi al servizio del potere che ha deciso di “mondare” la società con un definitivo intervento pianificato. Tornando alla soluzione invocata dallo sdegno e da spirito di ribellione a tante infamie, ritengo di dover affermare che non sarebbe la soluzione giusta e ponderata, cioè con l’esatta valutazione di tutti gli aspetti della questione, ai fini di un bilanciato giudizio: no, insisto, la forca non può essere la soluzione acconcia per gli assassini le loro trame o chi ha soltanto la ventura di essere collegato lontanamente al malaffare. Certo, perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rimangano in silenzio, diceva Edmund Burke. É ciò che Borsellino ripeteva : “Non ho paura delle parole dei violenti..ma del silenzio degli onesti”. Quindi, non bisogna tacere; anzi bisogna dire pane pane, vino vino, come del resto da parecchi anni, almeno dall’uccisione di don Pino Puglisi, la Chiesa va ripetendo ad ogni occasione e così come ha ben detto anche il vescovo di Cassano all’Jonio dopo l’ultimo efferato delitto. Al male gratuito, che Annah Arendt definiva “banale”, come quello che, nel corso del XX secolo, ha “gratuitamente” sterminato milioni di ebrei, ma anche tantissimi zingari, papuani, omosessuali eccetera, non si può L 6 31 gennaio 2014 rispondere commettendo nuove violenze e uccidendo il nemico, sia pure con l’emissione dei verdetti giuridici. Il mondo greco (che trovava voce alta e civile nella tragedia) e il mondo giudaico-cristiano hanno più volte assaporato e meditato la rabbia impotente di fronte all’inferno della sopraffazione e di castighi subiti ingiustamente. Due esempi per tutti: l’ Edipo Re, di Sofocle, e Giobbe. Nel primo caso, anche oggi ci si chiede quale mai sia la “tracotanza” della sua azione. Quanto al secondo, non possiamo non rilevare l’assenza di un nesso “logico” tra sofferenza e castigo del giusto ad opera di una mano invisibile e muta. È, questo, l’abisso dell’angoscia. Abisso che risuscita ogniqualvolta la storia remota e recente, ora della delinquenza organizzata, grida vendetta al cospetto di Dio. Il fatto è che il male morale è legato alla libertà che ha l’uomo di scegliere tra il bene ed il male, di amare e aderire a Dio o di rifiutarlo. Dio rispetta questa libertà, dono divino che appartiene alla grandezza dell’essere umano. Ciò non esclude che per noi poveri mortali l’inferno esista “anche” in vita, come è esistito e si è dato a vedere a Cassano, così come esiste in qualunque altro posto in cui le non-ragioni della violenza gratuita prevalgono sulle vere ragioni della persona umana e della società di persone, che chiamiamo “civiltà” e risiedono nel cuore di uomini e donne. Opportunamente anche se amaramente Jean-Paul Sartre diceva: “L’inferno sono gli altri”. Sono i cuori le sedi delle malvagità; da essi può uscire tutto il peggio dell’inferno, anche la barbarie commessa sugli innocenti, piccoli e adulti. Il male non ha mai un perché, non può essere spiegato in termini razionali. Ma nei cuori, ricordiamolo religiosamente, stanno anche le buone ragioni, quelle che la società educante (soprattutto le famiglie, la chiesa e la scuola) devono continuare a seminare e coltivare, nonostante tutto. Il male “gratuito” è voluto soltanto perché fa del male agli altri, flora e fauna comprese. Perciò è satanico. L’idea di un Satana, come possibile giustificazione del male di ATTuAlITà fronte a colpe e peccati, come quelli degli assassini dei giorni scorsi in Calabria ionica, e l’idea di un Anticristo, come possibile volontà lucida di spacciare male per bene, non possono che risorgere, in noi, di fronte a episodi come questi. La leggenda “vera” dell’Anticristo, già immaginata da Vladimir Solov’ëv e anticipata ne I fratelli Karamazov da F. Dostoevskij, è, in definitiva, la storia, attualissima, di un bene che, in apparenza, si mostra più ineccepibile di quello già portato dalla redenzione di Cristo e che, nonostante questo, viene cancellato, o almeno eclissato, dal male. In questa luce, il problema del male e della sua persistenza viene reso più acuto proprio in chi nutriva una precedente fiducia nell’esistenza di un Dio buono e di un Cristo che vince il male e la morte. Ma allora, si chiede ogni buon cittadino, in un mondo che è stato creato da un Dio che è amore perché vengono così efferatamente uccisi bambini innocenti? A questa legittima domanda una risposta pertinente è: il male che alberga nel cuore dell’uomo, non si elimina strappando il cuore, ma prendendosene cura; coltivando sin dall’inizio, sin dalla tenera età sentimenti di socialità e non di animalità; educando l’uomo ad essere per l’altro un socius, un proximus e ciò non esclude una vera conversione anche in chi si sia ridotto peggio di una bestia. Noi siamo stati creati a immagine di Dio solamente per amore. La barbarie e la violenza non sono, quindi, l’ultima parola. Il dente per dente è, tutt’al più, la legge del taglione. E nessuno può toccare Caino, anche se questi porterà per sempre il segno della violenza gratuita sul fratello Abele. Se la malavita organizzata e assassina è un cancro maligno, non c’è bisturi che possa estirparla, neppure la pena di morte o la forca. Il bisturi è quello della formazione delle coscienze rette di cui prendersi cura. Lo Stato, la famiglia, la Chiesa e tutte le forze educative che operano appunto per formare uomini che rispettino le leggi, sono necessarie, ma non bastano. Bisogna convincersi che è una questione di mentalità. E la mentalità non si cambia con i divieti e le denunce e basta, ma interagendole con seri percorsi formativi, valido antidoto alla “ cultura” dell’ignoranza, della tracotanza, del disprezzo, dei soldi facili: tutti ingredienti tipici della ricetta mafiosa. Diceva don Puglisi: “È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma se ci si ferma a questo livello sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”. Quando manca il lavoro manca il pane, ed è più facile cedere alle lusinghe di chi pro- mette denaro o anche lavoro, sebbene a prezzo della dignità della persona o a prezzo della violenza efferata. Ed allora ci si adoperi per l’efficienza della Pubblica amministrazione, per interventi in campo sociale, culturale e politico; per lo snellimento della burocrazia; con misure in materia economica e finanziaria; con interventi infrastrutturali; per la tutela del territorio; per l’immigrazione. Lo Stato, la società, la famiglia mettano al centro d’ogni progetto «l’uomo», con le sue aspirazioni, le sue potenzialità, i suoi doveri, i suoi diritti. Quanto alla Chiesa “esca da se stessa” e si porti nelle zone ( geografiche e dell’anima) delle periferie, cioè delle esclusioni, si impegni sempre più a creare una nuova coscienza, che sceglie la strada dell’incontro umano e dell’evangelizzazione come risposta al male, che si sporca e si ferisce le mani per accompagnare l’uomo offrendogli la luce del Vangelo che per vocazione é seminatrice di speranze non di paure, e se non sempre ha risposte preconfezionate da dare, si lascia interrogare dai fatti. In tema di criminalità mafiosa, il ministero di padre Puglisi lo dimostra, si deve restare fermi nella condanna assoluta delle azioni illegali e violente, ma bisogna sempre sperare nella conversione dei violenti. La Chiesa gridi sempre la natura anticristiana della mafia, dica chiaramente