A. A. 2011- 2012 – Semestre primaverile Corso monografico di letteratura moderna: Lettura dell'Allegria di Ungaretti Calendario delle lezioni Merc. 22 febbraio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Gio. 1 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 7 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 14 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 21 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Gio. 22 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3023 Merc. 28 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 4 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 25 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 2 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 9 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 15 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 23 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 30 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Annullate: 29 febbraio 2012 18 aprile 2012 Bibliografia L’edizione critica dell’Allegria, a cura di Cristiana Maggi Romano, è apparsa nel 1982 (Milano, Fondazione Mondadori). La raccolta con il relativo apparato di varianti si legge inoltre in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1969 (ristampata successivamente anche in veste economica); e (con commento) in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di Carlo Ossola, Milano, Mondadori, 2009. Si segnala, inoltre, G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, a cura di C. Ossola, Venezia, Marsilio, 1990. La bibliografia su Ungaretti e su L’Allegria è vastissima. Si segnalano qui le voci ‘storicamente’ più importanti, utilmente fruibili nella preparazione dell’esame: Luciano Rebay, Le origini della poesia di Giuseppe Ungaretti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962; Leone Piccioni, Ungarettiana, Firenze, Vallecchi, 1980; C. Ossola, Giuseppe Ungaretti, Milano, Mursia, 1982; Mario Barenghi, Ungaretti, Modena, Mucchi, 1999. Su lingua e stile, poi, si ricorda Pietro Spezzani, Per una storia del linguaggio di Ungaretti fino a «Sentimento del Tempo», nel vol. misc. Ricerche sulla lingua poetica contemporanea, Padova, Liviana, 1966, pp. 91-160. Tra i contributi più recenti: Paolo Briganti, Tra inquiete muse. L’Ungaretti dell’Allegria, Milano, Unicopli, 2008; e (con un taglio decisamente introduttivo) Daniela Baroncini, Ungaretti, Bologna, Il Mulino, 2010. Commiato < PS 16 Poesia Locvizza il 2 ottobre 1916 Gentile Ettore Serra poesia è il mondo l’umanità la propria vita fioriti dalla parola la limpida meraviglia di un delirante fermento Quando trovo in questo mio silenzio una parola scavata è nella mia vita come un abisso 5 < PS16 è la limpida meraviglia < PS16 Quando io trovo 10 Gen|ti |le Et|to|re | Ser|ra po|e|si|a è il | mon|do | l’u|ma|ni|tà la | pro|pria | vi|ta fio|ri|ti | dal|la | pa|ro|la la | lim|pi|da | me|ra|vi|glia di un | de|li|ran|te | fer|men|to 3 5 4 8 5 8 8 8 Quan|dO | trO|vO in | que|stO | mi|O | si|len|ziO u|nA | pA|ro|lA scA|vA|tA è | nel|lA | mi|A | vi|tA co|me un | a|bis|so 4 8 5 9 5 C. Baudelaire, Le Gouffre [1862], trad. it. di G. Raboni Pascal avait son gouffre, avec lui se mouvant. - Hélas ! tout est abîme, - action, désir, rêve, Parole ! et sur mon poil qui tout droit se relève Mainte fois de la Peur je sens passer le vent. En haut, en bas, partout, la profondeur, la grève Le silence, l’espace affreux et captivant… Sur le fond de mes nuits Dieu de son doigt savant Dessine un cauchemar multiforme et sans trêve. Pascal aveva il proprio abisso, e sempre se lo portava dietro. – Abisso è tutto: l’atto e il desiderio, il sogno e la parola. - Quante volte, sfiorato dalla brezza della Paura, sento che mi si rizzano i capelli! Da ogni parte – su, giù – la riva, il vuoto, il silenzio, lo spazio che affascina e spaventa… Sul nero delle notti, col suo dito sapiente, Dio mi disegna un incubo multiforme e accanito. J’ai peur du sommeil comme on a peur d’un grand trou, Tout plein de vague horreur, menant on ne sait où; Je ne vois qu’infini par toutes les fenêtres, Mi fa paura il sonno, buco immenso, vago e orrendo, che porta chissà dove; da ogni vetro non vedo che infinito, Et mon esprit, toujours du vertige hanté, Jalouse du néant l’insensibilité. - Ah ! ne jamais sortir des Nombres et des Êtres ! e la mia mente, in preda al capogiro, invidia al Nulla il nulla. – Ah, non uscire, non uscire mai dai Numeri e dagli Esseri! Mappa cronologica: 1916 e dintorni 1912, D’Annunzio, quarto libro delle Laudi Marinetti, Manifesto della lett. futurista Slataper, Il mio Carso 1913, Pirandello, I vecchi e i giovani Papini, Un uomo finito Rebora, Frammenti lirici 1914, Campana, Canti Orfici Palazzeschi, Il controdolore Sbarbaro, Pianissimo 1915, Govoni, Rarefazioni e parole in libertà E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, 1916 Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. 5 10 E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio 15 in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. E. Montale, Non chiederci la parola… Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un doloroso prato. Ah l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. 