SALUS COLLANA DI SCIENZE DELLA SALUTE Direttore Rossana A Università Campus Bio–Medico di Roma Comitato scientifico Paola B Università Campus Bio–Medico di Roma Laura D G Università Campus Bio–Medico di Roma Caterina G Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma Simonetta F Università degli Studi Verona Alessandra L M Università degli Studi di Palermo Paolo P Università Campus Bio–Medico di Roma Daniela T Università Campus Bio–Medico di Roma SALUS COLLANA DI SCIENZE DELLA SALUTE Questa collana è dedicata a quanti coltivano le Scienze della salute, sia come docenti e studenti dei diversi corsi di laurea sia come operatori nell’ambito delle professioni mediche e sanitarie. Caratteristiche comuni a tutti testi della collana sono la semplicità e la concretezza dell’esposizione e l’aggiornamento dei contenuti secondo le più recenti acquisizioni della ricerca scientifica, insieme ad una particolare attenzione agli aspetti umanistici e sociali. Per la natura stessa di questo ambito scientifico e professionale, coesistono nella collana testi dedicati alla didattica e alle relazioni interpersonali, al management e all’approfondimento di aspetti tecnici e tecnologici, in una prospettiva che vuole sottolineare la centralità della persona umana. Aggiornamenti di chirurgia generale e specialistica Evidence based nursing ed evidence based surgery a cura di Rossana Alloni, Daniela Tartaglini Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: ottobre Indice Presentazione Rossana Alloni, Daniela Tartaglini La patologia erniaria addominale Valter Ripetti I tumori del pancreas Sergio Valeri, Alessia Papi, Elvira Santoro La chirurgia tiroidea Pierfilippo Crucitti Chirurgia endoscopica dell’apparato digerente: recenti innovazioni Elisa Fenizia Assistenza infermieristica in Urologia Gerardo Flammia, Fiorenza Spiga Assistenza infermieristica al paziente con flebopatia Leo Moro Aggiornamenti di chirurgia generale e specialistica 2013 ISBN 978-88-548-6484-9 DOI 10.4399/97888548648491 pag. 9–10 (ottobre 2013) Presentazione R A, D T Questo testo ha la finalità di completare ed aggiornare altri testi di assistenza infermieristica in Chirurgia generale e specialistica che pur di recente edizione risultano incompleti e non più aderenti alla pratica clinica. Seppur in misura minore rispetto alle discipline internistiche, anche in Chirurgia cambiano i concetti che supportano l’attività clinica e le nuove acquisizioni stanno facendo scomparire pratiche assistenziali fino a poco tempo fa ritenute fondamentali. Si pensi ad esempio all’utilizzo di sonde nasogastriche, drenaggi e alla pratica di mantenere a digiuno i pazienti per lungo tempo: oggi riteniamo di possedere evidenze scientifiche e dati clinici che ne scoraggiano l’applicazione nella gran parte dei casi. Il titolo stesso di questo volumetto indica che si tratta di un testo ad uso degli studenti e con finalità di aggiornamento, quindi un testo che supporta la nostra determinazione a fornire agli studenti conoscenze ben fondate dal punto di vista scientifico e aggiornate, vagliate con spirito critico e testate nella pratica clinica quotidiana. Abbiamo scelto di chiedere un contributo a rappresentanti qualificati dei diversi ambiti clinici; il capitolo ha come autore un medico quando tratta solo di argomenti chirurgici in senso stretto, che di per sé non modificano l’assistenza infermieristica ma che l’infermiere deve conoscere per completezza del proprio bagaglio culturale; infermiere e medico hanno scritto il capitolo insieme quando invece le nuove acquisizioni hanno ricadute sull’assistenza. In questo modo riteniamo di aver sottolineato un aspetto peculiare dell’approccio clinico in uso presso il nostro Policlinico Universitario, un approccio integrato che vede nel paziente il punto di convergenza dell’attività medica e infermieristica e in questa convergenza la garanzia della qualità dell’assistenza prestata. Ringraziamo tutti i colleghi che hanno contribuito alla stesura del testo e speriamo che questo Presentazione possa essere di aiuto agli studenti, soprattutto nel difficile momento della sintesi tra nozioni teoriche ed