SULLA INCONFIGURABILITÀ DELL’ANATOCISMO NEL CONTO CORRENTE OPERATIVO A cura di Antonio De Simone e Maria Luigia Ienco (avvocati del Foro di Napoli) SOMMARIO 1.Premessa - 2. Il regolamento degli interessi nei rapporti di conto corrente bancario - 3. Analisi di sistema: casistica giurisprudenziale sulle rimesse in conto corrente - 3.a. Versamento della pensione sul conto corrente e pignorabilità dell’intero saldo - 3.b. Revocatoria fallimentare e rimesse solutorie annotate in conto - 3.c. Annotazione degli interessi sul conto corrente ordinario provenienti da conti anticipi - 3.d. Usura bancaria: irrilevanza della capitalizzazione trimestrale ai fini del computo del TEG - 4. Sull’inconfigurabilità tout court dell’anatocismo nei rapporti regolati in conto corrente. 1. PREMESSA La capitalizzazione degli interessi in conto corrente è tema tra i più dibattuti nell’ambito del diritto bancario, oggetto di copiosa produzione dottrinaria e di caotica casistica giurisprudenziale, specie se rapportato nello specifico al divieto di anatocismo di cui all’art.1283 c.c.. Guardando al fenomeno da prospettive distorte e/o focalizzandosi su aspetti marginali, non pochi autori hanno finito per “perdere di vista” il reale funzionamento del conto corrente operativo, concludendo per la configurabilità di fattispecie anatocistica laddove, per quanto si cercherà di spiegare infra, non può dirsi integrata – in senso proprio – la produzione di interessi su altri interessi. Si proverà a chiarire che, per ragioni di coerenza sistematica, l’ordinamento non può far discendere dal medesimo fatto giuridico conseguenze opposte, a seconda che si consideri la questione dalla prospettiva della banca ovvero da quella del cliente– correntista. Si può prendere le mosse da una semplice premessa. Anatocismo e capitalizzazione degli interessi sono concetti ben differenti tra loro: - il primo (anatocismo) designa la speciale attitudine degli interessi a produrre a loro volta interessi, entro i limiti di cui all’art.1283 c.c. e di cui alla normativa speciale in materia bancaria e creditizia; - la seconda (capitalizzazione) indica il fenomeno in forza del quale una certa misura di interessi viene tramutata in sorte capitale, con conseguente trasformazione di un’obbligazione da accessoria in principale. Il divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c. riguarda solo ed esclusivamente il caso di interessi che siano maturati, scaduti (divenuti esigibili) e, infine, che non siano stati pagati1. 2. IL REGOLAMENTO DEGLI INTERESSI NEI RAPPORTI DI CONTO CORRENTE BANCARIO Sul punto cfr. MORERA, Sulla non configurabilità della fattispecie “anatocismo” nel conto corrente bancario, sul web in http://www.economia.uniroma2.it; in senso conforme COLOMBO, Gli interessi nei contratti bancari, Roma, 2014, passim. 1 1 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris Invero, in un rapporto di conto corrente, il pagamento degli interessi (sia che venga effettuato con denaro proprio – alias del correntista - che con denaro altrui – alias della banca) fa sì che gli stessi perdano la loro natura e che da obbligazione accessoria (interessi) si trasformino in obbligazione principale (capitale) per cui può affermarsi che l’interesse pagato “non esiste più”. Come noto, infatti, il contratto di conto corrente è un accordo di contabilizzazione tra la banca e il correntista, in virtù del quale la banca si assume l’incarico di contabilizzare tutte le partite ed i rapporti del correntista e precisamente: a) i rapporti che intercorrono tra la banca e il correntista; b) i rapporti che intercorrono tra il correntista ed i terzi. Può, altresì, pacificamente affermarsi che il rapporto di conto corrente e la contabilizzazione delle movimentazioni bancarie si svolgono in tre tempi: 1) FATTO; 2) ANNOTAZIONE; 3) SALDO. Ogni volta che delle operazioni vengono annotate in conto si produce un’immediata modifica del saldo disponibile (aumento in caso di accredito, diminuzione in caso di addebito). Quanto all’annotazione, relativamente ai soli rapporti tra cliente e banca, essa equivale ad un pagamento, con effetto solutorio, che determina il nuovo saldo debitore e/o creditore2. In altri termini: l’operazione di addebito da parte della Banca, per effetto della contabilizzazione sul conto, determina un effetto estintivo verso la Banca3, in quanto, per il sol fatto che un determinato pagamento venga annotato e addebitato, immediatamente il saldo disponibile andrà a diminuire con l’effetto di aumentare il saldo passivo del correntista verso la Banca. Un esempio pratico è rappresentato dal funzionamento del mutuo fondiario regolato