5 10 Camillo Sbarbaro, Taci, anima stanca di godere, 1913, poi in Pianissimo, 1914 Taci, anima stanca di godere e di soffrire (all'uno e all'altro vai rassegnata). Nessuna voce tua odo se ascolto: non di rimpianto per la miserabile 5 giovinezza, non d'ira o di speranza, e neppure di tedio. Giaci come il corpo, ammutolita, tutta piena d'una rassegnazione disperata. 10 Noi non ci stupiremmo, non è vero, mia anima, se il cuore si fermasse, sospeso se ci fosse il fiato... Invece camminiamo. 15 camminiamo io e te come sonnambuli. E gli alberi son alberi, le case sono case, le donne che passano son donne, e tutto è quello che è, soltanto quel che è. 20 La vicenda di gioia e di dolore non ci tocca. Perduta ha la sua voce la sirena del mondo, e il mondo è un grande deserto. Nel deserto 25 io guardo con asciutti occhi me stesso. C. Rebora, Sciorinati giorni dispersi, in FL, 1913 Sciorinati giorni dispersi, cenci all'aria insaziabile: prementi ore senza uscita, fanghiglia d'acqua sorgiva: torpor d’àttimi lascivi fra lo spirito e il senso; forsennato voler che a libertà si lancia e ricade, inseguita locusta tra sterpi; e superbo disprezzo e fatica e rimorso e vano intendere: e rigirìo sul luogo come cane, per invilire poi, fuggendo il lezzo, la verità lontano in pigro scorno; e ritorno, uguale ritorno dell'indifferente vita, 5 10 15 mentr'echeggia la via consueti fragori e nelle corti s'amplian faccende in conosciute voci, e bello intorno il mondo, par dileggio 20 all'inarrivabile gloria al piacer che non so, e immemore di me epico armeggio verso conquiste ch'io non griderò. Oh per l'umano divenir possente 25 certezza ineluttabile del vero, ordisci, ordisci de’ tuoi fili il panno che saldamente nel tessuto è storia e nel disegno eternamente è Dio: ma così, cieco e ignavo, 30 tra morte e morte vil ritmo fuggente, anch'io t'avrò fatto; anch'io. F. T. Marinetti, L’immaginazione senza fili e le parole in libertà, “Lacerba” 1913 Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche. […] Il lirismo è la facoltà rarissima di inebbriarsi della vita e di inebbriarla di noi stessi. […] [Il poeta lirico] comincerà col distruggere brutalmente la sintassi […]. Non perderà tempo a costruire i periodi. S’infischierà della punteggiatura e dell’aggettivazione. Disprezzerà cesellature e sfumature di linguaggio e in fretta vi getterà affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive, auditive, olfattive, secondo la loro corrente incalzante. L’irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell’aggettivazione. Manate di parole essenziali senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione, rendere tutte le vibrazioni del suo io. […] E per dare il valore esatto e le proporzioni della vita che ha vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. […] Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannunziana. […] La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina. […] Combatto l’estetica decorativa e preziosa di Mallarmé e le sue ricerche della parola rara, dell’aggettivo unico insostituibile, elegante, suggestivo, squisito. Non voglio suggerire un’idea o una sensazione con delle grazie o delle leziosaggini passatiste: voglio anzi affermarle brutalmente e scagliarle in pieno petto al lettore. […] La nostra ebrietà lirica deve liberamente deformare, riplasmare le parole, tagliandole, allungandone, rinforzandone il centro o le estremità. […] Avremo così la nuova ortografia che io chiamo libera espressiva. Questa deformazione istintiva delle parole corrisponde alla nostra tendenza naturale verso l’onomatopea. Ungaretti ‘egiziano’: 1888-1912 • Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888 da Antonio e Maria Lunardini • Frequenta fino al 1906 l’Ecole Suisse Jacot • Legge il “Mercure de France” • Frequenta il circolo anarchico della ‘Baracca Rossa’ fondato da Enrico Pea, insieme all’amico Mohammed Sceab In memoria [Il Porto Sepolto] - Locvizza il 30 settembre 1916 del suo abbandono Si chiamava Moammed Sceab 5 Discendente di emiri di nomadi suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome PS16 e mutò nome in Marcel 10 Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi 15 dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè E non sapeva sciogliere 20 il canto L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo 25 a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa Riposa nel camposanto d’Ivry 30 sobborgo che pare sempre in una giornata di una decomposta fiera 35 E forse io solo so ancora che visse PS16 continuamente PS16 Saprò / fino al mio turno / di morire G. Ungaretti, Lezioni su Leopardi, 1945-46 “In quanto a Baudelaire e a Mallarmé, essi davano occasione a un litigio senza fine tra me e il mio più caro compagno d’allora, quel Moammed Sceab a cui ho dedicato il mio Porto Sepolto. Uscivamo di scuola accesi nella lite e, spinti dal diverbio, invece di tornare a casa si andava verso il lungomare ch’era a due passi. Saltavamo sul parapetto del molo, e andando in su e giù sbracciandoci e gridando, chissà come a uno di noi non sia accaduto mai di cascare nell’acqua, che a diversi metri giù si spezzava contro gli scogli. Sceab era un positivo e sottile argomentatore, come sanno esserlo gli Arabi, e difatti, purtroppo, doveva finire suicida per motivi filosofici. Non ero un loico, non lo sono mai stato, ma un poeta, un invasato, e non trovavo se non repliche immaginose e passionali. Sceab, per darmi il colpo di grazia, non diceva di non capire Mallarmé; per dirlo