IV Trimestre 2011
anno XXIV
*ISSN 1825-5396
Direttore Rino Pavanello
Norme in materia di
Tutela penale dell’Ambiente
D.L.gs. 121/2011
“231-Ambiente”
a cura di:
Stefano Maglia e Rino Pavanello
contributi di:
Stefano Aldini, Carlo Maria Grillo,
Anna Guardavilla, Andrea Sillani, Monica Taina
in collaborazione con
co-promosso con
Viale Marelli 497 20099 Sesto San Giovanni (MI)
tel. 02 26223120 - 02 26223130 - www.amblav.it
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n°96
Indice
D.L.Gs. 121/2011: “231-Ambiente”
INDICE
D.L.GS. 231/2001: INTRODUZIONE, Rino Pavanello ........................................................................ 2
D.L.GS. 121/2011: TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE, Stefano Maglia............................................ 25
LA POLITICA CRIMINALE IN ITALIA NEL QUADRO DELLA LOTTA CONTRO
LA CRIMINALITA’ AMBIENTALE, Carlo M. Grillo............................................................................ 39
D.L.GS. 121/2011: RELAZIONE AL DECRETO LEGISLATIVO 121/2011 ............................................. 43
D.L.GS. 121/2011: IL PUNTO DELLA CASSAZIONE ......................................................................... 59
D.L.GS. 121/2011: TABELLA FATTISPECIE REATI PREVISTI
DAL "231/AMBIENTE", Stefano Maglia........................................................................................ 63
D.L.GS. 121/2011: TABELLA CON ESEMPI DI REATI AMBIENTALI ASCRIVIBILI
AD ATTIVITA’ NON INDUSTRIALI, Andrea Sillani ........................................................................... 73
D.L.GS. 121/2011 E “MODELLO-231”: NORMA ISO 14001 E
REGOLAMENTO EMAS, Stefano Aldini.......................................................................................... 77
D.L.GS. 231/2001: APPROFONDIMENTI GIURIDICI SULLA RESPONSABILITÀ
AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI, Anna Guardavilla......................................................................... 97
D.L.GS. 231/2001: DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITÀ
DA REATO DEGLI ENTI, Anna Guardavilla ....................................................................................105
D.L.GS. 231/2001: UN CASO DI APPLICAZIONE INDIRETTA
AI REATI AMBIENTALI, Monica Taina ..........................................................................................119
D.LGS. 231/2001: PRINCIPIO DI FRAZIONABILITA’ DELLE SANZIONI INTERDITTIVE
– COMMISSARIO GIUDIZIALE, Anna Guardavilla..........................................................................125
GIURISPRUDENZA SULLE RESPONSABILITA’ AMBIENTALI............................................................127
TESTO DEL D.L.GS. 8 GIUGNO 2001, N. 231.................................................................................135
TESTO DEL D.L.GS. 7 LUGLIO 2011, N. 121 ..................................................................................159
TESTO DELLA DIRETTIVA 99/2008/CE .........................................................................................165
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 1
“D.L.gs. 231/2001: introduzione”
D.LGS. 231/2001: INTRODUZIONE
Rino Pavanello, Segretario nazionale Associazione Ambiente e Lavoro
1. D.Lgs. 231/2001
2. Modello-231: approccio concettuale e metodologico
A)
Fase 1 - Identificazione delle aree sensibili (“as-is analysis”)
B)
Fase 2 - Identificazione del modello organizzativo e di controllo “a tendere” (to
be) e “Gap analysis”
C)
Fase 3 - Predisposizione del Modello
3. Sistema disciplinare e meccanismi sanzionatori
4. Illeciti più rilevanti ai fini del D.Lgs. 231/2001
1. Cenni normativi sul D.Lgs. 231/2001
In questa introduzione trattiamo gli aspetti generali del D.Lgs. 231/2001, rinviando l’esame
dei contenuti specifici del D.Lgs. 121/2011, il cd. 231-ambiente agli altri contributi di questa
pubblicazione.
Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (D.Lgs. 231/2001), recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche
prive di personalità giuridica, a norma dell’Art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha
introdotto fin dal 2001 nell’ordinamento giuridico italiano un regime di responsabilità amministrativa a carico degli enti collettivi per alcuni tipi di reato, commessi nell’interesse o a
vantaggio della società da parte di persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di
amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonchè da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il
controllo dello stesso oppure da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza delle persone che ricoprono posizioni apicali nell'ente.
