Aprile 2007 - Anno X
Spedizione in abbonamento postale 70% - DC/DCI - Novara
OMAR
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per iodico di cultura e di vita dell’insieme omar ista
(I.T.I. Omar, Associazione Omaristi, Fondazione Omar)
seguito de “l’OMAR” fondato nel 1963 da Luigi Buscaglia
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SOMMARIO
OMAR
nuovo
Questo fascicolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
3
periodico di cultura e di vita
dell’insieme omarista
(I.T.I. Omar,
Associazione Omaristi,
Fondazione Omar)
seguito de “l’OMAR”
fondato nel 1963
da Luigi Buscaglia
Studi e informazioni culturali
B. CATANIA – I molti aspetti dell’informazione.
Parte II. Evoluzione della materia inanimata . . . . . . . . .
L. PEZZOLLA PAGANIN – La medicina nell’antico Egitto . . . . . . . . .
G. FREGO – Una ferrovia, due poli, una regione europea . . . . .
E. FERRARI – 1906, si inaugura la ferrovia del Sempione . . . . . . .
G. ROMANO – “La stazione” e “Raccontare il tempo” (poesie)
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“OMAR nuovo” n. 19
Aprile 2007 - Anno X
Istituto Tecnico Industriale Omar
Borse di studio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
G. SASSI – La divina Omaredia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Associazione Omaristi
Generosa donazione in memoria degli omaristi Italo,
Francesco e Bruno Počkaj . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
L’ing. Gianfredo Comazzi tra i “novaresi dell’anno” . . . . . . . .
È morto l’ing. Giuseppe Ferrari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Direttore responsabile
Dorino Tuniz
Direttore
Marco Parsini
Comitato di Redazione
Stefano Accomazzi,
Silvano Andorno,
Valeriano Dell’Era,
Giampietro Morreale,
Franco Pianca,
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Proprietaria
Associazione Omaristi
Direzione, Redazione,
Amministrazione
baluardo La Marmora, 12 - Novara telefono e fax 0321 33209
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Iscrizione del Tribunale di Novara
al n. 2/98 del
Registro della Stampa Periodica
Le opinioni degli Autori
non impegnano la Direzione
La rivista non è in vendita
Fondazione Omar
Assegnato il “Premio Fondazione Omar” . . . . . . . . . . . . . . . . .
Economia
L. MANFREDINI E ALTRI – Le novità fiscali
della manovra finanziaria per il 2007 . . . . . . . . . .
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37
Notizie dall’Industria
C. ARDIZZOIA (CALEFFI S.P.A.)
Autoflow: il bilanciamento automatico dei circuiti
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40
Fondazione Tera
A. FILIBERTI – Note sull’ascolto analitico
di un paziente grave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
“Nuvole Azzurre” un libro a cura della Fondazione Tera
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44
49
Fondazione CRT
Progetto Diderot . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Club Donegani
Programma attività 2007 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Spigolature
Il testamento del prof. Carrara ai giovani ingegneri . . .
Giochi matematici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Nuova Tipografia S. Gaudenzio S.r.l.
Novara
Prezzi per la pubblicità: una pagina in bianco e nero € 260,00;
mezza pagina in bianco e nero € 155,00; a colori: una pagina
€ 390,00; mezza pagina € 285,00
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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nuovo
Questo fascicolo…
Continua il poderoso lavoro dell’ing. Basilio Catania su “I molti aspetti dell’informazione”. Dopo la prima parte dedicata all’evoluzione della biosfera
(vedere fascicolo n. 17), l’Autore qui affronta l’evoluzione della materia inanimata. L’affascinante studio sarà concluso sul prossimo fascicolo con la terza
parte: “Fuori dallo spaziotempo”.
Nell’appuntamento con la storia dell’antico Egitto, la prof.a Laura Pezzolla
Paganin ci ragguaglia sul livello sorprendentemente avanzato della medicina (e chirurgia) al tempo dei faraoni.
Dopo un certo periodo di latitanza, torna a collaborare con la nostra rivista
l’ing. Giuseppe Frego. Con l’articolo “Una ferrovia, due poli, una regione europea” presenta un’indagine che ha avuto vasta eco sulla stampa e sta continuando a suscitare interesse e controversie con la linea ad alta velocità.
Nell’articolo vengono acutamente individuate opportunità, alleanze e collaborazioni per sviluppi di comune interesse.
Cent’anni fa, nel 1906, veniva inaugurata la ferrovia del Sempione. Ricostruisce l’enfasi di quei momenti il dott. Edgardo Ferrari.
La rivista ospita la gradita collaborazione dell’ing. Claudio Ardizzoia della Caleffi S.p.A. che presenta una sintesi dei dispositivi “Autoflow” per il bilanciamento automatico dei circuiti idraulici (vedere “Notizie dall’industria”).
Merita una particolare segnalazione “La Divina Omaredia”, parodia dantesca dell’omarista Giuseppe Sassi. Sono tre “canti” molto divertenti: il primo in
endecasillabi in rima baciata, qui pubblicato; i successivi due in terzine dantesche, rimandati al successivo fascicolo. Giuseppe Sassi (diplomato nel 1968)
ricorda insegnanti e compagni di scuola: li manda tutti all’inferno, ma sempre
con le dovute rime.
Il dott. Luca Manfredini, nella rubrica di economia della Fondazione Omar,
espone sinteticamente le novità fiscali della manovra finanziaria per il 2007.
In occasione dell’”Omar Day” del 2.12.2006 è stato assegnato, per la prima
volta, il “Premio Fondazione Omar”.
Nella rubrica della Fondazione Tera, il dott. Antonio Filiberti, medico e psicoterapeuta, analizza i comportamenti dei pazienti che si sentono vicini alla fine
della vita e che subiscono profonde trasformazioni della loro psiche.
La Fondazione Tera è promotrice di una lodevole iniziativa per contribuire al
finanziamento della ricerca scientifica.
Nella nuova rubrica dedicata alla Fondazione CRT si illustra il “Progetto Diderot” che offre agli studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta l’opportunità di
avvicinarsi alla musica classica, all’arte, alle scienze ed alla cultura in genere.
Si evidenzia l’impegno della Fondazione CRT per il mondo dell’istruzione e
della formazione.
Nel quadro della collaborazione con il Club Donegani - Associazione di Ricercatori dell’Istituto Guido Donegani, si riporta il calendario delle attività per
il 2007 di detto Club.
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Studi e informazioni culturali I molti aspetti dell’informazione
Parte II: evoluzione della materia inanimata
Basilio Catania (*)
L’avvento dell’era dell’informazione, succeduta all’era dell’energia, ci propone antiche e nuove
riflessioni sui molti aspetti e significati di ciò che
noi chiamiamo «informazione». Le tre parti di
questo lavoro sono tratte da due conferenze tenute all’autore presso l’Associazione Elettrotecnica ed Elettronica Italiana (oggi AEIT), Sezione
di Milano, rispettivamente il 13 marzo e il 10 aprile 1986. Nella prima parte è stata considerata
l’informazione che si manifesta – legata o scambiata – nella biosfera; in questa seconda parte ci
si riferisce alla materia inanimata, ed in una successiva terza parte si tenterà di dare uno sguardo
al limite e al di fuori dello spaziotempo, nell’intento di cogliere nell’informazione un significato comune ed essenziale.
le attività degli esseri umani – ovunque sia “annidata”, cioè sia nei supporti materiali (viventi e non), sia
al di fuori di essi, cioè in quegli stati astratti (o quasi
astratti) nei quali essa appare libera, ossia non legata a materia di qualsiasi tipo. Ricordo anche (Fig.