esperienza clinica. Rossana Alloni, Daniela Tartaglini Aggiornamenti di chirurgia generale e specialistica 2013 ISBN 978-88-548-6484-9 DOI 10.4399/97888548648492 pag. 11–20 (ottobre 2013) La patologia erniaria addominale V R Presentazione La patologia erniaria è considerata una patologia minore; è vero che non ha di per se’una prognosi grave (se si eccettuano casi complicati) e che non richiede interventi chirurgici di notevole entità, almeno nella grande maggioranza dei casi. Tuttavia questo è un gruppo di malattie molto frequenti nella popolazione generale e soprattutto più frequente nella popolazione anziana, oggi in grande crescita nelle società occidentali. Nei Paesi in via di sviluppo la patologia erniaria è discretamente frequente e purtroppo non adeguatamente curata per mancanza di mezzi tecnici e per l’interferenza di credenze e pregiudizi che portano i pazienti a trascurare la malattia e a soffrirne molto spesso le complicanze, anche con conseguenze gravi. Se oggi in Italia è raro trovarsi davanti ad un paziente operato in urgenza per ernia strozzata o per un’occlusione intestinale dovuta ad un’ernia non diagnosticata o sottovalutata, questa è la regola in molti Paesi dell’Africa e del cosiddetto terzo mondo, dove esiste ancora oggi, ad esempio, una quota di mortalità dovuta all’ernia inguinale ed alle sue complicanze, sia negli adulti che nei bambini. In questo capitolo il dottor Ripetti, chirurgo generale che da molti anni si occupa attivamente anche di Day Surgery, illustra i principali aspetti della diagnosi e del trattamento delle ernie della parete addominale, fondamenti da cui si può dedurre il processo assistenziale infermieristico. Che si tratti di pazienti curati prevalentemente in regime ambulatoriale non sminuisce l’impatto dell’assistenza infermieristica, che invece può esprimere in questo setting tutte le proprie risorse (dall’educazione sanitaria del paziente e dei familiari agli aspetti gestionali e manageriali, passando per il nursing perioperatoria clinico). Valter Ripetti . Introduzione: dagli egizi ad oggi La patologia erniaria è una affezione vecchia quanto l’uomo, probabilmente correlata al passaggio evolutivo alla posizione eretta (infatti nei quadrupedi questa patologia è rara). Già nel XV secolo a.C. gli Egizi erano soliti trattare l’ernia inguinale con appositi bendaggi contenitivi. Da allora si sono succedute numerose ipotesi eziopatogenetiche e tentativi terapeuticie con risultati spesso catastrofici. Celso nel I sec. d.C. attribuiva la comparsa dell’ernia inguinale ad “una lacerazione della membrana interna dell’addome” e proprio a lui si deve l’intuizione che ha portato all’esecuzione dell’intervento di riduzione (cioè riposizionamento) dell’ernia in posizione di Trendelemburg: è chiaro che questa posizione favorisce la riduzione dell’ernia. Eliodoro (II–IV sec. d.C.) riteneva che l’ernia fosse dovuta ad un “progressivo rilasciamento della membrana peritoneale”; anche in questo caso non si era lontani dalla realtà ma non erano disponibili mezzi terapeutici adeguati. Infatti gli atti chirurgici praticati in quel periodo erano rappresentati dalla cauterizzazione delle strutture muscolo–fasciali inguinali, nella sede dove si rilevava la tumefazione erniaria, al fine di ottenerne una cicatrice che “riparasse” quel tratto di parete addominale. La brutalità di questi atti chirurgici non migliorò di molto nei secoli successivi: infatti si passò dalla cauterizzazione alla legatura della tumefazione erniaria: la risoluzione della tumefazione avveniva per necrosi dei tessuti a valle ma purtroppo spesso restavano coinvolti nella “legatura” anche tessuti nobili come il funicolo spermatico; soltanto intorno al XVII sec. d.C. questa metodica venne bandita con un editto che condannava alla galera od al rogo i “castratori erniari” visti i risultati: quando si legavano non solo i tessuti di parete ma anche parte o tutto il funicolo spermatico si provocava necrosi del testicolo o progressiva sua atrofia per devascolarizzazione. Non è difficile immaginare, inoltre, che questa metodica provocasse un postoperatorio molto doloroso ed invalidante. La