AGRONOTIZIE
il periodico di informazione e divulgazione agricola dell'Agro Pontino
MAR-APR
Anno 15 N°3-4
IN EVIDENZA
1LOTTA BIOLOGICA SU MELANZANA
1IL FABBISOGNO IDRICO DELLE COLTURE
1LA DESERTIFICAZIONE
2 Agro Notizie
Agro Notizie 3
QUANDO L'INSETTO DIVENTA RESISTENTE
di Giorgio Piasentin
Il termine resistenza agli insetticidi viene usato
quando nell'ambito della popolazione di una specie
fitofaga compaiono e si diffondono individui non
sensibili in grado di svilupparsi e riprodursi anche in
presenza di concentrazioni elevate di un principio
attivo, di norma efficace nei confronti di quel
parassita. La resistenza è ereditabile perché è il
frutto di un cambiamento genetico.
Il riassunto di nuovi principi attivi, fanno fatica a
mantenere il passo con la velocità di sviluppo della
resistenza da parte degli insetti.
Infatti, a fronte del notevole costo e del periodo
richiesto per produrre un novo insetticida, si assiste
molto spesso a casi in cui gli insetti dannosi alle
colture sviluppano la resistenza dopo pochi anni alla
commercializzazione del prodotto.
Ciò nonostante gli insetticidi sono un elemento
fondamental
e per tenere
controllo i
fitofagi ed è
quindi di
fondamental
e importanza,
per sostenere
l'agricoltura e
gestirne
l'uso. Le
Strategie di
gestione della resistenza debbono pertanto essere
basate su scelte d'intervento che consentono di
ridurre al minimo la selezione operata dagli
insetticidi.
Un primo modo per non incontrare rischio di
comparsa della resistenza consiste nel ridurre il
numero degli interventi a seguito esaminata
conoscenza dell'insetto bersagliato e,
necessariamente nei momenti di massima
vulnerabilità del fitofago.
Innumerevoli sono gli esempi a questo riguardo
essendo un argomento importante sulla protezione
integrata.
L'uso di agro farmaci a basso impatto sugli organismi
utili è una pratica di gran valore per la tattica antisopportazione; il controllo biologico degli insetti
dannosi, maltratto sia attraverso la tutela degli aiuti
autoctoni sia mediante il lancio di quelli allevati nelle
bio-industrie, rappersenta la via più sicura per
ottenere un lunga durata nella lotta alla resistenza.
NASCE L'INSETTO OGM
E' nato il primo insetto capace di attaccare il
cotone geneticamente
modificato.
E'un parassita che
evolvendosi sul campo
è divenuto resistente
alla tossina del cotone
Bt. Si tratta di una nuova
forma del lepidottero
Helicoverpa Zea .
Si può nutrire di molte
piante diverse (tra cui
anche il pomodoro)
durante la fase larvale.
Coltivato fin dal 1996, il
"cotone BT" deve il suo
nome al Bacillus
turingiensis, il batterio
che produce la tossina
dal quale viene estratto
il gene poi inserito nel
Dna della normale
pianta di cotone per
ottenere una variante
resistente ai parassiti,
tra cui l'Helicoverpa Zea. Gli insetti non riescono ad
attaccare il cotone BT che si difende da loro
rilasciando la tossina batterica.
PARASSITA PREVISTO
“Non c'e' proprio alcun pericolo in tutto cio' spiega l'esperto in biotecnologie Roberto Defez
dell'Istituto di Genetica e Biofisica 'A. Buzzati
Traverso', del CNR di Napoli. Quindi si sapeva che
gli insetti avrebbero aggirato l'ostacolo, e si sapeva
talmente tanto bene che le societa' produttrici di
semi ogm sono gia' pronte a immettere sul
mercato nuovi prodotti specifici.
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4 Agro Notizie
CON IL MAIS OGM UN GUADAGNO DI 132 EURO/HA
di Giorgio Piasentin
I risultati di una ricerca presentata a Roma da Futuragra
La coltivazione di mais Bt, rispetto al mais tradizionale, consentirebbe un incremento del margine lordo delle
aziende agricole italiane di 132 euro per ettaro, garantendo rese più elevate e capaci di coprire i costi
aggiuntivi. Questo lo scenario emerso dalla ricerca presentata a Roma
in occasione del convegno "Biotecnologie: quanto costa non
decidere", promosso da Futuragra in collaborazione con Libertiamo.