che chi si affilia ad essa, si vota ad un’altra religione, che compie una scelta in netta antitesi con i valori evangelici, mentre chi vive la propria fede fa un esercizio concreto di annuncio di legalità, di giustizia, di pace, tutte espressioni di testimonianza cristiana. E, tuttavia, operi perché l’azione divina trasformi e cambi i cuori. È nel cuore che alberga il mistero dell’iniquità: il diavolo che è colui che combatte il grano buono e favorisce delinquenza, illegalità, delitto, spieta- tezza. E contro il maligno ci vuole una Chiesa che non teme il nemico che semina la zizzania. Don Pino Puglisi riuscì a far crescere il grano buono senza cedere alla tentazione di strappare con violenza la zizzania, ma seminando a piene mani l’amore, il perdono, la pace, il rispetto e la dignità della persona. Egli ha riproposto alle coscienze oltraggiate dalla mafia la pulizia della vita ispirata al Vangelo dimostrando che il male si vince con il bene, purché si resti fedeli a tre insegnamenti: credere con il cuore; alimentare la speranza; vivere con coerenza. È questa la Chiesa che chiama peccato il delitto, che chiede la giusta riparazione al male inferto a sé e agli altri, che sa perdonare quando il cuore è mutato, che invita al cambiamento possibile, che offre occasioni di redenzione e di perdono anche al cattivo ladrone. A chi continua a sfigurare la vera faccia del mondo possiamo e dobbiamo offrire sempre Colui che toglie il peccato del mondo, anzi lo espia col suo sangue. Ecco, la risposta cristiana all’eterno interrogativo del male (soprattutto di quello innocente) è la fede silenziosa e adorante, fondata sulla certezza che Dio è amore, che Dio è padre e madre degli uomini, e tutto ciò che compie ha come scopo finale la salvezza e la gioia dell’umanità e di ogni singola creatura. L’amore di Dio è infinitamente più forte del male del mondo. È questa una delle verità più consolanti della fede cristiana. Non fermiamoci a deprecare l’inferno dei nostri giorni e delle nostre città, ma guardiamo oltre il non-inferno, quel che ci salva ( “ciò che inferno non è”, direbbe Calvino), nel segno della speranza cristiana. XVincenzo Bertolone 7 31 gennaio 2014 ChIESA Celebrata nella chiesa Stella Maris di Sellia Marina la 100ma giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato MIGRANTI E RIFuGIATI: FRATERNITà PER uN MONDO MIGlIORE I n occasione della 100ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, incentrata sul tema: “Fraternità per un mondo migliore”, l’Ufficio Migrantes della nostra Arcidiocesi, coordinato da don Piero Puglisi, ha organizzato per il pomeriggio di domenica 19 gennaio 2014 una solenne e suggestiva concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Metropolita mons. Vincenzo Bertolone, che ha avuto luogo nella chiesa parrocchiale Stella Maris di Sellia Marina. Erano presenti, oltre a numerosi sacerdoti della Vicaria di Sersale e alcuni diaconi, i sindaci di Sellia Marina e Zagarise, Giuseppe Amelio e Piero Raimondo, il dirigente e gli insegnanti del locale Istituto Scolastico Comprensivo, frequentato da 90 bambini non italiani, i rappresentanti locali delle varie autorità militari e molti bambini con i loro familiari. L’Arcivescovo è stato accolto poco prima delle ore 18 sul sagrato della chiesa da un bambino con un mappamondo tra le mani, mentre altri 10 bambini sventolavano ai due lati del corridoio le bandierine dei vari Paesi d’origine dei migranti presenti nel territorio: Polonia, Bulgaria, Romania, Italia, Marocco, Senegal, Congo e Cina. Dirigendosi poi gioiosamente insieme all’Arcivescovo verso l’altare, i bambini hanno deposto ai suoi piedi il mappamondo e ai lati di questo, su due file parallele, hanno inserito le 8 bandierine. All’inizio della Santa Messa il parroco don Giuseppe Cosentino ha salutato i numerosi presenti, ringraziandoli per la partecipazione ad un evento che ci aiuta ad ampliare gli orizzonti della mente e del cuore, in quanto ci fa incontrare persone di tanti Paesi con storie, lingue, culture e tradizioni diverse e quindi offre ad ognuno una maggiore consapevolezza della propria identità e promuove il dialogo e il confronto di esperienze nel rispetto reciproco, senza arroganza e presunzione. Con riferimento al territorio comunale amministrato da 10 anni, il sindaco di Sellia Marina, Giuseppe Amelio, figlio di emigrati, ha tenuto a sottolineare la pacifica e solidale convivenza di tante persone di ogni origine (24 Paesi), senza alcun episodio di intolleranza, e il buon inserimento dei bambini stranieri nelle 8 31 gennaio 2014 scuole, anche se non proprio tutti sanno parlare bene la lingua italiana. Padre Piero Puglisi, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes, ha poi spiegato il significato della Giornata, nella quale tutti sono sollecitati a ricordare gli emigrati calabresi e i fratelli e sorelle che, per i più vari e gravi motivi, da molto lontano raggiungono il nostro territorio chiedendo accoglienza, sostegno, alloggio, lavoro e condizioni di vita più dignitose. A tutti loro, come anche ai rom e sinti, ai fieranti, ai circensi e ai marittimi che affrontano ogni giorno tanti rischi, va il nostro affettuoso e fraterno abbraccio. In questa Giornata di riflessione e di preghiera non possiamo non accendere la mente, allargare il cuore e tendere la mano, secondo il Messaggio di Papa Francesco, per il quale «migranti e rifugiati non sono problemi da affrontare ma sono fratelli e sorelle da aiutare». Nella prospettiva cristiana di una nuova umanità di fratelli accomunati da uno stesso padre, ogni terra è patria e ogni patria è terra straniera. Prima delle letture liturgiche è intervenuto Cissokho Soungoutoua, presidente della FAI (Federazione delle Associazioni di Immigrati) e membro della Commis- sione per il CARA di Crotone. Dopo aver salutato e ringraziato le autorità politiche, militari e scolastiche presenti e tutti i convenuti, che per condividere la gioia dell’incontro hanno sfidato le avverse condizioni meteo, mons. Bertolone ha rivolto ai “locali” un invito fondamentale per un’accoglienza vera e credibile degli immigrati e rifugiati: scendere dal piedistallo di sicurezza che chi viene da lontano non ha e incamminarsi con loro verso la Casa del Padre come fratelli. Soffermandosi poi sulla figura dell’agnello, animale buono e mansueto assunto a simbolo del Redentore, incapace di fare del male ma anzi esposto all’aggressività altrui, l’Arcivescovo ha indicato l’amore come carattere distintivo dei cristiani autentici, che spinge ad offrire se stessi piuttosto che ad aggredire, in qualsiasi situazione: è l’amore, infatti, che, come una torcia, illumina e salva gli uomini e le donne di tutti i tempi. Nel nostro tempo, come sempre, sono tante le persone che attendono una testimonianza di amore vero, fatto di premurosa attenzione e relazione sincera e gratuita, senza scopi nascosti (sfruttamento economico o sessuale): tra queste ci sono i migranti e i rifugiati, che si contano a milioni. Nel XX secolo erano 28 i milioni di italiani emigrati all’estero e 5 i milioni di immigrati in Italia (40 in Europa): cinesi, africani e mediorientali. E oggi sono 350 i milioni di poveri che in tutto il mondo rischiano di morire di fame. Non possiamo rimanere indifferenti, ma che possiamo fare? «Si deve innanzitutto prendere consapevolezza