3
Madre di Dio
La teologia dell’Immacolata Concezione di Maria fonda la mariologia di P. Ludovico Acernese
su questioni che, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, aprono diverse prospettive nel campo
della riflessione dogmatica. Tuttavia, come ho detto all’inizio del capitolo sull’Immacolata, essa
non costituisce il primo principio della sua mariologia, perché il dogma dell’Immacolata è fondato a
sua volta su quello della maternità divina di Maria.
Padre Acernese lo dimostra collocando, all’inizio del suo trattato mariano più importante, lo
Schizzo mariano, la presenza di Maria ab aeterno nel progetto salvifico di Dio per l’umanità. Su
questo argomento egli precisa le motivazioni della concezione immacolata di Maria affermando che
esse sono legate strettamente alla cristologia e all’antropologia: Maria Immacolata è stata “pensata”,
insieme con l’Incarnazione del Verbo, in funzione di modello di creaturalità redenta e, per i suoi
particolari rapporti con la Santissima Trinità, di mediatrice e avvocata fra gli uomini e Dio, non in
contrapposizione all’unico mediatore che è Cristo Gesù, in quanto Dio e in quanto Uomo, ma ad un
livello più basso e altrettanto efficace, in relazione cioè a Cristo, essendo stata scelta a divenire sua
Madre.
La teologia dell’Immacolata Concezione viene completata quindi dalla riflessione sulla teologia
della maternità divina di Maria che, come afferma il nostro autore, “è, secondo Epifanio, libro
inaccessibile ad intelligenza creata, la quale da per sé, per sola benignanza, dà a leggere al mondo la
Parola del Padre” 1 .
3.1. Mariologia e cristologia
P. Ludovico spiega in questo contesto che la mariologia non occupa una riflessione a sé, ma va
collocata all’interno della cristologia, essendone inseparabile.
E’, infatti, la maternità di Maria, per P. Ludovico, a rivelarci il tratto più intimo del mistero
centrale della nostra fede: l’Incarnazione del Verbo, aiutandoci a comprendere come e in che misura
il Dio assolutamente trascendente e maestoso che ha creato il cielo e la terra non disdegni di farsi
umile infante nel seno di una donna, condividendo, per amore dell’uomo peccatore, la sua stessa
condizione umana, eccetto il peccato, e immolandosi per lui fino alla morte di croce per innalzarlo a
quella dignità di figlio adottivo di Dio che egli aveva perduto con la disobbedienza originaria.
Egli prosegue affermando che, se il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria ci presentava il
modello della creaturalità redenta dal Figlio di Dio secondo il disegno salvifico divino, il dogma
della divina maternità di Maria ci fa entrare nel momento dell’attuazione storica di questo progetto,
che è l’Incarnazione del Verbo. Approfondendo teologicamente i rapporti intimi che si creano fra la
Madre e il Figlio e fra il Figlio, Lei e tutta l’umanità, noi potremo leggere il mistero del nostro
essere e del nostro rapporto con Dio.
L’importanza della mariologia nella cristologia è dimostrata a partire dalle eresie cristologiche
che sono sorte lungo i secoli,che il cappuccino irpino riporta fedelmente con le rispettive
confutazioni magisteriali. E fa notare che contemporaneamente viene negata anche la maternità di
Maria o che questa serva di pretesto per screditare la divinità di Gesù. E cita le errate ideologie del
passato, come il nestorianesimo e il luteranesimo, e quelle del presente, come il razionalismo
esasperato, il panteismo e il comunismo, che discredita la realtà storica di Gesù 2 .
1
2
Prose, 110.
Ivi, 50.
A tutti P. Ludovico risponde con dovizia di particolari, e, alla fine, afffermando che
“guardandosi con l’acume della ragione l’altissimo scopo della Incarnazione e redenzione,
n’emerge la confessione del Domma del peccato originale e della trasfusione di esso in tutt’i
discendenti di Adamo. Guardandosi più addentro Gesù, come Figlio di Maria nel tempo, e con la
forza razionale poggiata sulla Fede e dalla Fede illuminata riconoscendosi e confessandosi Gesù
come Verbo del Padre, Incarnato nel Seno della gran Vergine Immacolata, si riconosce e si confessa
Maria quale Madre di Dio, Teotocon. Di fatti, come Tizia, madre di Caio, è madre di tutto Caio cioè
del corpo non solo, ma benanche dell’anima che lo informa, così e in più elevata maniera Maria,
Madre di Gesù, è Madre di tutto Gesù Verbo Umanato. Con più elevata logica per la ragione che
l’umana natura in Gesù non ha personalità propria, dappoiché ha la Sua Sussistenza nella Persona
del Verbo, Cui fu unita in ammirabile unità di Persona. Da ciò si ricava legittimamente il Dogma
della divina Maternità di Maria; e quindi l’altro Dogma gloriosissimo della Sua Immacolata
Concezione colla Verginità perpetua, prima del parto, nel Parto e dopo il Parto”3 .