La ricerca ha valutato i possibili effetti economici derivanti della
coltivazione di mais Bt in venti aziende agricole in Spagna, Germania e
Italia. Lo studio comparativo, condotto da un'équipe di quattro
ricercatori europei (Thomas Venus, Raquel Casadamon, Claudio
Soregaroli e Justus Wesseler), ha preso in esame tre Paesi: la
Spagna, l'unico dei tre in cui nel 2010 è stato possibile coltivare mais
Bt; la Germania, dove tale coltivazione era autorizzata fino al 2009; e
l'Italia, dove la coltivazione in pieno campo di Ogm non è mai stata
autorizzata.
Alle condizioni colturali e di mercato del 2010, i risultati della ricerca
indicano un incremento del margine lordo più elevato per la
coltivazione di mais Bt da granella nelle aziende spagnole (185
euro/ha), seguite dalle aziende italiane (132 euro/ha) e da quelle
tedesche (66 euro/ha). Il punto di pareggio per la coltivazione di mais Bt da granella si raggiunge con un
aumento medio della resa pari all'1,5% per le aziende spagnole, al 2,8% in Italia e al 3,3% in Germania.
“Questi valori - si legge nello studio - sembrano indicare come nel 2010, per le aziende del campione, il
vantaggio economico nella coltivazione del mais Bt fosse relativamente facile da raggiungere, considerando
che la soglia del breakeven è ben al di sotto dell'incremento di resa atteso offerto dal mais Bt rispetto a quello
tradizionale” pari all'8,7% (il dato più prudente tra quelli presenti in letteratura).
La ricerca consisteva in un caso di studio sviluppato con l'obiettivo di
valutare i possibili effetti economici derivanti della coltivazione di
mais Bt su un gruppo selezionato di venti aziende agricole europee.
A tal fine, sono state selezionate cinque aziende agricole spagnole,
cinque italiane e dieci tedesche. Il campione di aziende è stato
strutturato in modo da rendere il più possibile comparabili i risultati
tra aziende e nazioni.
Tra i criteri di scelta, tutte le aziende coinvolte dovevano aver
coltivato nel 2010 mais da granella e/o da trinciato e dovevano aver
avuto problemi nel controllo della piralide. Inoltre tutte le aziende
coinvolte coltivavano (Spagna), avevano coltivato in passato
(Germania), o dichiaravano di essere propense alla coltivazione
(Italia) di mais Bt.
Le regioni in cui si trovano le aziende coinvolte sono Aragona in
Spagna; Brandeburgo, Sassonia, Turingia e Baviera in Germania e
Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia in Italia. Il metodo di analisi
si basa sulla rilevazione del valore della produzione di mais (euro/ha)
e del relativo costo variabile di produzione, ovvero il costo diretto ad
ettaro imputabile alla specifica coltivazione di mais. La differenza tra i
due valori fornisce il margine lordo di coltivazione.
I dati sono stati raccolti nel maggio 2011 tramite un'intervista
personale al responsabile dell'azienda basata su un questionario
strutturato.
Agro Notizie 5
IL FABBISOGNO IDRICO DELLE COLTURE
di Emanuele Tosti
L'acqua è un indispensabile fattore di crescita per le piante ed è richiesta in quantità nettamente superiori a
quelle degli elementi nutritivi. Una riduzione del contenuto idrico nel suolo determina una riduzione della
quantità di acqua assorbita dalla pianta che diviene non più sufficiente a bilanciare le perdite per traspirazione
e determinando, pertanto, una riduzione del contenuto idrico dei tessuti (deficit idrico). In termini agronomici
la carenza di acqua nella pianta determina complessivamente una riduzione dell'attività vegetativa, della
produttività e della qualità dei prodotti.
Mentre la maggior parte di un principio nutritivo qualsiasi viene trattenuto dalla pianta che l'ha assorbito, la
caratteristica saliente dell'acqua è il suo continuo fluire, a senso unico, dal terreno attraverso le radici, lungo il
fusto e fino alle superfici fogliari, diffondendosi, poi, come vapore nell'aria attraverso gli stomi.
In un sistema suolo-vegetazione, la compilazione di un bilancio idrico richiede la stima di diverse componenti ,
secondo l'equazione:
I cui termini, espressi in mm di acqua, sono:
- P, precipitazioni;
- I, irrigazione;
- Af, apporto di falda;
- D, drenaggio;
- R, ruscellamento;
- E, evaporazione;
- T, traspirazione;
- AU, variazione del contenuto di acqua lungo il profilo del terreno.
