La chirurgia di laparoceli in presenza di
un campo operatorio contaminato:
l’esperienza con una protesi biologica
A cura del prof. Mario Testini*
Il laparocele è la fuoriuscita (ernia) al di sotto del piano cutaneo di visceri addominali
attraverso una precedente incisione chirurgica. Questo evento si verifica in una percentuale
che va dal 9 al 20% di tutte le laparotomie in presenza di determinati fattori di rischio di
ordine generale e locale. I primi sono costituiti da malattie dismetaboliche, insufficienza
epatica e/o renale, stati di malnutrizione, uso di corticosteroidi, aumento della pressione
endoaddominale nell’immediato post-operatorio, stipsi cronica, broncopatia cronica
ostruttiva; i fattori locali sono rappresentati dall’infezione della ferita chirurgica, errori
di tecnica, intolleranza al materiale di sutura, notevole lassità tissutale.
La porta erniaria è costituita dai muscoli della parete addominale diastasati attraverso
cui si spinge il peritoneo che costituisce il sacco, che può essere di dimensioni varie, ma
in genere è molto voluminoso. Il contenuto è spesso rappresentato dall’intestino tenue e
sono frequenti le aderenze a livello del sacco fra i visceri e fra visceri e sacco.
La riparazione delle ernie incisionali avviene spesso in elezione o con sutura diretta
dei piani o con il posizionamento di protesi sintetiche, introdotte da circa due decenni
nella pratica chirurgica, come rinforzo alla sutura della parete praticata secondo le diverse
tecniche oggi in uso. Vi è tuttavia un certo numero di casi in cui la riparazione dell’ernia
avviene in condizioni di urgenza, immediata o differibile, a causa di una complicazione della patologia erniaria (strozzamento,
perforazione delle anse intestinali), ovvero bisogna intervenire su una complicazione causata dalla rete sintetica precedentemente
posizionata (infezione della protesi, fistolizzazione di anse intestinali). La chirurgia di parete addominale - in queste situazioni può diventare estremamente insidiosa, soprattutto per la contaminazione del campo operatorio che espone a numerose problematiche
per quanto riguarda la possibilità di posizionamento di una nuova protesi sintetica a causa dell’elevato rischio di infezione.
L’utilizzo di protesi biologiche ha rivoluzionato il management di queste patologie. In particolare è stata introdotta sul mercato
una protesi biologica in pericardio bovino, la Tutomesh-H®, che permette di riparare un difetto di tessuto connettivale e di rinforzare
la parete addominale. Essa costituisce una impalcatura per la proliferazione dei fibroblasti, ovvero delle cellule che producono
nuove fibre di collagene e dopo circa quattro mesi viene completamente sostituita da un nuovo tessuto in via di rimodellamento.
La Tutomesh-H® presenta un rischio di infezione estremamente scarso, caratteristica che la rende perfetta per il posizionamento
in situazioni di contaminazione, con un rischio di reazione da corpo estraneo praticamente nullo, evitando la formazione di sieromi
post-operatori; questa protesi può, inoltre, essere posizionata anche a diretto contatto con i visceri, essendo dotata di un lato ruvido
e uno liscio, caratteristica che la rende impiegabile nelle situazioni di importanti perdite di sostanza.
Nella nostra esperienza clinica è stata estremamente utile nella correzione di laparoceli particolarmente complessi, caratterizzati
da contaminazione del campo operatorio e/o recidiva erniaria. Abbiamo trattato nel periodo compreso tra ottobre 2007 e settembre
2008, sei pazienti senza nessuna recidiva o complicazione locale ai controlli successivi, presso la U.O.C. di Chirurgia Generale
Universitaria “A. De Blasi” (Direttore: Prof. Michele Nacchiero) del Policlinico di Bari.
La Tutomesh-H® rappresenta per il chirurgo generale una valida alternativa nei casi in cui il posizionamento di una rete protesica
sintetica sia sconsigliato o controindicato. Il suo particolare metodo di processazione TUTOPLAST®, la rende sicura anche dal
punto di vista immunologico poiché garantisce l’eliminazione di batteri, virus, prioni, spore e funghi e di ogni residuo chimico
utilizzato nelle varie fasi di processazione.
* Professore Straordinario di Chirurgia Generale Dipartimento per le Applicazioni
in Chirurgia delle Tecnologie Innovative (DACTI) Università degli Studi di Bari.
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dicembre 2008
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