proibizione di eseguire queste tecniche portò a rivalorizzare molto, a scapito della chirurgia, la terapia “contenitiva” con la creazione dei primi cinti che vennero denominati “brachieri”. Questa filosofia di trattamento delle ernie, che proponeva di “reprimerle”, contenerle, piuttosto che di “asportarle”, ebbe grande fortuna fino alla prima La patologia erniaria addominale metà del XIX secolo grazie anche agli studi di Antonio Scarpa (famoso anatomico il cui nome ancora oggi viene usato per identificare una specifica zona inguino–crurale) che limitava l’indicazione al trattamento chirurgico soltanto in caso di ernia strozzata ed irriducibile. Tuttora esistono in commercio cinti erniari e vari tipi di biancheria contenitiva che sono espressione del tentativo di fare un trattamento “palliativo” delle ernie impedendo che in stazione eretta esse si portino all’esterno dell’addome mediante cuscinetti che vanno ad incastrarsi in corrispondenza della porta erniaria, occludendola. Questo tipo di presidi in realtà ha una limitata utilità e produce un attrito notevole sui tessuti, in corrispondenza della porta erniaria, il che può rendere piuttosto indaginoso un successivo intervento chirurgico. In tempi più recenti, l’ipotesi terapeutica di Celso venne modernizzata, sostituendo l’obliterazione cicatriziale da cauterizzazione con l’iniezione di sostanze sclerosanti nella parete addominale, un trattamento che in casi isolati è stato eseguito fino agli inizi del XX secolo con risultati ampiamente insoddisfacenti. Indipendentemente dalle opzioni terapeutiche adottate in questo lungo lasso di tempo, che potremmo definire pre–moderno, vennero comunque compiuti numerosi studi anatomici, sempre più accurati, che portarono alla individuazione di strutture nobili da preservare categoricamente nel corso dell’intervento chirurgico (dotto deferente, vasi spermatici ecc.). Questi studi anatomici determinarono l’inizio di quella che possiamo definire era moderna sopratutto grazie ad un chirurgo italiano, Edoardo Bassini, che nel sistematizzò la terapia dell’ernia inguinale con risultati sbalorditivi per i tempi, proponendo una tecnica che non di rado viene ancora oggi adottata in alcuni casi. La vera rivoluzione si ebbe con l’avvento del materiale protesico e soprattutto nel grazie alle innovative teorie di Lichtenstein che utilizzando per la prima volta materiale protesico inerte (polypropylene) permise una ricostituzione dell’integrità della parete posteriore del canale inguinale tension free (riparazione senza mettere sotto tensione le strutture anatomiche). I risultati furono strabilianti sia in termini di compliance da parte del paziente sia in termini di efficacia del trattamento stesso con un marcato abbattimento delle recidive (–%). Da allora proprio per il rilevante impatto socio–economico determinato dall’ernia inguinale e grazie alla brillante intuizione di Lichtenstein si risvegliò l’interesse di tutto il mondo scientifico chirurgico. Furono Valter Ripetti così proposte negli anni successivi numerose varianti, che si differenziavano tra loro per le modalità del confezionamento della rete, posizionamento, tipo di approccio (anteriore o posteriore), tipo di anestesia. Le uniche vere innovazioni furono, però, quelle introdotte da Trabucco nella seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso. Egli migliorò la teoria della tension free introducendo il concetto di sutureless (senza apporre punti di sutura) attraverso l’utilizzo di reti semirigide e di un plug ad integrazione dell’efficacia della rete stessa nella ricostruzione della parete posteriore del canale inguinale riducendo il discomfort post–operatorio e le complicanze da intrapment (cioè da intrappolamento dei nervi della regione inguinale, che avveniva soprattutto a livello dei punti di sutura e provoca dolore cronico). . Che cos’e’l’ernia L’etimologia della parola ernia deriva dal greco Hernios (gemma) ed infatti possiamo intendere questa patologia come una “gemmazione” e cioè la fuoriuscita di una viscere dalla naturale cavità che lo contiene, ricoperto da tegumenti. Numerose sono le classificazioni che negli anni si