1) che abbiamo intrapreso un viaggio ideale nello
spaziotempo, partendo dal nostro presente per
esplorare regioni sempre più remote, suddividendo
il viaggio in tre parti:
Parte I
“Evoluzione della biosfera”, trattata nella
Parte I di questo lavoro [1],
Parte II “Evoluzione della materia inanimata”, tema principale del presente articolo,
Parte III “Fuori dallo spaziotempo”, tema che sarà
trattato in un prossimo articolo (ed anche
con un adatto equipaggiamento di viaggio).
Riprendiamo, dunque, il nostro viaggio, addentrandoci nel regno del “non vivente”. Tuttavia, prima di partire, è utile riassumere le principali conclusioni della
Parte I, aggiungendovi qualche utile considerazione.
Introduzione
Come ricordato nella prima parte di questo lavoro, l’obbiettivo che ci eravamo proposti è di “scovare” l’informazione – questa entità immateriale che
sembra ormai destinata a permeare gran parte del(*) Dr. Ing. Basilio Catania, già Direttore Generale del Laboratorio di ricerca di Telecom Italia (CSELT), Torino.
Conclusioni e considerazioni
aggiuntive sull’evoluzione della biosfera
Abbiamo evidenziato anzitutto l’unità della biosfera, osservando, più precisamente, che:
• ogni e qualsiasi struttura vivente è costituita da
un aggregato di cellule;
• ogni e qualsiasi cellula contiene, in aggiunta a
Fig. 1. Il viaggio
dell’informazione
nello
spaziotempo:
dalla materia
inanimata
alla biosfera
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Fig. 2.
Sequenza
e alfabeto
del DNA
semplici composti organici e inorganici, due tipi
di macromolecole complesse: le proteine e il
DNA, la seconda delle quali, il DNA, serve a
fabbricare le prime.
Dunque, la chiave di volta di tutta la biosfera è il
DNA, una macromolecola caratteristica di ciascun
essere, che, come un “marchio di fabbrica”, si ritrova riportata identicamente in ogni singola cellula
della sua struttura.
Abbiamo anche osservato (Fig. 2) che il DNA è
costituito da due lunghissime catene elicoidali controverse – e tra loro interconnesse – in cui figurano,
una dopo l’altra, numerosissime, ma semplici basi
nucleotidiche, appartenenti, per così dire, a un alfabeto di solo quattro lettere: adenina, citosina, guanina e timina (ACGT). Pertanto, il messaggio che ciascuna di esse porta equivale, per dirla alla Shannon, a una quantità di informazione di 2 bit per ogni
“grano” della collana, non importa se il messaggio si
renda a noi manifesto attraverso la visione stessa
della catena nucleotidica (per esempio ai raggi X)
oppure verbalmente o per iscritto (e in questo caso
mediante codici alfabetici, numerici – decimali o binari – o geometrici), oppure ancora gestuali, olfatti-
1
Alcune curiosità:
– ciascuno dei 4 nucleotidi che formano il DNA è formato da soli
quattro elementi: idrogeno, azoto, ossigeno e carbonio;
– questi elementi sono tra i primissimi che si sono formati agli albori dell’universo, come vedremo fra poco;
– di essi, l’idrogeno è monovalente, l’ossigeno bivalente, l’azoto
trivalente, il carbonio tetravalente, mentre l’elio (anch’esso formatosi agli albori dell’universo) è zerovalente (gas nobile) e,
ovviamente, non compare come costituente dei 4 nucleotidi;
– i venti amminoacidi che costituiscono le proteine sono anch’essi formati da idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio, salvo
due (cisteinile e metionile), che contengono anche zolfo (esavalente).
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vi o gustativi, o elettrici oppure infine mediante il codice (chimico) di struttura interna di ciascun grano
della collana, come illustrato in Fig. 2 1.
Dunque, l’informazione trasportata dal DNA rappresenta l’invariante astratto che è comune alle sue
varie materializzazioni o espressioni. Essa, inoltre,
contiene le istruzioni per un processo potenziale
(oggi lo chiameremmo software) – quindi non ancora in atto nella realtà percepibile – ma che può attuarsi, quindi divenire realtà, ove si verifichino le
condizioni esterne favorevoli.
Visualizzando tale quantità d’informazione mediante lettere dell’alfabeto (ACGT) abbiamo visto
che ci vuole una pagina intera per descrivere il DNA
del virus SV40 (Fig. 7 della Parte I), equivalente, in
codice binario, ad una informazione di struttura di
circa 10,5 kbit. Ma già per un batterio come l’Escherichia Coli, che ospitiamo nel nostro intestino,
occorre una quantità di informazione maggiore di
oltre 3 ordini di grandezza (30 Mbit), quindi di pagine ce ne vorrebbero 3000, un bel trattato in tre volumi di 1000 pagine l’uno! Per un mammifero tra i
più semplici, il topo, occorrono circa tre ordini di
grandezza in più (≈10 Gbit), dunque, ci vorrebbero
ben 1000 di quei volumi che, sistemati in una adatta libreria, occuperebbero una intera parete da 3x5
m2. Infine, per l’uomo, più complesso del topo di solo una mezza decade (30 Gbit), ci vorrebbero tre di
quelle pareti. È stato calcolato, infine, che la massima differenza di contenuto informativo nel DNA di
individui di una stessa specie (uomini compresi) è
molto piccola (circa l’1‰), quindi, per l’uomo, interesserebbe soltanto (si fa per dire), 3 di quei 3000
volumi di istruzioni. Ciò significa, ad esempio, che
la descrizione del mio DNA comporta 2997 volumi
identici a quella di ciascuno di voi e ne differisce
soltanto per 3 volumi.
Abbiamo anche osservato nella Parte I che
l’informazione di struttura o genetica non è tutta
l’informazione che si può incontrare nella biosfera.
Infatti, se guardiamo l’essere vivente (Fig. 9 della
Parte I) sotto il doppio aspetto della sua struttura
(largamente determinata dal patrimonio genetico) e
della sua interazione con l’ambiente circostante,
scopriamo che l’uomo non soltanto possiede il più
ricco patrimonio genetico, ma che egli si colloca anche al più alto livello di capacità di interazione informatica, anche se ciò è avvenuto, filogeneticamente
(ossia durante l’evoluzione della specie umana), a
scapito della sua capacità di interazione energetica
(abbiamo perso in muscoli e guadagnato in mente),
proprio in forza del fatto che la prima gli ha consentito di dominare le risorse energetiche dell’ambiente. L’interazione con l’ambiente circostante è anche
causa dell’apprendimento e delle mutazioni genetiche, per cui si può dire che l’interazione diventa un
fattore altrettanto se non più importante della struttura o, se si vuole, dell’informazione genetica.
Infatti, nell’uomo, il numero di bit disponibili per
tale interazione è persino più elevato di quello corrispondente ai bit di struttura: basti pensare che egli
possiede: oltre 1 miliardo di sensori ottici binari, ciascuno capace di inviare al cervello 50 bit/sec (un bit
per ogni fotone di luce visibile), quindi complessivamente 100 Gbit/s; 1000 Gbit di memoria; 100 Terabit di elaborazione (corrispondenti al numero di sinapsi), a confronto della pur elevata complessità del
2
Il prefisso giga (G) equivale a una potenza di 109, mentre il
prefisso tera (T) equivale a una potenza di 1012. Si noti la similitudine del linguaggio a quello di un elaboratore, costituito da organi di ingresso e uscita (I/O), unità centrale di elaborazione
(CPU), unità di memoria M.