in conto corrente: 1) FATTO (es. scadenza del pagamento di una rata di mutuo); 2) ANNOTAZIONE (pagamento della rata); 3) SALDO (importo a disposizione del correntista – a debito o a credito). In tali casi, dunque, per effetto dell’annotazione della rata sul conto corrente (che si considera regolarmente pagata) non scatterà la mora ed il mutuo sarà in regolare Cfr. MORERA, op. cit., p.5; Sulla qualificazione solutoria delle rimesse in conto corrente – e sulla confutazione della dottrina contrapposta – si veda COLOMBO, op.cit., pp.78 e ss. 3 Non vale a contraddire tale prospettazione quella giurisprudenza di legittimità che, pronunciandosi in maniera parziale sulla prescrizione della ripetibilità dei versamenti in conto corrente nei limiti del fido, afferma che «[l’annotazione in conto] non si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria […] in favore della banca». Cass.Civ. 15 gennaio 2013 n.798, sul web in www.expartecreditoris.it. Non convince, infatti, alla luce di quanto si analizzerà più compiutamente infra, il diverso trattamento accordato dalla medesima giurisprudenza alla medesima situazione giuridica – in contesti differenti. Sembra, inoltre, che il ragionamento della S.C. si fondi su una analisi superficiale del funzionamento del rapporto di conto corrente. Peraltro, l’angolo visuale appare limitato alla sola tematica della prescrizione dell’azione di ripetizione di rimesse (asseritamente) illegittime. 2 2 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris ammortamento, laddove, si ripete, l’annotazione in conto - solo nei rapporti tra banca e cliente - ha un effetto estintivo dell’obbligazione4. Assunto quest’ultimo aspetto come presupposto, è irrilevante e poco importa se il correntista per pagare il suo debito a titolo di interessi nei confronti della banca utilizzi denaro proprio ovvero quello messo a disposizione della banca con un’apertura di credito: ciò che conta è che quella obbligazione pecuniaria è stata estinta. Prova ne è la circostanza che, all’esito della annotazione della rata di mutuo ipotecario in conto corrente, l’originario debito ipotecario si estingue, per diventare “inesorabilmente” chirografario. Il medesimo meccanismo giuridico opera per qualsiasi tipo di rapporto intercorrente tra banca e cliente. Si è detto che l’annotazione in conto ha, nei rapporti banca e cliente, effetto immediatamente estintivo delle rispettive obbligazioni. Ne consegue che il momento di chiusura periodica del conto è assolutamente neutro rispetto la fattispecie anatocistica in quanto le singole voci già annotate e contabilizzate in conto sia per la banca che per il cliente hanno già perso la loro originaria natura giuridica5. Muovendo da tale ragionamento – ed anticipando le conclusioni alle quali si addiverrà – può formularsi una valutazione dei rapporti tra fattispecie anatocistica e rapporto di conto corrente, in termini di inconfigurabilità della prima, in considerazione dell’effetto estintivo delle annotazioni in conto. In altri termini, se l’addebito (rectius, l’annotazione) in conto estingue l’obbligazione relativa agli interessi, non può logicamente parlarsi di interessi scaduti (e non pagati), che producano nuovi interessi (appunto in violazione dell’art.1283 c.c.), ma di nuovo capitale (saldo)6. Trattasi di fenomeno assimilabile – per certi versi – non già ad un’indebita fattispecie anatocistica, ma ad un’ipotesi legale di capitalizzazione degli interessi, con la obbligazione “accessoria” che diviene “principale”. La tesi avversata confonde, ad avviso di chi scrive, concetti distinti, laddove ritiene che l’interesse scaduto, annotato in conto e pagato, resti connotato da una propria autonomia, tale da poter essere distinto dal capitale7. 4 Nessuno ha mai ipotizzato di poter ritenere che in tale contabilizzazione si possa configurare l’esistenza di un indebito fenomeno anatocistico, sebbene la rata di mutuo sia composta originariamente di una quota di interessi e una di capitale, e nonostante le annotazioni determinino un incremento del saldo negativo, sul quale maturano altri interessi. 