Aprile 2007 - Anno X Spedizione in abbonamento postale 70% - DC/DCI - Novara OMAR o v o nu per iodico di cultura e di vita dell’insieme omar ista (I.T.I. Omar, Associazione Omaristi, Fondazione Omar) seguito de “l’OMAR” fondato nel 1963 da Luigi Buscaglia 19 SOMMARIO OMAR nuovo Questo fascicolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 periodico di cultura e di vita dell’insieme omarista (I.T.I. Omar, Associazione Omaristi, Fondazione Omar) seguito de “l’OMAR” fondato nel 1963 da Luigi Buscaglia Studi e informazioni culturali B. CATANIA – I molti aspetti dell’informazione. Parte II. Evoluzione della materia inanimata . . . . . . . . . L. PEZZOLLA PAGANIN – La medicina nell’antico Egitto . . . . . . . . . G. FREGO – Una ferrovia, due poli, una regione europea . . . . . E. FERRARI – 1906, si inaugura la ferrovia del Sempione . . . . . . . G. ROMANO – “La stazione” e “Raccontare il tempo” (poesie) » » » » » 5 19 22 27 31 “OMAR nuovo” n. 19 Aprile 2007 - Anno X Istituto Tecnico Industriale Omar Borse di studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . G. SASSI – La divina Omaredia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » 32 33 Associazione Omaristi Generosa donazione in memoria degli omaristi Italo, Francesco e Bruno Počkaj . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’ing. Gianfredo Comazzi tra i “novaresi dell’anno” . . . . . . . . È morto l’ing. Giuseppe Ferrari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » 35 35 35 Direttore responsabile Dorino Tuniz Direttore Marco Parsini Comitato di Redazione Stefano Accomazzi, Silvano Andorno, Valeriano Dell’Era, Giampietro Morreale, Franco Pianca, Francesco Romano Segretario di Redazione Franco La Sala Proprietaria Associazione Omaristi Direzione, Redazione, Amministrazione baluardo La Marmora, 12 - Novara telefono e fax 0321 33209 www.itiomar.net [email protected] Iscrizione del Tribunale di Novara al n. 2/98 del Registro della Stampa Periodica Le opinioni degli Autori non impegnano la Direzione La rivista non è in vendita Fondazione Omar Assegnato il “Premio Fondazione Omar” . . . . . . . . . . . . . . . . . Economia L. MANFREDINI E ALTRI – Le novità fiscali della manovra finanziaria per il 2007 . . . . . . . . . . » 36 » 37 Notizie dall’Industria C. ARDIZZOIA (CALEFFI S.P.A.) Autoflow: il bilanciamento automatico dei circuiti » 40 Fondazione Tera A. FILIBERTI – Note sull’ascolto analitico di un paziente grave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . “Nuvole Azzurre” un libro a cura della Fondazione Tera » » 44 49 Fondazione CRT Progetto Diderot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 50 Club Donegani Programma attività 2007 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 52 Spigolature Il testamento del prof. Carrara ai giovani ingegneri . . . Giochi matematici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » 54 56 Spedizione in abbonamento postale 70% - DC/DCI Novara Nuova Tipografia S. Gaudenzio S.r.l. Novara Prezzi per la pubblicità: una pagina in bianco e nero € 260,00; mezza pagina in bianco e nero € 155,00; a colori: una pagina € 390,00; mezza pagina € 285,00 n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 1 nuovo Questo fascicolo… Continua il poderoso lavoro dell’ing. Basilio Catania su “I molti aspetti dell’informazione”. Dopo la prima parte dedicata all’evoluzione della biosfera (vedere fascicolo n. 17), l’Autore qui affronta l’evoluzione della materia inanimata. L’affascinante studio sarà concluso sul prossimo fascicolo con la terza parte: “Fuori dallo spaziotempo”. Nell’appuntamento con la storia dell’antico Egitto, la prof.a Laura Pezzolla Paganin ci ragguaglia sul livello sorprendentemente avanzato della medicina (e chirurgia) al tempo dei faraoni. Dopo un certo periodo di latitanza, torna a collaborare con la nostra rivista l’ing. Giuseppe Frego. Con l’articolo “Una ferrovia, due poli, una regione europea” presenta un’indagine che ha avuto vasta eco sulla stampa e sta continuando a suscitare interesse e controversie con la linea ad alta velocità. Nell’articolo vengono acutamente individuate opportunità, alleanze e collaborazioni per sviluppi di comune interesse. Cent’anni fa, nel 1906, veniva inaugurata la ferrovia del Sempione. Ricostruisce l’enfasi di quei momenti il dott. Edgardo Ferrari. La rivista ospita la gradita collaborazione dell’ing. Claudio Ardizzoia della Caleffi S.p.A. che presenta una sintesi dei dispositivi “Autoflow” per il bilanciamento automatico dei circuiti idraulici (vedere “Notizie dall’industria”). Merita una particolare segnalazione “La Divina Omaredia”, parodia dantesca dell’omarista Giuseppe Sassi. Sono tre “canti” molto divertenti: il primo in endecasillabi in rima baciata, qui pubblicato; i successivi due in terzine dantesche, rimandati al successivo fascicolo. Giuseppe Sassi (diplomato nel 1968) ricorda insegnanti e compagni di scuola: li manda tutti all’inferno, ma sempre con le dovute rime. Il dott. Luca Manfredini, nella rubrica di economia della Fondazione Omar, espone sinteticamente le novità fiscali della manovra finanziaria per il 2007. In occasione dell’”Omar Day” del 2.12.2006 è stato assegnato, per la prima volta, il “Premio Fondazione Omar”. Nella rubrica della Fondazione Tera, il dott. Antonio Filiberti, medico e psicoterapeuta, analizza i comportamenti dei pazienti che si sentono vicini alla fine della vita e che subiscono profonde trasformazioni della loro psiche. La Fondazione Tera è promotrice di una lodevole iniziativa per contribuire al finanziamento della ricerca scientifica. Nella nuova rubrica dedicata alla Fondazione CRT si illustra il “Progetto Diderot” che offre agli studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta l’opportunità di avvicinarsi alla musica classica, all’arte, alle scienze ed alla cultura in genere. Si evidenzia l’impegno della Fondazione CRT per il mondo dell’istruzione e della formazione. Nel quadro della collaborazione con il Club Donegani - Associazione di Ricercatori dell’Istituto Guido Donegani, si riporta il calendario delle attività per il 2007 di detto Club. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 3 nuovo Studi e informazioni culturali I molti aspetti dell’informazione Parte II: evoluzione della materia inanimata Basilio Catania (*) L’avvento dell’era dell’informazione, succeduta all’era dell’energia, ci propone antiche e nuove riflessioni sui molti aspetti e significati di ciò che noi chiamiamo «informazione». Le tre parti di questo lavoro sono tratte da due conferenze tenute all’autore presso l’Associazione Elettrotecnica ed Elettronica Italiana (oggi AEIT), Sezione di Milano, rispettivamente il 13 marzo e il 10 aprile 1986. Nella prima parte è stata considerata l’informazione che si manifesta – legata o scambiata – nella biosfera; in questa seconda parte ci si riferisce alla materia inanimata, ed in una successiva terza parte si tenterà di dare uno sguardo al limite e al di fuori dello spaziotempo, nell’intento di cogliere nell’informazione un significato comune ed essenziale. le attività degli esseri umani – ovunque sia “annidata”, cioè sia nei supporti materiali (viventi e non), sia al di fuori di essi, cioè in quegli stati astratti (o quasi astratti) nei quali essa appare libera, ossia non legata a materia di qualsiasi tipo. Ricordo anche (Fig. 1) che abbiamo intrapreso un viaggio ideale nello spaziotempo, partendo dal nostro presente per esplorare regioni sempre più remote, suddividendo il viaggio in tre parti: Parte I “Evoluzione della biosfera”, trattata nella Parte I di questo lavoro [1], Parte II “Evoluzione della materia inanimata”, tema principale del presente articolo, Parte III “Fuori dallo spaziotempo”, tema che sarà trattato in un prossimo articolo (ed anche con un adatto equipaggiamento di viaggio). Riprendiamo, dunque, il nostro viaggio, addentrandoci nel regno del “non vivente”. Tuttavia, prima di partire, è utile riassumere le principali conclusioni della Parte I, aggiungendovi qualche utile considerazione. Introduzione Come ricordato nella prima parte di questo lavoro, l’obbiettivo che ci eravamo proposti è di “scovare” l’informazione – questa entità immateriale che sembra ormai destinata a permeare gran parte del(*) Dr. Ing. Basilio Catania, già Direttore Generale del Laboratorio di ricerca di Telecom Italia (CSELT), Torino. Conclusioni e considerazioni aggiuntive sull’evoluzione della biosfera Abbiamo evidenziato anzitutto l’unità della biosfera, osservando, più precisamente, che: • ogni e qualsiasi struttura vivente è costituita da un aggregato di cellule; • ogni e qualsiasi cellula contiene, in aggiunta a Fig. 1. Il viaggio dell’informazione nello spaziotempo: dalla materia inanimata alla biosfera n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 5 nuovo Fig. 2. Sequenza e alfabeto del DNA semplici composti organici e inorganici, due tipi di macromolecole complesse: le proteine e il DNA, la seconda delle quali, il DNA, serve a fabbricare le prime. Dunque, la chiave di volta di tutta la biosfera è il DNA, una macromolecola caratteristica di ciascun essere, che, come un “marchio di fabbrica”, si ritrova riportata identicamente in ogni singola cellula della sua struttura. Abbiamo anche osservato (Fig. 2) che il DNA è costituito da due lunghissime catene elicoidali controverse – e tra loro interconnesse – in cui figurano, una dopo l’altra, numerosissime, ma semplici basi nucleotidiche, appartenenti, per così dire, a un alfabeto di solo quattro lettere: adenina, citosina, guanina e timina (ACGT). Pertanto, il messaggio che ciascuna di esse porta equivale, per dirla alla Shannon, a una quantità di informazione di 2 bit per ogni “grano” della collana, non importa se il messaggio si renda a noi manifesto attraverso la visione stessa della catena nucleotidica (per esempio ai raggi X) oppure verbalmente o per iscritto (e in questo caso mediante codici alfabetici, numerici – decimali o binari – o geometrici), oppure ancora gestuali, olfatti- 1 Alcune curiosità: – ciascuno dei 4 nucleotidi che formano il DNA è formato da soli quattro elementi: idrogeno, azoto, ossigeno e carbonio; – questi elementi sono tra i primissimi che si sono formati agli albori dell’universo, come vedremo fra poco; – di essi, l’idrogeno è monovalente, l’ossigeno bivalente, l’azoto trivalente, il carbonio tetravalente, mentre l’elio (anch’esso formatosi agli albori dell’universo) è zerovalente (gas nobile) e, ovviamente, non compare come costituente dei 4 nucleotidi; – i venti amminoacidi che costituiscono le proteine sono anch’essi formati da idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio, salvo due (cisteinile e metionile), che contengono anche zolfo (esavalente). 6 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X vi o gustativi, o elettrici oppure infine mediante il codice (chimico) di struttura interna di ciascun grano della collana, come illustrato in Fig. 2 1. Dunque, l’informazione trasportata dal DNA rappresenta l’invariante astratto che è comune alle sue varie materializzazioni o espressioni. Essa, inoltre, contiene le istruzioni per un processo potenziale (oggi lo chiameremmo software) – quindi non ancora in atto nella realtà percepibile – ma che può attuarsi, quindi divenire realtà, ove si verifichino le condizioni esterne favorevoli. Visualizzando tale quantità d’informazione mediante lettere dell’alfabeto (ACGT) abbiamo visto che ci vuole una pagina intera per descrivere il DNA del virus SV40 (Fig. 7 della Parte I), equivalente, in codice binario, ad una informazione di struttura di circa 10,5 kbit. Ma già per un batterio come l’Escherichia Coli, che ospitiamo nel nostro intestino, occorre una quantità di informazione maggiore di oltre 3 ordini di grandezza (30 Mbit), quindi di pagine ce ne vorrebbero 3000, un bel trattato in tre volumi di 1000 pagine l’uno! Per un mammifero tra i più semplici, il topo, occorrono circa tre ordini di grandezza in più (≈10 Gbit), dunque, ci vorrebbero ben 1000 di quei volumi che, sistemati in una adatta libreria, occuperebbero una intera parete da 3x5 m2. Infine, per l’uomo, più complesso del topo di solo una mezza decade (30 Gbit), ci vorrebbero tre di quelle pareti. È stato calcolato, infine, che la massima differenza di contenuto informativo nel DNA di individui di una stessa specie (uomini compresi) è molto piccola (circa l’1‰), quindi, per l’uomo, interesserebbe soltanto (si fa per dire), 3 di quei 3000 volumi di istruzioni. Ciò significa, ad esempio, che la descrizione del mio DNA comporta 2997 volumi identici a quella di ciascuno di voi e ne differisce soltanto per 3 volumi. Abbiamo anche osservato nella Parte I che l’informazione di struttura o genetica non è tutta l’informazione che si può incontrare nella biosfera. Infatti, se guardiamo l’essere vivente (Fig. 9 della Parte I) sotto il doppio aspetto della sua struttura (largamente determinata dal patrimonio genetico) e della sua interazione con l’ambiente circostante, scopriamo che l’uomo non soltanto possiede il più ricco patrimonio genetico, ma che egli si colloca anche al più alto livello di capacità di interazione informatica, anche se ciò è avvenuto, filogeneticamente (ossia durante l’evoluzione della specie umana), a scapito della sua capacità di interazione energetica (abbiamo perso in muscoli e guadagnato in mente), proprio in forza del fatto che la prima gli ha consentito di dominare le risorse energetiche dell’ambiente. L’interazione con l’ambiente circostante è anche causa dell’apprendimento e delle mutazioni genetiche, per cui si può dire che l’interazione diventa un fattore altrettanto se non più importante della struttura o, se si vuole, dell’informazione genetica. Infatti, nell’uomo, il numero di bit disponibili per tale interazione è persino più elevato di quello corrispondente ai bit di struttura: basti pensare che egli possiede: oltre 1 miliardo di sensori ottici binari, ciascuno capace di inviare al cervello 50 bit/sec (un bit per ogni fotone di luce visibile), quindi complessivamente 100 Gbit/s; 1000 Gbit di memoria; 100 Terabit di elaborazione (corrispondenti al numero di sinapsi), a confronto della pur elevata complessità del 2 Il prefisso giga (G) equivale a una potenza di 109, mentre il prefisso tera (T) equivale a una potenza di 1012. Si noti la similitudine del linguaggio a quello di un elaboratore, costituito da organi di ingresso e uscita (I/O), unità centrale di elaborazione (CPU), unità di memoria M. I CPU O M 3 Le macchine o artefatti, per dirla alla Jacques Monod [2] sono state finora costruite con materiali non biologici (infatti, in una macchina fotografica non si trova il DNA in ogni sua parte). Fra non molto, però, gli artefatti cominceranno ad usare anche materiali biologici (bionici) [3]. programma genetico, misurabile in soli 10 Gbit 2. L’uomo può dunque incamerare (apprendere) ed elaborare enormi quantità di informazioni, nonché ideare e utilizzare memorie esterne di ogni tipo, potendo così disporre della “memoria della specie,” ossia di tutti i suoi simili, e tramandarla a sua volta; può ideare e costruire macchine 3, utilizzare l’ambiente circostante, compresi i regni animale e vegetale, il tutto grazie alla sua struttura e capacità di interazione informatiche. Questo modo di concepire un ente, cioè identificato da una sua struttura energetico/informatica e dalle sue interazioni energetico/informatiche con l’ambiente, è molto efficace anche quando si considerano altri esseri viventi, come anche oggetti inanimati e persino enti astratti (cioè non percepibili coi nostri sensi), poiché, come sottolineato nella Parte I, l’ente è in quanto ha una struttura e in quanto interagisce con altri enti. Anzi, molto spesso, nei processi vitali dell’uomo, come di tutta la biosfera, l’interazione è più importante della struttura. Consideriamo, a titolo di esempio, un albero, un bel cedro del Libano (Fig. 3) lungo tutto il processo di crescita a partire dal seme fino al suo massimo rigoglio (tralasciando, al momento, la fase di degradazione, seguita dalla estinzione). Ebbene, si vedono chiaramente sia l’interazione energetica che quella informatica con l’ambiente. Infatti, l’informazione contenuta nel DNA del seme ha occupato tutto l’albero e in più ha fabbricato semi per moltiplicarsi in n alberi (salvo mutazioni per l’effetto antagonista dell’ambiente) in modo che l’informazione salvi quanto possibile il “ne varietur”, per dirla alla Jacques Monod [2], ossia l’informazione invariante contenuta nella stringa del DNA. La Fig. 3 mostra anche come l’informazione comandi l’assorbimento di energia dall’ambiente (nutriente) e determini i passi del programma (più veloci se l’ambiente collabora). Un’altra importante osservazione riguarda il tempo ∆t impiegato per completare il processo, che sarà più o meno breve a seconda che sia disponibile più o meno energia, potendosi dire, abbastanza Fig. 3. L’Ente è la proiezione dell’informazione nello spaziotempo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 7 nuovo in generale, che il prodotto energia x tempo, ∆E·∆t – che coincide con la grandezza fisica che si chiama azione – è sostanzialmente una costante caratteristica del processo [4]. Un esempio di vita quotidiana chiarirà ulteriormente questo concetto, e la particolare importanza dell’azione. Supponiamo di doverci spostare in automobile da Milano a Torino, cioè di dover operare un cambiamento nello spaziotempo (né più né meno che diventare un cedro del Libano adulto partendo dal seme). Possiamo coprire l’intero percorso in meno tempo, consumando più benzina, cioè energia (come i nutrienti per il cedro), oppure in più tempo, risparmiando energia, ma si può constatare che il prodotto energia x tempo, ossia l’azione, è sostanzialmente costante. 4 L’importanza dell’azione, quale grandezza fisica primaria, è stata sottolineata nel lavoro [4] dell’autore. Essa si può misurare in numero di quanti d’azione, prendendo come unità di misura la costante di Planck, pari a h = 6.625 x 10–34 Js, che, come noto, ha le dimensioni di un’azione (ovviamente, si otterranno numeri enormi per le azioni più comuni). Assumendo l’azione (in Js) come grandezza primaria, l’energia (in J) sarebbe definita come “velocità di azione” e la potenza (in W, ossia J/s) come “accelerazione di azione”. 5 1 angstrom (Å) vale 1 decimilionesimo di millimetro, cioè 10–8 cm. 6 Nel già citato lavoro [4] è stata mostrata una perfetta corrispondenza tra l’azione A necessaria per indurre un cambiamento e l’informazione I che lo descrive, data dalla formula A = h I, dove h è la costante di Dirac (pari alla costante di Planck h divisa per 2π). 7 Come già raccomandato nella Parte I, si invita il lettore a non focalizzare l’attenzione sui valori esatti delle grandezze che si incontrano esaminando l’evoluzione dell’universo. Molti valori, infatti, sono controversi ed altri noti con insufficiente precisione. È più interessante, infatti, focalizzare l’attenzione sulle varie tappe evolutive e sulla loro concatenazione logica, piuttosto che sui valori precisi delle grandezze che le descrivono, in particolare quelli delle transizioni tra una tappa e la successiva. L’azione è, dunque, la grandezza fisica che presiede al cambiamento, non importa se il cambiamento è intervenuto in un tempo più o meno breve o se ha richiesto più o meno energia 4. Anche per un artefatto, come la casa che si intravede a sinistra dell’albero in Fig. 2, si può fare un ragionamento analogo. Infatti, essa è costruita a partire da un software, uscito dalla mente dei progettisti, ed usa materiali ed energia ambiente per essere costruita e diventare realtà percepibile. Dunque, anch’essa rappresenta la proiezione dell’informazione nello spaziotempo. Appare chiara, pertanto, l’importanza fondamentale dell’informazione, generalmente contenuta in uno spazio angusto (ogni nucleotide del DNA occupa uno spazio di soli 3,4 Å 5 , come mostrato in Fig. 2), ma capace di dare risultati grandiosi, come un uomo, un cedro del Libano, una casa. D’altra parte, un buon dizionario della lingua italiana, come lo Zingarelli (Fig. 4), dà per l’informazione, come primo significato, “azione dell’informare” e, sotto la voce “informare”, sempre come primo significato, “dare la forma, formare”. Dunque l’informazione è l’atto di dare forma, e poiché la forma è una caratteristica di tutto ciò che si può vedere e toccare, cioè percepire – secondo la concezione che risale all’Antica Grecia, in particolare ad Aristotele – si deduce che la parola informazione etimologicamente rappresenta l’agente mediatore tra ciò che non è e ciò che è, in perfetto accordo con quanto abbiamo illustrato 6. Storia dell’universo inanimato Ma è tempo di iniziare l’esplorazione dell’universo inanimato. Questo universo, come ormai condiviso dalla maggior parte degli studiosi, ha avuto un inizio (big bang), che si può collocare a circa 15 miliardi di anni fa 7. Se stabiliamo il nostro “campo base” intorno a quella data, cioè se misuriamo il cosiddetto tempo cosmico t, che si identifica con l’età del- Fig. 4. Etimologia della parola informazione: “Azione del dare la forma”. 8 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X l’Universo, a partire dal big bang, è chiaro che, in scala logaritmica, vedremo con molto dettaglio i primi istanti dell’universo, mentre il nostro presente e tutta l’evoluzione della biosfera svanisce all’orizzonte, compressa in una frazione di decade (Fig. 5). In realtà, è proprio questo che vogliamo fare in questa Parte II, in quanto la storia più vicina al presente è stata trattata nella Parte I, in cui fissammo il tempo zero al presente. In Fig. 5 le ascisse rappresentano il logaritmo (decimale) del tempo cosmico t, espresso in secondi, salvo che per le ultime decadi per le quali è anche riportata una scala del logaritmo del tempo espresso in anni. Nelle ordinate sono riportate, in scala logaritmica, le seguenti grandezze: – la temperatura assoluta T in gradi Kelvin (K) e l’energia cinetica media di una singola particella E, espressa in elettronvolt (eV) 8 (linea rossa). Sono evidenziate, per comodità, le energie di 1 KeV, 1 MeV, 1 GeV e 1 TeV, essendo 1 TeV (teraelettronvolt) pari a 1012 eV. – il diametro D dell’universo, in cm (linea arancione). Per comodità, sono evidenziati lungo la curva alcuni valori significativi, corrispondenti a un diametro di 10 cm, 1 km, 10.000 km, 1 anno luce (a.l.), 10 milioni di a.l., 30 miliardi di a.l. 9. – la densità ∂ dell’universo, in g/cm3 (linea nera). Si può osservare, innanzitutto, che queste grandezze coprono gamme di valori vastissime. Infatti, il tempo va da 10–43 secondi al valore attuale di oltre 1017 secondi (equivalente a circa 15 miliardi di anni); la temperatura va da qualche grado Kelvin (K) fino a 1032 K, la densità da 10–30 fino a 1094 g/cm3, il diametro da una frazione infinitesima di millimetro (come vedremo più avanti) a 30 miliardi di anni luce. Dunque si va dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. Un’altra osservazione immediata è che i tre an- damenti, nella scala doppio-logaritmica adottata, sono sostanzialmente rettilinei, per una gran parte dell’evoluzione. Più precisamente ([5], p. 339-340, [6]), la densità ∂ è decrescente col quadrato del tempo (quindi scende di due decadi per ogni decade di tempo), la temperatura T (o l’energia E) sono decrescenti nel tempo con la radice di t (cioè, scendono di mezza decade per ogni decade del tempo), mentre il diametro è crescente con la radice del tempo (cioè cresce di mezza decade per ogni decade di tempo), salvo che per il tratto iniziale in cui, come vedremo avanti, si verificò una iperespansione (inflazione) a ritmo esponenziale. Come noto, la temperatura assoluta T è proporzionale all’energia cinetica media E di una molecola di un gas perfetto (monoatomico) in equilibrio termico col sistema considerato, secondo la nota relazione E = (3/2) kT, dove k è la costante di Boltzmann, pari a 1,38·10–23 J/K. Essendo le due grandezze proporzionali, si potrebbe usare indifferentemente l’una o l’altra per indicare lo stato di agitazione molecolare esistente in un dato istante dell’evoluzione dell’universo. L’unità elettronvolt (eV), pari a 1,6·10–12 joule, è molto usata in fisica nucleare (ad esempio per indicare le energie impresse dagli acceleratori di particelle) e corrisponde all’energia acquisita da un elettrone che si muove tra due punti di un campo elettrico aventi la differenza di potenziale di 1 V. 8 9 1 anno luce è la distanza percorsa dalla luce in un anno, pari a 9.45·1012 km, ossia circa 10.000 miliardi di km. L’anno luce si usa per indicare distanze molto grandi, specie in astronomia. Il valore di 30 miliardi di a. l. (30 Gal) risulta semplicemente dal raddoppio dell’età dell’universo (ca. 15 Ga, cioè 15 miliardi di anni), in quanto la luce si è irradiata in tutte le direzioni, ed ha percorso una distanza di 15 Gal, cioè 15 miliardi di anni luce in ogni direzione e 15 Gal in direzione opposta, da qui il diametro di 30 Gal. Si tratta, tuttavia, del diametro dell’universo osservabile (da non confondersi con quello dell’universo materiale, del quale parleremo più avanti). Fig. 5. Storia dell’Universo inanimato. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 9 nuovo Pertanto appare dalla Fig. 5 che il nostro universo si presentava al suo inizio come tanti minuscoli punti (diametro piccolissimo), roventi (temperatura elevatissima) e con elevatissima densità. Da allora, densità e temperature sono progressivamente diminuite, mentre il diametro è progressivamente aumentato, mantenendosi ancora oggi in fase di espansione. L’universo osservabile oggi Prima di esplorare le varie fasi che hanno preceduto il momento attuale, conviene fare una fotografia della struttura odierna dell’universo, quale appare, da un lato, agli astronomi che, con l’aiuto di telescopi e radiotelescopi, scrutano le immensità del cielo, dall’altro, ai fisici e ai chimici che, con l’aiuto del microscopio (curiosamente inventato anch’esso nel periodo rinascimentale insieme al telescopio) e del microscopio elettronico scrutano il microcosmo, scoprendo talvolta spettacoli non molto dissimili da quelli che si snodano nel macrocosmo (Fig. 6). Ed ecco quanto possiamo osservare, per sommi capi: 10 Il diametro dell’universo materiale è circa 5 volte maggiore, essendo valutato oggi intorno ai 156 Gal [7]). 