Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica Conservatorio di Musica “Giovan Battista Martini” - Bologna - PREMI «CLAUDIO ABBADO» Sezione di Interpretazione e composizione musicale Sottosezioni di Canto lirico e Musica vocale da camera Prove finali Musica vocale da camera Giovedì 14 maggio, Sala di lettura della Biblioteca, ore 18 Canto lirico Sabato 16 maggio, Sala Bossi, ore 21 Ingresso libero Piazza Rossini, 2 – 40126 Bologna Tel. 051.221.483 – 233975 Fax 223168 www.conservatoriobologna,it Com’è nato il premio All'indomani della scomparsa del grande maestro direttore e concertatore, cioè poco più di un anno fa, l'AFAM ebbe l'idea di trasformare l'annuo Premio nazionale “delle Arti” in un nuovo Premio “Claudio Abbado”, un concorso di valori e meriti artistici, musicali e coreutici riguardante tutta l'alta formazione. Nel settore musicale, suddiviso in diversi sottosettori a seconda delle materie, si sono di conseguenza impegnate tutte le scuole relative del paese, Conservatori statali o non statali che siano: a concorrere sono stati gli studenti e i diplomandi adeguatamente scelti dalle singole scuole; a giudicare delle commissioni esterne all'AFAM, per ovvie ragioni di obbiettività, e di chiara fama; a organizzare i singoli sottosettori numerosi Conservatori nazionali. Città tradizionalmente ricca di esperienze e addirittura priorità musicali, facendo leva su storiche presenze di Mozart, Rossini e Wagner Bologna e il suo “Martini” hanno acquisito i settori di Canto lirico e Musica vocale da Camera, che hanno onorato svolgendo le prove eliminatorie nei giorni 22-23 aprile e 13 maggio, per presentare le finali oggi giovedì 14 maggio nella sala di lettura della Biblioteca e sabato 16 maggio in Sala Bossi. Si tratta di concerti pubblici, non ancora di proclamazioni. A seguito di altri incontri e votazioni, la proclamazione dei vincitori di tutte le sezioni del Premio sarà resa ufficiale il 29 maggio prossimo, quando i vincitori parteciperanno a una grande serata nella capitale che li affiancherà ai vincitori delle altre sottosezioni e sezioni di concorso. Lietissimi di aver potuto dare un contributo a una manifestazione intitolata a un grande musicista che in città è lungamente vissuto, ha gloriosamente operato ed è mancato nel pieno della sua arte, ringraziamo le commissioni giudicatrici per i sensi di colleganza, concordia e unanimità espressi durante i lavori. Il complesso mondo della scuola è ancora capace di produrre così, per soddisfazione nostra e altrui, cittadina e nazionale e senza dubbio anche europea. Avv. Patrizio Trifoni Presidente Prof.ssa Donatella Pieri Direttore Commissioni giudicatrici Canto lirico: Proff. Luciana D’Intino, Eva Mei, Leone Magiera, William Matteuzzi, Piero Mioli Musica vocale da camera: Proff. Adele Boghetich, Paolo Dirani, Piero Mioli, Guido Salvetti, Gastone Sarti Assistenti: Sig.a Roberta Toti, M.o Costantino Petridis [programma della finale del 14, disponibile il 13 sera] Finale della sottosezione di Canto lirico Programma del concerto Gioachino Rossini (1792-1868) Sinfonia di Bologna Richard Strauss (1864-1949) Ariadne auf Naxos: «Noch glaub'ich dem einem» Lin Xiao Zhang, soprano Gioachino Rossini Aureliano in Palmira: «Perché mai le luci aprimmo» Ettore Agati, controtenore Giuseppe Verdi (1813-1901) La Traviata: «Addio, del passato» Clarissa Costanzo, soprano Camille Saint-Saëns (1835-1921) Samson et Dalila: «Mon cœur s'ouvre à ta voix» Giada Frasconi, mezzosoprano ________________________________________ Richard Wagner (1813-1883) Lohengrin: Vorspiel del I atto Gioachino Rossini Guglielmo Tell: «Selva opaca» Selene Zanetti, soprano Giuseppe Verdi I vespri siciliani: «O tu, Palermo» Arjol Xhaferi, basso Vincenzo Bellini I Capuleti e i Montecchi: «Oh quante volte, oh quante» Elisa Soster, soprano Gaetano Donizetti La Favorita: «O mio Fernando» Laura Verrecchia, mezzosoprano Orchestra del Conservatorio “Giovan Battista Martini” Maestro concertatore e direttore Alberto Caprioli Per una cronaca dei lavori Quarantasette candidati si sono fatti ascoltare al Conservatorio di Bologna, nella grande Aula Respighi ben adorna d’organo e strumenti e