Per la determinazione dei fabbisogni idrici della coltura è fondamentale la misura dell'evapotraspirazione
colturale (ETc), che rappresenta la quantità di acqua dispersa nell'atmosfera, attraverso i processi di
evaporazione del suolo e traspirazione delle piante, da una specifica coltura di ampia estensione.
Per la determinazione della ETC si può operare con il cosiddetto approccio a “due fasi”.
All'evapotraspirazione di riferimento ET0, una volta calcolata, si applica un coefficiente colturale (Kc) che
ingloba e sintetizza tutti gli effetti sull'evapotraspirazione legate alle caratteristiche morfo-fisiologiche delle
diverse specie, alla fase fenologica, al grado di copertura del suolo, che le rendono differenti dalla coltura
di riferimento.
Il risultato del calcolo è rappresentato perciò dal semplice prodotto dei due termini, vale a dire:
I valori calcolati con tale metodo devono intendersi come consumi massimi possibili per piante coltivate su
superfici ampie, indenni da parassiti ed in condizioni ottimali di fertilità e disponibilità idrica.
Calcolati i fabbisogni, per la compilazione di un bilancio si richiede la conoscenza degli apporti idrici che,
prescindendo da eventuali falde e apporti irrigui, sono rappresentati sostanzialmente dalla piovosità.
L'acqua di precipitazione ha un'efficacia variabile ai fini del rifornimento idrico delle colture e, pertanto,
nell'ambito delle precipitazioni totali è opportuno distinguere e valutare l'aliquota di “Pioggia Utile ai fini
agricoli”. La quantità di pioggia utile, ai fini dell'assorbimento radicale, dipende dalla sua intensità, dal
tipo, dalla pendenza, dalla gestione e contenuto idrico del suolo, dalle caratteristiche della coltura e dalla
domanda evapotraspirativa dell'ambiente.
Si può ritenere, in via generale, che una pioggia di consistenza limitata (inferiore a 4-6 mm) non sia
assorbibile dall'apparato radicale, in particolare nei suoli lavorati. In generale, per la compilazione dei
bilanci idrici si può considerare come pioggia utile il 70% di quella misurata anche se tale valore oscilla tra
il 50 ed il 95% per i terreni in pendenza e quelli pianeggianti rispettivamente, a seconda del tipo di suolo,
della sua gestione (lavorato, inerbito) e del tipo di pioggia.
6 Agro Notizie
LOTTA BIOLOGICA SU MELANZANA
di Alessandro Barberi
La melanzana rappresenta una importante realtà nell'ambito del settore orticolo italiano.
E' diffusa su tutto il territorio nazionale sia come coltivazione estiva in pieno campo, sia come produzione anticipata
o ritardata in serra fornendo un prodotto commerciabile tutto l'anno.
La specie è caratterizzata da una variabilità di tipologie che si distinguono per
forma, colore, pezzatura e sapore. L'esigenza di valorizzare produzioni con bassi
livelli di residuo chimico, hanno stimolato l'interesse verso tecniche di lotta a basso
impatto ambientale, giustificando la ricerca per la messa a punto di metodologie di
difesa alternative all'uso dei tradizionali fitofarmaci.
I fitofagi che attaccano la coltura sono molteplici: tripidi, afidi, aleurodidi, ragnetto
rosso, ditteri minatori, dorifora. La maggior parte di questi parassiti si possono
contenere applicando tecniche di lotta biologica nell'ambito di strategie di difesa
integrata.
TRIPIDI
I tripidi sono considerati fitofagi della melanzana, ma le due specie più importanti, Thrips tabaci e Heliotrips
haemorroidalis, erano considerate dannose in casi eccezionali.
Viceversa il tripide americano, (Frankliniella occidentalis) ha sviluppato subito una
notevole resistenza agli insetticidi utilizzati per contenerlo; il suo controllo è
essenziale nella coltivazione specie nel ciclo primaverile-estivo. Il tripide è molto
temibile sia per i danni diretti che quelli indiretti, provocati alle piante con la
trasmissione dell'avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV).