I CPU O
M
3
Le macchine o artefatti, per dirla alla Jacques Monod [2] sono state finora costruite con materiali non biologici (infatti, in una
macchina fotografica non si trova il DNA in ogni sua parte). Fra
non molto, però, gli artefatti cominceranno ad usare anche materiali biologici (bionici) [3].
programma genetico, misurabile in soli 10 Gbit 2.
L’uomo può dunque incamerare (apprendere) ed
elaborare enormi quantità di informazioni, nonché
ideare e utilizzare memorie esterne di ogni tipo, potendo così disporre della “memoria della specie,”
ossia di tutti i suoi simili, e tramandarla a sua volta;
può ideare e costruire macchine 3, utilizzare l’ambiente circostante, compresi i regni animale e vegetale, il tutto grazie alla sua struttura e capacità di interazione informatiche.
Questo modo di concepire un ente, cioè identificato da una sua struttura energetico/informatica e
dalle sue interazioni energetico/informatiche con
l’ambiente, è molto efficace anche quando si considerano altri esseri viventi, come anche oggetti inanimati e persino enti astratti (cioè non percepibili coi
nostri sensi), poiché, come sottolineato nella Parte
I, l’ente è in quanto ha una struttura e in quanto interagisce con altri enti. Anzi, molto spesso, nei processi vitali dell’uomo, come di tutta la biosfera, l’interazione è più importante della struttura.
Consideriamo, a titolo di esempio, un albero, un
bel cedro del Libano (Fig. 3) lungo tutto il processo
di crescita a partire dal seme fino al suo massimo rigoglio (tralasciando, al momento, la fase di degradazione, seguita dalla estinzione). Ebbene, si vedono chiaramente sia l’interazione energetica che
quella informatica con l’ambiente. Infatti, l’informazione contenuta nel DNA del seme ha occupato tutto l’albero e in più ha fabbricato semi per moltiplicarsi in n alberi (salvo mutazioni per l’effetto antagonista dell’ambiente) in modo che l’informazione
salvi quanto possibile il “ne varietur”, per dirla alla
Jacques Monod [2], ossia l’informazione invariante
contenuta nella stringa del DNA. La Fig. 3 mostra
anche come l’informazione comandi l’assorbimento
di energia dall’ambiente (nutriente) e determini i
passi del programma (più veloci se l’ambiente collabora).
Un’altra importante osservazione riguarda il tempo ∆t impiegato per completare il processo, che
sarà più o meno breve a seconda che sia disponibile più o meno energia, potendosi dire, abbastanza
Fig. 3. L’Ente è
la proiezione
dell’informazione
nello spaziotempo
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in generale, che il prodotto energia x tempo, ∆E·∆t –
che coincide con la grandezza fisica che si chiama
azione – è sostanzialmente una costante caratteristica del processo [4].
Un esempio di vita quotidiana chiarirà ulteriormente questo concetto, e la particolare importanza
dell’azione. Supponiamo di doverci spostare in automobile da Milano a Torino, cioè di dover operare
un cambiamento nello spaziotempo (né più né meno che diventare un cedro del Libano adulto partendo dal seme). Possiamo coprire l’intero percorso in
meno tempo, consumando più benzina, cioè energia (come i nutrienti per il cedro), oppure in più tempo, risparmiando energia, ma si può constatare che
il prodotto energia x tempo, ossia l’azione, è sostanzialmente costante.
4
L’importanza dell’azione, quale grandezza fisica primaria, è
stata sottolineata nel lavoro [4] dell’autore. Essa si può misurare
in numero di quanti d’azione, prendendo come unità di misura la
costante di Planck, pari a h = 6.625 x 10–34 Js, che, come noto, ha
le dimensioni di un’azione (ovviamente, si otterranno numeri
enormi per le azioni più comuni). Assumendo l’azione (in Js) come grandezza primaria, l’energia (in J) sarebbe definita come
“velocità di azione” e la potenza (in W, ossia J/s) come “accelerazione di azione”.
5
1 angstrom (Å) vale 1 decimilionesimo di millimetro, cioè
10–8 cm.
6
Nel già citato lavoro [4] è stata mostrata una perfetta corrispondenza tra l’azione A necessaria per indurre un cambiamento e l’informazione I che lo descrive, data dalla formula A = h I,
dove h è la costante di Dirac (pari alla costante di Planck h divisa per 2π).
7
Come già raccomandato nella Parte I, si invita il lettore a
non focalizzare l’attenzione sui valori esatti delle grandezze che
si incontrano esaminando l’evoluzione dell’universo. Molti valori,
infatti, sono controversi ed altri noti con insufficiente precisione.
È più interessante, infatti, focalizzare l’attenzione sulle varie tappe evolutive e sulla loro concatenazione logica, piuttosto che sui
valori precisi delle grandezze che le descrivono, in particolare
quelli delle transizioni tra una tappa e la successiva.
L’azione è, dunque, la grandezza fisica che presiede al cambiamento, non importa se il cambiamento è intervenuto in un tempo più o meno breve
o se ha richiesto più o meno energia 4.
Anche per un artefatto, come la casa che si intravede a sinistra dell’albero in Fig. 2, si può fare un ragionamento analogo. Infatti, essa è costruita a partire da un software, uscito dalla mente dei progettisti, ed usa materiali ed energia ambiente per essere
costruita e diventare realtà percepibile. Dunque, anch’essa rappresenta la proiezione dell’informazione
nello spaziotempo.
Appare chiara, pertanto, l’importanza fondamentale dell’informazione, generalmente contenuta in
uno spazio angusto (ogni nucleotide del DNA occupa uno spazio di soli 3,4 Å 5 , come mostrato in Fig.
2), ma capace di dare risultati grandiosi, come un
uomo, un cedro del Libano, una casa.
D’altra parte, un buon dizionario della lingua italiana, come lo Zingarelli (Fig. 4), dà per l’informazione, come primo significato, “azione dell’informare” e, sotto la voce “informare”, sempre come primo
significato, “dare la forma, formare”. Dunque l’informazione è l’atto di dare forma, e poiché la forma è
una caratteristica di tutto ciò che si può vedere e
toccare, cioè percepire – secondo la concezione
che risale all’Antica Grecia, in particolare ad Aristotele – si deduce che la parola informazione etimologicamente rappresenta l’agente mediatore tra ciò
che non è e ciò che è, in perfetto accordo con quanto abbiamo illustrato 6.
Storia dell’universo inanimato
Ma è tempo di iniziare l’esplorazione dell’universo inanimato. Questo universo, come ormai condiviso dalla maggior parte degli studiosi, ha avuto un
inizio (big bang), che si può collocare a circa 15 miliardi di anni fa 7. Se stabiliamo il nostro “campo base” intorno a quella data, cioè se misuriamo il cosiddetto tempo cosmico t, che si identifica con l’età del-
Fig. 4. Etimologia
della parola
informazione:
“Azione del dare
la forma”.
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l’Universo, a partire dal big bang, è chiaro che, in
scala logaritmica, vedremo con molto dettaglio i primi istanti dell’universo, mentre il nostro presente e
tutta l’evoluzione della biosfera svanisce all’orizzonte, compressa in una frazione di decade (Fig. 5). In
realtà, è proprio questo che vogliamo fare in questa
Parte II, in quanto la storia più vicina al presente è
stata trattata nella Parte I, in cui fissammo il tempo
zero al presente. In Fig. 5 le ascisse rappresentano
il logaritmo (decimale) del tempo cosmico t, espresso in secondi, salvo che per le ultime decadi per le
quali è anche riportata una scala del logaritmo del
tempo espresso in anni.