L’innovazione del D.Lgs. 231/2001 allinea l’ordinamento italiano a quelli di molti altri Paesi
europei e consiste nella previsione di un modello sanzionatorio rivolto (anche) al soggetto
collettivo portatore dell'interesse economico sotteso alla commissione del reato, quando il
comportamento illecito sia espressione della politica aziendale o quanto meno derivi da una
“colpa di organizzazione”.
Il regime di responsabilità istituito dal D.Lgs. 231/2001, inizialmente rivolto ad ambiti specifici di reato doloso (corruzione, concussione, truffa e simili e in seguito reati societari, reati
in materia di falsità di monete, di terrorismo, contro la personalità individuale, abusi di mercato, reati transnazionali in materia di criminalità organizzata), si è ampliato negli anni attraverso successivi interventi normativi (v. figura 1).
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 2
“D.L.gs. 231/2001: introduzione”
I reati di “omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime” commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative alla tutela dell’igiene e
della salute sul lavoro”, sono stati introdotti attraverso l’art. 25-septies del D.Lgs.
231/2001, con la Legge n. 123 del 3 agosto 2007 e il D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008.
I REATI PREVISTI DAL DECRETO
Reati contro la PA nella gestione dei
finanziamenti pubblici (art. 24):
Reati in materia di salute e
sicurezza sul lavoro
(art. 25-septies):
Omicidio colposo, lesioni
personali colpose
20
0
08
Concussione, Corruzione ,
Istigazione alla corruzione, ecc.
Reati nella gestione di monete ed
altri valori “pubblici”(art. 25-bis):
01
20
REATI PREVISTI IN
SEDE DI EMANAZIONE
7
1
200
D.
D.Lgs.
Lgs.231/2001
231/2001
2007
Abuso di informazioni
privilegiate, Manipolazione
del mercato
2003
Riciclaggio, Associazione a
delinquere, ecc...
Reati di Abusi di mercato
(art. 25-sexies):
Falsificazione di monete, spedita e
introduzione nello Stato di monete
false e Alterazione di monete ecc.
Reati societari (art. 25-ter)
2002
REATI INSERITI IN
MOMENTI SUCCESSIVI
06
20
20
05
Reati Transnazionali
(L. 146/2006):
20
2001
Delitti informatici e trattamento
illecito dei dati
Ricettazione, riciclaggio e
impiego di denaro, beni o
utilità di provenienza illecita
(art. 25-octies)
Reati nei rapporti
con la PA (art. 25):
Malversazione a danno dello Stato,
Indebita percezione di erogazioni, Truffa
in danno della PA, Frode informatica in
danno della PA
Reati Informatici (art. 24-bis):
20
0
3
Reati contro la personalità
individuale
(art. 25-quinquies):
Riduzione o mantenimento in
schiavitù, tratta di persone,
acquisto o alienazione di schiavi
False Comunicazioni sociali, Falso in
prospetto; Impedito controllo,
Operazioni in pregiudizio dei creditori;
Illecita influenza sull’assemblea,
Aggiotaggio; Ostacolo all’esercizio
delle funzioni delle autorità pubbliche
di vigilanza, ecc...
Reati aventi finalità di
terrorismo o di eversione
dell’ordine democratico e di
finanziamento del terrorismo
(art. 25-quater)
12
Figura 1 - Fonte: Prof. Pietro Previtali, Incontro Regione Lombardia, novembre 2010
Un elenco dei principali reati previsti dal D.L.gs. 231/2001, prima dell’entrata in vigore del
D.L.gs. 121/2011 è riportato a pag. 14 e seg.
Ad essi si aggiungono i “reati ambientali”, che sono stati introdotti attraverso l’art. 25undecies del D.Lgs. 231/2001, con il D.Lgs. n. 121/2011 del 7 luglio 2011 entrato in vigore il
16 agosto 2011, che ha recepito la direttiva n. 2008/99/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente.
Il D.Lgs. 231/2001 introduce, quindi, per la prima volta nel nostro ordinamento la nozione di
responsabilità “amministrativa” dell’ente associativo (gli enti forniti di personalità giuridica,
le società, le associazioni anche prive di personalità giuridica) per reati commessi da:
-
persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente
nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
-
persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui sopra.