E conclude:”I destini di Maria sono quelli di Gesù; e le mariane glorie sovraccolme di privilegi e
di grazie non si ripetono” 4 .
3.2 La duplice vocazione di Maria
P. Ludovico Acernese inizia la sua riflessione mariologica sulla maternità di Maria spiegando
come l’invito a divenire Madre di Dio implichi, in Maria, una duplice vocazione: una, a dimensione
personale, che riguarda la sua nuova vita in relazione al figlio che da lei nascerà, l’altra, a
dimensione universale, come universale è la portata dell’evento di cui diventa protagonista. La
prima ha un preciso riferimento cristologico, in relazione all’Incarnazione del Verbo, la seconda,
invece, è essenzialmente in prospettiva ecclesiologica ed antropologica perché il prodigioso parto di
Maria la rende icona perfetta della Chiesa, Vergine e Madre, che genera alla grazia le anime redente
da Cristo e modello incomparabile di ogni maternità umana e spirituale, di ogni fecondità ottenuta
per la fede.
Di questa duplice vocazione P. Ludovico sottolinea il momento in cui Dio chiama Maria a
collaborare, e non solo passivamente, all’opera stessa della redenzione, chiedendole di generare,
portare e custodire in Lei il suo Verbo Divino spiegando come, a motivo di ciò, Egli la elegga ad un
ruolo centrale nella storia della salvezza, ruolo che riguarda Maria e, nello stesso tempo, l’intera
umanità, così come la nascita di Cristo segna una nuova tappa nella storia del mondo.
Seguendo la teologia dei Padri greci e latini, P. Ludovico precisa che Maria è definita Madre di
Dio perché ha generato secondo la carne il Verbo divino e ha dato la vita a un uomo. Il frutto del
suo seno è veramente Dio, in quanto non ha perduto con l’Incarnazione, né in alcun modo limitata
la sua natura divina, ed è veramente Uomo, per l’unione ipostatica della natura umana con quella
divina, nell’unica persona del Verbo, “senza separazione né divisione, senza mutamento né
confusione”, come afferma il Concilio di Calcedonia del 451.
Il titolo di Madre di Dio salvaguarda, a livello cristologico, appunto l’unione ipostatica del
Verbo divino, quell’unità del tutto singolare della natura divina e della natura umana nella persona
di Cristo Gesù, come il Concilio di Efeso, nel 431, aveva definito specificando che Maria non ha
dato alla luce Dio, il fondamento originario atemporale e presente a tutti i tempi di tutto l’essere, né
ha dato alla luce e nutrito un uomo qualunque, ma ha collaborato concretamente, con tutto il suo
essere, anima e corpo, all’Incarnazione del Verbo nella storia.
Gli effetti di questa altissima vocazione sono più che evidenti in Maria. P. Ludovico afferma,
infatti, che il passo evangelico in cui si afferma che da Maria è nato Gesù implica “una dignità
impareggiabile, che è la seconda dopo quelle derivanti dalle divine relazioni essenziali alla Triade
augustissima, dignità quasi infinita, come afferma l’Angelico (S. Tommaso d’Aquino, detto il
Dottore Angelico): beata Virgo, ex hoc quod est Mater Dei, habuit quamdam Dignitatem infinitam
3
4
Ivi, 53.
Ibidem.
ex bono infinito, quod est Deus” 5 .
E continua dicendo che “la santità di Maria si fonda sulla splendida e speciale dignità che è
l’esser Madre di Dio, per cui è impossibile pensare un’altra creatura a lei superiore” 6 . Allora è in
relazione alla maternità divina che si comprendono tutti i privilegi e le grazie di cui è stata rivestita
Maria, ad iniziare dalla sua concezione immacolata.
La Concezione Immacolata, con tutto quello che di ontologico realizza nell’essere di Maria, era,
nei piani di Dio, una preparazione remota a ciò che doveva realizzarsi con l’Incarnazione del Verbo.
Tutta la bellezza dell’essere di Maria, concepito, fin dal primo istante della sua esistenza, nella
pienezza della santità e della perfezione a cui una creatura può aspirare, era soltanto in funzione del
compito altissimo a cui Dio la chiamava, essere, cioè, Madre del Verbo Divino.
3.3. Dimora di Dio fra gli uomini.
Cosa comporta teologicamente per Maria essere Madre di Dio? Padre Acernese afferma che con
la chiamata a diventare Madre di Dio, Maria diventa il tabernacolo vivente del Verbo Divino, il
“libro inaccessibile” che rivela sua presenza nella storia, la dimora pura e santa di Dio fra gli
uomini 7 .