sono succedute di pari passo con i progressi relativi alle conoscenze anatomiche, alle manifestazioni cliniche e trattamenti terapeutici. In questo nostro breve compendio appare sufficiente conoscere la distinzione fra un’ernia congenita e quindi frequentemente individuabile in età infantile, dovuta ad una mancata obliterazione del peritoneo, e un’ernia acquisita determinata da un aumento della pressione endo–addominale (comunemente attribuita ad uno sforzo quale il sollevamento di un peso, stipsi, tosse, gravidanza ecc.) ma sempre associato ad una riduzione della resistenza parietale determinata da alterazioni dinamiche (modificazione anatomica delle strutture muscolo–aponeurotiche della regione inguinale) e/o organiche (malnutrizione, obesità, fumo, alterazioni ormonali, senescenza: tutte affezioni che determinano una modificazione del collageno e del tessuto muscolare). La conoscenza delle strutture muscolo aponeurotiche, vascolari e nervose del canale inguinale è di fondamentale importanza per il corretto trattamento della patologia erniaria; basti solo pensare che il canale inguinale nell’uomo è attraversato da elementi vascolo La patologia erniaria addominale nervosi essenziali per la vitalità del testicolo oltre al dotto deferenziale indispensabile per la riproduzione. Nella donna il contenuto del canale inguinale è apparentemente meno nobile in quanto costituito soltanto dal legamento rotondo, uno degli elementi di sostegno dell’utero, ma certamente non trascurabile in quanto la compromissione di questo legamento può favorire il prolasso uterino. . Diagnosi L’incidenza dell’ernia inguinale è intorno al % della popolazione generale; interessa prevalentemente il sesso maschile con un rapporto uomo/donna di :. La sintomatologia è estremamente variabile ed è caratterizzata dalla semplice presenza di una tumefazione più o meno voluminosa, ma asintomatica, fino a casi caratterizzati dalla presenza di dolore più o meno importante generalmente di tipo gravativo che compare in ortostatismo e si attenua o scompare in clinostatismo. La complicanza più temibile è lo strozzamento che consiste nella fuoriuscita di un viscere dalla cavità addominale con successiva sofferenza vascolare che può portare addirittura alle necrosi del viscere fuoriuscito con comparsa di peritonite. Proprio al fine di prevenire la comparsa di questa temibile complicanza è di estrema importanza l’esecuzione di una accurata anamnesi ed esame obiettivo al fine di valutare dimensioni e riducibilità dell’ernia, presenza di ernia contro–laterale o di altre ernie della parete addominale, eventuali affezioni testicolari e la presenza di eventuali comorbidità. Un attento esame obiettivo è di estrema importanza soprattutto oggigiorno quando vi è una certa propensione alle pratiche sportive, soprattutto per una corretta diagnosi differenziale con affezioni osteo– articolari e muscolari, troppo spesso attribuite alla presenza della patologia erniaria. Questi errori diagnostici sono spesso supportati da esami diagnostici strumentali che non trovano riscontro all’esame obiettivo, e probabilmente dovuti alla sempre maggiore accuratezza degli strumenti diagnostici. Il dato strumentale, ricavato dall’ecografia o da altra metodica, deve sempre essere confrontato e integrato con il dato clinico che si ricava dall’esame obiettivo del paziente. Valter Ripetti . Terapia Come precedentemente esposto, l’ernia consiste nella fuoriuscita di un viscere dalla sua cavità naturale che lo contiene ed il primo momento terapeutico consiste nel riposizionamento del viscere nella cavità addominale (“riduzione” dell’ernia) e la successiva creazione di una barriera che ne impedisca una nuova fuoriuscita. Disponiamo a questo scopo di tecniche chirurgiche e non chirurgiche. La terapia sclerosante è stata da molti anni abbandonata per le numerose complicanze che determina: ascessi, funicoliti, atrofia testicolare, orchiti e non raramente necrosi intestinale e peritonite. Peraltro oltre all’elevato rischio di complicanze, anche il rischio di recidiva erniaria è molto alto e pertanto questa metodica va assolutamente bandita senza cedere