5 Chiarisce bene tale aspetto MORERA, op. cit., p.10; 6 Prova ne è che, se gli interessi passivi maturati in conto corrente fossero regolati (alias addebitati) su un conto separato, verrebbe meno l’effetto “ottico” dell’anatocismo. In senso conforme alla tesi esposta si veda MORERA, op. cit., pp.10 e ss. 7 Contra, si registra la posizione di MAGNI, Le regole sull'anatocismo, in il mutuo e le altre operazioni di finanziamento, a cura di CUFFARO, Bologna, 2005, p. 158, nota 126, secondo il quale, portando il ragionamento alle estreme conseguenze, la circostanza che l'annotazione a debito degli interessi 3 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris Il fenomeno è analogo ad altre fattispecie – che più analiticamente si valuteranno infra – in relazione alle quali potrà verificarsi come, aderendo alla soluzione qui prospettata, il sistema raggiunga un certo grado di “coerenza”. Si ponga anzitutto mente al caso del contratto di mutuo, allorquando si verifichi l’inadempimento del mutuatario in relazione ad una rata costituita sia da capitale che da interessi convenzionalmente stabiliti. In tale ipotesi, invero, si applicherà l’interesse moratorio, in via sostitutiva dell’interesse corrispettivo e non potrà certo parlarsi di anatocismo per il sol fatto che la mora venga a computarsi sull’intera rata, comprensiva anche dell’originaria quota di interessi, atteso che, per quella giurisprudenza che applica alla lettera i principi di matematica finanziaria, per effetto dell’inadempimento, la rata è divenuta un unicum8. Ed infatti, e secondo consolidate nozioni giuridiche e di matematica finanziaria, al momento della scadenza della rata, l’interesse moratorio viene ad applicarsi sull’unico debito esistente, non distinguendosi più – in tale ambito – tra componente dovuta a titolo di capitale e quella dovuta a titolo di interessi compensativi. La mancata valutazione di tale aspetto genera un evidente «errore di prospettiva»9. passivi viene eseguita dalla banca, senza che il cliente «possa avere ben chiaro e presente quanto si verifica» (e cioè l'estinzione del debito per interessi maturatosi nel trimestre precedente), realizzerebbe — per l'appunto — un'ipotesi di pattuizione in frode alla legge, in quanto consentirebbe di ottenere per altra via il risultato, vietato dal disposto di cui all'art. 1283 c.c., di conseguire la produzione di interessi su interessi (anche accumulatisi per meno di un semestre), a prescindere dalla proposizione di apposita domanda giudiziale, o dalla stipulazione di idonea convenzione successiva alla scadenza degli interessi primari. 8 cfr. DE SIMONE – IENCO, Disciplina antiusura e nuovi tassi legali di mora: usura “legale”?, in Gazzetta forense, 2015 fasc.6, pp. 35 e ss, laddove in nota n.20, in merito ad altra questione, si legge «A supporto della contrarietà della tesi della sommatoria si rileva che al momento dell’inadempimento ci si trova al cospetto di una sola obbligazione che il debitore è tenuto soddisfare per capitale ed interessi. L’inadempimento della rata trasforma le due obbligazioni, seppure originariamente distinguibili per capitale e interessi, in un unico debito. Vero è che in ogni rata è sempre possibile identificare quale sia la quota di interessi e quale quella di capitale, ma questo non esclude che, scaduta la rata e non pagata, sull'intero importo di essa inizino a decorrere gli interessi di mora. Ora, la ratio dell'art. 1194 c.c. si fonda sulla considerazione che, se al debitore fosse consentito di imputare versamenti parziali prima al capitale anziché agli interessi, il creditore vedrebbe ridursi la sua pretesa agli interessi in quanto appunto sarebbe stato ridotto il debito capitale. La medesima ratio impone che, di fronte alla scadenza insoluta di una rata di debito (rata che pur comprende una parte del capitale ed una parte di interessi), i versamenti in conto siano da imputare agli interessi di mora sulla rata insoluta: ché altrimenti, proprio come ha inteso escludere il legislatore ex art.1194 c.c., l’imputazione del versamento alla rata scaduta riuscirebbe a ridurre il debito che produce interessi e, dunque, anche a ridurre la qualità di interessi che maturano mano a mano che si prolunga l’insolvenza. In sostanza, il mancato pagamento di una rata comprensiva anche di interessi determina la pretesa del creditore ad ottenere anche gli interessi moratori sugli interessi non pagati, dunque il pagamento parziale va imputato per primo a questi interessi, poiché in mancanza verrebbe frustrata la ratio dell’art.1194 c.c.(Cass.8.7.1986 n. 4451). Tale principio è stato poi ribadito in altre decisioni ove è stato precisato che in definitiva non si viene concretizzare alcuna sommatoria di interessi poiché gli interessi moratori operano sull’unico debito esistente (Cass.21.10.2005 n.20449; 31.1.2006 n. 2140)». 9 L’espressione è di MORERA, op.cit., p.1. 