quadri, trentatré per Canto lirico e tredici per Musica vocale da camera: secondo regolamento, gli uni in un video preregistrato e assicurato dagli istituti di provenienza e gli altri dal vivo. Le musiche da presentarsi erano libere quanto a repertorio, genere e stile, limitate soltanto dalla durata dell’esibizione stabilita sui quindici minuti nell'uno e nell'altro caso. Le commissioni hanno lavorato secondo criteri riferibili ai seguenti caratteri: intonazione, senso del ritmo, rapporto con lo strumentale; estensione della voce; intensità (o volume); timbro; tecnica di emissione (ed eventualmente di coloratura); pronuncia, dizione, eventuale padronanza della lingua straniera; fraseggio musicale; espressione in genere; gestualità; scelta del repertorio (se adatto alla voce e più o meno tradizionale o personale). Molto semplice la valutazione: un punto all'insufficienza, due punti alla sufficienza, tre punti alla più che sufficienza. Dopo l’ascolto e una libera ma breve discussione d’assieme, ogni commissario ha espresso il suo giudizio numerico prima seguendo i criteri uno per uno, poi sommando. Somme generali sono state fornite dalla segretaria, e queste hanno prodotto i risultati, sottoscritti da tutti i commissari. Complessivamente, la commissione ha registrato una preparazione musicale positiva, spesso decorosa, a volte anche notevole, nel senso del rispetto della pagina e di una sua lettura lucida e sensibile; e anche una certa disinvoltura di portamento. Un po' troppo squilibrata la presenza dei registri vocali: pochissimi tenori e bassi a fianco di tanti soprani, qualche mezzosoprano e qualche altalena fra mezzosoprano e contralto, diverse voci attribuite al baritono ma applicate piuttosto al repertorio del basso comico, la gradita presenza di un controtenore. Nel nutrito stuolo sopranile della sottosezione di Canto lirico, abbondavano le voci liricoleggere (a volte leggere applicate al lirico) e latitavano quelle lirico-drammatiche, verdiane per esempio, da Un ballo in maschera a Otello (o anche pucciniane o veriste, da Cavalleria rusticana a Tosca). Rarissime le scelte cadute sul Sei, Sette e Novecento, e pressoché assente il teatro di Wagner. Notevole, invece, la presenza di Rossini, Bellini e Donizetti, anche fuori repertorio. In sintonia con i loro insegnanti, alcuni giovani cantanti faranno bene ad allargare e precisare il repertorio, per esempio tenendo in considerazione il parterre delle arie proposte e anzi pretese, su attente basi filologiche, dalla commissione per la prova finale. Quanto al sottosettore di Musica vocale da camera, la commissione ha ammirato la varietà stilistica e linguistica delle musiche: classiche di Mozart e Beethoven; romantico-tedesche di Schubert, Schumann, Wagner e Strauss; francesi di Debussy e Poulenc; perfino russe, spagnole e americane. Tralasciando stranamente Rossini e gli altri operisti impegnati anche fuori scena, la musica italiana è comparsa fra il tardo Ottocento e il pieno Novecento, con Sgambati, Mancinelli, Wolf Ferrari, Tosti, Margola, fino a Berio. Singolare qualche presenza Bach (da chiesa, però, e non da camera), sono mancate l'aria e la cantata italiana del Sei-Settecento, da Caccini ai grandi maestri napoletani, ed è anche su questo repertorio belcantistico e cembalistico, tanto propizio sia alla tecnica che all'espressione, che la commissione invita la classi di canto degli istituti nazionali a cimentare le voci dei discenti. Per finire, le commissioni esprimono i loro complimenti alla segreteria e al personale ausiliario del Conservatorio per l'assistenza prestata durante i lavori. Un profilo del Grande il cui nome premia oggi i giovani musicisti Il 26 giugno 2014 avrebbe compiuto ottanta e un anno, il maestro, ma non ce l’ha fatta: gravemente malato da molto tempo, tenacemente reattivo ai ripetuti attacchi, spesso quasi miracolosamente risorto dalle pause forzate e temute, è mancato a Bologna, dove viveva da tempo per ragioni d’arte e di famiglia, la mattina di lunedì 20 gennaio. Una morte purtroppo annunciata, in particolare dalla recente cancellazione di alcuni attesissimi concerti (o dalla sua sostituzione sul podio). Eppure proprio