all’illusione di risolvere il problema con delle semplici iniezioni. Il cinto come abbiamo visto è una evoluzione moderna dei cosiddetti “brachieri”; ancora oggi sono reperibili sul mercato in diverse fogge; nonostante i notevoli progressi nel trattamento di questa patologia, la paura della chirurgia induce il paziente non raramente a utilizzarli e procrastinare l’intervento che quando diventa indispensabile può essere veramente pericoloso per il paziente oltre che molto più indaginoso per il chirurgo a causa delle aderenze viscero–parietali che il cinto determina. Peraltro il cinto oltre ad essere un presidio invalidante fisicamente e psicologicamente, espone il paziente al rischio di dermatiti infettive o micotiche che per la loro recrudescenza diventano nel tempo farmaco–resistenti. La terapia chirurgica è la terapia di scelta per la patologia erniaria; l’avvento delle protesi ha completamente cambiato l’approccio al trattamento di questa patologia ma ancora oggi può capitare di dovere eseguire un intervento di plastica senza l’ausilio della protesi: ad esempio in caso di campi infetti o per motivi economici (le protesi hanno un discreto costo). In questi casi l’accesso è esclusivamente inguinotomico. Indipendentemente dalla tecnica utilizzata è bene rispettare del strutture muscolo–aponeurotiche e nervose della regione inguinale al fine di prevenire la comparsa di ipo/anestesie post–operatorie e soprattutto delle recidive; la maggiore incidenza di pazienti affetti da ernia inguinale destra che compare dopo appendicectomia avvalora questa tesi; infatti l’incisione eseguita per l’appendicectomia provoca La patologia erniaria addominale un indebolimento delle strutture anatomiche della fossa iliaca destra. Le tecniche di riparazione non protesica prevalentemente eseguite sono quella di Bassini o Shouldice; queste sono delle plastiche che determinano una certa trazione sui tessuti e pertanto un maggior discomfort postoperatorio associato ad un aumentato rischio di recidiva. Per tale motivo soprattutto dopo plastica sec. Bassini è bene che il paziente sia immobilizzato al letto per / giorni al fine di consentire quella iniziale cicatrizzazione che conferisce resistenza alla plastica. A differenza della tecnica di Bassini, la Shouldice non richiede una anestesia generale e pertanto il paziente può essere mobilizzato rapidamente riducendo il rischio di tutte le complicanze correlate all’anestesia generale ed all’immobilizzazione al letto. Il progredire della ricerca scientifica negli ultimi decenni ha consentito la realizzazione di diversi tipi di protesi con diverse caratteristiche morfologiche e chimico–fisiche in modo tale da renderle sempre più bio–compatibili; ciò ha permesso la standardizzazione di numerose tecniche di riparazione protesica. In questo breve compendio citeremo soltanto le più comuni. .. Interventi con accesso anteriore È esclusivamente inguinotomico ed è quello più comunemente usato; prevede il posizionamento della protesi anteriormente o comunque adiacente al pavimento del canale inguinale. Fra queste le più usate sono la tecnica di Lichtenstein e di Trabucco. La Lichtenstein, messa a punto nel , è una tecnica tension free in quanto l’ausilio della protesi elimina la tensione sui tessuti esercitata dalla plastica, con un notevole beneficio per il paziente a tal punto che attualmente questo tipo di intervento viene eseguito ambulatorialmente in anestesia locale. La tecnica originale prevede utilizzo di una rete di polipropilene delle dimensioni di x cm sagomata manualmente e suturata alla fascia del muscolo obliquo interno, medialmente, e lateralmente al legamento inguinale con sovrapposizione della rete sul tubercolo pubico per oltre cm ed al disopra dell’anello inguinale interno per oltre o cm. Numerose sono le varianti oggi adottate ma la più comune è quella caratterizzata dall’uso di reti presagomate. Per questa tecnica peraltro come tutte le tecniche in cui si utilizzano protesi il rischio di recidiva erniaria è Valter Ripetti molto basso con una incidenza secondo le diverse casistiche intorno al %. La complicanza più temibile è la neuralgia determinata