4 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris 3. ANALISI DI SISTEMA: CASISTICA GIURISPRUDENZIALE SULLE RIMESSE IN CONTO CORRENTE Nell’ottica di un’analisi sistematica delle vicende riguardanti le rimesse in conto corrente ed i relativi effetti, che supra si è assunto come presupposto logico della inconfigurabilità dell’anatocismo nei detti rapporti banca-cliente, può essere utile riportare il trattamento riservato alle annotazioni (in altri contesti) dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. a) VERSAMENTO DELLA DELL’INTERO SALDO PENSIONE SUL CONTO CORRENTE E PIGNORABILITÀ La Corte Costituzionale, con sentenza del 15 maggio 2015 n.8510, si è pronunciata sulla pignorabilità delle somme confluite su conto corrente a titolo di prestazione previdenziale. In particolare, nel caso di specie un debitore esecutato aveva proposto opposizione all’esecuzione relativamente ad un conto corrente alimentato esclusivamente con i versamenti da rimesse pensionistiche, chiedendo di far valere a sua tutela l'impignorabilità parziale relativa ai crediti da pensione in relazione alla disciplina che invece limita l’utilizzo del contante, obbligando il versamento coattivo sul conto corrente. Ebbene, la Corte ha stabilito che le pensioni sono pignorabili senza limiti se accreditate su conto corrente bancario e/o postale, in quanto l’annotazione in conto comporta la “perdita del carattere di indisponibilità” in relazione a misure cautelari ed espropriative”. Il principio espresso è stato il seguente: L’annotazione in conto modifica immediatamente la natura giuridica delle somme versate, a titolo di pensione, facendo perdere l’originaria qualificazione b) REVOCATORIA FALLIMENTARE E RIMESSE SOLUTORIE ANNOTATE IN CONTO La circostanza che l’annotazione in conto abbia effetti solutori può ulteriormente essere desunta dalla giurisprudenza relativa alla “vecchia” revocatoria fallimentare, nell’ambito della quale, per anni – in maniera incontestata – è stato affermato tale principio11, almeno ogniqualvolta le rimesse fossero effettuate su conto “scoperto”. 10 DE SIMONE, Pensioni: pignorabili senza limiti se accreditate su conto corrente bancario e/o postale, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it, anno 2015. 11 «Nel conto corrente di corrispondenza l'annotazione di operazioni di segno opposto trova titolo negli obblighi reciprocamente assunti dalle parti per il perseguimento della finalità propria di tale rapporto e consegue, in definitiva, al diritto del correntista di variare la disponibilità del conto con successivi versamenti e prelievi. Il saldo tra gli accrediti, provenienti da bonifici di terzi, annotati dalla banca sul menzionato conto corrente e gli addebiti risultanti dal medesimo conto non può quindi ricondursi all'effetto proprio della compensazione legale ex art. 1243 c.c. e, quindi, ad una vicenda estintiva opponibile al fallimento ex art. 56 L.F. - R.D. n. 267/1942 - e pertanto sottratta alla revocatoria, ma, rappresentando una semplice operazione di conguaglio tra annotazioni di segno opposto, lascia inalterata la revocabilità delle singole rimesse qualora unitamente al carattere solutorio delle medesime ricorra, in capo alla banca, il requisito soggettivo della scientia decoctionis». App. Bologna Sez. III, 11 aprile 2007, in Pluris, Massima redazionale, 2008. «Le rimesse intervenute sul 5 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris L’annotazione in conto corrente, in particolare, l’accreditamento, ha sempre determinato la immediata riduzione o l'elisione del saldo negativo, per il cliente, e, pertanto, la natura solutoria per la Banca. Se revocabili, secondo la disciplina di cui alla legge fallimentare, sono solo i versamenti qualificabili come “pagamenti”, tradizionalmente la giurisprudenza ha sempre affermato la revocabilità di qualsiasi versamento effettuato in presenza di un debito scaduto ed immediatamente esigibile, assumendone la natura solutoria (totale o parziale) di quel debito, per il sol fatto che vi fosse un (formale) accreditamento sul conto corrente “principale”. Tale effetto (ACCREDITAMENTO = ANNOTAMENTO= PAGAMENTO= ESTINZIONE DEBITO) e, pertanto, la consequenziale sperequazione di trattamento rispetto agli interessi, è ancora più evidente allorquando il debito del correntista sia “saldato” mediante giroconto proveniente da una operazione di anticipazione. Anche in tali casi, sebbene l’annotazione (in favore del correntista) avvenisse mediante l’utilizzo di moneta bancaria messa a disposizione dallo stesso istituto di credito, per l’effetto di un mero giroconto, la giurisprudenza ha sempre considerato revocabili le rimesse, pur qualificandosi queste come mere voci contabili, sul presupposto che avessero in ogni caso natura solutoria, per il sol fatto che vi fosse un accreditamento proveniente da altro conto12. conto corrente, che presenti un saldo negativo, sono revocabili, ai sensi dell'art. 67, secondo