Le alterazioni provocate dalle punture di nutrizione, dall'iniezione di saliva e dalle
lesioni dovute all'inserimento dell'ovopositore si manifestano con necrosi e
bronzature sulle foglie e sui frutti. Nei fiori
il danno è legato a presenze del fitofago piuttosto elevate. La rapidità del
ciclo biologico, l'accavallarsi delle generazioni, la rapida selezione di
popolazioni resistenti e la difficoltà a colpire contemporaneamente i
diversi stadi di sviluppo dell'insetto, rendono difficile la lotta a livello
chimico. Di conseguenza si è cercato di sviluppare tecniche di lotta
biologica. Numerosi insetti limitano naturalmente i tripidi: crisopidi,
coccinellidi, miridi antocoridi ( gen. Orius)..nei nostri areali si è posta
l'attenzione sul genere Orius e in particolare O. laevigatus. Esso staziona
sui fiori, cioè frequenta gli organi dove il fitofago vive.
L'immissione dell'ausiliare alle primissime aperture fiorali anche in
assenza di preda è importante per consentire agli Orius di riprodursi e
raggiungere in poche settimane un incremento di popolazione sufficiente a garantire un'adeguata presenza sulla
coltura nei periodi di massima pericolosità. E' ovvio che in questo periodo qualsiasi trattamento con insetticidi ad
ampio spettro d'azione specie contro afidi e ed acari, può impedire il corretto insediamento dell'ausiliare
vanificando l'intervento contro F. occidentalis. Se necessari, i trattamenti vanno effettuati qualche giorno prima
dell'introduzione dell'insetto utile. Il lancio di Orius può essere accompagnato anche dall'introduzione di
Amblyseius cucumeris in grado di svolgere un'azione di contenimento complementare.
I quantitativi totali di lancio variano da un minimo di 20-30 fino a più di 100 per m2.
AFIDI
Gli afidi che attaccano la melanzana sono di diverse specie e attaccano diverse
colture. In particolare: Myzus persicae, Macrosiphum euforbiae e Aphis gossypii.
Quest'ultimo è parassitizzato dall'imenottero braconide Aphidius colemani.
L'introduzione viene fatta preventiva a cadenza settimanale con 0,5-1 individui/m2
per 3-5 volte a partire dal periodo in cui si prevedono i primi insediamenti di afidi.
Agro Notizie 7
ALEURODIDI
Negli ultimi tempi anche gli aleurodidi sono divenuti un problema, soprattutto per la
presenza della Bemisia spp, genere cui appartengono specie che rispetto a
Trialeurodes vaporariorum sono caratterizzate da un più ampio spettro di piante
ospiti tra cui la melanzana. Si possono utilizzare prodotti naturali ad azione
insetticida nei confronti dell'aleurodide ma dotati di selettività totale nei riguardi
degli ausiliari tra cui l'Orius.
ACARI
Tra gli acari fitofagi, la specie più frequente è il ragnetto rosso ( Tetranychus urticae), esso viene controllato
biologicamente col fitoseide predatore Phytoseiulus persimilis. Sulla coltura si consiglia di distribuire fino a un
massimo di 20 predatori/m2 nell'arco di 3-5 lanci generalizzati. Inoltre altre
introduzioni possono essere localizzate sui focolai d'infestazione. La riuscita
dell'applicazione è tanto più sicura quanto tempestivo è l'intervento, poiché
l'introduzione del fitoseide offre maggiori garanzie di successo se si lancia il
predatore fin da quando si evidenziano i primi fitofagi. Il fitoseide predatore si
esprime al meglio in condizioni di fresco-umido (ottimo 20-25 gradi e UR > 50
%. Bagnature leggere delle piante con acqua all'approssimarsi delle ore più
calde ed ombreggio delle serre sono ideali per ottenere un buon risultato nel
controllare gli acari. Per il controllo della dorifora ( Leptinotarsa decemlineata)
non ci sono al momento insetti utili ma formulati a base di Bacillus
thuringiensis efficaci verso le larve giovani. E' ovvio che la scelta di una
sostanza attiva per controllare debba tener conto della sua compatibilità con l'impiego degli organismi utili per gli
altri fitofagi.
CARO BENZINA, L'AGRICOLTURA NON CE LA FA!
di Giorgio Piasentin
Confagricoltura continua a denunciare l'insostenibile aumento dei costi per il settore
primario.
"Per riscaldare una serra di ortaggi, frutta o fiori di 2000 metri quadri in una zona temperata come l'agro
salernitano si consumano ogni notte 400 litri di gasolio. Se si tiene conto del rincaro del prezzo di oltre
il 50% in due anni, sommando gli aumenti dei costi
industriali, dell'accisa, dell'Iva e aggiungendo a ciò la
riduzione complessiva delle agevolazioni e
l'escalation continua di rialzi di questi giorni, si può
comprendere come ci si trovi in una situazione
insostenibile che rischia di mettere fuori mercato
molte aziende agricole".