Nelle ordinate sono riportate, in scala logaritmica,
le seguenti grandezze:
– la temperatura assoluta T in gradi Kelvin (K) e l’energia cinetica media di una singola particella E,
espressa in elettronvolt (eV) 8 (linea rossa). Sono
evidenziate, per comodità, le energie di 1 KeV, 1
MeV, 1 GeV e 1 TeV, essendo 1 TeV (teraelettronvolt) pari a 1012 eV.
– il diametro D dell’universo, in cm (linea arancione). Per comodità, sono evidenziati lungo la curva alcuni valori significativi, corrispondenti a un
diametro di 10 cm, 1 km, 10.000 km, 1 anno luce
(a.l.), 10 milioni di a.l., 30 miliardi di a.l. 9.
– la densità ∂ dell’universo, in g/cm3 (linea nera).
Si può osservare, innanzitutto, che queste grandezze coprono gamme di valori vastissime. Infatti, il
tempo va da 10–43 secondi al valore attuale di oltre
1017 secondi (equivalente a circa 15 miliardi di anni);
la temperatura va da qualche grado Kelvin (K) fino a
1032 K, la densità da 10–30 fino a 1094 g/cm3, il diametro da una frazione infinitesima di millimetro (come
vedremo più avanti) a 30 miliardi di anni luce. Dunque si va dall’infinitamente piccolo all’infinitamente
grande.
Un’altra osservazione immediata è che i tre an-
damenti, nella scala doppio-logaritmica adottata,
sono sostanzialmente rettilinei, per una gran parte
dell’evoluzione. Più precisamente ([5], p. 339-340,
[6]), la densità ∂ è decrescente col quadrato del
tempo (quindi scende di due decadi per ogni decade di tempo), la temperatura T (o l’energia E) sono
decrescenti nel tempo con la radice di t (cioè, scendono di mezza decade per ogni decade del tempo),
mentre il diametro è crescente con la radice del
tempo (cioè cresce di mezza decade per ogni decade di tempo), salvo che per il tratto iniziale in cui,
come vedremo avanti, si verificò una iperespansione (inflazione) a ritmo esponenziale.
Come noto, la temperatura assoluta T è proporzionale all’energia cinetica media E di una molecola di un gas perfetto (monoatomico) in equilibrio termico col sistema considerato, secondo la nota relazione E = (3/2) kT, dove k è la costante di Boltzmann, pari a 1,38·10–23 J/K. Essendo le due grandezze proporzionali, si potrebbe usare indifferentemente l’una o l’altra per indicare lo stato di agitazione molecolare esistente in un dato
istante dell’evoluzione dell’universo. L’unità elettronvolt (eV), pari a 1,6·10–12 joule, è molto usata in fisica nucleare (ad esempio
per indicare le energie impresse dagli acceleratori di particelle) e
corrisponde all’energia acquisita da un elettrone che si muove
tra due punti di un campo elettrico aventi la differenza di potenziale di 1 V.
8
9
1 anno luce è la distanza percorsa dalla luce in un anno,
pari a 9.45·1012 km, ossia circa 10.000 miliardi di km. L’anno luce
si usa per indicare distanze molto grandi, specie in astronomia. Il
valore di 30 miliardi di a. l. (30 Gal) risulta semplicemente dal
raddoppio dell’età dell’universo (ca. 15 Ga, cioè 15 miliardi di anni), in quanto la luce si è irradiata in tutte le direzioni, ed ha percorso una distanza di 15 Gal, cioè 15 miliardi di anni luce in ogni
direzione e 15 Gal in direzione opposta, da qui il diametro di 30
Gal. Si tratta, tuttavia, del diametro dell’universo osservabile (da
non confondersi con quello dell’universo materiale, del quale parleremo più avanti).
Fig. 5.
Storia
dell’Universo
inanimato.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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Pertanto appare dalla Fig. 5 che il nostro universo si presentava al suo inizio come tanti minuscoli
punti (diametro piccolissimo), roventi (temperatura
elevatissima) e con elevatissima densità. Da allora,
densità e temperature sono progressivamente diminuite, mentre il diametro è progressivamente aumentato, mantenendosi ancora oggi in fase di
espansione.
L’universo osservabile oggi
Prima di esplorare le varie fasi che hanno preceduto il momento attuale, conviene fare una fotografia della struttura odierna dell’universo, quale appare, da un lato, agli astronomi che, con l’aiuto di telescopi e radiotelescopi, scrutano le immensità del
cielo, dall’altro, ai fisici e ai chimici che, con l’aiuto
del microscopio (curiosamente inventato anch’esso
nel periodo rinascimentale insieme al telescopio) e
del microscopio elettronico scrutano il microcosmo,
scoprendo talvolta spettacoli non molto dissimili da
quelli che si snodano nel macrocosmo (Fig. 6).
Ed ecco quanto possiamo osservare, per sommi
capi:
10
Il diametro dell’universo materiale è circa 5 volte maggiore,
essendo valutato oggi intorno ai 156 Gal [7]).
11
Moltiplicando il numero di Eddington per la massa del protone si ottiene il valore della massa totale dell’universo, come riportata in Fig. 6. Il fatto che l’energia dell’universo sia rimasta
costante in tutto il tempo cosmico, dal big bang ad oggi – in accordo col principio di conservazione dell’energia – è oggetto di
dibattito, specie per quanto riguarda l’energia perduta durante
l’espansione che può ritrovarsi in forme inusuali (neutrini).
1. L’universo è grandissimo, ma non infinito; ha un
diametro di circa 30 Gal (30 giga anni luce, ossia 30 miliardi di anni luce) o, se si vuole, di circa 2,8x1028 cm 10.
2. L’universo non è statico ma è in espansione, come un pallone che si gonfia. La velocità di
espansione varia linearmente con la distanza
dei corpi osservati (legge di Hubble), raggiungendo, alle massime distanze, valori prossimi
alla velocità della luce.
3. L’energia totale dell’universo (materia + radiazioni) è costante e finita, ed è equivalente alla
massa di circa 1080 protoni (numero di Eddington) più circa 1089 fotoni, con un rapporto fra fotoni e protoni uguale a circa 10 9 11.
4. In particolare, la materia presente nell’universo
ha una massa valutabile fra 3·1056 e 5,6·1056 g,
l’incertezza essendo dovuta al fatto che non tutta la materia è visibile, dato che esistono corpi
non luminosi, come i pianeti, i cosiddetti buchi
neri, ecc.
5. Questa materia è distribuita su circa 100 miliardi di galassie, ciascuna delle quali può contenere da 100 a 1.000 miliardi di stelle, anche più
grandi del nostro sole, a loro volta contornate da
relativi pianeti e satelliti.
6. La densità media della materia nell’universo risulta equivalente a circa 1 atomo di idrogeno
per metro cubo, più precisamente compresa fra
10–30 e 14·10–30 g/cm3, l’incertezza essendo legata alla imprecisione con cui sono noti la massa e
il volume totale. Come vedremo, non siamo
molto lontani dal valore critico di 2÷5·10–30 g/cm3,
al di sopra del quale dovrebbe accadere in futuro che l’universo rallenti e successivamente
cessi la sua espansione per contrarsi di nuovo
Fig. 6. L’universo osservabile oggi
10 OMAR
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ed eventualmente collassare (teoria del cosiddetto “universo chiuso,” [5], p. 97).