comma, legge fall. (nella formulazione anteriore al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), in quanto qualsiasi versamento effettuato in presenza di un debito scaduto ed immediatamente esigibile costituisce un pagamento (totale o parziale) di quel debito; né il fatto che il debitore abbia successivamente continuato ad operare sul conto può far venir meno l'effetto solutorio già realizzato, a meno che non vi sia la prova che il denaro versato sia rimasto nella disponibilità del correntista (come accade nelle cd. partite bilanciate)», Cass. civ. Sez. I, 3 luglio 2013, n. 16610 «Qualora il conto corrente acceso da un dato imprenditore presso la banca sia inizialmente assistito da un'apertura di credito che poi, al momento delle effettuazioni delle rimesse, risulti essere stata revocata dalla banca, gli accreditamenti effettuati dall'imprenditore poi fallito sul conto, dai quali consegua la riduzione o l'elisione del saldo negativo, per il cliente, hanno natura solutoria. Di talché, gli stessi sono revocabili ex dell'art. 67 della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), come pagamenti di crediti liquidi ed esigibili». Trib. Trento, 13 marzo 2013 «Nel caso di rimessa su conto scoperto, lo scoperto di conto costituisce per la banca credito esigibile, con conseguente idoneità della situazione alla integrazione di una delle componenti oggettive della revocatoria fallimentare ex art. 67, comma secondo, della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942); il versamento su conto scoperto, ancorché non richiesto dalla banca, ma da essa accettato, non crea nuova disponibilità per il cliente, in mancanza di prova di un rapporto stabile di disponibilità convenzionalmente pattuito o di una programmata imputazione specifica alla copertura di futuri prelievi o ordini di pagamento; il versamento in conto scoperto ha vero e proprio valore estintivo del credito della banca, con carattere solutorio rilevante ai fini della revocabilità ai sensi della normativa di cui innanzi» Trib. Bari, Sez. IV, 31 maggio 2012. 12 «Qualora, tramite un'operazione di giroconto, la somma erogata in via di anticipazione da una banca su un conto corrente di corrispondenza, a fronte della rimessa di effetti salvo buon fine da parte del cliente, venga riaccreditata su altro conto corrente scoperto del medesimo cliente, l'operazione non assume natura puramente contabile, ma funzione satisfattoria, venendo l'accreditamento utilizzato ad estinzione dello scoperto, con la conseguenza che la rimessa è soggetta a revocatoria fallimentare. Né rileva, in senso contrario, che le anticipazioni siano avvenute a fronte dello sconto di effetti non andati a buon fine, trattandosi, anche in questo caso, di somme erogate dalla banca su di un apposito conto, poi confluite sul conto corrente scoperto per ridurne l'esposizione», Cass. civ., Sez. I, 13 febbraio 6 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris In altri termini, la giurisprudenza ha considerato che il meccanismo del giroconto, il quale giustifica l’addebito su un conto a beneficio dell’accredito su un altro, dimostri in ogni caso un “passaggio di denaro”. Se ciò è vero, non può la stessa rimessa considerarsi come un pagamento, quando l’istituto bancario sia convenuto in revocatoria fallimentare, ed invece perdere la natura solutoria quando sia il cliente a reclamare la ripetizione di poste asseritamente illegittime ex art.1283 c.c. 2013, n. 3507; «In tema di revocatoria fallimentare di pagamenti effettuati alla banca da parte del correntista, la natura solutoria delle relative operazioni, necessaria ai sensi e per gli effetti dell'art. 67, secondo comma, R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare), (se eseguite nel periodo sospetto e ricorrendo la scientia decoctionis dell'accipiens), ricorre anche nell'ipotesi in cui gli accreditamenti provengano, sotto forma di rimesse e come giroconti, dal conto anticipi al conto corrente ordinario, allorché esse siano state utilizzate in via di fatto per ridurre ovvero eliminare lo scoperto dell'unico conto operativo, quello ordinario, e non assumendo alcuna rilevanza che il conto anticipi presenti un saldo attivo o passivo. Tale conto, infatti, costituisce una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente, annotandosi in esso in "dare" le anticipazioni erogate al correntista ed in "avere" l'esito positivo della riscossione del credito, sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente; ne consegue che il saldo passivo del conto anticipi non indica uno scoperto, i due crediti, del cliente, per il credito incassato e della banca, per