da un entrapment delle terminazioni nervose durante il fissaggio della protesi; si tratta di sindromi dolorose che spesso possono essere risolte soltanto con la rimozione della protesi. La plastica secondo Trabucco messa a punto nella seconda metà degli anni ottanta, alla teoria tension free associò il concetto di sutureless e cioè l’utilizzo di reti presagomate semirigide adagiate e non suturate, con un plug di rinforzo nell’anello inguinale interno ad integrazione dell’efficacia della rete stessa nella ricostruzione della parete posteriore del canale inguinale; con questa tecnica si è ottenuta una ulteriore riduzione del discomfort post–operatorio e delle complicanze da intrapment. .. Interventi con accesso posteriore Questo tipo di accesso prevede il posizionamento della protesi nello spazio preperitoneale, cioè tra il peritoneo e la faccia posteriore dei muscoli della parete addominale; il posizionamento della protesi in questa sede ha il vantaggio teorico (ma non dimostrato dalla letteratura scientifica) di avere una maggiore tenuta e quindi minor rischio di recidiva in quanto la pressione addominale si esaurisce posteriormente al canale inguinale aumentando così l’efficacia della rete, a differenza della protesi posizionate anteriormente. Come evidenziato nella figura questo tipo di accesso può essere eseguito a cielo aperto o per via laparoscopica. Fra gli accessi a cielo aperto uno dei più comuni è l’intervento di Stoppa che prevede una incisione sec. Phannestiel (cioè sovrapubico trasversale) ed il posizionamento di una grossa rete trapezoidale al di sotto dello strato muscolare della parete, così da ottenere il rinforzo del pavimento inguinale bilateralmente. Questo tipo di intervento non può essere eseguito in anestesia locale e per la sua invasività necessita di ricovero; in tempi di economia sanitaria va eseguito soltanto in casi particolari come ad esempio ernie bilaterali plurirecidive. Peraltro il rischio di infezione della protesi è relativamente maggiore rispetto agli accessi inguinotomici. La via posteriore trova una ragionevole applicazione nell’approccio laparoscopico in quanto sebbene questo tipo di intervento richieda co- La patologia erniaria addominale munque una anestesia generale ed un ricovero e pertanto va a nostro giudizio (come la Stoppa) eseguita soltanto in caso di plurirecidive. Il rischio di infezioni della protesi è notevolmente ridotto ma esiste un rischio di complicanze legate a lesioni accidentali dei visceri addominali, cosa che è del tutto assente nelle altre tecniche di riparazione. La via laparoscopica prevede due modalità di accesso allo spazio preperitoneale: — TAPP (Trans Abdominal Pre Peritoneal) il cui accesso prevede, come evidenziato dall’acronimo, il passaggio attraverso la cavità addominale. Il posizionamento della protesi nello spazio preperitoneale necessita una perfetta conoscenza anatomica di questa zona al fine di rispettare alcune strutture nervose e vascolari localizzate in due sedi che comunemente vengono definite il “triangolo del disastro” (rischio di emorragia grave per lesione dei vasi iliaci) ed il “triangolo del dolore” (rischio di neuralgia postoperatoria cronica). — TEP (Totally Extra Peritoneal) il cui accesso allo spazio preperitoneale avviene per via extraperitoneale; questo accesso anche se non espone alle pericolose complicanze della TAPP è estremamente indaginoso e viene eseguito pertanto raramente. Recentemente, mutuata l’esperienza dalla plastica laparoscopica dei laparoceli, si è iniziato ad eseguire delle plastiche per ernia inguinale con tecnica modificata rispetto alla TAPP posizionando le protesi all’interno della cavità peritoneale. Questa tecnica non sembra avere futuro anche per gli elevati costi delle protesi, in quanto sono dei presidi particolari che possono stare a contatto con le anse intestinali senza danneggiarle; inoltre prevede un accesso addominale e un’anestesia generale, il che la rende poco competitiva rispetto all’intervento ambulatoriale in anestesia locale o locoregionale, oggi molto diffuso. Valter Ripetti Figura . Valter Ripetti Università Campus Bio–Medico di Roma