7. La materia esistente nell’universo consiste essenzialmente per il 75% di idrogeno e per il 24%
di elio, che sono i più semplici e i più leggeri elementi esistenti ed anche i più vecchi, essendosi
formati nei primi minuti dopo il big bang. Il rimanente 1% consiste di elementi più pesanti (formatisi più tardi, all’interno delle stelle) e dei loro
composti organici e inorganici, presenti allo stato solido, liquido o gassoso a seconda della
temperatura locale. Questi elementi, in numero
di 103, ordinati nel noto “sistema periodico degli
elementi” di Mendelejeff, costituiscono i mattoni
coi quali è costruito l’edificio chimico dell’universo ed in particolare le molecole, che vanno dalle più semplici (gas monoatomici) alle più complesse, costituite da milioni di atomi, come le
macromolecole organiche delle proteine contenute negli esseri viventi. Queste ultime sono ancora più rare nell’universo e si può valutare che
la loro incidenza sia inferiore a 10–18, praticamente tutta concentrata, per quanto ne sappiamo oggi, sul pianeta terra (cosa veramente singolare). Gli stessi 103 elementi sono utilizzati
per realizzare gli artefatti, cioè gli oggetti e le
macchine ideati dall’uomo.
8. Gli atomi contenuti in ognuno dei 103 elementi
sono costituiti da un nucleo, formato da un certo
numero di protoni e di neutroni, intorno al quale
ruotano un certo numero di elettroni. Ad esempio
l’atomo più semplice, quello dell’idrogeno, è fatto
da un solo protone e da un solo elettrone che gli
gira intorno; uno dei più complessi, l’uranio, possiede un nucleo formato da 92 protoni e 143 neutroni, ed è attorniato da 92 elettroni, che ruotano
intorno ad esso, distribuiti in 8 orbite. Gli atomi
sono dunque simili a sistemi planetari in miniatura, dove si riflette, come per magia, lo spettacolo
osservato dagli astronomi nel cielo stellato.
9. Protoni e neutroni sono, a loro volta, formati dalla combinazione di tre quark, mentre i leptoni
(come l’elettrone e il neutrino) sembrano essere, insieme ai quark, gli ultimi costituenti della
materia. Il punto interrogativo al centro della cipolla della materia (Fig. 6), come viene scherzosamente chiamata, rappresenta il dilemma dei
fisici sul fatto che la ricerca del più piccolo potrebbe continuare indefinitamente oppure fermarsi con la scoperta del nucleo ultimo della cipolla, il rishone, menzionato nella Parte I, che
interverrebbe come primo costituente sia dei
quark che dei leptoni [1].
10. Il suddetto cast di personaggi che compaiono
oggi sulla scena dell’universo – corpi inanimati
(solidi, liquidi o gassosi), esseri viventi, artefatti e
corpi celesti – nuota in un oceano di radiazioni,
ossia di onde gravitazionali e di onde elettromagnetiche. Queste onde hanno raggio di azione e
vita teoricamente infinite e, pertanto, permeano
tutto l’universo, come mostrato schematicamente in Fig. 6. La densità di tali onde o radiazioni 12
è oggi trascurabile (inferiore di 4 ordini di grandezza) rispetto a quella della materia ([6] p. 348).
In passato, tuttavia, la situazione era diametralmente opposta, come mostrato qui di seguito.
L’era della materia
o “evoluzione chimica”
Contrariamente a quanto constatiamo oggi, in
tutto il periodo compreso fra il big bang e il tempo
cosmico tD ≈100.000 anni, la radiazione era di gran
lunga predominante rispetto alla materia, quest’ultima essendo prevalentemente costituita da un plasma incandescente di idrogeno ed elio ionizzati
([15] p. 211). Il passaggio fra le due ere – l’era della
radiazione e l’era della materia – viene denominato
epoca del disaccoppiamento (decoupling epoch),
ed è stimato, per l’appunto, intorno a tD ≈100.000
anni. Successivamente al disaccoppiamento fra radiazione e materia, iniziò la formazione degli elementi, dai più leggeri, come l’idrogeno, fino a quelli
più pesanti, che furono creati all’interno di quelle
grandi fucine di materia che sono le stelle, e, nel giro di circa 1 milione di anni, la chimica dell’universo
fu completamente definita. Inoltre, il disaccoppiamento fra radiazione e materia rese l’universo trasparente alla radiazione, quasi come lo è oggi, sia
per effetto del raffreddamento (cioè della perdita di
energia) della radiazione, sia perché gli elettroni liberi si ricombinarono con i protoni per formare idrogeno 13 e pertanto smisero di opporre una barriera
alla radiazione, come avveniva quando si trovavano
allo stato libero.
È stata una grande conquista della scienza l’individuazione della struttura di ciascuno dei 103 elementi esistenti oggi nell’universo. Ma, anteriormente all’era della materia, il nostro universo aveva una
composizione del tutto diversa ed un assortimento
di componenti enormemente più semplice rispetto
all’universo attuale. La ragione principale di tale
semplicità primordiale sta nel fatto che, allontanandosi dal presente e avvicinandosi sempre più al big
bang, le temperature (così come le energie) divengono sempre più elevate, impedendo ai componenti più complessi di esistere. Queste temperature
(cioè energie) elevate frantumano, per così dire, gli
edifici atomici più complessi, consentendo, a un dato istante, soltanto l’esistenza di agglomerati di particelle più semplici e con energia più elevata, comunque non inferiore a quella dell’ambiente circostante. In particolare si trova che gran parte degli
atomi e delle molecole (banda rosa della Fig. 5),
con la sola eccezione dell’idrogeno e dell’elio, non
poteva esistere a temperature superiori a 100.000
K, quindi, prima di un’età dell’universo pari a diverse
migliaia di anni, come già accennato.
12
Secondo la meccanica quantistica, ogni onda può considerarsi come un corpuscolo, avente massa m ottenibile dall’equazione hv=mc2, dove h è la costante di Planck, v la frequenza, e c
la velocità della luce. Pertanto, la densità della radiazione si può
calcolare come rapporto fra la massa relativistica m dei fotoni e il
volume occupato, che può assumersi eguale a quello di una sfera di raggio λ/2, essendo λ=c/v la lunghezza d’onda del fotone.
Per converso, ogni particella o corpuscolo di massa m si può
considerare come un’onda avente lunghezza d’onda λ=mc/h,
chiamata lunghezza d’onda di Compton.
13
Ci riferiamo qui all’idrogeno molecolare, in quanto, ad esempio, la comparsa nel cosmo di idrogeno ionizzato (ossia del
semplice protone) avvenne molto prima, intorno a t=10–6 secondi.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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Fig. 7. Formazione di elementi “leggeri”
nell’intervallo di tempo cosmico
da 1 a 104 secondi.
Andando ulteriormente a ritroso nel tempo, si può
notare che nella banda azzurra della Fig. 5, denominata “Energia/Radiazione/Particelle”, suddivisa a
sua volta in sottobande denominate rispettivamente
Quark, Protoni, Elettroni, Raggi γ, Atomi e molecole
(quest’ultima rientrante nell’era della materia, già
commentata), sono indicate, rispettivamente, le
epoche in cui l’esistenza di tali particelle elementari 14 era consentita dall’ambiente circostante e, di fatto, avvenuta.
