La biblioteca di Florianopolis di Patrizio S. Poema a Fumetti di Dino Buzzati Buzzati si realizza Poema a Fumetti, opera interamente realizzata da Dino Buzzati, uscì per la prima volta nel 1969, in un periodo in cui in Italia il fumetto, grazie al successo delle serie popolari (Tex e Diabolik su tutte), stava conquistando il suo meritato spazio nel mondo delle arti. Espressione di quel momento storico e frutto della volontà dell'autore di un nuovo esprimersi, Poema a Fumetti, pur appartenendo al periodo maturo di Buzzati (che aveva 63 anni), rappresenta, come dice egli stesso, “un deciso ritorno ai motivi e all'atmosfera che frequentavo in gioventù”, che si componevano di romanticismo, viaggi, disegni e scritture. Dino Buzzati non era nuovo ad illustrare i suoi libri, per esempio il bellissimo “La Famosa Invasione Degli Orsi in Sicilia”, ma si può dire che Poema a Fumetti sia l'opera in cui la volontà di legare le sue due passioni sia stata più chiara e decisa. Molti critici hanno sostenuto il carattere catartico e simbolico del Poema per Buzzati, visti gli stretti legami all'interno della trama e della rappresentazione con le arti, popolari e dotte, e l'immaginario che esse smuovono. E' infatti un racconto che affronta i temi dell'amore, della morte, della tentazione, del viaggio e della nostalgia, sviluppato sul modello di uno dei miti più belli della tradizione greca, ovvero quello di Orfeo e Euridice. Una novità nel fumetto è senza dubbio l'uso simbolico della più variegata serie di citazioni possibili, da Fellini a Dalì dalle Mille e una Notte a Caspar Friedrich, tutte provenienti dalla vasta cultura dell'autore che rifonde nel suo Poema ogni traccia delle sue più intime passioni. Il Viaggio Il racconto fantastico del Poema a Fumetti comincia in via Saterna, dove si trova una Casa misteriosa e spettrale dirimpetto alla quale abita il giovane cantautore Orfi, rampollo di una famiglia nobile in decadenza, che spopola fra i giovani con le sue canzoni intriganti e orecchiabili. Ma in fondo all'immagine del divo divo, Orfi, è uno scombinato, un po' introverso e insicuro, perdutamente innamorato della sua Eura. Una sera, dalle sue finestre Orfi vede entrare nella Casa di via Saterna uno spettro che gli ricorda la sua amata. Il giorno seguente riceve la notizia della sua morte improvvisa e, dopo un momento di disperazione, armato di chitarra si appresta a cercarla, partendo proprio dal luogo in cui ha visto l'apparizione dello spettro, ovvero la porta del giardino della villa, che altro non è se non un ingresso per l'aldilà. E' buffo come Buzzati con un piglio ostentatamente dilettantesco dia ai suoi personaggi nomi chiaramente riferiti alla leggenda, espressione di un volontario avvicinamento al linguaggio giovanile. Orfi penetra nell'aldilà da una delle tante porte che esso possiede, e seguendo una donna con l'atteggiamento da prostituta, si viene a trovare in un oltretomba le cui guardiane sono delle sensuali donne nude. Tale esercito della perversione è capitanato da un personaggio curioso, un giaccone, che oltre ad amministrare l'aldilà ne illustra a Orfi tutte le caratteristiche, presentandogli così un mondo piatto, dove la gente esiste senza morire, in uno stato eterno di atarassia, privi di qualsiasi emozione e brivido, e, soprattutto, senza nessun ricordo. Stando così la situazione nell'aldilà il giaccone, stringe un patto con Orfi: egli dovrà cantare una canzone che faccia tornare in mente a quelle anime dannate, compreso il giaccone, le perdute e mai più ritrovate sensazioni della vita, solo così potrà trovare Eura. Così comincia la lunga canzone di Orfi che emozionerà l'intero regno dei morti, e dopo essere riuscito nell'intento di accendere gli animi alle anime, il cantautore dell'Ade di Buzzati, finalmente troverà Eura. Ma il destino ineluttabile, fino a quel momento straordinariamente eluso, interverrà nei panni informi della morte a sancire una tragica divisione fra i due amanti. figura 1 La Penna Andiamo ora a vedere in quale modo l'essere scrittore di Buzzati si manifesta nel suo Poema. L'eclettismo e il gusto per lo strambo, tipici delle sue storie, si ritrovano nei vari usi a cui la parola viene assegnata. Si passa infatti dall'iscrizione introduttiva tipica del fumetto a vere e proprie poesie messe in bocca