Pertanto, se come Immacolata, Maria si poneva in uno stato di esemplarità sublime di fronte
all’umanità, come la sua gloria e il suo vanto, in quanto Madre di Dio, ora inizia a rivelare il suo
ruolo di mediatrice, poiché la divina maternità la colloca in uno stato unico rispetto a Dio, con cui
entra in contatto strettissimo, e rispetto all’intera umanità, per le conseguenze teologiche che questo
comporta.
Essendo la Madre del Verbo, Maria condivide, infatti, con Lui la sua stessa carne, gli dà in un
certo senso le condizioni concrete per la sua entrata nella storia, e, d’altra parte, entra in una
comunione di vita unica con Lui, lo porta nel suo seno immacolato, gli trasmette le sue sembianze e
le sue caratteristiche psico-somatiche, lo nutre della sua stessa vita, comunica con Lui come solo
una mamma sa fare col suo bambino, il suo cuore palpita ad unisono con quello del Figlio divino, il
quale, a sua volta, respira il suo stesso alito, assapora ciò che lei assapora, incarna ciò che Maria è
nella sua carne 8 .
D’altro canto Maria riceve dal Figlio la vita divina che pulsa in Lui dall’eternità. Entra nella
dimensione divina del Figlio che porta in grembo. Raggiunge, pertanto, il grado più alto di
comunione con Dio a cui si può pensare, la stessa intimità di sangue e di carne col Verbo che
profonde in Lei tutta la pienezza della sua grazia abitando realmente in Lei come nel più bello dei
tabernacoli.
E ciò comporta un rapporto nuovo e più intenso con tutta la Santissima Trinità, che, come al
momento del suo concepimento immacolato, agisce, nelle sue distinte Persone, in Lei. P. Ludovico
lo commenta riferendosi al famoso brano di S. Luca in cui si descrivono con chiarezza le operazioni
delle tre Persone Divine in Maria al momento dell’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele e,
quindi, del concepimento verginale di Gesù 9 :
“Maria Immacolata è Colei che, a mente del magno Basilio, accresce le glorie del Padre pel
quale divenuta Madre di Prole increata, vien resa Madre di un Dio umiliato nella natura dell’uomo:
Maria magnificat Patrem. Maria, prosegue lo stesso Santo Dottore, è Colei che dilata le glorie del
Figlio, poiché nel proprio sangue il mezzo a Lui porge per lacerare tra le mani si Satana il
chirografo antico e riamicare la terra col cielo: Maria magnificat Filium. Finalmente è Colei che
discuopre la virtù dello Spirito Santo, il quale divenuto a Lei Sposo, acquista una fecondità
prodigiosa; e se prima era sterile ed infecondo, per lei Vergine ed Immacolata verrà a manifestarsi
simile al Padre, poiché soprannaturale origine diviene, e principio ad extra di un Essere infinito, di
Prose, III.
L. ACERNESE, La Visitazione: panegirico, Benevento 1903, 13.
7 Cf. L. ACERNESE, L’Incoronata di Pietradefusi, Benevento 1888, 6-7.
8 Cf. L. ACERNESE, La visitazione: panegirico, Benevento 1903, 12.
9 Cf. Lc 1, 26-38.
5
6
un Dio; appartenendosi a Lui conduce nel sen virgineo il Verbo del Padre, dovendo essere opera sua
onnipossente formare dal sangue di Maria il Corpo del Verbo in istrettissima personale unione:
Maria magnificat Spiritum Sanctum” 10 .
Soffermandosi su ciò che avviene in Maria P. Ludovico considera, a questo proposito, la
bellezza di questa fanciulla che è stata capace di attirare nel suo seno verginale il Signore Iddio. Ma,
proprio partendo da questa virtù di Maria, egli introduce la dimensione universale della nuova
vocazione di Maria, spiegando come la sua bellezza sia stata vantaggiosa per tutta l’umanità, perché
ha consentito la venuta del Redentore nella storia. Maria diventa, in tale luce, il sassolino di Davide
che sconfigge il possente Golia, simbolo del demonio e del peccato che ha causato tanti mali
all’umanità: “Il mondo aveva bisogno di un riscatto e Dio vagheggiò Maria tutta pura, tutta santa,
tutta Immacolata. E chi non vede avere Iddio in tal creazione dispiegato splendidamente le auree
pagine della sua molteplice sapienza, dischiuso i tesori della sua inesausta ricchezza, ed impiegata
insieme l'Onnipossente Sua Destra? Il biblico sassolino che stritola il Colosso è Maria Immacolata
quando viene concepita. E' per Lei che l'umanità ottiene il divin Redentore” 11 .