11 Moltiplicando il numero di Eddington per la massa del protone si ottiene il valore della massa totale dell’universo, come riportata in Fig. 6. Il fatto che l’energia dell’universo sia rimasta costante in tutto il tempo cosmico, dal big bang ad oggi – in accordo col principio di conservazione dell’energia – è oggetto di dibattito, specie per quanto riguarda l’energia perduta durante l’espansione che può ritrovarsi in forme inusuali (neutrini). 1. L’universo è grandissimo, ma non infinito; ha un diametro di circa 30 Gal (30 giga anni luce, ossia 30 miliardi di anni luce) o, se si vuole, di circa 2,8x1028 cm 10. 2. L’universo non è statico ma è in espansione, come un pallone che si gonfia. La velocità di espansione varia linearmente con la distanza dei corpi osservati (legge di Hubble), raggiungendo, alle massime distanze, valori prossimi alla velocità della luce. 3. L’energia totale dell’universo (materia + radiazioni) è costante e finita, ed è equivalente alla massa di circa 1080 protoni (numero di Eddington) più circa 1089 fotoni, con un rapporto fra fotoni e protoni uguale a circa 10 9 11. 4. In particolare, la materia presente nell’universo ha una massa valutabile fra 3·1056 e 5,6·1056 g, l’incertezza essendo dovuta al fatto che non tutta la materia è visibile, dato che esistono corpi non luminosi, come i pianeti, i cosiddetti buchi neri, ecc. 5. Questa materia è distribuita su circa 100 miliardi di galassie, ciascuna delle quali può contenere da 100 a 1.000 miliardi di stelle, anche più grandi del nostro sole, a loro volta contornate da relativi pianeti e satelliti. 6. La densità media della materia nell’universo risulta equivalente a circa 1 atomo di idrogeno per metro cubo, più precisamente compresa fra 10–30 e 14·10–30 g/cm3, l’incertezza essendo legata alla imprecisione con cui sono noti la massa e il volume totale. Come vedremo, non siamo molto lontani dal valore critico di 2÷5·10–30 g/cm3, al di sopra del quale dovrebbe accadere in futuro che l’universo rallenti e successivamente cessi la sua espansione per contrarsi di nuovo Fig. 6. L’universo osservabile oggi 10 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X ed eventualmente collassare (teoria del cosiddetto “universo chiuso,” [5], p. 97). 7. La materia esistente nell’universo consiste essenzialmente per il 75% di idrogeno e per il 24% di elio, che sono i più semplici e i più leggeri elementi esistenti ed anche i più vecchi, essendosi formati nei primi minuti dopo il big bang. Il rimanente 1% consiste di elementi più pesanti (formatisi più tardi, all’interno delle stelle) e dei loro composti organici e inorganici, presenti allo stato solido, liquido o gassoso a seconda della temperatura locale. Questi elementi, in numero di 103, ordinati nel noto “sistema periodico degli elementi” di Mendelejeff, costituiscono i mattoni coi quali è costruito l’edificio chimico dell’universo ed in particolare le molecole, che vanno dalle più semplici (gas monoatomici) alle più complesse, costituite da milioni di atomi, come le macromolecole organiche delle proteine contenute negli esseri viventi. Queste ultime sono ancora più rare nell’universo e si può valutare che la loro incidenza sia inferiore a 10–18, praticamente tutta concentrata, per quanto ne sappiamo oggi, sul pianeta terra (cosa veramente singolare). Gli stessi 103 elementi sono utilizzati per realizzare gli artefatti, cioè gli oggetti e le macchine ideati dall’uomo. 8. Gli atomi contenuti in ognuno dei 103 elementi sono costituiti da un nucleo, formato da un certo numero di protoni e di neutroni, intorno al quale ruotano un certo numero di elettroni. Ad esempio l’atomo più semplice, quello dell’idrogeno, è fatto da un solo protone e da un solo elettrone che gli gira intorno; uno dei più complessi, l’uranio, possiede un nucleo formato da 92 protoni e 143 neutroni, ed è attorniato da 92 elettroni, che ruotano intorno ad esso, distribuiti in 8 orbite. Gli atomi sono dunque simili a sistemi planetari in miniatura, dove si riflette, come per magia, lo spettacolo osservato dagli astronomi nel cielo stellato. 9. Protoni e neutroni sono, a loro volta, formati dalla combinazione di tre quark, mentre i leptoni (come l’elettrone e il neutrino) sembrano essere, insieme ai quark, gli ultimi costituenti della materia. Il punto interrogativo al centro della cipolla della materia (Fig. 6), come viene scherzosamente chiamata, rappresenta il dilemma dei fisici sul fatto che la ricerca del più piccolo potrebbe continuare indefinitamente oppure fermarsi con la scoperta del nucleo ultimo della cipolla, il rishone, menzionato nella Parte I, che interverrebbe come primo costituente sia dei quark che dei leptoni [1]. 10. Il suddetto cast di personaggi che compaiono oggi sulla scena dell’universo – corpi inanimati (solidi, liquidi o gassosi), esseri viventi, artefatti e corpi celesti – nuota in un oceano di radiazioni, ossia di onde gravitazionali e di onde elettromagnetiche. Queste onde hanno raggio di azione e vita teoricamente infinite e, pertanto, permeano tutto l’universo, come mostrato schematicamente in Fig. 6. La densità di tali onde o radiazioni 12 è oggi trascurabile (inferiore di 4 ordini di grandezza) rispetto a quella della materia ([6] p. 348). In passato, tuttavia, la situazione era diametralmente opposta, come mostrato qui di seguito. L’era della materia o “evoluzione chimica” Contrariamente a quanto constatiamo oggi, in tutto il periodo compreso fra il big bang e il tempo cosmico tD ≈100.000 anni, la radiazione era di gran lunga predominante rispetto alla materia, quest’ultima essendo prevalentemente costituita da un plasma incandescente di idrogeno ed elio ionizzati ([15] p. 211). Il passaggio fra le due ere – l’era della radiazione e l’era della materia – viene denominato epoca del disaccoppiamento (decoupling epoch), ed è stimato, per l’appunto, intorno a tD ≈100.000 anni. Successivamente al disaccoppiamento fra radiazione e materia, iniziò la formazione degli elementi, dai più leggeri, come l’idrogeno, fino a quelli più pesanti, che furono creati all’interno di quelle grandi fucine di materia che sono le stelle, e, nel giro di circa 1 milione di anni, la chimica dell’universo fu completamente definita. Inoltre, il disaccoppiamento fra radiazione e materia rese l’universo trasparente alla radiazione, quasi come lo è oggi, sia per effetto del raffreddamento (cioè della perdita di energia) della radiazione, sia perché gli elettroni liberi si ricombinarono con i protoni per formare idrogeno 13 e pertanto smisero di opporre una barriera alla radiazione, come avveniva quando si trovavano allo stato libero. È stata una grande conquista della scienza l’individuazione della struttura di ciascuno dei 103 elementi esistenti oggi nell’universo. Ma, anteriormente all’era della materia, il nostro universo aveva una composizione del tutto diversa ed un assortimento di componenti enormemente più semplice rispetto all’universo attuale. La ragione principale di tale semplicità primordiale sta nel fatto che, allontanandosi dal presente e avvicinandosi sempre più al big bang, le temperature (così come le energie) divengono sempre più elevate, impedendo ai componenti più complessi di esistere. Queste temperature (cioè energie) elevate frantumano, per così dire, gli edifici atomici più complessi, consentendo, a un dato istante, soltanto l’esistenza di agglomerati di particelle più semplici e con energia più elevata, comunque non inferiore a quella dell’ambiente circostante. In particolare si trova che gran parte degli atomi e delle molecole (banda rosa della Fig. 5), con la sola eccezione dell’idrogeno e dell’elio, non poteva esistere a temperature superiori a 100.000 K, quindi, prima di un’età dell’universo pari a diverse migliaia di anni, come già accennato. 12 Secondo la meccanica quantistica, ogni onda può considerarsi come un corpuscolo, avente massa m ottenibile dall’equazione hv=mc2, dove h è la costante di Planck, v la frequenza, e c la velocità della luce. Pertanto, la densità della radiazione si può calcolare come rapporto fra la massa relativistica m dei fotoni e il volume occupato, che può assumersi eguale a quello di una sfera di raggio λ/2, essendo λ=c/v la lunghezza d’onda del fotone. Per converso, ogni particella o corpuscolo di massa m si può considerare come un’onda avente lunghezza d’onda λ=mc/h, chiamata lunghezza d’onda di Compton. 13 Ci riferiamo qui all’idrogeno molecolare, in quanto, ad esempio, la comparsa nel cosmo di idrogeno ionizzato (ossia del semplice protone) avvenne molto prima, intorno a t=10–6 secondi. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 11 nuovo Fig. 7. Formazione di elementi “leggeri” nell’intervallo di tempo cosmico da 1 a 104 secondi. Andando ulteriormente a ritroso nel tempo, si può notare che nella banda azzurra della Fig. 5, denominata “Energia/Radiazione/Particelle”, suddivisa a sua volta in sottobande denominate rispettivamente Quark, Protoni, Elettroni, Raggi γ, Atomi e molecole (quest’ultima rientrante nell’era della materia, già commentata), sono indicate, rispettivamente, le epoche in cui l’esistenza di tali particelle elementari 14 era consentita dall’ambiente circostante e, di fatto, avvenuta. Allo scopo di dare un’idea di come si può calcolare l’epoca in cui una data particella poteva esistere, faremo due esempi: quello del protone e quello del fotone γ. Un protone ha una massa a riposo m=1,67·10–24 g, quindi possiede una energia a riposo 15 E = mc2 pari a circa 1 GeV. Vediamo, dal grafico di Fig. 5, che tale energia è raggiunta dall’universo a t ≈10–6 sec, proprio nell’istante in cui è indicato l’inizio dell’era del protone o era adronica. A un tempo inferiore il protone non avrebbe potuto esistere allo stato libero, in quanto si sarebbe trovato immerso in un ambiente a energia (temperatura) maggiore, quindi si sarebbe dovuto rompere in qualcosa di più piccolo (quark) con conseguente liberazione dell’energia di legame. Si noti anche, in Fig. 5, che l’inizio dell’era del protone coincide con la nascita dell’idrogeno (ionizzato) 16. Per quanto riguarda il fotone γ, la cui lunghezza d’onda (minima) vale λ ≈ 10–10 cm, la sua energia vale E = hv = hc/λ, pari a circa 1 MeV. Vediamo, dal 14 Sebbene la già menzionata dualità onda-corpuscolo (wave-particle duality), sia maggiormente usata per la luce – considerata, a seconda dei casi, come una successione di fotoni (corpuscoli) o come un’onda elettromagnetica – essa vale per qualsiasi particella o radiazione, esprimendo la sua energia a riposo (rest energy) come quella di un fotone con frequenza v o a quella di una particella di massa m, in base alla già citata relazione hv = mc2. Questa dualità (materia-onda) fu suggerita per primo dal francese Louis de Broglie. Tale energia si ricava dall’equazione della relatività generale, ponendovi eguale a zero la velocità (o la quantità di moto), quindi l’energia cinetica. 15 16 La parola nascita, vuol dire che a quel momento poteva osservarsi una frazione apprezzabile (diciamo qualche percento) di quel 75% di idrogeno che troviamo oggi nell’universo, come mostrato dalla Fig. 7. 12 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X grafico di Fig. 5, che tale energia è raggiunta dall’universo a t ≈ 1 sec, proprio nell’istante in cui è indicato l’inizio dell’era dei raggi gamma, più in generale, dell’era della radiazione (photon era o radiation era), in quanto la radiazione con lunghezza d’onda maggiore (raggi γ lunghi, raggi X e luce visibile) sarebbe caratterizzata da una energia minore, quindi poteva esistere solo in istanti successivi a t = 1 sec. Si deve notare, tuttavia, che non a tutte le particelle può applicarsi il criterio di determinare l’epoca della loro formazione in dipendenza della loro energia a confronto dell’energia dell’ambiente circostante. Ad esempio, l’inizio dell’era dell’elettrone, meglio nota come era leptonica (lepton era) è valutata a t ≈ 10–4 secondi, quando l’universo aveva un’energia alquanto superiore a quella dell’elettrone isolato. La spiegazione di tale fatto sta nella continua creazione e annichilazione di coppie di elettroni-positroni ([6], p. 352). È, infine, importante osservare che solo gli elementi più semplici furono formati dal big bang (big bang nucleosynthesis), mentre quelli più pesanti, come già detto, furono sintetizzati più tardi, all’interno delle stelle (stellar nucleosynthesis). Per i primi, si veda, ad esempio, il grafico di Fig. 7, tratto dal lavoro [8], dal quale risulta, in particolare, che al tempo cosmico t = 100 s, era già apprezzabile la presenza dell’elio (peso atomico 2), poi cresciuta e stabilizzatasi a partire da t ≈ 300 s. Anche il litio (peso atomico 3) e il berillio (peso atomico 4) comparvero, sia pure in proporzione piccolissima (<10–9) entro qualche centinaio di secondi dal big bang. Gli altri elementi con peso atomico maggiore sarebbero stati formati successivamente, come già detto, all’interno delle stelle a partire dal tempo cosmico t ≈ 100.000 anni (banda rosa di Fig. 5). Formazione delle galassie La formazione delle galassie è stata ed è tuttora molto dibattuta. Secondo le teorie più moderne [9], essa si fa risalire alle protogalassie, già presenti all’epoca della formazione dell’idrogeno e dell’elio atomici, ossia a partire da t ≈ 600 milioni di anni, ma la cui origine è da ricercarsi ancora più lontana nel tempo, precisamente all’epoca del big bang. Più precisamente si ipotizza che piccole disuniformità di pressione prodottesi nei primissimi istanti del big bang avrebbero prodotto, molto più tardi, quei grumi (cioè piccole regioni a più alta concentrazione di idrogeno ed elio atomici) intorno ai quali si sono poi condensate le galassie più antiche secondo un processo che i matematici hanno potuto individuare e spiegare. In altre parole, sembra certo che la maggior parte delle galassie sia quasi vecchia quanto l’universo. Ci si potrebbe chiedere come mai l’espansione dell’universo non si sia verificata in modo assolutamente uniforme, cioè senza grumi. Se così fosse stato, non si sarebbero formate le galassie, quindi le stelle, poi gli atomi pesanti e poi la vita: l’universo sarebbe oggi solo un grande pallone pieno di elio, idrogeno e onde ed io non sarei qui a scrivervi, né voi ad leggermi 17. Espansione dell’universo e radiazione di fondo Nel secolo scorso furono fatte due importanti scoperte, che illuminarono la conoscenza del nostro universo e che confermarono la teoria del big bang. Una di esse si deve all’astronomo statunitense Edwin P. Hubble, l’altra a due ricercatori dei Laboratori Bell, Arno Penzias e Robert Wilson. La prima, alla quale abbiamo già accennato sopra, risale al 1929, quando Hubble scoperse che tutti gli oggetti celesti facenti parte di una galassia posta ad una distanza media d dalla nostra galassia, si allontanano da noi con una velocità v (velocità di recessione) proporzionale alla distanza d, secondo la relazione, nota come legge di Hubble: v = H·d (1). La costante H, denominata costante di Hubble, secondo le ultime rilevazioni del Hubble Space Telescope [11], vale circa 70 km/s per Megaparsec 18 ±10%, ovvero, in unità Giorgi (Sistema Internazionale SI o MKS), H = 2,274·10–18 s–1. Si noti che, se nella (1) si pone v eguale alla velocità della luce (≈300.000 km/s), si ottiene una distanza d*=14 Gal ±10%, da considerarsi perciò come la massima possibile. Questo valore è compatibile con quello di circa 15 Gal che abbiamo ipotizzato per l’età dell’universo, in quanto esso risiede entro l’intervallo di tolleranza di questa misura (12,6÷15,4 Gal). Ciò significa che non possono esistere galassie ad una distanza maggiore di d* e che quelle a distanza di poco inferiore a d* si allontanano da noi con velocità prossime a quelle della luce. La coincidenza della distanza massima d* con l’età dell’universo non è casuale. Occorre, infatti, tener presente che, quando osserviamo oggetti molto lontani coi nostri telescopi o radiotelescopi, guardiamo nel nostro passato, per il semplice motivo che la luce (come una qualsiasi altra onda elettromagnetica) viaggia ad una velocità elevatissima ma finita, pari a circa 300.000 km/sec, quindi impiega un tempo finito per arrivare fino a noi. Così, vediamo Andromeda, la galassia più vicina alla nostra, come era 2 milioni di anni fa (infatti dista da noi 2 milioni di anni-luce), vediamo le stelle più lontane della nostra galassia come erano 50 mila anni fa, il sole come era 8 minuti fa, la luna come era 1 secondo fa e, se fossi nella stessa stanza con voi, mi vedreste come ero circa 30 nanosecondi (cioè 30 miliardesimi di secondo) fa, quindi quasi ma non contemporaneamente. Come sono ora tutti gli oggetti che abbiamo citato non possiamo saperlo, possiamo solo immaginarlo, ma è certo che possiamo apprendere com’era l’universo moltissimi anni fa, osservando gli oggetti celesti più distanti da noi. Dunque, poiché la misura della distanza in anni luce coincide con la misura del tempo impiegato dai fotoni per giungere fino a noi, ne deriva che puntando i nostri telescopi alla distanza di 15 miliardi di anni luce, potremmo vedere che cosa è successo in quei punti 15 miliardi di anni fa, cioè a ridosso del big bang, in quanto riceveremmo i fotoni che partirono da essi 15 miliardi di anni fa. Purtroppo, a quell’epoca, la temperatura e la densità erano così elevate da formare un muro al passaggio della radiazione, come già accennato sopra. Tuttavia, possiamo ricevere la radiazione partita dopo l’epoca in cui l’universo divenne trasparente alla radiazione cioè, come detto sopra, quando aveva l’età di circa 100.000 anni (epoca del disaccoppiamento), ossia circa 14,9999 miliardi di anni fa, dunque, abbastanza a ridosso del big bang. In quel momento, i fotoni iniziarono il loro cammino verso di noi, viaggiando alla velocità della luce senza perdere più energia, mentre ovviamente ne avevano già persa prima, e molta, durante la loro fase di espansione durata 100.000 anni o più. In conclusione, se la legge di Hubble ci dice che una galassia distante circa 15 Gal si allontana da noi con una velocità prossima a quella della luce, ciò vuol dire che tale fenomeno succedeva in quel punto 15 miliardi di anni fa – ed è questo il motivo per cui la legge di Hubble costituì una suggestiva conferma della teoria del big bang. Ma l’importanza della scoperta di Hubble non si ferma qui. È, infatti, da considerare che, se un oggetto celeste si allontana da noi con una certa velocità v, a causa dell’effetto Doppler la lunghezza d’onda λe della radiazione emessa nel lontano passato da quell’oggetto viene da noi ricevuta oggi con una lunghezza d’onda λo più elevata rispetto a quella emessa, cioè, con uno spostamento verso il rosso (Doppler shift). Lo spostamento verso il rosso Z, definito come la variazione relativa subita dalla lunghezza d’onda, è calcolabile, nel caso più generale, mediante la formula, che tiene conto della relatività generale ([5], p. 330): λo– λe 1+v/c Z = ———— = ———— –1 λe √(1–v 2/c 2) (2) dove λo rappresenta la lunghezza d’onda osservata e λe la lunghezza d’onda emessa. La formula si Per dare una risposta a questo quesito si stanno cercando di utilizzare speciali strumenti matematici in un’area di ricerca che va sotto il nome di “Caos deterministico”. Un’ottima presentazione delle problematiche relative è stata fatta recentemente da Tito Arecchi in un libro che raccomandiamo al lettore esigente [10]. 17 18 Per misurare grandi distanze astronomiche si usa spesso l’unità Megaparsec, pari a 3,258 milioni di anni luce. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 13 nuovo semplifica per velocità molto piccole rispetto a quella della luce, in Z ≈ v/c [v/c << 1]. (2’) Dalla combinazione della (1) con la (2) consegue che, misurando lo spostamento verso il rosso Z della radiazione ricevuta da una stella lontana, è possibile calcolare con precisione la sua distanza d dal nostro punto di osservazione (altra conseguenza preziosa della legge di Hubble). Si noti, a questo proposito, che i tipi di spettri delle radiazioni emesse dalle stelle sono in numero limitato (nove) 19 e pertanto un numero stragrande di stelle presenta lo stesso spettro, caratterizzato anche dalla presenza delle tipiche righe di assorbimento o di emissione di idrogeno, ferro, cromo e altri elementi in esse contenuti. Se, pertanto – come avviene in pratica – viene osservato uno dei nove tipi di spettro sopramenzionati, ma spostato sull’asse delle lunghezze d’onda (o, il che è lo stesso, delle frequenze), si deduce che si tratta di una stella la cui distanza d è deducibile direttamente dallo spostamento Z osservato, applicando le relazioni (1) e (2). Si noti, in particolare, che per v=c, ossia per d=d*, risulta Z = ∞, e cioè oggetti molto distanti da 19 Nel lavoro [12] si indica la classificazione in nove tipi, contraddistinti dalle lettere dell’alfabeto O, B, A, F, G, K, M, L, T, a partire dal tipo O (più calde, con temperature comprese tra 31.000 e 49.000 K) fino al tipo T (con temperature ≤1200 K), cadendo il nostro sole nel tipo G. 20 Esiste una corrispondenza univoca tra la frequenza o la lunghezza d’onda di picco (colore) dello spettro di radiazione del corpo nero, e la temperatura T del corpo stesso, così come tra la potenza irradiata per unità di area e la sua temperatura T ([5], p. 130). noi e prossimi al big bang hanno uno spostamento verso il rosso Z elevatissimo. L’altra scoperta di grande rilievo fu fatta per caso nel 1965 da Penzias e Wilson, mentre stavano calibrando uno dei primi radiotelescopi da montare a bordo dei satelliti. A questo scopo, essi lo puntarono verso punti del cielo dove presumibilmente non esistevano corpi celesti (cielo nero). Con loro sorpresa, notarono che, dovunque puntassero il loro radiotelescopio, la radiazione ricevuta non era mai nulla. Inoltre, lo spettro della radiazione ricevuta non corrispondeva a nessuno dei nove spettri tipici delle stelle, ma si presentava come in Fig. 8, con una intensità massima intorno alla frequenza di circa 150 GHz, corrispondente a una lunghezza d’onda di circa 2 mm [13]. Fu subito evidente che tale spettro era perfettamente sovrapponibile a quello emesso da un corpo nero alla temperatura di 2,9 K, secondo la nota legge di Planck della radiazione di corpo nero 20. La stessa radiazione, con lo stesso spettro di Fig. 8, era rilevabile identicamente in qualsiasi direzione essi puntassero il radiotelescopio, purché libera da specifici corpi celesti interposti. Dunque, il cosiddetto cielo nero non era affatto nero o vuoto, ma era popolato, senza soluzione di continuità, da un immenso mare di microscopiche sorgenti di radiazione, equivalenti ad un corpo nero con l’apparente temperatura di 2,9 K. L’aggettivo apparente è da mettersi in relazione al fatto che la vera temperatura di quelle sorgenti dipendeva dalla loro distanza dal punto di osservazione, sia a causa dell’effetto Doppler che della legge di Hubble. Era chiaro che se quella distanza fosse stata prossima ai 15 Gal, ossia al big bang, lo spettro della radiazione emessa avrebbe dovuto essere centrato su frequenze alquanto più elevate di quella misurata, corrispondenti perciò a energie, quindi a temperature, enormemente più elevate di quella osservata (2,9K). Fig. 8. Misura della radiazione fossile 14 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X Ebbene, effettuando i calcoli relativi, Penzias e Wilson ottennero valori della temperatura e della distribuzione spettrale della radiazione emessa, perfettamente compatibili con l’ipotesi che le sorgenti di quella misteriosa radiazione fossero collocate a distanze molto prossime ai 15 Gal del big bang. Per tali motivi Penzias e Wilson diedero alla radiazione suddetta il nome di radiazione fossile o di fondo (background radiation), con chiara allusione al fatto che essa fu originata dal big bang e giunge oggi a noi quale testimonianza del big bang. Dopo questa scoperta, il nostro cielo stellato ci appare, dunque, come un immenso cuscino di radiazione fossile – assolutamente uniforme e identica a se stessa, in qualsiasi direzione la si osservi – sul quale si adagiano i vari corpi celesti, le galassie e gli ammassi di galassie. Ma la scoperta di Penzias e Wilson fece anche emergere uno sconcertante interrogativo. Se, infatti, osservando due punti A e B in direzioni diametralmente opposte, ciascuno distante da noi 15 miliardi di anni luce, e si vede esattamente la stessa radiazione, ciò vuol dire che, all’istante del big bang, succedevano esattamente le stesse cose in punti distanti fra loro di 30 Gal non comunicanti l’uno con l’altro. Infatti, il punto B non poteva sapere che cosa era successo in A, dato che il messaggero più veloce esistente, il fotone, partito da A 15 miliardi di anni fa, raggiunge noi ora, ma raggiungerà B fra altri 15 miliardi di anni, dunque non ha ancora portato a B nessun messaggio sullo stato di A, e pertanto non può averlo influenzato né ora né, tanto meno, 15 miliardi di anni fa. È lecito chiedersi, allora, come si sia creata questa uniformità, senza una comunicazione, quindi senza interazione fra punti così lontani. Eppure è certo che tutti quei punti sono esplosi dappertutto nello stesso identico modo, senza saper l’uno dell’altro. La scienza ha cercato di dare una spiegazione plausibile di tale fatto, con la teoria inflazionaria, della quale parleremo nella Parte III. Alternativamente, si potrebbe pensare all’intervento di messaggeri superluminali, come i tachioni, finora sfuggiti alla osservazione dei fisici [16], oppure, ancora una volta, all’intervento di una volontà creatrice esterna al nostro universo che orchestrò le modalità della sua nascita (quadratino arancione “0” di Fig. 5). Energia di legame e forze Le nostre conoscenze fisiche sulla costituzione della materia ci hanno consentito di ricostruire agevolmente quanto è successo nell’intervallo di tempo da t = 10–6 sec a oggi (quasi la metà di destra del nostro diagramma di Fig. 5), ossia durante la fase che abbiamo denominato Evoluzione chimica. Allo scopo di meglio capire le fasi evolutive precedenti, da noi compendiate nella Evoluzione dal nulla, occorre avere una comprensione più approfondita di quella forma di energia che viene denominata energia di legame. È noto che la massa di un composto chimico, come anche quella di un semplice atomo, è inferiore alla somma delle masse dei singoli costituenti allo stato libero e che la differenza fra le due è chiamata difetto di massa. Tale differenza corrisponde all’energia 