della dimensione cristiana della fraternità: gli altri non sono nemici da eliminare, ma ospiti; bisogna poi camminare secondo le leggi, a cominciare dagli italiani: non si può pretendere dagli altri quello che noi non siamo disposti a fare/dare; si deve quindi considerare la responsabilità della custodia reciproca: dov’era l’uomo 70 anni fa per i deportati ad Auschwitz e dov’è l’uomo oggi per i rifugiati, senza patria e dimora? La testimonianza cristiana ha un solo riferimento: l’Agnello di Dio, che sempre e dovunque si fa servo e cibo per amore, offerto fino al sacrificio di sé». La Giornata si è conclusa con due esibizioni coreografiche dei bambini. Guido Mauro ChIESA CONSIGLIO PERMANENTE CEI Con speranza per la costruzione di una buona storia S e prima era il Papa che “sceglieva e nominava” il presidente della Cei, con ogni probabilità sarà ancora il Papa a nominarlo, ma attraverso “il coinvolgimento di tutti i vescovi nell’indicazione di una rosa di 10-15 nomi” da sottoporre al Santo Padre, che “poi sceglie chi vuole”. Così monsignor Nunzio Galantino ha sintetizzato ai giornalisti - nella sua prima conferenza stampa in veste di segretario generale ad interim della Cei, in occasione della presentazione del documento finale del Consiglio permanente - la novità nell’elezione del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cui confronto sulle modalità ha occupato “gran parte” dei lavori. I presuli, infatti, hanno analizzato le “proposte prevalenti” per dare attuazione al “compito ben preciso” a loro assegnato dal Papa nell’assemblea di maggio scorso. “Con qualche sorpresa”, ha riferito il segretario, “la stragrande maggioranza dei vescovi ha ritenuto di mantenere la peculiarità del rapporto tra il Papa e la Chiesa italiana, che prevede che la nomina del presidente Cei venga dal Santo Padre”. La revisione dello Statuto, ha precisato però mons. Galantino, è un “work in progress”: il Consiglio permanente di marzo sarà “una prima tappa”, “la preoccupazione fondamentale è che tutta la Cei venga coinvolta, non abbiamo fretta”. “La Cei - ha ricordato a questo proposito - non è un’istanza altra o superiore rispetto ai singoli vescovi: è un organismo diffuso e di servizio. La Cei sono tutti i vescovi, presi singolarmente e tutti quanti insieme”. L’Italia non è “la fotocopia” di quanto successo in Parlamento. “Mi sentirei ancora più umiliato, se dovessi pensare che l’Italia è la fotocopia di ciò che è successo ieri in Parlamento”. Riprendendo la frase usata dal cardinale Bagnasco nella prolusione, “l’Italia non è una palude fangosa”, mons. Galantino ha detto che la “bagarre” di ieri nelle aule parlamentari è qualcosa di “scandaloso, mortificante per l’Italia”, dove però “c’è gente molto più educata, consapevole del proprio ruolo, anche nello stesso Parlamento”. “Anche noi faremmo bene a tener presente questa parte del Paese davvero buona”, l’invito rivolto in particolare ai comunicatori, esortati a “dare notizia di ciò che accade”, ma anche a “far capire che c’è gente che cammina diversamente”. L’esempio citato è la Calabria, regione dove è presente la criminalità organizzata e dove “molto spesso chi non la pensa come la malavita, non ha gli strumenti per farsi sentire”. È molta di più, cioè, la gente che “non è d’accordo con un certo stile di vita, con la maleducazione propagandata, vissuta ed esercitata”. Altro esempio virtuoso, il “lavoro straordinario” dei volontari nelle carceri, non solo quelli cattolici, ma anche quelli “senza etichetta”. I “numeri” della famiglia. “I numeri devono aiutarci a fare una politica realistica, e non ideologica”. Ne è convinto monsignor Galantino che ha parlato anche di famiglia. “Sono arrivate circa 160-170 risposte” ai questionari inviati dalla Cei in preparazione al prossimo Sinodo sulla famiglia, segno che “c’è stata una grandissima partecipazione delle realtà cosiddette periferiche”. Quanto alla situazione generale, “la famiglia fatta da un padre, una madre e dei figli, in Italia, è largamente, ampiamente e decisamente superiore ad altre forme di parentela affettiva”. “Sono convinto che le autorità pubbliche devono garantire a tutti i cittadini i propri diritti”, ha affermato mons. Galantino, che ha messo però l’accento sulla “sindrome dell’imbarazzo” che le famiglie “tradizionali” si trovano oggi a vivere: “Sembra quasi che le famiglie debbano chiedere scusa di esistere: quando ciò accade, vuol dire che gli equilibri non funzionano”. “Se, ad esempio, lo Stato ha dieci euro da spendere - si è chiesto il vescovo - e se le famiglie composte da padre, madre e figlio sono l’80%, mentre le altre forme di unioni affettive sono il 20%, è così strano che si chieda di tenere conto in percentuale di queste fasce? Non in termini di moneta, ma di attenzione”. Il ruolo del vescovo nella lotta agli abusi. “Il vescovo non è un pubblico ministero o un pubblico ufficiale, il suo ruolo è molto più importante”. Mons. Galantino è intervenuto in questi termini sulla questione della denuncia, da parte del vescovo, alle autorità civili competenti, qualora fosse a conoscenza di abusi. Come è indicato “chiaramente” nelle Linee-guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, che “presto” saranno rese pubbliche e la cui “armonizzazione” definitiva del testo è stata oggetto di questo Consiglio permanente, il vescovo “è ‘padre’ della vittima e ‘padre’ di chi ha commesso il reato”, e il suo compito è di “impegnarsi in tutti i modi a far emergere la verità nel suo ambito, che non è un ambito giudiziario”. Nei casi di abuso, comunque sia, “la parte più debole è in genere il minore”, come si potrà leggere anche nelle Linee-guida, ha assicurato il segretario, ricordando che nelle questioni di pedofilia “è il vescovo della diocesi che affronta il caso e istruisce il processo”, mentre la Cei offre “il servizio e il supporto” necessari. Scuola. In piazza san Pietro, il 10 maggio, per “sentire ciò che il Papa ha da dire sul mondo della scuola”. Così monsignor Galantino ha illustrato ai giornalisti il senso dell’appuntamento del 10 maggio, il cui slogan è “la Chiesa per la scuola”, senza aggettivi. “La scuola - ha osservato mons. Galantino - deve imparare a recuperare il suo ruolo fondamentale, che non è quello di chi dà risposte, ma di chi mette in mano agli studenti gli strumenti critici per stare in maniera consapevole in questo mondo”. “Quando, invece, la scuola si limita a dare risposte a buon mercato, allora scatta la visione ideologica”, ha ammonito. M. Michela Nicolais 9 31 gennaio 2014 SPIRITuAlITà lE ChIESE CRISTIANE hANNO PREGATO INSIEME PER l’uNITà in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, l’arcivescovo Bertolone è intervenuto all’incontro fra le confessioni cristiane presso la Chiesa Santa Croce a Catanzaro C ontinuano a camminare mano nella mano le confessioni cristiane presenti nell’Arcidiocesi Catanzaro-Squillace, consapevoli che l’unità è raggiungibile attraverso il dialogo e la comunione. “Cristo non può essere diviso?” (Cor. 1,1-17). Il tema del quarto degli otto incontri ecumenici, promossi dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi, coordinato da Orlando Miriello, in collaborazione con la Chiesa evangelica della riconciliazione, la Chiesa evangelica valdese e la Chiesa ortodossa, non poteva non coincidere con quello