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 3
“D.L.gs. 231/2001: introduzione”
La responsabilità ha natura sostanzialmente penale perché:
-
è derivante da reato;
-
viene accertata con procedimento penale;
-
comporta l’applicazione di sanzioni particolarmente afflittive (sino all’interdizione
dall’esercizio dell’attività).
Presupposto necessario della responsabilità dell’ente associativo è che il reato sia commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso.
Non rientrano dunque nell’ambito di detta responsabilità i reati commessi esclusivamente
nell’interesse o a vantaggio del loro autore materiale o di un terzo.
L’art. 5 del D.Lgs. 231/01 prevede che l’Ente sia responsabile se:
-
il reato è stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’Ente;
-
il reato non è stato commesso nell’esclusivo interesse proprio o di terzi;
-
l’autore del reato é una persona che ricopre una posizione apicale o subordinata.
Nel caso in cui l’autore del reato sia un soggetto in posizione apicale1 la responsabilità
dell’Ente è presunta, salvo prova dell’adozione di un modello organizzativo e gestionale idoneo a prevenire il reato stesso.
Nel caso in cui l’autore del reato sia un soggetto in posizione subordinata2 la responsabilità
dell’Ente dipende dall’eventuale violazione degli obblighi di direzione e controllo sul subordinato.
In caso di commissione di uno dei reati previsti dal D.Lgs. 231/01, per escludere la responsabilità dell’Ente, si dovrà dimostrare:
-
l’efficace adozione di un modello organizzativo e gestionale idoneo a prevenire il reato
stesso;
-
l’elusione fraudolenta del modello da parte dell’autore del reato;
-
il corretto svolgimento, da parte dell’Organo di Vigilanza, dei compiti di controllo.
La responsabilità dell’ente - definita dal legislatore “amministrativa” - è secondo la Cassazione un terzo genere di responsabilità, che si affianca a quelle amministrativa e penale: va notato che dal punto di vista processuale l’ente è chiamato a rispondere nei casi previsti dalla
normativa davanti al giudice penale secondo le procedure del codice di procedura penale.
1
Con il termine “Soggetti Apicali” ci si riferisce alle persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione, dell’Ente o di una sua unità organizzativa, ovvero che esercitano di fatto la gestione ed il
controllo dell’Ente
2
Con il termine “Soggetti Subordinati” ci si riferisce alle persone sottoposte alla direzione o vigilanza dei “soggetti apicali”.
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 4
“D.L.gs. 121/2011: tutela penale dell’ambiente”
D.L.GS. 121/2011: TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE
Stefano Maglia, Univ. Parma, Consulente Legale Ambientale
1. Le origini comunitarie della tutela penale dell’ambiente.
L'Unione europea ha dato una spinta determinante al processo di costruzione del diritto penale dell'ambiente. La consapevolezza che l'inquinamento costituisce un fenomeno globale,
infatti, ha imposto l'adozione di provvedimenti di carattere sovranazionale.
Il Consiglio d'Europa – già nel 1998 – decise di adottare una Convenzione per la tutela
dell'ambiente attraverso il diritto penale (mai entrata in vigore per il ridotto numero di ratifiche), che rappresenta tuttavia il primo strumento internazionale che ha previsto la criminalizzazione da parte degli Stati membri dell'UE di una serie di condotte produttive di danno o
pericolo per l'ambiente. Invero, scopo ultimo della Convenzione era imporre agli Stati l'introduzione nei codici penali di fattispecie di reato di pericolo, anticipando, così, la soglia di
tutela del bene, nonché la predisposizione di una responsabilità a titolo di colpa, quanto
meno in riferimento ai casi di colpa grave.
Nel 2001 la Commissione europea – visto il tentativo mal riuscito nel 1998 – predispose un
testo per una direttiva in materia, mentre il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea il 27
gennaio 2003 assunse la decisione quadro 2003/80/GAI, nota per esser stata oggetto di ricorso da parte della Commissione europea per un conflitto di competenza istituzionale, risolto dalla sentenza della Corte di Giustizia del 13 settembre 2005, Causa C-176/03, nella quale
i giudici europei confermarono che una decisione in materia di protezione dell’ambiente
mediante il diritto penale avrebbe dovuto avere come fondamento giuridico il trattato CE e
non il trattato sull'Unione europea (trattato UE).