E aggiunge che, nel momento in cui diviene madre, Maria presenta al mondo non più soltanto
l’immagine più eccelsa della grazia e della santità di Dio, ma lo stesso volto di Dio, rivelandocene i
tratti attraverso la sua persona. Quindi, insieme col Figlio, anche Maria inaugura in sé i tempi
escatologici dell’era nuova in cui la pace e la giustizia regneranno sulla terra12 .
3.4 Via per l’incontro con Dio.
Padre Acernese vuole arrivare ad affermare che, concependo il Verbo, Maria diventa la stessa
dimora di Dio fra gli uomini, la mistica tenda per l’incontro privilegiato con Lui. E’ quindi la via
scelta da Dio per entrare in dialogo con l’umanità, la porta attraverso la quale entra nel mondo
Cristo Gesù, e, con Lui, la grazia di una vita nuova, la redenzione, per tutta l’umanità.
Gli effetti di questa vita nuova che Cristo inaugura nel mondo ci sono comunicati in primo luogo
in Maria che si presenta a noi non solo come maestra, ma come via sicura di santificazione perché
lei stessa porta in grembo la Verità, la Virtù, la Sapienza incarnata: “Maria non è unicamente
maestra di verità e di sapienza, ma Colei che ha partorito la Verità per essenza e la Incarnata
Sapienza, ossia Gesù Cristo, né è solamente operatrice di virtù, ma la virtù medesima personificata,
così ogni bene tra noi sarà permanente derivazione della sua bontà” 13 .
Perciò la teologia della divina maternità di Maria giustifica l’importanza della sua presenza nella
vita spirituale di ogni uomo. P. Ludovico Acernese insegna, infatti, che, affidandoci a Lei,
facendoci anche noi piccoli nel suo grembo saremo illuminati da Lei, nutriti anche noi da Lei,
portati in braccio da Lei e, attraverso Lei, incontreremo Gesù, suo Figlio, che abita in Lei.
La funzione di Maria è appunto quella di purificarci e prepararci all’incontro col Figlio. In
questo senso sarà anche la nostra madre, generandoci alla stessa vita di grazia che meritò di portare
in Lei.
Padre Acernese precisa che, accogliendo l’insegnamento di Maria e mettendoci sotto la sua
materna protezione, quasi come lasciandoci rifare da Lei, saremo plasmati a poco a poco
nell’immagine di Cristo. Maria ci guiderà alla fede e la fede svilupperà in noi l’amore e l’amore
ogni altra virtù, in particolare la speranza, che ristabilirà in noi l’equilibrio nell’ordine intellettuale,
morale e sociale, mettendoci in grado di entrare in comunione con Dio, di cui Lei ha goduto e gode
un’intimità unica e irripetibile 14 .
Il pensiero mariologico del cappuccino irpino prospetta a questo punto una teologia della
“seconda nascita” di ogni cristiano da Maria, prendendo spunto dal concetto giovanneo di rinascita
dall’alto. Come un giorno Gesù disse a Nicodemo che era necessario per ogni uomo rinascere
Prose, 110..
Ibidem..
12 Cf. L. ACERNESE, L’Incoronata di Pietradefusi, cit., 7.
13 L. ACERNESE, L’incoronata di Pietradefusi, Benevento 1888, 7-8.
14 Ibidem.
10
11
dall’alto per accogliere in lui regno di Dio, così P. Ludovico pensa che sia necessario rinascere da
Maria per comprendere pienamente Gesù. In primo luogo perché questa è la via scelta da Dio stesso
per farsi uomo. Se Dio stesso l’ha scelta, perché allora dubitare della sua validità?
In secondo luogo, se è vero, com’è vero, che esistono altre vie per andare a Dio, quella che passa
per Maria sembra essere la più veloce e la più sicura perché è stata la strada percorsa dallo stesso
Verbo per entrare nell’umanità e perché nessun altra creatura potrà mai vantarsi di essere stata tanto
vicina a Dio come Maria, tanto unita a Lui come Lei, e, perciò, tanto eccelsa come maestra di vita e
mediatrice di grazia.
In questa via mariana alla santità P. Ludovico Acernese presenta un itinerario di infanzia
spirituale mariana che prende molto dalla spiritualità di S. Teresa di Lisieux con l’aggiunta di
connotazioni mariane in quanto prevede l’abbandono fiducioso e totale in Maria come punto di
partenza del cammino interiore. Permettendo a Maria di essere la nostra madre spirituale e la
maestra di vita, egli dice che le consentiremo di comunicarci quelle realtà che Lei stessa visse
quando portò nel suo seno il Figlio di Dio e lo generò al mondo.