il fatto che più volte Claudio Abbado era ricomparso al lavoro, alla bacchetta, alla musica, aveva quasi dato l’idea di una resistenza a oltranza, quasi sovrumana, in verità impossibile. Ma quella figurina sempre più esile e scavata, quel volto magro e rivolto in alto a ringraziare per gli applausi, quell’espressione nonchalance che sembrava stupirsi dei festeggiamenti e quasi volerne affrettare la conclusione, se non lo erano umanamente certo erano impiegabili, invincibili mentalmente, artisticamente, musicalmente. Per lui, oramai, la musica era un gioco, come il ripasso sempre più sottile e spirituale, sempre più facile e sciolto di un repertorio studiato, assorbito, assimilato in maniera semplicemente perfetta. Non era unico, in questo, ma non basta certo la plausibile compagnia di Toscanini, Karajan e Kleiber a sminuirne il valore. Altri saranno stati e saranno i grandi meriti di Mariani, Mahler, Walter, Furtwängler, De Sabata, Bernstein, Giulini, Solti, Maazel, Mehta, Muti, Levine, Pappano, Thielemann, ma davvero la purezza, la levigatezza, la scorrevolezza raggiunta dal sound di Abbado ha solo quella valorosa triplice concorrenza, cui si potrebbe annettere anche la colleganza di Celibidache, Boulez e Ozawa. Milanese, di ottima famiglia, figlio del violinista Michelangelo, Claudio aveva studiato nella sua città e dagli anni '60 ha svolto una luminosissima carriera internazionale. È stato direttore musicale della Scala dal 1968 all'86, della Staatsoper di Vienna fino al '91, dei Berliner Philharmoniker fino al 2002; intanto e in seguito fondava complessi strumentali come la European Community Youth Orchestra (ECYO) nel '78, la Mahler Jugend Orchester nell'86, la Lucerne Festival Orchestra nel 2001, l’Orchestra Mozart nel 2004 (questa presso l’antica Accademia Filarmonica di Bologna); e riceveva molti premi e onori, fra i tanti la laurea “honoris causa” dall’Università di Cambridge nel 1994 e l’Imperiale di Tokyo nel 2003. Uomo di sinistra e attentissimo alle problematiche culturali e ideologiche del suo tempo, ha diretto molta musica del '900 storico e successivo, dal Wozzeck di Berg fino Al gran sole carico d'amore di Nono e oltre, mediante numerosi altri autori fra i quali per esempio il prediletto Webern (la Passacaglia, gli Stücke, le Variazioni per orchestra). Eccezionale interprete del sinfonismo tedesco, di Beethoven, Schubert, Brahms e Mahler, di questi superclassici ha dato letture memorabili, in serie discografiche integrali e frequentemente dal vivo del concerto: per restare in Italia al Comunale di Ferrara, a S. Cecilia sul podio della trionfante Filarmonica di Berlino, al “Manzoni” di Bologna guidando i giovani entusiasti della “Mozart”. Quanto all'opera, trovandosi a collaborare con voci di qualità diversa, Abbado ha affrontato soprattutto Mozart, Rossini, Verdi e Musorgskij, alla Scala e a Salisburgo, in sala d'incisione (DG e Sony) e a Pesaro: come esempi rispettivi, bastino gli eventi delle Nozze di Figaro, del Viaggio a Reims, di Simon Boccanegra e di Boris Godunov (anche grazie ad allestimenti prestigiosi, alcuni firmati da una personalità altrettale come Giorgio Strehler). Oltre a una scelta dei testi così attenta e rigorosa da sembrare un po' avara, caratterizzano la sua arte una tecnica sovrana, un gusto analitico quasi scientifico, un'asciuttezza espressiva di per sé eloquente, cui più tardi s'è aggiunta una sempre maggiore carica emozionale. Dal suo vivo repertorio sono mancati, nel complesso, autori come Gluck, Haydn, Berlioz, Liszt, Bruckner, Puccini, ma il Lohengrin e il Parsifal di Wagner da lui diretti bastano a farne la gloria, anche al cospetto di nomi d’area tedesca come Knappertsbusch e Klemperer. E tre commedie come L’italiana in Algeri, Il barbiere di Siviglia e La Cenerentola restano ai vertici dell’interpretazione rossiniana di oggi, di ieri, forse di domani: nelle mani di un musicista che prima di esaltarle alla grande, a differenza di molti fra i colleghi citati ha saputo scovarle e strapparle alla routine del repertorio. Routine, parola sconosciuta a Claudio Abbado e auspicabilmente anche ai generosi vincitori del premio a lui intestato. Piero Mioli