avrebbe dovuto essere meno pazzo d’orgoglio; ma diceva: è un poeta bello all’orecchio”. G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969 Baudelaire era l’argomento di discussioni interminabili con uno dei miei compagni, che un giorno trovarono morto, perché in nessun paese si poteva accasare, in una stanza dello stesso albergo che abitavamo, in rue des Carmes a Parigi: Moammed Sceab. A lui è dedicata la poesia che apre Il Porto Sepolto. Era un ragazzo dalle idee chiare e prediligeva Baudelaire. Non dico che Baudelaire sia uno scrittore chiaro; è uno scrittore che ama aggirarsi nelle sue caverne, ed è difficile esser chiari e introspettivi nello stesso tempo, ama è di sicuro più chiaro di Mallarmé, è insomma uno scrittore che può affrontarsi subito senza tirocinio. L’altro suo autore era Nietzsche, che lo aveva addirittura soggiogato. I suoi autori erano Baudelaire e Nietzsche; io rimanevo fedele a Mallarmé e a Leopardi, a Mallarmé che sentivo anche se non tutto capivo, a Leopardi che capivo un po’ di più benché anche lui abbia, nel punto sublime, la necessaria sostanza ermetica. G. Ungaretti, Chiaroscuro Anche le tombe sono scomparse Rifà giorno Spazio nero infinito calato da questo balcone al cimitero Tornano le tombe appiattate nel verde tetro delle ultime oscurità nel verde torbido del primo chiaro Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo che s’è ucciso l’altra sera Nota d’autore: Osservando dall’alto il Cimitero Monumentale di Milano è evocato per analogia il camposanto d’Ivry, dove riposa Moammed Sceab. G. Ungaretti, Chiaroscuro, red. « Lacerba » aprile 1915 Il bianco spazio delle tombe se lo è sorbito la notte Spazio nero infinito calato da questo balcone al cimitero Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo che si è suicidato che quando m’incontrava negli occhi parlandomi con quelle sue frasi pure e frastagliate era un cupo navigare nel mansueto blu È stato sotterrato a Ivry con gli splendidi suoi sogni e ne porto l’ombra Rifà giorno Le tombe ricompariscono appiattate nel verde tetro delle ultime oscurità nel verde torbido del primo chiaro Le annate dopo le annate trovatelle a passeggio in uniforme accompagnate da suore di carità. Ma ora mi reggo tra le braccia le nuvole che il mio sole mantiene e all’alba non voglio sapere di più. Ungaretti commenta Ungaretti, 1963 “In memoria, rievocazione del suicidio del mio compagno Moammed Sceab, è il simbolo di una crisi delle società e degli individui che ancora perdura, derivata dall’incontro e scontro di civiltà diverse e dall’urto e conseguenti sconvolgimenti tra le tradizioni politiche e il fatale evolversi storico dell’umanità”. G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969 “Soltanto la poesia, l’ho imparato terribilmente, lo so, la poesia sola può recuperare l’uomo, persino quando ogni occhio s’accorge, per l’accumularsi delle disgrazie, che la natura domina la ragione e che l’uomo è molto meno regolato dalla propria opera che non sia alla mercé dell’Elemento”. Ungaretti a Parigi: 1912-1921 • Conosce gli scrittori raccolti intorno ai “Cahiers de la Quinzaine” di Charles Péguy • Frequenta artisti come Picasso, Braque, Modigliani, o altri italiani residenti a Parigi (De Chirico, Savinio, Palazzeschi) • Si lega di profonda amicizia a Papini e Soffici, fondatori della rivista “Lacerba” • Conosce Guillaume Apollinaire • Frequenta le lezioni di Henri Bergson al Collège de France (→ L’estetica di Bergson e Lo stile di Bergson, “Lo Spettatore italiano”, 1924) G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969 “Fra Apollinaire e me era avvenuto un avvicinamento insolito. Sentivamo in noi il medesimo carattere composito e quella difficoltà che l’animo nostro aveva di trovare la via di assomigliare a se stesso, di costituire la propria unità. Quell’unità non l’avremmo mai trovata altrove se non ricorrendo alla poesia. Era la ricerca, era il ritrovamento di un linguaggio liberatore se riusciva a manifestare l’angosciosa ricerca di sé”. G. Apollinaire, Les fiançailles, da Alcools Je n’ai plus même pitié de moi Et ne puis exprimer mon tourment de silence Tout les mots que j’avais à dire se sont changés en étoiles […] Jadis les morts sont revenus pour m’adorer Et j’espérais la fin du monde Mais la mienne arrive en sifflant comme un ouragan J’ai eu le courage de regarder en arrière Les cadavres de mes jours Marquent ma route et je les pleure […] H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la memoria La memoria non consiste nella facoltà di ordinare i ricordi come in cassetti o di iscriverli in un registro […] perché una facoltà opera in modo intermittente, quando vuole o può, mentre invece l’accumulo del passato sul passato prosegue senza soste. In realtà il passato si conserva da sé solo, automaticamente e, certo, ci segue tutt’intero costantemente. […] Anche se non ne abbiamo un’idea distinta, sentiamo pur sempre vagamente che il nostro passato ci rimane presente: infatti, che cosa siamo, che cos’è il nostro carattere, se non la storia condensata di quanto abbiamo vissuto? […] Certo, noi pensiamo soltanto con una piccola parte del nostro passato, ed è invece con tutt’intero il nostro passato, ivi compresa la particolare curvatura della nostra anima all’origine, che desideriamo, vogliamo ed agiamo. H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la