L’argomento sarà ripreso nel capitolo su Maria come fondamento della vita spirituale. In questa
sede vogliamo soltanto far notare come queste intuizioni superino il concetto di devozione mariana
di San Luigi Grignon di Montfort e di S. Massimiliano M. Kolbe perché vanno al di là dell’idea di
“schiavitù mariana” del primo e di “possesso o proprietà illimitata dell’Immacolata” del secondo
perché prospettano un’unione più intensa e indissolubile fra il devoto e Maria, qual è quella filiale,
quell’unione unica e irripetibile che si crea fra il figlio e la madre e che permette di parlare di vera
identificazione.
3.5. Vergine e Madre nella fede.
Divenendo Madre di Dio, Maria viene chiamata a diventare anche Madre dell’umanità,
cominciando, pertanto, ad avere un ruolo attivo nell’opera della redenzione del genere umano.
Il primo è il suo sì al progetto divino in Lei. Questo sì detto nella fede fa di Maria, la Vergine,
Madre e Madre restando Vergine. P. Ludovico lo illustra con le parole sublimi dei Padri della
Chiesa spiegando che Maria ha concepito prima nella sua fede e poi nella sua carne il Verbo di Dio.
Per questo rimane Vergine intatta prima, durante e dopo il parto: vergine integra nella sua fede,
nella mente, nel cuore, nel corpo, in tutta se stessa.
P. Ludovico non si sofferma molto a considerare il parto verginale di Maria perché scrive
sempre per un intento pastorale e, nel suo contesto storico-culturale, il dogma della verginità di
Maria non creava particolari problemi, come è avvenuto dopo il 1960. Tuttavia egli non manca di
sottolineare più volte nei suoi scritti questo titolo mariano affermando la dottrina classica e cioè che,
tranne Maria, non c’è alcun concorso d’uomo nella formazione della natura umana di Gesù.
Egli valorizza soprattutto la fede di Maria come prova e segno dell’integrità del suo essere. E’ la
fede di Maria che ottiene l’Incarnazione del Verbo. Se la giustificazione avviene per la fede in
Cristo Gesù e se, come abbiamo detto nei capitoli precedenti, Maria Immacolata è la creatura
redenta già nel momento del suo concepimento in vista della fede, parlando dell’Incarnazione del
Verbo P. Ludovico sottolinea come Maria ottenne questo prodigio nel suo seno appunto per aver
saputo conservare la sua fede integra e immacolata. Per questa sua integrità, che è, Maria partorisce
prima nel suo spirito e poi nella carne Gesù, il Figlio di Dio15 .
Sulla scia di Sant’Agostino P. Ludovico precisa poi che questo evento non riguarda soltanto la
nascita di Cristo come uomo, ma anche come corpo mistico, cioè come Chiesa. Maria concepisce e
genera il Christus totus, divenendo in tal modo Madre di Dio e Madre della Chiesa, suo corpo
mistico.
Per la incontaminatezza della sua fede Maria è la Madre per eccellenza, la Madre di Cristo e
dell’umanità, la nuova Eva che partorisce nella fede la progenie di Dio, la sempre Vergine feconda
15
Prose, 104 e ss.
per opera dello Spirito Santo 16 .
A questo punto Padre Acernese afferma che, così come ha generato il suo Figlio Divino, Maria è
chiamata a generare nella fede ogni cristiano ed è immagine della stessa Chiesa che, rimanendo
vergine nella fede, diviene feconda nella grazia.
Rivolgendosi a Maria, rinascendo da Lei, ogni cristiano ritroverà quella purezza di fede
necessaria per la salvezza e sarà introdotto nel mistero di Dio da Maria stessa, “libro inaccessibile”
alla sapienza umana, ma aperto ai piccoli del Vangelo e ai puri di cuore 17 .
La Madre di Dio diventerà per noi, come afferma P. Ludovico Acernese, “la celeste
dispensatrice di tutte le grazie” 18 , “la mediatrice e il centro della vita della Chiesa”, che riconosce in
Lei il “perenne tabernacolo dove dimora l’Altissimo”, “la maestra universale”, “la via più sicura e
più breve per la nostra santificazione” 19 . Anzi la “Vergine fatta Chiesa”, secondo la definizione di
San Francesco d’Assisi fatta propria dal Concilio Vaticano II: il modello più compiuto della Sposa
di Cristo integra nella sua fede e feconda nell’amore.
3.6. Madre della Grazia e della Misericordia.
Per tutto quello che ha detto finora P. Ludovico definisce Maria “grazia incominciata per
l'umana famiglia” perché se “la grazia è frutto della redenzione, perciò stesso Maria Immacolata è
grazia della redenzione, perché ne raccolse tutti interamente gli effetti, essendo autrice di quella
Grazia che l'uman genere perdette nel suo ceppo-Adamo” 20 .
