ANNO 66º - Nº 4 (743) • MENSILE saluto 21 OTTOBRE 2012 Una copia 50 centesimi ti fratello! Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodici Italiani Editore: Opera San Pio X - R.O.C. n. 7337 - Direttore responsabile: Ferruccio Lucio Bonomo - Registrazione c/o Tribunale di Treviso n. 8 del 19 settembre 1948 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1 NE/TV. Stampa L’Artegrafica - Casale sul Sile (TV). I dati, liberamente conferiti all’atto della sottoscrizione dell’abbonamento, sono raccolti in una banca dati presso gli uffici di Via Longhin n. 7 a Treviso e trattati secondo quanto previsto dal D. Lgs 196/03. Per i diritti di cui all’art. 7 del suddetto Decreto, rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati. Ufficio Pastorale della Salute Casa Toniolo - Via Longhin 7 31100 TREVISO - Tel. 0422 576850 - C/C Postale 72954605 Il catechismo in tasca uando suor Bertilla spirò la sera del 20 ottobre 1922 si presentò subito la necessità di comporre la salma rivestendola dell'abito di religiosa. Il suo corredo personale contava poche cose e quelle poche cose erano veramente povere, tra cui una veste sdrucita e rattoppata. Fu per l'intervento della Ma- Q dre Generale che si ritenne opportuno rivestirla con un abito nuovo. Accadde, allora, che rovistando nelle tasche del vecchio abito fu ritrovato un libricino sgualcito dal tempo e dall'uso: il catechismo. Il libro della sapienza Nell'omelia della beatificazione, il 9 giugno 1952, il Papa Pio XII si soffermò a lungo sul particolare significato di questo “ritrovamento”. Ricordò che, se mentre la piccola Boscardin faticava nelle materie scolastiche, “assimilava con un sicuro istinto soprannaturale la dottrina cristiana... Ella comprendeva con cuore puro le cose di Dio... Allorché fu obbligata du- 2 LA PRIMA VOCE 21 OTTOBRE 2012 rante la prima guerra mondiale ad abbandonare Treviso e i suoi cari malati, la beata non prese nulla delle sue cose personali, ma chiese la grazia di portare con sé il catechismo”. “Quel piccolo libro prezioso – continuò Pio XII – ha per sé maggior valore che un'ampia enciclopedia. Esso contiene le verità della fede che si debbono credere, i doveri che si hanno da adempiere, i mezzi della propria santificazione. ...Ecco il libro della sapienza, l'arte del ben vivere, la pace dell'anima, la sicurezza nella prova. C'insegna come piacere a Dio: la beata Bertilla l'aveva compreso e fu la sua felicità”. Pochi anni dopo, l'11 maggio 1962, papa Giovanni XXIII, proclamandola santa, volle pure lui ritornare sul valore di quel libricino custodito con tanto amore. Ricordò che il catechismo, insieme con l'educazione familiare e la disponibilità alla chiamata del Signore, formarono i presupposti della santità di quell'umile suora infermiera. Aggiunse però, in modo significativo, che “l'umile suora di Brendola è la conferma di una tradizione che fa delle fervorose parrocchie la prima scuola di ben vivere e di santità”. Testimone della fede Perché dare tanta importanza al catechismo di una suora infermiera la cui fama di santità è legata alla straordinaria de- Quando suor Bertilla Boscardin morì, nelle tasche della veste le consorelle trovarono un libricino sgualcito dall’uso: il catechismo. Ancora oggi, attraverso la “porta della fede”, che abbiamo varcato in questi giorni aprendo l’Anno indetto dal Papa, questa piccola grande santa si fa incontro a noi ricordandoci che l’amore viene da Dio, che si è fatto vicino a noi in Gesù di Nazareth dizione con cui servì gli ammalati? Possiamo capire meglio ciò, ora che abbiamo varcato la “porta” di un anno dedicato alla fede. Attraverso di essa, questa piccola grande santa si fa incontro a noi ricordandoci che l'amore non è un sentimento, che tante volte può spegnersi di fronte a difficoltà o resistenze della