personalità La nostra personalità, che ad ogni istante cresce con l’accumularsi dell’esperienza, muta continuamente e, mutando, impedisce che uno stato, apparentemente identico ad un altro in superficie, ne sia davvero, in profondità, una ripetizione: pertanto la nostra durata è irreversibile, né potremmo riviverne la benché minima parte, perché bisognerebbe cominciare col cancellare il ricordo di tutto quanto è venuto poi. […] La nostra personalità, in tal modo, spunta, cresce, matura senza posa, ed ogni suo momento è un elemento nuovo che va ad aggiungersi a quanto essa era prima: meglio ancora, non solo nuovo, ma imprevedibile. C. Ossola, Ungaretti, p. 119: sul rapporto con Bergson In Bergson è racchiusa l’ideologia, l’episteme se si vuole, che sta alla base di Allegria di naufragi: negare significa prospettare, sopra la realtà che si giudica insufficiente o insoddisfacente, una “realité inconnue” invocata a sostituire il presente: ma questa possibilità non è profezia alternativa allo stato di cose attuale, non è promessa d’apocalissi […]. La negazione insomma s’inflette su se stessa e sogna l’assenza, la mera disparizione, non offre e non attende “remplaçant”, non si proietta sul futuro, s’involge sul passato. La sostituzione è sempre ciò che si lascia, mai ciò che si potrebbe prendere. Il Porto Sepolto Mariano il 29 giugno 1916 Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto 5 Il Porto Sepolto Mariano il 29 giugno 1916 Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto 5 G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969 “Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse Il porto sepolto. Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile. Entrambi scrivevano. [...] Quegli amici avevano ereditato dal padre una biblioteca raccolta con precisione di curiosità e di gusto, una biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti e degli scrittori contemporanei. [...] Abitavano fuori d’Alessandria, in mezzo al deserto. Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. […] Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto”. Il Porto Sepolto Mariano il 29 giugno 1916 Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto 5 Quel nulla / d’inesauribile segreto (I) • Ung AL, Eterno: Tra un fiore colto e l’altro donato / l’inesprimibile nulla. • Rebora FL, Cielo, per albe e meriggi e tramonti: Ma qui fra nebbie andiamo, e a chi non vede / sterile nulla è il cielo (vv. 10-11). • Montale OS, Ma dove cercare la tomba: Tra quelle cerca un fregio primordiale / che sappia pel ricordo che ne avanza / trarre l’anima rude / per vie di dolci esigli: / un nulla, un girasole che si schiude / ed intorno una danza di conigli (vv. 17-22). • Montale OS, Forse un mattino: Forse un mattino andando in un’aria di vetro, / arida, rivolgendomi, vedrò compiersi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro (vv. 1-3). Quel nulla / d’inesauribile segreto (II) • Zanzotto V, Da un’altezza nuova: Il ricchissimo nihil, / che incombe ed esalta, dove / beatificanti fiori e venti gelidi / s’aprono dopo il terrore. • Zanzotto V, Esistere psichicamente: Da tutto questo che non è nulla / ed è tutto ciò ch’io sono: / tale la verità geme a se stessa. • Zanzotto P, Codicillo: No nessun nume né umano allontaniamo / grazie sono i certami con lui-ciascuno / perché ciascuno infinitamente / ci avvezzò ci svezzò / al lucore di questo nostro insieme / e del niente. Quel nulla / d’inesauribile segreto (III) • Leopardi Z 85 (gennaio 1820): Io era spaventato nel trovarmi in mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come soffocare considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla. • Leopardi L a Giordani (6 marzo 1820): Questa è la miserabile condizione dell’uomo, e il barbaro insegnamento della ragione, che i piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, quel travaglio che deriva dalla certezza della nullità delle cose, sia sempre e solamente giusto e vero. E se bene regolando tutta quanta la nostra vita secondo il sentimento di questa nullità, finirebbe il mondo e giustamente saremmo chiamati pazzi, in ogni modo è formalmente certo che questa sarebbe una pazzia ragionevole per ogni verso, anzi che a petto suo tutte le saviezze sarebbero pazzie, giacché tutto a questo mondo si fa per la semplice e continua dimenticanza di quella verità universale, che tutto è nulla. Quel nulla / d’inesauribile segreto (IV) • Tolstoj, Racconti autobiografici, Adolescenza, cap. 19: Da nessuna corrente filosofica fui affascinato come dallo scetticismo, che ad un certo momento mi portò ad uno stato vicino alla follia. Immaginavo che fuori di me nessuno e nulla esistesse in tutto il mondo, che gli oggetti non fossero oggetti, ma immagini, le quali mi apparivano solo quando vi fissavo l’attenzione, e che appena cessavo di pensarci quelle immagini subito svanissero. In una parola mi trovavo d’accordo con Schlegel nel ritenere che esistono non gli oggetti ma il nostro rapporto con essi. C’erano momenti, quando sotto l’influenza di questa idea fissa arrivavo a rasentare la follia, al punto che rapidamente mi voltavo dalla parte opposta, sperando di sorprendere il vuoto/il nulla là dov’io non ero. G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969 “Nessuno sente più dell’artista, se si tratta d’un vero artista, la pena che la sua parola rimanga indecifrabile a tanta parte degli uomini, come se la sua arte fosse opera straordinaria per la sua specie: la sua arte stessa porta la ferita sanguinante d’un’impotenza così ingiusta. [...] La vera poesia si presenta innanzi tutto a noi nella sua segretezza. È sempre accaduto così. Più giungiamo a trasferire la nostra emozione e la novità delle nostre visioni nei vocaboli, e più i vocaboli giungono a velarsi d’una musica che sarà la prima rivelazione della loro profondità poetica oltre ogni limite di significato”. Maurice de Guérin, Journal, 28.IX.1834 Si je m’âbime dans votre sein, vagues mystérieuses, m’arrivera-t-il comme à ces chevaliers qui, entraînés au fond des lacs, y recontraient de merveilleux palais, ou, comme ce pêcheur de la fable, en tombant dans la mer deviendrai-je un dieu? Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto, “Lacerba” 7 febbr. 1915, poi in Poesie disperse La verdura estenuata dal sole. Il bove bendato prosegue il suo giro Accompagna il congegno tondo stridente. Si ferma alle pause regolari. L’acqua mesciuta si distende barcollante. Si risotterra durante il viaggio. Le gocciole attimo di gioia trattenuto Brillano sulla verdura rasserenata. Stese verso terra come le braccia di Gesù. Il fellà canta Gorgoglio di passione di piccione innamorato Nenia noiosa delizia - Anatra vieni. - E chi se ne frega. - Al letto di seta colore di sfumature di poesia. - E chi se ne frega. - T’insegnerò la frescura di tramonto delle astuzie. - E chi se ne frega. - Lo possiedo duro grande e grosso. - E chi se ne frega. Il fellà è accoccolato nell’antro Del sicomoro ritto sulle proboscidi Che escono di terra come vermi mostruosi Col moto uguale di anelli in su e giù. Il mio silenzio di vagabondo indolente Giuseppe Ungaretti, L’Allegria Storia della raccolta 1916, Il Porto Sepolto, Udine, STU (32 testi) 1919, Allegria di Naufragi, Firenze, Vallecchi (105 testi, alcuni in francese); struttura molto articolata: 11 sezioni con al centro PS 1923, Il Porto sepolto, La Spezia, St. Apuana (67 testi) Divisione in 4 sezioni: Sirene+Elegie e madrigali+AN+PS Pref. di B. Mussolini: “Una testimonianza profonda della poesia fatta di sensibilità, di tormento, di ricerca, di passione e di mistero” 1931, L’Allegria, Milano, Preda (74 testi) Ungaretti, L’Allegria, 1931: Premessa Questo vecchio libro è un diario. L’autore non ha altra ambizione, e crede che anche i grandi poeti non ne avessero altre, se non quella di lasciare una sua bella biografia. Le sue poesie rappresentano dunque i suoi tormenti formali, ma vorrebbe si riconoscesse una buona volta che la forma lo tormenta solo perché la esige aderente alle variazioni del suo animo, e, se qualche progresso ha fatto come artista, vorrebbe che indicasse anche qualche perfezione raggiunta come uomo. Giuseppe Ungaretti, L’Allegria Struttura della raccolta 1931 Ultime → 12 testi Il Porto Sepolto → 33 testi = Il Porto Sepolto 1916 con varianti nei titoli, nella disposizione dei testi, e lo sdoppiamento di La notte bella > La notte bella + Universo Naufragi → 17 testi Girovago → 5 testi Prime → 7 testi G. Ungaretti, L’Allegria: Ultime (I sezione) • • • • • • Eterno LA 8.V.1915 Noia LA 8.V.’15 Levante LA 13.III.’15 Tappeto CM 15.III.’15 Nasce forse LA 28.II.’15 Agonia CM 15.III.’15 LA “Lacerba” CM “La Critica Magistrale” • • • • • • Ricordo d’Affrica CM 15.III.’15 Casa mia CM 15.III.’15 Notte di maggio CM 15.III.’15 In Galleria LA 8.V.’15 Chiaroscuro LA 17.IV.’15 Popolo LA 8.V.’15 Eterno [Ultime] da A31 poesia incipitaria della raccolta, con il titolo Eternità Tra un fiore colto e l’altro donato l’inesprimibile nulla < I red. (1915) Tra un fiore colto e l’altro donato l’inesprimibile vanità Fiore doppio nati in grembo alla madonna della gioia U. Foscolo, Alla sera, vv. 9-12 Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto rugge Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure onde meco egli si strugge. Cfr. commento di Gavazzeni (p. 406): “Il nulla eterno non è tanto entità fisica quanto la percezione del definitivo scomparire della propria identità individuale”. G. Ungaretti, L’estetica di Bergson, 1924 [Il poeta] indovina la perennità del tempo e noi in essa, parvenze fuggitive certo, ma – ci dirà Bergson teso a far della coscienza la realtà unica, a identificarla con quell’assoluto ch’egli chiama slancio vitale – incarnazione momentanea dell’eternità, per quel passato di cui siamo lo slancio, e quell’avvenire che rampollerà dal nostro passaggio. Il nostro atomo di tempo non è perduto nell’eternità, è una goccia del gran fiume. Noia [Ultime] Anche questa notte passerà Questa solitudine in giro titubante ombra dei fili tranviari sull’umido asfalto Guardo le teste dei brumisti nel mezzo sonno tentennare Noia [Ultime] < Sbadiglio (L 1915) L vv. 1-37 > AN19 vv. 1-20 > A31 vv. 1-7 AN vv. 13-20 A31/A42 Anche questa notte passerà Questa vita in giro titubante ombra dei fili tramviari sull’umido asfalto solitudine Guardo i faccioni dei brumisti tentennare A 31 i testoni…/ nel mezzo sonno / tentennare A 42 le teste Il sonno arriva così prudente a portarmi un po’ via Agonia Morire come le allodole assetate sul miraggio AN 1919 O come la quaglia passato il mare nei primi cespugli perché di volare non ha più voglia < O come le quaglie < traversato il mare < nei primi cespugli incontrati < non ne hanno più voglia Ma non