Maria stessa rappresenta, in tal senso, la grazia anticipata per tutti gli uomini, in quanto già
redenta in vista dei meriti del Figlio, Madre della Grazia Divina e segno visibile della sua potenza
redentrice nel mondo. Adoperando una famosa metafora patristica, egli dice che Maria è “l’Aurora
della nostra salvezza perché ha donato al mondo il Sole della Grazia, Cristo Gesù” 21 .
Una graziosa effigie della Madonna delle Grazie, esposta nella Cappella della Casa Madre delle
Suore Francescane Immacolatine, consente di illustrare meglio questo pensiero del Padre Acernese.
In un panegirico dedicato appunto a Lei P. Ludovico dice: “L’immagine esprime ed evidenza il
grandioso avvenimento del Verbo Incarnato, intanto che la Madre e il Figlio levano in alto la
misericordiosa destra in atto di benedire, sia per mostrare la loro origine divina, il Figlio per natura,
la Madre per graziosa missione, sia per mantenere viva in noi la Fede negli augusti misteri,
massimamente in quello dell’Augustissima Triade, simboleggiata, possiamo dire, nelle tre dita
erette, in nome di Cui dispensa a larga e non interrotta profusione materna le più elette grazie, sia in
fine per riconfortare delle celesti beneficenze l’uomo prostrato a terra pel peccato” 22 .
“Unita strettamente alla SS. Trinità di cui è insieme figlia, madre e sposa”, Maria è divenuta
Madre della Grazia e condivide col Figlio, per così dire, la sua natura divina, in base alla sua
missione, facendo da “anello di congiunzione tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, l’armonia più
cara delle due Leggi per la forte ragione, che proclama che la Donna del Genesi, profetata vittoriosa
del serpente insidiatore, menzognero, omicida, si trasforma nella Donna del Vangelo, salutata
dall’Arcangelo: “Piena di Grazia”, divenuta già Madre del Divin Verbo, ed impegnata nell’Opera
della Redenzione del mondo, la quale felicemente inaugura sulle montagne della Giudea, in casa di
Elisabetta” 23 .
Nella sua portentosa maternità si completa l’antica promessa fatta da Dio ai nostri progenitori, si
realizzano tutte le profezie messianiche e si dà principio al Nuovo Testamento. Ecco perché il
L. ACERNESE, L’incoronata di Pietradefusi, Benevento 1888, 7-8.
Cf. Ibidem.
18 Cf. Prose, 179.
19 Recentemente si moltiplicano gli studi mariologici che sono orientati in questa direzione. Fra tanti ci piace citare: O.
VAN ASSELDONK, Una spiritualità per domani: Maria, Francesco e Chiara, Roma 1989, 133-146.
20 Prose, 179.
21 Prose, 110.
22 L. ACERNESE, La visitazione: panegirico, Benevento 1903, 6.
23 Ivi, 7.
16
17
mistero di questa maternità diventa, per P. Ludovico Acernese “la più sublime teologia della mente,
la più cara poesia del cuore!” 24 .
Grazie alla divina maternità, Maria si ritrova ad essere piena di grazia e, nello stesso tempo,
madre della Grazia rivelando gli strettissimi legami che la uniscono a Gesù. Da una parte P.
Ludovico mette in evidenza l’azione di Dio in Maria e, dall’altra, la nuova condizione di Maria
stessa, tutta trasfigurata dal suo parto divino.
Sulla scia degli Autori medioevali, in particolare di Alberto Magno, egli spiega che “è legge
imprescindibile che il simile generi il simile, salvo che la natura non ne venga impedita o non erri.
Ora essendo uno ed il medesimo l’Operante nella Madre e nel Figlio, cioè Iddio, a Cui ripugna il
poterne essere impedito o errare, è legittima la conseguenza che il Figlio doveva essere simile alla
Madre e reciprocamente la Madre al Figlio. Che anzi, siccome in Maria la natura è in sommo grado,
al non plus ultra, perfezionata pel concorso della grazia di preservazione, così il Figlio è
somigliantissimo alla Madre, avendo da Lei ed in Lei assunto il completo Essere di Uomo nella
qualità di divina Persona e di Verbo Eterno del Padre” 25 .
Gesù, Autore della Grazia, è dunque realmente “frutto di Maria”, per cui la Vergine è realmente
Madre della Divina Grazia, avendolo generato secondo la carne ed essendo stata, a sua volta,
rigenerata dalla sua presenza divina.
Ed è chiamata anche “Madre di Misericordia” perché, sempre secondo la teologia dei Padri della
Chiesa, “Maria è l’Iride della Misericordia, l’attributo principe fra i divini, Iride che si ravvisa come
un Arco, in cui riflettendo e rifrangendosi i raggi del Sole offre a noi un colorato meraviglioso
trionfo” 26 .