Allo scopo di dare un’idea di come si può calcolare l’epoca in cui una data particella poteva esistere, faremo due esempi: quello del protone e quello
del fotone γ. Un protone ha una massa a riposo
m=1,67·10–24 g, quindi possiede una energia a riposo 15 E = mc2 pari a circa 1 GeV. Vediamo, dal grafico di Fig. 5, che tale energia è raggiunta dall’universo a t ≈10–6 sec, proprio nell’istante in cui è indicato
l’inizio dell’era del protone o era adronica. A un tempo inferiore il protone non avrebbe potuto esistere
allo stato libero, in quanto si sarebbe trovato immerso in un ambiente a energia (temperatura) maggiore, quindi si sarebbe dovuto rompere in qualcosa di
più piccolo (quark) con conseguente liberazione
dell’energia di legame. Si noti anche, in Fig. 5, che
l’inizio dell’era del protone coincide con la nascita
dell’idrogeno (ionizzato) 16.
Per quanto riguarda il fotone γ, la cui lunghezza
d’onda (minima) vale λ ≈ 10–10 cm, la sua energia
vale E = hv = hc/λ, pari a circa 1 MeV. Vediamo, dal
14
Sebbene la già menzionata dualità onda-corpuscolo (wave-particle duality), sia maggiormente usata per la luce – considerata, a seconda dei casi, come una successione di fotoni (corpuscoli) o come un’onda elettromagnetica – essa vale per qualsiasi particella o radiazione, esprimendo la sua energia a riposo
(rest energy) come quella di un fotone con frequenza v o a quella di una particella di massa m, in base alla già citata relazione hv
= mc2. Questa dualità (materia-onda) fu suggerita per primo dal
francese Louis de Broglie.
Tale energia si ricava dall’equazione della relatività generale, ponendovi eguale a zero la velocità (o la quantità di moto),
quindi l’energia cinetica.
15
16
La parola nascita, vuol dire che a quel momento poteva osservarsi una frazione apprezzabile (diciamo qualche percento) di
quel 75% di idrogeno che troviamo oggi nell’universo, come mostrato dalla Fig. 7.
12 OMAR
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grafico di Fig. 5, che tale energia è raggiunta dall’universo a t ≈ 1 sec, proprio nell’istante in cui è indicato l’inizio dell’era dei raggi gamma, più in generale, dell’era della radiazione (photon era o radiation
era), in quanto la radiazione con lunghezza d’onda
maggiore (raggi γ lunghi, raggi X e luce visibile) sarebbe caratterizzata da una energia minore, quindi
poteva esistere solo in istanti successivi a t = 1 sec.
Si deve notare, tuttavia, che non a tutte le particelle può applicarsi il criterio di determinare l’epoca
della loro formazione in dipendenza della loro energia a confronto dell’energia dell’ambiente circostante. Ad esempio, l’inizio dell’era dell’elettrone, meglio
nota come era leptonica (lepton era) è valutata a t ≈
10–4 secondi, quando l’universo aveva un’energia alquanto superiore a quella dell’elettrone isolato. La
spiegazione di tale fatto sta nella continua creazione e annichilazione di coppie di elettroni-positroni
([6], p. 352).
È, infine, importante osservare che solo gli elementi più semplici furono formati dal big bang (big
bang nucleosynthesis), mentre quelli più pesanti,
come già detto, furono sintetizzati più tardi, all’interno delle stelle (stellar nucleosynthesis). Per i primi,
si veda, ad esempio, il grafico di Fig. 7, tratto dal lavoro [8], dal quale risulta, in particolare, che al tempo cosmico t = 100 s, era già apprezzabile la presenza dell’elio (peso atomico 2), poi cresciuta e stabilizzatasi a partire da t ≈ 300 s. Anche il litio (peso
atomico 3) e il berillio (peso atomico 4) comparvero,
sia pure in proporzione piccolissima (<10–9) entro
qualche centinaio di secondi dal big bang. Gli altri
elementi con peso atomico maggiore sarebbero stati formati successivamente, come già detto, all’interno delle stelle a partire dal tempo cosmico t ≈
100.000 anni (banda rosa di Fig. 5).
Formazione delle galassie
La formazione delle galassie è stata ed è tuttora
molto dibattuta. Secondo le teorie più moderne [9],
essa si fa risalire alle protogalassie, già presenti all’epoca della formazione dell’idrogeno e dell’elio
atomici, ossia a partire da t ≈ 600 milioni di anni, ma
la cui origine è da ricercarsi ancora più lontana nel
tempo, precisamente all’epoca del big bang. Più
precisamente si ipotizza che piccole disuniformità di
pressione prodottesi nei primissimi istanti del big
bang avrebbero prodotto, molto più tardi, quei grumi
(cioè piccole regioni a più alta concentrazione di
idrogeno ed elio atomici) intorno ai quali si sono poi
condensate le galassie più antiche secondo un processo che i matematici hanno potuto individuare e
spiegare. In altre parole, sembra certo che la maggior parte delle galassie sia quasi vecchia quanto
l’universo. Ci si potrebbe chiedere come mai l’espansione dell’universo non si sia verificata in modo
assolutamente uniforme, cioè senza grumi. Se così
fosse stato, non si sarebbero formate le galassie,
quindi le stelle, poi gli atomi pesanti e poi la vita: l’universo sarebbe oggi solo un grande pallone pieno
di elio, idrogeno e onde ed io non sarei qui a scrivervi, né voi ad leggermi 17.
Espansione dell’universo
e radiazione di fondo
Nel secolo scorso furono fatte due importanti
scoperte, che illuminarono la conoscenza del nostro
universo e che confermarono la teoria del big bang.
Una di esse si deve all’astronomo statunitense
Edwin P. Hubble, l’altra a due ricercatori dei Laboratori Bell, Arno Penzias e Robert Wilson.
La prima, alla quale abbiamo già accennato sopra, risale al 1929, quando Hubble scoperse che
tutti gli oggetti celesti facenti parte di una galassia
posta ad una distanza media d dalla nostra galassia, si allontanano da noi con una velocità v (velocità di recessione) proporzionale alla distanza d, secondo la relazione, nota come legge di Hubble:
v = H·d
(1).
La costante H, denominata costante di Hubble,
secondo le ultime rilevazioni del Hubble Space Telescope [11], vale circa 70 km/s per Megaparsec 18
±10%, ovvero, in unità Giorgi (Sistema Internazionale SI o MKS), H = 2,274·10–18 s–1. Si noti che, se
nella (1) si pone v eguale alla velocità della luce
(≈300.000 km/s), si ottiene una distanza d*=14 Gal
±10%, da considerarsi perciò come la massima
possibile. Questo valore è compatibile con quello di
circa 15 Gal che abbiamo ipotizzato per l’età dell’universo, in quanto esso risiede entro l’intervallo di
tolleranza di questa misura (12,6÷15,4 Gal). Ciò significa che non possono esistere galassie ad una
distanza maggiore di d* e che quelle a distanza di
poco inferiore a d* si allontanano da noi con velocità
prossime a quelle della luce.