al protagonista sotto forma di canzone, dalle semplici didascalie in calce alle immagini a dei dialoghi accorati le cui parole diventano titoli per i quadri. Spaziando fra le numerose forme inserite nel Poema, Buzzati si esprime in un virtuosismo di registro proprio del genere poetico, bazzicando di tanto in tanto una terminologia aulica e ricercata in mezzo ad un discorso confidenziale composto da parole semplici. Così facendo la poesia, ottiene una spinta evocativa e magica anche dove i versi non sono propriamente lirici. Mancano infatti le artificiosità, le rime, le allitterazioni, più in generale le convenzionali figure retoriche, creando così un mondo in cui sono i particolari presi di per se stessi a dare spettacolo, avendo come amalgama unico lo sfizio del poeta. Un esempio di quest'attenzione verso il minuscolo, da rendere magnifico, si trova nell'episodio in cui al cantautore viene chiesto di suscitare nei morti le emozioni. Nel disperato bisogno di uscire dalla monotonia della morte, a Orfi, non si chiede di cantare questa o quella canzone che dia questa o quella emozione. La richiesta è generica e le emozioni vengono definite un “quasi niente” ma proprio esse sono per gli abitanti dell'Aldilà la cosa a cui aspirare maggiormente, il più ambito desiderio. La canzone che Orfi canta poi è un esempio di come i piccoli frammenti, le semplici allusioni, il solo nominar le cose sia più che sufficiente a scatenare una tempesta vitale. La si può facilmente dividere in due parti a causa di uno stacco nella storia: nella prima Orfi tenta di richiamare i ricordi ai suoi ascoltatori, tramite la formula del “ricordi quando...” riportando nell'Aldilà i pensieri dell'abitudine, dell'ansia, dell'angoscia, della paura, del dubbio, ricollegandosi a brevi episodi estrapolati dai loro contesti (figure 1 e 2); come brevi sono anche le storie della seconda parte della canzone, in cui Orfi parla proprio delle sensazioni e delle emozioni, chiamandole per nome o con la loro manifestazione: così sfilano davanti al lettore la storia del Casellante, in cui il desiderio si confronta col destino, quella delle Melusine, affascinante e macabra, quella dell'amore carnale, la più lunga e la più dettagliata, quella di Dio, attraverso le sue influenze nella vita, dalla devozione al conforto, dalla grandiosità alla morte. Sarà con queste storie che a Orfi verrà concesso di cercare Eura, il cui cognome, si apprende durante il racconto, è Storm, in inglese “tempesta”. In conclusione l'effetto creato da Buzzati con i suoi pezzi di storie è quello di far assomigliare l'intero Poema a un grande sogno, misterioso per la sua logica interna, sfumato e indefinito, privo di forma, contenuti, stili, e gusti convenzionali, ma allo stesso tempo ricco di immagini mirabolanti, che per essere seguite dal lettore lo costringono a salti acrobatici. figura 2 Il Pennello Passando poi all'argomento che forse l'autore stesso avrebbe preferito fosse trattato per primo, vediamo il lavoro illustrativo svolto nel Poema a Fumetti. Prima di tutto, una precisazione sul titolo che può portare a fraintendimenti: il poema non è proprio a fumetti, il fatto che Buzzati stesso lo definisca così portò un radicale ridimensionamento, in grande, delle possibilità del fumetto in Italia. Con fumetto, fino ad allora, si intendeva quel tipo di arte illustrativa e narrativa che all'interno di scene disegnate e disposte in sequenze inseriva dei dialoghi adoperando il sistema del fumetto appunto, nei paesi anglofoni “balloon”, ovvero la nuvoletta dove poi va il testo. Ora, benché siano numerose le tavole in cui i personaggi parlano attraverso i fumetti, si deve notare come la maggior parte del libro sia composto da disegni al cui interno sono inseriti testi extradiegetici, ovvero provenienti dal di fuori della scena dipinta, come voce narrante dell'autore (extradiegetica rispetto al Poema), oppure come voce dei protagonisti che raccontano; numerose sono poi le tavole prive di testo. Poema a Fumetti poi introduce nella nona arte una grossa novità: fino a quel momento le storie venivano disegnate con una certa uniformità di stile, all'interno del quale l'autore creava le diverse caratterizzazioni e “atmosfere”. Buzzati invece utilizza la sua vasta conoscenza di stili pittorici (del '900 soprattutto) per