Si deve poi anche ricordare che la Commissione Europea ha emanato la Direttiva 2004/35/CE
con la quale ha inteso fornire un contributo determinante nella costruzione di un sistema
normativo condiviso in tema di responsabilità per danni all'ambiente, pur senza introdurre
fattispecie penali, ma prescrivendo obblighi e responsabilità a carico degli operatori economici in caso di causazione di danni.
L’atto più significativo in materia è certamente rappresentato dalla Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente del 19 novembre 2008.
2. La Direttiva 2008/99/CE.
Muovendo dal rilievo che i reati ambientali spesso si estendono oltre i confini degli Stati ove
vengono commessi per cui le risposte degli ordinamenti nazionali devono essere almeno in
parte condivise, nonché dalla convinzione che tale azione a livello comunitario “… trova comunque la sua legittimazione nel principio di sussidiarietà…”7 tramite la Direttiva l’UE ha im7
L’art. 5 del Trattato della Comunità europea recita: “La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui
gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 25
“D.L.gs. 121/2011: il punto della Cassazione”
D.L.GS. 121/2011: IL PUNTO DELLA CASSAZIONE
PUBBLICHIAMO UN ESTRATTO DI UN’APPROFONDITA ANALISI DA PARTE DELLA
CORTE DI CASSAZIONE: RELAZIONE N. III/09/2011 DEL 2 AGOSTO 201131, NELLA
QUALE I GIUDICI DI LEGITTIMITÀ HANNO ESPRESSO IMPORTANTI CONSIDERAZIONI SUGLI ASPETTI GENERALI DEL D.L.GS. N. 121/2011.
Innanzitutto, è stato osservato che “il legislatore si è limitato esclusivamente ad inserire nel
decreto legislativo soltanto quelle disposizioni strettamente necessarie a garantire
l’adempimento agli obblighi comunitari scaturenti dalla direttiva 2008/99/CE, senza invece
riordinare, come pure era lecito attendersi, l’intera materia dei reati ambientali. Il legislatore
delegato, stante la limitazione derivante dall’entità delle pene previste dall’art. 2 della legge
delega n. 96/2010, ha preferito dunque rinviare ad un successivo intervento normativo sul
codice penale, al fine di un più completo ripensamento del sistema dei reati ambientali che
recepisca più compiutamente la direttiva prevedendo come delitti (anziché contravvenzioni)
le fattispecie di illecito di maggiore gravità”.
La parte più interessante della Relazione è però sicuramente il par. 3, dedicato alla “Responsabilità degli enti per i reati ambientali”, di cui si riporta uno stralcio: “indubbiamente la più
rilevante novità introdotta dal d. lgs. n. 121/2011 è quella dell’inserimento dei reati ambientali (rectius: di alcuni reati ambientali) nei cataloghi dei reati presupposto della responsabilità degli enti previsti dal d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Come già ricordato l’art. 11, lett. d) della l. 29 settembre 2000, n. 300 (la legge delega del d.
lgs. n. 231/2001) aveva inserito alcuni illeciti ambientali nell’elenco dei reati presupposto. Il
legislatore delegato aveva però preferito non dare seguito sul punto alla delega, ritenendo
opportuno un periodo di metabolizzazione della nuova forma di responsabilità da parte delle
imprese prima di estenderla anche a fattispecie di ampio impatto sul mondo produttivo. Né
la successiva introduzione nel d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 all’art. 192, comma 4, dell’ambigua
previsione per cui in materia di rifiuti «qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma
3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della
persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231» è in qualche modo valsa a configurare la responsabilità da reato degli enti in materia ambientale difettando, come riconosciuto dalla giurisprudenza, nella suddetta disposizione tanto la tipizzazione degli illeciti, quanto quella delle sanzioni applicabili alle persone giuridiche (v. Sez. III,
n. 41329 del 7 ottobre 2008, dep. 6 novembre 2008, Galipò, rv 241528).