scelto per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, celebrata dal 18 al 25 gennaio. Un’iniziativa spirituale che coinvolge le comunità cristiane da oltre un secolo. Che invita a pregare per l’unità di tutti i battezzati, secondo le parole di Gesù: “Che tutti siano una cosa sola” (Gv. 17,21). Un percorso verso l’unità arduo, ma non impossibile. Che ha bisogno di un’apertura di cuore e di un dialogo privo di pregiudizi. Che ha bisogno di comunione e non di frammentazione. Non c’è un Dio migliore dell’altro. Dio è uno solo. E non può essere diviso. E’ Dio che unisce tutti i Suoi figli con il Suo amore. E chi lo ama non può sentirsi “lontano” dai fratelli. Non può essere “diviso” dai fratelli. E’ una consapevolezza fiorita e maturata nell’animo dei fedeli valdesi, cattolici, evangelisti, ortodossi, che si sono ritrovati martedì, 21 gennaio, nella chiesa Santa Croce a Catanzaro per pregare e meditare insieme. Per essere una cosa sola come vuole il Padre, al di là delle differenze, delle divisioni, che non fanno altro che indebolire la credibilità della fede. Anche su questo aspetto si sono soffermati l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, S.E. Mons. Vincenzo Bertolone, e i ministri delle confessioni cristiane non cattoliche intervenuti, padre Luciano Tataro della Chiesa Ortodossa, pastore Rainer Van Gent della Chiesa Evangelica della riconciliazione e pastore Iens Hansen della Chiesa Valdese. “Sproniamoci a vicenda nell’amore e nelle buone opere, con la certezza che Dio mantiene le Sue promesse ed esaudisce le preghiere di Suo Figlio e le nostre, affinché tutti siano uno”, ha affermato il pastore Iens Hansen. “Credere alla parola che Dio ci ha lasciato. Questo crea una fede autentica. Non fede nell’uomo o in se stessi, ma in Dio”, ha detto il pastore Rainer Van Gent. “Il corpo di Cristo è uno solo, non può essere diviso. Anche se preghiamo in lingue diverse, il Signore comprende tutti, perché egli Egli ci ha lasciato. Il Signore è cuore e se non abbiamo amore verso gli altri non possiamo essere figli di Dio”, ha commentato padre Luciano Tataro, che ha concluso, ricordando che, “seppure siamo diversi e abbiamo tradizioni diverse, amiamo un unico Signore. E questo amore ci unisce”. “Una è la fede, una è la speranza, uno è l’amore”. Parole eloquenti di “Inno alla fede” di Ylenia Giampà, con cui mons. Vincenzo Bertolone ha introdotto la sua omelia, aggiungendo che, purtroppo, i rapporti non sono improntati sulla comunione. Secondo l’arcivescovo, l’agire del Signore spesso non è il nostro agire. “Occorre comprendere l’amore di Dio, che si è fatto dono perché penetri nel cuore degli uomini. E allora – ha detto - tutto sarà più semplice”. Sarà più semplice il cammino verso l’unità dei cristiani. Un cammino che chiede un coinvolgimento concreto. Un agire, fatto di piccoli gesti, animato dall’amore verso tutti, senza distinzioni. “E’ solo così che la parola fraternità acquisterà cittadinanza”, ha spiegato mons. Bertolone. La diversità, vista con gli occhi dell’amore, si è trasformata in arricchimento spirituale. Ciascuno nella preghiera ha avuto modo di sentirsi dono per l’altro. E con questo “sentire” i fedeli cristiani del catanzarese si impegnano, guidati da Dio, a proseguire il loro peregrinare, abbandonando la strada della divisione. Il prossimo incontro ecumenico sul tema “Ero nudo….e voi? si terrà martedì 25 febbraio alle ore 18,30 nella parrocchia dell’Immacolata in Soverato. Settingiano in festa per il 50° delle Suore S Assunta Panaia ono passati cinquant'anni dal 1° Ottobre 1963, da quando le Suore Francescane del Signore hanno messo piede nel comune del Settingiano. Cinquant'anni al servizio della comunità con varie attività: da quelle spirituali, all'asilo parrocchiale, fino ai corsi di cucito e di ricamo. Tutte ragioni per le quali le suore hanno avuto da sempre l'ammirazione, la stima ed il rispetto dei fedeli. E proprio gli stessi fedeli nel dicembre scorso hanno reso loro un omaggio per questi dieci lustri di attività alla presenza dell’Arcivescovo della diocesi di Catanzaro-Squillace Mons. Vincenzo Bertolone, dei parroci di Martelletto e Settingiano Don Rosario Bevacqua, Don Grégoire Nsabimana e Don Martino Tinello, del primo cittadino Rodolfo Iozzo, del suo vice Mario Felicetta e del Priore della confraternita "Maria Ss. della Purificazione" Luciano Bronzi. 10 31 gennaio 2014 SPIRITuAlITà personaggi biblici... «Padre Abramo, abbi pietà di me» «U (Lc 16,24) n tale era ricco...» (Lc 16,19a). Così gesù inizia a descrivere la vita di un uomo che amava indossare «vestiti di porpora e di lino finissimo», e che «ogni giorno si dava a lauti banchetti» (v. 19b). evidentemente, quest’uomo ha il cuore tutto rivolto alle cose della terra, senza avere alcuna prospettiva d’eternità. Per questo, egli vive senza relazioni di verità, di carità, di compassione per gli altri. Questi, infatti, esistevano solo per essere al suo servizio, perché egli si potesse vestire con indumenti raffinati, e perché ogni giorno potesse mangiare a sazietà di quanto era posto sulla sua tavola. Ma nel racconto di gesù gli altri, in particolare, hanno un nome: quello di Lazzaro, un uomo estremamente povero, interamente coperto di piaghe, che stava gettato alla sua porta (v. 20). Questi non desiderava il cibo del ricco, ma si sarebbe accontentato anche solo degli avanzi che cadevano dalla sua tavola (v. 21a). eppure quest’uomo, che viveva alla porta del ricco, che tutti conoscevano (o che almeno potevano vedere), al quale perfino i cani «venivano a leccare le sue piaghe» (v. 21b), dal ricco non riceve nulla. Finché un giorno «il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto» (v. 22). e cosa succede? Che, mentre Lazzaro si ri- trova accanto ad abramo, nel regno della gioia e della vita, il ricco invece si ritrova negli inferi, tra i tormenti (v. 23). “Ma – qualcuno si chiederà – Dio non è il Padre misericordioso che ci salva tutti?” evidentemente, quest’immagine di un Dio solo misericordioso, senza giustizia, spesso propagata anche tra i cristiani, non è un’immagine secondo verità, poiché non è l’immagine del Padre che gesù descrive nel Vangelo. “Certo – si potrebbe ancora dire – ma se qualcuno, anche dopo la morte, si pente e chiede a Dio un gesto di misericordia, Dio glielo concederà”. È esattamente quello che fa il ricco della parabola. egli, infatti, vedendo da lontano abramo e Lazzaro accanto a lui, richiede a gran voce: «Padre abramo, abbi pietà di me» (v. 24a). Ma, purtroppo, l’eternità è separazione, eterna separazione: «tra noi e voi è stato fissato un grande abisso ...» (v. 26). Per ereditare la vita eterna occorre, dunque, porsi in ascolto non delle proprie idee o dei propri sentimenti, ma di Mosè e dei Profeti (v. 29), della Parola del Signore. Edoardo M. Palma VERSO IL 5° CENTENARIO RITORNO CERTOSINI A SERRA SAN BRUNO E LA CANONIZZAZIONE DEL SANTO CHE AMÒ IL SILENZIO “I n quella solitudine infinita / tra Stilo e Arena / … l’anima si cheta …. nel silenzio immobile del tempo che passa in fretta / e spazza via ogni cosa futile e caduca… / … pulsa di vita, di prece e di silenzio,/ l’antica Certosa che / a Serra di San Bruno ha dato il nome…” [cfr San Bruno, da Colonia alla Certosa di Serra -L’uomo che percorse l’Europa, Rosina Andreacchi, 2011, Squillace]”. Solitudine, silenzio, prece, trinomio