vivere di lamento < Ma non morire di lamento come un cardellino accecato Il Porto Sepolto • • • • • • • • • • • • • • • • In memoria 30 sett. 1916 Il porto sepolto 29 giugno 1916 Lindoro di deserto 22 dic. 1915 Veglia 23 dic. 1915 A riposo 27 aprile 1916 Fase d’Oriente 27 aprile 1916 Tramonto 20 maggio 1916 Annientamento 21 maggio 1916 Stasera 22 maggio 1916 Fase 25 giugno 1916 Silenzio 27 giugno 1916 Peso 29 giugno 1916 Dannazione 29 giugno 1916 Risvegli 29 giugno 1916 Malinconia 10 luglio 1916 Destino 14 luglio 1916 • • • • • • • • • • • • • • • • • Fratelli 15 luglio 1916 C’era una volta 1 agosto 1916 Sono una creatura 5 agosto 1916 In dormiveglia 6 agosto 1916 I fiumi 16 agosto 1916 Pellegrinaggio 16 agosto 1916 Monotonia 22 agosto 1916 La notte bella 24 agosto 1916 Universo 24 agosto 1916 Sonnolenza 25 agosto 1916 San Martino del Carso 27 ag. 16 Attrito 23 sett. 1916 Distacco 24 sett. 1916 Nostalgia 28 sett. 1916 Perché 1916 Italia 1 ott. 1916 Commiato 2 ott. 1916 Il Porto Sepolto: cronologia • • • • • • • • Dicembre 1915 Aprile 1916 Maggio 1916 Giugno 1916 Luglio 1916 Agosto 1916 Settembre 1916 Ottobre 1916 2 2 3 6 3 10 5 2 Veglia [Il Porto Sepolto] Cima Quattro il 23 dicembre 1915 Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata 10 nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore 5 Non sono mai stato tanto 15 attaccato alla vita Otto Dix, Der Krieg, 1924 Veglia [Il Porto Sepolto] Un’intera notTATA butTATO vicino a un compagno massacraTO con la bocca digrignaTA volTA al plenilunio con la congestione delle sue mani penetraTA 10 nel mio silenzio ho scritTO lettere piene d’amore 5 Non sono mai sTATO TAnTO 15 aTTAccaTO alla viTA Veglia: sul finale • “È il punto dal quale scatta quell’esultanza d’un attimo, quell’allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare. Non si tratta di filosofia, si tratta d’esperienza concreta” (G. Ungaretti). • “L’alternarsi regolare, ossessionante ed angoscioso, della assonanza ta-to sembra scandire il fluire del tempo, dopo essere stata introdotta da suoni nasali: non sono mai. Se consideriamo gli apici si ha il passaggio ascendente da una vocale grave, la o, ad una media, la a, che si ripete prima di cedere alla i. Nell’alternarsi di alte e basse troviamo nell’ultimo verso un rafforzamento in bassa prima dell’esplosione finale in vita” (F. Musarra). • “È la consacrazione della funzione del poeta come il testimone degli eventi e come colui che ha in sé tutte le croci dei morti, per consacrarli all’eternità del canto. È un bell’esempio di restaurazione dell’idea tradizionale del poeta come colui che interroga tombe, rovine, morti, per riferirli ai tempi futuri, per sempre. Accanto al compagno massacrato il poeta scrive lettere piene d’amore: la scrittura poetica segna un’altra volta, in un’altra occasione, dopo quella di Moammed Sceab, la salvezza dall’orrore della morte” (G. Bàrberi Squarotti). • Stasera [Il Porto Sepolto] Versa il 22 maggio 1916 Balaustrata di brezza per appoggiare stasera la mia malinconia I red. Finestra a mare (PS 1916 > AN 1919, Sera) Balaustrata di brezza per appoggiare la mia malinconia > per appoggiare la malinconia stasera C. Govoni, Il saluto delle rondini, da L’inaugurazione della primavera, Firenze, La Voce, 1915 Sono qui che cammino solo e triste a capo chino per una strada di montagna sulla riva del mare […]. Da una balaustrata le rose traboccanti son come languide signore appoggiate al parapetto d’un palco nel teatro d’un giardino con le candide braccia ignude abbandonate mollemente lungo la freschezza del marmo che godon lo spettacolo del chiaro di luna. E. Montale, Riviere, 1920, vv. 26-37 Oh allora sballottati come l’osso di seppia dalle ondate svanire a poco a poco; diventare un albero rugoso od una pietra levigata dal mare; nei colori fondersi dei tramonti; sparir carne per spicciare sorgente ebbra di sole, dal sole divorata… Erano questi, riviere, i voti del fanciullo antico che accanto ad una rosa balaustrata lentamente moriva sorridendo. Silenzio [Il Porto Sepolto] Mariano il 27 giugno 1916 Conosco una città Che ogni giorno s’empie di sole E tutto è rapito in quel momento Me ne sono andato una sera Nel cuore durava il limio delle cicale 5 Dal bastimento verniciato di bianco ho visto la mia città sparire 10 lasciando un poco un abbraccio di lumi nell’aria torbida sospesi Si lenzio Conosco una città Che ogni giorno s’empie di sole E tutto è rapito in quel momento Me ne sono andato una sera Nel cuore durava il limio delle cicale PS 1916 = AN 1923 > PS 1923 5 Dal bastimento Verniciato di bianco Ho visto La mia città sparire 10 Lasciando Un poco Un abbraccio di lumi nell’aria torbida sospesi e dal bastimento [verniciato di bianco urtante come un cigolio lontanando lucente di solitudine] con in cuore un estremo limio di cicala strappata all’albero della sua scalmana [col fresco miraggio di quel suo diadema di rubini al sole] avevo visto 1914-1915 (1932), in Sentimento del tempo Ti vidi, Alessandria, Friabile sulle tue basi spettrali Diventarmi ricordo In un abbraccio sospeso di lumi. Da poco eri fuggita e non rimpiansi L’alga che blando vomita il tuo mare, Che ai sessi smanie d’inferno tramanda. Né l’infinito e sordo plenilunio Delle aride sere che t’assediano, Né, in mezzo ai cani urlanti, Sotto una cupa tenda amori e sonni lunghi sui tappeti. Sono d’un altro sangue