l'anticipo concesso, si compensano ex art. 56, R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare), e, pertanto, le relative rimesse non hanno carattere solutorio, divenendo, invece, assoggettabili alla predetta azione revocatoria quando, come nella specie, le somme oggetto dell'originaria anticipazione siano state poste nella disponibilità del correntista sul conto corrente ordinario scoperto», Trib. Milano Sez. II, 22 gennaio 2013; «In tema di revocatoria fallimentare di pagamenti effettuati alla banca da parte del correntista, la natura solutoria delle relative operazioni, necessaria ai sensi e per gli effetti dell'art. 67, secondo comma, legge fall. (se eseguite nel periodo sospetto e ricorrendo la "scientia decoctionis" dell'"accipiens"), ricorre anche nell'ipotesi in cui gli accreditamenti provengano, sotto forma di rimesse e come giroconti, dal conto anticipi al conto corrente ordinario, allorché esse siano state utilizzate in via di fatto per ridurre ovvero eliminare lo scoperto dell'unico conto operativo, quello ordinario, e non assumendo alcuna rilevanza che il conto anticipi presenti un saldo attivo o passivo. Tale conto, infatti, costituisce una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente, annotandosi in esso in "dare" le anticipazioni erogate al correntista ed in "avere" l'esito positivo della riscossione del credito, sottostante agli effetti commerciali presentati dal cliente; ne consegue che il saldo passivo del conto anticipi non indica uno scoperto, i due crediti - del cliente, per il credito incassato e della banca, per l'anticipo concesso - si compensano ex art. 56 legge fall. e, pertanto, le relative rimesse non hanno carattere solutorio, divenendo, invece, assoggettabili alla predetta azione revocatoria quando, come nella specie, le somme oggetto dell'originaria anticipazione siano state poste nella disponibilità del correntista sul conto corrente ordinario scoperto», Cass. civ. Sez. I, 20 giugno 2011, n. 13449; «Nell'ipotesi in cui tra banca e cliente (successivamente dichiarato fallito) fossero in “essere diverse linee di credito (conto corrente ordinario e conto anticipi), in presenza di un negozio di anticipazione su ricevute bancarie con contestuali accrediti dei finanziamenti così erogati sul conto corrente ordinario, le rimesse solutorie affluite sul conto anticipi sono autonomamente revocabili ove non siano revocabili - per mancanza dell'elemento soggettivo - le corrispondenti rimesse solutorie effettuate sul conto corrente ordinario, in quanto, nel momento in cui la banca incassa il credito anticipato, estingue il credito sorto con l'anticipazione stessa, venendo quindi integrata la fattispecie del pagamento di debito liquido ed esigibile, revocabile, nel caso di specie, quale mezzo normale di pagamento ex art. 67, 2° comma, L.F. - R.D. n. 267/1942. Non si registra, pertanto, alcuna duplicazione di importi da revocare e, in linea astratta, deve propendersi per la revocabilità di tutte le rimesse effettuate in accredito sul conto anticipi, a pagamento - da parte del terzo, "debitor debitoris" - del debito vantato dalla banca nei confronti del correntista anticipato», Trib. Bologna, Sez. IV, 15 marzo 2006. 7 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris c) ANNOTAZIONE DEGLI INTERESSI PROVENIENTI DA CONTI ANTICIPI SUL CONTO CORRENTE ORDINARIO Medesime considerazioni sono state svolte dal Tribunale di Torino, sezione VI, in persona del Giudice dott. Enrico Astuni, con sentenza del 20 giugno 2014. In particolare, nel caso sottoposto al magistrato piemontese, il correntista aveva dedotto la nullità degli addebiti in mancanza di contratto scritto e l'applicazione di interessi anatocistici perché la competenza, pagata tramite conto corrente, concorrendo a formare il saldo passivo, avrebbe a sua volta generato interessi. Il Tribunale ha giudicato infondate le doglianze, in quanto: a) secondo la normale operatività bancaria, desumibile anche dagli estratti di conto corrente prodotti, l'anticipo salvo buon fine (s.b.f. per effetti, ri.ba. ecc.) si qualifica come un'operazione creditizia giuridicamente autonoma rispetto al conto corrente di corrispondenza, pur se regolata tramite il conto corrente sia per quanto concerne l'accredito dell'anticipo e l'addebito (storno) dell'eventuale insoluto, sia per quanto concerne spese e competenze, che vengono abitualmente pagate tramite le disponibilità di conto corrente; b) la circostanza che gli interessi maturati sulle autonome operazioni di anticipo siano stati pagati, confluendo e concorrendo a formare il complessivo saldo debitore del conto corrente, alla stregua di