indispensabile per chiunque voglia avvicinarsi al mondo certosino per conoscere la vita dei protagonisti della clausura bruniana. Il monastero è il luogo della solitudine, della preghiera, del silenzio assoluto, dove i monaci, solitari di Dio, pervasi di grande spiritualità, si riuniscono accomunati dalla vita contemplativa per rimanere ininterrottamente nella luce eterna del Creatore. Sono trascorsi cinquecento anni dal ritorno dei Certosini nell’eremo di Santo Stefano che il 1192 da Papa Celestino III era stato dato ai cistercensi che ressero il monastero, “abbazia nullius”, fino al 1411. Da tale data la gestione del monastero passò in commenda a un prelato di Napoli, che percepiva le rendite, mentre il Convento venne amministrato dal priore fra’ Martino Caracciolo. I terreni del Feudo, non prosperando perché privi di mezzi, furono alienati e l’Abbazia di Santo Stefano fu messa a disposizione di papa Leone X, che, soppressa legalmente la gestione dei commendatari, la donò ai certosini. Con l’approvazione del Capitolo di Grenoble e con nulla osta regio il monastero serrese passò ai certosini. Il 25 febbraio 1514, accolti festosamente dai serresi, tre monaci bruniani ritornarono in Certosa: Jacopo d’Aragona, Pietro Riccardis e Costanzo De Rigetis. Il 19 luglio 1514 lo stesso pontefice autorizzò il culto di San Bruno con la sua canonizzazione. Due date significative (25 febbraio e 19 luglio 1514) che richiedono la dovuta attenzione da parte della comunità serrese, del Comune, della Regione che si apprestano alla commemorazione. È il quinto centenario che ci coinvolge alle varie manifestazioni il cui avvio è stato dato a Roma nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (scolpita fra il 1766 e il 1768 da Jean Antoine Houdon) dove il priore della Certosa di Serra, dom Jacques Dupont, ha presentato l’icona del Santo di Colonia, benedetta il 27 novembre u.s. da Sua Santità Papa Francesco. L’icona, a firma Madre Mirella Muià (eremita, Monserrato-Gerace), è esposta nella cappella esterna della Certosa di Serra S. Bruno. (Foto riportate, Papa Benedetto benedice l’icona di San Bruno –Copertina libro “San Bruno, da Colonia alla Certosa di Serra -di Rosina Andreacchi). Bruno Tozzo 11 31 gennaio 2014 TERRITORIO Celebrata la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti Mons. Bertolone: “Il giornalista a servizio della verità” Riconoscimenti a Cesare Mulè, Antonio Fazio e Vincenzo De Virgilio A nche quest’anno il giorno 24 gennaio, dedicato alla memoria del santo sacerdote Francesco di Sales, ha costituito per i tanti giornalisti ed operatori radiotelevisivi cattolici attivi a Catanzaro e nel territorio diocesano una felice occasione di incontro alla mensa del Signore per riflettere con mons. Bertolone sui problemi inerenti alle Comunicazioni sociali, che, secondo il messaggio di Papa Francesco per la 48ma Giornata, devono essere al servizio di un’autentica cultura dell’incontro. Alla celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo hanno preso parte sull’altare mons. Raffaele Facciolo, Vicario Generale e direttore di “Comunità nuova”, don Giovanni Scarpino, direttore degli Uffici regionale e diocesano per le Comunicazioni Sociali, don Giuseppe Silvestre, Vicario del Settore Sud, e nell’assemblea dei fedeli laici molti illustri esponenti del mondo della comunicazione; tra questi il dott. Vincenzo De Virgilio, il prof. Cesare Mulè e il prof. Antonio Fazio, che al termine hanno ricevuto un gradito premio (un quadro con l’immagine di S. Francesco di Sales) in riconoscimento dei meriti da loro accumulati nella lunga attività giornalistica (professionistica per il primo, pubblicistica per gli altri due). Non potevano certo mancare il dott. Giuseppe Soluri, stimato presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, e il prof. Giuseppe D’Agostino, decano dei giornalisti calabresi, premiato nel 2013. Ognuno dei presenti ha potuto trovare una copia del testo del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2014, dal titolo “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”. Dopo la proclamazione della Parola di Dio (brano evangelico sulla missione degli Apostoli), il Vescovo ha preso la parola per ringraziare i giornalisti del pre- zioso servizio da loro reso con competenza e passione e per rivolgere loro un messaggio di speranza e fiducia, al di là della realtà infernale che siamo costretti a vivere, con riferimento al recente episodio di Cassano, espressivo di totale assenza di pietà. «Di fronte ad episodi raccapriccianti come l’uccisione di un bambino di tre anni, non ci si può limitare ad un’effimera indignazione ma bisogna provvedere subito ad una iniezione di speranza e coraggio nel popolo sgomento, per unirsi al Redentore nel suo progetto di salvezza. E Presentato il progetto CEI “La Chiesa per la Scuola” N ell’Aula “S.Petri” dell’Arcivescovado di Catanzaro, si è svolto, giovedì 23 gennaio u.s., l’incontro tra l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, i Dirigenti Scolastici e i docenti delle scuole, invitati con la finalità di dare l’avvio al progetto della CEI “La Chiesa per la Scuola”. Il progetto si inscrive nell’ambito del Decennio dell’Educazione i cui orientamenti pastorali si ritrovano nel testo Educare alla Vita buona del Vangelo che offre all’attento lettore spunti di forte suggestione riguardo al servizio scolastico:necessità di educare al discernimento e all’identità, per una Scuola dell’accoglienza e dell’integrazione, per una formazione integrale della persona; il testo, altresì, affronta temi di alta valenza pedagogica come la 12 31 gennaio 2014 “passione” per l’insegnamento, i compiti della Scuola e della Famiglia. E’ intervenuto il dott. Gregorio Metrcurio coordinatore dell’Ufficio Provinciale della Pubblica Istruzione e in rappresentanza del Direttore Generale dell’Usr Calabria.Egli ha salutato positivamente l’incontro,sottolineando che la Chiesa è un soggetto primario di educazione e formazione ,La Chiesa, attraverso lo strumento dell’Autonomia scolastica, è un validissimo collaboratore offrendo occasioni, contenuti e finalità di altissimo profilo sul piano dell’Educazione dei Ragazzi. L’incontro, organizzato dall’Ufficio di Pastorale Scolastica diretto da Annamaria Fonti Iembo,h a visto innanzi tutto l’intervento di don Luigi Martucci della Scuola Salesiana di Soverato, il quale ha illustrato il testo La Chiesa per la Scuola, che la CEI ha pubblicato e che contiene in sintesi i lavori dei Laboratori svolti nel mese di maggio 2013 su sette temi essenziali: educazione, europa,insegnanti,generazioni e futuro,umanesimo,autonomia e sussidiarietà,comunità e alleanza educativa. La Iembo , riguardo alla formazione integrale, si è rifatta alle parole di Sant’Agostino:”Dominus enim noster Jesus Christus, ea quae faciebat corporaliter, etiam spiritualiter volebat intelligi.Neque enim tantum miracula propter mi- TERRITORIO i giornalisti possono unirsi a Lui con i loro strumenti specifici: la penna o la tastiera del computer, che, come la croce, possono essere preziosi strumenti di salvezza. Ma i loro diversi effetti dipendono da chi li usa e da come vengono usati; gli strumenti di comunicazione non sono a priori positivi o negativi ma sono legati ai valori di riferimento di coloro che ne fanno uso, ai