La coincidenza della distanza massima d* con
l’età dell’universo non è casuale. Occorre, infatti, tener presente che, quando osserviamo oggetti molto
lontani coi nostri telescopi o radiotelescopi, guardiamo nel nostro passato, per il semplice motivo che la
luce (come una qualsiasi altra onda elettromagnetica) viaggia ad una velocità elevatissima ma finita,
pari a circa 300.000 km/sec, quindi impiega un tempo finito per arrivare fino a noi. Così, vediamo Andromeda, la galassia più vicina alla nostra, come
era 2 milioni di anni fa (infatti dista da noi 2 milioni di
anni-luce), vediamo le stelle più lontane della nostra
galassia come erano 50 mila anni fa, il sole come
era 8 minuti fa, la luna come era 1 secondo fa e, se
fossi nella stessa stanza con voi, mi vedreste come
ero circa 30 nanosecondi (cioè 30 miliardesimi di
secondo) fa, quindi quasi ma non contemporaneamente. Come sono ora tutti gli oggetti che abbiamo
citato non possiamo saperlo, possiamo solo immaginarlo, ma è certo che possiamo apprendere com’era l’universo moltissimi anni fa, osservando gli
oggetti celesti più distanti da noi. Dunque, poiché la
misura della distanza in anni luce coincide con la
misura del tempo impiegato dai fotoni per giungere
fino a noi, ne deriva che puntando i nostri telescopi
alla distanza di 15 miliardi di anni luce, potremmo
vedere che cosa è successo in quei punti 15 miliardi di anni fa, cioè a ridosso del big bang, in quanto
riceveremmo i fotoni che partirono da essi 15 miliardi di anni fa. Purtroppo, a quell’epoca, la temperatura e la densità erano così elevate da formare un
muro al passaggio della radiazione, come già accennato sopra. Tuttavia, possiamo ricevere la radiazione partita dopo l’epoca in cui l’universo divenne
trasparente alla radiazione cioè, come detto sopra,
quando aveva l’età di circa 100.000 anni (epoca del
disaccoppiamento), ossia circa 14,9999 miliardi di
anni fa, dunque, abbastanza a ridosso del big bang.
In quel momento, i fotoni iniziarono il loro cammino
verso di noi, viaggiando alla velocità della luce senza perdere più energia, mentre ovviamente ne avevano già persa prima, e molta, durante la loro fase
di espansione durata 100.000 anni o più.
In conclusione, se la legge di Hubble ci dice che
una galassia distante circa 15 Gal si allontana da
noi con una velocità prossima a quella della luce,
ciò vuol dire che tale fenomeno succedeva in quel
punto 15 miliardi di anni fa – ed è questo il motivo
per cui la legge di Hubble costituì una suggestiva
conferma della teoria del big bang.
Ma l’importanza della scoperta di Hubble non si
ferma qui. È, infatti, da considerare che, se un oggetto celeste si allontana da noi con una certa velocità v, a causa dell’effetto Doppler la lunghezza
d’onda λe della radiazione emessa nel lontano passato da quell’oggetto viene da noi ricevuta oggi con
una lunghezza d’onda λo più elevata rispetto a quella emessa, cioè, con uno spostamento verso il rosso (Doppler shift). Lo spostamento verso il rosso Z,
definito come la variazione relativa subita dalla lunghezza d’onda, è calcolabile, nel caso più generale,
mediante la formula, che tiene conto della relatività
generale ([5], p. 330):
λo– λe
1+v/c
Z = ———— = ———— –1
λe
√(1–v 2/c 2)
(2)
dove λo rappresenta la lunghezza d’onda osservata
e λe la lunghezza d’onda emessa. La formula si
Per dare una risposta a questo quesito si stanno cercando
di utilizzare speciali strumenti matematici in un’area di ricerca
che va sotto il nome di “Caos deterministico”. Un’ottima presentazione delle problematiche relative è stata fatta recentemente
da Tito Arecchi in un libro che raccomandiamo al lettore esigente [10].
17
18
Per misurare grandi distanze astronomiche si usa spesso
l’unità Megaparsec, pari a 3,258 milioni di anni luce.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 13
nuovo
semplifica per velocità molto piccole rispetto a quella della luce, in
Z ≈ v/c
[v/c << 1].
(2’)
Dalla combinazione della (1) con la (2) consegue
che, misurando lo spostamento verso il rosso Z della radiazione ricevuta da una stella lontana, è possibile calcolare con precisione la sua distanza d dal
nostro punto di osservazione (altra conseguenza
preziosa della legge di Hubble).
Si noti, a questo proposito, che i tipi di spettri delle radiazioni emesse dalle stelle sono in numero limitato (nove) 19 e pertanto un numero stragrande di
stelle presenta lo stesso spettro, caratterizzato anche dalla presenza delle tipiche righe di assorbimento o di emissione di idrogeno, ferro, cromo e altri elementi in esse contenuti. Se, pertanto – come
avviene in pratica – viene osservato uno dei nove tipi di spettro sopramenzionati, ma spostato sull’asse
delle lunghezze d’onda (o, il che è lo stesso, delle
frequenze), si deduce che si tratta di una stella la
cui distanza d è deducibile direttamente dallo spostamento Z osservato, applicando le relazioni (1) e
(2). Si noti, in particolare, che per v=c, ossia per
d=d*, risulta Z = ∞, e cioè oggetti molto distanti da
19
Nel lavoro [12] si indica la classificazione in nove tipi, contraddistinti dalle lettere dell’alfabeto O, B, A, F, G, K, M, L, T, a
partire dal tipo O (più calde, con temperature comprese tra
31.000 e 49.000 K) fino al tipo T (con temperature ≤1200 K), cadendo il nostro sole nel tipo G.
20
Esiste una corrispondenza univoca tra la frequenza o la lunghezza d’onda di picco (colore) dello spettro di radiazione del
corpo nero, e la temperatura T del corpo stesso, così come tra la
potenza irradiata per unità di area e la sua temperatura T ([5], p.
130).
noi e prossimi al big bang hanno uno spostamento
verso il rosso Z elevatissimo.
L’altra scoperta di grande rilievo fu fatta per caso
nel 1965 da Penzias e Wilson, mentre stavano calibrando uno dei primi radiotelescopi da montare a
bordo dei satelliti. A questo scopo, essi lo puntarono
verso punti del cielo dove presumibilmente non esistevano corpi celesti (cielo nero).
Con loro sorpresa, notarono che, dovunque puntassero il loro radiotelescopio, la radiazione ricevuta
non era mai nulla. Inoltre, lo spettro della radiazione
ricevuta non corrispondeva a nessuno dei nove
spettri tipici delle stelle, ma si presentava come in
Fig. 8, con una intensità massima intorno alla frequenza di circa 150 GHz, corrispondente a una lunghezza d’onda di circa 2 mm [13]. Fu subito evidente che tale spettro era perfettamente sovrapponibile
a quello emesso da un corpo nero alla temperatura
di 2,9 K, secondo la nota legge di Planck della radiazione di corpo nero 20. La stessa radiazione, con
lo stesso spettro di Fig. 8, era rilevabile identicamente in qualsiasi direzione essi puntassero il radiotelescopio, purché libera da specifici corpi celesti
interposti.
Dunque, il cosiddetto cielo nero non era affatto
nero o vuoto, ma era popolato, senza soluzione di
continuità, da un immenso mare di microscopiche
sorgenti di radiazione, equivalenti ad un corpo nero
con l’apparente temperatura di 2,9 K. L’aggettivo apparente è da mettersi in relazione al fatto che la vera temperatura di quelle sorgenti dipendeva dalla loro distanza dal punto di osservazione, sia a causa
dell’effetto Doppler che della legge di Hubble. Era
chiaro che se quella distanza fosse stata prossima ai
15 Gal, ossia al big bang, lo spettro della radiazione
emessa avrebbe dovuto essere centrato su frequenze alquanto più elevate di quella misurata, corrispondenti perciò a energie, quindi a temperature,
enormemente più elevate di quella osservata (2,9K).
Fig. 8.