ogni altra operazione "in dare", esclude che essi possano conservare la propria natura di interessi ai fini dell'applicazione del divieto ex art. 1283 c.c.. Il principio espresso è stato il seguente: L’addebito di interessi maturati sulle autonome operazioni di anticipo sul conto corrente ove pagati, confluendo e concorrendo a formare il complessivo saldo debitore del conto corrente, alla stregua di ogni altra operazione "in dare", esclude che essi possano conservare la propria natura di interessi ai fini dell'applicazione del divieto ex art. 1283 c.c. d) USURA BANCARIA: IRRILEVANZA DELLA CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE AI FINI DEL COMPUTO DEL TEG Sempre il Tribunale di Torino, con sentenza del 8 ottobre 201413, in persona del dott. Bruno Conca, nel decidere in una controversia avente ad oggetto la verifica dell’usura oggettiva, in relazione alla capitalizzazione periodica ed ai relativi effetti sul tasso effettivo globale ha affermato che: a) la contabilizzazione sul conto corrente fa perdere all’interesse la sua originaria natura giuridica, con la conseguenza che lo stesso da obbligazione secondaria si trasforma in obbligazione primaria («l’annotazione in conto degli interessi trimestralmente (e legittimamente) pattuiti EQUIVALE A PAGAMENTO per cui gli stessi interessi vengono conglobati nel capitale mutando, per l’effetto, il loro regime giuridico»); b) la liquidazione degli interessi fatta dalla banca trimestralmente fa sì che gli stessi concorrano alla determinazione del capitale per il trimestre successivo per cui non vanno computati nel Tasso Effettivo Globale. Sul web con nota di IENCO, Usura: l’interesse capitalizzato (annotato e quindi pagato) non va computato nel tasso-soglia, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it – 2014. 13 8 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris Il principio espresso è stato il seguente: L’annotazione in conto per effetto della contabilizzazione ha un effetto solutorio, per cui la capitalizzazione degli interessi passivi non va considerata ai fini del TEG. &&&&& Nei casi appena illustrati, la contabilizzazione del versamento assume natura di pagamento e muta la natura dell’interesse, conglobandolo in un’unica obbligazione (al pagamento della rata di mutuo scaduta) ovvero determinando una variazione del saldo con effetto estintivo. Per l’effetto, alcuna violazione dell’art.1283 c.c. può dirsi verificata, atteso che “non vi sono più” interessi sui quali far maturare altri interessi. 4. SULL’INCONFIGURABILITÀ TOUT COURT DELL’ANATOCISMO NEI RAPPORTI REGOLATI IN CONTO CORRENTE A questo punto dell’analisi può giungersi ad una generalizzazione dei risultati, affermando l’inconfigurabilità dell’anatocismo tout court nei rapporti bancari regolati in conto corrente. In essi – va dato per assunto – è pacifico che l’interesse matura giorno per giorno (cd. dietim), scade giorno per giorno, e può essere contabilizzato secondo l’accordo previsto dalle parti. Invero autorevole dottrina ha sviluppato tale tesi in maniera articolata e lineare, mediante il seguente schema argomentativo: a) il conto corrente bancario è un contratto con cui la banca ed il cliente convengono di regolare i loro reciproci rapporti di dare ed avere, mediante annotazioni sul conto e non mediante materiale dazione di moneta legale; b) il saldo, disponibile da parte del cliente in qualsiasi momento, indica dunque la quantità di moneta bancaria che il correntista può utilizzare e l'annotazione sul conto da parte della banca modifica immediatamente la quantità di moneta bancaria disponibile; c) l'annotazione sul conto ha, nei rapporti tra banca e cliente, effetto immediatamente estintivo delle rispettive obbligazioni; di conseguenza, il momento della «chiusura periodica del conto», altro non rappresenta che «il termine, che si succede periodicamente, nel quale crediti della banca verso il cliente (per interessi, spese, commissioni, ecc.) e crediti del cliente verso la banca (normalmente per interessi), crediti tutti traenti la loro origine nello svolgimento del rapporto di conto corrente, e non da causali estranee in sé al rapporto, come è normalmente nelle varie annotazioni, diventano liquidi ed esigibili, e vengono "esatti" con annotazione sul conto»; d) pertanto, sotto il profilo più squisitamente giuridico, «ciò che impedisce di ravvisare la fattispecie dell'anatocismo nel conto corrente bancario è la circostanza che, con l'annotazione, il rapporto relativo agli interessi si estingue, onde non può parlarsi di interessi scaduti, che producono altri interessi»14. 