contenuti scaturiti dalla mente e dal cuore della persona che li adopera». Mons. Bertolone si è poi soffermato sulla figura di S. Francesco di Sales, quale sacerdote e giornalista d’assalto che nel 1594 si trovava ad operare nella Svizzera calvinista, dove da quasi 60 anni (1535) la Chiesa cattolica non aveva più alcuna influenza e i preti cattolici non erano visti di buon occhio. Nessuno lo ascoltava e qualcuno metteva in pericolo anche la sua sicurezza fisica. Ma la successiva conversione di molti fu il frutto maturo di un apostolato “giornalistico” realizzato con dei foglietti sulla dottrina cattolica e fondato su due pilastri: una solida formazione dottrinale e un atteggiamento di dialogo fraterno, pacato e sereno, volto alla conquista amorevole dell’interesse altrui piuttosto che sulla condanna rabbiosa. «La comunicazione della fede, seppure costante nei suoi validi contenuti, richiede nella forma un opportuno adattamento al mondo che cambia». «Tra i rischi dell’attività giornalistica emergono evidenti la strumentalizzazione e la mistificazione dei fatti riferiti: li si cambia o li si interpreta secondo idee precostituite o per secondi fini più o meno evidenti. Ma anche nel dire la ve- racula faciebat; sed ut illa quae faciebat, mira essent videntibus, vera essent intelligenti bus”-bisogna , cioè, non solo stupirsi delle cose ma occorre capirle e intenderle nel loro profondo significato e senso. Questa è la necessità della formazione integrale: l’allievo deve essere formato ed educato in corpo e spirito perché acquisti la personalità matura. Anche la partecipazione studentesca deve essere curata, educata, con riferimento ad un quadro valoriale oggettivo che includa nei fini la difesa della vita, la solidarietà e l’amore. rità ci vuole rispetto per le persone, che non sono numeri né oggetti a proprio uso e consumo; le notizie offerte devono informare fedelmente sui fatti nuovi ma anche suscitare riflessioni, critiche e suggerimenti, evidenziare anche gli aspetti positivi ed infondere fiducia e speranza. Negli articoli di stampa e nei servizi radiotelevisivi, poi, i giornalisti cattolici, in quanto discepoli di Cristo, non possono esimersi dal trasmettere con le proprie parole, condite di passione, speranza, coerenza quotidiana, quella Parola eterna di amore, luce, gioia, giustizia e verità che sta a fondamento e compimento di tutto quanto esiste e che prima o poi trova comunque piena realizzazione nel dono di sé e nella pace». Al termine della S. Messa il presidente Giuseppe Soluri ha sviluppato alcuni concetti sul ruolo del giornalista nel nostro tempo, caratterizzato dalla rete Internet e L’Arcivescovo Bertolone ha ribadito la vicinanza della Chiesa alla Scuola, rammentando che la nostra cultura europea è cattolica:chiunque volesse contraddire il generoso fermento evangelico che la contraddistingue, farebbe un’azione poverissima di significato e inutile!la radice cristiana non può essere eradicata dalla nostra storia! Per l’Arcivescovo “affermare che tra i Diritti umani quello che occupa il primo posto è la Libertà, significa implicitamente affermare che la prima Libertà è quella religiosa”. Poi si è soffermato sugli aspetti costitutivi della nostra Religione che si sostanziano in tre componenti: Chiesa, Cattolicesimo, Mondo Cattolico. A prescindere dalla percentuali di pratica religiosa, dagli eventuali contrasti interni nelle Associazioni, la Chiesa è l’universale Soggetto emanato da Dio stesso, ed ha il diritto-dovere di formare e istruire i suoi cattolici, integralmente. “Noi abbiamo ricevuto – ha detto il Vescovo un patrimonio sublime che è la Fede in Cristo dall’ampia diffusione dei social network «Rispetto ad altre figure professionali – ha detto – i giornalisti hanno qualche responsabilità in più per quanto riguarda la correttezza, la credibilità e il rispetto degli altri. I destinatari dei servizi giornalistici non devono essere traditi con notizie false o imprecise o magari vagamente attribuite ad alcuni ambienti autorevoli per suffragare come verità quelle che sono solo ipotesi o opinioni soggettive (“In ambienti… si dice che…”). I giornalisti devono ricercare la verità, intesa come corrispondenza alla realtà, non devono sottacere niente ma neanche lasciarsi prendere dalla superficialità e dal gusto del sensazionale; quindi sono tenuti al rigoroso controllo delle fonti, accertandosi “ossessivamente” della loro autenticità. La crisi economica, sociale, morale e spirituale in cui viviamo ha determinato o almeno reso più evidente un certo disorientamento per la perdita dei punti di riferimento prima saldi e indiscussi; i giornalisti, che sono figure fondamentali di ogni comunità, hanno pertanto il dovere di riferirsi saldamente a questi punti, che consistono nei valori fondamentali di ogni convivenza civile: rispetto, verità, giustizia, libertà». Dopo le considerazioni appena riferite, il presidente Soluri ha tracciato brevemente le linee principali dei percorsi di vita dei tre giornalisti premiati, che hanno dato e continuano a dare onore alla nostra città e che hanno ricevuto il meritato riconoscimento dalle mani di don Giovanni Scarpino e dell’Arcivescovo. g.,m. Gesù! Non possiamo disperdere questa ricchezza, questa essenziale ragione di vita, questa Summa che ci fa essere fratelli in Cristo, che ci consente di “capire” e di “amare”. Abbiamo tutti una grande responsabilità,quella cioè di dovere trasmettere ai nostri Figli la nostra Fede! Parliamo pure di nuova Humanitas, ma che sia una umanità che metta al centro la persona umana, che non sia una umanità priva della pietas!”. L’Arcivescovo ha invitato tutti ad essere testimoni di civiltà cristiana, non temendo la debolezza e le difficoltà, ma attingendo alla forza che viene direttamente da Dio. A tutti i presenti è stato chiesto di organizzare per la fine di gennaio e la prima decade di febbraio, delle iniziative volte a dare corpo e sostanza al progetto, in vista del grande incontro di S.S.Papa Francesco il 10 maggio prossimo, quando Egli incontrerà la Scuola Italiana in Piazza S.Pietro. a.f.i. 13 31 gennaio 2014 TERRITORIO Nuove consacrazioni nell’Ordo Viduarum D omenica 26 gennaio us, nella chiesa della Roccelletta, durante la celebrazione della Santa Messa,si è svolta la cerimonia di consacrazione di alcune sorelle dell’Ordo Viduarum dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace. Tre sorelle sono state ammesse nel Gruppo , una ha emesso la professione temporanea e altre tre, dopo un cammino formativo di cinque anni, la professione perpetua. Nel corso dell’omelia, l’arcivescovo, S. E. Mons. Vincenzo Bertolone, ha sottolineato il valore della consacrazione in vista di una presenza operosa nella Chiesa e, tra le altre cose, ha ricordato che nei primi secoli le vedove accerchiavano il Vescovo nel presbiterio, in quanto rappresentavano quella fetta del popolo di Dio di cui doveva prendersi maggiormente cura. Prima di iniziare la celebrazione, l’assistente, don Vincenzo Lopasso, nel rivolgere alcune parole di saluto, aveva evidenziato come il gruppo delle Vedove sia tra le realtà ecclesiali quella meno visibile, ma forse quella che più delle altre, in ciascuno dei suoi membri, incarna i valori della semplicità, della povertà evangelica, del distacco, dell’abnegazione, della rinuncia, valori che Papa Francesco