Collana Arcadinoè di letteratura sportiva Le proprietà delle immagini riprodotte in copertina sono specificate nell’inserto fotografico. L’Editore e gli Autori ringraziano Andrea Secchiero e Roberto Tamburri per avere concesso gratuitamente le loro fotografie. Editing Simone Bertelegni Proprietà Letteraria Riservata All rights reserved Copyright 2014 by Bradipolibri Editore S.r.l. Piazza Statuto, 9 - 10122 Torino tel. e fax 0125.639428 esclusivamente per la corrispondenza: Bradipolibri c/o Casella Postale 7 - via Dora Baltea, 16 - 10015 Ivrea www.bradipolibri.it [email protected] TRIATHLON: DALLE HAWAII AI GIOCHI OLIMPICI Felicina Biorci – Andrea Gabba COLLANA ARCADINOÈ DI LETTERATURA SPORTIVA GRAFICA E IMPAGINAZIONE BRADIPOLIBRI EDITORE S.R.L. Felicina BIORCI – Andrea GABBA con la collaborazione di Nadia Cortassa TRIATHLON: dalle Hawaii ai Giochi Olimpici ALLENAMENTO E NUTRIZIONE INDICE PARTENDO DALLA A L’ALLENAMENTO Le intensità d’allenamento La forza La tecnica PERIODO INTRODUTTIVO Obiettivi generali del periodo introduttivo sprint olimpico e Ironman Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico e Ironman Obiettivi generali del triathleta principiante Obiettivi specifici del periodo triathleta principiante La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH PERIODO DI COSTRUZIONE GENERALE Obiettivi generali del periodo di costruzione generale sprint olimpico e Ironman Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico Obiettivi specifici del periodo Ironman Obiettivi generali del triathleta principiante Obiettivi specifici del triathleta principiante La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH PERIODO DI COSTRUZIONE FONDAMENTALE Obiettivi generali del periodo di costruzione fondamentale sprint olimpico Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico Obiettivi generali Ironman Obiettivi specifici del periodo Ironman Obiettivi generali del triathleta principiante La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH PERIODO SPECIFICO Obiettivi generali del periodo specifico sprint olimpico Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico Obiettivi generali Ironman Obiettivi specifici del periodo Ironman Obiettivi generali del triathleta principiante Obiettivi specifici del triathleta principiante La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH LA GARA – SCARICO E COMPETIZIONE Obiettivi generali del periodo sprint olimpico Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico Obiettivi generali del periodo Ironman Obiettivi specifici del periodo Ironman Obiettivi generali del triathleta principiante La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH I CONSIGLI DI UNA CAMPIONESSA PER LA GARA Sprint – olimpico Ironman LA GARA CHE NESSUNO HA VISTO IL TRIATHLON FEMMINILE I consigli di una campionessa a tutte le donne L’ALLENAMENTO NEL TRIATHLON GIOVANILE Fundamental – Categorie: cuccioli-esordienti (8-11 anni) Learning to train – Categoria: ragazzi youth A (12-15 anni) Training to train – Categoria: youth B (16-17 anni) Training to compete – Categoria: junior (18-19 anni) Training to win – Categoria: under 23 (20-23 anni e oltre) Il consiglio di una campionessa a tutti i giovani IL TRIATHLON TRA EUROPA E ASIA ATTRAVERSANDO IL BOSFORO: L’ESPERIENZA IN TURCHIA La preparazione ai Campionati Europei 2013 L’ALIMENTAZIONE Prima dell’allenamento/competizione In allenamento/gara Recupero Bibliografia STRESS OSSIDATIVO E TRIATHLON Bibliografia RINGRAZIAMENTI Cuffia e occhialini, linea di partenza, tensione, tuffo, acqua fredda, atleti intorno, boa, respiro affannato, arco, spiaggia, sabbia sotto i piedi, gente che urla, via la muta, salto sulla bici, adrenalina, gambe che fanno male, tensione in gruppo, scatto, ancora adrenalina, respiro affannato, salto dalla bici in corsa, scarpette, gambe imballate, cuore a mille, spugnaggio, rettilineo di arrivo, applausi, musica, traguardo. Il triathlon non è uno sport ma un’emozione. Quando scopri le distanze, le regole, gli allenamenti, il triathlon ti ha già conquistato e contagiato. E non te ne sei neppure accorto. PARTENDO DALLA A Sono nato quarant’anni fa e alleno da almeno venti, ma allenatore mi sento da sempre. Prendo per mano e accompagno gli atleti fino a un passo dal loro sogno, momento in cui le luci si illuminano su di loro e io divento un’ombra che si emoziona e che, alla continua ricerca di quell’emozione, riparte giorno dopo giorno con nuovi atleti e nuove sfide. I primi ricordi della mia infanzia sono legati ai racconti sportivi dei miei genitori: papà da ragazzo correva in bici per poi diventare direttore sportivo, mamma nuotava con buoni risultati e mio nonno mi intratteneva ore e ore parlandomi dei tempi in cui giocava a calcio in serie A indossando la gloriosa maglia dei nerostellati del Casale. Da piccolo ero affascinato dalle biciclette di papà, da una vecchia valigia che conteneva le maglie da corridore della Gios team in cui militava, dalle foto ingiallite di mamma che gareggiava nella piscina del Foro Italico di Roma, da vecchi articoli di giornale in cui si vedeva il nonno che segnava un gol alla Juve. All’età delle scuole medie affiancavo papà e Giorgio Rossano, ex calciatore della Juventus e del Milan con cui ha vinto una Coppa dei Campioni, nell’allenare un gruppo di piccoli calciatori. Le giornate si concludevano con lunghe discussioni sulle formazioni, gestione del gruppo, analisi delle capacità tecniche. A volte un po’ mi annoiavo, ma assimilavo informazioni e lo spirito combattivo che mi ha portato a pensare sempre alla vittoria, alla cultura dell’allenamento e al sacrificio inteso come sublimazione del concetto di vita da atleta, tre semplici parole che sono diventate il mio stile di vita. In quegli anni ho inoltre imparato che le gare prima di essere conquistate dagli atleti devono essere vinte dall’allenatore nel pensare positivo, focalizzare il risultato, programmare, trasferire le sue certezze all’atleta. Gli anni passavano e, nonostante giocassi a calcio, sentivo forte la passione per il ciclismo e per gli sport di fatica. Aspettavo febbrilmente l’appuntamento mensile con la rivista Bicisport e con le dirette televisive delle tappe del Giro e del Tour con gran finale nel mese di agosto, quando si disputavano i Mondiali di ciclismo e quando il tifo era tutto per un giovane azzurro di nome Maurizio Fondriest e per l’americano Greg LeMond, che nelle crono usava un manubrio futuristico. Al termine di ogni tappa salivo in bici e pedalavo fino a quando non provavo fisicamente lo stesso affanno che poco prima mi aveva suscitato l’emozione televisiva. Un pomeriggio di qualche anno dopo mio padre, ormai malato, guardando un servizio su una gara di triathlon disputata a Nizza mi disse che se non avessi giocato a pallone quello sarebbe stato il mio sport. Pochi mesi dopo papà purtroppo ci lasciò e io lasciai il calcio. Finalmente correvo in bicicletta e potevo iniziare a praticare uno sport da supereroi chiamato triathlon. In quegli anni conobbi Giancarlo Duranti, cui devo parte dei miei successi sportivi poi diventati personali con l’incontro con Nadia Cortassa. Dal gennaio del 1992 i miei nuovi modelli di riferimento si chiamavano Mark Allen, il campione americano che non perdeva mai, e Danilo Palmucci, un ragazzo di Roma capace di entrare nella top 15 all’Ironman delle Hawaii. A settembre di quell’anno feci il mio primo allenamento ufficiale di triathlon senza praticamente saper nuotare e a ottobre partecipai allo sprint populaire di Montecarlo. Nel 1996 ho conosciuto Nadia. Anche per lei lo sport è stato una presenza fin dall’infanzia: aveva cinque anni quando frequentava il primo corso di nuoto. Poi è passata al pre-agonismo, e quindi all’agonismo, senza però mai trovare nell’acqua un ambiente consono. Sapeva di essere una sportiva terrestre e nella squadra agonistica di nuoto faticava, trovando invece bellissimo l’inizio della stagione, il periodo della preparazione atletica, quando invece di nuotare si correva. Aveva undici anni quando corse la prima gara, mille metri di campestre. Fu subito prima e rimase in testa per tutta la durata della competizione. Arrivò al traguardo tra gli applausi dei militari che facevano da supporto organizzativo alla manifestazione. Fu un’emozione che Nadia racconta come unica. Lei, bambina abituata nel nuoto ad arrivare tra le ultime, viveva finalmente il primo momento di gloria sportiva. Da quel giorno non ha mai smesso di correre. Fu in occasione di quella prima gara che conobbe Giancarlo Duranti, allenatore della squadra di pentathlon moderno di Torino, che la invitò a entrare nella sua squadra e che la seguì nella conquista di diversi titoli italiani giovanili e nelle partecipazioni a Mondiali ed Europei di categoria, da cui è arrivato il trofeo forse più prezioso: il titolo europeo nella categoria Youth. Il mio incontro con Nadia fece sì che anche lei si avvicinasse al triathlon. All’età di 19 anni salì per la prima volta su una bici da corsa e fece le sue prime gare: fu amore a prima vista. Per i primi anni gareggiò nel panorama italiano e nel 1999 ottenne la prima convocazione in Nazionale. Da quel momento iniziarono ad arrivare i primi risultati importanti, con essi la voglia di allenarsi e la soddisfazione di tagliare traguardi sempre più prestigiosi. A fine 2003 Nadia vinse un posto di triathleta presso le Fiamme azzurre, così da far diventare lo sport il suo lavoro. E io, nello stesso anno, con il taglio della finish line di Embrun, concludevo la mia carriera di atleta e iniziavo quella da allenatore. Il rapporto professionale con Nadia ha seguito su binari paralleli i successi privati. Sognavamo traguardi importanti con la consapevolezza che saremmo potuti arrivare in alto, ma senza osare immaginare di arrivare in cima al mondo. Nei primi anni abbiamo focalizzato gli sforzi sul lavoro aerobico perché Nadia, ottima podista e buona nuotatrice, era abituata a gareggiare sulle brevi distanze proposte nelle gare di pentathlon moderno, da cui arrivava. La prima estate da triathleta di Nadia (1997) la vide impegnata in una scalata in soli quindici giorni del Col du Galibier, del Col du Télégraphe, del Col d’Isoard, del Col du Montgenèvre, del Colle del Sestriere e del Colle della Scala. All’inizio del quadriennio olimpico che ci avrebbe condotto ai Giochi di Atene, Nadia è stata inserita nel gruppo della nazionale come “PO”, probabile olimpica. Parallelamente, io sono diventato responsabile tecnico del Torino Triathlon, riuscendo a costruire attorno a Nadia un gruppo di lavoro stimolante. Nel corso del biennio 2001-2002 il lavoro aerobico ha lasciato spazio a lavori specifici che hanno trovato la loro sintesi nei raduni con il gruppo di atleti sul lago di Embrun. Tra tutti i lavori svolti nella località transalpina ricordo un allenamento combinato in stile enduro che prevedeva 400m di nuoto, 15km di bici (7km in salita e 7km in discesa sul Chalvet, ultima salita dell’Embrunman) e un gran 3000m finale corso a 3'20'’ al km. Dieci giorni dopo Nadia a Losanna conquista la sua prima Top 10 in World Cup. Dopo i due primi titoli tricolori nel triathlon olimpico (per un totale complessivo poi di sette), nel 2002 Nadia taglia il traguardo nella gara di Coppa Europa, valevole per la qualificazione olimpica di Zundert (Belgio). Alle sue spalle la campionessa olimpica di Sydney Brigitte McMahon e alcune tra le più forti atlete d’Europa come le inglesi Dillon, Cave e Dibens, la belga Smet, le francesi Harrison e Pelletier, la tedesca Lisk. Nel 2003, due podi in Coppa del Mondo, il settimo posto ai Mondiali e prima medaglia – argento – nella storia del triathlon italiano ai Campionati europei. Campionati importanti anche per il mio inserimento nello staff federale, grazie alla fiducia di Mario Miglio e Roberto Tamburri. Ogni medaglia ha il suo prezzo da pagare, che per molti atleti, Nadia inclusa, si concretizza in diversi infortuni. Tra i vari, un intervento alla bandelletta ileotibiale che ha preceduto di sei mesi i Giochi Olimpici di Atene. Il recupero è stato comunque ben gestito e la preparazione ha potuto attenersi agli allenamenti programmati. Risultato: un emozionante quinto posto. Con traduzione in termini Cio in diploma olimpico, assegnato agli atleti classificati dal quarto all’ottavo posto. I risultati conseguiti hanno portato alla mia promozione a tecnico responsabile della Nazionale olimpica femminile, così da permettermi per quattro anni di seguire, oltre a Nadia, le migliori atlete del panorama nostrano. L’impegno e il lavoro svolto sono stati poi coronati dalle medaglie ai Campionati europei, dai risultati in Coppa del Mondo, dalla conquista del Campionato mondiale a squadre. La sera prima della gara, in una riunione con le tre staffettiste Nadia, Daniela Chmet e Beatrice Lanza, feci vedere alle ragazze alcune fotografie: la Nazionale azzurra di calcio che pochi mesi prima aveva trionfato al Mondiale in Germania, Paolo Bettini oro nel Mondiale di Salisburgo, Enrico Fabbris campione olimpico a Torino 2006, le ragazze del tennis vincitrici della Federation Cup. L’indomani volevo aggiungere la loro foto alla carrellata. E così fu. Ventiquattr’ore dopo eravamo protagonisti del tg delle 20.00 su Rai1. Il triathlon azzurro era campione del mondo. Con Nadia abbiamo conquistato risultati importanti, ma forse l’impresa più significativa rimanda alle sei settimane prima dei Giochi di Pechino, con un argento europeo al collo e una concreta possibilità di medaglia. Nadia si rompe il femore. La rinuncia ai Giochi sembra inevitabile, ma dopo soli cinque giorni dall’infortunio abbiamo ripreso gli allenamenti. A sette giorni dai Giochi eravamo pronti a partecipare alla nostra seconda olimpiade. Il sogno di medaglia era ormai cancellato ma c’era comunque la voglia di esserci, la fierezza di rappresentare l’Italia, di indossare il tricolore, di sentire la carica di attese, pensieri e affetto che quel tricolore rappresentava. Poi un’altra caduta, anzi una spinta verso il basso senza possibilità di rialzarsi: a Nadia non è stata concessa l’idoneità medica e quindi il lasciapassare per schierarsi sul pontile e competere nella gara che attendevamo da quattro anni. Eravamo impotenti, e senza valore sono state le nostre lacrime, la forza con cui volevamo esserci. Oggi quello che abbiamo fatto in quei quaranta giorni ha il sapore di un risultato più appagante e intenso di tutte le medaglie conquistate sul campo. Dopo la grande esperienza da tecnico svolta al fianco di Nadia e in seno alla Nazionale italiana, il mio lavoro prosegue su tre fronti: responsabile tecnico del Torino Triathlon, società che mi ha visto nascere; ideatore e promotore del progetto triathloncoach.it, consulenza e realizzazione di progetti e di programmi di allenamento legati al triathlon; direttore tecnico per la Federazione di triathlon della Turchia. Quest’ultima esperienza è senza dubbio quella che mi sta dando la possibilità di arricchire sempre più il mio curriculum e il mio bagaglio tecnico-culturale, infatti avere la possibilità di lavorare per una federazione straniera è una nuova, fantastica esperienza, legata a un mondo tutto da scoprire e pronto a seguire i miei consigli. Il triathlon sul Bosforo non è sport popolare, ma abbiamo l’ambizione di arrivare in pochi anni ai Giochi Olimpici. In appena un anno abbiamo raggiunto risultati storici, come la prima medaglia in una prova di Coppa Europa e la partecipazione ai Campionati Mondiali, ma non mi fermo qui, il mio sguardo è proiettato al futuro perché sono convinto che la vittoria più bella della mia carriera di coach debba ancora arrivare. Come mi ha insegnato mio padre, e io insegnerò ai miei splendidi figli Christian e Luca, quando vinci assapori la gioia fino all’ultimo metro, ma una volta tagliato il traguardo tutto è già passato e devi solo pensare alla prossima gara da conquistare. L’ALLENAMENTO Ogni anno, prima di iniziare gli allenamenti è fondamentale programmare la nuova stagione, stabilirne obiettivi e tempi in base alla realizzazione del risultato agonistico, sia esso di alto livello o il semplice varcare la finish line di una gara. Il programma ha l’obiettivo di preparare a una competizione definita a inizio stagione. Nel percorso che di seguito viene proposto, verranno individuati periodi, obiettivi e allenamenti specifici per tre diverse tipologie di atleta: – il triathleta impegnato in distanze sprint e olimpico; – l’Ironman; – il neofita che partecipa al suo primo triathlon. Ogni fase deve avere come obiettivo una competizione definita a inizio stagione, cui arrivare attraverso un percorso di avvicinamento graduale. Fondamentale in tal senso conoscere il modello prestativo che il triathlon e l’Ironman implicano. Il modello prestativo della gara di sprint e olimpica si caratterizza per: – utilizzo di entrambi i sistemi metabolici, aerobico e anaerobico; – richieste metaboliche e muscolari in continuo cambiamento; – momenti in cui bisogna esprimere molta forza per tempi brevi; – fasi di recupero con andature prossime alla soglia aerobica limitate ad alcuni momenti della prova ciclistica, quali discese o situazioni tattiche; – alta capacità di attenzione e concentrazione riguardo allo svolgimento tecnico tattico della competizione, che è influenzata anche dalle scelte strategiche di altri atleti. In sintesi l’atleta che partecipa a gare di triathlon sprint e olimpico deve avere l’attitudine a resistere a una fatica evidente quando lo sforzo sportivo si protrae sino a un carico estremo. Il modello prestativo dell’Ironman si caratterizza invece per: – utilizzo quasi esclusivo del sistema aerobico; – richieste metaboliche e muscolari che comportano pochi cambiamenti; – momenti in cui si esprime una forza costante per periodi molto lunghi; – fasi di recupero limitate a discese, rifornimenti, d’intensità non elevata; – capacità di concentrazione e di attenzione rivolta alla distribuzione dello sforzo. Le componenti tattiche non sono influenzate da altri concorrenti (se non ad altissimo livello). In sintesi, l’atleta che partecipa a gare Ironman deve avere l’attitudine a resistere a una fatica che si protrae fino a un carico prossimo all’esaurimento. Definito l’obiettivo principale, in genere collocato temporalmente nei mesi estivi, nella programmazione della stagione e nello sviluppo del lavoro si definiscono cinque periodi fondamentali: – periodo introduttivo: 4-6 settimane. I mesi interessati sono generalmente novembre-dicembre; – periodo di costruzione generale: 8-12 settimane, nei mesi di gennaio-febbraio-prima metà di marzo; – periodo di costruzione fondamentale: 8-10 settimane, nella seconda metà di marzo-aprile-prima metà di maggio; – periodo specifico: 3-4 settimane, circa 4-6 settimane prima della competizione-obiettivo; – la gara (scarico e competizione): durata di 1-2 settimane, nei 7-15 giorni che precedono la competizione. Per ogni periodo di allenamento saranno presentati di seguito gli obiettivi da raggiungere nel macrociclo di lavoro. Le intensità d’allenamento Di seguito le principali intensità e tipologie d’allenamento che nel corso dei mesi permetteranno di costruire il cammino verso una miglior performance. Allenamento aerobico Le principali caratteristiche dell’allenamento aerobico possono sintetizzarsi in: – lattacidemia: 2-3 mmoli/litro costante nel tempo; – ventilazione: modesta alterazione della frequenza respiratoria; – frequenza cardiaca dal 60 all’88-90% della frequenza cardiaca massima; – carburante utilizzato durante allenamenti aerobici: lipidi o miscela di glucidi e lipidi; – livello di stanchezza: da 8 a 12 nella scala di Borg (valore massimo 20). L’allenamento a ritmo aerobico include: NUOTO: nuotare a ritmo di fondo lento lungo (detto anche nuoto aerobico o nuoto in A2), dai 500m ai 3000m totali sia in forma frazionata con recupero breve sia senza soluzione di continuità. Esempio 20x100m ritmo aerobico rec. 10" oppure 2x (200m aerobico rec. 10" + 2x100m aerobico rec. 10" + 4x50m aerobico rec. 5"), oppure 2000m continuo aerobico. CICLISMO: pedalare a ritmo di fondo lento – lungo per un periodo compreso tra 1h e 5h o più, oppure allenamento a fondo medio della durata complessiva dai 30' alle 2h o più. CORSA: correre a ritmo di fondo lento lungo continuo per un periodo compreso tra i 30' fino alle 2h o più. Oppure allenamento a fondo medio per una durata complessiva tra i 20' fino a 1h o più. N.B. L’allenamento a fondo medio si svolge in regime aerobico con lo scopo di migliorare la potenza aerobica estensiva. Allenamento prossimo ai ritmi di soglia – lattacidemia: 3-5 mmoli/litro (valore teorico della soglia: 4mmoli/litro) costante nel tempo o in lievissima crescita; – ventilazione: discreta alterazione della frequenza respiratoria; – frequenza cardiaca: intorno all’88-92% della frequenza cardiaca massima; – carburante utilizzato: glucidi; – livello di stanchezza: 13-15 nella scala di Borg (valore massimo 20). I mezzi di allenamento per allenarsi a ritmi prossimi a quelli di soglia sono: NUOTO: nuotare a ritmo di soglia, ritmo B1, dai 500m ai 2500m totali in forma frazionata con recupero di media durata. Esempio 15x100m ritmo di soglia rec. 15" oppure 5x (200m a ritmo di soglia rec. 20" + 100m a ritmo di soglia rec. 15"), 8x200m a ritmo di soglia rec. 20". CICLISMO: pedalare a ritmo di soglia per un totale di 20'/45' attraverso prove ripetute della durata variabile dai 3' ai 15' o più, oppure svolgere prove continue a ritmo di corto veloce (es. gare a cronometro) della durata di diverse decine di minuti. Allenamento da svolgere sia in pianura sia in salita. Esempio 4x5' a ritmo di soglia in salita rec. 3' oppure 3x10' a ritmo di soglia anaerobica in pianura rec. 5' oppure gara cronometro 15 km. CORSA: correre al ritmo di soglia per un totale di 15'/40' attraverso prove ripetute variabili dai 3' fino ai 10' o più, oppure svolgere prove continue a ritmo di corto veloce o gare della durata variabile dai 5 ai 10km. Esempio: 8x1000m a ritmo di soglia rec. 2', oppure 4x2000m a ritmo di soglia anaerobica rec. 2'30" oppure gara 5 km. Allenamento anaerobico – lattacidemia: 5-8 mmoli/litro, crescente nel tempo; – ventilazione: aumento elevato della frequenza; – frequenza cardiaca: superiore al 90-92% della frequenza cardiaca massima; – carburante utilizzato: glucidi; – livello di stanchezza: oltre 15 sulla scala di Borg (valore massimo 20). I mezzi di allenamento per allenarsi a ritmi superiori a quelli di soglia anaerobica sono: NUOTO: nuotare a ritmo superiore rispetto a quello di soglia o a ritmo sub