e non ti persi, Ma in quella solitudine di nave Più dell’usato tornò malinconica la delusione che tu sia, straniera, La mia città natale. […] Dannazione [Il Porto Sepolto] Mariano il 29 giugno 1916 Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio? NB Il punto interrogativo finale: compare in PS 1916 e AN 1919 [v. 2, gran cielo] viene eliminato – come le parentesi a v. 2 – in PS 1923, A 1931 e A 1936 [da A 1931, gran cielo > cielo] viene reintrodotto – come le parentesi – in A 1942 P.P. Pasolini, Un poeta e Dio, in Passione e ideologia, 1960 Si osservino i tre versi, che sono piuttosto tre clausole, tre pezzi di lingua autonomi, calati nel silenzio, ognuno (un ottonario, un endecasillabo, un senario) con un’articolazione propria e aperta non sulla continuazione logica o ritmica del discorso, ma sullo spazio bianco, ossia sul silenzio che conchiude le cose espresse compiutamente, eppure così poderosamente stretti fra loro dal nesso grammaticale (apposizione, proposizione principale, proposizione causale) e dal giro ritmico culminante nella tronca dell’endecasillabo e rallentato in un senario solenne e conciso. […] Si noti come l’essenzialità in accezione di verginità linguistica non risieda né nell’isolamento della parola, né nell’isolamento del verso, intesi come puri nuclei fonetici dotati come tali di contenuto non logico, ma risieda nella forte e scolpita semanticità della parola, estremamente disadorna, il cui incanto nasce da una straordinaria coerenza prima ancora logica che musicale. Certo è che proprio con questa lirica Ungaretti è in piena “allegria”, proprio nell’interpretazione data a questa parola-tesi dal Contini, che cita una “allegrezza” da Leopardi, come momento attivo dell’attivo liberatorio della poesia, come passaggio dal piano della vicissitudine umana al piano linguistico. G. Contini, Ungaretti, o dell’allegria [1932], in Esercizi di lettura “Quantunque chi non ha provato la sventura non sappia nulla, è certo che l’immaginazione e anche la sensibilità malinconica non ha forza senza un’aura di prosperità e senza un vigor d’animo che non può stare senza un crepuscolo, un raggio, un barlume d’allegrezza” (Zibaldone, 24 giugno 1820). Compare dunque nella nostra letteratura un antenato illustre, ma ben diretto dell’allegria di Ungaretti. […] È allegria il perenne ricominciare e riprendersi, dopo ogni naufragio della propria storia. […] E nulla vieta d’interpretare questa “favola” vitale come allusiva dell’intera produzione poetica. […] Da questi appunti storici dovrebbe riuscire illuminata l’incomparabile fertilità dell’allegria di Ungaretti come parola; e insieme il punto in cui la sua etica diventa poesia. […] La “consolazione” specifica di Ungaretti sta nel puntare tutt’i significati, tutte le possibilità liriche sopra una parola, la quale resta ricca e carica abbastanza perché in essa s’esaurisca il “motivo” o “situazione” poetica, e s’annulli qualsiasi necessità di ricorso a un’enunciazione logica o storica. P. P. Pasolini, Un poeta e Dio Come un lettore attento capisce bene, non si tratta qui di una questione meramente filologica; al contrario è l’intero problema religioso ungarettiano, isolato come elemento della sua poesia, che viene investito. È chiaro che se il poeta ha riammesso nell’edizione definitiva la lezione del 1916, ciò non è dovuto a una preferenza tecnica, ma alla coscienza di inserire meglio la lirica nel corso della sua evoluzione interiore. Domandarsi perché si brama Dio è indubbiamente diverso che affermare che lo si brama; tra queste due situazioni psicologiche, che diventano poi due liriche, Ungaretti si è probabilmente ritenuto costretto a scegliere la prima perché meglio corrispondente alla particolare atmosfera della sua religiosità giovanile. Risvegli [Il Porto Sepolto] (Mariano il 29 giugno 1916) Ogni mio momento io l’ho vissuto un’altra volta in un’epoca fonda fuori di me cogli occhi attenti e mi rammento di qualche amico morto Ma Dio cos’è? Sono lontano colla mia memoria dietro a quelle vite perse Mi desto in un bagno di care cose consuete sorpreso e raddolcito E la creatura atterrita sbarra gli occhi e accoglie gocciole di stelle e la pianura muta Rincorro le nuvole che si sciolgono dolcemente E si sente riavere P. P. Pasolini, Un poeta e Dio A parte la tenue fatuità della domanda, coerente del resto con il tono della lirica in cui le cose mortali si sono mutate nel bagno di cose consuete che sorprendono e raddolciscono, è chiaro che qui il “Dio” […] è un Dio metafisico il cui pensiero può lenire l’angoscia di trovarsi tra cose dannate all’imperfezione e al peccato […]. Nell’Allegria un Dio ignoto aspetta il poeta silenziosamente, oggetto e identificazione della speranza, simbolo di stasi al cui pensiero la vita sentimentale del poeta si ingorga fino a ripudiarsi, a disgustarsi, ma non ancora fino a creare una strada di salvezza: Dio è soltanto l’eterno. La religiosità ungarettiana è ancora, dunque, a una fase molto giovanile, poco più che inquietudine; ma se ne osserviamo gli effetti linguistici, non possiamo non convincerci che è già un motivo vitale. Destino [Il Porto Sepolto] Mariano il 14 luglio 1916 Volti al travaglio come una qualsiasi fibra creata perché ci lamentiamo noi? Fratelli [Il Porto Sepolto] Mariano il 15 luglio 1916 Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata 5 Nell’aria