Come spesso accaduto in passato, l’occasione per superare l’impasse l’ha creata l’ineludibile
necessità di corrispondere agli obblighi comunitari. Infatti le direttive 2008/99/CE sulla tutela
penale dell’ambiente e 2009/123/CE sull’inquinamento provocato dalle navi hanno entrambe
imposto agli Stati membri dell’Unione di estendere alle persone giuridiche la responsabilità
per i reati ambientali commessi a loro vantaggio.
31
Il documento è sottoscritto dal vice Direttore Dott. Domenico Carcano e redatto dai Dott.ri Luca Pistorelli e
Alessio Scarcella.
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 59
“D.L.gs. 121/2011: tabella fattispecie reati previsti dal 231/ambiente”
D.L.GS. 121/2011: TABELLA FATTISPECIE REATI PREVISTI DAL 231/AMBIENTE
Stefano Maglia, Univ. Parma, Consulente Legale Ambientale
Ipotesi
sanzionatoria
Precetto
Sanzione
principale
Sanzione
ex D. Lgs. n. 121/2011
ed eventuale sanzione
accessoria
Fattispecie
Sanzione pecuniaria da Scarico di acque
reflue contenenti
200 a 300 quote
piombo di un disanzione accessoria:
stributore di benl'interdizione dall'eserci- zina non autorizzio dell'attività, la so- zato
(Cass.
spensione o la revoca 39729/09)
delle autorizzazioni, liReflui da attività
cenze o concessioni fundi perforazione
zionali alla commissione
senza autorizzadell'illecito; divieto di
zione allo scarico
contrattare con la pubblica amministrazione, (Cass. 39854/06)
salvo che per ottenere le
Acque di lavaggio
prestazioni di un pubblidi cassette di uva
co servizio; esclusione da
di una azienda
agevolazioni, finanziavitivinicola – scamenti, contributi o sussirico in canale di
di e l'eventuale revoca di
raccolta delle acquelli già concessi; divieque piovane –
to di pubblicizzare beni o
non ammesso.
servizi, per una durata
(Cass. 2313/10)
non superiore a 6 mesi.
Art. 137 co. 2
secondo periodo
Chiunque effettui scari- arresto da
chi di acque reflue indu- tre mesi a
striali contenenti le so- tre anni
stanze pericolose comprese nelle famiglie e
nei gruppi di sostanze
indicate nelle tabelle 5 e
3/A dell'Allegato 5 senza
autorizzazione, oppure
continui ad effettuare o
mantenere detti scarichi
dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o
revocata,
Art. 137 co. 3
primo periodo
Chiunque effettui uno arresto fi- Sanzione pecuniaria da Impresa di fabbriscarico di acque reflue no a due 150 a 250 quote
cazione di batteindustriali contenenti le anni
rie – autorizzasostanze
pericolose
zione allo scarico
comprese nelle famiglie
con prescrizioni
e nei gruppi di sostanze
specifiche
sul
indicate nelle tabelle 5
cadmio – inosser(sostanze pericolose) e
vanza.
3/A (cicli produttivi specifici) dell'Allegato 5 alla
parte terza del presente
decreto senza osservare
le prescrizioni dell'autorizzazione
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 63
“D.L.gs. 121/2001 e “Modello-231”: norma ISO 14001 e regolamento EMAS”
D.LGS. 121/2011 E “MODELLO 231”: NORMA ISO 14001 E
REGOLAMENTO EMAS
Adeguatezza e caratteristiche dei sistemi di gestione ambientale ed
elementi di confronto e di coordinamento con il “Modello-231” di
organizzazione e di gestione
Stefano Aldini, Avvocato, Certiquality
1. L’adeguamento del Modello Organizzativo e di Gestione per la prevenzione dei reati
ambientali previsti dal D.Lgs. 121/2011 e i Sistemi di Gestione ambientale UNI EN ISO
14001 ed EMAS.
2. Principali caratteristiche dei Sistemi di gestione ambientali in secondo la norma ISO
14001 e il Regolamento EMAS 1221/2009.
-
UNI EN ISO 14001
-
Il regolamento EMAS 1221/2009
3. Elementi di confronto e coordinamento tra i requisiti del Modello Organizzativo e di
Gestione D.Lgs. 231/2001 e le norme volontarie ISO 14001/EMAS.
1. L’adeguamento del Modello Organizzativo e di Gestione per la prevenzione dei reati
ambientali previsti dal D.Lgs. 121/2011 e i Sistemi di Gestione ambientale UNI EN ISO
14001 ed EMAS.