21 che bisogna spendere per scindere il composto nei suoi costituenti, energia che viene denominata energia di legame. Ora, come è noto, il legame fra i costituenti di un aggregato è esercitato da forze, delle quali sono no- 21 Si fa sempre riferimento all’equivalenza tra massa ed energia secondo la relazione E = mc 2 . Fig. 9. Il rapporto fra energia di legame ed energia di massa in funzione della dimensione dei vari aggregati n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 15 nuovo ti oggi quattro tipi: la ben nota forza gravitazionale, che tiene insieme le masse, la forza elettromagnetica, che tiene uniti atomi e molecole, mantenendo gli elettroni nelle orbite loro assegnate, la forza forte o nucleare, che mantiene insieme i protoni e i neutroni (ossia gli adroni) costituenti il nucleo atomico, come anche i quark di cui essi sono formati, ed infine la forza elettrodebole, che interviene nei decadimenti radioattivi. Il grafico di Fig. 9 riporta, in scala doppiologaritmica, il rapporto fra energia di legame e energia di massa dei vari aggregati (molecole, atomi, nuclei, adroni, quark, ecc.), in funzione della loro dimensione in centimetri. Si può notare che, negli aggregati più grandi (molecole), l’energia di legame è solo dell’ordine di 10–10 volte dell’energia di massa, dunque trascurabile rispetto ad essa. Negli atomi il rapporto sale a 10–8, quindi la situazione non cambia molto. Nei nuclei atomici l’energia di legame vale circa 1 centesimo (10–2) di quella di massa, quindi comincia ad essere apprezzabile, mentre in un protone (adrone), l’energia di legame finisce per essere dello stesso ordine dell’energia di massa. Al contrario, nei quark, l’energia di legame supera di un milione di volte (10 6) l’energia di massa. Possiamo, dunque, constatare che, man mano che ci si addentra nel più piccolo (passando dalla 22 Una particella virtuale, al contrario di una particella reale, esiste per un tempo così piccolo da non essere rilevabile direttamente con alcuno strumento di misura, in forza del principio di indeterminazione di Heisenberg. L’azione continua di una forza si esercita, dunque, mediante l’avvicendarsi di particelle appena nate che prendono il posto di particelle appena estinte, senza che noi possiamo materialmente registrare né le nascite, né le morti: la nostra conoscenza dell’esistenza delle particelle cosiddette virtuali è indiretta, cioè ci deriva dalla misurazione dei loro effetti sulla realtà visibile, piuttosto che dalla visibilità diretta di tali entità. zona rossa alla zona blu di Fig. 9, cioè dalla zona della materia alla zona dell’immateriale), l’energia di legame prevale di gran lunga sull’energia di massa, e pertanto, nel profondo microcosmo, la massa diventa trascurabile e predomina la forza. È stato chiarito recentemente che le forze si esplicano attraverso mediatori, costituiti da particelle virtuali 22, e precisamente: • da fotoni virtuali per quanto riguarda la forza elettromagnetica, • da gluoni virtuali per quanto riguarda la forza nucleare, • da gravitoni virtuali (gravitini per distanze inferiori a 200 m) per quanto riguarda la forza gravitazionale, • da bosoni vettoriali intermedi virtuali per quanto riguarda la forza elettrodebole. È, inoltre, da rilevare che, in base al principio di indeterminazione di Heisenberg, l’energia messa in gioco risulta tanto più elevata quanto più piccolo è il tempo di vita della particella, quindi a tempi di vita e dimensioni minime corrispondono energie incredibilmente elevate. In altre parole, laddove spazio e tempo si dissolvono, nel regno dell’invisibile e dell’intangibile, lì troviamo le più potenti forze della natura, celate dietro una cortina di particelle virtuali. La fisica teorica ha sviluppato la cosiddetta Teoria della Grande Unificazione (Grand Unification Theory, o GUT) con lo scopo di combinare la forza elettromagnetica con le forze elettrodebole e nucleare forte (unione che si ritiene avvenuta intorno al tempo t = 10–35 secondi, denominato perciò istante GUT), nonché le cosiddette Teorie di Supersimmetria o di Supergravità, con lo scopo di riconciliare tutte e quattro le forze fondamentali della natura, dunque inclusa anche la gravitazione, in un’unica forza progenitrice di tutte le forze (superforza). In Fig. 10 è mostrato come, secondo tali teorie, le quattro forze sopra menzionate si siano separate Fig. 10. Nascita delle quattro forze fondamentali della natura a partire dall’unica superforza, comparsa all’istante del big bang ([14], p. 98) 16 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X dall’unica superforza esistente al momento del big bang e come si sono successivamente scisse nelle quattro forze oggi note [13, 14, 15]. Queste scoperte rivoluzionano il nostro modo di concepire la realtà fisica del nostro universo, che, per quanto detto, ci appare come nato dal nulla, se per nulla intendiamo ogni cosa che non sia direttamente percepibile dai nostri sensi o dai nostri strumenti di misura, cioè, che non sia considerato reale, secondo l’accezione più comune del termine. Per questo motivo, in Fig. 5 abbiamo suddiviso l’intera Storia dell’Universo inanimato in Evoluzione chimica e Evoluzione dal nulla. Parrebbe anche assurdo parlare ancora di energia di legame quando ci si riferisca a situazioni in cui praticamente la massa non esiste più, ma esistono solo particelle virtuali la cui funzione non può più essere quella di tenere insieme la materia, bensì quella di esistere come oggetti immateriali indipendenti, che hanno le stesse caratteristiche di quelli che abbiamo definito forze. Oramai i fisici, nello studio dei costituenti ultimi della materia non fanno altro che trovare gruppi di simmetria, che non sono altro che strutture matematiche, ricavate dalla teoria dei gruppi, nelle quali si ottengono i vari componenti dello stesso gruppo mediante opportune trasformazioni, mentre quelli successivi sarebbero originati dalla rottura spontanea della simmetria del gruppo. D’altra parte, gli strumenti che ci consentono di indagare sperimentalmente quella parte dell’evoluzione dell’universo che precede la cosiddetta epoca del disaccoppiamento, sono gli acceleratori di particelle (particle colliders), che, tuttavia, al momento attuale, sono capaci di conferire energie massime dell’ordine di qualche centinaio di GeV 23. Ma, come mostra la Fig. 5, con questi livelli di energia possiamo solo simulare le condizioni che esistevano in corrispondenza di un tempo cosmico superiore a 10–11÷10–12 secondi, ma non al di sotto di esso. Il tempo di Planck Anche nel caso che, ipoteticamente, potessimo disporre di energie comunque elevate, esiste un limite invalicabile alla nostra capacità di acquisire conoscenza mediante misurazioni, stabilito dal principio di indeterminazione di Heisenberg. Secondo questo principio, non possono essere misurate energie E e/o tempi t per i quali il prodotto E·t sia inferiore ad h/2, dove h – detta anche costante di Dirac – è uguale alla costante di Planck h divisa per 2π 24. In Fig. 11 abbiamo riportato in coordinate logaritmiche di tempo t ed energia E (o di temperatura T), sia la curva E(t) di Fig. 5 (linea rossa), dove E è inversamente proporzionale alla radice quadrata di t, sia la relazione di indeterminazione 23 Si prevede che in futuro saranno disponibili acceleratori con energie anche superiori a 10 TeV. Tra essi, il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra, previsto per il 2007, capace di creare collisioni a 14 TeV, e l’International Linear Collider (ILC) da completarsi entro la decade del 2010 in una sede ancora da stabilirsi. Un altro potentissimo acceleratore, il Superconducting Super Collider (SSC), che doveva costruirsi in Texas con una potenzialità di 20 TeV, è stato cancellato dal Congresso USA nel 1993, a causa dei costi troppo elevati. 24 La costante h ha le dimensioni di un’azione e vale 6.625 x10–34 joule sec. Si noti che la formulazione originale del principio di indeterminazione fu fatta con riferimento alla quantità di moto p e alla posizione s di una particella, e che fu successivamente estesa al campo duale E, t. 25 Basta eliminare E dalle due equazioni E·t = h/2 ed E = 2,07066·10–13 ·t–0,5. Si ritiene che questo modo di calcolare il tempo di Planck sia originale di questo autore. Nella letteratura corrente sono indicati altri metodi, che tuttavia portano a risultati non molto diversi dal nostro. Uno di essi, indicato al fondo di Fig. 11, fornisce tP = 0,539·10–43 s ([6] p. 333); altri forniscono per tP valori di 0,5·10–43 s o di 1,351·10–43 s o semplicemente di 10–43 s. Ancora una volta, invitiamo il lettore a non formalizzarsi sui valori esatti delle grandezze ma sul significato degli eventi. Fig. 11. Determinazione del tempo di Planck n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 17 nuovo E·t ≤ h/2 (linea blu), in cui la parte barrata sottostante, è preclusa alle nostre misure. Si può facilmente verificare che le due rette si incrociano a t = tP = 0,648·10–43 secondi, dove si è indicato con tP il tempo di Planck o istante di Planck 25. Al tempo di Planck, corrisponderebbe una energia di circa 1028 eV, una temperatura di circa 1032 K e una densità di circa 0,5·1094 g/cm3, come evidenziato in Fig. 5. Quanto al (piccolissimo) diametro che aveva allora l’universo, riprenderemo il discorso a proposito dell’inflazione, che tratteremo più diffusamente nella Parte III. Al di sotto del tempo di Planck, la relazione di Heisenberg vieta che si possa acquisire conoscenza, anche se disponessimo di un ipotetico strumento con precisione e sensibilità illimitate. In altre parole, tutto ciò che si svolge entro tempi inferiori a tP – quindi anche entro spazi inferiori a c·t P = 1.944·10–33 cm = lP (lunghezza di Planck) – non è e non potrà mai essere osservabile dagli esseri umani. Per questo motivo, in Fig. 5, la scala dei tempi è interrotta a sinistra del tempo di Planck mediante una fascia nera verticale irregolare, proprio per indicare l’impossibilità di fornire dati quantitativi delle grandezze riportate in ordinate. Riusciremo, tuttavia, a gettare uno sguardo anche su ciò che ci sarebbe proibito osservare, ma dobbiamo chiedere ai nostri lettori di pazientare fino alla pubblicazione della Parte III. Bibliografia [1] CATANIA, BASILIO, I molti aspetti dell’informazione - Parte I: Evoluzione della biosfera, OMAR, A. IX, Aprile 2006, p. 5-18, articolo tratto da una conferenza tenuta dall’autore alla Sezione di Milano dell’AEI (oggi AEIT) il 13 marzo 1986. [2] MONOD, JACQUES, Il Caso e la necessità – Saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea (traduzione da Le hasard et la nécessité – Essai sur la philosophie naturelle de la biologie moderne, Paris, Éditions du Seuil, 1970), Arnoldo Mondadori Editore, Milano, VIII Edizione, 1976. [3] CATANIA, BASILIO, Dall’Elettronica alla Fotonica e dalla Fotonica alla Bionica, L’Elettrotecnica, Vol. LXXVII, N. 7, luglio 1990, p. 27-43. 18 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X [4] CATANIA, BASILIO, Action unit as a primary unit in SI, Conferenza tenuta il 22 settembre 1988 al Convegno Internazionale “Giovanni Giorgi and his Contribution to Electrical Metrology,” p. 101-106 dei Proceedings, pubblicati dal Politecnico di Torino nel 1990. [5] SILK JOSEPH, The Big Bang - The creation and evolution of the universe, W. H. Freeman & Co. San Francisco, CA, 1980. [6] HARRISON EDWARD R., Cosmology - The Science of Universe, Cambridge University Press, 1981. [7] ROBERT ROY BRITT, Universe Measured: We’re 156 Billion Light-years Wide!, posted on 24 May 2004 at http://www.space.com/scienceastronomy/mystery_monday_040524.html. [8] EDWARD L. WRIGHT, Big Bang Nucleosynthesis, © 2002-2004, posted on Internet at http://www.astro.ucla.edu/~wright/BBNS.html. [9] MEIER, DAVID L., SUNYAEV, RASHID A., Galassie primordiali, Le Scienze, N. 137, Gennaio 1980, in “Relatività e Cosmologia” a cura di Tullio Regge, Ed. Le Scienze, Milano, 1981, p. 105-115. [10] ARECCHI, TITO, Caos e complessità nel vivente, Lezioni alla Scuola Universitaria Superiore, Pavia, IUSS Press, Pavia 2004, p. 248, disponibile in http://www.ino.it/home/arecchi/Caos_e_Compless.pdf [11] Hubble Measures the Expanding Universe, NASA Press Release, May 25, 1999, disponibile in http://science.nasa.gov/newhome/headlines/ast25 may99_1.htm. [12] JAMES B. KALER, Spectra, © 1998, aggiornato il 17 ottobre 2005, disponibile in http://www.astro.uiuc.edu/cgi-bin/count2.xbm/appl/projects/sow/stats/spectra [13] PENZIAS, A. ARNO, WILSON, ROBERT W., A measurement of excess antenna temperature at 4080 Mc/s, Astrophysical Journal, 142, 493, 1965. [14] BARROW J. D., SILK, JOSEPH, La mano sinistra della creazione – Origine e creazione dell’universo, Saggi A. Mondadori, Milano, 1985 [15] DAVIES PAUL, Superforza – Verso una teoria unificata dell’universo, Mondadori Editore, Milano, 1986 (trad. dall’inglese, 1984) [16] CATANIA, BASILIO, I messaggeri della legge: Assoluto e relativo nell’attuale visione del cosmo, Responsabilità del Sapere, Rome, January-June 1988, A. XL, Vol. 164, pp. 73-91. Studi e informazioni culturali La medicina nell’antico Egitto Laura Pezzolla Paganin Le informazioni che ci sono pervenute in relazione alla medicina praticata nell’antico Egitto, sono molteplici, non solo contenute nei ritrovamenti papiracei, ma anche in quelli artistici o presenti in altre fonti. Erodoto, ad esempio, afferma: “la pratica della medicina è talmente diffusa che un medico cura una malattia e non di più. C’è abbondanza di medici ovunque. Alcuni sono oculisti, altri si interessano della testa, altri dei denti o dell’addome e altri delle malattie nascoste”. Da ciò si deduce che nella terra dei faraoni la pratica medica era considerata una disciplina particolarmente specializzata e altamente professionale, tanto che i monarchi stranieri ricorrevano spesso alle cure di questi medici specialisti. Il termine per indicare un medico era sumu, ed era rappresentato dal geroglifico raffigurante una freccia, che probabilmente alludeva allo strumento usato per estarre corpi estranei o per incidere ascessi. Il corso di studi, della durata di diversi anni, veniva praticato presso le “Case della Vita”, una sorta di Università, dove venivano insegnate discipline diverse come Matematica, Astronomia ecc. I medici potevano anche essere sacerdoti appartenenti a culti di divinità come la dea Sekhmet, patrona delle malattie, dei farmaci e del corpo medico, o appartenere alla casta degli scribi come il “capo medico e scriba della parola del dio”. Il corpo medico era organizzato in forma gerarchica e facente parte dei vertici statali. Ogni medico rimaneva in contatto con l’organizzazione templare dove era avvenuta la sua formazione e dove poteva ritornare periodicamente per svolgere attività ambulatoriale o di insegnamento. Sicuramente appartenenti a una organizzazione statale erano i medici militari e quelli che si occupavano di infortuni sul lavoro che avvenivano negli immensi e numerosi cantieri sparsi per tutto l’Egitto. La professione medica veniva considerata molto prestigiosa e degli appartenenti a questa organizzazione conosciamo più di 150 nomi (di cui 2 femminili) a cominciare da Imhotep, figura estremamente importante di scienziato eclettico, vissuto durante il regno del re Djoser tanto che fu divinizzato e considerato come l’Asclepio egiziano. Il medico poteva essere assistito, nell’esercizio della sua professione, da personale maschile ausiliario come infermieri, massaggiatori e terapisti. Le conoscenze anatomiche che stavano alla base della professione non derivavano dalla osservazione del corpo umano durante i riti dell’imbalsamazione, poiché questi erano effettuati dai sacerdoti di Anubi, ma erano tratte dai testi antichi e da osservazioni dell’anatomia animale. In modo particolare, lo studente doveva imparare “ciò che era già scritto e codificato”. Come dice il papiro Ebers “la sua guida è Thot, che lascia che i papiri parlino da soli, cómpita trattati e svela la conoscenza ai sapienti e ai medici che seguono il suo cammino”. Secondo Diodoro la somministrazione della terapia avveniva “secondo una legge scritta che fu redatta in tempi antichi da molti medici famosi”. E inoltre “se essi seguono le regole come le leggono dal libro sacro, e tuttavia non riescono a salvare il paziente, sono assolti da ogni accusa; ma se agiscono contrariamente alle prescrizioni della legge, devono sottostare a un processo che prevede la condanna a morte”. Degli 8 papiri riguardanti la pratica medica, il più importante è senza dubbio il papiro Ebers che rac- La regina di Punt: un caso di lipodistrofia A fianco: un parto n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 19 nuovo Nanismo coglie circa 700 terapie classificate a seconda dell’organo interessato. Questo testo risale al IV millenio a.C. e successivamente fu continuamente aggiornato fino al Nuovo Regno. Altre opere riguardano la chirurgia, la ginecologia, la traumatologia ecc. Le conoscenze di anatomia e fisiologia possedute dal medico egizio ponevano il cuore al centro dell’organismo, poiché era considerato come la sede dell’anima, dell’intelligenza, delle emozioni e della personalità dell’individuo e che rispondeva delle azioni del possessore davanti al tribunale degli Dei dopo il trapassso. Il cuore non era solo l’organo che, tramite i vasi, portava il sangue a tutto il corpo, ma era anche il motore di tutte le funzioni fisiologiche. Secondo gli Egizi i vasi interni non trasportavano solo il sangue, ma anche tutte le secrezioni prodotte dall’organismo quali il muco, le lacrime, la bile, lo sperma ecc., per cui immaginavano il corpo umano come l’insieme del Nilo e dei canali che da questo si dipartivano. Dall’osservazione personale di alcuni medici, notarono che alcuni di questi vasi “parlavano” al medico, infatti questi poteva “misurare” il cuore dal battito percepito. Da questa immagine Circoncisione 20 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X che il medico aveva del corpo umano, la malattia veniva definita come l’occlusione dei vasi che impediva la libera circolazione degli umori. Dall’osservazione delle feci, il medico era in grado di determinare le parassitosi intestinali che erano molto numerose (tenie, ancylostoma duodenale, filarie ecc.) e prescrivere al paziente la cura appropriata come noccioli di datteri frantumati, miele e olio di ricino per l’eliminazione della tenia. Le patologie esterne e quindi direttamente osservabili erano curate con notevole successo e potevano essere ricondotte a cause ben determinate, mentre le patologie interne potevano disorientare il medico che ne attribuiva la causa a forze malefiche o a demoni che bisognava scacciare facendo ricorso alla magia. Analizzando i vari papiri medici sono state accertati circa 200 tipi di malattie che però, se mancanti della descrizione dei sintomi, non sono facilmente interpretabili. Le fratture, per esempio, erano classificate in semplici, con l’osso spezzato in due tronconi, e Poliomielite composte con l’osso spezzato in più punti. I gonfiori e ascessi erano curati con medicazioni e sui tumori venivano praticate delle incisioni. Le malattie di sicura identificazione erano la stitichezza, la cistite, l’ematuria dovuta di solito alla bilharzosi, parassitosi particolarmente diffusa, e l’infiammazione del retto. Oltre alla descrizione dei sintomi trattati nei papiri medici, è possibile diagnosticare diverse infermità osservando rilievi e statue. Uno degli esempi più noti è la raffigurazione della regina del regno di Punt, raffigurata nel tempio di Hatshepsowe a Deir el Bahari, che rappresenta un evidente caso di obesità, probabilmente aggravato da lipodistrofia. Le caratteristiche peculiari mostrate dalle statue di Eknaton, ri- cordano la sindrome di Fröhlich, causata da un tumore ipofisario. Molto numerosi sono i casi di nanismo, di deformazioni della colonna vertebrale dovute a cause diverse, rachitismo, poliomielite ed ernie. Particolarmente diffusa era la ciecità, probabilmente dovuta a tracoma, a causa del clima secco e alle mosche che ancora oggi sono presenti e causano gli stessi problemi soprattutto ai bambini. Proprio per difendersi da questa malattia, gli egizi usavano contornare le rime palpebrali con grasso e galena o malachite. Nel 1825, grazie ad una autopsia effettuata su una mummia femminile di epoca tarda, venne diagnosticato un tumore maligno ovarico che diede inizio allo studio delle varie patologie riscontrabili nelle mummie presenti nei vari musei. Da allora l’elenco delle malattie e parassitosi messe in evidenza attraverso vari metodi diagnostici è andato sempre più allungandosi: malaria, vaiolo, poliomielite, calcolosi urinaria, e incredibilmente ateroscherosi. Il ritrovamento di scheletri appartenenti alle classi più povere ha permesso di stabilire che i lavori pesanti incidevano notevolmente sulle strutture ossee, deformando soprattutto la colonna vertebrale con conseguente artrosi e schiacciamento dei dischi intervertebrali. Un’altra caratteristica riscontrata a livello scheletrico riguarda la elevata frequenza di fratture che colpiva i maschi, più esposti a ferite di guerra o a incidenti occorsi sul lavoro. Molto diffusi erano anche i tumori ossei benigni, mentre quelli maligni sono stati riscontrati in pochi casi. Una patologia molto diffusa in tutte le classi sociali riguarda la patologia dentaria, dovuta al logorio dello smalto dei denti, probabilmente provocato dalla presenza di polveri minerali nei cibi: le macine di pietra per la molatura dei cereali e la sabbia trasportata dal vento provocava l’esposizione della polpa dentaria, con conseguente formazione di ascessi e fenomeni infiammatori. Nei testi medici sono state descritte più di 200 ricette per curare le varie malattie, utilizzando nella preparazione dei vari rimedi sia prodotti di derivazione animale sia vegetale e minerale. Venivano prescritti anche clisteri, lavande, inalazioni accompagnati dal digiuno e dal vomito, anche con cadenza giornaliera. Le pratiche chirurgiche riguardavano soprattutto la cura di ferite e trattamento di ascessi e tumori. Una di queste pratiche venne utilizzata sulla totalità della popolazione maschile in età puberale: la circoncisione. La tecnica chirurgica più sofisticata è rappresentata dalla trapanazione del cranio, che ha permesso la sopravvivenza del paziente come viene dimostrato dalla ossificazione successiva. Sono anche attestati casi di “ponti” dentari ottenuti legando i denti caduti a quelli sani medianti fili d’oro o d’argento. Gli strumenti utilizzati a scopo chirurgico erano coltelli, pinze e sonde. Le medicazioni venivano effettuate mediante bende di lino, fili per suture, tamponi, olio, miele e carne fresca per accelerare la cicatrizzazione. Per permettere al rimedio di agire in modo ottimale, il medico faceva ricorso anche a terapie magiche, rivolgendo preghiere a Dei guaritori come Amon, Horo, Iside e Serapide. In modo particolare, in epoca tarda, presso alcuni templi esistevano statue come quella di Imhotep, che venivano considerate taumaturgiche: l’acqua utilizzata per aspergere questi simulacri veniva bevuta dal paziente che in questo modo pensava di guarire. Le guarigioni miracolose che si verificavano con questa modalità, sicuramente riguardavano malattie psicosomatiche che anche allora erano molto diffuse. Analizzando la letteratura medica, la strumentazione e i rimedi prescritti, si può dedurre che la chirurgia era sicuramente la branca medica più razionale e avanzata, basata su osservazioni oggettive, mentre la medicina interna si basava molto sulla magia e le terapie che avevano una certa efficacia erano decisamente poche, mentre la maggior parte delle prescrizioni mediche avevano solo un effetto placebo. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 21 nuovo Studi e informazioni culturali Una ferrovia, due poli, una regione europea Sintesi e commenti di Giuseppe Frego, coordinatore del Comitato Infrastrutture, Trasporti e Logistica dell’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali)1 Giuseppe Frego Sono questi i titoli e i sottotitoli di una ricerca commissionata congiuntamente dalle Camere di Commercio di Milano e di Torino a un gruppo di ricerca coordinato da Giuseppe Russo. La ricerca presentata a Cemobbio ha avuto una grande eco nella stampa italiana e sta continuando a suscitare interesse e ad attrarre l’attenzione di tutto il Nord-Ovest, vale a dire di quello che negli anni del miracolo economico italiano era chiamato il triangolo industriale Milano-Torino-Genova. 1) Dal triangolo industriale a un nuovo asse tra Torino e Milano “Ditene ciò che volete, ma – penna e carta alla mano – più del 40 per cento della crescita del reddito (prodotto) del Paese, dal 1951 al 1971, si è prodotta proprio nel “triangolo”. Qui si è addensata la maggior concentrazione di capitale finanziario e produttivo. Questo territorio ha assorbito in pochi decenni il flusso di migrazione interna più considerevole della storia d’Italia (quasi il 50 per cento degli attuali abitanti del triangolo hanno natali propri o dei propri genitori in altre regioni)”. Il tutto è avvenuto in soli 20.000 chilometri quadrati che, nota la ricerca, rappresenta la metà dei 41.000 chilometri quadrati dell’Olanda. Ma che giudizio storico dare del “triangolo industriale italiano”? Si mette in evidenza come sin dagli Anni Settanta il modello di sviluppo del “triangolo” si è incrinato; “sono emersi virulenti i sintomi di un conflitto sociale a lungo sonnacchioso; sono mutati i modelli di relazioni industriali e anche i modelli di or- 1 Pubblicata su “Sorella Natura”, anno 2, n. 1, 6/2005 22 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X ganizzazione delle imprese”. È nata l’Italia dei distretti che si sono affiancati al triangolo industriale. Lo sviluppo del Paese ha assunto altre traiettorie. E proprio allo studio delle traiettorie di sviluppo delle diverse province italiane la ricerca dedica molto spazio. 