Lo sottolinea il componente di Giunta e presidente
della Federazione di Prodotto dell'Orticoltura della
Confagricoltura, Giandomenico Consalvo.
"E' in atto una guerra tra poveri con gli
autotrasportatori che vorrebbero scaricare i rincari
del carburante sulle aziende agricole, che rischiano
così di fare da imbuto delle maggiorazioni. Questo
non è più caro-carburanti ma follia-carburanti. Già a ottobre 2011, rispetto al corrispondente mese
dell'anno prima, i costi agricoli per i carburanti avevano avuto un incremento del 7,6% (con un +1,2%
rispetto al mese precedente di settembre).
Ora è arrivata la nuova raffica di rincari che aggrava una situazione già oggettivamente insostenibile per
le aziende agricole e pone seriamente a rischio le coltivazioni e gli allevamenti".
8 Agro Notizie
FORAGGERE E ALLEVAMENTI
di Alessandro Barberi
Nell'ultimo ventennio in Italia, la superficie a foraggere si è contratta di quasi il 30%, in parallelo con la riduzione
del patrimonio bovino; la riduzione è stata più sensibile per le foraggere avvicendate (- 45%) che per le permanenti
(-16%). Altro fattore che ha inciso notevolmente è stata la Politica Agricola Comunitaria. Quest'ultima, si è
orientata a favore di alcune colture che nel corso degli anni hanno ricevuto aiuti economici come le proteaginose
(es.girasole, colza, soia), a discapito di altre coltivazioni per cui non erano previsti (es. foraggere).
Inoltre, anche i terreni destinati a set-aside hanno tolto superfici destinabili alle foraggere.
Il pascolo non è sempre sinonimo di attività tecnologicamente poco
evolute. Vi sono situazioni in cui esso costituisce da sempre la principale,
se non addirittura l'unica risorsa per la sopravvivenza dell'uomo (Africa,
Medio-Oriente), ma ne esistono altre in cui, pur in ambienti ostili
(Australia), rappresenta un'attività economica di non trascurabile
interesse. In alter zone ancora, esso è praticato in modo molto razionale
e sostiene una zootecnia di grande prestigio e interesse (America
meridionale, Nuova Zelanda, Irlanda); esistono infine esempi di pascoli
turnati e razionati caratterizzati da livelli produttivi relativamente alti e
da sofisticate soluzioni tecnologiche (Olanda, Gran Bretagna, Francia).
La foraggicoltura avvicendata interessa una minore superficie rispetto a
quella pascoliva, ma è collegata ad una zootecnia molto più efficiente e
produttiva. Si pensi che poco meno della metà della produzione mondiale di latte e carne viene realizzata nelle aree
dell'emisfero boreale a clima temperato-umido, che nel loro complesso rappresentano meno del 10% della
superficie mondiale utilizzata con colture erbacee. Ciò non deve stupire se si pensa che all'agricoltura da vicenda
sono destinati i terreni più fertili degli ambienti più favorevoli, ove è possibile coltivare le specie a più elevato
potenziale produttivo. Negli ultimi trent'anni, nelle realtà “tecnologicamente più evolute”, soprattutto europee e
nordamericana, superata la stretta necessità di allevare bestiame per il lavoro e la fertilizzazione del suolo, la
produzione zootecnica ha sempre più assunto i connotati di attività specialistica e si va sempre più concentrando
nei comprensori più fertili ove è possibile coltivare le più efficienti tra le foraggere avvicendate.
La foraggicoltura e l'allevamento intensivi presentano dei notevoli vantaggi di ordine economico. La prima offre
all'allevatore grandi quantità di energia per unità di superficie, in forma sufficientemente concentrata (alta energia
per unità di peso del foraggio) per sostenere i ritmi produttivi e l'efficienza degli animali, entrambi crescenti grazie
al miglioramento genetico e all'affinamento delle tecnologie di allevamento. Inoltre sono migliorati notevolmente
due parametri:
1) l'approvvigionamento energetico degli animali nell'unità di tempo (U.F. giorno) che ha elevato il rapporto
“energia alla produzione/ energia di mantenimento”;
2) l'efficienza di conversione in derrate animali ( latte, carne, ecc.) dell'energia destinata alla produzione.
L'affermarsi della zootecnia intensiva pone peraltro alcuni interrogativi.