Col suo prodigioso parto, Maria raffigura l’Arcobaleno che manifesta al mondo i tratti umani di
Dio e quindi rivela la sua misericordia senza limiti per l’uomo, divenendo mediatrice con Lui di
ogni grazia. Infatti P. Ludovico aggiunge che “siccome la Redenzione del genere umano venne per
Lei, così ogni tratto di Misericordia divina afferra i secoli e le umane razze che si succedono a
mezzo dell’Arco di pace fra il Cielo e la terra segnato nella nube dopo il diluvio, attraverso la
Santissima Vergine Maria Madre di Misericordia, espressione di quest’Arco” 27 .
3.7. La Madre del Redentore
Come già era accaduto per la sua Concezione Immacolata, la maternità divina di Maria non si
limita a dimostrare, per P. Ludovico Acernese, soltanto l’esemplarità di questa donna grandiosa, ma
anche e soprattutto la sua presenza dinamica accanto al Figlio nell’opera di redenzione del genere
umano.
Maria è la Donna che riscatta l’umanità peccatrice, raffigurata in Eva, perché viene innalzata a
tal punto da divenire Madre di Dio. Questo privilegio comporta una stretta condivisione della vita
del Figlio, del suo essere e del suo destino per cui Maria diventa anche Madre della Divina Grazia e
Via per andare a Dio. P. Ludovico precisa, infatti che, “se Maria, come vera Madre di Dio, diede
l'umana carne al Verbo, tutti e due sono fra di loro congiunti da quei nodi strettissimi che hanno le
Madri coi figli, identificandosi in uno e sangue e vita e natura” 28 .
La maternità di Maria indica un’unità di vita e di missione, che si manifesta dalla vita nascosta di
Nazaret fino all’ora della piena rivelazione della missione redentrice del Golgota.
Proprio questa condivisione interiore ed esteriore del mistero dell’Incarnazione, Morte e
Risurrezione di Cristo rendono unico ed eccelso il ruolo di Maria nel piano di salvezza
dell’umanità, rendendola “Madre del Redentore”, “Corredentrice”, e “Madre della Chiesa”, intesa
come corpo mistico di Cristo, il Cristo totale partorito da lei nella fede prima ancora che nella carne.
Secondo P. Acernese, infatti: “alla Dignità di Madre di Dio Maria doveva unire anche l'altra di
Ibidem.
L. ACERNESE, La visitazione: panegirico, Benevento 1903, 12.
26 L. ACERNESE, Discorsi, 41.
27 Ibidem. L’argomento sarà sviluppato nel capitolo riguardante la mediazione di Maria.
28 Prose, 110.
24
25
Madre degli uomini, conseguenza del mirabile Officio di Corredentrice ad Avvocata della decaduta
e pervertita umanità, a compiere il quale Officio era stata predestinata. I destini Ella aveva comuni
col Figlio: Gesù dunque Redentore, Mediatore, Avvocato presso l'Eterno Divin Padre, Maria
Corredentrice, Mediatrice ed Avvocata presso Gesù Cristo” 29 .
L’unione dei destini fra Madre e Figlio emerge in modo stupendo nell’ora del Calvario. Sul
Calvario Maria, partecipando all’immolazione del Figlio con la sua personale immolazione, viene
da Lui unita strettamente alla sua opera di salvezza per tutto il genere umano.
“Eccola - esclama P. Ludovico - immobile a pie’ della Croce: con quella eroica fortezza,
soffrendo non finiti dolori, dimostrò di non avere perduto, come non perderà giammai, le
ammirande qualifiche di Regina vivente, di Madre feconda, di Donna gloriosa” 30 .
Immolandosi col Figlio Maria diviene doppiamente madre: Madre del Redentore e Madre
dell’umanità da Lui redenta: Madre feconda per la sua fede e Madre feconda per il suo incruento
martirio.
E’ questo il senso delle parole che il Redentore morente pronuncia in favore di Giovanni: “Ecco
tua madre!” In Giovanni sta racchiusa tutta l’umanità che, ai piedi della croce, sta per rimanere
orfana, privata di Colui che il peccato sta uccidendo.
Di fronte a questo triste spettacolo il Signore dona una nuova ancora di salvezza: Maria. Lei sarà
la Madre, la guida, la stella che ricondurrà l’umanità accecata dalla superbia all’umiltà della fede.
Lei sarà la Madre del bell’amore che riaprirà i loro cuori alla luce del Vangelo e li riconcilierà con
Dio e, nello stesso tempo, sarà per tutti la Madre del Redentore che svela al mondo i suoi divini
decreti e la sua misericordia senza limiti 31 .
E questa nuova maternità, opera, come la prima, dello Spirito Santo, completa e illustra in
pienezza il senso della stessa maternità divina di Maria 32 .
La Madre del Redentore viene chiamata ad essere, infatti, Corredentrice del genere umano e
mediatrice di tutte le grazie. Ma di questo parleremo nei prossimi capitoli.