considera fondamentali per un’autentica crescita del singolo e della comunità. Alla Santa Messa hanno concelebrato, oltre a don Vincenzo, don Orazio, don Mario Olanda, don Angelo Procopio, don Gregorio Mondillo. Quasi tutte le sorelle dell’Ordine erano presenti. Per le nuove consacrate si è trattato di un giorno importante al quale si sono preparate da tempo, soprattutto nell’ultimo anno, il 2013, che a livello formativo si è svolto come di consueto. Durante il ritiro mensile, la quarta domenica del mese, è stato approfondito il tema dei Novissimi, secondo le indicazioni date dall’Arcivescovo per tutte le comunità diocesane durante il Convegno del settembre 2012 dedicato proprio a questo tema. Quello della quarta domenica di ogni mese è ormai diventato un appuntamento fisso per il gruppo delle Vedove. Dopo un intervallo di quasi due anni, duranti i quali si sono svolti i lavori di ristrutturazione e 14 31 gennaio 2014 di restauro, si è ritornare alla sede ufficiale, nei locali dell’ex Seminario Estivo della Roccelletta. L’assistente, partendo da testi biblici, soprattutto tratti dai Vangeli, ha messo in evidenza il carattere attuale del messaggio sulle cose ultime per tutti i cristiani, ma in particolare per le vedove chiamate a vivere in maniera trasfigurata l’amore dello sposo terreno nell’oggi. Per la vedova consacrata questo messaggio è quanto mai significativo. Ella è chiamata a riscoprire, spesso nella solitudine e nel distacco, l’efficacia delle realtà celesti, e a imparare ogni giorni la speranza. L’opera dell’assistente, in sua assenza, è stata proseguita da mons. Eugenio Aiello, padre spirituale del Seminario san Pio X, il quale è orami di casa nel Gruppo. Quest’anno ha proposto alcuni temi sulla fede, ispirandosi a brani appositamente scelti dalle Sacre Scritture. Nel mese di Febbraio, partendo dal cap. 11 della Lettera agli Ebrei, ha dato un ampio sguardo su “La fede nelle Sacre Scritture”, soffermandoci a riflettere su quei “grandi campioni della fede” (Enoch, Noè, Abramo, Giacobbe, Mosè), di cui l’autore della lettera tesse l’elogio, fino ad arrivare a Cristo «autore e perfezionatore della fede». Nel mese di Marzo si è riflettuto sul tema “La fede viene dall’ascolto”, partendo proprio dall’affermazione che l’apostolo Paolo fa in Romani 10, 9-17, evidenziando gli elementi che costituiscono e caratterizzano l’ascolto della Parola di Dio. Particolarmente significativa è stata la giornata di spiritualità vissuta, nel mese di Aprile, a Rosarno (RC), con il gruppo delle Vedove della Diocesi di Oppido Mamertina – Palmi. Il tema è stato “Paura, fede e ricerca del miracoloso”, partendo dall’episodio della “Tempesta sedata”, tratto dal Vangelo di Marco 4, 35-41. La gioia del pregare e dello stare insieme ha caratterizzato il clima della giornata. Nel mese di Maggio non si poteva non vivere la giornata di spiritualità sotto lo sguardo materno della Madonna. Il tema della meditazione questa volta è stato: “Beata te che hai creduto”, tratto dal brano della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, così come ce lo racconta Luca 1, 39-45. Nell’ultimo periodo dell’anno si sono svolti, come di consueto, gli Esercizi Spirituali, presso la casa di accoglienza di Torre di Ruggero, tra il 30 settembre e il 3 ottobre. Don Vincenzo ha scelto come tema la misericordia, in linea con le indicazioni pastorali dell’Arcivescovo sul nuovo anno. Erano presenti circa venticinque sorelle, le quali, lontano dalle solite occupazioni familiari, sono state invitate a riscoprire il gusto della preghiera e dell’amicizia spirituale tra di loro. Orami anche l’appuntamento di Torre, all’ombra della Vergine, è un appuntamento fisso, che tutti attendono con gioia. Oltre alla visita a Rosarno, già menzionata, dalla consorella Norina Ventre, chiamata mamma Africa, per il suo interessamento alle persone provenienti dal continente africano e per i più bisognosi, menzionano il pellegrinaggio svolto nel mese di gennaio a Paravati per pregare il Signore accanto alla tomba di Natuzza. Una nota di sofferenza ha colto le consorelle nell’apprendere il 24 novembre della morte di Teresa Lucia, all’età di 73 anni, una delle sorelle della prima generazione, seguite da padre Nicola Criniti, la quale ha vissuto il suo periodo di vedovanza, durato circa quindici anni, con spirito di fede, e sempre attenta alla vita del gruppo. Da tutti era considerata la “santa Teresina” del Gruppo, per il suo attaccamento alla preghiera e soprattutto alla preghiera della Liturgia delle Ore. Negli ultimi tempi, provata dalla sofferenza che l’ha resa quasi inabile, si è distinta per un forte spirito di abbandono nelle mani del Signore. Vincenzo Lopasso TERRITORIO Presentato a Catanzaro il nuovo libro di mons. Silvestre IL PROBLEMA ETICO NEL DIALOGO ECUMENICO ED INTERRELEGIOSO P romossa dall’arcidiocesi metropolitana di Catanzaro- Squillace, dall’Università “Magna Graecia”, dall’Istituto Teologico Calabro, dalla Fuci, dal Meic, dalla Confacit, dall’Associazione “Oscar Romero” e dall’associazione “Libera”, ha avuto luogo, giovedì 30 gennaio, nella Chiesa Parrocchiale “Madonna di Pompei”, la presentazione del libro di mons. Giuseppe Silvestre “Il problema etico nel dialogo ecumenico ed interreligioso” (la rondine, 2013). Moderati da Emanuela Gemelli, giornalista del TGR Calabria, sono intervenuti padre Felice Scalia, gesuita e direttore della rivista “Presbyteri, il prof. Antonino Mantineo, ordinario di Diritto Ecclesiastico e Canonico presso l’Università “Magna Græcia” di Catanzaro, la prof.ssa Giuliana Martirani, già docente di Geografia Politica presso l’Università “Federico II” di Napoli, e l’autore. Le ragioni della pubblicazioni sono state illustrate dall’editore Gianluca Lucia. La serata è stata animata dal Coro ecumenico, diretto da Ilenia Giampà. Per l’occasione i lati delle due navate laterali del presbiterio sono state arricchite da un esposizione di quadri dell’artista Nunzio Ardiri, che ha pure realizzato l’opera “Dio, il cosmo, la pace” in copertina al libro di don Pino. Per padre Felice Scalia “parlare di ecumenismo, in tempi in cui la chiesa è diventata spesso autoreferenziale, rappresenta una sfida culturale abbastanza coraggiosa. La proposta argomentativa di don Pino ci fa vedere un Dio che cammina con l’uomo. Nonostante le diverse visioni antropologiche e sociologiche espresse dai diversi credi religiosi, il dialogo ecumenico ci aiuta ad umanizzare l’uomo. Bisogna fondare il dialogo su quei ‘valori morali comuni’ e tentare il cammino possibile. “La vita - ha affermato il prof. Mantineo- è un dono. L’uomo d’oggi deve avere speranza e fiducia nella vita, che va difesa sempre e non solo dal momento del concepimento fino all’ultimo respiro, ma anche nella gestione delle politiche sociali, chiamate, con la ricerca di valori comuni, a dare risposte concrete all’uomo d’oggi, al rispetto della sua dignità, alla promozione del bene comune. Dobbiamo cambiare direzione, e finire come Chiesa di parlare di valori non negoziabili. Perché laddove ci sono valori non negoziabile significa anche che ci sono valori negoziabili. E questo nella logica del Vangelo non è possibile”. Per la prof.ssa Martirani “il libro ci regala la speranza, perché ci offre la possibilità di vedere la realtà in processi di cambiamento”. “Come Chiesa –ha