Da un lato vi è la constatazione dell'abbandono degli allevamenti in molte zone che sollecita due riflessioni; la
prima interessa le zone cosiddette marginali ove l'abbandono della zootecnia significa una perdita di risorse per la
collettività e più in generale, coincidendo molto spesso con l'abbandono dell'attività agricola, può risolversi
negativamente ai fini della tutela del territorio (es. erosione dei terreni di montagna e di collina); la seconda
riguarda le aree agricole intensive per il timore che l'assenza di bestiame possa manifestare effetti negativi sulla
fertilità del terreno. Dal lato opposto, cioè per le zone ad elevata concentrazione di animali, sorge qualche
perplessità soprattutto a causa della grande quantità di deiezioni da riciclare
che solleva interrogativi di natura ambientale (es. nitrati che possono
inquinare le falde). In Italia, le foraggere permanenti, specie i pascoli, sono
più diffusi nel Sud rispetto al Nord. Nel settentrione d'Italia i prati
prevalgono sugli erbai per quanto riguarda le superfici investite. Nell'ambito
delle foraggere avvicendate si nota un aumento dell'importanza relativa
degli erbai man mano che si procede da Nord a Sud. Questo andamento è,
almeno in parte, giustificato dai problemi di siccità che i prati avvicendati
incontrano nel Sud, un problema che gli erbai, essendo di durata stagionale
ed interessando ovviamente il periodo dell'anno climaticamente più
favorevole, possono affrontare con maggiori possibilità di successo.
Agro Notizie 9
LA DESERTIFICAZIONE
di Emanuele Tosti
Il fenomeno “desertificazione”, da non confondere con “desertizzazione”, termine con il quale si indica la naturale
avanzata dei deserti, costituisce attualmente uno dei più impellenti e gravi problemi che minacciano l'umanità.
La definizione di desertificazione usualmente adottata è: “degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e subumide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività umane” (UNEP 1994).
In pratica, si manifesta con la diminuzione o la scomparsa della produttività e complessità biologica o economica
delle terre coltivate, sia irrigate che non, delle praterie, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive causate
dai sistemi di utilizzo della terra, da uno o più processi, compresi quelli derivanti dall'attività dell'uomo e dalle sue
modalità di insediamento, tra i quali l'erosione idrica, eolica, etc. È difficile
ricondurre le cause del fenomeno della desertificazione ad una serie di
componenti elementari, poiché sono molteplici i fattori coinvolti e, il più delle
volte, coesistono in maniera congiunta, per cui ogni area esposta al rischio è
interessata dall'iterazione complessa di più cause. Una classificazione dei
principali fattori è comunque possibile differenziandoli tra i naturali e gli
antropici. Tra i primi naturali sottolineiamo l'importanza di quelli climatici. In
particolare i fattori climatici che condizionano maggiormente il processo di
desertificazione sono l'aridità, la siccità e l'erosività della pioggia. Un altro
elemento condizionante è la morfologia, in particolare l'esposizione dei
versanti e la pendenza del terreno. La pendenza riduce la capacità di
assorbimento, aumentando la percentuale di “runoff” rispetto alla quantità
di precipitazione che si infiltra nel terreno. I versanti meridionali delle pendici di sistemi orografici sono inoltre
esposti ad un flusso di radiazione solare che determina condizioni microclimatiche sfavorevoli alla rigenerazione
della vegetazione naturale. La tipologia di copertura del suolo è un altro fattore importante che contribuisce
all'innesco di fenomeni di desertificazione. Infatti la copertura vegetale intercetta le gocce di pioggia e riduce
l'azione di erosione meccanica, in quanto frena lo scorrimento superficiale dell'acqua, favorisce la pedogenesi e
trattiene le particelle mobili del terreno mediante i suoi apparati radicali; funge inoltre da schermo contro l'erosione
eolica. Nei fenomeni di desertificazione i fattori antropici sono spesso preponderanti su quelli naturali. L' eccessiva
pressione umana su un territorio si concretizza in molti casi con un uso dissennato della risorsa idrica, con prelievi