massimale dai 200m agli 800m totali in forma frazionata con recupero ampio, oppure svolgere allenamenti con variazioni di ritmo. Esempio 3x3x100 veloci rec. 15"tra le ripetute e 3' tra le serie, 10x50m rec. 20" veloce oppure 500m con 25m a ritmo veloce 75m aerobico. CICLISMO: inserire nell’allenamento ripetute brevi, scatti sub massimali o massimali, della durata complessiva da 20" a 1' oppure svolgere simulazioni di gara. Esempio 2x6x (20" massimali in salita recupero 40"), tra le serie rec. 5' oppure lavoro della durata variabile dai 15' ai 60' a ritmo medio dietro motore o in gruppo inserendo ogni 3'-5' sprint massimale della durata di 15"-20". CORSA: svolgere ripetute a ritmo superiore a quello di soglia o sub massimale su distanze brevi oppure svolgere variazioni di ritmo. Esempio 8x400m a ritmo sub massimale rec. 2' oppure variazioni di ritmo 10x (1' veloce + 1' recupero), oppure variazioni di ritmo 4x4x (30" massimali + 30" recupero), tra le serie rec. 3'-5'. Per la definizione precisa dei ritmi di allenamento è importante svolgere periodicamente un test che rilevi il livello di soglia anaerobico e/o il VO2 max. Una volta eseguito il test, sarà possibile definire le intensità degli allenamenti proposti. I test andrebbero ripetuti mensilmente o almeno alla fine di ogni periodo di lavoro, così da verificare il miglioramento prestativo e quindi l’appropriatezza dell’allenamento seguito e impostare il prosieguo. Nel caso non fosse effettuabile – per motivi pratici, economici ecc. – il test di valutazione funzionale, diventa importante svolgere al termine di ogni ciclo di lavoro una prova cronometrata su percorso standard (es. 750/1500m di nuoto in vasca, una salita lunga 5/8km in bicicletta, 3/5km di corsa in pista) da utilizzare come variabile oggettiva di valutazione degli allenamenti svolti. Oltre alle intensità di allenamento analizzate, vanno tenute in considerazione anche la forza e la tecnica. La forza La forza specifica (forza resistente, forza veloce, forza massima) può essere positivamente allenata come di seguito proposto. NUOTO: continuo con palette e con palette pull buoy-laccio, scatti con il laccio alle caviglie, nuoto con elastico legato in vita o con il paracadute, nuoto a delfino. CICLISMO: esercitazioni di forza resistente in salita (sfr nelle sue forme) o in pianura utilizzando rapporti lunghi; scatti con partenza da fermo in salita o in pianura con rapporto variabile, uscite in mountain bike o con bici da ciclocross su percorsi che presentano repentini e impegnativi cambi di pendenza. CORSA: esercitazioni in salita attraverso corsa continua (percorsi lunghi oltre 10'-15'), ripetute su salite medie 1'-5', oppure sprint (brevi, 8"-20"). Corsa su percorsi accidentati tipo cross country. Esercitazioni tecniche specifiche per arti inferiori. Circuit training modificato. La forza generale è allenata svolgendo alcune esercitazioni di base come: – esercitazioni base a corpo libero (addominali, dorsali, piegamenti, flessioni ecc.) per il rafforzamento complessivo dei distretti muscolari; – rafforzamento a corpo libero o tramite ausili (fitball, tavoletta, elastici, senza pesi) del core system nella sua globalità; – lavoro di propriocezione per arti inferiori e superiori con e senza l’utilizzo di ausili (tavoletta, fitball, piani instabili); – lavoro pliometrico per arti inferiori. È possibile ampliare il programma inserendo anche esercitazioni con sovraccarichi in base alle caratteristiche del singolo atleta. Per l’atleta amatore che non presenta particolari deficit di forza, il lavoro a corpo libero o con ausili “semplici” è più che sufficiente per raggiungere livelli di preparazione generali adeguati alla disciplina del triathlon e per prevenire diverse forme d’infortunio. La tecnica La tecnica nelle tre discipline è fondamentale, sia poiché l’appropriatezza del gesto favorisce la velocità di esecuzione, sia perché il dispendio energetico si riduce. NUOTO: Nuotare proni concentrandosi sulla posizione del corpo in acqua. Nuotare con le sole gambe su un fianco. Nuotare con un braccio solo tenendo l’altro arto fermo davanti al corpo. L’esercizio va eseguito respirando dalla parte dell’arto che si muove. Nuotare con un braccio solo tenendo l’altro arto fermo, appoggiato posteriormente alla coscia, esasperare il rollio. Respirare dalla parte dell’arto fermo. Concentrarsi sul rollio, durante la bracciata pensare a utilizzare i muscoli dorsali. Nuotare in modo alternato, appoggiandosi su un fianco con un braccio avanti e uno dietro, portare l’arto che sta dietro in avanti per fuori alto e l’arto che sta avanti dietro eseguendo una corretta bracciata, fermarsi su fianco opposto. Rimanere in tale posizione per 2"-3" e ripetere esercizio. Durante la bracciata eseguire respirazione dal lato del braccio che passa per fuori alto. Nuotare a stile libero completo, con recupero del braccio flesso che va a toccare la spalla. Nel momento dell’entrata in acqua, esasperare il rollio. Remate: posizione prona (a stile), testa alta, con pull bouy, remate (braccia ferme, con movimenti solo dei polsi, cercando acqua ferma e sviluppando la sensibilità). Svolgere questo esercizio con le braccia avanti oppure al centro o lungo le gambe andando in avanti. Posizione supina (a dorso) con pull buoy, remate braccia lungo i fianchi andando dalla parte della testa. Nuotare a testa alta. Nuotare respirando frontalmente a testa alta ogni 3/5 respirazioni laterali. Nuotare in scia a un compagno di allenamento. Nuotare affiancato a un compagno di allenamento. Nuotare in gruppo. CICLISMO: Dopo aver appreso le capacità di base – guida, frenata, cambio del rapporto, pedalata in piedi, pedalata senza mani, salita su un gradino, alzata della ruota davanti, salto di un ostacolo di pochi centimetri, guida in discesa, giro di boa i principali esercizi tecnici prevedono: Pedalare sui rulli con una gamba sola a diverse frequenze di pedalata. Pedalare a diverse frequenze di pedalata. Pedalare concentrandosi sulla fase di recupero. Pedalare dietro un gruppo organizzato. Pedalare in gruppo in fila semplice. Pedalare in gruppo in fila doppia. Scatti in gruppo. CORSA: Camminata sulle punte dei piedi, con gambe tese. Camminata sui talloni, con gambe tese. Rullata: appoggio del tallone poi della pianta e infine della punta del piede. Corsa a ginocchia alte (skeep). Corsa calciata dietro. Corsa calciata sotto. Balzi a gambe tese. Doppio impulso. Corsa balzata. Molleggi su avampiedi. Allunghi tecnici. N.B.: tutte le esercitazioni tecniche proposte richiedono e sviluppano anche specifiche capacità di forza. Transizioni Nella transizione è fondamentale automatizzare i gesti che si ripeteranno in gara. La transizione deve essere svolta seguendo una serie di azioni tecniche: PRIMA TRANSIZIONE: Corsa appena usciti dall’acqua. Eliminazione di cuffia e occhialini in corsa. Apertura e discesa della muta fino all’altezza dell’ombelico. Ritrovo della propria postazione in zona cambio percorrendo il percorso più breve (utile in tal senso identificare riferimenti in zona cambio). Discesa della muta fino a terra e sfilarla. Inserimento del casco ed eventualmente del numero. Presa della bicicletta e corsa in zona cambio spingendola per la sella. Salto sulla sella. Pedalata forte con i piedi sui pedali (gli atleti di alto livello riescono già a infilare i piedi nelle scarpe mentre saltano sulla sella!). Infilata dei piedi sui pedali e chiusura delle scarpe solo quando si è in gruppo. SECONDA TRANSIZIONE: Sfilare i piedi dalle scarpe da bici e portarsi in testa al gruppo. Scendere velocemente dalla bici. Correre in zona cambio spingendo la bici per la sella. Collocare la bicicletta in zona cambio. Infilare le scarpe da corsa. Togliere il casco. Correre forte fino all’uscita dalla zona cambio… e per i restanti km fino all’arrivo. Sebbene esistano giochi didattici per migliorare le capacità nell’eseguire le transizioni, per l’atleta amatore è sufficiente compiere diverse simulazioni di quanto avviene in gara (vedi elenco sopra) per acquisire la giusta tecnica nei cambi. Dopo aver analizzato la struttura dell’allenamento, arriva il momento di addentrarsi alla scoperta del programma di lavoro annuale. PERIODO INTRODUTTIVO Prendiamo esempio dai campioni. Arriva l’autunno, una stagione di gare è alle spalle, un paio di settimane di vacanza sono trascorse, per qualche giorno si è riusciti a non pensare all’alternarsi frenetico di allenamenti, gare, raduni, biciclette, cuffie e occhialini, scarpe da corsa, risultati, classifiche. Poi però non si riesce a restarne lontano a lungo. Affiorano i pensieri di nuovi obiettivi, altri sogni, diverse vie da percorrere: è il momento di ripartire. E la partenza autunnale prevede la definizione del nuovo cammino, attraverso analisi e scelte secondo uno schema per noi consolidato: – definizione degli obiettivi agonistici e tecnici per la stagione alle porte; – analisi dei risultati agonistici e degli allenamenti svolti durante la stagione precedente; – determinazione dei punti di forza e delle aree di miglioramento per raggiungere un alto livello prestativo; – definizione del calendario delle gare della stagione imminente, suddividendo in obiettivi primari (Campionato mondiali, europei, Giochi Olimpici), obiettivi secondari (gare di Coppa del Mondo) e gare utili alla crescita della condizione (gare nazionali); – determinazione dei macrocicli di allenamento suddivisi in momenti di carico e fasi di recupero; – scelta dei periodi e dei luoghi dove affrontare stage di allenamento; – costruzione del gruppo ci lavoro: tecnici di supporto per singole discipline, compagni di allenamento, fisioterapisti, medico d’appoggio, nutrizionista/dietologo ecc.; – valutazioni e analisi psicofisiche (squilibri muscolari, analisi ematochimiche, test funzionali ecc.); – scelta dei materiali specifici, bicicletta e relativa analisi della posizione sulla medesima, muta, scarpe da corsa ecc.; – contatti con gli sponsor. Al termine di questo lavoro di pianificazione complessiva, si passa poi allo specifico dell’allenamento e si definiscono i contenuti del primo ciclo di lavoro, il periodo introduttivo. Obiettivi generali del periodo introduttivo sprint olimpico e Ironman (nel periodo introduttivo gli obiettivi di chi prepara sprint olimpico e Ironman coincidono) – Aumento delle capacità aerobiche dopo un periodo di riposo e recupero; – sviluppo delle capacità di forza attraverso esercitazioni non specifiche; – miglioramento delle abilità tecniche nelle singole discipline; – aumento dei carichi di lavoro nella disciplina in cui si è più deboli. Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico e Ironman NUOTO: Miglioramento delle abilità tecniche attraverso esercitazioni specifiche. Aumento delle capacità aerobiche attraverso lavoro specifico variabile dai 1000m (triathleti poco esperti in preparazione del triathlon sprint) ai 2000m o più (nuotatori esperti in preparazione di triathlon olimpico e Ironman). Le distanze totali sono svolte in modo frazionato con ripetizioni variabili dai 50m ai 400m massimo. Introduzione al lavoro di forza specifico attraverso l’uso di palette, laccio, pull buoy. CICLISMO: Miglioramento dell’efficacia della pedalata attraverso esercitazioni specifiche da svolgere su strada o sui rulli. Sviluppo delle capacità aerobiche associate al miglioramento dell’agilità di base attraverso uscite aerobiche continue. Introduzione al lavoro di forza tramite variazioni di ritmo da svolgere su strada, sui rulli oppure in mountain bike su percorso che richiede cambi di ritmo. CORSA: Sviluppo delle abilità tecniche di base attraverso esercitazioni specifiche e circuit training. Sviluppo delle capacità aerobiche attraverso la corsa continua a ritmo uniforme o con leggere variazioni. Introduzione al lavoro di forza tramite esercizi di pre-atletismo e sprint in salita. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Sviluppo della forza generale in ogni distretto muscolare tramite esercizi a corpo libero o con leggeri sovra carichi. Cura delle situazioni di deficit di forza e di asimmetrie strutturali. Miglioramento della sensibilità e della forza degli arti inferiori attraverso esercizi di propriocezione. Sviluppo delle capacità aerobiche e di forza attraverso discipline diverse (sci di fondo, trekking in montagna, canottaggio ecc.). Obiettivi generali del triathleta principiante – Ricerca e collaborazione con un tecnico di triathlon in grado di gestire la preparazione e il corretto gesto tecnico nelle tre discipline; – costruzione della tecnica delle tre discipline; – sviluppo delle basi di forza fondamentali per la crescita tecnica nelle tre discipline e per limitare gli infortuni da debolezze strutturali; – sviluppo delle capacità aerobiche di base. Obiettivi specifici del periodo triathleta principiante NUOTO: Miglioramento dell’assetto della nuotata, galleggiabilità e coordinazione delle fasi respiratorie attraverso esercizi semplici tipici della scuola nuoto. Miglioramento delle capacità tecniche attraverso nuotate complete sotto l’occhio vigile di un tecnicoistruttore di nuoto che possa correggere eventuali errori. Miglioramento della coordinazione e della tecnica attraverso esercitazioni tecniche di base. Aumento delle capacità aerobiche attraverso un lavoro specifico variabile dai 500m (triathleti poco esperti in preparazione del triathlon sprint) ai 1000m. Il lavoro deve essere frazionato su distanze molto brevi, dai 25m ai 100m, in modo da essere in grado di nuotare correttamente e apportare variazioni della nuotata in tempi brevi. Graduale incremento della distanza percorsa in ogni seduta di allenamento. CICLISMO: Apprendimento delle tecniche di guida individuali. Miglioramento dell’efficacia della pedalata attraverso esercitazioni specifiche prima sui rulli o su spin bike e poi su strada. Sviluppo delle capacità aerobiche associate al miglioramento dell’agilità di base attraverso uscite aerobiche continue su percorso pianeggiante. Graduale incremento delle distanze percorse. CORSA: Sviluppo delle capacità tecniche di base attraverso esercitazioni specifiche semplici e a basso rischio di infortunio. Preferire molleggi, rullate, andature di base. Evitare i balzi. Miglioramento della reattività dei piedi. Sviluppo delle capacità aerobiche attraverso la corsa continua a ritmo uniforme. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Miglioramento della forza generale sviluppata per ogni distretto muscolare attraverso esercizi a corpo libero. Curare bene situazioni dove sono presenti deficit di forza e asimmetrie strutturali. La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH Se ripenso ai Periodi introduttivi vissuti allenando Nadia, il ricordo vola veloce al 2008, anno dei Giochi Olimpici di Pechino. Da ottobre 2003 a novembre 2006 Nadia non era mai uscita dalla top ten di una gara internazionale: un quinto posto olimpico, due quinti posti mondiali, due podi europei e un titolo di campionessa mondiale a squadre. Valutammo che per primeggiare ai giochi serviva un nuoto di alto livello, superiore a quello che fino ad allora avevamo raggiunto. Concordammo con il dt della Nazionale Roberto Tamburri di svolgere parte della preparazione invernale a Mestre, dove avremmo potuto fruire dei consigli di un tecnico di nuoto e di triathlon di alto livello come Stefano Rossi, e dove ci attendeva un gruppo collaudato di atleti e amici – Alberto Casadei, Massimo Cigna, Valentina Filipetto. Riducemmo al minimo gli allenamenti di ciclismo e corsa, seguendo un programma intenso di nuoto che prevedeva un aumento del volume di lavoro su più fronti: più chilometri settimanali con l’introduzione del doppio allenamento quotidiano, più qualità grazie alle sedute con la squadra agonistica di nuoto del team veneto, più tecnica e forza. Di seguito il prospetto di una settimana di allenamento: Nelle prime tre settimane di lavoro Nadia percorse 130km in vasca e dopo qualche giorno di scarico effettuò a Roma-Aquacetosa, presso l’Istituto di Scienze dello Sport del Coni, un test di Mader per stabilire la soglia anaerobica e i ritmi da tenere in allenamento. I risultati furono incoraggianti. La soglia alle 4Mm corrispondeva a un’andatura di 1'14" ogni 100 m. Di seguito i ritmi da tenere in allenamento per ogni distanza e andatura: Terminato questo primo ciclo di lavoro, ci siamo trasferiti ai 2350m della Sierra Nevada, presso il Centro di Alto Rendimento della Federazione Spagnola, che ospitava anche Vladimir Polikarpenko, fortissimo atleta ucraino, il campione olimpico di mountain bike Bart Brentjens e il forte maratoneta spagnolo Julio Rey, coi quali si sono condivisi allenamenti, pasti, riposo, serate arricchite dai racconti di gare sofferte e poi vinte, da faticose sconfitte, da sogni ancora con contorni sfumati e altri con colori invece già impressi in attesa solo della realizzazione finale. Una settimana di allenamento a Sierra Nevada: L’aumento del volume di lavoro nel nuoto dalla stagione 2007 alla stagione 2008 (periodo novembre-marzo) è sintetizzato di seguito e riporta l’incremento percentuale che ogni anno lavoriamo per attuare sui diversi atleti. PERIODO DI COSTRUZIONE GENERALE Prendiamo esempio dai campioni. Dopo il lavoro introduttivo che solitamente termina con la fine dell’anno solare e dopo aver festeggiato il Natale: arriva con Nadia il momento di salutare genitori, amici, luoghi famigliari e preparare borse dal volume spropositato, abbandonare il rigido inverno di Torino e trasferirsi per alcune settimane in luoghi dal clima più mite e accogliente. L’obiettivo principale di questo periodo di allenamento è costruire una valida base aerobica supportata da un importante lavoro di forza. In questo periodo di lavoro è importante definire gli allenamenti ottimali da svolgere e identificare i limiti di sopportazione del carico interno in modo da prevenire il rischio di sovrallenamento. Ogni atleta deve quindi monitorare e sorvegliare la costanza di alcuni parametri quali le ore di sonno giornaliere, la frequenza cardiaca al risveglio, l’appetito, il desiderio di allenarsi, il peso corporeo. Qualora si verificassero variazioni di due o più di questi parametri, sarebbe da valutare l’opportunità di un periodo di riposo e di una riduzione del carico di allenamento ridotto al ripristino di livelli ottimali per la ripresa. Per ottimizzare l’allenamento e il recupero, diventa importante la scelta di un luogo che offra un clima mite, ore di luce superiori a quelle invernali italiane e strutture sportive di buon livello (piscina, pista d’atletica, palestra ecc.). Per diversi anni ho scelto l’Australia per la realtà del down under davvero unica, anche se l’estate australe e lo stato di forma degli atleti locali incontrati ci ha spesso spinti a svolgere allenamenti a intensità elevata rispetto a quanto ci eravamo prefissati. Con il passare degli anni ho poi preferito svolgere questa fase della preparazione suddividendola in due parti. Un primo raduno in un luogo mite dove è possibile svolgere ottime sedute di ciclismo e un secondo raduno in altura dove il lavoro aerobico raggiunge la massima qualificazione. Tra i luoghi che a livello del mare ho trovato più idonei ho apprezzato molto le isole Canarie, il sud della Spagna e della Turchia o semplicemente la nostra Toscana e la Riviera Ligure di Ponente. Per l’altura Sierra Nevada (Spagna) e Namibia sono i luoghi da preferire nel periodo invernale: il primo permette di svolgere un allenamento a quote importanti (2300m slm) in strutture di alto livello, specie per la parte di nuoto, mentre il secondo è perfetto per tutte le discipline anche se difficile da raggiungere. Obiettivi generali del periodo di costruzione generale sprint olimpico e Ironman – Sviluppo delle capacità aerobiche di base; – sviluppo delle qualità di forza attraverso esercitazioni specifiche e non specifiche; – miglioramento e consolidamento delle abilità tecniche nelle singole discipline; – sviluppo continuo del lavoro nella disciplina in cui si è più deboli. Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico NUOTO: Aumento notevole delle capacità aerobiche attraverso lavoro specifico variabile dai 1000m (nuotatori in preparazione del triathlon sprint) ai 3000m o più (nuotatori esperti in preparazione di un triathlon olimpico). Le distanze totali vengono svolte in modo frazionato con ripetizioni variabili dai 50m fino alle nuotate continue su distanza gara, 750m-1500 m. Sviluppo graduale delle capacità di soglia anaerobica attraverso esercitazioni a questa intensità con volume complessivo variabile tra gli 800m e i 2500m. Il lavoro viene svolto in modo frazionato su distanze comprese tra i 100m e i 400m. Sviluppo della forza specifica attraverso le nuotate miste (delfino in particolare) e la nuotata a stile libero con ausili quali palette, laccio, pull buoy, maglietta, pantaloncino. Questo lavoro per i triathleti più esperti deve essere preceduto da attività di forza svolta in palestra. Consolidamento del lavoro tecnico inserito nelle fasi iniziali di ogni seduta di allenamento. CICLISMO: Sviluppo delle capacità aerobiche con uscite continue della durata complessiva variabile dalle 2 alle 4 ore su percorsi comprendenti salite di media difficolta (pendenza massima 7/8%) e lunghezza variabile dai 2 ai 8-10 km. Allenamento da svolgersi in gruppo dove a ritmo controllato si possono svolgere esercizi di tecnica di guida specifici (fila semplice , fila doppia ecc.). Miglioramento della forza esplosiva e della forza massima attraverso sprint con lungo rapporto da svolgere su strada o sui rulli. Eventualmente inserire uscite con mountain bike-bici da ciclocross su percorso che richiede cambi di ritmo. Per atleti con marcati deficit di forza in preparazione di gare con molta salita o senza scia inserire anche lavoro di forza resistente. Al termine dell’attività specifica di forza inserire sempre lavoro di trasformazione ad alta cadenza di pedalata. Inserimento di tratti a fondo medio con variazioni da svolgere ad alta cadenza di pedalata sia in salita sia in pianura. Durata complessiva del lavoro da 15' fino a 60'. Allenamento da svolgere sia nella formula individuale sia in gruppo. Mantenimento dell’agilità di base. CORSA: Sviluppo delle capacità aerobiche attraverso la corsa continua a ritmo uniforme o con leggere variazioni sia su percorso pianeggiante sia su percorso con leggere salite (lungo collinare). Durata totale dell’allenamento da 60' fino a 90'. Sviluppo delle capacità di forza attraverso esercitazioni specifiche tecniche e sprint in salita. Al termine del lavoro inserire sempre lavoro di trasformazione. Inserimento progressivo del fondo medio (preferibilmente nella forma variata) con un volume totale del lavoro compreso tra i 20' e i 45' o più, percorso pianeggiante o collinare. Consolidamento delle capacità tecniche di base attraverso esercitazioni specifiche e circuit training. Inserimento di corse campestri come momento di sintesi del lavoro svolto. ATTIVITÀ COMBINATE: Adattamento graduale al lavoro combinato attraverso allenamento estensivo di ciclismo, da 1h a 3h, più corsa da 30' a 60'. Attività da svolgere solo se le condizioni atmosferiche lo consentono. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Sviluppo della forza generale attraverso esercizi a corpo libero o con sovraccarichi mirati, in particolare agli arti superiori e al tronco. Obiettivi specifici del periodo Ironman NUOTO: Aumento delle capacità aerobiche attraverso lavoro specifico variabile dai 2000m ai 4000m. Le distanze totali vengono svolte in modo frazionato con ripetizioni variabili dai 50m fino ai 2000 m. Miglioramento delle capacità di forza attraverso l’uso di palette, laccio, pull buoy, maglietta, pantaloncino. Privilegiare gli aspetti legati alla forza resistente rispetto a quelli legati alla forza veloce. Inserimento graduale del lavoro a ritmo di soglia anaerobica con volume complessivo variabile tra i 1500m e i 2500 m. Il lavoro viene svolto in modo frazionato su distanze comprese tra i 100 e i 400m. Consolidamento del lavoro tecnico inserito nelle fasi iniziali di ogni seduta di allenamento. CICLISMO: Sviluppo delle capacità aerobiche con uscite continue della durata complessiva variabile dalle 2 alle 4 ore o più su percorsi comprendenti salite di media difficoltà, con pendenza massima 7/8%, e lunghezza variabile dai 2 agli 8-10 km. Possibilità di svolgere questo allenamento utilizzando anche la mountain bike o bici da ciclocross su percorsi sterrati e tecnici. L’allenamento può essere svolto in gruppo. Miglioramento della forza resistente da svolgere su strada o sui rulli. Al termine inserire sempre un lavoro di trasformazione ad alta cadenza di pedalata. Inserimento graduale di tratti a fondo medio da svolgere ad alta cadenza di pedalata sia in salita sia in pianura, in gruppo e/o pedalando da soli. Durata complessiva del lavoro da 30' fino a 90'. Allenamento da svolgersi prevalentemente senza ausilio della scia di altri atleti. CORSA: Sviluppo delle capacità aerobiche attraverso la corsa continua a ritmo uniforme o con leggere variazioni sia su percorso pianeggiante sia su percorso con leggere salite (lungo collinare). Durata totale dell’allenamento da 60' fino a 120'. Miglioramento della capacità forza attraverso esercitazioni specifiche tecniche, sprint in salita e salite lunghe continue da 10' a 30' o più. Utile anche il lavoro in discesa, ma attenzione agli infortuni! Inserimento progressivo del fondo medio con un volume totale del lavoro compreso tra i 30' e i 90', percorso pianeggiante o collinare. Inserimento di corse campestri e partecipazione a mezza maratona come momento di sintesi del lavoro svolto. Miglioramento della capacità di aumentare la frequenza della falcata (utile per economizzare il gesto atletico durante la maratona dell’Ironman) attraverso esercizi specifici con variazioni di passo. ATTIVITÀ COMBINATE: Adattamento graduale al lavoro combinato attraverso allenamento (da 2h a 3h) più corsa (da 30' a 60'). Attività da svolgere solamente se le temperature e gli agenti atmosferici lo permettono. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Sviluppo della forza generale attraverso esercizi a corpo libero o con sovraccarichi specialmente per gli arti superiori i il tronco. Sviluppo delle capacità aerobiche di lunga durata attraverso attività complementari: sci di fondo, sci alpinismo, trekking, escursioni con le ciaspole, trail ecc. Obiettivi generali del triathleta principiante – Consolidamento delle capacità tecniche individuali in tutte e tre le discipline; – graduale sviluppo delle capacità aerobiche di base attraverso lo sviluppo del fondo lento; – progressiva presa di coscienza delle varie andature di allenamento inserendo brevi variazioni di ritmo basandosi su tre principali ritmi: lento-medio-veloce; – sviluppo della disciplina dove si è più deboli o che non si è mai praticata. Obiettivi specifici del triathleta principiante NUOTO: Miglioramento delle capacità tecniche attraverso esercitazioni sempre più complesse. Miglioramento della propulsione a carico degli arti inferiori. Apprendimento delle nuotate nei quattro stili. Sviluppo del lavoro aerobico di base allungando sempre più le distanze totali percorse e la distanza di ogni singola ripetizione. Graduale presa di coscienza del lavoro a ritmi superiori rispetto a quelli aerobici con ripetute ad andatura media e scatti a ritmo veloce. CICLISMO: Consolidamento del lavoro tecnico individuale attraverso allenamenti su strada e in mountain bike. Miglioramento dell’efficienza della pedalata con esercitazioni sia su strada sia su rullo o spin bike. Miglioramento delle abilità tecniche secondarie attraverso allenamenti in gruppo svolti con l’obiettivo di apprendere le abilità tecniche specifiche (frenare-rallentare in presenza di altri ciclisti, stare a ruota, muoversi all’interno di un gruppo ecc.). Sviluppo delle capacità aerobiche con uscite continue della durata complessiva variabile dai 60i fino alle 2 ore. Miglioramento delle abilità legate al cambio di ritmo attraverso il progressivo inserimento di scatti (10"-20") e cambi di ritmo (da 30" massimali fino a una decina di minuti a ritmo medio). Graduale inserimento di tratti in salita. CORSA: Consolidamento delle capacità tecniche e della reattività attraverso esercitazioni specifiche e allunghi tecnici. Sviluppo delle capacità aerobiche attraverso la corsa continua a ritmo uniforme, sia su percorso pianeggiante che su percorso con salite morbide (luogo collinare). Durata totale dell’allenamento da 30' fino a 60'. Miglioramento delle capacità legate alla gestione del ritmo, con variazioni di ritmo e intensità in progressione. ATTIVITÀ COMBINATE: Sviluppo di base della capacità di adattamento al cambio di disciplina attraverso introduzione di allenamenti combinati svolti in modo estensivo ciclismo (da 1h a 1h30') più corsa (da 10' a 30'). Attività da svolgere se le temperature e gli agenti atmosferici lo permettono. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Sviluppo della forza generale attraverso esercizi a corpo libero. La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH Inverno 2008, Spagna e Namibia. Da tre mesi Nadia lavora duro in piscina. I miglioramenti sono evidenti, ma con l’inizio di febbraio dobbiamo lavorare anche sul ciclismo e sulla corsa. Una mattina di fine gennaio partiamo per la Spagna, destinazione Águilas, paesino tranquillo affacciato sul mare ai confini tra la regione di Murcia e l’Andalusia. I primi giorni di allenamento sono davvero duri. Nadia è reduce da una brutta influenza e allo stato di debolezza generale si associa il poco lavoro specifico svolto nei mesi precedenti nelle due discipline a lei più care. Siamo in bici, iniziamo una salita impegnativa a picco sul mar Mediterraneo, strade bellissime per chi segue l’allenamento seduto in pulmino, strada impervia per chi pedala. Nadia non sta bene, si stacca dal gruppetto delle compagne. Torniamo in hotel e il confronto si fa subito acceso. Mi tornano in mente le parole di Lance Armstrong lette pochi giorni prima, le faccio mie e spiego a Nadia che anche Lance a febbraio era solito perdere le ruote dei compagni di squadra più in forma di lui, ma che l’obiettivo stagionale non era un insignificante traguardo immaginario in cima a una salita di un allenamento invernale. Il vero traguardo per Lance era in estate il Tour e per noi i Campionati Europei e i Giochi Olimpici. Nadia giorno dopo giorno si riprende, ma durante un’esercitazione tecnica di corsa la caviglia cede, non riesce più a correre, immediatamente svolgiamo gli accertamenti del caso. L’esito degli esami è disastroso: microfrattura. Finiamo il raduno spagnolo concentrandoci sul nuoto e sul ciclismo, torniamo in Italia con il morale sotto i tacchi, ma per fortuna un altro aereo ci attende, destinazione Namibia: si va a lavorare in altura. Sbarchiamo a Windhoek, la capitale, con la voglia di fare bene e con la consapevolezza che un buon allenamento in vasca e sui pedali potrà tornare utile anche per la corsa, quando dopo qualche giorno sarà gradualmente inserita nel programma di allenamento. Allenarsi in Africa a 1800m di quota è davvero un’esperienza unica. Anche se siamo a marzo e l’autunno dell’emisfero sud è alle porte, il clima è ottimo. Alterniamo fondamentalmente due attività: allenamento e riposo. Il teatro del nostro soggiorno ha tre palcoscenici: l’hotel per mangiare e riposarsi (ricordiamo che il riposo e l’alimentazione sono parte integrante del processo di allenamento), la palestra Virgin dove si svolgono le attività legate al nuoto e alla preparazione fisica di base, la strada asfaltata dove si pedala, sterrata dove a fine raduno inizieremo a correre. Le strade in Namibia sono lingue di asfalto che ti portano pedalata dopo pedalata dalla città verso paesaggi da favola. Macinare chilometri è sempre impegnativo, ma in questo angolo di Africa anche la fatica sembra più leggera. Bambini che all’uscita di scuola corrono per pochi metri di fianco alle nostre biciclette, adulti che prima ti guardano con sospetto e poi sorridono, branchi di scimpanzé che ti osservano da bordo strada, tramonti mozzafiato che indicano una terra promessa. I giorni passano veloci, Nadia ricomincia a correre, piano, sull’erba e sulla terra. L’effetto del cross training si fa sentire, manca la specificità del gesto ma il motore è ben allenato e Nadia corre già bene. Tre settimane in altura sono servite, torniamo a casa guardando fiduciosi ai campionati europei di cinque settimane dopo. Una settimana di allenamento di Nadia in Namibia Tornati dalla Namibia, dopo quattro settimane di lavoro nella corsa con una media di 70km settimanali e una settimana di scarico, il 10 maggio 2008 Nadia conquista la medaglia d’argento ai Campionati Europei di Lisbona, registrando il secondo miglior parziale nella corsa. Davanti a lei solo la più forte atleta europea di sempre, Vanessa Fernandes. Dietro, quelle che saranno l’oro (Nicola Spirig) e l’argento (Lisa Nordén) ai Giochi Olimpici di Londra. L’allenamento organico svolto nel nuoto e nel ciclismo ha dato i suoi frutti anche nella corsa. Osservando le variazione del volume di lavoro nelle tre discipline da novembre 2007 ad aprile 2008, si nota come nei mesi in cui per infortunio la corsa è stata ridotta, il volume complessivo del lavoro è rimasto costante, incrementandolo nel nuoto e nel ciclismo. Con una buona base aerobica generale sono bastati pochi allenamenti podistici per riacquisire gli adattamenti neuro muscolari che hanno permesso a Nadia di correre forte e ottenere il podio. PERIODO DI COSTRUZIONE FONDAMENTALE Ogni anno, terminato il lungo lavoro aerobico invernale, arriva la primavera e con essa il momento di incrementare il ritmo dell’allenamento e innalzare il livello di soglia anaerobica e introdurre gradualmente il lavoro anaerobico. Obiettivi generali del periodo di costruzione fondamentale sprint olimpico – Sviluppo delle capacità di soglia; – sviluppo delle attività combinate a intensità variabile; – introduzione alle intensità prossime ai ritmi gara e al lavoro lattacido; – mantenimento delle capacità di forza tipiche del modello prestativo della gara sprint olimpico. Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico NUOTO: Aumento delle capacità di soglia anaerobica e innalzamento di tale valore attraverso lavoro specifico a tale intensità con volume complessivo variabile tra gli 800m e i 2500 m. Il lavoro viene svolto in modo frazionato su distanze comprese tra i 100m e i 400m. Sviluppo delle capacità anaerobiche attraverso lavoro ad alta intensità con volume complessivo tra i 500m e i 1500m. Le attività sono eseguite su distanza variabile tra i 50 e i 200m. Mantenimento del lavoro aerobico di base. CICLISMO: Aumento delle capacità di soglia attraverso serie ripetute da svolgersi sia in salita sia in pianura. Sviluppo della capacità di variare il ritmo attraverso cambi di ritmo in salita. Sviluppo delle capacità specifiche di gara attraverso lavoro in gruppo a ritmo prossimo a quello della competizione. CORSA: Sviluppo delle capacità di soglia attraverso ripetute di potenza aerobica. Volume totale del lavoro variabile da 5km a 10km svolti su distanza compresa tra i 1000m e i 2000m. Miglioramento delle capacità specifiche di gara attraverso lavori al ritmo di corto veloce. Mantenimento delle capacità aerobiche attraverso fondo lento e fondo medio. ATTIVITÀ COMBINATE: Miglioramento delle qualità muscolari e delle capacità organiche legate alle transizioni svolgendo allenamento combinato ciclismo e corsa a ritmo variabile tra il fondo lento e il ritmo di soglia (inserire anche gare di duathlon). Miglioramento delle abilità tecniche legate alla transizione. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Mantenimento delle capacità di forza generale, mobilità articolare e flessibilità. Obiettivi generali Ironman – Sviluppo delle capacità di soglia; – incremento delle capacità endurance aumentando le distanze percorse a ritmo aerobico; – inserimento del lavoro combinato prolungato; – mantenimento delle capacità di forza tipiche del modello prestativo dell’Ironman. Obiettivi specifici del periodo Ironman NUOTO: Aumento delle capacità di soglia anaerobica e innalzamento di tale valore attraverso lavoro specifico a tale intensità con volume complessivo variabile tra gli 800m e i 2500m. Il lavoro viene svolto in modo frazionato su distanze comprese tra i 100m e i 400m. Incremento delle capacità aerobiche su distanze prolungate attraverso lavoro specifico variabile dai 3000m ai 4000m. Le distanze totali sono svolte in modo frazionato con ripetizioni variabili dai 50m fino alla distanza di gara. Mantenimento delle capacità di forza attraverso l’uso di palette e pull buoy. CICLISMO: A partire da questo periodo è fondamentale svolgere gli allenamenti specifici con la bici in assetto da gara. Bicicletta da cronometro o bicicletta da strada adattata con appendice per Ironman. Aumento delle capacità di soglia attraverso serie ripetute da svolgersi sia in salita sia in pianura. Sviluppo delle capacità aerobiche con uscite continue della durata complessiva variabile dalle 3 alle 5 ore o più su percorsi comprendenti salite di media difficoltà (pendenza massima 7/8%) e lunghezza variabile dai 2km agli 8-10 km. Mantenimento delle capacità di forza attraverso lavoro specifico di forza resistente. CORSA: Sviluppo delle capacità di soglia attraverso ripetute di potenza aerobica. Volume totale del lavoro variabile da 5km a 10km svolti su distanza variabile tra i 1000m e i 3000m. Miglioramento delle capacità aerobiche attraverso l’aumento del volume complessivo di lavoro svolto a ritmo di fondo lento arrivando a correre 120-150'. ATTIVITÀ COMBINATE: Sviluppo delle capacità legate al passaggio bici-corsa attraverso lavoro combinato a ritmo variabile tra il fondo lento e il fondo medio. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Mantenimento delle capacità di forza generale, mobilità articolare e flessibilità. Obiettivi generali del triathleta principiante – Miglioramento delle capacità aerobiche attraverso lavoro a ritmo lento-medio-veloce; – consolidamento delle abilità tecniche individuali e sviluppo delle abilità tecniche secondarie come le fondamentali capacità di orientamento in acque libere, abilità nel nuotare e pedalare in un gruppo gestendo le dinamiche che queste attività specifiche comportano; – apprendimento delle attività combinate sia sotto il punto di vista metabolico e muscolare sia sviluppando le capacità coordinative e tecniche legate alle transizioni; – presa di coscienza della reale capacità di poter svolgere un triathlon. Eventuale partecipazione a gare di inizio stagione (duathlon) e/o a gare podistiche e ciclistiche. NUOTO: Apprendimento delle abilità tecniche primarie e secondarie tipiche del nuoto in acque libere (nuoto a testa alta, capacità di seguire una certa direzione, capacità di sapersi orientare in uno spazio aperto sia da soli sia in un gruppo, abilità nel nuotare in scia e/o affiancati ecc.). Miglioramento delle qualità aerobiche inserendo lavoro continuo a ritmo medio e di soglia anaerobica. Consolidamento delle abilità tecniche individuali. CICLISMO: Sviluppo delle abilità tecniche di gruppo attraverso esercitazioni complesse (fila semplice, fila doppia, rilanci e scatti in situazioni analoghe a quelle di gara ecc.). Aumento delle capacità di soglia con introduzione del lavoro di ripetute da svolgersi sia in pianura sia in salita. Miglioramento della capacità fisiche e abilità tecniche nel variare il ritmo. Consolidamento della capacità aerobiche con allenamenti dall’elevato chilometraggio. CORSA: Sviluppo delle capacità di soglia attraverso ripetute di potenza aerobica. Volume totale del lavoro variabile da 3km a 6km svolti su distanza variabile tra gli 800m e i 2000m. Miglioramento delle capacità aerobiche attraverso lo svolgimento di allenamenti a ritmo di continuo di fondo lento, e graduale inserimento di gare o allenamenti a ritmo di corto veloce. ATTIVITÀ COMBINATE: Apprendimento delle capacità tecnico coordinative legate alle transizioni. Presa di coscienza della capacità di svolgere una gara di triathlon attraverso allenamento combinato nuoto-ciclismo-corsa sulla distanza di gara da svolgere tutto a ritmo aerobico oppure attraverso gare introduttive alla stagione (duathlon). ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Mantenimento delle capacità di forza generale, mobilità articolare e flessibilità doppio stacco La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH Uno degli obiettivi del coach è monitorare l’allenamento svolto dall’atleta, analizzare al termine di ogni seduta i dati emersi, valutare se i riscontri oggettivi corrispondono alle sensazioni soggettive dell’atleta, trarre conclusioni sulla base delle quali programmare le sedute di allenamento dei giorni successivi. L’andamento della seduta e il carico interno somministrato all’atleta sono monitorati in base a: – il tempo di percorrenza di una distanza precisa grazie all’uso di un semplice cronometro; – la frequenza cardiaca dell’atleta misurato al termine di ogni ripetuta; – il feedback trasmesso dall’atleta; – l’occhio dell’allenatore stesso. Sebbene questi dati siano utili per avere una visione completa di ogni singola seduta, oggi, grazie alle moderne tecnologie (gps, misuratori di frequenza cardiaca, rilevatori della potenza in bicicletta, misuratori di lattato ematico, telecamera), si possono aggiungere dettagli più specifici tramite la valutazione di: – distanza percorsa dall’atleta anche su percorsi misurati istantaneamente; – altimetria dei percorsi di allenamento e di gara; – velocità di percorrenza istantanea e parziale; – frequenza cardiaca misurata in ogni istante dell’allenamento; – watt espressi in bicicletta; – cadenza di pedalata; – lattato ematico prodotto; – capacità tecniche. Esempio di allenamento in bicicletta svolto da Nadia il 20 aprile 2008 sulla salita della Mortera (Avigliana, TO). L’allenamento è stato analizzato attraverso misuratore di potenza – Srm – in grado di rilevare la distanza percorsa, la velocità, la cadenza di pedalata, i watt espressi. Lavoro svolto: 10' in salita pendenza media 6% con rapporto fisso. Svolgere da seduti 7 accelerazioni massimali da 30" con recupero 40". In questo grafico la linea superiore rappresenta la potenza, la linea mediana la velocità e quella inferiore la cadenza di pedalata. A ogni accelerazione si registra un’impennata delle linee, l’atleta eroga più watt, aumenta la velocità e cresce il numero delle pedalate/minuto. In ogni fase di recupero le tre linee si assestano a livelli inferiori. Per ogni accelerazione si possono analizzare anche il picco di potenza, la flessione della potenza erogata nell’arco dei 30", l’andamento irregolare della frequenza di pedalata, e altri dati utili nell’impostare i successivi allenamenti. L’analisi di una singola seduta di allenamento, sebbene fornisca dati importanti, ha un valore relativo rispetto a un’analisi su diverse sedute di allenamento analoghe. Se, per esempio, nelle settimane successive a questo lavoro, Nadia esprimesse a ogni accelerazione una potenza superiore a quanto realizzato nell’allenamento preso in esame, avremmo la conferma della qualità del lavoro svolto. Al contrario se la potenza espressa subisse una diminuzione sensibile si dovrebbe intervenire nel programma di allenamento introducendo un periodo di scarico e recupero. Per questo motivo è fondamentale che ogni tecnico o ogni atleta che si allena senza l’ausilio di un coach sia in grado di monitorare gli allenamenti principali, analizzarne correttamente i dati, valutarli sulla base del lavoro svolto (che deve sempre essere annotato nel diario di allenamento insieme all’analisi di ogni singola seduta) e in fine programmare le sedute di allenamento successive. PERIODO SPECIFICO Il periodo specifico rappresenta il crocevia dell’intera stagione. Immaginate un lungo viaggio dove avete definito un punto di partenza e uno di arrivo. La strada è lunga e nei primi giorni di cammino potete scegliere tra diverse vie da percorrere. Strada facendo vi avvicinate sempre più alla meta e arrivate a un punto del vostro viaggio da cui siete obbligati a passare se volete tagliare il traguardo. Il punto chiave del nostro viaggio si chiama periodo specifico. Lo sport è ricco di esempi in merito: un ciclista che vuole vincere la Milano-Sanremo è obbligato a correre qualche giorno prima la Parigi-Nizza o la Tirreno-Adriatico; un maratoneta che vuole essere competitivo sulla distanza deve svolgere un test sulla mezza maratona o su una gara di verifica; un tennista che vuole vincere Wimbledon deve allenarsi sull’erba se vuole avere il giusto feeling con il campo. Anche i triathleti, quando mancano poche settimane (sei per l’Ironman, quattro per l’olimpico) all’obiettivo stagionale, sono costretti a dedicarsi a lavori altamente specifici, per far maturare i frutti del lavoro invernale e raccoglierli qualche settimana dopo. In questo periodo gli allenamenti devono mimare il più fedelmente possibile le caratteristiche tecniche e le soluzioni tattiche della gara, con un’intensità prossima a quella della competizione. Quindi il lavoro principale diventa quello specifico, come le ripetute a ritmo gara, con poco recupero e con allenamenti dietro motore per la bici. In questa fase l’allenamento deve essere intensificato al massimo, con lavoro combinato grazie a sedute di minitriathlon e transizioni nuoto-ciclismo, ciclismo-corsa. Essendo questo il periodo di maggior carico e di maggior stress psicofisico, il recupero gioca un ruolo fondamentale e diventa quasi più importante delle singole sedute allenanti. È bene seguire alcune semplici regole, quali finire l’allenamento con una fase di defaticamento adeguato, aumentare il tempo dedicato allo stretching, alimentarsi con alimenti o integratori specifici per il recupero, alternare immersioni del corpo (o parti di esso) in acqua calda e poi fredda, ottimizzare l’idratazione giornaliera, dormire in ambiente adeguato (silenzioso, fresco, arieggiato – meglio evitare l’aria condizionata!). Obiettivi generali del periodo specifico sprint olimpico – Sviluppo dei ritmi gara; – creazione degli adattamenti neuro-muscolari specifici di gara attraverso lavoro combinato ad alta intensità; – individualizzazione del lavoro con lo scopo di sviluppare le caratteristiche necessarie a sviluppare e gestire le situazioni tecnico-tattiche della competizione: svolgere allenamenti su percorsi il più possibile simili a quelli della gara; – mantenimento delle capacità aerobiche di base attraverso lavoro a ritmo di fondo lento come attività rigenerativa e di supporto. Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico NUOTO: Sviluppare le specificità della gara: partenza veloce, adattamento immediato al ritmo gara dopo partenza in svolta in condizioni massimali, essere pronti a gestire cambi di ritmo. Sviluppo del ritmo gara. Creazione dei presupposti tecnici e metabolici specifici della gara in acque libere attraverso allenamenti in mare o lago. Mantenimento delle capacità aerobiche e di forza di base attraverso il lavoro a bassa intensità e di forza. CICLISMO: Sviluppo del lavoro specifico seguendo il modello prestativo della gara di triathlon olimpico, lavoro da svolgere in gruppo o dietro motore ad alta intensità. Sviluppo delle capacità anaerobiche lattacide attraverso cambi di ritmo. Miglioramento dell’agilità di base e dell’economicità del gesto tecnico a ritmi elevati svolgendo lavoro dietro motore. CORSA: Sviluppo dei ritmi gara attraverso ripetute medio lunghe e corto veloce. Miglioramento delle qualità anaerobiche attraverso lavoro di velocità su distanze brevi (200-500m). Mantenimento della forza e reattività dei piedi con sprint in salita e in pianura. ATTIVITÀ COMBINATE: Sviluppo delle specificità della gara di triathlon attraverso allenamento combinato ad alta intensità come minitriathlon, combinati nuoto-ciclismo (da svolgere anche sui rulli), miniduathlon ripetuti oppure con l’esecuzione di allenamenti nella formula enduro (susseguirsi senza sosta di minitriathlon) percorrendo alcune frazioni ad alta intensità e altre come fase di recupero attivo. Raggiungimento degli obiettivi definiti per la corsa in modo ottimale come crescita non solo della singola disciplina, ma della disciplina legata alle specificità del triathlon (corsa in stato di affaticamento muscolare e metabolico) attraverso allenamento ad alta intensità di corsa preceduto da pre-affaticamento in bicicletta. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Mantenimento delle capacità di forza generale, mobilità articolare e flessibilità. ATTIVITÀ DI VERIFICA E CONTROLLO: Svolgere una gara sulla distanza sprint sette-quindici giorni prima della gara obiettivo della stagione. Obiettivi generali Ironman – Sviluppo dei ritmi gara su distanze sempre più prossime a quelle della competizione; – mantenimento delle capacità aerobiche di base attraverso il lungo lento; – incremento delle capacità metaboliche e neuromuscolari legate al passaggio di disciplina in una prova di endurance prolungato come l’Ironman; – gestione dello stress psicofisico per un tempo prolungato. Obiettivi specifici del periodo Ironman NUOTO: Sviluppo del ritmo gara attraverso allenamento frazionato su distanza complessiva prossima a quella di gara. Gestione tecnica, fisica e mentale della prova di nuoto in acque libere per un tempo prolungato, obiettivo raggiungibile attraverso nuotata in acque libere a ritmo aerobico o a ritmo prossimo a quello di gara. Mantenimento della forza resistente attraverso l’uso di palette e pull buoy. CICLISMO : Sviluppo del ritmo gara su distanza prossima a quella della competizione e su percorso analogo a quello di gara. Presa di confidenza con le dinamiche di gara svolgendo allenamento in gruppo o dietro moto alternando tratti a ritmo gara senza stare in scia a tratti di recupero in scia. Mantenimento delle capacità aerobiche attraverso il fondo lento lungo. CORSA: Sviluppo del ritmo gara maratona attraverso allenamenti a ritmo prossimo a quello della maratona corsa senza essere preceduta dal nuoto e dal ciclismo. Mantenimento delle capacità aerobiche e della forza muscolare attraverso il fondo lento e il fondo medio prolungato su percorso collinare. ATTIVITÀ COMBINATE: Sviluppo delle specificità di gara attraverso lavoro combinato ciclismo e corsa a ritmo gara Ironman (sia per il ciclismo sia per la corsa). ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Mantenimento delle capacità di forza generale, mobilità articolare e flessibilità. ATTIVITÀ DI VERIFICA E CONTROLLO : Svolgere tre settimane prima dell’Ironman un allenamento combinato nuoto (2000m) - ciclismo (80100km) - corsa (15-18km) a ritmo gara su percorso analogo a quello della competizione, gestendo l’allenamento come se fosse una “prova generale dell’Ironman” (stesso abbigliamento, identica strategia alimentare ecc.). Obiettivi generali del triathleta principiante – Sviluppo e presa di coscienza del ritmo che si può mantenere in gara; – continuo sviluppo delle capacità aerobiche per la crescita prestativa nel medio e lungo periodo; – consolidamento delle abilità tecniche secondarie specifiche della gara; – memorizzazione neuromotoria delle attività combinate dal punto di vista sia metabolico sia muscolare. Obiettivi specifici del triathleta principiante NUOTO: Sviluppo delle andature di gara attraverso allenamenti specifici che riproducono a livello metabolico quanto avviene in competizione. Gestione del nuoto in acque libere attraverso allenamenti specifici da svolgere in lago e al mare in condizione di gara (boe come riferimento, utilizzo della muta, nuoto in gruppo ecc.). Consolidamento del lavoro aerobico generale. CICLISMO: Sviluppo delle capacità organiche, tecniche e tattiche di gara attraverso allenamenti in gruppo che simulano quanto avviene in competizione. Miglioramento delle capacità di endurance prolungato attraverso allenamenti di lunga durata a carattere aerobico con introduzione di percorsi collinari e di montagna. CORSA: Sviluppo dei ritmi gara attraverso ripetute e corto veloce. Mantenimento delle capacità aerobiche attraverso fondo lento. ATTIVITÀ COMBINATE: Sviluppo delle specificità della gara di triathlon attraverso allenamento combinato a ritmo gara come minitriathlon e miniduathlon ripetuti. Raggiungimento degli obiettivi definiti per la corsa in modo ottimale come crescita non solo della singola disciplina, ma anche della disciplina legata alle specificità del triathlon (corsa in stato di affaticamento muscolare e metabolico) attraverso allenamento combinato ciclismo più corsa a ritmo gara. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Mantenimento delle capacità di forza generale, mobilità articolare e flessibilità. ATTIVITÀ DI VERIFICA E CONTROLLO: Svolgere un triathlon sprint a ritmo prossimo a quello di gara circa 15 giorni prima della competizione La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher N.B.: a tre settimane dall’Ironman concludere il ciclo di carico con questo finale: Triathleta principiante VITA DA COACH Sankt Moritz – Yverdon-Les-Bains – Campionati mondiali di Losanna 2006. Negli ultimi tre anni Nadia aveva stupito tutti nella gara più importante della stagione. Nel 2003 in Nuova Zelanda si classifica settimana al Mondiale eguagliando il miglior risultato ottenuto da un’atleta azzurra, Silvia Gemignani, settima in Canada due anni prima. L’anno successivo ottiene il quinto posto olimpico e nel 2005 a Gamagori in Giappone si conferma tra le migliori al mondo tagliando il traguardo del Campionato mondiale nuovamente in quinta posizione. Il principale obiettivo del 2006 è il Mondiale di settembre di Losanna. Con la consapevolezza di chi è sulla strada giusta, grazie a un mese di luglio ricco di soddisfazioni con il bronzo europeo, il quinto posto nella Coppa del Mondo di Edmonton, il terzo posto nell’altra prova canadese a Corner Brooke ai primi di agosto, interrompiamo la prima fase agonistica della stagione per dedicarci esclusivamente alla preparazione del Campionato del Mondo. Sede della prima parte della preparazione mondiale i 1650m di Sankt Moritz sulle alpi svizzere. Ci è sempre piaciuto andare in Engadina a preparare un appuntamento importante perché permette di sintetizzare in poche settimane un’intera stagione. Appena arrivi in quota i primi giorni sembrano i primi mesi dell’anno, pochi allenamenti di adattamento. Passata questa delicata fase, in sette giorni si lavora come nei mesi invernali, con allenamenti prevalentemente aerobici e di forza. Nella seconda parte del lavoro in quota, si inizia a lavorare in previsione della gara con allenamenti a ritmo prossimo a quello di gara. La preparazione viene poi rifinita a livello del mare con lavori ad alta intensità e con lo scarico pre-gara. Sapendo che il Mondiale di Losanna presentava caratteristiche a noi favorevoli, ossia un percorso di bici altamente selettivo ricco di salite impegnative, il nostro obiettivo è stato quello di lavorare con la bicicletta che guardava all’insù, prima percorrendo salite lunghe a ritmo aerobico, e poi verso fine raduno salite brevi a ritmo crescente. Nel nuoto abbiamo affiancato il lavoro in piscina con alcune nuotate in acque libere utilizzando la muta così come sarebbe successo al Mondiale, mentre per la corsa gli allenamenti più importanti sono stati i combinati. Ancora una volta le giornate erano scandite da tre momenti fondamentali: gli allenamenti, i pasti, il sonno. Lo svago è stato rappresentato da un paio di caffè presi in paese e una passeggiata (non troppo lunga…) nella vicina Livigno. Nell’ultima settima in altura Nadia ha eseguito questo programma di allenamento: La domenica, scesi a livello del mare, Nadia ha svolto una gara composta da un minitriathlon da ripetere per tre volte. Dopo due giorni trascorsi a Torino ci siamo trasferiti a Yverdon-Les-Bains, a pochi chilometri da Losanna, per rifinire la preparazione con lavori specifici. Nel pomeriggio del giovedì della settimana precedente la competizione, dopo un allenamento aerobico a nuoto svolto al mattino, Nadia ha affrontato l’ultimo lavoro di corsa frazionato ad alta intensità, preceduto da affaticamento nel ciclismo (un’ora ad andatura aerobica in gruppo con sei scatti massimali). Il lavoro di corsa svolto in pista prevedeva due serie da cinque ripetizioni sui 400m (recupero 1'30"); tra le serie è stata inserita una prova sui 1000m. Questi i tempi fatti registrare da Nadia: La domenica successiva, a sette giorni dal Campionato del Mondo, l’ultimo allenamento di qualità prevedeva 40km di ciclismo con ultimi 20 a ritmo gara su percorso analogo a quello di Losanna, seguito da 5km di corsa a ritmo gara dei 10km del triathlon olimpico. Nadia ha chiuso la prova in 17'20" con questi parziali: Dopo questo allenamento eravamo certi che con sette giorni di scarico avremmo ottenuto un ottimo risultato al Campionato del Mondo. Nonostante alcuni problemi di stomaco che hanno costretto Nadia a cenare in camera la sera pre-gara, ancora una volta centravamo un fantastico quinto posto nella gara più importante della stagione. In un mese, con tre settimane di carico e una di recupero, Nadia ha percorso oltre 120km a nuoto, più di 1300km in bicicletta e 250km di corsa. I frutti di questo duro lavoro non solo ci hanno permesso di confermarci tra i migliori al mondo, ma anche di chiudere la stagione vincendo nei mesi a seguire un Campionato Europeo di duathlon a squadre e un Mondiale di triathlon a squadre. La stagione 2006, grazie al lavoro sopra esposto, si è chiusa con due prove di Coppa del Mondo dove Nadia ha fatto registrare il secondo e il primo tempo parziale nella frazione di corsa. LA GARA – SCARICO E COMPETIZIONE Riposo, allenamento, alimentazione, bagagli, viaggio, stretching, briefing, prova percorsi, tensione pre-gara, “take your mark… GO!”. Poche parole per sintetizzare la fine del nostro lungo viaggio alla ricerca della condizione migliore per affrontare la gara che da un anno stiamo programmando. In questo periodo è fondamentale pianificare al meglio non solo l’allenamento, ma anche tutto quanto gravita attorno alla competizione. Si definiscono gli ultimi allenamenti di rifinitura tenendo conto non solo del giorno e dell’ora della competizione, ma anche del momento e della lunghezza del viaggio verso la gara. Si deve aver chiaro fin da subito a che ora mangiare e cosa mangiare, quando fare l’ultimo massaggio pre-gara, come impostare la ricognizione dei percorsi, quando uscire dall’albergo per raggiungere la zona cambio, a che ora iniziare il rituale del riscaldamento. Insomma, in questi momenti nulla va lasciato al caso. Proprio per questo motivo nei giorni pre-gara Nadia e io ci dividiamo i compiti. Lei è impegnata a svolgere gli ultimi allenamenti, a preparare il materiale da gara e – cosa che a Nadia riusciva bene e che paradossalmente non tutti gli atleti riescono a fare sotto pressione – a stare ore in albergo sdraiata sul letto con le gambe in alto, lo sguardo rivolto al soffitto, la mente libera da ogni pensiero. A fare da contraltare all’inattività dell’atleta io, come coach, sono iperattivo e da semplice allenatore mi trasformo in team manager tuttofare. Tengo sotto controllo la tabella oraria delle attività, cerco i percorsi e gli impianti per gli allenamenti, faccio la spesa, controllo l’efficienza della bici, organizzo la riunione pre-gara, da pseudopsicologo ascolto lo stato d’animo degli atleti, cerco di accentrare su di me ogni situazione in modo da lasciare l’atleta tranquillo e infine scendo in campo anche io, a vivere la gara con la stessa intensità di chi ho allenato per mesi, condividendone le emozioni. Il periodo di scarico non coincide solo con il momento pre-gara, ma si estende ai giorni o settimane che precedono la competizione. Anche e soprattutto in questi momenti è essenziale che tra atleta e allenatore ci sia uno scambio di informazioni continuo per riuscire a centrare i molteplici obiettivi che ci poniamo e che di seguito sono sintetizzati. Obiettivi generali del periodo sprint olimpico – Recupero delle energie psicofisiche in previsione della gara; – mantenimento del ritmo gara; – ottimizzazione di tutte le componenti legate alla prestazione (recupero, alimentazione, cura dei materiali, visione dei percorsi ecc.). Obiettivi specifici del periodo sprint olimpico NUOTO: Mantenimento del ritmo gara attraverso brevi richiamo del medesimo su distanze frazionate brevi. Ricerca della brillantezza muscolare e della reattività neuromuscolare attraverso brevi sprint. Presa visione del campo gara. CICLISMO: Recupero della freschezza muscolare e della reattività attraverso lavoro di agilizzazione in gruppo o dietro motore. Mantenimento delle specificità di gara. Ricognizione del percorso gara. CORSA: Recupero della freschezza muscolare e della reattività attraverso allunghi tecnici. Mantenimento del ritmo gara attraverso lavoro frazionato. Ricognizione del percorso gara. ATTIVITÀ COMBINATE: Eventuale richiamo delle abilità tecniche legate alle transizioni ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Esercizi di allungamento, mobilità, flessibilità. Obiettivi generali del periodo Ironman – Recupero delle energie psicofisiche in previsione della gara. – mantenimento delle capacità aerobiche di base. – ottimizzazione di tutte le componenti legate alla prestazione (recupero, alimentazione, cura dei materiali, visione dei percorsi ecc.). Obiettivi specifici del periodo Ironman NUOTO: Mantenimento del ritmo gara attraverso brevi richiami su distanze frazionate brevi. Mantenimento delle capacità aerobiche di base con nuoto lungo continuo. Presa visione del campo gara. CICLISMO: Mantenimento delle capacità aerobiche. Recupero della freschezza muscolare attraverso lavoro di agilizzazione. CORSA: Mantenimento delle capacità aerobiche. ATTIVITÀ COMBINATE: Non sono previste attività combinate. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Esercizi di allungamento, mobilità, flessibilità. Obiettivi generali del triathleta principiante – Recupero delle energie psicofisiche in previsione della gara. – consolidamento delle fasi tecniche della competizione. – ottimizzazione di tutte le componenti legate alla prestazione (recupero, alimentazione, cura dei materiali, visione dei percorsi ecc.). NUOTO: Mantenimento del ritmo gara attraverso brevi richiami del medesimo su distanze frazionate brevi. Ricerca della brillantezza muscolare e della reattività neuromuscolare attraverso brevi sprint. Richiamo di esercitazioni tecniche. Presa visione del campo gara. CICLISMO: Recupero dell’efficienza muscolare. Leggero richiamo delle componenti tecnico-tattiche specifiche di gara. CORSA: Ricerca della brillantezza muscolare e della reattività neuromuscolare attraverso brevi sprint. Mantenimento del ritmo gara attraverso breve richiamo del medesimo. ATTIVITÀ COMBINATE: Consolidamento delle specificità tecniche della transizione. ATTIVITÀ DI SUPPORTO: Esercizi di allungamento, mobilità, flessibilità. La settimana di allenamento di Nadia Triathleta amatore sprint – olimpico Ironman finisher Triathleta principiante VITA DA COACH Nadia nella sua carriera ha fatto molte gare e vinto diversi titoli, ma la competizione che ha segnato la sua popolarità è quella che si è svolta nel 2004 a Atene e che ha arricchito il suo biglietto da visita della parola olimpionica. I Giochi da sempre sognati hanno iniziato ad assumere contorni definiti e a sembrare raggiungibili nel 2000, guardando in tv le triathlete impegnate nella prova di Sydney (gara-battesimo del triathlon ai Giochi Olimpici), perché in quell’occasione Nadia si è resa conto che al via erano presenti atlete con le quali aveva gareggiato alla pari. Nel 2003, salendo sul podio del Campionato Europeo, abbiamo avuto la certezza che dodici mesi dopo, ad Atene Nadia, sarebbe stata al via della prova che vale una vita sportiva. La preparazione in vista dei Giochi è partita in sordina, perché pochi giorni dopo il nostro matrimonio (17 gennaio 2004) Nadia, invece di raggiungere il raduno della Nazionale, è stata operata alle bandelletta ileotibiale, non proprio quello che il “manuale dell’avvicinamento olimpico” prescrive! La ripresa dall’infortunio è stata graduale, grazie al lavoro di tutto lo staff federale, di noi tecnici e soprattutto di Nadia, che è riuscita a non perdersi d’animo e a mantenere la calma lasciandosi come sempre guidare da chi la conosce bene. Lavorando giorno per giorno, evitando di partecipare ai Campionati Europei e Mondiali, Nadia è rientrata in gara a giugno, vincendo con facilità alcune prove nazionali. Il non doversi a tutti i costi confrontare con il resto del mondo e vivere la preparazione attorniata dalle persone di fiducia è stato il valore aggiunto dell’avvicinamento olimpico. Dopo un ottimo lavoro in altura svolto a Sankt Moritz, abbiamo avuto la conferma di essere sulla retta via grazie alla vittoria della prova di Coppa Europa di Tarzo Revine, davanti alla compagna Beatrice Lanza e al bronzo olimpico di Sydney Magali Messmer di Marco. A quindici giorni dai Giochi tutto sembrava fatto, ma il mestiere del coach insegna che a due settimane da una gara non si crea più nulla, ma tutto si può compromettere se non si ha la capacità di dosare bene gli allenamenti e le fasi di recupero. Il vero capolavoro è stata fatto nei giorni passati a Sanremo (ultimissima fase della preparazione) e nell’imminente vigilia trascorsa all’interno del villaggio olimpico di Atene. La settimana vissuta sulla Riviera Ligure ci ha permesso di allenarci molto bene, svolgendo allenamenti mirati in situazioni analoghe a quelle che avremmo ritrovato in gara. Nuoto in acque libere, bicicletta con forti pendenze, corsa leggermente ondulata. Le prove cronometrate ci hanno dato la certezza che Nadia era in perfetta forma. Ad Atene nei giorni pre-gara il cronometro è rimasto nella valigia: ormai bisognava solo basarsi sulle sensazioni che durante l’ultima prova dei percorsi erano più che buone. La mattina del 25 agosto Nadia si è presentata al via con la certezza che tutto il meglio era stato fatto. Due ore dopo tagliava il traguardo in quinta posizione, facendo registrare il secondo parziale nella frazione di corsa. Il programma di Nadia negli ultimi giorni prima della gara: I CONSIGLI DI UNA CAMPIONESSA PER LA GARA Sprint – olimpico Pre-gara La sera prima della gara prepara la borsa senza dimenticare il materiale indispensabile: il body della tua squadra, la muta (comunque si porta sempre anche se il mare/lago è caldo), gli occhialini da nuoto, il casco da bici, le scarpe da bici, le scarpe da corsa, l’elastico porta numero. Inoltre possono essere utili una cuffia (se l’acqua è fredda metterne due), un cappellino da utilizzare di corsa nelle giornate calde, gli occhiali da sole, una maglia da ciclismo – indispensabile per il riscaldamento –, gambali e manicotti da ciclismo – utili a tenere il corpo caldo nelle fasi pre-gara –, una giacca anti pioggia, un asciugamano per il post-gara, un tubetto di crema emolliente per evitare abrasioni dovute allo sfregamento della muta o del body con il corpo, gel energetici da assumere durante la gara, una barretta da mangiare eventualmente prima della gara, due borracce di acqua – una da sistemare sulla bici, l’altra da tenere con sé per idratarsi fino a pochi istanti prima del via –, la pompa per gonfiare le ruote, le chiavi a brugola in caso ci fossero problemi con la bicicletta, una camera d’aria di riserva. Ricorda