Con l’estensione della responsabilità amministrativa degli Enti ex D.Lgs. 231/2001 ad alcune
fattispecie penali ambientali, avvenuta con il D.Lgs. 121/2011, si è riproposta una situazione
analoga a quella verificatasi all’indomani della introduzione di tale responsabilità ai reati in
materia di salute e sicurezza sul lavoro32.
Da un lato, un ampliamento significativo della tipologia e quindi del numero di imprese e organizzazioni potenzialmente soggette all’applicazione di tale responsabilità, dall’altro, la necessità di comprenderne i riflessi operativi sul Modello di Organizzazione e Gestione per la
prevenzione di reati assai diversi rispetto a quelli di cui ci si era occupati sino ad allora.
La specialità della materia è stata avvertita a tal punto che l’art. 30 del D.Lgs. 81/2008 ha introdotto requisiti specifici per il Modello Organizzativo e di Gestione per la prevenzione dei
32
Legge 3 agosto 2007, n. 123, "Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia".
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 77
“D.L.gs 231/2001: approfondimenti giuridici sulla responsabilità amministrativa degli enti”
D.LGS. 231/2001: APPROFONDIMENTI GIURIDICI SULLA
RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI
Anna Guardavilla, Giurista.
1. I presupposti giuridici per l’applicazione del D.Lgs. 231/2001
Il campo di applicazione soggettivo del D.Lgs. 231/2001 sono “gli enti forniti di personalità
giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica”.
Le disposizioni contenute nel decreto non si applicano invece “allo Stato, agli enti pubblici
territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”.
Dunque il D.Lgs. 231/2001 si applica agli (altri) enti pubblici economici.
L’articolo 5 del D.Lgs. 231/2001 prevede inoltre che “l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio” (da soggetti in posizione apicale o da soggetti a
questi sottoposti).
1.1 La colpa organizzativa
Occorre domandarsi: cosa collega concettualmente la responsabilità penale di un soggetto
fisico appartenente ad un Ente alla responsabilità amministrativa a carico dell’Ente stesso,
quindi della persona giuridica?
La risposta a tale quesito è contenuta negli articoli 5, 6 e 7 del D.Lgs. 231/2001.
L’articolo 5, già citato, prevede che “l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione
dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera
a).”
Al secondo comma tale norma aggiunge che “l’ente non risponde se le persone indicate nel
comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”.
Gli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 231/2001 disciplinano i modelli di organizzazione, gestione e controllo cui la legge riconosce, previa valutazione del giudice penale, una potenziale efficacia
esimente, distinguendo rispettivamente tra:
1) reati commessi da soggetti in posizione apicale;
2) reati commessi da soggetti in posizione subordinata.
1) Reati commessi da soggetti in posizione apicale
L’art. 6 prevede che se il reato è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa doD.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 97
“D.L.gs. 231/2001: un caso di applicazione indiretta ai reati ambientali”
D.L.GS. 231/2001: UN CASO DI APPLICAZIONE INDIRETTA AI
REATI AMBIENTALI47
Nota a Cass. Pen., Sez. III, n. 15657 del 20 aprile 2011
Monica Taina, Avvocato, Studio Maglia
Il D.L.vo n. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è applicabile anche alle imprese individuali (nella specie trattavasi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di gestione illecita di rifiuti pericolosi).
La sentenza che si annota é innanzitutto indubbiamente interessante in quanto ritiene estesa la responsabilità amministrativa ex D.L.gs. 231/2001 anche alle imprese individuali, ampliando notevolmente il raggio di azione del decreto. Essa presenta però un ulteriore elemento di grande rilievo, essendo – a che risulti – la prima che si pronuncia in merito alla responsabilità amministrativa dell’impresa individuale in riferimento ad una fattispecie di reato ambientale, di fatto anticipando le intenzioni del legislatore.
Il caso riguarda, infatti, l’applicazione della misura interdittiva della revoca dell'autorizzazione alla raccolta trasporto e conferimento di rifiuti speciali in capo ad una ditta individuale siciliana, nell'ambito di un procedimento penale per il reato ex art. 260 del D. Lvo. n.
152/2006.