eccessivi e non pianificati nonché con l'inquinamento puntiforme e diffuso della risorsa stessa. Nell'ultimo
decennio, in Italia, si è assistito ad un raddoppio della quantità di acqua attinta da corpi idrici superficiali e
sotterranei. Fra le pratiche di utilizzo del territorio che pesano sui processi di desertificazione, vi è quella della
deforestazione, ossia la trasformazione degli ecosistemi forestali in ecosistemi agricoli, spesso finalizzata ad un'
utilizzazione zootecnica. Il disboscamento, fra le altre cose, provoca una forte riduzione della capacità di ritenzione
dell'acqua da parte del suolo e può essere considerato, quindi, una delle cause antropiche di esaurimento delle
risorse acquifere. Un altro fattore antropico sono gli incendi. Le alte temperature dovute al fuoco possono avere
effetti negativi sulle proprietà fisico-chimiche del suolo, cambiando la struttura del terreno e rendendolo meno
permeabile e, quindi, più esposto ai processi erosivi. Con l'incendio si formano sostanze idrorepellenti che
accelerano lo scorrimento superficiale e quindi il trasporto solido. Anche il processo di urbanizzazione incide sul
fenomeno della desertificazione in termini di sottrazione di suolo agricolo determinando, in ultima analisi, la
riduzione delle capacità produttive. L'attività antropica certamente più pesante sui processi di perdita di
produttività dei suoli è l'attività agricola. A tale livello i processi di degrado del suolo sono il risultato della gestione
erronea dei mezzi di produzione, delle superfici e delle
modifiche degli ordinamenti produttivi. In questo senso
bisogna porre l'attenzione sull'uso dei mezzi meccanici
che determinano la costipazione e la compattazione del
terreno, con evidenti effetti sui processi di ruscellamento
delle acque. A ciò va aggiunto un uso sconsiderato delle
risorse idriche: processi di irrigazione eccessiva, con
acque ricche di sali minerali, portano a fenomeni di
salinizzazione dei terreni, con conseguente
depauperamento della fertilità. Il processo è grave ma in
molti casi ancora reversibile, purché si adottino le giuste
misure correttive.
10 Agro Notizie
Bollettino Fitosanitario
A cura di Antonio Pelizzo
con la collaborazione dello staff tecnico S.I.A.
ZUCCHINO
FASE FENOLOGICA: raccolta (serra), diverse (campo
aperto)
Oidio: Si segnalano grandi attacchi del patogeno;
effettuare interventi con
prodotti a base di
Te t r a c o n a z o l o ( 7 g g ) ,
Miclobutanil (3 gg),
Azoxystrobin (3 gg),
Meptyldinocap (3 gg),
Tebuconazolo (3gg),
Bupirimate (3gg) e
formulati a base di
Zolfo(5gg). Si consiglia di
usare sempre principi
attivi con diverso
meccanismo di azione.
Peronospora delle cucurbitacee: intervenire
contro tale fungo nelle coltivazioni in pieno campo.
Utilizzare formulati a base di Propamocarb(20gg),
Cimoxanil(10gg), Famoxadone+Cimoxanil(10gg),
Mandipropamid+Rame (3gg), Cyazofamid (3gg),
Azoxystrobin (3gg), Ossicloruro di rame (3-20gg).
Aleurodidi: Si segnalano elevati attacchi di tali insetti.
Pertanto, alla comparsa dei primi adulti intervenire con
formulati a base di Thiametoxam(3gg), Pymetrozine
(3gg), Imidacloprid(3-7gg), Azadiractina (3gg),
Flonicamid (3gg).
Afidi: Per il controllo degli afidi utilizzare gli stessi
formulati contenenti Thiametoxam(3gg), Pymetrozine
(3gg), Imidacloprid(3-7gg), Azadiractina (3gg),
Flonicamid (3gg).
POMODORO
FASE FENOLOGICA : diverse
Peronospora: si sono riscontrati attacchi di tale
patogeno nelle coltivazioni avanzate. Intervenire con
formulati contenenti, Cimoxanyl
(10gg), Mandipropamid+Rame
(3gg), Azoxystrobin (3gg),
Iprovalicarb+Rame (7gg),
Dimetomorf+Rame (20gg),
Zoxamide+Mancozeb (3gg) o
con formulati rameici (3-20gg).
Botrite: problemi di tali
patogeno sono stati riscontrati
in condizioni di umidità relativa
elevata ed in presenza di
eccessivi interventi irrigui.
Intervenire con anticrittogamici
contenenti
Cyprodinil+Fludioxonil(7gg), Boscalid+Piraclostrobin
(3gg) o Fenexamide (3gg).
dal 01/04 al 30/04/2012
MELANZANA
FASE FENOLOGICA: diverse
Tripide: scontro tale insetto intervenire alla presenza
di tre-quattro adulti per fiore. Utilizzare formulati
contenenti Spinosad (3gg), Acrinatrina (7gg),
Azadiractina (3gg).