inoltre di verificare l’efficienza della bicicletta. Alla mattina della gara regola la sveglia in base all’orario della partenza della gara (circa 3h15'/3h30' prima del via). Da questo momento inizia una routine senza improvvisazioni. Fai colazione circa 3h prima della competizione. Rilassati fino a circa 2h prima della gara, momento in cui ti devi dirigere verso la zona cambio. Verifica l’efficienza del materiale (ricorda di gonfiare le gomme alla giusta pressione, in caso di pioggia tenere i pneumatici leggermente più sgonfi) e posizionalo in zona cambio. Effettua la routine di riscaldamento consigliata, nuotando sempre prima del via anche se l’acqua è molto fredda: ti servirà ad ambientarti prima. Se fa molto caldo stai con un asciugamano bagnato sulla pelle fino a pochi istanti prima del via e infila la cuffia all’ultimo momento. Se fa freddo, al contrario, indossa una maglia a manica lunga o una giacca fino a pochi secondi prima del via, indossa due cuffie o il cappuccio in neoprene. Ricorda che gli occhialini devono sempre essere in perfetto stato e non si devono appannare, usane quindi un paio solo per le gare e dopo qualche gara non esitare a cambiarli. Il nuoto Se sei un nuotatore abile, schierati in prima fila nella posizione che reputi più idonea per raggiungere la prima boa; cerca di metterti vicino ad atleti poco più veloci di te, così da poter sfruttare la loro scia. Se sei un triathleta alle prime armi posizionati ai lati dello schieramento di partenza, possibilmente dalla parte opposta a quella dove sei solito respirare (se sei solito respirare a destra mettiti a sinistra dello schieramento), in modo da avere il gruppo sotto controllo. Fai sempre i primi 200-250m a ritmo elevato: sarà più facile prendere le scie giuste e non trovarsi chiusi nel gruppo. Se l’acqua è molto fredda fai le prime bracciate a testa fuori, poi sarà più facile immergere il capo in acqua e non sentire il freddo. Non alzare sempre la testa per vedere se sei sulla rotta giusta. Cerca di controllare solo se hai atleti al tuo fianco: è già garanzia di essere nella giusta direzione. Quando un atleta ti passa a un ritmo di poco superiore al tuo non guardarlo passare, ma spostati subito sulla sua scia. Primo cambio Mentre corri verso la zona cambio (devi aver memorizzato il percorso ed essere in grado di farlo a occhi chiusi) visualizza i gesti che devi compiere una volta arrivato davanti alla tua bici. Ricorda di prendere sempre riferimenti esterni e fissi in zona cambio (uno striscione, una bandiera, una pianta ecc.), sarà impossibile non trovare la tua postazione. Fai il cambio veloce, ricorda quanti sacrifici hai fatto durante l’anno per limare 15"-20" al tuo nuoto… non puoi sprecare il tuo lavoro con una transizione lenta! L’unica cosa che devi indossare al cambio è il casco. Tutto il resto (scarpe da bici, alimenti, occhiali) va lasciato sulla bici. In bici Parti forte, non guardare cosa fanno gli altri. Finché non sei in un gruppo numeroso, non rallentare. Quando sei in gruppo stai sempre in scia ad atleti esperti. Studia a tavolino una strategia che ti permetta di alimentarti nei punti più abbordabili del percorso e dopo un tempo prestabilito. Secondo cambio Togliti le scarpe prima degli altri atleti, poi portati in testa al gruppo e non farti più sorpassare (loro dovranno togliere le scarpe e difficilmente ti passeranno). Infilati prima le scarpe da corsa e poi togli il casco mentre stai uscendo dalla zona cambio. Anche se il pubblico ti spinge non correre a ritmi fortissimi mentre esci dalla transizione, la gara è ancora lunga. La corsa Corri in progressione, non esagerare mai nei primi chilometri. Se fa caldo bagnati e bevi. Ricordati che anche gli altri atleti soffrono, ma tu sei più forte di loro! Ironman Pre-gara Alla mattina regola la svegli in base all’orario della partenza della gara (circa 3h15'/3h30' prima del via). Da questo momento inizia una routine che deve permetterti di arrivare alla partenza senza improvvisare. Fai colazione circa 3h prima della competizione. Rilassati fino a circa 2h prima della gara, momento in cui ti devi dirigere verso la zona cambio. Verifica che la bicicletta lasciata nella notte in zona cambio sia in perfetta efficienza. Lubrifica nuovamente la catena e controlla la pressione delle gomme (ricorda di gonfiare le gomme alla giusta pressione, in caso di pioggia tieni i pneumatici leggermente più sgonfi), metti borracce e alimenti sulla bici. Lascia il materiale vicino alla bici qualora tu non abbia già lasciato il tutto nelle sacche consegnate agli organizzatori il giorno prima della gara. Vivi l’attesa in modo spensierato… la giornata è lunga. Non avere paura della gara. Devi essere consapevole che in un Ironman la fatica e la crisi arriveranno, quindi concentrati su semplici accorgimenti: pensiero positivo, gestione dell’alimentazione e dell’idratazione, visualizzazione del percorso già fatto e non di quello da fare, grande motivazione. Fin dalla mattina segui una precisa strategia alimentare, quindi anche prima del via mangia e bevi nei momenti prestabiliti. Utilizza occhialini nuovi (testati nei giorni prima della gara). Il nuoto Se sei un nuotatore abile, schierati in prima fila, nella posizione che reputi più idonea per raggiungere la prima boa; cerca di metterti vicino ad atleti poco più veloci di te cosi potrai sfruttare la loro scia. Se sei un triathleta alle prime armi posizionati ai lati dello schieramento di partenza, possibilmente dalla parte opposta a quella dove sei solito respirare, in modo da avere il gruppo sotto controllo. Fai sempre i primi metri a un ritmo leggermente superiore rispetto al ritmo gara, questo ti aiuterà a non trovarti frenato da numerosi atleti che poi dovrai superare. Trovata una collocazione nel gruppo che ti permette di nuotare in tranquillità, stabilizza il ritmo sulle andature previste. Se l’acqua è molto fredda fai le prime bracciate a testa fuori, poi sarà più facile immergere il capo in acqua e non sentire il freddo. Non alzare sempre la testa per vedere se sei sulla rotta giusta. Cerca di controllare solo se hai atleti al tuo fianco. Questo è garanzia di andare nella giusta direzione. Quando un atleta ti passa a un ritmo di poco superiore al tuo non guardarlo passare, ma spostati subito sulla sua scia. Primo cambio Mentre corri verso la zona cambio (devi aver memorizzato il percorso ed essere in grado di farlo a occhi chiusi) visualizza i gesti che devi compiere una volta arrivato davanti alla tua bici. Ricorda di prendere sempre riferimenti esterni e fissi in zona cambio (uno striscione, una bandiera, una pianta ecc.): sarà impossibile non trovare la tua postazione. Fai il cambio senza perdere tempo, ricorda che all’arrivo potresti pentirti di aver lasciato lì qualche minuto. Non dimenticare nulla in zona cambio, non farti prendere dall’euforia della gara, se hai previsto di infilare una maglietta da bici o di prendere una borraccia in più fallo, in sella starai tante ore. Utilizza abbigliamento testato e confortevole. In bici Parti tranquillo nei primi chilometri, lascia che il corpo si adatti alla nuova posizione (sei stato un’ora o più in posizione prona, e in pochi secondi ti ritrovi su una bici…) non guardare cosa fanno gli altri, rimani concentrato sul tuo ritmo. (Regola valida per tutti tranne che per quegli atleti che hanno come unico obiettivo la… vittoria finale: per vincere devi rischiare anche di perdere tutto!) Rispetta le regole del no draft, ma ricorda che i punti di riferimento sono importanti, quindi rimani a 10m di distanza da atleti abili e capaci di pedalare a un ritmo uniforme senza fare continue accelerazioni e frenate che influenzano anche la tua marcia. Studia a tavolino una strategia che ti permetta di alimentarti nei punti più abbordabili del percorso e dopo un tempo prestabilito. Secondo cambio A pochi chilometri dalla seconda transizione fai qualche esercizio di stretching per la schiena e per gli arti inferiori. Prima di scendere dalla bici alimentati con calma perché sono gli ultimi momenti in cui potrai farlo… comodamente seduto sulla sella. Metti le calze prima di indossare le scarpe da corsa e indossa indumenti confortevoli per correre la maratona. La corsa Corri in progressione, non esagerare nei primi chilometri. Parti piano anche se sarà difficile. Lascia che atleti spavaldi si avvantaggino su di te. Vedrai che prima o poi le vostre strade si incontreranno nuovamente. Se fa caldo, bagnati e bevi come prestabilito. Nella corsa hai due fondamentali aiuti chiamati cola e gel… non te ne dimenticare! Ricorda che l’ultimo chilometro non si corre: si vola… Goditi questo momento perché è quello che attendi da un anno o forse da una vita! LA GARA CHE NESSUNO HA VISTO Il più grande risultato sportivo ottenuto allenando Nadia non è stato sul campo, non è stato visto da nessuno ed è stata una vittoria che non abbiamo potuto condividere con altri, perché ci è stato impedito di rendere possibile ciò che solo chi ha la capacità di sognare ipotizza realizzabile. Giochi Olimpici di Pechino. Nadia era tra le favorite per il podio. Il lungo e appassionante viaggio di avvicinamento ha subito un brusco stop il 6 luglio 2008, a soli 43 giorni dai Giochi. È l’ultimo girono di allenamento a Torino. Il calendario stilato pochi mesi prima prevedeva una sessione di ciclismo a Sankt Moritz, ma l’incontro programmato per il 7 luglio a Roma con il presidente della Repubblica ci fa slittare di qualche giorno la partenza per l’Engadina. Il cielo è plumbeo, Nadia prende la bici per una facile sgambata, ma a metà allenamento, su una curva in discesa, caduta, dolore, lacrime, ambulanza, ospedale, radiografia, notte insonne, diagnosi di frattura composta del trocantere. Il viaggio verso Pechino si interrompe. Tutto sembra essere andato in fumo, ma in poche ore pensiamo che il 18 agosto è ancora lontano è alla nostra gara possiamo ancora essere presenti, senza velleità forse, ma presenti. Nadia è impressionante, lotta giorno dopo giorno con il dolore fisico e morale, non si arrende. In pochi credono in questo miracolo umano e sportivo: meglio così, quando sei solo contro tutti aumentano le motivazioni. Dopo cinque giorni dall’infortunio, tra le mura di casa si lavora duro: pesi per le braccia, elettrostimolazione, stretching, esercizi respiratori, il tutto supportato da magnetoterapia, fisioterapia, integrazione di calcio. Dopo soli quindici giorni dalla caduta, Nadia, che cammina con le stampelle, si allena già in modo attivo: nuota con il pull buoy e pedala in casa sul ciclomulino. Abbiamo la certezza che la condizione aerobica non sia compromessa. Passano i giorni e a tre settimane dai Giochi Olimpici i tempi a nuoto non sono male e in bicicletta si pedala per quasi due ore su strada affrontando anche qualche salita. Manca la corsa ma è questione di poco tempo: a dieci giorni dalla prova olimpica in una sola giornata Nadia riesce a nuotare, pedalare e… correre su strada per oltre 5km. Mancano sette giorni al grande evento e siamo in partenza per Pechino. Ci attende a Roma una visita medica per l’idoneità sportiva e olimpica. I dottori sono stupiti dalle sue prestazioni, elargiscono complimenti per la sua tenacia e forza di volontà. Purtroppo però le belle storie non sempre hanno un lieto fine. Nessuno ha il coraggio di rilasciare a Nadia il pass olimpico. Usciamo dalla studio medico con la certezza di aver vinto la nostra gara per la prova di forza, convinzione, carattere e sopportazione del dolore superiore a qualsiasi medaglia olimpica. Nadia avrebbe potuto, in sole sei settimane, passare da un letto d’ospedale alla finish line dello sport più duro dei Giochi Olimpici. Purtroppo il nostro sogno è stato interrotto, ma non è finito. Un giorno, ne siamo certi, torneremo ai Giochi Olimpici guidando nostro figlio. Non sappiamo se sarà uno dei figli che il Signore ci avrà ha dato oppure sarà un figlio “sportivo”, ma siamo certi che prima o poi un ragazzo busserà alla nostra porta e si affiderà a noi per farsi guidare verso il traguardo più importante della vita di un atleta, il traguardo dei Giochi Olimpici. IL TRIATHLON FEMMINILE Nel corso della mia carriera da allenatore la possibilità di allenare atlete di alto livello è stata di gran lunga superiore rispetto a quella di seguire atleti maschi di pari capacità. Come spesso accade nella vita, il rapporto personale col triathlon femminile nasce un po’ dal caso (l’aver seguito Nadia fin dagli albori della carriera) e un po’ da una mia propensione naturale al relazionarmi con successo ad atleti di sesso femminile. Le esperienze vissute direttamente con le ragazze nel corso degli anni e la possibilità di gestire non solo atlete in modo individuale, ma anche a gruppi, come quelli delle Nazionali femminili italiana e turca, mi hanno dato la possibilità di avere una buona conoscenza degli aspetti di base – sia di carattere psicologico-motivazionale, sia tecnici e tattico-gestionali delle competizioni – dell’attività femminile. Sicuramente un’analisi dell’attività sportiva femminile può portare a conclusioni discutibili laddove generalizzare un concetto è cosa facile e al tempo stesso banale: chi studia quotidianamente le differenze fisiche e psichiche tra uomo e donna sa che le dimensioni interne del femminile e del maschile sono labili e complesse, spesso fluttuanti, e non si inscrivono nel dualismo rigido della struttura biologica e anatomica. Basandomi quindi sulla mia personale esperienza sono giunto alla conclusione che nel rapporto diretto atleta-allenatore in alcuni casi devono essere rivalutate e corrette. Nel corso degli anni mi sono trovato spesso in contatto con allenatori che sostenevano che per ottenere risultati massimali da una donna questa dovesse essere allenata come un atleta maschio. Reputo questa affermazione molto lontana dalla mia vision di coach, in quanto credo molto restrittiva una limitazione del rapporto atleta-allenatore esclusivamente basato sull’allenamento e sulla mancata individuazione delle peculiarità dell’atleta uomo e dell’atleta donna. Sono convinto che il segreto del successo di un allenatore non sia l’allenamento che somministra all’atleta, ma la sua propensione a gestire l’atleta, ossia a quello che l’allenatore riesce a trasmettere a 360° a un suo adepto: allenamento, dialogo, programmazione degli aspetti agonistici ecc. Il primo step per il successo di un allenatore che collabora con una donna o con un intero settore femminile deve partire dalla nascita da un rapporto di empatia e fiducia reciproca che deve tener presente numerosi aspetti, tra i quali reputo importanti e significativi i seguenti: – con le donne il dialogo ha un importanza maggiore rispetto a quanto avviene con i ragazzi. Un buon coach deve capire quale canale di comunicazione privilegia l’atleta (visivo, uditivo, cinestetico) e sulla base di questo fondare il rapporto; – la chiave di comunicazione atleta uomo e atleta donna è completamente diversa. L’uomo è più diretto e comunica nella maggior parte dei casi attraverso affermazioni (per esempio “Oggi non mi sento di svolgere questo allenamento”), mentre le ragazze tendono a comunicare in modo indiretto, cercando spesso conferme tramite domande (“Oggi devo proprio svolgere questo allenamento?”). – il segreto per ottenere successi con una donna è il continuo dialogo rivolto al consolidamento delle sue capacità attraverso l’aumento della autostima. Parafrasando il grande maestro Julio Velasco, se con gli uomini la provocazione-negazione porta a un risultato vincente, con le donne l’affermazione positiva è la chiave per ottenere un risultato. Se, di fronte a una prestazione scadente, in un uomo l’affermazione dell’allenatore “Non sei neppure capace di…” porta a una reazione di orgoglio che si trasmette nella dimostrazione dell’essere capace di fare una certa cosa, nelle donne si ottengono migliori risultati affermando “Guarda che sei in grado di fare questa prestazione…”. – le ragazze cercano nel coach una guida. Nel momento in cui una atleta si fida del suo allenatore, svolge l’allenamento senza esitazioni e senza modificare il medesimo. Nello stesso tempo anche nella gestione tecnico-tattica della gara la parola dell’allenatore è seguita alla lettera. Al contrario l’atleta maschio tende a modificare il programma o la tattica, autogestendosi; – in linea con quanto detto in precedenza la stesura di un programma di allenamento per una ragazza deve essere chiaro e preciso. Se per un atleta uomo si può programmare un allenamento con una certa elasticità (per esempio “Fai questo allenamento tra tre o quattro giorni, quando ti senti pronto”, oppure “Fai un’ora di ciclismo inserendo dieci scatti da dieci secondi), con una ragazza si devono curare molto di più i dettagli (per esempio “Tra tre giorni faremo quell’allenamento impegnativo: facciamo un’ora di ciclismo, dopo quindici minuti inseriamo dieci scatti di 10 dieci ogni tre minuti). – nella gestione del gruppo femminile l’uniformità di trattamento nella gestione delle atlete è molto più rilevante rispetto a un gruppo maschile, in quanto le rivalità spesso sono più accese. Dopo aver analizzato questi aspetti che sono alla base del rapporto atleta-allenatore, è bene soffermarci sugli aspetti tecnici dell’allenamento legato al triathlon sprint e olimpico. Tra gli aspetti peculiari dell’attività femminile ritengo fondamentali queste sostanziali differenze rispetto all’attività maschile: La forza I livelli di forza espressi da una donna rispetto ad un atleta maschio sono sicuramente inferiori e anche quando si raggiungono prestazioni soddisfacenti si tende ad avere un decadimento della prestazione se non vengono mantenuti costantemente lavori specifici. Per questo motivo si consiglia alle atlete di mantenere esercitazioni in palestra e allenamenti specifici di forza durante l’arco di tutta la stagione, con una predominanza del lavoro nella fase invernale e con fondamentali richiami anche a ridosso delle competizioni. Gli allenamenti specifici che non devono mancare nel programma di una ragazza sono: NUOTO: scatti con le palette – nuotate lunghe con le palette alternando tratti a ritmo lento a tratti a ritmo elevato; CICLISMO: esercitazioni di forza massimale come brevi sprint (10") in salita partendo da fermi con lungo rapporto – variazioni di forza alternando su una salita lunga tratti con lungo rapporto a bassa cadenza di pedalata con tratti ad alta cadenza di pedalata; CORSA: sprint in salita – lavoro variato su percorso ondulato-collinare. Il cambio di ritmo Rispetto all’attività maschile, quella femminile si distingue per la scarsa capacità delle ragazze nel variare ritmo. Se da un lato questo è dovuto alle inferiori capacità di forza delle ragazze (come visto in precedenza), dall’altro manca una precisa gestione tattica della competizione dove il ritmo uniforme e la poca fantasia prevalgono rispetto ai continui cambi di andatura e ai tentativi di sorprendere gli avversari da parte dei ragazzi. Analizzando la prova femminile, i cambi di ritmo più significativi si limitano alla partenza del nuoto, ai primi metri del ciclismo, alle variazioni obbligate dalle caratteristiche del percorso (giri di boa, strappi brevi ecc.), alla volata finale nella corsa. Il ritmo costante e uniforme la fa da padrone, ma proprio per questo motivo è utile allenare il cambio di ritmo perché una donna capace di gestire quest’arma può ottenere risultati importanti. Per allenare queste caratteristiche le esercitazioni migliori sono: NUOTO: nuotare distanze lunghe imponendo partenza forte e variazioni di ritmo ogni numero di vasche prefissate – svolgere lavoro frazionato dove ogni ripetuta viene svolta a ritmo diverso dalla precedente; CICLISMO: variazioni brevi in salita con un tratto breve (massimo 45") alla massima velocità e recupero molto blando per un tempo pari a quello della ripetuta veloce – dietro motore o esercitazione in gruppo a ritmo costante con uno scatto massimale per uscire dalla scia della moto o del gruppo; CORSA: variazioni brevi simili a quelle presentate per il ciclismo (45" veloci – 45" lenti) – variazioni di ritmo passando da ritmo prossimo a quello di gara a ritmo submassimale per brevi tratti. Gli aspetti tecnici Una delle maggiori difficoltà delle triathlete è legata agli aspetti tecnici nella conduzione della bicicletta fin dalla fase di transizione (salita in bicicletta), per proseguire lungo le fasi di gara della seconda frazione del triathlon. Questo aspetto, oltre a incidere sulla velocità di base (capacità di affrontare ad alta velocità le curve, difficoltà nell’affrontare le discese ecc.) incide sulla tattica (non saper reagire agli scatti, non essere in grado di diversificare l’andatura di gruppo passando dalla fila semplice alla fila doppia ecc.) e soprattutto sul dispendio energetico (errata posizione in gruppo, cadenza di pedalata inadeguata ecc.). Direttamente legato agli aspetti tecnici, è importante valutare anche la posizione in bici delle ragazze. Spesso le triathlete assumono sulla bicicletta posizioni errate (braccia rigide, mani raramente posizionate sulla curva manubrio, difficoltà nel distendersi sulla bici ecc.), che condizionano la guida del mezzo e la possibilità di mantenere la velocità nei tratti più tecnici. Gli esercizi consigliati sono: TRANSIZIONE: esercizi base di corsa con la bicicletta a mano – salita e discesa dalla bicicletta – capacità di calzare e togliere rapidamente le scarpe lasciandole sui pedali; BICICLETTA: allenamenti in gruppo mantenendo una corretta posizione all’interno del medesimo (distanza dalla ruota dell’atleta che precede, collocazione nel gruppo) – variazioni della cadenza di pedalata utilizzando il rapporto più appropriato – discese seguendo un atleta esperto che compie traiettorie corrette. Tutte queste esercitazioni devono essere svolte assumendo la corretta posizione in bicicletta. Sintetizzando quanto detto fino a ora, ecco un esempio di settimana tipo per un atleta donna dedita al triathlon olimpico (atleta livello medio): Per le ragazze che praticano gare lunghe le difficoltà sembrano essere minori. Le atlete mostrano capacità di endurance pari a quelle degli uomini, le variazioni di ritmo sono ininfluenti, i percorso in molti casi sono meno tecnici e tortuosi, la gara no draft evita il problema della guida in gruppo. Resta comunque basilare la cura degli aspetti di forza che però va curata nella forma della forza resistente e non in quella massima-esplosiva. In ottica femminile reputo inoltre molto importante un approccio al triathlon