2) I fondamenti del policentrismo Allargando il quadro di riferimento, la ricerca passa poi a esaminare quel fenomeno di sviluppo che le scienze geografiche definiscono ‘’Policentrismo”. L’esperienza empirica ha consentito di osservare fenomeni di sviluppo dai contorni nuovi. “In modo intuitivo il concetto di Policentrismo si riferisce alla presenza in un ambito regionale di una molteplicità di fuochi di sviluppo”. Le ragioni di questo sviluppo sono, in sintesi, lo sviluppo delle tecnologie delle informazioni e delle telecomunicazioni, oltre alla rapida diffusione del trasporto privato nelle famiglie e, infine, nel rapido successo, dove sono state introdotte, delle ferrovie ad alta velocità. Ma quali sono i più significativi esempi di Policentrismo in Europa? La ricerca prende in considerazione: 1) la regione policentrica del Randstad Holland; 2) l’invenzione del “diamante fiammingo” in Belgio; 3) Reno-Rhur: una regione in cerca di una immagine geografica unitaria di successo; 4) Scozia centrale. Esiste un reale bipolarismo fra Edimburgo e Glasgow? Vengono anche analizzati i fenomeni di Policentrismo negli Stati Uniti con il caso di MinneapolisSaint PauI. Attenzione viene riservata anche al Canada con i casi di Vancouver, Montreal e Toronto. 3) Quando il TGV attraversò la Francia Quando nel 2009 sarà completata la linea AV/AC tra Torino e Milano cosa succederà tra queste due città e nelle città intermedie come Chiasso, Santhià, Vercelli, Novara, Magenta, Rho? Cos’è successo in Francia in situazioni confrontabili? SCHEMA TORINO-MILANO TEMPI MINIMI DI PERCORRENZA La ricerca di Giuseppe Russo analizza l’esperienza francese mettendo in evidenza: – effetti sulla mobilità delle persone; – effetti sulla loca1izzazione delle attività economiche; – effetti sulla redistribuzione delle funzioni urbane; – effettiva generazione di sistemi urbani o, almeno, di partnership urbane. a) Qual è stato l’effetto dell’Alta Velocità sulla mobilità delle persone? I numeri di maggior successo sono quelli della linea Parigi-Lione; dal 1980 al 1984 il numero di passeggeri è passato da 12 a 18 milioni. Gli spostamenti per motivi professionali sono più che raddoppiati. Da interviste fatte ai passeggeri si evidenzia che un terzo dei viaggiatori è stato conquistato dal treno che prima non usava, un altro terzo ha sostituito l’aereo, infine un altro terzo ha lasciato i treni più lenti per servirsi dei TGV. In Francia il costo dei biglietti del TGV è equivalente, a meno della prenotazione, ai costi degli Eurocity. E parlando di costi conviene evidenziare che il costo chilometrico in auto è compreso tra i 20 e i 40 centesimi di euro (autostrade escluse) mentre in TGV si spendono dai l0 ai 20 centesimi di euro per chilometro, che in abbonamento possono scendere sino ai 5 centesimi. (In Italia sulla ferrovia Torino-Milano si spendono dai 5 ai 12 centesimi per chilometro, mentre in auto – escluso autostrade – sono necessari 25-30 centesimi). I costi dei treni ad alta velocità sono quindi compatibili con i costi dei pendolari dell’automobile sia in Italia che in Francia. D’altra parte, muoversi diventa più gravoso per i pendolari della ferrovia, per cui si può prevedere che un abbonamento tra Torino e Milano possa costare 250 euro al mese. In Francia si è manifestato il fenomeno che aumentano i pendolari dei TGV su percorsi come Parigi-Lille o Parigi-Le Mans appartenenti alla medium-upper class. Grazie al TGV la classe medio-alta può offrire le sue competenze a un bacino più ampio e può scegliere il luogo di residenza più lontano dal posto di lavoro. b) Per quanto riguarda l’insediamento delle aziende i TGV che influenza hanno avuto in Francia? Si temeva l’effetto dell’attrazione di Parigi sugli insediamenti aziendali. Si poteva prevedere “l’effetto aspiratore”: molte attività aziendali, localizzate lungo la linea AV, potevano essere risucchiate verso i capoluoghi agli estremi della linea AV. Questo fenomeno è avvenuto per le attività finanziarie e si tratta di un fenomeno generale favorito dalle reti telematiche che determinano la concentrazione degli affari sulla piazza finanziaria maggiore. Al contrario i giovani, con un alto grado di addestramento e capacità potenziale, invece che trasferirsi a Parigi, tendono a mantenere la loro residenza nelle città di medie dimensioni collocate sulle linee ad alta velocità. Lille, per esempio, con un’accorta politica degna di attenzione per le città italiane, si è organizzata in modo da essere attraente anche per Parigi, Bruxelles e Londra con week-end tranquilli, estesi orari di apertura dei negozi e dei Shopping Center sconosciuti alle grandi città. Per certi versi si può dire che c’è stato un certo riflusso di attività dalla grande Parigi verso le città di media grandezza che hanno saputo investire in politiche di accompagnamento delle grandi infrastrutture. c) Ma qual è stato l’effetto dell’Alta Velocità sull’urbanistica delle città attraversate? In Francia le stazioni dell’Alta Velocità hanno avuto un ruolo importante per l’urbanistica delle città. Le stazioni del TGV hanno rinnovato l’urbanistica delle città attraversate. Nelle stazioni del TGV non ha investito soltanto l’azienda delle ferrovie (SNCF), ma anche le comunità locali e le Camere di Commercio. Il TGV arriva in un cuore cittadino dove sono disponibili metri quadrati per uffici, per centri commerciali e alberghi. Le nuove stazioni TGV nelle grandi città tendono a migliorare i collegamenti con i quartieri cittadini. A Lille, per esempio, si sono fatti investimenti immobiliari su 545.000 metri quadrati tra le due stazioni del TGV. Due torri sono sorte (Credit Lyonnaise ed EuroLille) già occupate al 100%. È sorto il Parco Eurosanté (polo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 23 nuovo d’eccellenza nella biologia e salute che occupa 1.200 persone). È sorta inoltre La Haute Borne (parco scientifico che occupa 140 ettari con 5 scuole di ingegneria, 60 laboratori e imprese private). A Lione l’Alta Velocità ha favorito la rinascita culturale della città che ha dato vita a una Biennale che attira 150.000 visitatori a ogni edizione creando uno spazio museale unico (il Musèe des Confluences) dove la scienza si incontra con le scienze sociali e umane. Il TGV ha inoltre dato un grande sviluppo all’aeroporto di Lione-Satolàs, grazie anche al grande progetto del famoso architetto spagnolo Santiago Calatrava che ne aumenta il fascino architettonico. Gli 8-10 milioni di passeggeri, che si pensa di raggiungere, senza il TGV non sono neppure pensabili. d) Ma l’Alta Velocità è riuscita a creare forme di partnership tra le città collegate? È significativa al riguardo la partnership nata tra Lione e Marsiglia, distanti 328 chilometri e a un’ora e mezza di distanza, se si usa il TGV. Il sindaco di Lione, Raymond Barre, decise di firmare, nel 1997, una “carta di cooperazione” con il suo collega marsigliese Jean Claude Gaudin, allora ministro dei trasporti e della pianificazione territoriale. Una delle prime collaborazioni nate dalla firma di questa carta è stata quella di sostenere congiuntamente il progetto di comunicazione fluviale Reno-Rodano. Marsiglia con questo progetto si propone di raggiungere il cuore della Regione Rhône-Alpes e Lione consolida la sua posizione di crocevia fra l’Europa del Nord, l’arco alpino e il Mediterraneo. Il 21 settembre 1998 Lione ha deliberato la gratuità dei suoi Musei per i cittadini di Marsiglia e in modo simmetrico lo stesso succede per i Musei di Marsiglia. L’estensione degli orari dei TGV consente per un cittadino di Marsiglia di godersi l’ultimo spettacolo teatrale a Lione e ritornare a casa nella notte e lo stesso, in modo simmetrico, avviene per il cittadino di Lione che a Marsiglia ha indugiato sino a tardi alla sera. Le due città si sono associate per operazioni di marketing congiunto per vendere assieme Marsiglia e Lione e attrarre l’insediamento di organismi nazionali e internazionali. C’è una lista di 495 enti che saranno contattati a questo riguardo e che riceveranno proposte per un loro insediamento nelle due città… I TGV muovono quindi grande cose nelle due città che collegano ogni giorno. C’è da immaginare e sperimentare anche un nuovo tipo di sviluppo congiunto tra le due città che si possa considerare successivo – più che alternativo – a quello che ha terminato il ciclo negli Anni Novanta. Forse si rende necessario accompagnare l’arrivo dell’Alta Velocità con un nuovo modello di sviluppo sostenuto da una vera e propria alleanza tra le due città. 4) Far ripartire lo sviluppo dalla grande regione del nord ovest. Idee e progetti per una alleanza tra Torino e Milano Il Nord-Ovest italiano (Piemonte e Lombardia) producono il 30% del PIL nazionale, sviluppano il 40% dell’export. Piemonte e Lombardia concentra- 24 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X no 13 milioni di persone su di un territorio di 4,9 milioni di ettari. Si tratta di un’area doppia rispetto al Diamante fiammingo e di una volta e mezzo rispetto al territorio del Randstad olandese. La loro economia produce un reddito totale di 360,8 miliardi di euro, ossia 100 miliardi in più del PIL dell’intera Italia Centrale, capitale compresa. La produttività media (rapporto tra il reddito e le ULA-Unità di Lavoro standard corrispondenti a occupati a tempo pieno) è di 56.000 euro all’anno. Le dimensioni del Nord Ovest fanno quindi “massa critica”. La maggioranza relativa di chi lavora si concentra nelle province capoluogo di Torino e Milano. Sommandone gli occupati otteniamo 5 milioni e 710 mila persone. Si tratta di un numero considerevole se si considerano i 5,9 milioni della Baviera, i 5,1 milioni dell’Ile de France, i 3,6 milioni del West Nederland o i 3,6 milioni del Sud-Est francese (Lione-Marsiglia). Se in Europa saranno le grandi regioni a competere, di sicuro Torino e Milano sono grandi a sufficienza per poterlo fare come una grande regione soprattutto se tra queste due città nasce non solo un collegamento ferroviario, ma una collaborazione finanziaria, imprenditoriale, culturale, istituzionale. La seconda parte della ricerca è tutta dedicata a proporre un’alleanza tra Milano e Torino. Innanzitutto, si rende necessario condividere una visione comune dello sviluppo, creare un laboratorio di collaborazioni urbane. È necessario considerare i nuovi attori economici che agiscono nel contesto delle due città. Questi attori economici sono assai diversi dai protagonisti delle grandi industrie così fortemente localizzate, nei decenni passati, nelle due città. Ci sono ora le aziende ex-pubbliche, che agiscono ormai come operatori privati e hanno legittimi appetiti di crescita esterna, che però richiede un preventivo irrobustimento interno. Ci sono infine le istituzioni come le Università e le Aziende sanitarie che hanno dinamiche di sviluppo importanti che devono essere ben considerate. 5) Su che cosa si può costruire l’alleanza tra Torino e Milano? La ricerca, a questo punto, si arricchisce di proposte e fornisce molte suggestioni degne di essere approfondite. a) Un’alleanza sugli aeroporti Innanzitutto, sempre rimanendo nell’ambito delle infrastrutture, ci si chiede: perché non fare sistema tra Alta Velocità e Aeroporti? Se due bretelle ferroviarie ad alta velocità collegassero Malpensa e Caselle alla linea ferroviaria tra Torino e Milano si raggiungerebbero più risultati: – ridurre la distanza dei due aeroporti a 45 minuti di “ferrovia veloce”; – creare un sistema aeroportuale al servizio della grande regione; – rendere più appetibili i due aeroporti alle grandi compagnie aeree. I costi delle due bretelle necessarie per collegare alla linea principale AV i due aeroporti è di 25-30 milioni di euro per ciascuna bretella. Troppo pochi per lasciarsi sfuggire l’occasione. b) Un’alleanza sul sistema congressuale e fieristico Il mercato nazionale dei congressi vale circa 16 milioni di visitatori all’anno. Roma, città leader italiana per i congressi, assorbe il 16% del mercato nazionale a fronte di Milano che ne assorbe l’1l % e Torino che è posizionata al 4%. In Italia il mercato è molto frazionato e conteso. All’estero si vendono “congressi in Italia” purché localizzati in “luogo ameno”. La concorrenza internazionale si fa più attiva; le destinazioni emergenti stanno diventando Dubrovnik, Atene (con il favore dello slancio olimpico), Budapest, Cracovia, Belfast. Per sostenere questa concorrenza, Torino e Milano devono allearsi proponendo una offerta congressuale coordinata. L’esempio di Barcellona, che in Spagna attira più del 30% dell’attività congressuale, è degna di studio. Per quanto riguarda le Fiere la situazione è assai diversa. Torino può vantare il Lingotto con la Fiera internazionale del libro, Expocasa, il Salone del gusto (biennale) etc., ma Milano già attualmente occupa il secondo posto in Europa, dopo Hannover, con i suoi 62 principali eventi espositivi. Con il nuovo Polo esterno di Rho-Pero, inaugurato nell’aprile 2005, si posizionerà al primo posto, in Europa, per spazi espositivi, con una superficie lorda di pavimento di 530.000 metri quadrati. La novità è che una nuova stazione sulla linea ad alta velocità sarà costruita per accedere direttamente al Polo esterno della Fiera di Milano. Le aziende in grado di fornire servizi fieristici (soluzioni di problemi organizzativi e logistici, fornitura personale per allestimento e presenza negli stand, ristorazione, prenotazione di viaggi e soggiorni, gestione della comunicazione aziendale, della pubblicità, organizzazione di eventi, offerta di servizi Internet etc...) possono, in modo conveniente, trovare allocazione, come attività indotte dalla Fiera, nelle città localizzate lungo la linea AV. La linea AV oltre a Torino e Milano collega agli aeroporti di Caselle e Malpensa e si verrà quindi a collegare con il Polo esterno di Rho-Pero della Fiera di Milano. Quello delle alleanze in tema di Fiere è un tema difficile, ma nella situazione italiana Torino e Milano potrebbero lanciare un’alleanza (la ricerca propone un “fidanzamento”) per valutare tutte le possibili collaborazioni nel sistema congressuale e fieristico che si sta costruendo con l’aiuto dell’AV, Torino potrebbe diventare “incubatore” di iniziative che Milano potrebbe sviluppare in caso di successo in ragione dei grandi spazi espositivi. Un’alleanza dichiarata, in via preliminare, su questa base potrebbe consentire un’attività comune di promozione all’estero delle Fiere italiane. Torino e Milano potrebbero diventare addirittura i “pivot” di tanti enti fieristici italiani medi e piccoli alle prese con opportunità di sviluppo che non riescono a cogliere a pieno. c) Un’alleanza tra le Università. Una “fabbrica” unica per i Master del Nord Ovest Un’alleanza, assai significativa, è già avvenuta in questo campo con la creazione dell’Alta Scuola Politecnica (ASP) creata dalla collaborazione dei due Politecnici di Torino e di Milano. L’Alta Scuola sta iniziando con 150 studenti: 90 di Milano e 60 di Torino. Per il prossimo anno accademico, la metà degli studenti sarà selezionata al di fuori di questi due atenei: 25% in altre regioni e il 25% all’estero. L’Alta Scuola si ispira a modelli stranieri quali l’Imperial College di Londra, l’Ecole polytechnique e l’Ecole centrale di Parigi. Gli allievi hanno ottenuto una laurea di primo livello e, mentre frequentano il quarto e quinto anno, partecipano ai seminari e alle iniziative della scuola. C’è da augurare successo a questa iniziativa appena avviata. Sullo slancio di questa iniziativa Torino e Milano possono costruire un “Distretto dei Master” alleandosi per coordinare un catalogo comune delle opportunità formative di alto livello. d) Un’alleanza sul sistema medicale (un metadistretto medicale) Il peso del settore sanitario nell’economia è del 4,5% del PIL in Piemonte, mentre in Lombardia è del 3,6%. È sbagliato, sostiene la ricerca, concepire la sanità come un servizio. La Sanità è in realtà un’industria, o meglio una filiera. Due esempi di realtà europee possono chiarire il concetto: 1) A Tolosa la sanità è diventata una filiera. Il suo sistema integra la ricerca (80 laboratori di ricerca statali) le università e le società private in continua espansione. Il Centre Hospitalier Universitarie de Toulouse impiega 9.000 addetti e 2.000 medici che si prendono cura di 150.000 pazienti. Nel 2007, a Tolosa, in un’area industriale dove nel 2001 esplose un impianto chimico, nascerà il Canceropòle, un attrattore di pazienti, di ricercatori, di laboratori pubblici e imprese private. 2) La Medicon Walley unisce con una filiera sanitaria Danimarca e Svezia. Il polo ospita 26 ospedali universitari (con 14.000 posti letto). Vi lavorano 4.000 ricercatori, 14.000 medici e scienziati, 20.000 infermieri con un serbatoio di 135.000 studenti. Può essere utile dire che la spinta alla collaborazione transfrontaliera ha avuto un grande impulso dalla realizzazione della grande infrastruttura stradale e ferroviaria denominata Oresund che collega, con un ardito ponte, Danimarca e Goteborg. Qualche merito al successo della Medicon Walley deve essere attribuito anche ai collegamenti assicurati da questa infrastruttura. Se si sono unite due nazioni diverse è improponibile unire due regioni come il Piemonte e la Lombardia per la creazione di un metadistretto medicale? e) Un’alleanza per l’Arte Contemporanea: una cooperazione utile, anzi obbligatoria La ricerca analizza i punti di forza e di debolezza di Torino e Milano e l’ambizione di una possibile integrazione. Il Museo al Castello di Rivoli, la Galleria civica di Arte Moderna, i nuovi spazi espositivi delle ex Officine Grandi Riparazioni a Torino, la Triennale di Milano, la manifestazione di Miart, la Fabbrica del Vapore a Milano indicano punti focali di possibile crescita. Torino ha iniziative di eccellenza nell’Arte contemporanea, Milano è una capitale del collezionismo e della editoria. Assieme possono entrare nel circuito delle “big exhibition” e questo può giustificare un’alleanza. Si deve tener conto del codice dei Beni Culturali, promosso dal Ministro Urbani e in n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 25 nuovo vigore dal l0 maggio 2004, per cui i privati possono diventare titolari di un diritto di uso del bene. Torino e Milano non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione di creare un reseau di musei e promuoverne la valorizzazione. f) Un’alleanza per Cinema, Televisione e Teatri. Se la ricerca culturale può diventare industria di esportazione Per quanto riguarda il cinema, Torino ha un Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana, ha Torino Film Festival. Si aggiungono archivi di fotografia, biblioteca e cineteca. Il mercato internazionale dei film si incontra a Milano nel Mifed che resta il secondo mercato europeo dopo Cannes. Spazi di collaborazione tra le due città si possono trovare nelle attività delle cineteche impegnate nella messa in sicurezza dei film da trasferire su supporto sicuro. Torino è in grado di proporre una scuola internazionale sul restauro dei film da fare assieme a Milano. Unendo le virtù di Milano e di Torino nel cinema, si ottiene un risultato maggiore della semplice somma. La stessa cosa si può dire se si esaminano le attività nel campo dei Centri televisivi insediati nelle due città. Se si esamina la situazione delle due sedi Rai di Milano e Torino e si superano le opacità delle questioni politiche e di campanile si trova che Education, Animazione, Documentaristica sono tra i possibili campi di collaborazione. Negli enti lirici quali il Regio di Torino e la Scala di Milano, due grandi teatri a 50 minuti di distanza, le collaborazioni e le alleanze sono possibili nelle coproduzioni da esportare. 6) Il protagonismo delle Camere di Commercio. Oltre la Torino-Milano verso la Genova-Basilea Naturalmente la sfida vera è quella di passare dal “dire” al “fare”. Questo studio della Camera di Commercio di Torino, presieduta da Alessandro Barberis e della Camera di Commercio di Milano, presieduta da Carlo Sangalli, sono un forte invito a non perdere il treno dell’alleanza tra Torino e Milano che arriva, con la linea ad alta velocità, nel 2009. Ma il generoso discorso sulle alleanze sembra essere contagioso. È stata recentemente presentata a Genova un’estensione dello studio di Giuseppe Russo che coinvolge il capoluogo ligure, vale a dire il terzo lato dello storico ‘’triangolo industriale”. L’ampliamento dello studio è stato voluto dalla Camera di commercio di Genova presieduta da Paolo Odone. Vi è inoltre da segnalare il forte protagonismo delle Camere di Commercio localizzate sull’asse di un altro Progetto prioritario europeo il TEN 24 (Trans European Network 24). 26 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X Il TEN 24, dal 29 aprile 2004, fa parte dei progetti Prioritari europei approvati definitivamente dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo. Questa importante infrastruttura ferroviaria si propone di collegare Genova con Novara/Milano/Basilea/Rotterdam/Anversa. Per realizzare un collegamento veloce che unisce il Mediterraneo al Mare del Nord attraverso l’Europa centrale sarà necessario realizzare 3 grandi trafori: il traforo del terzo valico dei Giovi, i trafori di base svizzeri del Loetschberg e del San Gottardo. Dal giugno 2004 le Camere di Commercio di Genova, Alessandria, Novara, Verbania collegate con le Camere di Commercio di Briga e del Vallese si sono unite con le Camere di Commercio di Karlsruhe, in rappresentanza delle Camere tedesche, e le Autorità portuali di Rotterdam e di Anversa per promuovere la sollecita realizzazione di questo progetto. Il 18 Aprile 2005 questo gruppo si è presentato alla Commissione Trasporti del Parlamento europeo per sollecitare l’avanzamento del Progetto TEN 24. Questo gruppo si è offerto di diventare segreteria di supporto del “coordinatore europeo” del progetto che dovrà essere presto nominato. È importante rilevare questa presa di posizione delle Camere di Commercio che si candidano, con sempre maggior impegno, come protagonisti dello sviluppo dell’Italia del Nord-Ovest. È pure importante evidenziare il ruolo della Svizzera, per quanto riguarda il Progetto TEN 24. La politica dei Trasporti della Svizzera è basata sul trasporto delle merci per ferrovia ed è stata di stimolo alla stessa politica europea dei trasporti anche per la sua originale forma di finanziamento. Il Traforo di base del Loetschberg è già stato completamente perforato e la linea sarà pronta, dopo aver completato l’armamento ferroviario, per il 2007, addirittura prima del completamento della Torino-Milano. Il Traforo di base del San Gottardo sarà completato nel 2014. La Svizzera e il Canton Ticino (Locamo, Lugano, Bellinzona) sono molto interessati a queste realizzazioni e quindi credo che si imponga un’estensione degli studi di Giuseppe Russo per comprendere anche le possibili alleanze lungo l’asse Genova-Basilea. Le infrastrutture ferroviarie disegnano collegamenti privilegiati e possibili alleanze tra Torino e Milano, ma anche tra Genova e Basilea. Questo asse collega il Mediterraneo con il grande Reno al cuore dell’Europa. Tra Milano e Basilea c’è la stessa distanza che esiste tra Lione e Marsiglia. Si potrebbe quindi porre attenzione e parlare di un quadrilatero del Nord-Ovest con ai vertici Torino, Genova, Milano e Basilea e considerare questa una grande regione europea, presto unita dalle linee ad alta velocità, con l’opportunità di poter individuare alleanze e collaborazioni per lo sviluppo di comune interesse. Studi e informazioni culturali 1906, si inaugura la ferrovia del Sempione 1 Edgardo Ferrari Il 10 di giugno la linea del Sempione viene aperta all’esercizio: sono previste giornalmente sette corse di treni nei due sensi (due espressi, due diretti, tre omnibus), più un treno di lusso trisettimanale, il Simplon-Express, per la comunicazione diretta tra Milano e Calais, via Losanna-Parigi. Il traforo è già stato inaugurato, con la consueta e compassata solennità, un paio di settimane prima, il sabato 19 di maggio: secondo la retorica imperante, “in questa data, in eterno memorabile, la nuova “via delle genti” aperta con titanico lavoro attraverso le viscere della grande montagna è consegnata ufficialmente al commercio”. Al mattino, il re Vittorio Emanuele, accompagnato da Sidney Sonnino, presidente del consiglio, e dalle altre solite autorità, giunge a Domodossola per salire a Briga in piccola uniforme di generale con sciarpa e decorazioni: il mancato completamento della trazione elettrica lungo la linea impone l’uso della vaporiera al treno reale (la “vaporiera” ansimante, quasi un sussulto di carducciane memorie). A Briga, salutato da salve di artiglieria, lo accolgono il presidente Luigi Forrer ed il Consiglio Federale al completo. Breve permanenza, giusto il tempo per la rivista delle truppe schierate in onore all’ospite (“mentre la musica suona vibratamente au drapeu e la bandiera federale s’inchina”), un rapido dejeuner con i rituali brindisi (in tedesco Forrer, in italiano Vittorio Emanuele); quindi una nuova rivista sul piazzale esterno della stazione “ad un battaglione di fanteria e ad uno squadrone di cavalleria, al suono degli inni dei due paesi, fra gli applausi della folla ed esperimenti con due mitragliatrici nuovo modello”. Alle quattordici e trenta, ritorno a Domodos- 1 Pubblicato su “Almanacco Storico Ossolano 2006”, Ed. Grossi - Domodossola (VB) 2005, pp. 9-24. Si ringrazia l’Editore dott. Sandro Grossi che ne ha concesso la pubblicazione. sola, subito seguito dal presidente Forrer e dal Consiglio Federale, che ricambiano la visita. Anche qui si passa in rivista alle truppe schierate davanti alla stazione internazionale. “Fra gli applausi Sua Maestà il re esce di sotto il ricco baldacchino, di fianco ha il presidente Forrer, un uomo poderoso dalla barba brizzolata”, scrive, impietoso se non impertinente, il cronista e continua: “Sua Maestà portava la mantellina e vestiva la piccola tenuta da generale”. Tempo inclemente, a tratti piove, temperatura rigida. Segue il “pranzo di Corte” (abito di sera e decorazioni), servito alle 17 e 30 nella gran sala della stazione “magnificamente adornata con arazzi fiori e tappeti”, con i brindisi allo champagne, gli inni nazionali, i ringraziamenti reciproci per le accoglienze ricevute. Poi tutti a casa, secondo un cerimoniale rigido e svelto. “L’Ossola”, il settimanale di informazione, che da oltre dieci anni si trova in edicola il sabato, ha dedicato un numero unico illustrato (otto pagine su carta speciale) “a S.M. Vittorio Emanuele III, inaugurante il traforo del Sempione”. (Ne sono state stampate copie in abbondanza e quindici giorni dopo si vendono ad un prezzo stracciato, dieci centesimi l’una.) Il traforo inaugurato consta di una sola delle due gallerie parallele previste in progetto, quella a est, lunga m 19.803,1; della seconda è stato scavato