Il difensore dell’impresa individuale contesta il provvedimento cautelare deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in particolare delle disposizioni relativa al
campo di applicazione soggettivo, nonché alle misure cautelari di cui agli articoli 45 e 46 del
D.L.vo 231/01, sostenendone l'inapplicabilità alla fattispecie in quanto nella nozione di “ente” di cui all’art. 1 non può ritenersi ricompresa l'impresa individuale.
Sul punto specifico la Corte di Cassazione, pur precisando che la ricorrente avrebbe comunque dovuto fornire la prova che la propria impresa individuale era priva di personalità giuridica, si spinge anche a formulare alcune considerazioni di carattere generale proprio sul
campo di applicazione del D. Lvo. n. 231/2001.
Sostengono infatti i Giudici che la gamma dei soggetti destinatari delle prescrizioni normative non vanno individuati soltanto attraverso la loro espressa previsione o la loro altrettanto
espressa esclusione, ma ben possono identificarsi sulla base dell'appartenenza alla generale
categoria degli “enti forniti di personalità giuridica” nonché di “società e associazioni anche
prive di personalità giuridica” (art, 1 comma 2); non solo, secondo l’organo giudicante l'impresa individuale (sostanzialmente divergente, anche da un punto di vista semantico, dalla
cd. "ditta individuale") può assimilarsi ad una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona dell'imprenditore quale soggetto fisico che esercita una determinata attività: il che porta alla conclusione che, da un punto di vista prettamente tecnico, per impresa
deve intendersi l'attività svolta dall'imprenditore-persona fisica per la cui definizione deve
farsi rinvio agli artt. 2082 e 2083 cc.
47
Tale nota a sentenza è visibile per esteso su Ambiente&Sviluppo n. 7/2011.
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 119
“Giurisprudenza sulle responsabilità ambientali”
GIURISPRUDENZA SULLE RESPONSABILITA’ AMBIENTALI
A cura dello Studio Maglia
Seppur l’inserimento dei reati ambientali tra i reati presupposto per l’applicazione del
Dlvo 231 risalga solo a pochi mesi fa, la giurisprudenza, in particolare la Corte di Cassazione, è intervenuta più volte in tema di responsabilità ambientale in ambito aziendale. La
rassegna che segue riporta alcune tra le più interessanti massime giurisprudenziali in materia, la maggior parte delle quali relative alla gestione dei rifiuti.
Cass. III Pen. 19207 del 13/05/2007, Scalzo
In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti cui
all'art. 51, c. 2, D.Lgs. 22/97 (ora art. 256, c. 2, D.Lgs. 15206), per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell'attività, ma
anche colui che eserciti di fatto l'attività imprenditoriale inquinante.
Cass. III Pen. 18366 del 7/05/2008, PG presso Corte d’Appello di Torino in proc. Rapano
Poiché il reato di cui all’art. 50, c. 2, D.Lgs. 22/97 (ora art. 256, c. 2, D.Lgs. 152/06) è configurabile nei confronti di chiunque sia individuato nell’ordinanza sindacale quale responsabile
dell’abbandono dei rifiuti, a prescindere dalla qualifica rivestita, deve ritenersi valida
l’ordinanza che ha come destinatario una persona fisica anche se la società per cui operava è
fallita.
Cass. III Pen. 41838 del 7/11/2008, Russo A.
In caso di abbandono incontrollato di rifiuti sul suolo, si esclude ogni automatismo nella responsabilità del proprietario del sito interessato, dovendo necessariamente procedersi
all’accertamento di un comportamento, pure omissivo, di corresponsabilità, quantomeno
per specifici elementi di colpa. Pertanto, non è configurabile il reato di cui all’art. 256, comma 1 lett. a) e 2, del D.Lgs. 152/06 rispetto alla condotta di chi, avendo la disponibilità di
un’area sulla quale altri abbiano abbandonato rifiuti, si limiti a non attivarsi affinché
quest’ultimi vengano rimossi, purché non risulti accertato il concorso, a qualunque titolo, del
possessore del fondo con altri autori del fatto.
Cass. Civ. – Sez. Unite 4472 del 25/02/2009, Cons. Bon. Agro Pontino c. Commissario Pref.