non come attività agonistica, ma come attività aerobica svolta in sinergia con le attività tipiche dei centri fitness. Il triathlon svolto all’interno di una palestra risulta essere in questi casi un’attività divertente, completa (interessa tutti i distretti muscolari) e facile da svolgere in compagnia. Ecco come mettersi alla prova: I consigli di una campionessa a tutte le donne Prima di essere un’atleta sono essenzialmente una donna e ora anche una mamma-atleta e quindi conosco bene quali sacrifici le ragazze devono affrontare nello svolgere sport sia a livello amatoriale sia a livello professionistico. Il primo consiglio che mi sento di dare d una ragazza è quello di non affrontare questo sport da sola ma in gruppo e possibilmente facendosi seguire da un coach. A ogni livello l’allenatore, specie per noi ragazze, è fondamentale perché rappresenta una vera e propria guida, a patto che sappia gestire le nostre insicurezze. A mio avviso infatti il ruolo dell’allenatore deve avere un duplice valore: essere convincente e trasmetterci fiducia in allenamento ed essere un buono psicologo per farci superare le difficoltà gestendo al meglio la tensione, specie nei momenti delicati degli allenamenti più duri e ancor più prima e durante le gare. Sul piano prettamente tecnico, alle atlete di alto livello mi sento in dovere di consigliare allenamenti legati allo sviluppo delle capacità organiche, che richiedono allo stesso tempo buone doti di forza. L’allenamento base per me è quindi rappresentato dalle ripetute in salita su varie distanze, sia in bici sia di corsa, perché sintetizzano quanto appena detto. Nel nuoto questo tipo di allenamento viene invece svolto facendo serie ad alta intensità con le palette. Alle donne che invece si avvicinano al triathlon per divertimento mi preme ricordare che, sebbene noi ragazze ci sentiamo spesso indistruttibili e piene di energia, non va mai dimenticato che il riposo è parte integrante dell’allenamento e che quindi a volte i più grandi miglioramenti si hanno quando si ha il coraggio di sostituire l’allenamento con una giornata di relax. Passando infine a consigli legati ancor più alla nostra femminilità, è fondamentale per le ragazze scegliere con cura il materiale tecnico. Tra tutte le proposte del mercato (scarpe running per donne, biciclette dai colori accattivanti, costumi da gara con taglio attraente ecc.), ritengo che l’oggetto che richiede una scelta accurata è la sella della bicicletta. Trovare la sella anatomica conforme alle nostre caratteristiche ci permette di assumere una posizione più performante, ma soprattutto di svolgere allenamenti e gare senza inutili sofferenze. L’ALLENAMENTO NEL TRIATHLON GIOVANILE Nel corso degli anni, fin dagli albori della mia carriera da coach, il rapporto con il triathlon giovanile è sempre stato molto importante; basti pensare che, a partire da Nadia, per proseguire con tutti gli altri atleti che sotto la mia guida hanno ottenuto risultati importanti, il percorso di collaborazione è nato quando questi erano giovani atleti (15-16 anni). Solamente una equilibrata gestione del potenziale talento giovanile può portare a grandi risultati futuri. Innanzitutto, il concetto base dell’attività nell’età dello sviluppo è che la preparazione di un giovane atleta non è certamente basata sui principi dell’allenamento visto fino a ora, somministrando in scala ridotta o a piccole dosi il carico proposto a un atleta adulto. L’allenamento dei giovani ha peculiarità proprie e deve seguire un processo metologico-evolutivo ben preciso, come mostrato in figura: Questo schema, valido per ogni attività sportiva, può essere adattato come nel nostro caso allo sviluppo del giovane triathleta, che per un corretto avvicinamento alla multidisciplina deve essere inserito all’interno di una società di triathlon e seguito da allenatori capaci di strutturare l’allenamento per fasce di età. Fundamental – Categorie: cuccioli-esordienti (8-11 anni) Questa è la fase di start up per le nostre squadre di triathlon. Il primo approccio per molti giovani atleti avviene durante gli anni delle scuole elementari. In questo momento è fondamentale che gli allenatori basino il loro allenamento sulla multilateralità e sul divertimento (fun). Il team, più che essere una scuola di triathlon, deve svilupparsi come una scuola sportiva multidisciplinare, oppure come scuola di nuoto multidisciplinare, visto che già a questa età il nuoto rappresenta la prima disciplina del triathlon da curare in modo più specifico. L’obiettivo principale deve quindi essere lo sviluppo generale di tutte le capacità di movimento (capacità coordinative) associate al gioco. I punti chiave di questa fase sono: – proporre più attività sportive diverse non solamente legate alle tre discipline del triathlon. Anche sport di squadra stimolano la crescita dei ragazzi; – allenare la rapidità e la destrezza attraverso giochi e staffette. Le transizioni sono un ottimo strumento per implementare queste capacità; – insegnare la tecnica del nuoto e delle transizioni più alcuni esercizi base di corsa e ciclismo; – insegnare le regole del triathlon; – proporre semplici esercizi di forza sotto forma di gioco utilizzano il peso del corpo del ragazzo come carico. In questa fase dell’allenamento, ma anche in quella successiva, è importante partecipare a gare di diverse discipline sportive oltre che a gare di triathlon-duathlon-aquathlon. È importante scegliere le gare con un certo criterio, limitandosi a partecipare a quelle competizioni che hanno una funzione tecnico-educativa. Molto spesso si gareggia guardando il calendario gare (che normalmente è troppo denso di appuntamenti per i giovani atleti), senza pensare a quale sia l’obiettivo finale del nostro processo di allenamento. Un’idea di massima di come far vivere il triathlon a un bambino delle scuole elementari: Learning to train – Categoria: ragazzi youth A (12-15 anni) Questa fase è appropriata per i ragazzi delle categorie ragazzi e youth A, ossia quei giovani che frequentano le scuole medie e il primo anno delle scuole superiori. L’obiettivo principale deve essere quello di imparare tutte le abilità sportive fondamentali. I punti chiave di questa fase sono: – ulteriore sviluppo di fondamentali capacità di movimento raggiungendo un adeguato bagaglio tecnico nel nuoto, nella corsa e nel ciclismo, attraverso utilizzo della bici da strada e della mountain bike o della bicicletta da ciclocross… anche questa è multilateralità. Non è un caso che gli ultimi vincitori del Tour de France provenissero o dalla mountain bike o dalla pista; – introduzione graduale del lavoro condizionale, dando molta importanza all’endurance e proponendo questa attività anche sotto forma di allenamento combinato in stile enduro; – mantenimento e sviluppo della velocità, della rapidità dell’agilità specie nell’esecuzione di gesti tecnici complessi come le transizioni; – continuare a sviluppare la forza utilizzando semplici ausili come la palla medica, la palla svizzera e naturalmente il proprio corpo; – sviluppare la conoscenza pratica e teorica di attività come il riscaldamento, il defaticamento, lo stretching, l’idratazione, la nutrizione, il recupero. I programmi di formazione sono strutturati e basati su una sola periodizzazione. Training to train – Categoria: youth B (16-17 anni) Questa fase è appropriata per i ragazzi di circa 16-17 anni, ossia appartenenti alla categoria youth B. L’obiettivo principale è lo sviluppo generale delle capacità fisiche dell’atleta (concentrarsi sul condizionamento aerobico). I punti chiave di questa fase sono: – sviluppare ulteriormente le specificità del triathlon partendo dalla costruzione di una solida base aerobica; – sviluppare il lavoro di forza sia specifico sia generale, introducendo leggeri sovraccarichi. Imparare l’esatta esecuzione degli esercizi di forza con i cosiddetti “pesi”; – sviluppare la conoscenza della gestione del proprio corpo sapendo dialogare con l’allenatore e fornendo al medesimo feedback adeguato; – intervenire direttamente sul proprio fisico nelle fasi di recupero gestendo in modo basilare riposo, stretching, alimentazione; – conoscere alcune tecniche mentali utili per raggiungere il massimo rendimento prestativo e il miglior recupero; – stabilire una routine pre/post gara (sveglia – attivazione – alimentazione – riscaldamento – gestione fasi pre-gara – defaticamento – recupero). Esempio di allenamento per un ragazzo della categoria youth: Training to compete – Categoria: junior (18-19 anni) Questa fase è importante per i ragazzi della categoria junior, anche se potrebbe essere estesa ai primi anni della categoria under 23 per quegli atleti poco evoluti ma dalle grandi prospettive future. L’obiettivo principale è quello di ottimizzare la preparazione per partecipare ad eventi agonistici importanti. I punti chiave di questa fase sono: – sviluppo delle capacità condizionali specifiche di gara utilizzando i diversi sistemi energetici che la competizione richiede (partenza nel nuoto, sviluppo della frazione di nuoto, transizioni, variazioni di ritmo nel ciclismo ecc.); – incremento delle capacità tecnico-tattiche specifiche della gara, imparando a gestire tali situazioni sia in gara sia e soprattutto in allenamento, simulando quanto avviene nella competizione; – programmare l’allenamento seguendo un ciclo di lavoro tale da permettere di raggiungere un buon livello prestativo in occasione delle competizioni; – individualizzare i programmi di allenamento, recupero, preparazione psicologica; – l’allenamento diventa sempre più specifico aumentando gradualmente sia l’intensità sia il volume; – la forza viene allenata in modo specifico e generale attraverso sovraccarichi (pesi). Training to win – Categoria: under 23 (20-23 anni e oltre) Questo è il punto di arrivo del nostro lavoro, iniziato circa dieci anni prima, quando il nostro atleta si allenava per divertirsi (fundamental). A quest’ultimo step giungono gli atleti che hanno seguito l’iter metodologico proposto e hanno un’età compresa tra i 20 e i 25 anni (under 23 – élite). L’obiettivo principale è quello di ottimizzare la preparazione fisica per vincere le gare più importanti della stagione. I punti chiave di questa fase sono: – tutti gli allenamenti, la gestione delle componenti tecnico-tattiche, le capacità mentali, lo stile di vita degli atleti hanno raggiunto il livello di massimo rendimento. Tutte queste componenti insieme concorrono a rendere ottimale la prestazione in gara; – gli atleti si allenano ottimizzando la preparazione per avere il massimo picco di forma in occasione delle gare più importanti della stagione; – l’allenamento è caratterizzato da un elevato mix di intensità e volume (il massimo raggiungibile dall’atleta) alternato a pause adeguate per prevenire il sovrallenamento. Il consiglio di una campionessa a tutti i giovani Nella mia lunga esperienza sportiva sono convinta di aver ottenuto i migliori risultati proprio perché inconsciamente, in età giovanile, ho seguito un lineare sviluppo di crescita. Durante la mia carriera nel pentathlon moderno ho sempre anteposto al risultato lo spirito di gruppo e il divertimento. Le gare erano per me un momento sì di tensione, ma anche di gioia, perché il viaggio per raggiungere la sede delle gare rappresentava un momento di divertimento e goliardia. I raduni collegiali allo stesso tempo erano un momento di ritrovo con le amiche della Nazionale. Durante l’allenamento, anno dopo anno aumentava il grado di attenzione e di impegno, ma nel tempo libero lo svago ha sempre rappresentato la molla per stare lontano da casa anche qualche settimana. Nel passaggio al triathlon ho avuto la fortuna di fare tutto per gradi, anche in questo caso affrontando passo passo gare e allenamenti adatti alle mie capacità; non a caso ho raggiunto i migliori risultati della mia carriera tra i 25 e i 30 anni, ossia quando fisiologicamente un atleta di endurance può esprimersi al meglio. Sono certa che se non avessi sentito un forte desiderio di maternità avrei potuto ottenere ancora grandi risultati anche in età avanzata, proprio perché in età giovanile sono stata seguita da tecnici competenti che non hanno voluto ottenere risultati immediati sfruttando il mio talento di base. La fortuna di un giovane atleta sta proprio in questo, ossia avere la possibilità di crescere con calma accompagnato da tecnici che hanno la lungimiranza di gestire i carichi di allenamento e la partecipazione alle gare tenendo conto che i titoli giovanili sono effimeri e che il passaggio alla categoria assoluta rappresenta il vero punto di partenza e non di arrivo di un atleta. A tutti i giovani triathleti, oltre a consigliare appunto di far prevalere la componente ludica a quella agonistica, ricordo che gli anni delle scuole, nello sport come nella vita, sono un fondamentale momento formativo e quindi l’attenzione deve essere rivolta al miglioramento delle componenti tecniche, della coordinazione e della flessibilità. Tra le discipline specifiche devo dire che il nuoto risulta quella più importante, tanto che l’allenarsi con un team di nuoto o con un team di triathlon organizzato come una squadra di nuoto (almeno quattro allenamenti settimanali a partire da 15 anni, tecnici Fin ecc.) è a mio avviso fondamentale per costruire le basi dei successi futuri. IL TRIATHLON TRA EUROPA E ASIA ATTRAVERSANDO IL BOSFORO: L’ESPERIENZA IN TURCHIA “Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta. E questo ha fatto tutta la differenza.” Fin dai tempi del liceo, la frase di Robert Frost mi ha ispirato. A inizio 2013, trovandomi davanti a un bivio tra una scelta più comoda e una più impervia, ho optato, naturalmente, per… attraversare il Bosforo e tracciare una nuova strada, cercando di dare una dimensione internazionale al triathlon turco, che da anni vedeva la sua attività limitata alle competizioni nazionali. Trovarsi in pochi giorni catapultati da una realtà superorganizzata e un po’ viziata come quella italiana a una snella ma caotica, come un bazar di Istanbul, non è stato facile, ma con tanta esperienza ed entusiasmo mi sono lanciato in questa impresa. Sono convinto che la presenza di Nadia al mio fianco sia stata ancora una volta determinante non solo per aver approvato e supportato la mia scelta, ma anche perché la sua esperienza è per me di grande aiuto. I suoi consigli sono stati fondamentali. Nadia spesso riesce a farmi vedere le cose dal punto di vista dell’atleta di alto livello e quindi mi apre orizzonti che da solo stento a vedere. Una persona come lei è fondamentale nello staff di una squadra nazionale e io ho la fortuna di approfittare della sua esperienza senza attribuirle alcun ruolo! Fin dai primi giorni in Turchia mi sono imposto di fare tesoro di tutto quello che mi sarebbe accaduto e che avrei comunque trasmesso quanto appreso a tutti gli atleti che alleno. Il primo problema da affrontare è stato quello di comprendere quale fosse il vero valore degli atleti della Nazionale turca. Senza svolgere immediatamente un test in laboratorio o una prova cronometrata, perché ritenute troppo invasive e difficili da organizzare in una nuova realtà, ho deciso di proporre sessioni di allenamento svolte negli anni dai miei atleti élite, in modo da confrontare le prestazioni. Questi allenamenti agli occhi dei ragazzi sono sembrati semplici momenti di routine nella preparazione generale, ma a me sono serviti molto per valutare il punto di partenza del mio lavoro. Riproponendo inoltre questo tipo di allenamento nel corso della stagione ho avuto modo di verificare il progresso del lavoro impostato con i tecnici locali. Gli allenamenti che ho proposto sono stati: NUOTO: allenamento 1 5x300 – allenamento 2 15x100 CORSA: allenamento 1 4x2000 – allenamento 2 8x400 Ecco un semplice confronto tra un atleta italiano della Nazionale under 23 da me allenato (2009) e un atleta under 23 della nazionale della Turchia testato ad Alanya nel giugno 2013 e a Istanbul nell’agosto 2013. Vasca 50m 5x300m recupero fisso 30" tra le serie: Questo tipo di training-verifica lo consiglio quindi a tutti gli atleti di ogni livello (élite – age group) che si allenano senza la presenza costante del tecnico. Come potete facilmente vedere si possono creare confronti sia con altri atleti ma soprattutto con se stessi. Dopo aver analizzato il valore degli atleti, gli step successivi hanno previsto: – analisi del metodo di allenamento e delle competenze tecniche degli allenatori; – valutazione delle prestazioni degli atleti nelle gare nazionali (misurazioni dei percorsi, analisi dei ritmi nella corsa in termini assoluti e di decadimento della prestazione) e internazionali; – controllo del materiale tecnico; – colloqui individuali con gli atleti per misurarne le motivazioni; – momenti formativi in aula per apprendere i rudimenti della lingua inglese basandosi sui format dei briefing pre-gara; – valutazione delle competenze tattiche degli atleti; – analisi dei momenti di raduno (alimentazione, riposo, puntualità, rispetto delle regole ecc.). Al termine di questo lavoro è iniziato per me uno dei momenti più importanti dell’anno, ossia la formazione degli allenatori attraverso seminari svolti nelle città dove esistono squadre giovanili di livello. Nel corso degli incontri con i tecnici sono stati messi in evidenza i limiti degli atleti turchi: – numero limitato di atleti presenti alle gare nazionali, meno di 50 atleti di età compresa tra i 14 e i 19 anni; – numero esiguo (inferiore a 20) di atleti in grado di correre 5km in meno di 20' dopo la frazione di ciclismo (in Italia, in occasione dei campionati nazionali di triathlon sprint 2012, 245 atleti uomini hanno corso in meno di 20'); – numero esiguo di atleti in grado di nuotare con tempi adeguati a gare internazionali; – allenamento inadeguato se si confrontano i volumi settimanali con atleti di pari età delle maggiori nazioni mondiali; – livello delle gare nazionali troppo distante dalle competizioni internazionali; – partecipazione troppo limitata alle gare internazionali, quindi impossibilità di accrescere l’esperienza sul campo; – scelta delle poche gare internazionali a cui partecipare errata causa livello troppo alto delle medesime; – alimentazione del tutto scorretta; – componenti tattiche da approfondire causa scarsa conoscenza base delle tre discipline del triathlon; – poca o nulla attenzione ai particolari (riposo, cura dei materiali, adeguato approccio alla gara ecc.). Contemporaneamente sono emersi i seguenti punti di forza: – buona propensione all’apprendimento; – rispetto dei ruoli; – gli atleti che più si avvicinano a performance di livello internazionale sono i più giovani; – capacità coordinative elevate (la quasi totalità dei ragazzi tra i 3 e i 5 anni ha partecipato a corsi di ginnastica artistica); – entusiasmo. Per ogni aspetto negativo si è trovata una soluzione, mentre si è fatto leva sui punti di forza per ottenere i risultati richiesti in breve tempo. Fin dalla fine della primavera è iniziato quindi il duplice lavoro di sviluppo del triathlon, che da un lato è stato orientato verso la ricerca di nuovi talenti e dall’altro verso la valorizzazione dei medesimi attraverso il miglioramento dell’allenamento e della qualità delle competizioni. Questo primo piccolo passo ha iniziato a dare i propri frutti già dalla fine dell’estate 2013, in quanto per la prima volta un’atleta junior si è aggiudicata la medaglia d’argento in una prova di coppa Europa giovanile e tre ragazzi hanno partecipato ai mondiali juniores di Londra. Nel corso dell’inverno 2014 si sono inoltre gettate le basi per un’ulteriore step di crescita in quanto, sui modelli francese e australiano, le convocazioni per le competizioni internazionali 2014 avverranno attraverso una giornata di test dove gli atleti dovranno superare tempi limite prestabiliti nelle prove di nuoto (800m) e corsa (5km). Dopo un anno di lavoro posso affermare che l’obiettivo olimpico al momento sembra ancora lontano, ma giorno dopo giorno il triathlon sta acquisendo sempre più popolarità e sono certo che prima o poi qualche risultato importante arriverà. Personalmente mi sono calato in questa nuova realtà promettendomi di diventare l’allenatore di tutti i triathleti turchi, giovani, élite e amatori. Sono convinto che solo con molta umiltà da parte mia si possano raggiungere grandi traguardi. A cavallo tra l’Europa e l’Asia l’entusiasmo per questo sport non manca: un’e-mail a un élite, una pacca sulle spalle a un age group, cinque minuti passati in zona cambio con un appassionato rappresentano piccoli gesti ma al contempo sono il modo migliore per far sì che io possa essere l’ambasciatore dello sviluppo del triathlon turco. La preparazione ai Campionati Europei 2013 Nel corso del mio primo anno alla guida della Nazionale turca abbiamo affrontato la difficile situazione di dover preparare in pochi giorni (non è stato concesso più tempo) i Campionati Europei che si sono svolti in casa, ad Alanya, nel mese di giugno. Nella tabella seguente (così come presentata alla Federazione turca) si possono vedere la preparazione svolta dai cinque settori della nazionale (élite donne – élite uomini – junior donne – junior uomini – paratriathlon) nel corso del raduno collegiale che si è svolto ad Alanya nei giorni che hanno preceduto la competizione. Nell’analisi di questo programma va tenuto conto che il livello base di allenamento degli atleti turchi è decisamente basso rispetto al livello di atleti di altre nazioni e di conseguenza il volume di lavoro svolto al raduno è volutamente ridotto. L’ALIMENTAZIONE La dieta influisce sulle prestazioni sportive e gli alimenti scelti definiranno quanto bene un atleta si allena e con quanta soddisfazione compete. L’atleta deve essere consapevole dei suoi obiettivi nutrizionali e di come la sua strategia alimentare sia uno strumento per conseguire risultati evidenti in allenamento prima e in competizione poi. In generale, che il quantitativo, la composizione e la cronologia dell’assunzione degli alimenti possano influire sulla performance sportiva si è sempre saputo. Lo sportivo da sempre almeno ne ha avuto percezione: alla fine dell’Ottocento si pensava che le proteine fossero la più importante fonte di energia durante l’esercizio fisico e il consumo di carne di manzo da parte degli atleti prima di una competizione importante, o l’utilizzo di ali di pollo nel ciclismo, prevalsero fino agli anni Settanta [Jeukendrup e Jentjens, 2000]. Nel tempo, gli atleti si sono sottoposti a diete marcatamente