solo il cunicolo di base, da completare quando l’entità del traffico abbia reso necessario il secondo binario. Ciò avverrà solo nel dopoguerra; la galleria lunga m 19.824, completata nel 1921, è attivata all’esercizio l’anno successivo, a metà di ottobre. Durante i lavori del traforo questa seconda galleria, collegata alla prima da gallerie trasversali ad ogni duecento metri, è risultata molto utile per la ventilazione, i trasporti e lo smaltimento delle acque. Prendono il via le feste popolari, meno impacciate dalla severa ufficialità. Sono state precedute già a febbraio, la domenica 25, dalla gita a Briga offerta dall’impresa Brandau agli “amici suoi” attraverso la grande galleria, dopo la regolare consegna del tunnel alla Confederazione Svizzera. Su “L’Indipendente” (28 febbraio, n. 9, p.1) il resoconto è firmato n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 27 nuovo dal dott. Achille Samonini, il sindaco di Domodossola. Un treno speciale parte da Milano il 28 maggio per Losanna; qui sempre il presidente Forrer riceve gli invitati: alla sera “Banquet d’inauguration offert par la Confédération” (è previsto il frac). Il giorno dopo tutti si imbarcano ad Ouchy per Ginevra, Montreux, Territet e Sion. Il 30 maggio i treni speciali sono addirittura tre e lasciano Sion per Milano, con una breve sosta a Domodossola. . Dal 31 maggio al 2 giugno Milano (concerto alla Scala) e Genova ricevono con entusiasmo grande ed apposite manifestazioni le delegazioni del paese amico, e la flotta italiana, ormeggiata nel porto della Superba, alza, per la prima volta nella storia, la bandiera federale elvetica. Gli ospiti svizzeri non possono accogliere l’invito a visitare Torino e Novara: li costringe al rientro in patria l’apertura dei lavori legislativi del Consiglio Federale. A Milano l’Esposizione internazionale, intitolata al Sempione, è stata inaugurata, presenti il re e la graziosa regina, il 28 aprile, con un breve ritardo sulla data annunciata: durante le feste di Pasqua un’eruzione del Vesuvio aveva devastato i paesi del napoletano, provocando numerosi morti e crolli persino nel capoluogo. A Domodossola il Comitato per i festeggiamenti mette insieme un programma denso di iniziative: si scopre sulla facciata del Municipio la lapide del conte Giacomo Mellerio (scultore Antonio Lusardi) e con ciò la città paga un debito di riconoscenza, trascurato per troppo tempo; si accoglie con entusiasmo l’ultima diligenza svizzera valicante il stazione internazionale; si appronta un superbo trattenimento pirotecnico; si organizzano al Teatro Galletti almeno due spettacoli de La favorite, la grand-opéra in quattro atti musicata da Gaetano Donizetti e coronata da solido successo (seicentocinquanta rappresentazioni solo all’Opéra di Parigi, dove ha debuttato nel 1840), il tutto accompagnato da una serie di eventi sportivi a forte richiamo popolare (gare di tiro al piattello, campionato ciclistico, concorso ippico). Non può mancare il grande banchetto d’onore, la sera del 31 di maggio, all’Hotel Terminus & Espagne, sontuosamente preparato dal proprietario Luigi Barbitta. Allo champagne il sindaco Samonini annuncia che sarà conferita la cittadinanza onoraria a Carlo Brandau, il quale, informato telegraficamente, si dichiara “commosso per sommo onore essere cittadino italiano di Domodossola”. All’ing. Brandau il Comitato domese offre una copia della Divina Commedia illustrata dal Doré, con ricchissima legatura. Dal 31 maggio al 3 giugno si svolgono le cerimonie religiose: a presiederle viene chiamato il Metropolita mons. Teodoro dei Conti di Valfré di Bonzo, arcivescovo di Vercelli; la diocesi, priva del suo Vescovo, mons. Mattia Vicario essendo morto il 5 di marzo, è rappresentata dal Vicario Capitolare, mons. Giovanni Battista Del Signore. A dar risalto al significato spirituale e sociale delle celebrazioni sono incaricati “due signori del pensiero e della parola: il giovane padre Giovanni Semeria, barnabita, e il padre Teodosio di San Dietole, francescano”. In vista della speciale solenne circostanza il Santo Pa- 28 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X dre si è degnato di concedere la dispensa dei cibi di magro e del digiuno “per tutti quelli indistintamente che in quei giorni si troveranno nel territorio di Domodossola al confine d’Italia”. In Collegiata si canta il Te Deum di ringraziamento, eseguito da cinquantasei artisti di Milano (coristi della cappella del Duomo ed orchestrali della Scala), si benedice la grande statua del Sacro Cuore, realizzata per sottoscrizione popolare e posta, a ricordo delle feste sempioniane, sull’altare in capo alla navata di sinistra. Dopo la Messa Pontificale, per speciale concessione cantata da requiem, di suffragio ai caduti del Sempione, il 2 giugno ci si reca a Balmalonesca per inaugurare nella chiesetta di santa Barbara una lapide di don Antonio Vandoni (un’altra volta scultore Antonio Lusardi); il cappellano del traforo è tragicamente morto nel luglio 1904 travolto dalle acque della Diveria. Il re ha dato il via alle cerimonie ufficiali, il re le conclude; eccone la notizia: “Onorificenze - Apprendiamo con intimo compiacimento che Sua Maestà il Re nell’occasione della sua gita a Briga per l’inaugurazione del Traforo del Sempione si è degnato di conferire motu proprio la commenda mauriziana all’illustre Carlo Brandau, la croce di cavaliere mauriziano al cav. rag. Paolo Bianchi segretario generale dell’impresa del traforo, e la croce della corona d’Italia agli ingegneri Giuseppe Lanino, Giuseppe Cattò, Remigio Garroni ed Iginio Muzzani. Il Sovrano si è pur compiaciuto di offrire ai decorati le cavalleresche insegne.” (“L’Ossola”, 16 giugno, n. 24, p. 2) Il re si è degnato pure, pochi giorni prima, di nominare cavalieri della Corona d’Italia con altro motu proprio l’ing. Enrico Bazzaro, autore dell’elicoidale di Varzo, e l’ing. Arturo Gozzi, rimettendo anche a loro, naturalmente, le insegne cavalleresche. Per il sindaco di Domodossola, dott. Achille Samonini, attivo presidente del Comitato cittadino dei festeggiamenti, Giolitti comunica all’on.Falcioni che S.M. il Re si è degnato conferire motu proprio la Croce di Cavaliere dei S.S. Maurizio e Lazzaro e si è compiaciuto di rimettergli le insegne cavalleresche (“L’Ossola”, 7 luglio, n. 27, p. 2). Gli “eroi del Sempione”, le migliaia e migliaia di uomini, che con fatica e dolore grandi hanno “fatto” il traforo, assenti nell’ufficialità di Vittorio Emanuele, li riconosce e li onora Giovanni Pascoli, il quale li consegna alla Storia vivi nell’immortalità della poesia: “Uomini, è il giorno settimo: guardate/ che ciò che voi faceste è buono!”. Intanto a fine maggio, Sonnino si è dimesso e Giolitti ha formato il suo terzo ministero, che presenta alla Camera e ne ottiene la fiducia, senza difficoltà, il 12 di giugno. Falcioni vota a favore (“L’Ossola”, 16 giugno, n. 24, p. 1). Grosse frane si verificano nella galleria n. 2 del tunnel del Sempione: “Queste frane insieme all’aumento continuo del traffico fanno sempre più sentire il bisogno di veder presto ampliata anche la seconda galleria e portata a sezione normale. A Berna un nucleo di apostoli del Sempione va sostenendo questa necessità”. (“L’Ossola”, 12 luglio, n. 28, p. 2) A Roma, l’on. Falcioni presenta un’interpellanza. Non si ferma comunque “il faticante succedersi di tanti festeggiamenti, inaugurazioni, visite e ricevimenti”; ricordiamone solo alcuni. Il 15 di luglio, l’occorrenza è stata annunciata con largo anticipo, le colonie ossolane di Lione e Ginevra sono a Domodossola “in corpo con bandiere” per onorare e prender parte al grande avvenimento del traforo. Il fraterno banchetto si tiene sotto il porticato del Teatro Galletti. convenientemente addobbato: la quota di partecipazione è fissata in lire 3 e 50. Il 17 di settembre si celebrano sul Lago Maggiore i benemeriti del traforo. Durante il pomeriggio, all’Isola Bella nel prestigioso palazzo Borromeo, con acconcia cerimonia vengono distribuite le medaglie d’oro al conte Giberto Borromeo, presidente del Comitato italiano pel valico ferroviario del Sempione, a Carlo Brandau, alla famiglia di Alfredo Brandt, a Ettore Mola, diligente segretario del Comitato. Quindi si torna a Stresa per la conferenza dell’illustre Alessandro Malladra, il geologo rosminiano, che giorno per giorno, si può dire, con geniale entusiasmo ha seguito i lavori del traforo. Malladra non esita ad affermare che la perforazione del Sempione “è massimo fra i grandi lavori umani (...), anche a costo di veder(si) collocato a fianco del panegirista pel quale il suo santo è sempre il migliore fra tutti”. E continua: “La storia del traforo del Sempione è tutta una sequela di stupefacenti sorprese, di finissime insidie, di pericolosi agguati”. Del protagonista, l’ing. Carlo Brandau, dà questo vivace ritratto: “Gli antichi favoleggiano di Vulcano agitantesi sotto il Mongibello; Brandau è il Titano del Sempione, che a un suo cenno si strugge e si dilania”. Da ormai un paio d’anni Alessandro Malladra tiene conferenze sul Sempione allo scopo di raccogliere fondi a beneficio dell’ ospizio “pro-emigranti”, che deve sorgere a Domo nei pressi della stazione internazionale. Il “buon lavoro” dei suoi colloqui col pubblico, oltre che alla competenza ad alla piacevolezza dell’oratore, è anche legato al fatto che gli stessi si avvalgono di un centinaio di proiezioni luminose preparate ed eseguite dal prof. Francesco Grassi. Tra queste c’è il telegramma pubblicato dal giornale di Mendoza (Argentina) “Les Andes” (l0 settembre 1904, n. 5869), del seguente tenore: “ Domodossola (Navarra) 9 settembre. A causa di una improvvisa e grande cateratta di acque calde si son dovuti sospendere i lavori pel traforo del Sempione a Madrid”. Proiettato anche a Stresa, “LOssola” (22 settembre, n. 38, p. 1) postilla: “Il pubblico, con un sorriso leggermente canzonatorio, guarda verso di noi giornalisti”. Dopo la conferenza la cena è al Grand Hotel et des Iles Borromees, degna d’un Borromeo insomma. La mattina del primo di ottobre è fatta esplodere la prima mina per il traforo del Lötschberg, destinato a congiungere il Cantone di Berna col Sempione (‘’L’Ossola”, 13 ottobre, n. 41, p. 3), con ulteriori prospettive di sviluppo attraverso l’Ossola del traffico sulla direttrice del centro Europa con la pianura padana ed i porti liguri. Ultima delle grandi feste legate al traforo e “caritatevole apoteosi” dello stesso è l’inaugurazione dell’ospizio pro-emigranti a Domodossola, nei pressi della stazione. Nel 1905, a celebrare il giubileo sacerdotale di mons. Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona e impegnato nell’attività di soccorso agli emigranti, si è mossa l’Italia intera con una sottoscrizione, il cui ricavato, unito ad altri proventi e generose elargizioni, è destinato, per volere esplicito del festeggiato, alla costruzione in Città di una casa ospizio, simile a quella di Chiasso. Il 30 di ottobre si inaugura una palazzina provvisoria (“tre padiglioni tipo chalet, con 12 locali, fra cui un’artistica cappelletta, il refettorio, il dormitorio e due infermerie”) e si pone la prima pietra del futuro edificio. Presidente della commissione dell’ospizio è ancora il conte Giberto Borromeo. Alla cerimonia, insieme con mons. Bonomelli, interviene un’“Ospite Augusta”, S.M. la Regina Madre Margherita di Savoia, la quale, muovendo da Stresa, ha mandato al sindaco di Trasquera una corona di fiori freschi da collocare a Iselle sulla lapide che ricorda le vittime del Sempione. “Poco prima delle ore 13, 30, un altissimo applauso, grida entusiastiche di evviva annunciano che l’Ospite Augusta è prossima; l’automobile reale giunge sbuffante fiancheggiata dagli agenti ciclistici e dai carabinieri a cavallo e la graziosa Regina col suo simpaticissimo sorriso saluta cortesemente il popolo plaudente ed entra nel recinto dell’ospizio mentre la banda esegue l’inno reale.” (“L’Ossola”, 3 novembre, n. 44, p. 1) La Compagnia Alpina al comando del capitano Solinas presta servizio d’onore e i pompieri in alta tenuta prestano servizio d’ordine sotto la responsabilità del tenente geom. Musso. Il sindaco Samonini “a nome della cittadinanza porge all’Augusta Donna il più caldo ed entusiastico saluto”; una ricca corbeille, omaggio delle signore domesi, viene presentata a S.M., poi subito si passa alla benedizione ed alla posa della prima pietra. Questa in realtà è un grosso blocco di marmo (“il cui solo trasporto fin qui ha costato al donatore oltre 300 lire”), generosamente donato a mons. Bonomelli dal signor Antonio Garfagnini di Serravezza per il tramite di Giovanni Pascoli, che ha dettato l’epigrafe scolpita sullo stesso. La cerimonia è breve; si rientra quindi nell’ospizio, viene offerto il tè nel “prezioso servizio antico” appositamente inviato dal conte Borromeo, mentre “i bimbi del nostro asilo d’infanzia, accompagnati all’harmonium dal maestro Castellazzi cantano un grazioso inno in onore alla Regina”. S.M. loda il canto, ringrazia caldamente, e poi, in automobile, si reca all’ospedale di S. Biagio. Qui passa nelle corsie, s’intrattiene con gli ammalati e affabilmente li conforta; “prima di lasciare il pio luogo l’Augusta Donna ha fatto consegnare al presidente la cospicua somma di L. 1000”. Ora si porta al Collegio Mellerio Rosmini, dove Alessadro Mallandra le fa da guida nella visita del museo sempioniano. Appone “l’Augusta sua firma all’album dei visitatori”, di poi salutata ed applaudita da professori, studenti e signore, “dopo d’aver spontaneamente stretto la mano a tutti – informa ‘’L’Ossola’’ – risale in automobile per restituirsi a Stresa”. Il cronista conclude: “Nello svolto di via Galletti sono schierati i veterani col loro presidente onorario Comm. Cornut; essi portano le decorazioni (...). n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 29 nuovo S.M. li scorge, abbassa il cristallo e per ben tre volte saluta graziosamente i vecchi soldati. E l’automobile fila rapidamente mentre la pioggia cade dirotta.” L’ospizio viene aperto al pubblico poco dopo la metà del mese di novembre, quando le “pie” suore di San Vincenzo sono messe finalmente in grado di intraprendere la loro missione a beneficio dei lavoratori emigranti. Ma a Domodossola l’Opera Bonomelli incontra difficoltà di ogni genere, dall’inizio fino al suo scioglimento nel 1928. L’edificio nuovo non sarà costruito; il vecchio, dopo alterne vicissitudini e sempre più degradato, viene demolito agli inizi degli anni settanta nel secolo scorso. Il ricordo dell’Opera Bonomelli è oggi affidato al prezioso altorilievo rappresentante la Madonna della Pazienza, regalato per l’inaugurazione da Margherita di Savoia e custodito presso il Collegio Mellerio Rosmini di Domodossola. Con il 1906 l’Ossola finisce di essere emarginata ed entra nel circuito del traffico internazionale, che senza dubbio può favorire la sua crescita civile ed economica. Certo, le attese sono state lunghe, con ostacoli che parevano insormontabili. Indichiamone solo alcuni. Nel 1860 l’ing. Vauthier presenta già per il Sempione il progetto di una galleria lunga poco più di diciotto chilometri, ma a Torino la commissione Paleocapa, incaricata di studiare “quale sia la direzione a darsi ad una ferrovia attraverso le Alpi elvetiche”, è ancora incerta nella scelta fra il Lucomagno e lo Spluga. Sei anni dopo, il generale La Marmora, presidente del consiglio dei ministri che sta preparando la guerra all’Austria, invia una nota al Consiglio Federale per dichiarare che il governo sabaudo non può sussidiare il Sempione “perché il Sempione non ha interesse alcuno per l’Italia e non sarebbe che concorrente al Moncenisio” (“La Voce del Lago Maggiore”, 16 marzo 1866, n. 9, p. 3). Una settimana prima, lo stesso settimanale (9 marzo, n. 8, p. 2) ha dato la notizia che il Ministro dei lavori pubblici Jacini ha presentato al parlamento di Torino il progetto di legge “per offerire un premio cospicuo a quella compagnia che volesse assumere l’opera grandiosa” del traforo del San Gottardo: l’offerta è di trenta milioni di lire. Neppure sono mancati, in ogni momento, i pregiudizi. Ancora nel 1892 Edmondo Brusoni, uomo non privo di cultura, che vive ed opera in Città, scri- 30 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X ve: “L’alpinista o anche il semplice viaggiatore non dovrebbe desiderarlo (il tunnel del Sempione), perché una volta compiuto il traforo la bellissima strada internazionale sarebbe trascurata e negletta”. Quando però l’opera prende l’avvio, la classe dirigente ossolana si mostra all’altezza della circostanza; è in grado con l’on. Falcioni di portare le esigenze della zona in Parlamento e Domodossola onora pienamente la sua storica naturale funzione di centro di riferimento, di “capitale” per l’Ossola. Raggiunto l’obiettivo, le aspettative sono riposte non tanto e non solo nel turismo, quanto nel traffico commerciale. I sostenitori del Gottardo hanno insistito che “il Sempione, anche sotto la nuova forma di ferrovia, sarebbe, come fu sempre, un monumento di potenza e di gloria, ma nulla più di un monumento”. A cent’anni di distanza, il giudizio sui risultati, abbandonando ogni pietismo e vanagloria ed inutile burbanza, spetta ai cittadini informati e responsabili, non a chi scrive. Anche al fine di provvedere per l’avvenire. Bibliografia “L’Ossola” e “L’Indipendente”, numeri vari dell’anno 1906. “La Voce del Lago Maggiore”, numeri del 1866 citati nel testo. BAZZETTA NINO, Storia di Domodossola e dell’Ossola Superiore, Omegna-Domodossola 1911. BONOLA GIULIO, La ferrovia del Sempione, Roma 1900. CHIARAMENTE UMBERTO, Industrializzazione e movimento operaio in VaI d’Ossola. Dall’unità alla prima guerra mondiale, Milano 1985. FELICE LEANDRO, L’opera Bonomelli di Domodossola e l’emigrazione italiana all’inizio del secolo XX, in “Oscellana” n. 4/1972, pp. 207-212. FERRARI EDGARDO, Le cartoline del Sempione, Domodossola 1986. GILLA VINCENZO GREMIGNI, Il Traforo del Sempione e la diocesi di Novara. Dopo cinquant’anni, Novara 1956. MALLANDRA ALESSANDRO, Il Traforo del Sempione, Milano 1904. Il cinquantenario del traforo del Sempione 19061956, Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato, Roma 1956. Studi e informazioni culturali - Poesie “La stazione” e “Raccontare il tempo” Giuseppe Romano La stazione (dove iniziano e finiscono le storie) Fantasticando, nell’immaginario, la stazione è un semplice scenario. Senza registi e senza produttori, inconsciamente si diventa attori. Ancora insonnoliti i pendolari, fin dal mattino corrono ai binari, legando col lucchetto, in tutta fretta, al posteggio la propria bicicletta. Folla che parte tra gente che arriva, gente preoccupata ed altra giuliva. Per scioperi o ritardi: imprecazioni, e per proteste: manifestazioni. Carrozze che si aprono e si chiudono, tanti incontri che talvolta illudono. Storie d’amore che si rinsaldano, con un addio altre che si sfaldano. Tanti drammi, commedie e sceneggiate sono ossessivamente replicate, come nell’umana vita è abituale col suo eterno ritorno all’uguale. Nella calca un distacco lacerante, lascia la sua famiglia un emigrante; per sposi e militari compaesani dolorosi saluti e battimani. Partono i treni su rotaie sonanti, disposti in rettifilo e confinanti, ma alla partenza non si può lasciare ciò che ognuno vorrebbe cancellare, quell’insistente lucido fastidio di pensieri, molesto stillicidio. Raccontare il tempo Reperti, quadri, testi, monumenti dell’eterno immortalano i momenti. La rassegna di oggetti in evidenza, posti con cronologica sequenza, riporta nei musei alla memoria i nomi e le vicende della storia. Il linguaggio dei resti, ormai scordato, alla mente, dal tempo, è riportato. Par quasi che la sabbia ammonitrice, nella clessidra, del tempo indicatrice, scivoli indietro con tetro fruscio, mugolando con vago borbottio; e, nella meridiana, il ferreo stilo, all’ombra, imponga, del volgar profilo, di ruotare, in silenzio, all’incontrario, evocando un insolito scenario. S’inverte il tempo, affiorano i ricordi del recente passato e dei primordi. Bassorilievi esprimono il cammino di popoli, l’ascesa ed il declino, Il racconto del tempo s’infittisce, di poi dilaga, affascina e ghermisce. Nei vari secoli un’evoluzione: di armi e gioielli in continua perfezione; il culto degli dei e degli antenati, dei riti, nelle tombe, celebrati. Nulla vien nella storia cancellato, si trova, sempre, traccia del passato; dunque è lecito: “il tempo raccontare” ché in molti luoghi lo si può incontrare. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 31 nuovo Istituto Tecnico Industriale Omar Borse di studio e premi assegnati nell’anno scolastico 2006-07 Borse di studio “Cav. Gran Croce Paolo Ferrari” SAIA FABIO 3ª Elettrotecnica MELCHIORRE ALESSANDRO 3ª Elettronica SYED RAFAH 4ª Elettrotecnica GIRARDI MICHELE 4ª Elettronica TORRE LUCA 5ª Elettrotecnica MORREALE ANGELO 5ª Elettronica Borse di studio in memoria della “Prof. Grazia Cirigliano” KLYMYUK MYKHAYLO 3ª B Chimica RICOTTA DAVIDE 3ª A Meccanica MARCHI ENRICO 2ª A PASTORE LUCA 2ª C Borsa di studio in memoria della “Prof. Carmen Ambrosanio” LAOMEDONTE PRISCILLA 3ª A Chimica Premio “Fondazione Omar” SMEDILE PAOLO 2ª A Si segnala inoltre che lo studente ANGELO MORREALE ha partecipato alla “Gara Nazionale di Elettronica e Telecomunicazioni” classificandosi tra i primi dieci. 32 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X Istituto Tecnico Industriale Omar La divina Omaredia Giuseppe Sassi PREFAZIONE La Divina Omaredia è iniziata per caso in un noioso pomeriggio del 1965, quando Masnaghetti, un compagno della mia seconda “terza elettronica”, mi fece leggere una poesia che aveva frettolosamente scritto in “onore” del nostro professore di elettrotecnica, che per venire all’Ornar utilizzava una vecchia FIAT 600 blu targata Milano: il Prof. Monzeglio. Dopo aver letto la poesia, una trentina di versi in rima baciata, non ho potuto fare a meno di trasformarli in endecasillabi, aggiungendo altri versi, riguardanti dapprima i miei compagni e poi i professori. Così, com’era scritto nel destino, per diventare un “sessantottino” due volte fui costretto a far la terza e due volte la quarta. “Eri una verza!” qualcuno penserà. lo non lo nego. Ma forse ho un’attenuante e ve la spiego: un insegnante, Verni Raffaele, non era certo dolce come il miele. Questa sventura comunque mi ha permesso di avere ogni anno nuovi compagni e nuovi professori e di poterli mandare tutti all’inferno, ma sempre con le dovute rime. Verso la fine del secolo scorso, ritrovai in un cassetto della scrivania quei versi scritti a scuola e li completai con un terzo canto, aggiungendo qualche altra avventura che ancora ricordavo. Adesso, a distanza di anni, leggendo questi versi, alcuni potranno forse riconoscersi nei personaggi descritti e spero non se ne abbiano troppo a male. CANTO I Segna la sveglia già l’una e trentuno ed esco. Per la via non c’è nessuno! Sono colto ad un tratto da spavento, un boato e un gran colpo di vento, ed ecco accanto a me sfreccia veloce una seicento blu che ad occhio e croce farà venti chilometri in due ore! Senza tema di sbaglio, è il professore 1. Calmo e paziente come fossi un bue, mancan di già sei minuti alle due, giungo alla scuola, vecchia e malandata, che a tale punto appare diroccata, piena di muffa, calcinacci e muschi, che sembra costruita dagli etruschi. Anche ‘sta volta già m’ha preceduto d’un soffio, tant’è ver che l’ho veduto veloce e ratto salire le scale, con l’aria d’un che sa di far del male. Ancor prima che squilli il campanello ci fa tre o quattro volte già l’appello. E poi con fare molto intraprendente, mormorando tra se qualche accidente, rivolto a noi con un fare assonnato, egli chiede: “Ragazzi, è già suonato?” E finalmente suona il campanello; arriva Abate 2, della classe il bello, colui che il Magnoni 3 ha già chiamato: “Il bello nel boschetto addormentato” Le sue prime parole, è naturale, sono queste: “Va bene, cioè va male!” Ultimamente dice anche più spesso: “Vada qualcuno a prendere del gesso!” Ieri è riuscito in sol due ore a fare d’un problema l’abbozzo vettoriale. L’ha fatto bene e sì velocemente che adesso pur non ci ha capito niente. Oggi comunque è in vena di fregare; pertanto ha cominciato a interrogare. Il primo che subisce il grande smacco è Paracchini, nominato Ciacco. Lo manda al posto con un quattro netto; infuriato ei gli grida: “Maledetto”! Esce or un dall’aspetto torvo e nero chiamato “Annibal di Borgomanero” 4 che si è specializzato proprio adesso a colpirgli la crapa con il gesso. Uno che spicca alquanto tra i più belli è Andreone il “tacco” di Vercelli, così da tutti chiamato perché dell’istituto già si sente il re. Ed ecco uscire trafelato Bassi 5, ritorna al posto ed esce ora Sassi 6 compagn di Segimiro 7; quel grande ente che tutte le lezioni tiene a mente! Al richiamo canino di Baucero risponde Canepar 8 che acceso un cero, è uscito alla lavagna interrogato, dispiacendosi per il tristo fato. Egli assieme a Fassio ed a Cossutta costituisce quella setta brutta dei leccapiedi, spiriti malvagi che visser sempre tra gli onori e gli agi. Non ci sono soltanto questi tre: c’è Segimiro che tra tutti è il re! Al primo banco a destra c’è Maffei 9 seduttore ed autore di atti rei. Tutti nel primo cerchio, ai primi banchi, n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 33 nuovo stanno l’anime triste, i corpi stanchi, di coloro che chiamerem violini, badando ognor di tralasciar Signini. Questi son Masnaghetti e poi Vandoni e tanti altri, ma saremo buoni. A mezzo l’aula stanno l’ombre gravi di color che son simili agli ignavi. Citeremo Ziliotto, Abate e Naldi. Son tutt’attorno quei cervelli caldi, e questo per non dire anche scaldati, di quei che vivon di fili saldati. Di resistenze hanno pieno un armadio: sono gli spiriti amanti della radio, maggior tra tutti Vicario e Platini. Un capitolo tra i cervelli fini merita Zanzolonda 10, Sputnik primo, che tra i sadici metto io che rimo. Or si sente una voce ancora blanda e poi più forte: ecco un suon di banda completa di trombone e batteria. Mi volto per capir tale magia ed un fatto colpisce la mia vista: Franzosi 11, con un far da batterista, batte sul banco con penna e matita, rendendo triste a ognuno questa vita. Al professor non dando certo retta, egli sta componendo una marcetta; mischiando assiem rumori e note a secchi, terribile, fa accartocciar gli orecchi. Per ultim tratterem di Valli 12 il lungo e a tale conclusione presto giungo: mentre già Valli con mira perfetta palle di carta nel cestino getta perché si possa per bene allenare per poi a pallacanestro giocare, ben altri versi mi accingo a comporre: d’un altro inferno dove potrò porre i professori e le professoresse, descrivendo le pene di essi e di esse. Inizierò col dire degli ignavi. Vedo una selva là di tronchi cavi. e dietro a quella sento muover passi. Vi giungo e vedo corpi stanchi e lassi pizzicati, udite la gran pena, da un demonio 13 sul fondo della schiena. Mentre fuggon le anime più scaltre, ve n’è una più grossa delle altre che sulla schiena ha le braccia incrociate e che prende un gran numer di pedate. Qui tra sospiri, pianti ed altre pene guardando in alto egli dice: “Va bene!” L’avrete già riconosciuto tutti. Passiamo or ai dannati più brutti, che stanno sulle rive d’un gran fiume. Ed ecco verso noi venire un lume sopra una barca, ed ecco quei che rema. Ogni alma trista a quell’immagin trema. Magnon 14 dimonio con gli occhi di bragia sulla barca i dannati già si adagia. Mentre questi già vedon grandi pene ei si volge a lor: “Badate bene! Tremate tutte voi anime fesse che mai capiste l’M.K.S.’’ Giunti di là dalla malvagia riva, un orribile puzzo si sentiva. Mi guardo intorno, ma non vedo niente. 34 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X Sento le voci, ma non c’è la gente. M’accorgo allor che l’anime mal nate in mucchietti di zolfo son mutate. Provo a evitarle con movenze leste, ma una 15 dice a me: “Perché mi peste?” Da che fu fatta poi di sangue bruno, riconobbi la voce di qualcuno che in Terra ci spiegava con moine come il cracking si fa delle benzine. M’allontano veloce da colei che più volte turbò gli studi miei. Ed eccomi sul sommo d’un gran calle dominar con lo sguardo giù la valle. Valle ripiena degli spirti saggi, dei grandi astri che coi loro raggi illuminan le menti di qualcuno. Di tutti quelli ne conobbi alcuno che in vita tanto fece e tanto disse per spiegar l’equazione dell’ellisse 16. Qui è dimostrato quel proverbio bello: “Anche all’inferno il chiodo è col martello” 17 Vidi un altro che all’ombra di un gran pero dicea: “Per K maggiore di zero …” E mentre tutti gli facevan festa, una pera gli cadde sulla testa. In quel luogo non fui più a lungo fermo e giunsi ov’era Cossutta il gran vermo a far da guardia alla bolgia seguente, piena di più malvagia ed empia gente. Poi che un lasso di tempo è già trascorso da quando scrissi, era l’anno scorso, delle pene patite nell’inferno dove dormono il loro sonno eterno professori ed allievi tutti quanti, lungi dal luogo dove stanno i santi, ora mi accingo a scrivere di nuovo un altro inferno totalmente nuovo, dov’io ho posto obiettivamente a patir nel luogo empio tanta gente. Comincio ora con la descrizione Di questa mia nuovissima edizione in forma riveduta e un po’ corretta; ma passiamo alla cronaca diretta. Al gran portone che l’entrata cinge vedo un demonio che di dormir finge. Il gran portone è chiuso e lì mi fermo riconoscendo Cossutta il gran vermo che fa la guardia ai vermi un po’ minori che stanno dentro, né mai vengon fuori. Striscia verso di me, ma è troppo lento e le più infami imprecazioni sento. Ecco d’un tratto due anime buone che giungono e mi aprono il portone. Giungon dal purgatorio stanchi e chini, l’uno è Vicario e l’altro è Platini. Li prego di levarmi da quei siti e loro, dalle preci impietositi, mi conducono fuor da quell’inferno e subito mi trovo nell’interno del purgatorio ove mi saran guide quell’anime sì buone e sagge e fide. (continua) Prof. Monzeglio; 2 Abate Mario; 3 Prof. Magnoni; 4 Signini; 5 Bassi Mario; 6 Sassi Giuseppe; 7 Segimiro Alberto; 8 Caneparo, 9 Maffei Ferruccio; 10 Zanzola; 11 Franzosi Sergio; 12 Valli Carlo; 13 Prof. Monzeglio; 14 Prof. Magnoni; 15 Prof.ssa Nocera; 16 Prof.ssa Vaccaro; 17 Prof. Martelli 1 Associazione Omaristi Generosa donazione in memoria degli omaristi Italo, Francesco e Bruno Počkaj La signora Liliana Puddu di Mestre (VE), cugina dei fratelli Počkaj ed una degli eredi del nostro Italo improvvisamente e prematuramente scomparso, ha voluto fare una generosa donazione in memoria di Italo, Francesco e Bruno Počkaj all’Istituto Omar, all’Associazione Omaristi e alla Fondazione Omar. La donazione all’Istituto è finalizzata all’istituzione di borsa di studio; quella all’Associazione per il sostegno della rivista “Omar nuovo”; alla Fondazione affinché venga realizzato un Presidio Agrario nella cascina Cineroli a Biandrate, di proprietà della Fondazione, d’intesa con la Facoltà di Agraria dell’Università. È stato proprio Italo Počkaj, in una seduta del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Omar, ad avanzare questa proposta accolta con entusiasmo da tutti, presidente e consiglieri. L’ing. Gianfredo Comazzi tra i “Novaresi dell’anno” Nel quadro delle celebrazioni patronali, sono stati nominati novaresi dell’anno 2007: l’ing. Gianfredo Comazzi, imprenditore, presidente della Metro Com Engineering e della Camera di Commercio di Novara; il dott. Gigi Santoro, giornalista, direttore di Altaitalia TV, conduttore di importanti trasmissioni culturali su “Radio Azzurra”; il sig. Andrea Lebra, presidente dell’associazione “Liberazione e Speranza” onlus contro lo sfruttamento sessuale e per il sostegno delle donne che si sottraggono alla violenza ed al condizionamento dei criminali dediti allo sfruttamento. Sono questi i rappresentanti del mondo dell’industria, della comunicazione e del volontariato. Con particolare compiacimento segnaliamo la nomina dell’ing. Gianfredo Comazzi presidente in carica della C.C.I.A.A. di Novara sempre vicina all’Omar e sponsor delle manifestazioni dell’Associazione Omaristi. È morto l’ing. Giuseppe Ferrari Il 19 gennaio 2007 si è spento l’omarista ing. Giuseppe Ferrari all’età di 61 anni. Lascia la moglie Federica e le figlie Anastasia e Margherita. Era vice presidente e amministratore delegato della Comoli Ferrari & C. S.p.A., la nota azienda leader nella distribuzione di materiale elettrico, fondata nel 1929 dal padre Cav. di Gran Croce Paolo Ferrari, pure omarista. Della Comoli Ferrari la madre sig.ra Marisa Bignoli (91 anni) è presidente ed il fratello ing. Giampaolo (anch’egli omarista) è l’altro amministratore delegato. La Comoli Ferrari conta oggi 500 dipendenti e 47 filiali in Piemonte, Liguria e Lombardia. Per le sue grandi doti umane e professionali, l’ing. Giuseppe Ferrari tendeva a stabilire con i suoi collaboratori un rapporto personale quasi familiare che andava oltre il semplice vincolo di lavoro. Giuseppe Ferrari era anche membro del consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Novara S.p.A. ed è stato presidente del Lions Club Novara Host. La famiglia Ferrari è molto nota a Novara specialmente per l’impegno nel campo della beneficenza e della solidarietà. È sempre stata presente, con signorile discrezione, in tutte le iniziative assistenziali, non ultima la campagna di ricostruzione del sud est asiatico devastato dallo tsunami. Il cordoglio della città per la scomparsa dell’ing. Giuseppe Ferrari è attestato dalla grande partecipazione al funerale. Gli omaristi partecipano al lutto della famiglia. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 35 nuovo Fondazione Omar Assegnato il “Premio Fondazione Omar” Come da programma, con apposita cerimonia durante l’“Omar Day” del 2 dicembre 2006, è stato assegnato, per la prima volta, il “Premio Fondazione Omar” di 2000 euro all’alunno SMEDILE PAOLO della classe 2 A che nell’anno scolastico 2005-6 ha conseguito la bellissima media del 9,45. L’origine e le finalità del premio in argomento sono già state illustrate sulla nostra rivista n. 15 del maggio 2005 a pag. 32. È stato però lievemente modificato il bando/regolamento, la cui nuova versione viene qui di seguito riportata. Il premio verrà ripetuto e, possibilmente, esteso. PREMIO FONDAZIONE OMAR La Fondazione Omar istituisce, a partire dall’anno scolastico 2005-6, un premio da attribuire ad uno studente dell’I.T.I. Omar individuato in base a criteri di merito in relazione al profitto scolastico, comportamento, applicazione nelle varie discipline ed in virtù del proprio impegno nel sociale, volontariato, sport, attività culturali e comunque meritevoli di apprezzamento. L’istituzione del riconoscimento avviene in relazione ai fini istituzionali della Fondazione ed in collaborazione con l’I.T.I. Omar al fine della promozione e del sostegno dell’opera formativa proprie delle citate Istituzioni nonché per ribadire ed accentuare il valore della formazione scolastica, rientrante tra gli scopi che da sempre la Fondazione promuove e valorizza. Oggetto Oggetto del concorso è l’individuazione di uno studente che sia in possesso di qualità intellettive, 36 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X pratiche, meritevoli di menzione per i risultati conseguiti a livello scolastico, o nell’ambito del proprio impegno sociale, culturale e sportivo. In presenza di curricula analoghi verrà presa in considerazione la condizione reddituale della famiglia dell’alunno segnalato. Premio Il premio consiste nel conferimento di assegno di importo pari a euro 2000 per sostenere le scelte professionali dello studente. Partecipanti Sono considerati partecipanti di diritto gli studenti dell’I.T.I. Omar. Il Dirigente Scolastico dell’Istituto Omar potrà procedere alla segnalazione di alunni particolarmente meritevoli entro il 30 settembre di ogni anno inviando i nominativi e le motivazioni alla Commissione aggiudicatrice. Eventuali deroghe dal presente bando, nell’individuazione del vincitore, potranno essere assunte dalla Commissione aggiudicatrice previa delibera motivata da prendersi a maggioranza. Commissione La Commissione verrà nominata annualmente dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione Omar e sarà composta da cinque membri tra i quali il Presidente della Fondazione, il Dirigente scolastico dell’Istituto Omar, il Presidente dell’Associazione Omaristi e due membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Omar. Assegnazione Il premio verrà assegnato in un’apposita cerimonia in occasione dell’annuale “Omar Day”. Fondazione Omar - Economia Le novità fiscali della legge finanziaria per il 2007 Studio Manfredini e Baron dottori commercialisti e revisori contabili, in collaborazione con Associazione Dottori Commercialisti di Milano e Gruppo di Studio - Eutekne “manovra finanziaria” per il 2007 era stimata in circa 33,4 miliardi di euro. Nel corso dell’iter di approvazione parlamentare, l’ammontare della “manovra” per il 2007, per effetto sia delle modifiche apportate al DL 262/2006 che di quelle al disegno di legge Finanziaria 2007, è aumentato a circa 34,7 miliardi di euro. 1. Premessa La “manovra finanziaria” per il 2007 è costituita: • dal DL 3.10.2006 n. 262 convertito nella L. 24.11.2006 n. 286, che contiene le disposizioni fiscali e finanziarie di maggiore urgenza, anche ai fini della correzione dell’andamento dei conti pubblici per il 2006; • dalla L. 27.12.2006 n. 296 (legge Finanziaria 2007), che contiene i dati di bilancio per il 2007 ed ulteriori disposizioni di finanza pubblica, anche di carattere fiscale; • da un disegno di legge “collegato”, che contiene alcune deleghe al Governo per la riforma del sistema fiscale statale. Per la conversione del DL 3.10.2006 n. 262 e l’approvazione della L. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) si è fatto ampio ricorso a votazioni di fiducia, al fine di far decadere i numerosi emendamenti presentati nel corso dei lavori parlamentari. Peraltro, i citati provvedimenti hanno comunque subito nel corso del loro iter di conversione o approvazione notevoli modifiche ed integrazioni, ad opera di maxi-emendamenti presentati dallo stesso Governo, approvati con i suddetti voti di fiducia. Inoltre, l’esigenza di conversione in legge del DL 3.10.2006 n. 262 nel termine di 60 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha reso necessario intervenire con la successiva L. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) al fine di apportare ulteriori modifiche ed integrazioni ad alcune sue disposizioni. Anche la suddetta L. 27.12.2006 n. 296 ha già subito alcune modifiche ad opera del DL 27.12.2006 n. 299, prima ancora della sua entrata in vigore. 1.1 Ammontare della “manovra” Sulla base della versione originaria del DL 262/2006 e del disegno di legge Finanziaria 2007, approvati dal Consiglio dei Ministri del 29.9.2006, la La principale componente della “manovra finanziaria” per il 2007 è costituita da circa 15,2 miliardi di euro di correzione del deficit, al fine di: • raggiungere il rapporto del 2,8% tra deficit e PIL 2007, rispetto al 4,8% previsto per il 2006; • diminuire il rapporto debito/PIL del 2007 al 106,9%, rispetto al 107,6% previsto per il 2006; • ricostituire un avanzo primario del bilancio dello Stato, pari al 2% nel 2007, rispetto al –0,3% previsto per l’anno in corso. 1.2 Finalità della “manovra” Come evidenziato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge Finanziaria 2007, le finalità della “manovra” sono, in sintesi, le seguenti: • risanamento strutturale della finanza pubblica; • rilancio sostenibile della crescita economica; • equità sociale e protezione degli strati sociali più deboli; • maggiore efficienza della spesa pubblica. 2. Il “collegato fiscale” Il DL 3.10.2006 n. 262, contenente “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, c.d. “decreto collegato” alla legge Finanziaria 2007: • è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 29.9.2006; • è stato pubblicato sulla G.U. 3.10.2006 n. 230; • è stato approvato dalla Camera dei Deputati, in prima lettura, il 27.10.2006, con votazione di fiducia sulle numerose modifiche ed integrazioni contenute nel maxi-emendamento presentato dal Governo; • è stato definitivamente approvato dal Senato, in seconda lettura, il 23.11.2006, senza votazione di fiducia. Il testo del DL 3.10.2006 n. 262, coordinato con le modifiche apportate in sede di conversione, e la relativa legge di conversione 24.11.2006 n. 286 sono stati pubblicati sul S.O. n. 223/L alla G.U. 28.11.2006 n. 277. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 37 nuovo 2.1 Struttura del provvedimento Il DL 3.10.2006 n. 262 era originariamente costituito da 48 articoli suddivisi in 11 Capi. In sede di conversione in legge, per effetto del maxi-emendamento presentato dal Governo e approvato dalla Camera dei Deputati: • gli articoli del DL 262/2006 sono stati ridotti a tre, in particolare: • – l’art. 1, che riprende, con alcune modifiche ed integrazioni, il testo originario del provvedi-mento; • – l’art. 2, composto da 181 commi, con il quale sono stati accorpati, con modifiche e soppressioni di norme, gli originari artt. 2 - 47; •– l’art. 48, relativo all’entrata in vigore, rimasto invariato; • è stata abolita la suddetta suddivisione in Capi. 2.2 Entrata in vigore e decorrenze Il DL 3.10.2006 n. 262 è entrato in vigore il 3.10.2006, giorno stesso della sua pubblicazione sulla G.U. (art. 48). In generale, le modifiche apportate in sede di conversione del DL 262/2006 sono entrate in vigore il 29.11.2006, giorno successivo a quello di pubblicazione sulla G.U. della L. 24.11.2006 n. 286 (art. 1 co. 3). Peraltro, per numerose disposizioni sono previste specifiche decorrenze e particolari regimi transitori. 2.3 Prime modifiche ed integrazioni Il DL 3.10.2006 n. 262, convertito nella L. 24.11.2006 n. 286, è stato oggetto delle prime modifiche ed integrazioni ad opera della L. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007). 2.4 Primi chiarimenti ufficiali Alcuni chiarimenti ufficiali relativi alle disposizioni originarie contenute nel DL 3.10.2006 n. 262 sono rinvenibili nella relazione governativa di accompagnamento al provvedimento. Successivamente sono state emanate: • la nota dell’Agenzia delle Dogane 4.10.2006 n. 3440/V, riguardante le novità in materia di accise; • il messaggio INPS 8.11.2006 n. 29851, in materia di ripristino, per l’anno 2006, della “no tax area” nei confronti dei soggetti non residenti (art. 2 co. 24); • la circolare INPS 14.11.2006 n. 131, in materia di agevolazioni per il pagamento rateizzato dei contributi da parte delle aziende in crisi per effetto dell’influenza aviaria (art. 2 co. 116); • la circolare dell’Agenzia delle Entrate 21.11.2006 n. 34, in materia di determinazione degli acconti IRES e IRAP relativi al periodo d’imposta in corso al 4.7.2006; • la circolare INPS 22.12.2006 n. 153, in materia di conguagli contributivi di fine anno, alla luce, in particolare, della nuova disciplina delle stock option (art. 2 co. 29); 38 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X • la nota dell’Agenzia delle Dogane 27.12.2006 n. 4428/V, in materia di estensione al settore della distribuzione commerciale delle agevolazioni ai fini delle accise sul gas metano, previste per gli usi industriali (art. 2 co. 73); • la nota dell’Agenzia delle Dogane 27.12.2006 n. 4595/V, in materia di variazioni dell’accisa sul gasolio utilizzato come carburante e di modalità di rimborso dei maggiori oneri in capo agli autotrasportatori (art. 2 co. 57 e 58); • la nota dell’Agenzia delle Dogane 28.12.2006 n. 7521, in materia di depositi doganali e fiscali ai fini IVA e accise (art. 1 co. 2). In relazione alle disposizioni del DL 3.10.2006 n. 262, sia nella versione originaria che in seguito alla sua conversione nella L. 24.11.2006 n. 286, l’Assonime ha fornito alcuni chiarimenti con: • la circolare 16.10.2006 n. 41, in materia di accise; • la circolare 28.11.2006 n. 53, in materia di acconti IRES e IRAP. 2.5 Provvedimenti attuativi Il DL 3.10.2006 n. 262, convertito nella L. 24.11.2006 n. 286, prevede l’emanazione di numerosi provvedimenti attuativi. Finora sono stati emanati: • il provvedimento dell’Agenzia del Territorio 12.10.2006, in materia di modalità di esecuzione delle visure catastali; • il DM 17.11.2006, in materia di aggio dovuto dal debitore in caso di pagamento della cartella entro 60 giorni dalla notifica; • il provvedimento dell’Agenzia del Territorio 29.12.2006, in materia di modalità tecniche ed operative di interscambio dei dati e di cooperazione per l’aggiornamento del Catasto nell’ambito delle dichiarazioni relative all’uso del suolo per l’erogazione dei contributi agricoli (art. 2 co. 33 - 35). 3. La legge finanziaria per il 2007 In data 29.9.2006, il Consiglio dei Ministri ha approvato anche il disegno di legge rubricato “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”. Il disegno di legge Finanziaria 2007 è stato approvato: • in prima lettura, dalla Camera dei Deputati, il 19.11.2006, con votazione di fiducia sulle numerose modifiche ed integrazioni contenute nel primo maxi-emendamento presentato dal Governo; • in seconda lettura, dal Senato, il 15.12.2006, con votazione di fiducia sulle numerose modifiche ed integrazioni contenute nel secondo maxi-emendamento presentato dal Governo; • in terza e definitiva lettura, dal Senato, il 21.12.2006, con ulteriore votazione di fiducia. La legge Finanziaria 2007, approvata definitiva- mente il 21.12.2006, è stata pubblicata sul S.O. n. 244/L alla G.U. 27.12.2006 n. 299, come L. 27.12.2006 n. 296. 3.1 Struttura del provvedimento Il disegno di legge Finanziaria 2007 era originariamente costituito da 217 articoli, suddivisi in 5 Titoli, a loro volta eventualmente suddivisi in Capi. A seguito del primo maxi-emendamento presentato dal Governo alla Camera dei Deputati e sottoposto a votazione di fiducia, il testo del Ddl. Finanziaria 2007 è diventato composto da 18 articoli, di cui l’ultimo suddiviso in 810 commi. Per effetto del secondo maxi-emendamento presentato dal Governo al Senato, il testo del Ddl. Finanziaria 2007 approvato definitivamente: • risulta costituito da un unico articolo, suddiviso in 1364 commi; • non contiene più alcuna suddivisione in Titoli e Capi. 3.2 Entrata in vigore e le decorrenze La L. 27.12.2006 n. 296 è entrata in vigore l’1.1.2007 (art. 1 co. 1364). • la nota del Ministero del Lavoro 4.1.2007 prot. n. 13/Segr/0000440, in materia di comunicazione al Centro per l’impiego dell’instaurazione, trasformazio-ne e cessazione dei rapporti di lavoro (co. 1180 - 1185); • le risposte diramate dal Ministero del Lavoro il 4.1.2007, in materia di trasferimento del trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti (TFR) ai fondi pensione (co. 749 - 753). 3.5 Provvedimenti attuativi La L. 27.12.2006 n. 296 prevede l’emanazione di 370 provvedimenti attuativi, la maggior parte dei quali ad opera del Ministero dell’Economia e delle finanze, dei quali solo per 144 è previsto un termine per la loro emanazione. Finora è stato emanato il DM 2.1.2007, in materia di rimozione dei casi di offerta illegale, attraverso le reti telematiche, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro (co. 50 51). 4. Il disegno di legge delega 3.4 Primi chiarimenti ufficiali Alcuni chiarimenti sulle nuove disposizioni, ove non introdotte o modificate nel corso dell’iter parlamentare, sono rinvenibili nella relazione governativa di accompagnamento al Ddl. Finanziaria 2007 approvato dal Consiglio dei Ministri il 29.9.2006. In data 29.9.2006, il Consiglio dei Ministri ha approvato anche un disegno di legge, “collegato” alla legge Finanziaria 2007, che delega il Governo ad emanare decreti legislativi in relazione alla: • riforma della tassazione delle rendite finanziarie; la delega deve essere esercitata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge; • riforma della riscossione; la delega deve essere esercitata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge; • riforma dell’accertamento; la delega deve essere esercitata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge; • revisione del catasto; la delega deve essere esercitata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge; • redazione di testi unici in materia di tributi statali; la delega deve essere esercitata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge. Dopo la pubblicazione sulla G.U. della L. 27.12.2006 n. 296 sono state emanate: • la circolare dell’Agenzia delle Entrate 29.12.2006 n. 37, in materia di applicazione del “reverse charge” nel settore dell’edilizia (co. 44); • la nota dell’Agenzia delle Dogane 29.12.2006 n. 4622/V, riguardante le novità in materia di accise; • la nota dell’Agenzia del Territorio 29.12.2006 n. 93771, in materia di riutilizzo commerciale dei dati ipotecari e catastali (co. 385 - 386); • la circolare INPS 3.1.2006 n. 3, in materia di rinnovo delle pensioni per l’anno 2007, alla luce della riforma dell’IRPEF e degli assegni al nucleo familiare (co. 6 - 11); La riforma dell’imposizione sulle rendite finanziarie (redditi di capitale, redditi diversi di natura finanziaria, gestioni individuali e collettive di patrimoni) dovrà avvenire secondo i seguenti principali criteri: • previsione di un’aliquota unica, per evitare segmentazione del mercato, non superiore al 20%; • conferma delle disposizioni vigenti che prevedono l’esenzione o la non imponibilità dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria; • previsione di misure compensative per i contribuenti a basso reddito; • coordinamento con le norme del TUIR in materia di dividendi e plusvalenze; • previsione di un apposito regime transitorio. Peraltro, per numerose disposizioni sono previste specifiche decorrenze e particolari regimi transitori. 3.3 Prime modifiche ed integrazioni La L. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) è stata modificata, anteriormente alla sua entrata in vigore, per effetto del DL 27.12.2006 n. 299. La modifica consiste nell’abrogazione del co. 1343, riguardante la riduzione dei termini di prescrizione del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno per responsabilità amministrativa (c.d. “condono per danno erariale”). n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 39 nuovo Notizie dall’industria Autoflow: il bilanciamento automatico dei circuiti Dott. Ing. Claudio Ardizzoia Caleffi S.p.A. Fontaneto d’Agogna (NO) S.R. 229 n. 25 Il bilanciamento dei circuiti I moderni impianti di climatizzazione devono garantire elevato comfort termico e basso consumo di energia. Per poter far questo occorre alimentare i terminali degli impianti con le corrette portate di progetto e realizzare quindi circuiti idraulici bilanciati. Circuito non bilanciato Nel caso di circuito non bilanciato, lo squilibrio idraulico tra i terminali crea zone con temperature non uniformi, con problemi di comfort termico e maggior consumo energetico. Circuito bilanciato con valvole manuali Tradizionalmente i circuiti idraulici vengono bilanciati mediante delle valvole di taratura manuale. Con questi dispositivi di tipo statico, tali circuiti sono difficili da equilibrare perfettamente e presentano dei limiti di funzionamento nel caso di chiusura parziale per intervento delle valvole di regolazione. La portata sui circuiti aperti non rimane al valore nominale. 