I n t e r v e n i r e
preferibilmente nelle
ore serali.
Botrite: nell'ultimo
periodo si sono
riscontrati i primi
problemi di tale
patogeno in seguito
ad elevate condizioni di umidità relativa. Intervenire
con anticrittogamici a base Boscalid+Pyraclostrobin
(3gg), Cyprodinil+Fludioxonil (7gg) o Fenexamide
(3gg).
Afidi: si segnalano attacchi di tali insetti. Si consiglia,
pertanto, di effettuare interventi a base di Imidacloprid
(7gg), Thiametoxam (3gg), Acetamiprid (3gg),
Pimetrozine (3gg).
PEPERONE
FASE FENOLOGICA: diverse
Tripide: intervenire con le stesse modalità indicate nel
controllo di tale insetto
sulla melanzana.
Tarsonemide: alla
comparsa dei primi sintomi
effettuare un intervento
con Abamectina (3gg) in
miscela con Exitiazox
(7gg).
MELONE
FASE FENOLOGICA: accrescimento frutti
Afidi: alla presenza dei primi adulti effettuare un
intervento con Pymetrozine (3gg), Flonicamid (3gg),
Azadiractina (3gg), Acetamiprid (3gg). Non utilizzare
formulati contenenti Imidacloprid (7gg) o
Thiametoxam (3gg) prima dell'impollinazione, perché
ostacolano l' attività degli insetti pronubi utili per l'
impollinazione. E' possibile utilizzare tali sostanze dopo
l'impollinazione.
Oidio: Si segnalano lievi
attacchi del patogeno
nelle coltivazioni in
a m b i e n t e p ro t e tt o ;
effettuare interventi con
prodotti a base di
Tetraconazolo(7gg),
Agro Notizie 11
Miclobutanil (3 gg), Azoxystrobin (3 gg), Meptyldinocap
(3 gg), Penconazolo (14gg), Bupirimate (3gg) e formulati
a base di Zolfo(5gg). Si consiglia di usare sempre principi
attivi con diverso meccanismo di azione.
Peronospora delle cucurbitacee: intervenire contro
tale fungo nelle coltivazioni in fase avanzata. Utilizzare
formulati a base di Cimoxanil (10gg),
Famoxadone+Cimoxanil(10gg), Ciazofamid (3gg),
Mandipropamid+Rame (3gg), Iprovalicarb+Rame (7gg),
Azoxystrobin (3gg), Ossicloruro di rame (3-20gg).
prodotti a base di Penconazolo(14gg),
Tetraconazolo(7gg), Miclobutanil (3 gg), Azoxystrobin
(3 gg), Meptyldinocap (3 gg), Bupirimate (3gg) e
formulati a base di Zolfo(5gg). Si consiglia di usare
sempre principi attivi con diverso meccanismo di
azione.
Acari: contro tali organismi effettuare interventi con
formulati contenenti Abamectina (3gg) o Tebufenpyrad
(7gg) in mescela con Exitiazox (7gg).
CETRIOLO
FASE FENOLOGICA: raccolta
COCOMERO
FASE FENOLOGICA: accrescimento (serra), allegagione Afidi: alla presenza dei primi adulti intervenire con
Imidacloprid (3gg), Pymetrozine (3gg), Thiametoxam
(campo aperto)
(3gg),
Acetamiprid (3gg),
Afidi: alla presenza dei primi
Deltametrina
(3gg),
Flonicamid
adulti effettuare un intervento
(3gg).
con Pymetrozine (3gg) o
Oidio: Si segnalano attacchi elevati
Flonicamid (3gg). Non utilizzare
del patogeno; effettuare interventi
formulati contenenti
con prodotti a base di Penconazolo
Imidacloprid o Thiametoxam
( 1 4 g g ) , Te t ra c o n a z o l o ( 7 g g ) ,
prima dell'impollinazione,
Miclobutanil (3 gg),
perché ostacolano l' attività
Meptyldinocap(3gg), Azoxystrobin
degli insetti pronubi utili per l'
(3 gg), Bupirimate (3 gg) e formulati
impollinazione.
a
base
di
Zolfo(5gg).
Si consiglia di usare sempre
Oidio: si segnalano notevoli
principi
attivi
con
diverso
meccanismo di azione.
attacchi del patogeno; effettuare interventi con
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