ipercaloriche, iperproteiche, iperglucidiche, iperlipidiche nel tentativo di tradurre l’iper anche nella performance. Negli anni Sessanta Bergström [Bergström et al., 1967] sottopose un gruppo di atleti a diete sperimentali a elevato contenuto lipidico e proteico, con un apporto in carboidrati inferiore al 5%, poi a una dieta con la percentuale raccomandata di lipidi, proteine e carboidrati, quindi a una dieta con una percentuale di carboidrati pari all’82%. Eseguì quindi un’agobiopsia del muscolo quadricipite femorale e quantificò i grammi di glicogeno trovati in funzione delle diverse diete somministrate, evidenziando come la dieta a base di carboidrati permettesse di stoccare un quantitativo di glicogeno superiore a quanto fosse possibile con le altre diete. Per poi verificare se all’aumentato quantitativo di glicogeno corrispondesse anche una maggior capacità di compiere un esercizio massimale, dopo ogni tipologia di dieta i soggetti eseguirono al cicloergometro un carico di lavoro corrispondente al 75 % del loro consumo massimo di O2, fino a completo esaurimento. Il tempo medio di lavoro risultò di 59' dopo la dieta lipidica e proteica, di 126' dopo la dieta bilanciata e di 189' dopo la dieta iperglucidica. Risultò quindi evidente che il contenuto di glicogeno muscolare fosse un fattore determinante per la capacità di compiere esercizio massimale a lungo termine e di come fosse significativo il ruolo dei carboidrati nella sua formazione e stoccaggio: una dieta a basso contenuto di carboidrati compromette rapidamente le riserve energetiche necessarie per un allenamento regolare intenso, inducendo uno stato di deplezione di glicogeno, con esiti controproducenti per la prestazione. In generale, quindi, se l’esercizio aerobico si svolge in condizioni di bassa disponibilità di carboidrati i livelli di glucosio ematico diminuiscono progressivamente, portando l’organismo a utilizzare le proteine della massa muscolare, che essendo meno efficienti ai fini energetici portano dopo due ore di lavoro a una riduzione media della capacità di esercizio di circa il 50% di quella iniziale. Glicogeno muscolare e glucosio ematico quindi si configurano quali substrati fondamentali per la contrazione muscolare [Romijn et al., 1993] e conseguentemente prerequisiti per prestazioni ottimali. Il fabbisogno di carboidrati nell’atleta di endurance si stima oggi variabile dai 6 ai 12g/kg di peso corporeo in funzione dell’intensità degli allenamenti [Eberle, 2008; Burke et al., 2001]. In generale, si può impostare il periodo fondamentale, tipico dei mesi invernali, caratterizzati da allenamenti di fondo lento/medio, con un carico di 6 g/kg/giorno e quello agonistico, fondo veloce, intorno ai 10 g/kg/giorno. Tra la teoria e la pratica… esistono di fatto differenze importanti: una revisione di studi sull’endurance condotti tra il 1989 e il 2003 ha evidenziato come i triathleti presentino nel complesso un bilancio energetico negativo, con calorie introdotte in quantitativo inferiore alle consumate, con un apporto di carboidrati inferiore e di proteine e lipidi superiore rispetto all’ottimale [Nogueria e Da Costa, 2004]. Durante un Ironman, in un atleta di sesso maschile, è stata stimata una spesa energetica di circa 10.000kcal, a fronte di un introito di circa 4000kcal, con un deficit energetico di 6000 kcal, coperto dalla degradazione delle scorte energetiche personali. Allo scarso introito energetico contribuiscono la fatica residua dopo intense sessioni di allenamento, il ridotto appetito, la pianificazione inadatta e la mancanza di accesso ad alimenti adeguati [Nogueria e Da Costa, 2004]. In particolare, da segnalare che mentre gli atleti di sesso maschile assumono più facilmente il quantitativo di carboidrati raccomandato, le atlete tendono a rimanere al di sotto dei valori raccomandati, per una cronica o periodica restrizione calorica, con lo scopo di raggiungere o mantenere bassi livelli di grasso corporeo [Burke et al., 2001]. Le differenze di genere si manifestano anche nella formazione di glicogeno a livello muscolare: mentre per gli atleti maschi è dimostrato un incremento nello stoccaggio del glicogeno muscolare in seguito all’incremento della quota di carboidrati dal 58 al 74% dell’apporto calorico totale, nelle atlete tale incremento si verifica solo con carichi di carboidrati decisamente superiori, pari a 8.010.0g di carboidrati/kg/giorno, arrivando a diete da 2800kcal [Tarnopolsky, 1995]. Per un’atleta femmina (60kg) che consuma giornalmente 2000kcal, un apporto simile equivale a un incremento di apporto calorico del 40%, poco praticabile nella quotidianità, ma che può diventare accettabile se limitato ai quattro giorni prima di gare/allenamenti importanti [Tarnopolsky et al., 2001]. Anche il cervello vuole la sua parte… Recentemente sono stati dimostrati adattamenti all’allenamento non solo muscolari, ma anche cerebrali. Se è risaputo infatti che l’esercizio strenuo stimola una perdita del glicogeno muscolare e poi un suo successivo reintegro a livelli superiori rispetto al basale, è stato osservato un comportamento simile a livello della corteccia cerebrale e dell’ippocampo, coinvolti nel controllo motorio e nelle funzioni cognitive. Questo suggerisce che, al pari del muscolo scheletrico, anche il cervello si adatta metabolicamente, probabilmente per far fronte all’aumentata richiesta energetica a seguito dell’esercizio [Matsui et al., 2012]. Passando dagli zuccheri al tessuto adiposo, il grasso rappresenta un substrato energicamente utile negli sport di endurance [Helge et al., 2003; Reynolds et al., 1999], con un utilizzo più importante nelle donne che negli uomini [Boschmann et al., 2002]. Diversi studi ne hanno evidenziato l’importanza sull’esito finale di gare quali marcia e corsa in prove di endurance estrema. La possibilità di stimolare un maggior utilizzo di acidi grassi implica quindi nell’economia generale della competizione un risparmio di glicogeno nei muscoli attivi, prezioso nelle fasi conclusive della gara. In un esercizio condotto al 25% della capacità aerobica l’energia necessaria proviene quasi totalmente dalla combustione dei grassi conservati negli adipociti, rilasciati dai trigliceridi e trasportati ai muscoli e ai trigliceridi presenti nel muscolo attivo. In un esercizio moderato, invece, i grassi e i carboidrati forniscono energia in eguale misura. Senza integrazione di zuccheri, i grassi vengono ossidati man mano che l’esercizio supera l’ora di durata, mentre i carboidrati vanno a esaurirsi. Verso la fine dell’esercizio prolungato, gli acidi grassi liberi costituiscono quasi l’80% dell’energia totale richiesta. Importante, quindi, per un atleta stimolare tramite esercizi di tipo aerobico la capacità di ossidazione degli acidi grassi a catena lunga, soprattutto dei trigliceridi conservati nel muscolo attivo, così da migliorare il loro utilizzo a scopo energetico durante l’esercizio di intensità moderata. Gli adattamenti fisiologici che derivano da questo tipo di allenamento permettono all’atleta di endurance di lavorare a valori più elevati di esercizio sub-massimale prima di risentire degli effetti della fatica rispetto a un soggetto non allenato. Complessivamente, l’apporto lipidico oggi raccomandato in endurance si attesta intorno al grammo di lipidi per kg di peso corporeo, con particolare attenzione agli omega 3 (EPA e DHA), acidi grassi con riconosciute proprietà benefiche per la salute umana, con ruolo nella prevenzione del rischio cardiovascolare e del diabete (modificano la sensibilità all’insulina delle membrane cellulari), nello sviluppo del sistema nervoso centrale e retinico. Recentemente sono stati loro attribuiti anche ruoli specifici nella performance atletica: aumento della circolazione ematica nei muscoli con apporto facilitato, quindi, di ossigeno e sostanze nutritive; stimolazione indiretta alla produzione dell’ormone della crescita (GH) per incremento della prostaglandina E1; miglioramento delle capacità di concentrazione mentale e della resistenza psicofisica. Di seguito si riportano gli alimenti maggiormente ricchi di omega 3: Altro substrato energetico a disposizione degli atleti è rappresentato dalle proteine, costituite dalla combinazione di venti diversi aminoacidi, con differenti ruoli strutturali e metabolici. Di questi venti, nove sono essenziali, che significa che devono necessariamente essere assunti con l’alimentazione, in quanto il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli. Tra questi, i tre che maggiormente giocano un ruolo come substrato energetico sono gli aminoacidi ramificati: leucina, isoleucina, valina. Una volta assunti, sono convogliati al fegato, dove non subiscono trasformazioni metaboliche, dato che gli epatociti sono privi degli enzimi necessari ad avviare la loro metabolizzazione. In caso di esercizio muscolare, vengono rilasciati dal fegato e trasportati tramite il sangue al muscolo scheletrico per essere impiegati nella sintesi delle proteine o per la degradazione come fonte di energia. L’assenza quindi di un metabolismo epatico li rende biodisponibili a livello muscolare. Rivestono inoltre un ruolo importante nell’endurance per la capacità gluconeogenica e ossidativa, per l’azione antiproteolitica e mioprotettiva. Da segnalare anche l’azione competitiva nei confronti del triptofano, precursore della serotonina, neurotrasmettitore che aumenta il grado di affaticamento e appannamento a livello centrale. Tanto più diminuisce la concentrazione di BCAA (aminoacidi ramificati), tanto più triptofano riesce a raggiungere il cervello, tanta più serotonina viene prodotta, tanto più aumenta la sensazione di fatica. Da cui il ruolo dei BCAA nella riduzione della sensazione di affaticamento. Il loro fabbisogno ammonta a circa 83mg/kg/die, distribuito in rapporto 2:1:1 tra leucina, isoleucina e valina, che sale fino a raddoppiare per gli atleti di endurance. Complessivamente, le indicazioni dell’American College of Sports Medicine, American Dietetic Association e Dietitians of Canada suggeriscono per gli atleti di resistenza un apporto di 1.6–1.7g proteine/kg di peso corporeo [Williams, 2005]. Confermate e incrementate le indicazioni più recenti, che indicano un apporto pari 1.5-2.0g/kg/giorno per il mantenimento di un corretto bilancio proteico [Kreider et al., 2010]. Prima dell’allenamento/competizione Assodata l’importanza dei carboidrati quale substrato energetico, studi successivi ne testarono l’assunzione con quantitativi particolarmente abbondanti prima di attività aerobiche intense. Si diffonde la pratica del carico di carboidrati o supercompensazione del glicogeno che, abbinata a un particolare programma di attività fisica, sembra in grado di incrementare i livelli di glicogeno muscolare e conseguentemente la performance (tempo impiegato per coprire una predefinita distanza) del 2-3% rispetto a una dieta normoglucidica (non supercompensata) in eventi di durata superiore ai 90' [Hawley et al., 1997]. La supercompensazione del glicogeno consiste in due fasi. Nella prima si riduce il glicogeno muscolare attraverso l’esecuzione di un lavoro di resistenza a intensità submassimale, da iniziare sei giorni prima della competizione. Dal secondo al quarto giorno gli atleti mantengono una dieta povera di carboidrati (circa 60-100g al giorno), a elevato contenuto lipidico e protidico, abbinata a allenamento moderato. Nella seconda fase, dal quinto al settimo giorno, l’atleta modifica l’assunzione glicidica giornaliera (400-700g/die), con normale apporto protidico e lipidico, da mantenere fino al pasto pre-gara [Goforth et al., 1997]. Gli atleti che competono in eventi di circa due ore, come i maratoneti e i triathleti di distanza olimpica, raramente si sottopongono a un formale carico glucidico prima di una competizione. Con una riduzione progressiva del carico di allenamento in vista della gara, il mantenimento di un regolare apporto nutritivo sembra sufficiente a incrementare lo stoccaggio del glicogeno a livello muscolare [Bentley et al., 2008]. Da notare, inoltre, che per alcuni atleti lo stoccaggio del glicogeno si associa a un incremento ponderale non auspicabile, come risultato della ritenzione di liquidi (pari a circa a 3g per g di glicogeno) [Jeukendrup, 2011]. I tempi di assunzione ottimali prevedono l’ingestione di carboidrati secondo il seguente schema: Nel caso di una gara su distanza Ironman, le partenze avvengono generalmente al mattino presto, vista la lunghezza della competizione. Pertanto il pasto pre-gara spesso potrà anticipare la competizione al massimo di due ore, orario che dovrà contenere comunque 1-2g/kg di carboidrati. In merito alla tipologia di carboidrati da utilizzare, discordanti sono gli esiti sull’assunzione di glucidi ad alto indice glicemico prima della competizione. Alcuni studi hanno dimostrato che i carboidrati ad alto indice glicemico provocano un rapido innalzamento glicemico nei 5-10 minuti successivi all’ingestione, con relativa scarica insulinemica, e conseguente ipoglicemia secondaria. Scarica insulinemica che inibirebbe la lipolisi, con riduzione della mobilizzazione degli acidi grassi liberi dal tessuto adiposo, contribuendo a una più rapida deplezione del glicogeno e all’insorgenza precoce della fatica. Altri studi non hanno confermato queste conclusioni. Punto di incontro delle diverse evidenze sembra quello di assumere i carboidrati almeno un’ora prima dell’esercizio, in modo da fornire il tempo sufficiente al ristabilimento del bilancio ormonale. Diverse le indicazioni se l’assunzione riguarda zuccheri a lento assorbimento quali l’isomaltulosio che, a differenza del saccarosio, presenta un legame tra molecole di glucosio e fruttosio più forte, quindi necessita di un tempo maggiore per la sua scissione, permettendo un rilascio graduale delle energie durante l’impegno fisico. In tal caso l’assunzione è prevista 15-30 minuti prima dell’attività. In merito all’apporto proteico nel pre-gara, sebbene le proteine non costituiscano una fonte energetica primaria negli atleti, è stato evidenziato il loro ruolo in eventi di lunga durata. Un rapporto carboidrati/proteine pari a 4:1 può ridurre il bilancio proteico negativo e incrementare la performance aerobica di endurance [Bescós, 2012]. Complessivamente l’assunzione consigliata è di 0,15-0,25g di proteine per kg di peso corporeo 4 ore e poi 2 ore prima della competizione. In aggiunta alla deplezione del glicogeno, anche la non corretta idratazione può alterare le prestazioni di resistenza, configurandosi come un fattore chiave negli eventi di endurance. Una perdita di liquidi corporei dovuta a inadeguata idratazione aumenta la concentrazione di particelle disciolte dei liquidi corporei (osmolarità), inclusa la concentrazione di sodio nel siero ematico. Questi incrementi rallentano le perdite di calore, riducono il flusso del sangue alla pelle e diminuiscono la traspirazione, portando a una condizione di ipertermia che aggiunge ulteriore stress al sistema cardiovascolare. La conseguenza peggiore è una riduzione del 25-30% della gittata sistolica, con un declino della gittata cardiaca e della pressione del sangue arterioso [González- Alonso et al., 1994; Montain e Coyle, 1992a]. A ogni litro di liquidi perso corrispondono un aumento di 8 battiti al minuto e il rialzo della temperatura interna di 0,3° C [Ibidem]. Risultato per l’atleta: esaltazione della sensazione di fatica percepita e calo della performance. Obiettivo di una corretta idratazione è iniziare l’attività con adeguati livelli plasmatici di acqua e elettroliti. Il che significa permettere alle urine di tornare a livelli normali prima della competizione [Sawka, 2007]: 4 ore prima dell’attività è consigliato consumare 5-7ml di acqua per ogni kg di peso corporeo. Se l’atleta non urina o le urine sono scure e quindi concentrate, è necessario bere altri 35ml/kg circa 2 ore prima della competizione [ibidem]. In sintesi: Nel caso in cui il pasto delle 3-4h precedenti l’allenamento/la competizione non venga effettuato e si consumi unicamente quello delle h prima, sostituirlo con LINFA DI BETULLA: impiegata per le proprietà detossificanti e per l’azione antidolorifica grazie alla presenza di due eterosidi (betuloside e monotropitoside), che per idrolisi liberano salicilato di metile ad attività analgesica e antiinfiammatoria. Contiene inoltre numerosi oligoelementi ad azione antiossidante, aminoacidi, oltre che glucosio e fruttosio. Apporta inoltre acido malico, intermedio chiave nel ciclo di Krebs, il principale ciclo di produzione dell’energia cellulare all’interno dei mitocondri. SUCCO DI AGAVE : utilizzato per il basso indice glicemico, dovuto all’inulina, forma complessa del fruttosio. ACCIUGHE: impiegate per l’elevato apporto in sodio, così da stimolare il senso di sete e trattenere i liquidi assunti, e per il contenuto di creatina. 100g di acciughe contengono 6,5-10g di creatina, alimento con il maggior contenuto a parità di peso. La settimana precedente una competizione importante, si consiglia di consumare 500ml di succo di barbabietola tutte le mattine a digiuno. La supplementazione con succo di barbabietola ha dimostrato di ridurre infatti la pressione arteriosa a riposo, il costo di O2 in esercizi sub-massimali e di incrementare la tolleranza al ciclismo di alta intensità. In un esperimento controllato, a un gruppo di ciclisti è stato somministrato mezzo litro di succo di barbabietola nei sei giorni che precedevano una serie di test atletici. È risultato che la barbabietola ha consentito di terminare la prova con un tempo inferiore del 2% rispetto a chi non lo aveva consumato [Lansley, 2010]. In allenamento/gara In gara l’obiettivo è arrivare, arrivare migliorando il tempo della competizione precedente, arrivare pur con la sensazione che energie per tagliare il traguardo non ce ne siano più, arrivare con gli occhi socchiusi nell’ultimo tratto per non vedere quel traguardo che sembra spostarsi e allontanarsi, per tagliarlo infine e abbandonare il corpo e la mente alla esuberante fatica. Fondamentale quindi integrare i substrati energetici con alimenti e bevande per sostenere la fatica della competizione. Fondamentale non perdersi in crampi da calore e non essere vinti da un battito cardiaco sempre più veloce. Fondamentali il bilancio idrico (differenza tra l’assunzione di liquidi e la loro perdita), il bilancio elettrolitico e l’approvvigionamento di substrati energetici adeguati in qualità e quantità. In merito al bilancio idrico, il ricircolo normale in un adulto sedentario è di 1-3 litri al giorno [Sawka e Young, 2005]. In condizioni meteorologiche caratterizzate da temperature elevate, le perdite di sudore si attestano tra gli 1 e i 3,5 litri per ogni ora di intensa attività agonistica. Di conseguenza, durante una gara di endurance non è difficile perdere 10 litri e oltre di liquidi. Perdite di sudore che si verificano per la necessità di dissipare il calore generato durante l’esercizio: le contrazioni muscolari producono infatti calore metabolico che è trasferito dai muscoli attivi al circolo sanguigno, con aumento della temperatura corporea, quindi all’epidermide per essere dissipato nell’ambiente [Sawka et al., 2007]. Il grado di sudorazione dipende da fattori meteorologici, quali temperatura, umidità, radiazioni solari, dall’intensità dell’esercizio, dal livello di acclimatazione al caldo e dalla forma fisica cardiorespiratoria. Un incremento di ognuno di questi fattori favorisce una maggiore sudorazione. La peggiore conseguenza di un’insufficiente reintegrazione idrica è costituita dall’ipertermia, la cui sintomatologia può variare dall’affaticamento cardiovascolare con compromissione della performance, al colpo di calore e alla peggio risultare fatale, con compromissione dello stato di salute. Ogni atleta dovrebbe quindi formulare un prospetto individuale da seguire e testare durante gli allenamenti, così da essere consolidato in gara. Punto di partenza è la determinazione del proprio stato di idratazione, che a sua volta dipende dal tasso di sudore individuale. I sintomi clinici di una incipiente disidratazione, come capogiri, mal di testa, tachicardia sono troppo aspecifici per essere indicativi. Risulta quindi fondamentale selezionare un metodo specifico di valutazione dello stato di idratazione, operazione alquanto controversa e su cui non tutti gli studi concordano. In maniera empirica, semplice e sufficientemente utile, gli atleti possono monitorare giornalmente il proprio equilibrio idrico utilizzando i risultati congiunti di urine, peso corporeo e persistenza della sete [gssiweb.com]. L’urina è una soluzione di acqua e soluti la cui concentrazione aumenta quando si riduce il suo volume. La produzione media di urina è di circa 1-2 litri al giorno, ma può aumentare anche del 10% se si consumano grandi quantità di acqua [Sawka et al., 2005]. Il peso specifico delle prime urine del mattino con valori intorno a 1,020 e l’osmolalità intorno a 700mOsm sono indicativi di una buona idratazione. Indicazione meno precisa ma ugualmente utile è il suo colore, che vira verso lo scuro quando l’atleta è disidratato. Altro indicatore è rappresentato dal peso corporeo, che al mattino a digiuno in persone ben idratate è stabile con fluttuazioni inferiori all’1%, o al 2% se si tratta di atlete, per variazioni dovute alle fasi del ciclo ormonale. La media delle rilevazioni del peso per tre mattine successive – senza allenamenti – definisce il valore basale, che approssima la corretta idratazione. Dopo un esercizio, modificazioni di peso superiori a tali variazioni percentuali possono essere utilizzate per determinare variazioni nello stato di idratazione, assumendo che 1ml di sudore perso corrisponda a 1g di perdita in peso. Il peso basale prima dell’esercizio è confrontato con il peso dopo esercizio, possibilmente senza abiti, non tanto per il peso degli stessi, ma per il sudore eventualmente intrappolatovi. Quindi: sudore perso = peso (kg) basale pre-esercizio – peso (kg) post-esercizio. Per ottenere il tasso di sudorazione orario, dividere per il tempo dell’esercizio in minuti e moltiplicare per 60. Tale indicatore è considerato stabile per monitorare l’equilibrio di liquidi giornaliero su periodi fino a due settimane [Cheuvront et al., 2004; Leiper et al., 2001]. Su periodi più lunghi, intervengono cambiamenti a livello di massa magra e massa grassa che inficiano evidentemente la valutazione dell’idratazione. Obiettivo di un atleta durante l’attività sportiva è riuscire a mantenere un peso corporeo