vita. L'amore viene da Dio. Questo Dio si è fatto vicino a noi in Gesù di Nazareth, il cui Spirito d’amore viene effuso nei nostri cuori, così desiderosi di amare, ma anche così induriti e fragili. Il catechismo di Bertilla non è l'arido elenco di verità della fede da accettare ad occhi chiusi. Papa Giovanni lo aveva definito “il libro della sapienza”, nel senso vero del termine, che non deriva da “sapere”, ma da “sapore”. Bertilla e con lei tanti umili cristiani hanno trovato e trovano nelle verità della nostra fede ciò che dà “gusto” alla loro vita. Ma non sarà certo una “formula” a dar sapore alla vita cristiana. Lo ricordava Giovanni Paolo II all'inizio del nuovo millennio: “No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi”. Il catechismo sta a ricordarci che questa Persona, non è una vaga idea o un personaggio del passato, ma è il Gesù Crocifisso, Risorto e Vivente. E' su questo fondamento della fede che Bertilla e con lei una schiera innumerevole di testimoni della fede possono dire con san Paolo: “So in chi ho creduto”. Per Bertilla quel “sapere” della fede ha reso la sua vita conforme a quella di Cristo. Sul calvario il centurione credette in Gesù vedendolo morire in quel modo. Il dott. Zuccardi Merli, noto repubblicano e massone, che assistette Bertilla nel momento della morte, al processo di beatificazione così testimoniò: “Posso affermare che l'alba della mia modificazione spirituale inizia dall'aver visto suor Bertilla mentre stava per morire... Morì così come nessun altro io vidi morire... Oppressa da un male dolorosissimo, in quello stato in cui il morente si aggrappa al medico e chiede “salvami”, udirla invece dire: ‘Siate contente consorelle, io vado presso Dio’, fu cosa che mi spinse a riflettere e che ora guardo come il primo miracolo di suor Bertilla”. DON ANTONIO GUIDOLIN SPAZIO UNITALSI 21 OTTOBRE 2012 3 L’Unitalsi di Treviso propone un triduo da venerdì 19 a sabato 20 ottobre, momento di preghiera alle 20.30 nella chiesetta delle suore Dorotee (ingresso da via Scarpa) guidato da mons. Piero Vangelista; domenica 21, santa messa alle ore 10, nella chiesa dell’ospedale Ca’ Foncello. La chiesa sarà raggiunta dal personale dell’Unitalsi e da tutti i fedeli che lo desiderano in corteo, con partenza alle 9.30 da via Scarpa, portando il nuovo stendardo. La messa, presieduta da don Antonio Guidolin, direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale della salute, sarà trasmessa in diretta da Reteveneta. Anima il coro di Preganziol. Nuovo stendardo per una patrona speciale Messa all’ospedale di Treviso domenica 21 e celebrazioni eucaristiche il giorno della sua festa, il 20 ottobre, nella cappella universitaria “Oasi Santa Bertilla” di Treviso (alle ore 8.30, 10, 17) e una messa domenica 21, alle ore 10, in diretta su Rete Veneta, nella chiesa dell’ospedale Ca’ Foncello. E’ così che viene ricordata in questo fine settimana santa Bertilla Boscardin nel 90° della morte. La sezione Unitalsi di Treviso, di cui s. Bertilla è patrona, ha voluto rinnovare quest’anno il proprio stendardo, con un bel dipinto dell’artista Sergio Favotto. L'opera raffigura sullo sfondo, in primo piano, Santa Maria Bertilla, che accoglie tra le sue braccia una bambina di- L sabile, affiancata da una sorella e un barelliere dell'Unitalsi: questo per rappresentare lo spirito di amore, accoglienza e carità dell'Unitalsi verso i più bisognosi. Nata nel 1888 in provincia di Vicenza, in una famiglia contadina, con l'aiuto del parroco la piccola Anna Francesca entrò nel 1905 nelle suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Santissimi Cuori a Vicenza, prendendo il nome di suor Maria Bertilla. Divenuta infermiera, lavorò nell'ospedale di Treviso, dove si dedicò a servire i malati nel corpo e nello spirito, infaticabile