40 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno IX I dispositivi Autoflow Funzione Il dispositivo AUTOFLOW deve garantire una portata costante al variare della sua pressione differenziale tra monte e valle. Occorre quindi fare riferimento al diagramma ∆p - portate e ad uno schema di base che ne evidenzino le modalità di funzionamento e l’andamento delle variabili in gioco. Principio di funzionamento L’elemento regolatore di questi dispositivi è composto da un pistone e da un cilindro che presenta, quali sezioni di passaggio del fluido, delle aperture laterali, parte a geometria fissa e parte variabile. Queste aperture sono controllate dal movimento del pistone, sul quale agisce la spinta del fluido. Il contrasto a tale movimento è effettuato mediante una molla a spirale appositamente calibrata. Gli Autoflow sono regolatori automatici ad elevate prestazioni. Possono regolare le portate scelte con tolleranze molto contenute (circa il 10%) e consentono un campo di lavoro particolarmente ampio. Sotto il campo di lavoro In questo caso, il pistone di regolazione resta in equilibrio senza comprimere la molla e offre al fluido la massima sezione libera di passaggio. In pratica il pistone agisce come un regolatore fisso e, quindi, la portata che attraversa l’AUTOFLOW dipende solo dalla pressione differenziale. PORTATA G0 0,15 bar/15 kPa PRESSIONE 2,0 bar/200 kPa DIFFERENZIALE Kv0,01 = 0,258 · G0 Range ∆p 15÷200 kPa dove G0 = portata nominale Entro il campo di lavoro Se la pressione differenziale è compresa nel campo di lavoro, il pistone comprime la molla ed offre al fluido una sezione di libero passaggio tale da consentire il regolare flusso della portata nominale per cui l’AUTOFLOW è abilitato. Campo di lavoro 0,15 bar/15 kPa ∆p fine ∆p inizio PORTATA G0 PRESSIONE 2,0 bar/200 kPa DIFFERENZIALE Oltre il campo di lavoro In questo campo di lavoro, il pistone comprime completamente la molla e lascia solo l’apertura a geometria fissa come via di passaggio per il fluido. Come nel primo caso il pistone agisce da regolatore fisso. La portata che attraversa l’AUTOFLOW dipende, quindi, solo dalla pressione differenziale. PORTATA G0 0,15 bar/15 kPa PRESSIONE 2,0 bar/200 kPa DIFFERENZIALE Kv0,01 = 0,070 · G0 Range ∆p 15÷200 kPa dove G0 = portata nominale n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 41 nuovo Circuito bilanciato con Autoflow I dispositivi Autoflow sono in grado di bilanciare automaticamente il circuito idraulico, assicurando ad ogni terminale la portata di progetto. Anche nel caso di chiusura parziale del circuito per intervento delle valvole di regolazione, le portate sui circuiti aperti restano costanti al valore nominale. L’impianto garantisce sempre il miglior comfort ed il maggior risparmio energetico. Applicazioni degli Autoflow () Installazione Autoflow Negli impianti di climatizzazione i dispositivi Autoflow devono essere installati preferibilmente sulla tubazione di ritorno del circuito. Di seguito sono riportati degli esempi di installazione tipici. Per servire in linea più corpi scaldanti: radiatori, convettori, ventilconvettori, aerotermi, strisce, ecc. Per garantire le portate di progetto (sia a valvola aperta, sia a valvola chiusa) alle zone di un impianto. Per regolare la portata che fluisce in ogni colonna o in ogni derivazione secondaria di un impianto. 42 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X Per bilanciare i circuiti per distribuzione idrosanitaria. Per bilanciare i circuiti che servono le unità di trattamento dell’aria. Per limitare la portata d’acqua calda erogabile nei sistemi a produzione istantanea o con limitate capacità. Per realizzare by-pass di equilibratura delle portate negli scambiatori di calore. Per servire in colonna più corpi scaldanti: radiatori, convettori, ventilconvettori; aerotermi, strisce, ecc. Per controllare la quantità d’acqua erogata e bilanciare i vari circuiti negli impianti d’irrigazione. Per consentire portate costanti (in ogni posizione della valvola) nei circuiti con regolazione climatica tradizionale. Per avere maggiori dettagli si consiglia di consultare le Schede Applicazione n. 04301, 04302 e 04303 e la Dispensa Tecnica “Il bilanciamento dinamico dei circuiti idronici”. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 43 nuovo Fondazione Tera Note sull’ascolto analitico di un paziente grave Antonio Filiberti * L’inconscio comunque lavora Questo capitolo esplora i fondamenti del lavorare in senso analitico con i pazienti colpiti da una patologia minacciante la loro stessa sopravvivenza. Come appunto introduttivo, è importante sottolineare che l’esperienza clinica di coloro che hanno lavorato con pazienti che si sentono vicino alla fine della loro vita, insegna che profonde trasformazioni del sé sono possibili e anche frequenti senza la necessità di lunghe analisi, come emerge dall’esperienza clinica di molti autori tra i quali de Hennezell, Filiberti e Viderman (8, 10, 25). Il dover far fronte alla percezione che la vita sta per concludersi, favorisce, come de Hennezell insegna, processi dissociativi, che se da un lato permettono alla persona morente di pensare a sé come non malata, di avere tempo davanti a sé che l’attende e quindi, per esempio, di fare piani futuri, dall’altro inesorabilmente la spingono a prendere coscienza della ineluttabilità dell’evento ultimo del proprio ciclo di vita. Fondamentale nel lavoro clinico con questi pazienti è il non lasciarli soli in quel cammino che devono inevitabilmente compiere verso la meta agognata, che non potendo essere la guarigione, è il sapere significare l’esperienza vissuta. È stata soprattutto la psicologia analitica, a mio parere, a cogliere la vitalità della vita psichica della persona morente. Come Jung (14) aveva sottolineato in Anima e Morte del ’34, la persona umana continua ad interrogarsi in modo spontaneo sul senso e sulla fine della vita. La psiche, accogliendo il discorso junghiano, nella imminenza della morte sembra offrire attraverso il mondo rappresentazionale, in particolare quello onirico, la possibilità di interagire con questo evento limite, in termini concreti come avvicinarsi ed accogliere la morte. Maria Wuel (27), una terapeuta junghiana, offre un esempio, di quale polisemia vi sia nei sogni e nelle fantasie di una donna morente e di quanta ricchezza questi sogni donino alla relazione terapeutica, quando entrambi, (*) Dr. Antonio Filiberti, Direttore Servizio di Psicologia, ASL 14 VCO Omegna, Referente Psico-Oncologia del Polo oncologico Piemonte Orientale, Psicoanalista, membro Isipsé, Milano. Fondazione TERA. 44 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X terapeuta e paziente, attingono alla ricchezza generata dall’inconscio. von Frantz (26), anche essa autrice junghiana, raccogliendo l’attività onirica di persone vicine alla morte, rivelava l’esistenza di una attività simbolica tipica di processi di trasformazione. Von Frantz sostiene, che sebbene la morte sia vicina il processo di individuazione continua, questo al di là del linguaggio junghiano, significa sostenere l’ipotesi della presenza nella persona morente di una intensa esigenza trasformativa che si concretizza in un desiderio di abbandonare antichi autoinganni e antiche illusioni per trovare soluzioni adattive e significati alla realtà che stanno vivendo. Mi pare importante ricordare che una analoga spinta verso un processo trasformativo è stata osservata nelle persone anziane. Zoja (29), usando una metafora suggestiva, parla di tematiche riassuntive per descrivere questa urgenza integrativa nell’anziano. Intersoggettività In questo lavoro incontri una persona che racconta la sua vita, che si confronta con l’inevitabile domanda del “perché a me”, del senso che hanno la vita e la morte, incontri una persona che cerca nello sguardo dell’altro una risposta che sa che non potrà trovare che dentro di sé, ma che non può e non vuole essere solo in questa ricerca. Il lavorare con persone che sentono loro sfuggire la vita rende quanto mai reale, almeno per me, l’insegnamento di Stern (24), che nel proporre l’intersoggettività come sistema motivazionale di base, afferma che nella ricerca di un aiuto psicoterapico il paziente è spinto dal desiderio di essere riconosciuto ed accettato per quello che sente di essere e di raggiungere un contatto intersoggettivo con un altro essere umano. Maria de Hennezell (8), a mio parere, meglio di tutti noi, sa raccontare la sua esperienza umana e clinica di incontro con persone morenti e di come molti dei pazienti ricoverati nella unità di cure palliative, nella quale de Hennezell opera come psicologa, di ispirazione junghiana, ritrovano la forza per affrontare con dignità, senso e accettazione le ultime fasi del loro ciclo di vita. Anche Kubler Ross (17), che è considerata una, se non la più importante studiosa dei movimenti psichici del morente, osservava in quasi tutti i suoi pazienti, a riprova della realtà di quanto scritto fin qui, la presenza di questo spontaneo lavoro psichico che avviene nel mondo interno della persona umana ammalata, lavoro finalizzato a significare l’evento ultimo della vita. A riprova della forza di questa istanza intersoggettiva, Kubler Ross scriveva che, a suo giudizio, solo il 2% dei pazienti che aveva accompagnato alla morte non volevano condividere con nessuno i pensieri, le emozioni che provavano nella imminenza della loro morte. Il morente cerca l’altro. La relazione con l’altro diventa la via per cercare di regolare l’angoscia della morte, condizione psichica necessaria perché si raggiunga quella posizione di accettazione e significazione dell’evento ultimo della vita che Kubler Ross descrive a partire dalla sua esperienza clinica. Dunque partecipazione, relazione, intersoggettività sono parole chiavi che definiscono il lavoro con questi pazienti. Altra parola chiave è narrazione. L’antropologia medica (15) ha messo in evidenza l’importanza del ricorso alla narrazione, anche perché attraverso questo raccontare il paziente cerca quel senso che gli permetterà di sentire una sorta di immortalità simbolica (19). Quando le persone si ammalano rivelano una tendenza a raccontare storie sulla loro malattia e sulla loro vita. Questa personale narrazione non riflette oggettivamente l’esperienza di malattia, ma si rivela efficace nel dare senso ai sintomi della sofferenza provata e ad integrare l’esperienza vissuta, per quanto dolorosa possa essere nella propria biografia. Elemento fondamentale di questo lavoro, è il riconoscere che la costruzione di questa storia inevitabilmente richiede la presenza dell’altro, altro che sia motivato e capace di stabilire una relazione empatica con la persona che deve compiere un simile cammino. Questo rende, come ha ben spiegato Stern (24) la costruzione inevitabilmente una co-costruzione, una costruzione di senso che deve essere fatta in due, cioè da terapeuta e paziente. La progressione di malattia inevitabilmente espone la persona alla angoscia della morte, angoscia sulla cui potenzialità devastante per la mente umana si era già espresso Freud nel 1911 (12), come ci ricorda Zapparoli (28). Anche se occorre dire che Freud non sviluppò mai quella linea di pensiero che vede nell’angoscia di morire un fattore potenzialmente devastante la vita mentale della persona umana. Nel 1911 aveva osservato che il senso di persecuzione può fornire a certi pazienti quella causalità di cui hanno bisogno per non avvertire l’angoscia legata al senso di accidentalità della vita. Per inciso, anche Searles (23) considera la convinzione di immortalità una costante delle produzioni psicotiche. Ma Freud, giungendo a definire la morte come una pulsione distruttiva, ne impoveriva la valenza simbolica, togliendole quella potenzialità generativa che, come scritto, la psicologia analitica le riconosce. L’impossibilità per Freud di cogliere la vitalità del mondo simbolico intorno alla morte e alla attività creativa da essa generata, giungeva anche dal vedere nell’inconscio un luogo di paure ed angosce rimosse e non anche un luogo che contiene risorse e potenzialità per trovare soluzioni creative anche per le condizioni più avverse della vita. Esposti al terrore catastrofico della angoscia della morte, terrore annientante le capacità di pensiero, la persona morente cerca un dialogo con il mistero del dolore e della morte. Il dolore e la disperazione innescati dal prendere coscienza della caducità della vita attivano un’ansia epistemofilica che ci spinge alla esplorazione di domini di natura spirituale. Ci poniamo così delle domande che per quanto siano l’esito di un volgersi introspettivo, necessitano di essere riconosciute all’interno di una relazione con una presenza significativa. Mitterand rivelava di aver sentito il bisogno di un incontro significativo (nel suo caso l’altro fu un noto filosofo cattolico) che lo accompagnasse in una esplorazione, che per lui era divenuta urgenza primaria, intorno a tematiche inerenti la vita, la morte, il religioso. Al tramonto della sua esistenza, Mitterand scriveva che la morte gli appariva come una possibilità per divenire ciò che era destinato a diventare; la morte veniva descritta da un morente come possibile compimento di sé. Questa testimonianza ha anche un elevato valore clinico, in quanto indicante come l’altro debba essere presenza decisiva affinché una persona possa continuare quel cammino che lo aiuterà a dare un senso alla esperienza vissuta, qualunque essa sia. Voglio solo accennare che gli attuali sviluppi dell’Infant Research (4) individuano nel sentirsi riconosciuti, accettati ed accolti dall’altro uno dei bisogni primari dell’uomo e che una realizzazione autentica di sé non può che attuarsi nella alterità. Mi sembra rilevante ricordare che questa impostazione psicologica che definisce la mente come relazionale trova, e nel contempo dà, un fondamento a quelle riflessioni antropologiche che vedono nella persona umana un essere strutturalmente relazionale, che è ontologicamente un comunicatore, soggetto di comunione, in altri termini una persona esiste come realtà che si riferisce ad altra persona (19). A tal riguardo anche Martin Buber (7) aveva ipotizzato l’esistenza di un istinto alla comunione, ovvero il bisogno di entrare in una relazione di mutualità. In termini psicoterapici ne deriva che fondamentale è l’adozione di un dispositivo relazionale non fondato in termini epistemologici sulla sola interpretazione, ma che privilegi come fattore terapeutico, aiutante, la relazione, l’esserci. Mi riferisco a quel modo di vedere la relazione clinica che vede nella reciproca, di paziente e terapeuta, capacità di creare un campo intersoggettivo il fattore che favorisce un avanzamento terapeutico. In questo senso, voglio ricordare che anche nelle analisi di soggetti nevrotici, il fattore terapeutico non viene più visto nelle sole interpretazioni che svelano irrisolti ed inconsci conflitti infantili, ma come ha dimostrato il lavoro del Boston Change Process Study Group (6), l’avanzamento terapeutico è legato anche se non soprattutto a variazioni nella sfera implicita della relazione clinica. Regressione o ricerca di senso? Una malattia mortale, quando evoca fantasie angosciose di fine della vita, sentimenti di impotenza e di estrema fragilità, spinge inevitabilmente il paziente a cercare nuovi modi di organizzare l’esperienza. Druss (9), uno psicoanalista americano, emblematicamente riferisce di una paziente narcisista affetta da linfoma, che a partire dalla esperienza catastrofica della malattia chiede aiuto (psicoterapico psicoanalitico) per non sentirsi sola nella ricerca di una nuova relazione con sé e con gli altri. Le ferite corporee dovute alla malattia e alle terapie e quelle n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 45 nuovo psichiche (il senso di impotenza) conseguenza dell’improvvisa scoperta della fragilità dell’esistere, avevano minato in modo definitivo l’edificio narcisistico della sua personalità e reso inefficaci le antiche certezze dell’Io e gli antichi valori a dare senso e guida alla sua attuale vita. Questa paziente, trovandosi nell’impossibilità di vivere e pensare come aveva sempre vissuto e pensato, colmava questa perdita trovando all’interno di una relazione con l’altro (in questo caso uno psicoterapeuta) altri modi di pensiero e altri valori non più orientati a superficialismi estetici ma capaci di lastricare vie significanti l’esperienza vissuta. Per questa donna era divenuto rilevante più che guardare nell’armadio alla affannosa ricerca di quale vestito indossare, volgere lo sguardo verso l’armadio interno (la mente, l’anima) per vedere se questo era fornito di vestiti (valori) che permettessero di mantenere viva non la capacità di apparire e sedurre ma quella di pensare e significare ciò che stava esperendo. Questa breve vignetta clinica rivela di come sia devastante l’irruzione di una patologia oncologica nella vita dei pazienti sia per le limitazioni reali che il tumore con i relativi trattamenti impone agli abituali ruoli (una mia paziente consulente finanziaria mi parla di quanto sia per lei psicologicamente difficile svolgere il suo lavoro che richiede tempo futuro), sia per le fantasie angosciose evocate dalla presenza della malattia. In questa situazione possono comparire bisogni come quello di protezione, di dipendenza che sebbene, anche in ambito psico-oncologico siano stati giudicati come regressivi, in sintonia con una teoria psicoanalitica classica (25), in realtà, a mio parere, non solo non sono segno di regressione, ma indicano, se siamo capaci di ascoltarli, la via che il paziente ci chiede di percorrere assieme a lui. Una modalità clinica e relazionale che rispetta a fondo i bisogni del paziente è quella di offrirgli la possibilità di sperimentare intensi legami emotivi, mi riferisco al concetto di oggetto-sé di Kohut, (16) di attaccamento che diano la speranza che sia possibile dare senso a ciò che sperimentiamo. Questo lavoro, che trova nella psicologia del sé e nei teorici dell’attaccamento i suoi riferimenti, si fonda sull’idea che gli esseri umani hanno una tendenza a formare legami emotivi per tutta la vita dal bambino piccolissimo fino alla morte. Il non considerare all’interno del lavoro clinico questa naturale tendenza dell’uomo è considerato un errore, oltre che da me, dai teorici della psicoanalisi relazionale. Per quanto riguarda i bisogni del paziente, mi pare importante ricordare Mitchell, (22) quando afferma che nella teoria psicoanalitica recente, con il passaggio dalla teoria pulsionale a quella relazionale, l’accento si è spostato dalla introspezione e dalla rinuncia ai desideri infantili allo sviluppo dell’autenticità e del significato (2). Sull’accettazione del limite Vi sono analisi che non possono finire, dove rimane sempre qualcosa in sospeso. Sospeso dal paziente, perché è troppo faticosa per lui la via che conduce all’obbiettivo sperato, che non è il semplice 46 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X miglioramento sintomatologico ma una radicale modificazione della sua organizzazione di personalità che gli permetta di dare senso a ciò che sta affrontando, anche quando si tratta dell’ultima fase del suo ciclo di vita. Sospeso per il terapeuta, perché in fondo si ha sempre un senso di non realizzato, di un termine della psicoterapia che avviene in modo non concordato, di una fine non condivisa ma imposta da eventi violenti esterni. C’è così un senso di un percorso che non è stato pienamente concluso e che non ha condotto alla destinazione agognata, che è quello stato di accettazione non angosciosa della morte imminente della quale parla la Kubler Ross. Più frequente è nella mia esperienza incontrare la disperante rabbia o la disperazione depressiva, che si evidenzia in quella co-morbidità psicopatologica ampiamente documentata nella letteratura del morente (10, 11). Rabbia della quale ci da testimonianza anche Agostino (1) nel libro quarto delle Confessioni, per il lutto provato per la perdita di un caro amico. Un altro elemento che lastrica di difficoltà il percorso analitico con pazienti colpiti da grave malattia somatica, è la presenza della fatica fisica e mentale. Fatica fisica per la progressione di malattia, ma anche e soprattutto mentale e spirituale per dover affrontare il mistero del morire. Il confronto con la morte può far riaprire vecchie ferite psichiche e mettere in discussione i compromessi con i quali organizzavi la vita affettiva e relazionale i quali finiscono per rivelare la loro attuale debolezza e l’inefficacia. Un mio paziente, quando mi incontra per la prima volta mi parla del padre che poco prima di morire, gli dice che quel giorno che sta vivendo è il più bello della sua vita grazie al dono fattogli dal figlio (il mio paziente): l’aver terminato gli studi universitari. Questa scena è stata da noi usata come modello per dare inizio ad esplorazioni ed approfondimenti della esperienza della vita attuale di B e della sua motivazione ad un lavoro psicoterapico (18). Questo racconto così tragicamente umano è stato da noi usato per organizzare il materiale che emergeva dai nostri incontri. Percepito da entrambi i membri della diade terapeutica come un dono reciproco, perché B riconosceva che il padre gli testimoniava che si poteva affrontare la sofferenza con serenità, dopo un inizio di lavoro positivo e pur riconoscendo di avere stabilito una buona alleanza con il terapeuta, B dopo un anno di analisi, manifestava una forma di reazione terapeutica negativa iniziando a saltare qualche seduta, adducendo come motivazione la fatica fisica dovuta alle terapie che stava affrontando. B, oltre a saltare le sedute, si ritirava sempre di più dalle relazioni sociali, trascorrendo sempre più tempo isolato in casa. La fatica fisica era certamente presente sia per la progressione di malattia, tumore polmonare, che per le terapie somministrate, ma un elemento che teneva lontano B dalla terapia era anche il doversi confrontare con l’angoscia della morte. B lottava con sé stesso per non essere consapevole della malattia che l’aveva colpito e questo terrore, a mio parere, lo teneva lontano dall’analisi. Le sedute che precedevano l’assenza, B le riempiva raccontandomi le sue terapie farmacologiche. Seguendo la lezione freudiana (13), spesso si descrive la persona ammalata come narcisisticamente volta verso sé stessa, ma viene lecito dubitare se il disinvestimento relazionale operato sia la manifestazione di una delusa intenzionalità comunicativa, una risposta ad una mancata offerta relazionale (3) o l’esito di un fisiologico processo introspettivo. Interpretare la chiusura narcisistica di un malato grave (in senso somatico) come una posizione adattiva alla realtà che sta vivendo, potrebbe anche essere la conseguenza di un non considerare in modo attento sia la dinamica relazionale in atto che le sue rappresentazioni simbolico affettive. Se non raccogliamo i suoi accenni alla spiritualità, il paziente potrebbe reattivamente rinchiudersi su di sé in una solitudine che è stata descritta anche da malati che nella apparenza della realtà psicosociale erano circondati da persone impegnate ad assisterli. Ripensando a B non posso che cogliere una mia debolezza nell’aver voluto rispettare la sua paura e nel non aver voluto aggredire il suo edificio difensivo. Credo che B abbia sentito la mia paura, la mia insicurezza e che forse abbia lasciato la terapia perché in fondo si domandava che farsene di una analista che era troppo spaventato per poterlo accompagnare ad affrontare i tragici misteri che la fine della vita inevitabilmente pone all’uomo da sempre (5). Un caso per concludere I nostri pazienti ci insegnano quanto l’uomo in ogni fase del suo ciclo di vita sia orientato a ricercare l’altro. Il bisogno dell’altro è una eredità filogenetica, eredità che ci ha dotato di sistemi motivazionali che ci stimolano ad instaurare relazioni di attaccamento e affiliazione (4, 24). Questo lavoro sostiene che il bisogno dell’altro diventa ancor più drammaticamente vero ed intenso nell’ultima fase della nostra esistenza. L’altro, figura decisiva in ogni fase del ciclo di vita, diventa preziosa e decisiva presenza quando siamo chiamati ad affrontare l’immane compito di dare un senso all’esistenza nel momento in cui la sentiamo minacciata. Questa posizione contemporaneamente antropologica e psicologica inevitabilmente dà forma all’ascolto dei nostri pazienti. Una situazione clinica esemplifica come si possa lavorare più nella direzione della costruzione di una relazione che nella decodificazione di un messaggio inconscio. Questo è un modo di condurre una psicoterapia che pone attenzione non solo sui desideri consci e inconsci (enfasi sul conflitto, sul compromesso nella formazione dei sintomi) ma anche e soprattutto sui bisogni, inseguendo quella idea teorica e clinica sviluppata dalla psicologia del Sé che vede nella costruzione di un ambiente terapeutico capace di sintonizzarsi ed empatizzare con i più profondi bisogni del paziente la fonte del mantenimento di un senso forte, armonico e coeso di Sé. È un modo di lavorare che dà importanza primaria all’empatia, intesa come esperienza responsiva nella quale si prova a far sentire il paziente compreso dal suo punto di vista. “Cosa vuole dire vivere? Che significato hanno la vita, il dolore?” Sono domande che segnano l’inizio di una seduta successiva a quella nella quale una mia giovane paziente D aveva manifestato dubbi se continuare la psicoterapia. D ha trent’anni, è stata un anno fa operata di ca. polmonare e da allora, come conseguenza di questo tumore, è stata colpita da una patologia rara e grave quale è la sindrome di Cushing. D è madre di un bambino di due anni. Dopo questa domanda mi guarda in attesa di una risposta, non so se nella certezza o nella speranza che non verrà; in questo caso sentendosi impegnata in una relazione con un terapeuta che non la comprende potrà attuare i suoi desideri, abbandonarci con la nostra terapia, cosa che aveva fatto con precedenti terapeuti. Mi chiedo come ascoltare queste parole, come accoglierle e pensarle dentro la relazione terapeutica, dentro questa giovane paziente, dentro me stesso. I miei pensieri oscillano dal pensarle come una richiesta di aiuto, come una comunicazione di un compito impossibile che per questa giovane donna è capire che senso dare alla vita e che posto dare nella sua biografia alle esperienze di dolore vissute, come un segno di idealizzazione transferale perché mi pensa capace di darle una simile risposta, come un attacco alla alleanza terapeutica mascherato dalla impossibilità del compito richiestomi, come un segnale che non si sente compresa da me. Cercando di capire come poter aprire un canale di empatia con questa sofferenza che favorisca l’instaurarsi di una comunicazione che apra il campo alla esplorazione dei pensieri e degli affetti legati agli aspetti più sofferenti del Sé, decido di accogliere questa domanda, quasi gettata nell’ambulatorio dove ci incontriamo, spostando il mio intervento su un piano relazionale. Così le dico: “Forse, in questo momento è importante prima di cercare una risposta, cercare di rimanere assieme, di continuare a camminare assieme, credo che sia difficile, impossibile cercare una risposta da soli”. Il giorno dopo mi porta una lettera con preghiera che la legga e mi dice “sto bene, sono solo passata nella speranza che ci fosse, ci vediamo la prossima settimana, spero che legga questa lettera, adesso non voglio parlare di nulla, così spero che questo momento di serenità continui, parlando ho paura di rovinarlo…”. La lettera inizia così: “quando le persone sanno che sono stata ammalata di tumore scappano, come se fossi stata infetta o lo sia ancora…”. Tra le cose che avrei potuto dire, ciò che mi ha indirizzato a dire quanto detto, è il riconoscere che prima di ogni altra cosa una persona che soffre è tentata di isolarsi in una disperante solitudine e che per questo ha bisogno di sentirsi accettata, ascoltata con i suoi dubbi, le sue paure, le sue incertezze. Perché prima di cercare delle risposte, delle interpretazioni volte a stanare inconsce fantasie relative a irrisolti conflitti infantili, occorre creare una relazione con l’altro che soffre e forse questa è già la risposta che cerca colui che sta affrontando l’enigma del vivere e del morire. Massaglia (21) scrive, che davanti al dolore del bambino gravemente ammalato che dice di aver paura di morire, di non aver trovato risposta più adeguata del dichiarare la sua stessa paura di morire. Di rimando il bambino le dona prima uno sguardo di sorpresa, poi di un contatto che delinea la costruzione di uno spazio comune di pena rispetto alla umana precarietà e di sollievo rispetto alla possibilità di una comprensione reciproca. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 47 nuovo Bibliografia (1) AGOSTINO, Le Confessioni, Libro IV. (2) ARON L., Menti che si incontrano, Cortina, Milano, 2004. (3) BARALE F., FERRO A., Reazioni terapeutiche negative e microfratture della comunicazione analitica, in Nissim Momigliano L., Robutti A., (a cura), L’esperienza condivisa, Cortina, Milano, 1992. (4) BEEBE B., LACHMANN F., Infant research e trattamento degli adulti, Cortina, Milano, 2002. (5) BLONDEL M, L’action. Essai d’une critique de la vie et d’une science de la pratique, PUF, Paris, 1973. (6) BOSTON CHANGE PROCESS STUDY GOUP, Explicating the implicit. The interactive microprocess in the analytic situation, International J. Psychoanal, 83: 1051-062, 2003. (7) BUBER M., Il principio dialogico, Edizioni di Comunità, Milano, 1958. (8) DE HENNEZELL M., La mort intime, Editions Robert Laffont, Paris, 1995. (9) DRUSS R., Psychotherapy of a patient with a serious intercurrent medical illness (cancer), J. Akademy Psychoanal Ass., 1996; 16: 459-472. (10) FILIBERTI A., Angoscia di morte e spiritualità, in: La spiritualità nella sofferenza, FILIBERTI A., LUCAS LUCAS R. (a cura). Franco Angeli, Milano, 2006. (11) FILIBERTI A., Quando il nulla seduce, in: La qualità della morte, PINKUS L., FILIBERTI A., (a cura), Franco Angeli, Milano, 2002. (12) FREUD S., Introduzione al narcisismo, OSF, Vol. VII, Boringhieri, Torino. (13) FREUD S., 1911, Grande è la Diana Eresia, OSF, Vol. VI, Boringhier ,Torino. (14) JUNG C., Anima e Morte, Opere vol. 8, Boringhieri, Torino. 1976. (15) KLEINMAN A., The illness narrative, Basic Books, New York, 1988. 48 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X (16) KOHUT H., Forme e trasformazioni del narcisismo, in: La ricerca del sé, Bollati Boringhieri, Torino, 1970. (17) KUBLER ROSS E., La morte e il morire, Cittadella, Assisi, 1970. (18) LICHTENBERG J., LACHMANN, F., FOSSHAGE P., Il sé e i sistemi motivazionali, Astrolabio, Roma, 2000. (19) LIFTON B.J., Twentieth annual Karen Horney lectutre: the sense of immortality - on death and the continuity of life. Am J Psychoanal 33 3-15, 1973. (20) LUCAS LUCAS R., Antropologia e problemi bioetici, San Paolo, Milano, 2001. (21) MASSAGLIA P., Spiritualità nel bambino grave, in: La spiritualità nella sofferenza, Filiberti A., Lucas Lucas R. (a cura). Franco Angeli, Milano, 2006. (22) MITCHELL S., Il modello relazionale. Dall’attaccamento all’intersoggettività, Cortina, Milano, 2002. (23) SEARLES H., Scritti sulla schizofrenia, Boringhieri, Torino, 1974. (24) STERN D., Il momento presente, Cortina, Milano, 2005. (25) VIEDERMAN M., “The supportive relationship, the psychodinamic life narrative, and the dying patient”, in CHOCHINOW H., BREITBART W., Handbook of Psychiatry in Palliative Care, O.U.P., Oxford, 2000; 215-222. (26) VON FRANTZ M.L., La morte e i sogni, Boringhieri, Torino, 1986. (27) WUEL M., L’inconscio comunque lavora: i sogni del morente, in La qualità della morte, L. PINKUS, A. FILIBERTI (a cura), Franco Angeli, Milano, 2002. (28) ZAPPAROLI G., Ortotanasia, in: Vivere e morire, ZAPPAROLI G., SEGRE ADLER E., Milano: Feltrinelli, 1997. (29) ZOJA L., La pietra e la banana, in AAVV (a cura), Incontri con la morte, Cortina, Milano, 1984. Fondazione Tera « Nuvole Azzurre » un libro a cura della Fondazione Tera È fresco di stampa il libro «Nuvole Azzurre», a cura di Antonello Capone (Gazzetta dello Sport) e Claudio Pasquino. L’operazione fa parte dell’iniziativa “Adotta un ricercatore” promossa dalla Fondazione TERA al fine di raccogliere i fondi necessari per finanziare la ricerca scientifica. Le attività della Fondazione TERA sono centrate sulle applicazioni della fisica delle radiazioni sia alla diagnostica che alla terapia dei tumori. Partendo dalla ricerca scientifica più avanzata – come quella fatta al CERN, con cui TERA collabora fin dalla sua creazione – si tratta di costruire strumenti e sviluppare procedure che migliorino la durata e la qualità di vita dei malati, mai dimenticando la dimensione etica degli interventi che toccano intimamente l’uomo. «Nuvole Azzurre» tratta i successi della Nazionale di Calcio degli anni ’30 del secolo scorso, attraverso un’analisi del linguaggio scritto e visivo dei giornali dell’epoca. Un percorso accattivante lungo il quale Antonello Capone accompagna il lettore mettendo in rilievo particolari storici e stilistici. Il libro è arricchito dai commenti del prof. Ugo Amaldi, fisico di fama internazionale e presidente di TERA, di Daniele Cerrato, direttore di RAI TRE Leonardo, Andrea Olivero ed Alfredo Cucciniello delle ACLI, Miserendino giornalista sportivo del Corriere Medico e Gaudenzio Vanolo, segretario generale di TERA ed ideatore dell’iniziativa. Quale relazione tra questa attività di “Fisica Medica” e le «Nuvole Azzurre» degli anni trenta? Evidentemente la sfida ai propri limiti intellettuali e fisici, il rispetto di codici di condotta rigorosi, la necessità del lavoro di squadra, la capacità di confrontarsi a livello internazionale, l’impegno a non risparmiare fatica e tempo, le motivazioni non commerciali. Per merito dei ragazzi di via Panisperna negli anni delle «Nuvole Azzurre» si svolgeva a Roma una delle avventure intellettuali più significative di tutta la storia scientifica italiana. I tre anni che in questo libro cadenzano le leggendarie imprese del calcio italiano possono servire di traccia al ricordo di ciò che allora avvenne in campo scientifico. Il volume si avvale di 176 pagine nel formato 17x24, stampate a colori su carta patinata da 115 grammi e confezionate in cartonato. Il volume contiene oltre 80 foto d’epoca e verrà distribuito attraverso le ACLI e la catena degli sponsor. A fronte di una donazione di 15 euro potrà essere richiesto a questo numero telefonico: 0321 32000. Come contribuire alla ricerca scientifica della Fondazione TERA – – – – Banca Popolare di Novara, via Negroni 11 Novara - Cin: D ABI 05608 CAB 10100 c/c 000000010213 Postale 16088288 Intesa San Paolo, largo Cavour 1 Novara - Cin: ABI 01025 CAB 10100 c/c 100000102400 Banca Carige, Filiale di Novara - Cin: Q ABI 06175 CAB 10100 c/c 000000638480 Tutti intestati a: Fonazione per Adroterapia Oncologica TERA, via Puccini 11 – 28100 Novara. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 49 nuovo Fondazione CRT Progetto Diderot 2006/2007 Presentato all’ITI Omar il 29 settembre 2006 Introduzione al progetto DIDEROT 2006 / 2007 La Fondazione CRT ha realizzato il progetto “Diderot” per offrire agli studenti di tutte le scuole del Piemonte e della Valle d’Aosta l’opportunità di conoscere ed avvicinarsi al mondo della musica classica, dell’arte, della cultura, delle scienze e dell’attualità. Il progetto si articola in lezioni e corsi, destinati agli studenti delle scuole primarie e secondarie, grazie ai quali i ragazzi potranno appassionarsi al canto corale o avvicinarsi alla musica classica e al balletto; apprendere le basi dell’arte contemporanea; studiare una parte della storia e dell’architettura del nostro territorio; sperimentare proprietà e fenomeni scientifici. MUSICA “Coro anch’io” Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta canteranno (VA PENSIERO - G. Verdi, INNO ALLA GIOIA - L. V. Beethoven, IMAGINE - J. Lennon, I SOGNI SON DESIDERI - da Disney, VOLARE - D. Modugno, INNO D’ITALIA - G. Mameli, KUMBAYA Spiritual) in un grande coro con l’orchestra sinfonica del Master dei Talenti Musicali. Procedimento di insegnamento a cascata: consulente musicale – insegnanti – studenti. “Bando alla musica!” Viaggi premio o potenziamento attività didattiche per le classi che elaboreranno: • tesine multidisciplinari o elaborati creativi quali ad esempio videoclip, film e disegni incentrati anche sulle figure di celebri musicisti da tutto il mondo o melodie famose (SCUOLE SECONDARIE DI 2° GRADO) • elaborati scritti o creativi quali ad esempio disegni, cartelloni illustrati ispirati all’ascolto di un famoso brano di musica classica (SCUOLE SECONDARIE DI 1° GRADO) “Per chi suona… il campanello” Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta parteciperanno alla rappresentazione dell’opera buffa “Il Campanello dello Speziale” di Gaetano Donizetti. La peculiarità di questo allestimento consiste nell’essere interamente curato dagli studenti del Liceo Teatro Nuovo artistico, coreutico, arte e spettacolo di Torino, che si occuperanno di preparare: scene, costumi, cori e balletti. Per quanto riguarda la parte musicale, saranno 50 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X FONDAZIONE CRT protagonisti i giovani musicisti appartenenti all’Orchestra Master dei Talenti Musicali della Fondazione CRT. (PER TUTTE LE SCUOLE) ARTE E STORIA “Bando all’arte!” Viaggi premio o potenziamento attività didattiche per le classiche elaboreranno: • tesine multidisciplinari incentrate anche sulle figure di celebri artisti da tutto il mondo (SCUOLE SECONDARIE DI 2° GRADO) • ricerche illustrate inerenti un elemento del quartiere, paese o territorio nel quale è localizzata la scuola che possa essere classificabile come “Bene culturale” (SCUOLE SECONDARIE DI 1° GRADO) “Spazio all’arte!” Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta: • visiteranno il Museo d’Arte Contemporanea “Fondazione Sandretto Re Rebaudengo” • trasformeranno i loro spazi scolastici in spazi espositivi • realizzeranno una mostra fotografica (PER LE SCUOLE PRIMARIE) “Valle d’Aosta e Ducato di Savoia tra storia ed architettura” Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta realizzeranno un percorso nel 1400 valdostano e del Ducato di Savoia, collegandosi alle tematiche storiche affrontate nella mostra Corti e Città organizzata a Torino nel 2006. • Percorso didattico sul territorio • Laboratori in classe relativi ai luoghi ed ai personaggi del 1400. (PER TUTTE LE SCUOLE) SCIENZE “In giro con le scienze” Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta parteciperanno ad una mostra interattiva itinerante che spiega proprietà e fenomeni scientifici mediante facili esperimenti. (PER TUTTE LE SCUOLE) ATTUALITÀ “Campioni insieme” Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta parteciperanno ad un ciclo di 9 incontri (uno per provincia) con campioni olimpici e paraolimpici di Torino 2006 che racconteranno l’esperienza personale e il loro impegno sociale. (PER LE SCUOLE SECONDARIE) Lo “scatolo” per le classi delle scuole primarie Ad ogni classe che si iscriverà ad almeno una linea progettuale di DIDEROT verrà dato uno “ scatolo” contenente: • Coro Anch’io: libretto dei canti per gli studenti, guida e cd per gli insegnanti • Per chi suona… Il Campanello: libretto con introduzione all’opera, cenni sull’autore, trama e libretto de “Il Campanello” • Spazio all’Arte: libretto con cd e kit didattico • In giro con le scienze: poster e DVD astronomico • Valle d’Aosta e Ducato di Savoia tra storia ed architettura: castello in miniatura Lo “scatolo” per le classi delle scuole secondarie Ad ogni classe che si iscriverà ad almeno una linea progettuale di DIDEROT verrà dato uno “ scatolo ” contenente: • Bando alla Musica!: cd interattivo • Coro anch’io!: libretto dei canti per gli studenti, guida e cd per gli insegnanti • Per chi suona… Il Campanello: introduzione all’opera, cenni sull’autore, trama e libretto de “Il Campanello” • Bando all’Arte!: cd interattivo • In giro con le scienze: penna con bussola e DVD astronomico • Campioni Insieme: gadget e video • Valle d’Aosta e Ducato di Savoia tra storia ed architettura: carta da lettere con miniature Lo “scatolo” per gli insegnanti In ogni scatolo saranno inseriti i seguenti gadget per gli insegnanti che parteciperanno alle attività Diderot • Portachiavi “Diderot” • Occhiali da sole “Diderot” Infine, sia per insegnanti che per studenti, ogni scatolo conterrà i block notes “Diderot”. Calendario attività Progetto: “Bando all’Arte!” - SECONDARIE Tempistica: 15.12.2006. Scadenza bando 28.2.2007 Informazioni: www.fondazionecrt.it Progetto: “Bando alla Musica!” - SECONDARIE Tempistica: 28.2.2007. Scadenza bando 28.2.2007 Informazioni: www.fondazionecrt.it Progetto: “Coro anch’io!” - TUTTI Tempistica: Ottobre 2006 - Giugno 2007 Informazioni: Mo. Giorgio Guiot [email protected] - oppure 348 0168900 Progetto: “Spazio all’Arte” - PRIMARIE Tempistica: Novembre 2006 – Maggio 2007 Informazioni: Dott.a Francesca Togni [email protected] - oppure 011 3797631 Progetto: “VdA e Ducato di Savoia” - TUTTI Tempistica Novembre 2006 - Maggio 2007 Informazioni: Dott.a Cinzia Joris [email protected] - oppure 328 0280839 oppure www.associazionelegrange.it Progetto: “In giro con le scienze” - TUTTI Tempistica: 30 Gennaio - 31 Marzo 2007 Informazioni: Dr. Paolo Legato [email protected] - oppure 011 8394913 Progetto: “L’opera suona… Il Campanello” TUTTI Tempistica: dal 20 al 30 Marzo 2007 Informazioni: Sig.a Domenica Votano o Sig. a Piera Alvaro [email protected] - oppure 011 6500205 Progetto: “Campioni insieme” - SECONDARIE Tempistica: dal 23 Aprile all’8 Maggio 2007 Informazioni: Sig,a Marilena Goria [email protected] - oppure 347 5231011 L’impegno della Fondazione CRT per il mondo dell’istruzione e della formazione in Piemonte e in Valle d’Aosta La Fondazione CRT sostiene concretamente il sistema scolastico del Piemonte e della Valle d’Aosta con progetti a regia propria e con finanziamenti a supporto della migliore progettualità del settore. Dalla sua costituzione a fine 2005, per l’istruzione e la formazione la Fondazione CRT ha deliberato 118 milioni di euro. Questo impegno nasce dalla consapevolezza dell’importanza di investire sul capitale umano del territorio, la vera risorsa strategica sulla quale può contare la Fondazione. I maggiori progetti realizzati per la scuola sono: il “Progetto ICT”, il “Progetto Master dei Talenti”, il “Progetto Diderot”. Il Progetto ICT (Information and CommunicationTechnology) dal 2000 al 2003 si è posto l’obiettivo – pienamente raggiunto – di favorire la diffusione delle tecnologie multimediali nelle scuole, di ogni ordine e grado, del Piemonte e della Valle d’Aosta. Per la sua realizzazione in tre esercizi la Fondazione ha investito oltre 21 milioni di euro. Il Progetto Master dei Talenti crea percorsi di formazione di eccellenza promovendo un sistema di borse di perfezionamento che integrano il percorso di studi con esperienze altamente formative, in tutto il mondo. Attualmente il progetto si articola in tre filoni: Talenti Tecnici, Musicali e Neolaureati. Per Master dei Talenti sono stati stanziati ad oggi oltre 10 milioni di euro. Il Progetto Diderot offre agli studenti di tutte le scuole del Piemonte e della Valle d’Aosta l’opportunità di conoscere ed avvicinarsi a mondi e conoscenze che sovente non possono essere adeguatamente coperti dalla programmazione scolastica. Per Diderot la Fondazione CRT ha deliberato 1.200.000 euro. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 51 nuovo Club Donegani CLUB DONEGANI Associazione Ricercatori Istituto Guido Donegani Programma attività 2007 Conferenze serali presso la sala Leonardo dell’Est Sesia via Negroni, 7 - Novara - ore 21 1° PERCORSO 2° PERCORSO “Biocombustibili” Coordinatore Dott Giovanni Giunchi Vicepresidente Club Donegani “Grandi novaresi del Novecento” Coordinatore Dott. Francesco Traina Presidente Club Donegani Lunedì 19 febbraio Biodisel Combustibile rinnovabile per i trasporti ed altre applicazioni energetiche Dott. Luca Amatruda Novaol s.r.l. - Milano Lunedì 12 marzo Massimo Lupo Medico – Scienziato Prof. Giovanni Pisani Primario Emerito Ospedale Maggiore di Novara Lunedì 16 aprile Bioetanolo Potenzialità e criticità dell’uso Come combustibile per autotrazione Dott. Francesco Strassoldo ENI – Divisione Marketing & Refining - Milano Lunedì 11 giugno Biogas Utilizzi energetici da rifiuti zootecnici e biomasse agricole Prof. Luigi Navarotto Facoltà Medicina Veterinaria - Università Statale di Milano Lunedì 15 ottobre Biomasse legnose Gestione forestale e potenzialità nel settore energetico Prof. Giovanni Bovio Dipartimento Agroselviter - Università di Torino Lunedì 3 dicembre Rifiuti solidi urbani Moderne tecnologie di trasformazione Per la produzione di energia Prof. Stefano Consonni Dipartimento Energetica – Politecnico di Milano 52 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X Lunedì 7 maggio Enrico Gatti La nascita dell’Istituto Omar Dott. Giampietro Morreale Direttore Archivio Storico Unicredito Italiano - Milano Lunedì 24 settembre Francesco Bronzini Un ingegnere oleggese pioniere nella costruzione di dighe e centrali elettriche Ing. Giuseppe Frego Ex Dirigente ENEL – Produzione Lunedì 5 novembre Giacomo Fauser L’inventore che diffuse nel mondo geniali opere di alta tecnologia chimica Ing. Placido Scaglione Già Direttore “Patenting & Licensing” - EniChem In appendice alle conferenze si svolgeranno ancora: Giovedì 24 ottobre – ore 20 XVIII Concorso Poetico “PREMIO PANISCIA” Sabato 15 dicembre – ore 13 Convivio Natalizio Spigolature IL PROGRAMMA Anche per il 2007 il programma è articolato su due differenti Percorsi tali da soddisfare differenti esigenze culturali Il primo percorso tratterà di “Biocombustibili”. La necessità di trovare combustibili alternativi a quelli di origine fossile, in via di esaurimento in tempi più o meno lunghi, spinge allo studio di tecnologie che permettano di ottenere combustibili derivabili da colture vegetali o da residui organici. Al riguardo si presentano due ordini di problemi che andranno affrontati e risolti: 1 – la disponibilità della materia prima vegetale (biomassa) ed organica in quantità significativa per le richieste energetiche; 2 – la definizione di processi di trasformazione della materia prima che siano in grado di ridurre al minimo il costo energetico della trasformazione e che conducano a combustibili la cui utilizzazione sia facile ed ambientalmente accettabile. In questi ultimi anni si stanno affermando alcuni tipi di biomasse potenzialmente in grado di condurre a combustibili alternativi come le piante oleaginose del tipo soia, mais, sorgo, … e le piante lignocellulosiche. Da queste biomasse è possibile ottenere molecole simili agli idrocarburi, si parla in questo caso di biodiesel, o di molecole ancora più piccole come l’etanolo, il metanolo o il metano che, oltre ad avere alto potere calorifico, hanno una combustione molto più pulita e povera di CO2. Lo scopo del ciclo di conferenze sui biocombustibili è quello di illustrare e mettere a confronto le opzioni che attualmente appaiono più promettenti, analizzando gli specifici aspetti tecnici che ciascuna filiera del prodotto presenta, includendo anche il grado di sostenibilità della tecnologia rispetto alla raccolta e alla trasformazione. Verranno messi in risalto anche gli aspetti sociali e di organizzazione del territorio che lo sviluppo di tali biocombustibili richiedono e gli aspetti economici che sottostanno a queste applicazioni. Il secondo percorso, “Grandi novaresi del novecento”, si ricollega al filone storico-sociale che nell’anno 2002 trattò di alcuni grandi novaresi fino al 1800. Nel corso del 2007 verranno ricordati prioritariamente quattro tra i più grandi geni del novarese che nel ’900 hanno lasciato una larghissima impronta delle loro opere a livello nazionale ed internazionale. Massimo Lupo per le sue ricerche d’avanguardia nel campo dell’oncologia presso l’Ospedale Maggiore di Novara: memorabile per i contemporanei, pochi ancora superstiti, la grande intesa di abnegazione e di impegno sociale con l’altro grande novarese Giacomo Fauser e la conseguente disponibilità dell’Istituto Donegani ad affiancare, per quanto possibile, le ricerche del prof. Lupo Enrico Gatti per avere dato corpo alla grande idea di Giuseppe Omar realizzando l’Istituto Tecnico omonimo. Dalla serietà ed impegno di questa istituzione sono emersi non solo centinaia di ambitissimi periti tecnici, ma di letterati, medici ed altri professionisti che hanno saputo coniugare la preparazione tecnica di base con quella professionale di tutt’altra natura. Francesco Bronzini, grande costruttore di dighe e di centrali idroelettriche. Ammirevole espressione di genio la centrale realizzata sulla Roggia Molinara di Oleggio; la più grande dell’epoca in Europa quella realizzata a Galletto (1930) sotto la cascata delle Marmore. Giacomo Fauser rese celebre Novara in Italia e l’Italia nel mondo per la realizzazione di genialissime opere di alta tecnologia chimica, da cui derivarono le felicissime sorti della Montecatini e il nome della chimica industriale italiana nel ’900. La dignità del suo nome è pari a quella dei più grandi Nobel. La grandezza dell’Uomo è testimoniata da un costante impegno sociale che va dalla pionieristica realizzazione di impianti di ammoniaca tanto a Belluno quanto a Crotone alla particolare benevolenza verso i Paesi del mondo più bisognosi di fertilizzanti. n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 53 nuovo Spigolature Il testamento del prof. Gianguido Carrara (*) ai giovani ingegneri Un ingegnere ricercatore, nel corso della propria vita lavorativa, deve pianificare le ricerche a lui affidate allo scopo di raggiungere gli obiettivi nei tempi e nei costi programmati. Questa pianificazione per alcuni aspetti può essere paragonata ad un gioco di carte in cui per vincere occorre giocare la carta più importante. Nel nostro caso tale carta è rappresentata dal sette di denari (qui chiamati diamanti). Ogni diamante rappresenta un grande pensatore della storia dell’umanità che deve essere scelto, nelle varie fasi della ricerca, come punto di riferimento. I primi tre diamanti sono attinenti alle linee guida della ricerca che consistono nella: – Scelta dei parametri e delle variabili del fenomeno, dando il loro nome giusto. In questo caso il primo diamante che deve essere preso come riferimento rappresenta Confucio: terminologia corretta. – Organizzazione di tutti i dati e risultati in tabelle ben strutturate e di immediata lettura. Il secondo diamante rappresenta quindi Mendeleev: gli elementi nell’ordine corretto. – Verifica e controllo ad ogni passo che quanto si è fatto è stato conseguito seguendo un ordine logico. Il terzo diamante rappresenta pertanto Cartesio: il metodo logico. I due diamanti successivi sono attinenti al vero lavoro da fare durante la ricerca che consiste nella: (*) Gianguido Carrara - Nato a Brescia il 23-2-1930 - Morto a Milano l’11-9-1993. Maturità classica al Liceo Carlo Alberto di Novara. Laurea in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Milano nel 1953. Medaglia d’oro come migliore laureato dell’anno. Libera docenza in Sistemi elettici nel 1970 al Politecnico di Milano. Attività professionale al CESI - Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano (direttore, poi consulente scientifico). Membro di numerosi organismi scientifici nazionali ed internazionali. 54 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X – – – – Messa a punto di un modello del fenomeno. Il quarto diamante rappresenta pertanto Copernico: il modello adeguato. Esecuzione di verifiche sperimentali per confermare il modello e migliorarlo affinché sia adeguato a raggiungere l’obiettivo prefissato. Il quinto diamante rappresenta pertanto Galileo: il supporto sperimentale. L’obiettivo può essere raggiunto con diversi livelli di precisione: l’ingegnere deve scegliere quello che fa al caso suo e perseguirlo in accordo con i tempi programmati; in caso contrario l’obiettivo non si può dire raggiunto con successo. La decisione e l’azione sono indispensabili per vincere la mano. Il sesto diamante rappresenta pertanto Napoleone: la decisione e l’azione fecero vincere a Marengo ed Austerliz, mentre quando trascurò la fattibilità – campagna di Russia – e perse tempo e forze nell’aggiornare e dilazionare – Waterloo – andò incontro alla sconfitta. Alla fine, se nonostante tutti gli sforzi e per una serie di difficoltà sorte da dove non dovrebbero provenire, l’obiettivo della ricerca non viene raggiunto, il settimo diamante ci deve ricordare che la salute mentale è più importante di qualsiasi risultato concreto. Quest’ultimo diamante rappresenta pertanto Budda: il distacco ed il rilassamento. Spigolature n. 19 • Aprile 2007 • Anno X OMAR 55 nuovo Spigolature Giochi matematici Problema n. 1 Qual è il numero più piccolo che, se diviso per 3 dà come resto 1, se diviso per 4 dà come resto 2, se diviso per 5 dà come resto 3 e se per 6 dà resto 4? Problema n. 2 Qual è il numero di tre cifre che, se diminuito di 7 unità risulta esattamente divisibile per 7, se diminuito di 8 risulta divisibile per 8 e se diminuito di 9 risulta divisibile, sempre senza resto, per 9? Soluzioni dei problemi apparsi sul n. 18 Soluzione del problema n. 1 L’orso è bianco. Infatti l’unico posto sulla superficie terrestre al quale si torni dopo avere percorso 1 km verso Sud, 1 km verso Est, 1 km verso Nord è il Polo Nord e lì ci sono solo gli orsi bianchi. [In realtà il Polo Nord non è l’unico punto; esistono anche altri punti sulla superficie terrestre per cui vale la proprietà di cui sopra. Per esempio, se ci si pone ad una distanza di circa 1 km e 159 m dal Polo Sud, dopo avere percorso 1 km verso Sud si compie 1 km verso Est facendo un giro completo intorno al Polo Sud e poi si percorre 1 km finale verso Nord, si torna esattamente al punto di partenza]. Soluzione del problema n. 2 La durata del viaggio è di 7 ore e 15 minuti. Soluzione del problema n. 3 La rana, per giungere in cima alla scala, deve compiere 12 salti. 56 OMAR nuovo n. 19 • Aprile 2007 • Anno X