stabile nell’arco della giornata, supplendo alle perdite di sudore con l’impiego di idonei alimenti e bevande. La sete, per quanto subentri quando ormai il corpo è disidratato, rappresenta un altro utile campanello d’allarme che rivela la necessità di uno schema migliore di assunzione di liquidi. Nessuno di questi tre marcatori – urine, peso corporeo, sete –, presi singolarmente, può essere un indicatore attendibile dello stato di disidratazione, ma il loro utilizzo congiunto ne permette una buona approssimazione. Esempio di tabella da seguire per la valutazione dello stato di idratazione: Ogni giorno verificare la presenza di: 2 ◊: disidratazione probabile; 3 ◊: disidratazione quasi sicura; 1 ∆: attenzione! Aumentare di peso durante l’attività perché si è bevuto troppo, può essere pericoloso. In generale, si stima che l’apporto idrico corretto sia quello che mantiene il peso corporeo, colmando il calo ponderale dovuto alle perdite di liquidi per sudorazione. Valutazioni sui 42km di una maratona hanno evidenziato che per soggetti di 50kg, velocità di corsa 10-15km/h, l’apporto di liquidi che mantiene il peso è pari a 600ml/h. Apporti di 800ml/h determinano un incremento ponderale, così come 400ml/h non riescono a coprire le perdite, con calo ponderale non compensato. Soggetti di 70kg, velocità di corsa 12-15km/h, con 800ml/h registrano comunque una perdita di peso di 1-1,8kg, che diventa 3-3,4kg se l’apporto di liquidi si riduce a 400ml/h [Sawka et al., 2007]. Per dare conto della difficoltà e diversità anche tra gli atleti di élite della definizione di uno standard di liquidi da assumere in gara, si riportano di seguito i dati medi di assunzione di liquidi in alcune importanti competizioni internazionali: In generale, per chi reputasse troppo impegnativo monitorare il proprio stato di idratazione, l’apporto idrico sommariamente consigliato è pari a: Alla quota di acqua andrà poi aggiunta una quota di sodio. Il sudore è infatti prevalentemente formato da acqua, ma contiene in aggiunta una quantità di minerali in diverse concentrazioni, tra cui sodio e cloruro in misura maggiore rispetto agli altri elettroliti. Gli atleti in buone condizioni, acclimatati al caldo, registrano perdite di sodio e cloruro pari a 115-690mg di sodio per litro di sudore, mentre atleti poco acclimatati al caldo possono arrivare a perdere fino a 920-2300mg per litro. Il rischio di una perdita eccessiva di tali elettroliti consiste nell’iponatriemia, definita come una concentrazione di sodio plasmatica <135mmol/l, correlata quindi alle perdite di sodio e alla contemporanea assunzione di elevati (8-10 litri) apporti di acqua o bevande a basso tenore in sodio. Nei casi più leggeri, può manifestarsi con stanchezza, apatia, leggera nausea e mal di testa. La sintomatologia più grave porta alla mancanza di coordinamento, confusione mentale, colpo apoplettico. Il sodio perduto con la traspirazione può anche essere responsabile dei crampi ai muscoli collegati al calore (crampi da calore), che si verificano piuttosto spesso nel triathlon. Le terminazioni nervose motorie possono sovraeccitarsi perché sottoposte a stress meccanici anormali e a modificazioni nella concentrazione generale di elettroliti e possono provocare contrazioni muscolari (crampi) apparentemente spontanee. Anche la carenza di altri minerali, come calcio, magnesio e potassio può essere causa di crampi muscolari e altri problemi neuromotori [O'Toole et al., 1993-95; Stamford, 1993], ma la mancanza di uno o più di questi minerali non è generalmente responsabile dei crampi da calore. Si consiglia quindi l’assunzione di bevande arricchite in sodio, così da garantire un'assunzione variabile tra gli 1,7 e i 2,9g NaCl/l. Quindi, gli apporti idrici consigliati andranno integrati con del sodio, come di seguito proposto: Passando ai substrati energetici, è ormai accettato che l’ingestione di soluzioni di carboidrati può ritardare la fatica e migliorare la performance durante esercizi ad alta intensità della durata superiore all’ora, prevenendo l’ipoglicemia e mantenendo alti tassi di ossidazione dei carboidrati durante le ultime fasi dell’esercizio, quando le scorte endogene di carboidrati muscolari ed epatiche sono compromesse. Negli anni passati, è stata analizzata la modalità per ottimizzare la disponibilità e l’assimilazione dei carboidrati, valutando i tassi massimi di ossidazione dei carboidrati ingeriti. Inizialmente si suggeriva il consumo di 1,0-1,1g/min (pari a 60-70g/h) di zucchero, in funzione del fatto che il tasso di ossidazione di un singolo tipo di carboidrati non supera i 60g/ora [Jeukendrup et al., 2000]. Si osservò che assumendo quantitativi superiori di uno stesso zucchero il tasso di ossidazione non aumentava, probabilmente per saturazione delle proteine trasportatrici coinvolte nel suo assorbimento intestinale. Ingerirne quindi un quantitativo superiore non aumenta il tasso di ossidazione e risulta inoltre associato a un potenziale aumento di disturbi gastrointestinali. Più recentemente è stato però dimostrato che l’ingestione di diversi tipi di zuccheri induce tassi di ossidazione superiori, pari a 1,5g/min [Wallis et al., 2005; Currel e Jeukendrup, 2008], con vantaggi quindi maggiori rispetto all’assunzione di un unico zucchero. In uno studio del 2008 su ciclisti, si testarono diversi zuccheri in una prova di cinque ore, condotta al 58% del V02 max. Vennero somministrati agli atleti alternativamente acqua-placebo, una bevanda a base di glucosio a concentrazioni superiori a quelle ritenute ottimali (1,8g/min), e una bevanda di glucosio e fruttosio in un rapporto 2:1, allo stesso dosaggio del solo glucosio (1,8 g/min). Ne risultò che l’ingestione di glucosio più fruttosio permise un miglioramento dell’8% del tempo di fine gara (67'2") rispetto al solo glucosio (60'41") e del 19% rispetto all’impiego di sola acqua (56'7") [Currel e Jeukendrup, 2008]. Le attuali raccomandazioni per il consumo di carboidrati durante allenamenti di endurance prevedono un ampio range giustificato dalla diversa tipologia e durata dell’allenamento [Peters, 2003; Rehrer, 2001]. Nel Tour Down Under (Adelaide, Australia), l’apporto medio di assunzione di carboidrati in gara si attestava per gli uomini intorno ai 48g/h, mentre per le donne intorno ai 21g/h [Ebert, 2007], evidenziando di nuovo come per le atlete di sesso femminile sia difficile attenersi ai quantitativi considerati ottimali. La diluizione dei carboidrati deve tener conto del fatto che l’aggiunta di zuccheri a una bevanda può alterare il tasso di assimilazione dell’acqua, rallentando la velocità di svuotamento gastrico. Il bilanciamento tra questi fattori porta oggi a identificare come diluizione corretta una soluzione al 58% (5-8g/100ml) di carboidrati. Concentrazioni superiori possono essere vantaggiose in termini di ossidazione del glucosio e mantenimento dell’intensità dell’esercizio, ma potrebbero ridurre il tasso netto di assorbimento dell’acqua [Rehrer, 2001; Jeukendrup et al., 2005]. Pertanto, è possibile assumere bevande con 30-60g di carboidrati e così reintegrare 600-1250ml di liquidi ogni ora. In generale, durante un triathlon la frazione ciclistica offre l’opportunità migliore per ingerire liquidi e i ciclisti non hanno difficoltà a bere 1200ml/h di una soluzione con il 6% di carboidrati, mentre la maggioranza dei corridori beve meno di 500ml all’ora. Kimber et al. [2002] misurarono gli apporti di alimenti e liquidi di 18 triathleti durante un Ironman in Nuova Zelanda. L’apporto di carboidrati stimato su base oraria fu maggiore durante la frazione ciclistica rispetto alla frazione di corsa. Si osservò, solo per gli uomini, una relazione inversa tra i carboidrati assunti durante la corsa e il tempo finale della gara: finirono quindi con un tempo di gara minore gli atleti che avevano assunto nella frazione di corsa il quantitativo maggiore di carboidrati. Altro valido supporto per l’atleta di endurance durante un allenamento o una competizione importante è rappresentato dagli aminoacidi ramificati, al dosaggio di 6-10g/h, correlati essenzialmente alla minor percezione del senso di fatica [Kreider, 2010]. Importante anche l’apporto di vitamine del gruppo B per un utilizzo ottimale dell’energia da parte dell’organismo, del magnesio per il funzionamento muscolare e di vitamine e oligoelementi per la protezione antiossidante. Vitamine complessivamente presenti nei prodotti di origine animale, nei legumi e nei cereali integrali. Nelle fasi finali di un esercizio prolungato l’aggiunta di caffeina può aumentare la resistenza. Beneficio ottenibile con dosi pari a 1,5mg/kg peso corporeo, pari a 100ml di caffè o 500-750ml di una bevanda a base di cola. Prima di procedere, con schemi alimentari per allenamenti variabili dalle 2 alle 5h/giorno, proponiamo una tabella con i tempi di digestione e quindi di assimilazione di alcuni alimenti, così da razionalizzarne l’utilizzo in allenamento/gara [Pitzalis e Lucibello, 2002]. Allenamento di 2h Non è necessario consumare cibi solidi. È sufficiente bere una soluzione isotonica al 3-4% di zuccheri, da integrare eventualmente con del sodio/integratori salini nel caso si svolga a temperature elevate. Allenamento intenso di 3h Alla borraccia con soluzione zuccherina aggiungere aminoacidi ramificati. Non è necessario assumere cibi solidi, sono sufficienti gel e bevande. Nel caso si senta invece la necessità di masticare, è consigliato all’inizio della frazione ciclistica in caso di allenamento combinato o, nel caso l’allenamento consista solo nella prova ciclistica, dopo un’ora dall’inizio. Non oltre, perché la digestione richiede tempi che ne renderebbero disponibili i nutrienti… sotto la doccia! Alimenti solidi sono facilmente costituiti da barrette da 200-250kcal, meglio se con carboidrati a differente velocità di assorbimento (glucosio, fruttosio, maltodestrine e amido) o, per chi preferisse il fatto in casa, 40g di pane bianco non integrale (per non rallentarne l’assorbimento) con 10g di miele. Allenamento fondo lungo 5h Nel caso di Nadia Recupero Fino a qualche anno fa, l’attenzione in ambito nutrizionale era concentrata sul pre-gara, con la finalità di fornire all’atleta il carburante migliore per ottimizzare la sua prestazione e, durante la gara, per sostenerne l’esecuzione. Oggi momento cruciale, fondamentale per la performance è considerato il recupero: un atleta che non recupera correttamente è un atleta che la gara successiva avrà una prestazione non ottimale. Ripristinare il bilancio proteico è tra gli obiettivi della fase di recupero, così da rimpiazzare le perdite proteiche che si verificano durante un esercizio e da promuovere l’ipertrofia muscolare. Studi recenti, focalizzati sulle risposte acute a seguito di esercizi di endurance, hanno evidenziato come tali esercizi stimolino la sintesi muscolare proteica. Somministrando infatti la stessa dieta a un gruppo di soggetti sottoposto a esercizio strenuo e a un gruppo di controllo che non praticava attività, si è osservato un incremento della sintesi proteica muscolare tra il 10 e l’80% quando l’assunzione di alimenti avveniva entro le quattro ore dal temine dell’attività. Quando invece l’assunzione era ritardata di alcune ore, si osservava una riduzione media di circa il 50% della sintesi. Le quattro ore successive all’esercizio rappresentano infatti l’arco di tempo in cui la fisiologia di un atleta sovraesprime gli enzimi deputati alla formazione di glicogeno e alla sintesi proteica. Da cui le indicazioni a rispettare e assecondarne il fisiologico andamento: zuccheri quindi a medio indice glicemico per ripristinare le scorte muscolari di glicogeno, e zuccheri ad alto indice glicemico per stimolare la secrezione insulinica e – abbinati a fonte aminoacidica – per migliorare la sintesi proteica. Quindi: Nel tentativo di forzare al massimo la sintesi proteica post-esercizio, sono stati valutati dosaggi progressivamente crescenti di proteine. Dopo esercizio, sono state testate bevande contenti 0,5g, 10g, 20g, o 40g di proteine dell’uovo. Gli esiti hanno evidenziato un meccanismo dose-riposta saturabile: oltre cioè i 20g di proteine assunti, la sintesi proteica non incrementa [Moore et al., 2009], da cui l’evidente inutilità a consumare dosi più importanti di proteine. In merito alla qualità e quindi alla tipologia di proteine da somministrare nel recupero, è importante assumere una miscela di proteine con differenti tempi di digestione, integrando quindi le proteine del siero di latte, rapidamente digerite, con la caseina, che si caratterizza per un assorbimento più lento e prolungato, e con le proteine della soia, che si posizionano a livello intermedio [Paul, 2009]. Il reintegro dei liquidi e degli elettroliti persi con la sudorazione è altra parte integrante del processo del recupero post-esercizio. Per completare la reidratazione dopo l’attività, si devono assumere più liquidi – circa il 150% – di quanti siano stati persi con la traspirazione (e ciò lo ricaviamo dalla perdita di peso), dal momento che anche con l’urina prodotta in fase di reidratazione si hanno ulteriori perdite di liquidi [Shirreffs e Sawka, 2011]. Obiettivo è quindi bere 1,2-1,5 litri di liquidi per ogni kg di peso corporeo perso nell’allenamento/gara. In sintesi, per ogni spuntino: ALBUMI: fonte di aminoacidi essenziali e aminoacidi ramificati, accreditati nel recupero postesercizio, nell’incremento della sintesi proteica, come anticataboliti, nell’incremento dell’endurance muscolare [Essential of Sport Nutrition and Supplements, ISSN, 2008]. CURCUMA: diverse sono le potenzialità e gli effetti benefici indotti dall’assunzione di curcuma nel post-esercizio. La curcumina (principio attivo della curcuma) risulta in grado di ridurre la depressione del sistema immunitario che negli atleti si verifica nelle 3-72h successive a uno sforzo prolungato e intenso, riducendo quindi le infezioni soprattutto a carico dell’apparato respiratorio superiore [Nieman, 2008]. MIRTILLI: indicati nel periodo dell’allenamento perché concorrono alla costruzione di un’ottimale microcircolazione che aumenta le quote di ossigeno ai distretti muscolari. Ricchi, inoltre, in antiossidanti. GOMASIO: condimento di origine giapponese, ottenuto con i semi di sesamo tostati e sale integrale marino. Può essere preparato facilmente tostando in padella antiaderente circa 250g di semi di sesamo fino a leggera doratura, quindi tritandoli unendovi circa 10g di sale marino fino a ottenere una mistura fine e omogenea. Ricco naturalmente di acidi grassi polinsaturi, calcio, ferro, vitamine A e B. Bibliografia Bentley DJ et al. (2008), Maximising Performance in Triathlon: Applied Physiological and Nutritional Aspects of Elite And Non-Elite Competitions, in J Sci Med Sport, Jul;11(4):407-16. Bergström J et al. (1967), Diet B. Muscle Glycogen and Physical Performance, Acta Physiologica Scandinavica, volu. 71, issue 2-3, pp. 140-150. Bescós R et al. (2012), High Energy Deficit in an Ultraendurance Athlete in a 24-hour Ultracycling Race, in Proc (Bayl Univ Med Cent), 25(2): 124-128. Boschmann M et al. 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Nonostante la naturale propensione dei radicali a evadere le difese, in condizioni normali la cellula mantiene un fisiologico equilibrio tra ossidanti e antiossidanti. Quando invece si crea un forte sbilanciamento a favore delle specie ossidanti, si instaura una condizione identificata con il termine d i stress ossidativo. Diverse evidenze di letteratura indicano che in tale situazione le cellule e i tessuti subiscono effetti dannosi potenzialmente responsabili di patologie d’organo e condizioni sistemiche [Iorio, 2007]. Uno stile di vita sano mira quindi a contrastare l’eccesso di radicali liberi, con azioni legate a una corretta alimentazione e a una regolare attività fisica. Nonostante siano stati pubblicati, nel corso degli anni, studi controversi sul ruolo dei radicali durante lo sforzo fisico, le evidenze attuali dimostrano come l’attività fisica moderata e regolare svolga un benefico effetto sull’organismo riducendo il rischio di malattie croniche quali diabete, cancro, malattie cardiovascolari, oltre a numerose altre patologie legate a un non corretto stile di vita. D’altro canto altri studi hanno evidenziato come l’attività fisica ad alta intensità sia associata a una rottura del fisiologico equilibrio tra radicali e antiossidanti all’interno dell’organismo, favorendo lo sviluppo di patologie causa oggi di mortalità e morbosità [Wagner et al., 2010; Neubauer et al., 2012]. Tra gli atleti che praticano uno sforzo muscolare intenso e protratto, i triathleti rappresentano un’interessante categoria da monitorare per la tipologia di allenamento, il livello di prestazioni, le caratteristiche fisiologiche e per la possibilità di valutare il reale rischio di stress ossidativo in sport di ultra-resistenza. I dati finora pubblicati indicano come una singola gara di ultra-resistenza (Ironman) causi una risposta sistemica acuta all’interno dell’organismo attraverso l’aumento della concentrazione di radicali [Wagner et al., 2010] e, allo stesso tempo, la diminuzione delle difese antiossidanti [Knez et al., 2007]. Tuttavia tale squilibrio radicali/antiossidanti perdura fino a un giorno dopo la gara ritornando rapidamente a valori di normalità, senza effetti persistenti sulla salute. Oltre a mostrare un picco di radicali che rientra velocemente nel range di normalità in seguito a una singola prestazione sportiva, i triathleti presentano un corretto mantenimento dell’equilibrio radicali/antiossidanti in stato di riposo. Tale protezione contro il danno da radicali liberi è da attribuire all’allenamento regolare e costante associato al triathlon, che, favorendo processi di adattamento cellulare, conduce a un abbassamento della produzione radicalica e a un miglioramento delle difese antiossidanti [Wagner et al., 2010]. A tal proposito è stato allestito uno studio al fine di confrontare lo stress ossidativo in soggetti che praticano triathlon e in soggetti caratterizzati da una minore intensità di allenamento (controlli). I risultati ottenuti hanno evidenziato come tutti i triathleti presentassero una più bassa inclinazione allo stress ossidativo rispetto ai soggetti assunti come controlli [Knez et al., 2007]. Diversamente quindi da quanto ci si potrebbe aspettare, l’attività aerobica associata al triathlon presenta un minor livello di danno ossidativo ai tessuti rispetto a sport aerobici/anaerobici, come il calcio, e completamente anaerobici come le gare di sprint sui 100m [Conti et al., 2012]. Questi dati, così come la bassa ossidazione proteica riscontrata nei triathleti, permettono di affermare come l’alto consumo di ossigeno non sia necessariamente correlato a una maggiore produzione di radicali [Brites et al., 2005]. Quando l’esercizio fisico è preceduto da un adeguato allenamento (in termini di modalità, intensità, frequenza), ed è accompagnato a una dieta equilibrata, può condurre a una stabilità cellulare che evita l’instaurarsi di stress ossidativo come spesso accade durante sport molto intensi [Medina et al., 2012]. Nonostante non vi siano evidenze di stress ossidativo in triathleti, un allenamento prolungato, senza un recupero adeguato, può causare una condizione definita sindrome da sovrallenamento. In particolar modo, nel caso di sforzi fisici intensi, il mancato periodo di riposo in cui il corpo compensa gli effetti dello stress subito può comportare una riduzione delle prestazioni nonostante l’aumento di allenamento. Condizione che oltre a causare un maggiore affaticamento dell’atleta, comporta anche un abbassamento delle difese antiossidanti e un aumento dei radicali [Tanskanen et al., 2010]. In base ai dati attualmente disponibili si può concludere che sforzi fisici strenui (triathlon, maratona, ciclismo ecc.) causano un transitorio sbilanciamento nell’omeostasi redox attribuibile all’alterazione dell’ambiente fisiologico all’interno delle fibre muscolari che, a sua volta, predispone a una maggiore produzione radicalica [Wagner et al., 2010; Machefer, 2004]. Tuttavia in atleti che seguono un allenamento regolare e adeguato il sistema di difesa presenta un ottimo adattamento in grado di contrastare l’innalzamento radicalico e di ripristinare l’equilibro redox già poco tempo dopo una gara evitando, così, danni ossidativi all’organismo. Bibliografia Brites F et al. (2006), HDL Capacity to Inhibit LDL Oxidation in Well-trained Triathletes , in Life Sciences, 78, 3074-3081. Conti V et al. (2012), Oxidative Stress Effects on Endothelial Cells Treated with Different Athletes’ Sera, in Medicine & Science in Sports & Exercise, Journal of the American College of Sports Medicine. Iorio EL (2007), Radicali liberi e antiossidanti in medicina dello sport. Osservatorio Internazionale dello stress ossidativo. Knez WL et al. (2007), Oxidative Stress in Half and Full Ironman Triathletes , in Medicine & Science in Sports & Exercise, Journal of the American College of Sports Medicine. Machefer G et al. (2004), Extreme Running Competition Decreases Blood. 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A tutti gli atleti che si sono allenati con Nadia e che a modo loro hanno contribuito a ottenere importanti successi. Un ringraziamento particolare ad Alberto Casadei (sempre al nostro fianco nella preparazione olimpica), atleta capace di raccogliere nel 2008 due titoli italiani (olimpico e doppio olimpico) a conferma dell’ottimo lavoro svolto dal nostro gruppo di allenamento. A tutti i tecnici che hanno dato il loro contributo alla realizzazione di una carriera da campionessa. A tutti i giovani atleti che anno dopo anno si sono affidati a noi facendosi guidare nell’importante percorso di crescita educativa e sportiva. A simbolo di tutti questi ragazzi uno speciale grazie ad Andrea Secchiero, partito sotto la nostra guida da atleta youth e arrivato a conquistare il titolo italiano assoluto di triathlon. A tutti gli atleti di ogni livello ed età che seguendo il nostro esempio e i nostri programmi di allenamento ci hanno trasmesso la loro energia per continuare ad amare e a credere nel triathlon. A Christian e Luca perché siete la nostra vittoria più bella, con la speranza che un giorno leggendo questo libro apprezzerete quanto fatto da mamma e papà. Un ringraziamento particolare a Isabella Boccone per il prezioso contributo di ricerca bibliografica. A Gaia, perché il tuo entusiasmo e il tuo sorriso aiutano a immaginare ali al cuore e ai piedi. Felicina Biorci e Andrea Gabba