nell'aiutare le consorelle. Nonostante fosse stata colpita da un tumore a soli 22 anni, continuò con impegno il pro- prio lavoro, reso più faticoso dalle difficoltà della prima guerra mondiale. Mandata a Como, soffrì molto per l'incomprensione di qualche medico e della propria superiora senza mai lamentarsi o protestare. Tornata a Treviso, riprese il suo lavoro in ospedale nonostante l'aggravarsi della malattia. Morì a 34 anni, nel 1922. La sua grandezza spirituale sta nell'aver cercato nella fatica, nell'umiltà, nel silenzio, un'unione con Dio sempre più profonda. Le sue spoglie si trovano ora a Vicenza, nella Casa madre della sua comunità. 4 ACCANTO A CHI SOFFRE di complicazioni: quando ho cominciato a capire che cosa stava succedendo dentro di me mi sono ribellato a Dio, mi sono domandato perché, non ho fatto come Giobbe che ha detto ‘il Signore ha dato, il Signore ha tolto’. Poi lentamente mi sono rivolto al Crocifisso e ho capito quanto importante è per l’uomo riuscire, attraverso il dolore, a conquistare una dedizione ancora più profonda alla propria uma- 21 OTTOBRE 2012 S coprire che la sofferenza è una risorsa”: è la conclusione, raggiunta “dopo tanti pianti di notte”, a cui è arrivato mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica italiana, reduce da un grave incidente in montagna, capitato un anno fa, che ha messo in grave pericolo la sua vita. Dopo due mesi di ospedale e di cure intensive mons. Sigalini è tornato nella sua diocesi e ha ripreso la sua attività pastorale: il Sir lo ha intervistato sia sulla sua esperienza sia sulla necessità di educare i giovani alla realtà della sofferenza. Mons. Sigalini nella Lettera di papa Benedetto XVI alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, del 2008, c’è un passaggio sul tema della sofferenza come “verità della nostra vita”: è un’affermazione che può spaventare, non crede? Il dolore ci fa sperimentare la limitatezza di tutta la nostra esistenza e consistenza: il problema è vedere se questa sofferenza è frutto di un incidente, è un malanno che ti capita, che sarebbe stato meglio che non ci fosse, è una maledizione o se invece, come è successo a me, è scoprire, do- Prima o poi l’incontro con la sofferenza po tanti pianti di notte, che è una risorsa. Prima dell’incidente ne avevo parlato in qualche omelia, ne avevo ragionato anche con i malati, ma quando lo provi sulla tua persona allora questa verità ti si incarna dentro. Occorre che le persone, i ragazzi in particolare, vengano a contatto con umiltà, con tutta questa sofferenza, che adesso si tenta di nascondere. A volte i ragazzi sono insoddisfatti della vita, ma mai si pentono di aver assistito una persona malata, che è capace di trasmettere loro la forza di voler vivere e conserva dentro di sé dei valori forti nonostante la sofferenza. L’esperienza che ha vissuto l’ha cambiata come persona e come pastore? Dopo i 15 metri di caduta che ho fatto sono arrivato all’ospedale con il cuore fermo, e poi ha avuto tutta una serie nità e direi anche all’esperienza di Dio. Il dolore che ho provato mi ha fatto capire, per esempio, cosa vuol dire la solidarietà, non potersi muovere e avere bisogno di tutti per poter cominciare a sperare e a vivere, e questo, già di per sé, è stato un regalo. E poi l’esperienza di fede più bella è quella di unire, con molta consapevolezza della nullità che siamo, la nostra sofferenza con quella di Gesù Cristo. Nella vita cristiana non c’è l’equazione ‘hai fatto bene, un premio, hai fatto male, un castigo’, nella vita cristiana noi dobbiamo compiere ancora maggior bene perché il male è troppo: Gesù Cristo era innocente e ha patito perché questo male fosse distrutto e anche noi abbiamo questa vocazione a portare avanti la sofferenza perché questo mondo diventi migliore. SIMONA MENGASCINI