L. ACERNESE, La Visitazione: panegirico, Benevento 1903, 18.
L. ACERNESE, Discorsi, 44.
31 Cf. L. ACERNESE, L’incoronata di Pietradefusi, Benevento 1888, 7-8.
32 Cf. L. ACERNESE, La Visitazione: panegirico, Benevento 1903, 18.
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L’Annunziata
E’ l’alba che riede feconda d’amore,
Intesa a svegliare le cose dormienti;
E’ l’alba che invita col vivo splendore
A vita novella le misere genti;
E’ l’alba foriera di lieto mattin,
Già nunzio sublime d’un atto divin.
Più limpido scorre pe’ campi il ruscello;
Su’ colli, nel piano l’aurette odorose
Ci scherzano intorno, più lieto l’augello
Saluta il creato con note amorose;
E pare che dica: Stagione è d’amor.
Sia lode a l’Eterno! Sia lode al Signor!
Più bello, di luce più pura raggiante
Il Sole riappare su l’egra natura;
E sembra che allieti dell’uomo il sembiante,
Già mesto e sparuto per atra sventura,
Su le ali de’ venti la Speme volò,
E al mondo salvezza dal Cielo portò.
Dischiuso l’empireo, fugate le nubi,
Discende a gran volo l’Arcangel divino
E, mentre lassuso festanti i Cherùbi
Inneggiano a Dio insiem Uno e Trino,
L’altissimo Messo sincero e fedel
Lontano si vede dai campi del Ciel.
E il messo celeste quel cheto abituro
Ricinto di luce saluta e s’inchina,
Che il giorno segnato nei Cieli è maturo
E il mondo rischiara la luce divina;
Si prostra Ei sommesso con snato gioir,
E annunzia a Maria l’eterno desir.
E all’Angiol divino la lieta parola
Appena rivolse la Vergin cortese,
Lo Spirito Santo che allieta e consola,
In seno a la Diva repente discese.
Il Verbo a la carne mortale così
Unito per sempre restava in quel dì.
Oh come se’ cara! Tu fulgida Stella!
Fra tanti perigli tu Grazia e Fortezza,
Dell’angue d’abisso tu Eva novella,
Trionfasti, tu nostra speranza e salvezza,
Di Dio Genitrice possente, immortal,
In Cielo ed in terra non trovi l’ugual.
Oh come se’ cara, mia madre Maria!
Baciar ti vorrei, sederti d’accanto!
Tu sola se’ vita de l’anima mia,
Nel gaudio te invoco, te chiamo nel pianto.
Fa, o Madre, che io viva d’amore e di fè!
Fa, o Madre, che io muoia, parlando di Te!
A Maria Santissima delle Grazie
O tu, che, gemma fulgida
D’un infinito amore,
Salisti in tanta gloria,
Qual Madre del Signore,
Io t’amo, e con i palpiti
Ardenti del mio petto
Ti giuro eterno affetto,
E tutto tuo sarò.
Deh! Madre dolce accendimi
Del foco tuo divino,
Onde io mi muti in angelo,
In vero serafino.
Al pari del serafico
Mio Padre poverello,
E, al par di lui, più bello
O Madre, a te parrò.
Non fia per te, di Grazie
O Madre portentosa,
Che su quest’alma tacciasi
Senz’armonia festosa
Un ispirato cantico
Quale lo detta il core,
Di cui tu sei l’amore,
Tu sei speranza e fè.
Tu, d’ogni don sacrario
Ed Arca di salvezza,
Degli uomini e degli angioli
Tesoro ed allegrezza!
O Immacolata Vergine,
Madre del mio Diletto,
A te m’affido, e aspetto
Con fede il ciel da te.
L’anima di quest’anima,
O Madre, ognor sarai;
A te gemente e supplice
Ricorrer mi vedrai
Durante questo esilio
Di stenti e di sventure,
Per poi goder le pure
Bellezze tue lassù.
Al Ciel sospiro, o Vergine;
Deh sii la guida mia!
Il Ciel desio, deh guidami,
Guidami tu, o Maria!
Regina de le Grazie,
Fammi tal grazia, e al cielo
Guida il mio spirto anelo!
Salvami, il puoi ben tu.
Sento appressarsi il termine
Del combattuto frale;
Sento il mio stanco spirito
Spignere in alto l’ale.
Odo cantare un fervido
Cantico di allegria,
E scossa l’arpa mia,
Un suono anch’essa dà.
Un suon, ch’è l’eco armonica
Del nome tuo divino,
O Madre de le Grazie,
Chiamami a te vicino,
A te per tutti i secoli,
Vorrei, Madre, inneggiare;
Vorrei di te cantare
Per una eternità.
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3 Madre di Dio - Suore Francescane Immacolatine