conferire principalmente tramite essi il carattere ai propri disegni. Lo vediamo così spaziare dalle suggestioni surrealiste alla Dalì, quando si tratta di rappresentare la stanchezza, l'orrore, l'allucinazione (figure 3 e 4); oppure utilizzare il format delle illustrazioni da rivista erotica e popolare quando disegna le donne nude; utilizzare i tratti convulsi e i tratti morbidi per esprimere, in una sequenza, i cambiamenti di umore di un personaggio. Ma sono molteplici gli spunti che l'autore prende coscientemente in prestito, tributando ad ognuno di essi un elogio inserendoli nel Poema. Ma il meglio di sé Buzzati lo dà quando si tratta di creare un'immagine metamorfica, in cui l'oggetto è in bilico fra due forme (oltre che Poema a Fumetti, a proposito si veda il dipinto Duomo di Milano). Poi c'è la sua già citata passione per le miniature e per il particolare: numerosi sono infatti le tavole che rappresentano piccole masse, così come lo sono quelle che mettono in risalto particolari anatomici come bocche, occhi, volti. Questa compilation di forme è fatta per accondiscendere alla volontà dell'autore di rappresentarsi, manifestando nell'opera le proprie chiare influenze artistiche e i suoi gusti più intimi. A sottolineare ulteriormente la distanza che intercorreva fra il fumetto standard dei tempi e il Poema a Fumetti si può notare l'assenza quasi totale della suddivisione in vignette: le tavole spesso cedono la propria sequenzialità per essere piuttosto il luogo statico, quasi fotografico, utile alla coabitazione di testo e immagine. Merito quindi di Buzzati è stato senz'altro quello di aver partecipato attivamente alla compenetrazione tra pittura e fumetto, che in Italia ha avuto numerosi seguiti, per esempio in Andrea Pazienza, il quale dieci anni dopo potrà affermare “Il segno è una metafora meravigliosa”. Inoltre il tema introspettivo e malinconico era da considerarsi nuovo in un ambiente del fumetto ancora molto fertile e voglioso di avventura, di comicità, di pornografia e di violenza, tutte peculiarità che Buzzati sfiora appena, se si eccentuano alcune scene sadomaso, che ricordano un po' ciò che poi disegnò George Pichard con maggiore completezza. figura 3 Fortune e trasposizioni L'intuizione artistica magistrale di Buzzati, che fu tra i primi a legare la letteratura al fumetto, e forse il primo a farlo con un opera originale, è stata ripercorsa poi da numerosi autori in Italia e all'estero. Se si pensa per esempio al grande successo che negli ultimi 20 anni stanno riscuotendo i romanzi a fumetti, ci si rende conto dell'anticipo incredibile con cui Buzzati pensò di comporci addirittura un poema. D'altronde quello che è considerato il padre del romanzo a fumetti, Will Eisner, pubblicò il suo Contratto Con Dio, nel 1978, ben dieci anni dopo Poema a Fumetti. E' poi uno dei primi libri a fumetti scritto da uno scrittore, che così facendo, anche da un punto di vista dell'immagine, avvicina la profondità della letteratura al mezzo fumettistico. Forse il motivo per cui Buzzati non è mai stato considerato un precursore del romanzo a fumetti risiede nel suo approccio all'arte squisitamente virtuosistico, da creatore distaccato, in alcuni casi persino restio a concedere alla propria opera maggiore comunicabilità. Sono rari gli interventi che fanno pensare a Buzzati come a un teorico dell'arte (piuttosto è stato un grande critico), nemmeno quando, per esempio con Poema a Fumetti, l'oggetto della sua ricerca artistica era talmente innovativo da richiedere una base concettuale per essere compreso da pubblico e critica. Fu, forse, per questa mancanza che il Poema di Buzzati non ebbe un grande successo, e fu accolto abbastanza freddamente da entrambe le categorie. Ciò nonostante il fascino di quest'opera resta grandissimo, come dimostra per esempio una recente trasposizione lirica affrontata dal compositore Filippo del Corno, con il cantautore Omar Pedrini (ex-Timoria) a interpretare il ruolo di Orfi. Fulcro dell'opera di del Corno sarà proprio l'intuizione di Buzzati del legame possibile fra il poeta lirico, mistico e coinvolgente dell'antichità, Orfeo, con un cantautore rock degli anni sessanta, legame che se teoricamente nessun cantautore ha fatto suo, nella pratica hanno invece incarnato in molti. figura 4 Patrizio S.