spasimante involontaria rivolta dell’uomo presente alla sua Fragilità Fratelli 10 PS 1916 Fratello tremante parola nella notte come una fogliolina appena nata Saluto accorato nell’aria spasimante implorazione sussurrata di soccorso all’uomo presente alla sua fragilità Sono una creatura [Il Porto Sepolto] Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916 Come questa pietra del S. Michele così fredda così dura così prosciugata così refrattaria così totalmente disanimata Come questa pietra è il mio pianto che non si vede La morte si sconta vivendo 5 10 In dormiveglia [Il Porto Sepolto] Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916 Assisto la notte violentata L’aria è crivellata come una trina dalle schioppettate degli uomini ritratti 5 nelle trincee come le lumache nel loro guscio Mi pare che un affannato nugolo di scalpellini batta il lastricato di pietra di lava delle mie strade ed io l’ascolti non vedendo in dormiveglia 10 15 I fiumi [Il Porto Sepolto] Cotici il 16 agosto 1916 Mi tengo a quest’albero mutilato abbandonato in questa dolina che ha il languore di un circo prima o dopo lo spettacolo e guardo il passaggio quieto delle nuvole sulla luna Stamani mi sono disteso in un’urna d’acqua e come una reliquia ho riposta L’Isonzo scorrendo mi levigava come un suo sasso Ho tirato su le mie quattr’ossa e me ne sono andato come un’acrobata sull’acqua 5 10 Mi sono accoccolato vicino ai miei panni sudici di guerra e come un beduino mi sono chinato a ricevere il sole Questo è l’Isonzo e qui meglio mi sono riconosciuto una docile fibra dell’universo 25 30 15 Il mio supplizio è quando non mi credo in armonia 20 35 Ma quelle occulte mani che m’intridono mi regalano la rara felicità Questo è il Nilo 40 Questa è la Senna e in quel suo torbido mi sono rimescolato e mi sono conosciuto Ho ripassato le epoche della mia vita Questi sono i miei fiumi Questo è il Serchio al quale hanno attinto duemil’anni forse di gente mia campagnola e mio padre e mia madre che mi ha visto nascere e crescere e ardere d’inconsapevolezza nelle estese pianure 55 60 Questi sono i miei fiumi contati nell’Isonzo 45 50 Questa è la mia nostalgia che in ognuno mi traspare ora ch’è notte che la mia vita mi pare una corolla di tenebre 65 Pellegrinaggio [Il Porto Sepolto] Valloncello dell’Albero Isolato il 16 agosto 1916 In agguato in queste budella di macerie ore e ore ho strascinato la mia carcassa usata dal fango come una suola o come un seme di spinalba Ungaretti uomo di pena ti basta un’illusione per farti coraggio 5 Un riflettore di là mette un mare nella nebbia 10 15 Universo [Il Porto Sepolto] Devetachi il 24 agosto 1916 Col mare mi sono fatto una bara di freschezza San Martino del Carso [PS] Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916 Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca È il mio cuore il paese più straziato 5 10 San Martino del Carso [PS] Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916 Redazione Il Porto Sepolto 1916 Di queste case non c’è rimasto che qualche brandello di muro esposto all’aria Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto nei cimiteri Ma nel cuore nessuna croce manca Innalzata di sentinella a che? 5 15 Sono morti cuore malato Perché io guardi al mio cuore come a uno straziato paese qualche volta 20 10 Allegria di Naufragi [Naufragi] Versa il 14 febbraio 1917 E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare 5 Natale [Naufragi] Napoli il 26 dicembre 1916 Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade Ho tanta stanchezza sulle spalle Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata 5 10 Qui non si sente altro che il caldo buono Sto con le quattro capriole di fumo del focolare 15 20 Dolina notturna [Naufragi] Napoli il 26 dicembre 1916 Il volto di stanotte è secco come una pergamena Questo nomade adunco morbido di neve si lascia come una foglia accartocciare L’interminabile tempo mi adopera come un fruscio 5 10 15 Mattina [Naufragi] Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917 M’illumino d’immenso Dormire [Naufragi] Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917 Vorrei imitare questo paese adagiato nel suo camice di neve 5 Un’altra notte [Naufragi] Vallone il 20 aprile 1917 In quest’oscuro colle mani gelate distinguo il mio viso Mi vedo abbandonato nell’infinito 5 Rose in fiamme [Naufragi] Vallone il 17 agosto 1917 Su un oceano di scampanellii repentina galleggia un’altra mattina Vanità [Naufragi] Vallone il 19 agosto 1917 D’improvviso è alto sulle macerie il limpido stupore dell’immensità E l’uomo curvato Sull’acqua sorpresa dal sole si rinviene un’ombra 10 5 Cullata e piano Franta 15 Prato [Girovago] Villa di Garda aprile 1918 La terra s’è velata di tenera leggerezza Come una sposa novella offre allibita alla sua creatura il pudore sorridente di madre 5 10 Sereno [Girovago] Bosco di Courton luglio 1918 Dopo tanta nebbia a una a una si svelano le stelle Respiro il fresco che mi lascia il colore del cielo 5 10 Mi riconosco immagine passeggera Presa in un giro Immortale 15 Soldati [Girovago] Bosco di Courton luglio 1918 Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie Preghiera [Prime] Quando mi desterò dal barbaglio della promiscuità in una limpida e attonita sfera Quando il mio peso si farà leggero Il naufragio concedimi Signore di quel giovane giorno al primo grido 5