Com. Pontinia ed altri)
In tema di abbandono di rifiuti, sebbene l'art. 14, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (applicabile "ratione temporis") preveda la corresponsabilità solidale del proprietario o dei titolari di diritti personali o reali di godimento sull'area ove sono stati abusivamente abbandonati o depositati
rifiuti, solo in quanto la violazione sia agli stessi imputabile a titolo di dolo o colpa, tale riferimento
va inteso, per le sottese esigenze di tutela ambientale, in senso lato, comprendendo, quindi, qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata
D.L.gs. 121/2011: “231-Ambiente” - 127
“Testo del D.L.gs. 8 giugno 2001, n. 231”
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D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società
e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300. (GU 19 giugno 2001, n. 140)
CAPO I
Responsabilità amministrativa dell'ente
SEZIONE I
Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità amministrativa
Art. 1. Soggetti. 1. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti
amministrativi dipendenti da reato.
2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e
associazioni anche prive di personalità giuridica.
3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Art. 2. Principio di legalità. 1. L'ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente
reato se la sua responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono
espressamente previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto.
Art. 3. Successione di leggi. 1. L'ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo
una legge posteriore non costituisce più reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità amministrativa dell'ente, e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti giuridici.
2. Se la legge del tempo in cui è stato commesso l'illecito e le successive sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli, salvo che sia intervenuta pronuncia irrevocabile.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano se si tratta di leggi eccezionali o temporanee.
Art. 4. Reati commessi all'estero. 1. Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione
ai reati commessi all'estero, purché nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato
commesso il fatto.
2. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si
procede contro l'ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest'ultimo.
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Viale Marelli 497 20099 Sesto San Giovanni (MI)
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Aggiornato al D.Lgs. 81/2008
Testo Unico Salute e Sicurezza sul Lavoro
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Poste Italiane S.p.a. - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1 - DCB MILANO - Contiene I.P.
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VERIFICHE PERIODICHE
*ISSN 1825-5396
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Salute Sicurezza Lavoro
a 100%
Direttore Rino Pavanello
CODICE
DELLA
SALUTE
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Direttore Rino Pavanello
Contributi di:
Ian Barratt, Elisa Bertana, Carlo Bisio, Renata Borgato, Marco Bottazzi,
Paolo Campanini, Maurizio Catino, Graziano Frigeri, Livia Fussi, Anna Guardavilla,
Domenico Marcucci, Alessandra Meneghini, Marco Muratore, Antonio Nocera,
Sara Pasetto, Valeria Perrucci, Anna Piazza, Paola Riva, Claudio Tosoncin
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n°93
carta riciclat
1
carta riciclata 100%
Salute
Sicurezza Lavoro
n°94
a cura di:
Carlo Bisio e Rino Pavanello
C
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VOLUME
II Trimestre 2011
anno XXIV
Conoscere, valutare, prevenire il rischio
Ergonomia, comunicazione, leadership
*ISSN 1825-5396
Direttore Rino Pavanello
CMY
11.12
n°95
1825-5396
Livello 3
carta riciclata 100%
n°95
Costruire la Cultura della Sicurezza
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17/01/11
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MANUTENZIONE
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Trimestrale della Associazione Ambiente e Lavoro - Copia € 30,00 - arretrato € 45,00 - carta riciclata 100%
06/04/11
Poste Italiane S.p.a. - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1 - DCB MILANO - Contiene I.P.
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LAVORO-CORRELATI
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*ISSN
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n°94
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06/04/11
III Trimestre 2011
anno XXIV
Diretto
*ISSN 1825-5396
Direttore Rino Pavanello
Salute Sicurezza Lavoro
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*ISSN
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1825-5396
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Trimestrale della Associazione Ambiente e Lavoro - Copia € 30,00 - arretrato € 45,00 - carta riciclata 100%
10.12
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Italiane
n°93
Trimestrale della Associazione Ambiente e Lavoro - Copia € 30,00 - arretrato € 45,00 - carta riciclata 100%
06/04/11
III Trimestre 2011
anno XXIV
06/04/11
tre 2011
II Trimes
anno XXIV
I Trimestre 2011
anno XXIV
Poste Italiane S.p.a. - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1 - DCB MILANO - Contiene I.P.
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Poste
17/01/11
Poste Italiane S.p.a. - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1 - DCB MILANO - Contiene I.P.
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(4 Numeri) + “Rivista Ambiente
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Iva assolta dall’editore
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