detto ancora la docente- è necessario che impariamo a fare ecumenismo vero. Da meridionali, apriamo il vaso di Pandora e facciamo uscire la speranza”. Don Pino ha sottolineato che la sua fatica si muove su due percorsi. “Il primo riguarda la dimensione dell’etica nei confronti del movimento ecumenico, alla luce delle Scritture e delle argomentazioni dei Padri della chiesa; il secondo percorso afferisce al dialogo interreligioso, che scaturisce dalla legge naturale, dalla valorizzazioni delle coscienze e da orientamenti socio-culturali condivisi, quali la ricerca della pace, della giustizia, del rispetto del creato”. Nel testo l’autore sviluppa in otto capitolo, racchiusi tra una introduzione e una conclusione, il tema dell’eticità, che, nel dialogo ecumenico e nel rapporto con le altre confessioni religiosi, si rivela estremamente significativo e importane per una sua ricaduta sulla vita spirituale del cristiano e sulla sua specifica identità. L’autore ripercorre la ricca produzione di documenti che nel corso degli ultimi decenni i diversi credi religiosi hanno sottoscritto per dare risposte concrete all’inquietudine , proponendo delle vie e dei precetti di vita per conservare e far progredire verso l’unità dei cristiani i beni spirituali e morali ed i valori socioculturali presenti tra le più significative confessioni cristiane (Chiese ortodossa, anglicana, luterana, calvinista, valdese). Il libro si pregia di una prefazione firmata da mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, e della postfazione di Alberto Scerbo, ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, ed ospita, in appendice, tre contributi curati, rispettivamente, dal pastore valdese Jens Hansen (“Etica ed ecumenismo”), dalla prof.ssa Paola Chiarella (“Una variante moderna della giustizia: i diritti sul proprio corpo in tempo di malattia”), assegnista di ricerca presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro e dal giovane giornalista Luigi Mariano Guzzo (“Da Antonio Lombardi al Concilio Vaticano II, un invito al dialogo tra le diverse culture e religioni”). Jens Hansen, Paola Chiarella e Luigi Mariano Guzzo hanno animato il dibattito sottolineando, ognuno dal suo punto di vista, l’importanza del dialogo ecumenico e interreligioso. Teobaldo Guzzo 15 31 gennaio 2014 TERRITORIO Celebrata la Giornata dei Ragazzi Missionari 2014 “D estinazione mondo”:questo lo slogan della Giornata dei Ragazzi missionari 2014, promossa dal Centro diocesano Missionario diretto dal sacerdote don Giuseppe Fiorenza, e svoltasi il 19 gennaio 2014 nell’Auditorium dell’Istituto di istruzione sup. E. Fermi di Catanzaro Lido. In un clima di festa ed accoglienza gioiosa i circa 200 partecipanti hanno potuto fare il giro del mondo in un pomeriggio. Arrivati da Badolato Marina, Davoli Marina, Madonna di Pompei, Borgia ,Gagliano S.Elia, Casciolino carichi di entusiasmo, tutti hanno contribuito , con un canto, una poesia , un mimo o il racconto di un’ esperienza, a rendere questo momento un incontro speciale. Un’ intera classe di IV elementare accompagnata da genitori e maestra sono giunti da Badolato Marina per condividere con tutti, il loro percorso di preghiera, diventato cammino formativo , crescita umana, gioia di vivere nella diversità che arricchisce. Un ruolo centrale è stato quello del magnifico circo missionario M.G.C. , che con la sua allegria ha coinvolto tutti , ma veramente tutti, nessuno si è potuto sottrarre, dal ruolo assegnato dai divertenti pagliacci Alessia e Fischius. E tra un ballo e un canto , il clima divenuto sempre più familiare ha permesso a Gesù di passare abbattendo barriere e creando fraternità, il canto Gesù che sta passando è divenuta esperienza concreta e visibile, toccata veramente con mano nel momento di preghiera, presieduto da Don Pino Silvestre, un silenzio ed un clima da Paradiso. Passando per i cinque continenti, guidati dalla parola di Dio proclamata, at- traverso le immagini della missione i ragazzi si sono impegnati: a sognare senza immaginare qualcosa di irraggiungibile, ma trasformando la propria vita in qualcosa di nuovo; a lasciare fiduciosi la loro terra per incamminarsi verso la meta che non è un luogo ben definito, ma un incontro sempre nuovo con l’altro; a incontrare il povero, il “ diverso”, l’indifeso, l’emarginato, vincendo gli egoismi che caratterizzano la loro esistenza, rafforzando sempre più la loro unione con Gesù ; a condividere gli uni con gli altri, a sperare nel cambiamento, nella metamorfosi, per tanti coetanei che hanno già perso ogni speranza e annegano nelle futilità di una vita vuota. Hanno pubblicamente assunto l’impegno di mettersi “ sulle strade “, consapevoli che esse rappresentano per loro il luogo da cui partire per la loro azione missionaria. La strada è il luogo in cui Gesù ha trascorso la maggior parte del suo tempo, dove ha fatto gli incontri più belli, più decisivi dove ha portato la buona notizia. Insediati a Catanzaro i nuovi parroci della parrocchia “Santa Croce” L' arcivescovo di CatanzaroSquillace, mons. Vincenzo Bertolone, con una solenne celebrazione, ha presentato nei giorni scorsi i nuovi parroci della parrocchia “Santa Croce in Catanzaro” . Si tratta di Padre Franco Lenti e Padre giovanni Tolaro dei Minimi di San Francesco di Paola. Un giorno di festa e di gioia per la famiglia parrocchiale di Pontepiccolo. Mons. Bertolone ha invitato tutti, in 16 31 gennaio 2014 Ecco perché anche loro i ragazzi missionari, vogliono mettersi in strada, sul Suo esempio per portare ma anche per ricevere la buona notizia del Vangelo. In questo incontro hanno acquisito la consapevolezza che non possono improvvisare il cammino, devono avere qualcuno che li guidi e conosca la strada, e chi meglio di Gesù? Sarà Lui la loro guida, sarà Lui il loro navigatore satellitare: solo così saranno certi di non perdere l’orientamento cammin facendo. “Destinazione mondo” è ciò che hanno scritto come indirizzo, perché questo annuncio di salvezza vada a tutti i popoli e in tutti i continenti; nessuno è escluso da questa festa, anzi solo coinvolgendo tutti avrà senso mettersi in strada. Ma quali strade del mondo possiamo e dobbiamo percorrere? Papa Francesco lo chiarisce: “ la missionarietà non è solo una questione di territori geografici, ma di popoli, di cultura e di singole persone, proprio perché i confini della fede non attraversano solo luoghi e tradizioni umane, ma il cuore di ciascuno uomo e ciascuna donna”. Destinazione mondo è allora navigare con Gesù facendosi compagni di ogni persone che incontriamo, un’amicizia tra gli uomini con lo stile di Gesù in cui l’altro non è “ un forestiero” ma un fratello; non è un nemico ma un amico; un dono prezioso che arricchisce ogni esistenza umana. Non si viaggia tanto per viaggiare, ma per conoscere, per fare amicizia, per costruire ponti fraterni. Siete pronti per iniziare il viaggio nel mondo? Zaini in spalla … Si PARTE!!!! Anna Gangale nome di quell'agnello che si è immolato diventando "luce" per illuminare il nostro cammino, a sentirsi comunità di amore che si caratterizzi per la crescita della fede, per una speranza che vigili ed una carità operosa. "essere buoni sacerdoti innamorandosi e facendo innamorare ogni giorno del Signore". Questo l’augurio di Sua eccellenza per Padre giovanni e Padre Franco. Sebastian Ciancio