14 Cfr. COLOMBO, Gli interessi bancari, Roma 2014, pag. 76 e 77; in giurisprudenza App. Torino 7 maggio 2004; Trib. Roma, 11 novembre 2004 in Giustizia Civile, 2005 p.1835 ss. Le frasi virgolettate dell’ultimo periodo sono di FERRO-LUZZI, Dell'anatocismo, del conto corrente bancario e di tante 9 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris Cambiando l’ordine dello schema, si può ritenere che la contabilizzazione sul conto corrente produca i seguenti effetti: 1) l’annotazione in conto modifica immediatamente la natura giuridica dell’interesse, facendovi perdere l’originaria qualificazione; 2) l’addebito di interessi maturati sulle autonome operazioni di anticipo sul conto corrente, ove pagati, confluendo e concorrendo a formare il complessivo saldo debitore del conto corrente, alla stregua di ogni altra operazione “in dare”, esclude che essi possano conservare la propria natura di interessi ai fini dell'applicazione del divieto ex art. 1283 c.c.; 3) la contabilizzazione sul conto corrente fa perdere all’interesse la sua originaria natura giuridica, con la conseguenza che lo stesso da obbligazione secondaria si trasforma in obbligazione primaria («l’annotazione in conto degli interessi trimestralmente (e legittimamente) pattuiti EQUIVALE A PAGAMENTO per cui gli stessi interessi vengono conglobati nel capitale mutando, per l’effetto, il loro regime giuridico», per riprendere nuovamente le parole del Tribunale di Torino, dott. Bruno Conca, 8 ottobre 201415). Valutati in questi termini gli effetti dell’annotazione (estinzione del debito), non vi sono ragioni giuridiche per atteggiare tali effetti diversamente, quando si discuta di applicazione della normativa antiusura ovvero di revocabilità delle rimesse in conto, piuttosto che quando si controverta di possibile violazione del divieto di anatocismo. Per effetto della contabilizzazione, infatti, il debito del correntista è estinto e l’addebito di interessi maturati, confluendo e concorrendo a formare il complessivo saldo debitore del conto corrente, alla stregua di ogni altra operazione "in dare", esclude che essi possano conservare la propria natura di interessi ai fini dell'applicazione del divieto ex art.1283 c.c.. Se così non fosse, ci si dovrebbe limitare a prendere atto della contraddittorietà della giurisprudenza di merito e di legittimità, in quanto, laddove questa analizza problematiche diverse da quella della contabilizzazione degli interessi passivi, utilizza un criterio di giudizio nettamente opposto, riconoscendo all’annotazione in conto corrente, un effetto lato sensu “novativo”, per effetto del quale non esiste più la singola voce “interessi”, ma solo ed esclusivamente il nuovo saldo. È contraddittoria, in altri termini – analogamente, quella dottrina che ipotizza la sussistenza di anatocismo sul presupposto che, anche a seguito dell’annotazione in conto, sarebbe possibile tenere distinte le due differenti obbligazioni (per capitale ed interessi), laddove invece, anche in tale ipotesi, come argomentato supra, il mutamento ontologico del debito fa sì che non esistano interessi scaduti (ed impagati). Per “chiudere il cerchio”, rispetto alle definizioni fornite in premessa, è agevole concludere che, se non vi sono interessi scaduti (divenuti esigibili e non pagati), non c’è anatocismo. cose poco commendevoli, in Riv. dir. priv. , 2000, p. 201 ss.; In, Le opzioni ermeneutiche dell'ambito semantico, cit., p. 734 ss.; In., Una nuova fattispecie giurisprudenziale: «l'anatocismo bancario»; postulati e conseguenze, in. Giur. Comm. 2001, I, p. 5 ss. In senso conforme cfr. DE SIMONE, Legittimità della prassi bancaria di capitalizzazione trimestrale degli interessi, in Banca, borsa, tit. credito, 2002, II, pp. 602 ss.; 15 Infra, sub d), sul web con nota di IENCO, cit. 10 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris Al lettore di quest’articolo sembrerà una tesi irreale e fantasiosa, ma quanto riportato è solo la logica conseguenza dell’analisi del reale funzionamento del conto corrente. L’errore di prospettiva compiuto da dottrina e giurisprudenza qui avversate sorge da una valutazione parziale, che non tiene conto della (anche inconsapevole) diversa ed incompatibile qualificazione giuridica dell’annotazione in conto, che fa perdere inesorabilmente alla voce contabilizzata la propria natura. 11 Centro Studi “Ex Parte Creditoris” Rivista di informazione giuridica, registrata al Tribunale di Napoli al numero 12 del 05/03/2012, registro affari amministrativi numero 8231/11 Direttore Responsabile Avv. Antonio De Simone - ISSN 2385-1376 Direttore Scientifico Avv. Maria Luigia Ienco (+39 347 797 77 64) | Copyrights © 2012 - Ex Parte Creditoris