Misura
della
radiazione
fossile
14 OMAR
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
Ebbene, effettuando i calcoli relativi, Penzias e
Wilson ottennero valori della temperatura e della distribuzione spettrale della radiazione emessa, perfettamente compatibili con l’ipotesi che le sorgenti
di quella misteriosa radiazione fossero collocate a
distanze molto prossime ai 15 Gal del big bang. Per
tali motivi Penzias e Wilson diedero alla radiazione
suddetta il nome di radiazione fossile o di fondo
(background radiation), con chiara allusione al fatto
che essa fu originata dal big bang e giunge oggi a
noi quale testimonianza del big bang.
Dopo questa scoperta, il nostro cielo stellato ci
appare, dunque, come un immenso cuscino di radiazione fossile – assolutamente uniforme e identica a se stessa, in qualsiasi direzione la si osservi –
sul quale si adagiano i vari corpi celesti, le galassie
e gli ammassi di galassie.
Ma la scoperta di Penzias e Wilson fece anche
emergere uno sconcertante interrogativo. Se, infatti, osservando due punti A e B in direzioni diametralmente opposte, ciascuno distante da noi 15 miliardi di anni luce, e si vede esattamente la stessa
radiazione, ciò vuol dire che, all’istante del big
bang, succedevano esattamente le stesse cose in
punti distanti fra loro di 30 Gal non comunicanti l’uno con l’altro. Infatti, il punto B non poteva sapere
che cosa era successo in A, dato che il messaggero più veloce esistente, il fotone, partito da A 15 miliardi di anni fa, raggiunge noi ora, ma raggiungerà
B fra altri 15 miliardi di anni, dunque non ha ancora
portato a B nessun messaggio sullo stato di A, e
pertanto non può averlo influenzato né ora né, tanto meno, 15 miliardi di anni fa. È lecito chiedersi, allora, come si sia creata questa uniformità, senza
una comunicazione, quindi senza interazione fra
punti così lontani. Eppure è certo che tutti quei punti sono esplosi dappertutto nello stesso identico
modo, senza saper l’uno dell’altro. La scienza ha
cercato di dare una spiegazione plausibile di tale
fatto, con la teoria inflazionaria, della quale parleremo nella Parte III. Alternativamente, si potrebbe
pensare all’intervento di messaggeri superluminali,
come i tachioni, finora sfuggiti alla osservazione dei
fisici [16], oppure, ancora una volta, all’intervento
di una volontà creatrice esterna al nostro universo
che orchestrò le modalità della sua nascita (quadratino arancione “0” di Fig. 5).
Energia di legame e forze
Le nostre conoscenze fisiche sulla costituzione
della materia ci hanno consentito di ricostruire agevolmente quanto è successo nell’intervallo di tempo
da t = 10–6 sec a oggi (quasi la metà di destra del
nostro diagramma di Fig. 5), ossia durante la fase
che abbiamo denominato Evoluzione chimica. Allo
scopo di meglio capire le fasi evolutive precedenti,
da noi compendiate nella Evoluzione dal nulla, occorre avere una comprensione più approfondita di
quella forma di energia che viene denominata energia di legame.
È noto che la massa di un composto chimico, come anche quella di un semplice atomo, è inferiore
alla somma delle masse dei singoli costituenti allo
stato libero e che la differenza fra le due è chiamata difetto di massa. Tale differenza corrisponde all’energia 21 che bisogna spendere per scindere il
composto nei suoi costituenti, energia che viene denominata energia di legame.
Ora, come è noto, il legame fra i costituenti di un
aggregato è esercitato da forze, delle quali sono no-
21
Si fa sempre riferimento all’equivalenza tra massa ed energia secondo la relazione E = mc 2 .
Fig. 9.
Il rapporto fra energia
di legame ed energia di massa
in funzione della dimensione
dei vari aggregati
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OMAR 15
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ti oggi quattro tipi: la ben nota forza gravitazionale,
che tiene insieme le masse, la forza elettromagnetica, che tiene uniti atomi e molecole, mantenendo gli
elettroni nelle orbite loro assegnate, la forza forte o
nucleare, che mantiene insieme i protoni e i neutroni (ossia gli adroni) costituenti il nucleo atomico, come anche i quark di cui essi sono formati, ed infine
la forza elettrodebole, che interviene nei decadimenti radioattivi.
Il grafico di Fig. 9 riporta, in scala doppiologaritmica, il rapporto fra energia di legame e energia di
massa dei vari aggregati (molecole, atomi, nuclei,
adroni, quark, ecc.), in funzione della loro dimensione in centimetri. Si può notare che, negli aggregati
più grandi (molecole), l’energia di legame è solo
dell’ordine di 10–10 volte dell’energia di massa, dunque trascurabile rispetto ad essa.
Negli atomi il rapporto sale a 10–8, quindi la situazione non cambia molto. Nei nuclei atomici l’energia
di legame vale circa 1 centesimo (10–2) di quella di
massa, quindi comincia ad essere apprezzabile,
mentre in un protone (adrone), l’energia di legame
finisce per essere dello stesso ordine dell’energia di
massa. Al contrario, nei quark, l’energia di legame
supera di un milione di volte (10 6) l’energia di massa. Possiamo, dunque, constatare che, man mano
che ci si addentra nel più piccolo (passando dalla
22
Una particella virtuale, al contrario di una particella reale,
esiste per un tempo così piccolo da non essere rilevabile direttamente con alcuno strumento di misura, in forza del principio di indeterminazione di Heisenberg. L’azione continua di una forza si
esercita, dunque, mediante l’avvicendarsi di particelle appena
nate che prendono il posto di particelle appena estinte, senza
che noi possiamo materialmente registrare né le nascite, né le
morti: la nostra conoscenza dell’esistenza delle particelle cosiddette virtuali è indiretta, cioè ci deriva dalla misurazione dei loro
effetti sulla realtà visibile, piuttosto che dalla visibilità diretta di
tali entità.
zona rossa alla zona blu di Fig. 9, cioè dalla zona
della materia alla zona dell’immateriale), l’energia di
legame prevale di gran lunga sull’energia di massa,
e pertanto, nel profondo microcosmo, la massa diventa trascurabile e predomina la forza.
È stato chiarito recentemente che le forze si
esplicano attraverso mediatori, costituiti da particelle virtuali 22, e precisamente:
• da fotoni virtuali per quanto riguarda la forza elettromagnetica,
• da gluoni virtuali per quanto riguarda la forza nucleare,
• da gravitoni virtuali (gravitini per distanze inferiori
a 200 m) per quanto riguarda la forza gravitazionale,
• da bosoni vettoriali intermedi virtuali per quanto riguarda la forza elettrodebole.
È, inoltre, da rilevare che, in base al principio di
indeterminazione di Heisenberg, l’energia messa in
gioco risulta tanto più elevata quanto più piccolo è il
tempo di vita della particella, quindi a tempi di vita e
dimensioni minime corrispondono energie incredibilmente elevate. In altre parole, laddove spazio e
tempo si dissolvono, nel regno dell’invisibile e dell’intangibile, lì troviamo le più potenti forze della natura, celate dietro una cortina di particelle virtuali.
La fisica teorica ha sviluppato la cosiddetta Teoria della Grande Unificazione (Grand Unification
Theory, o GUT) con lo scopo di combinare la forza
elettromagnetica con le forze elettrodebole e nucleare forte (unione che si ritiene avvenuta intorno
al tempo t = 10–35 secondi, denominato perciò istante
GUT), nonché le cosiddette Teorie di Supersimmetria o di Supergravità, con lo scopo di riconciliare
tutte e quattro le forze fondamentali della natura,
dunque inclusa anche la gravitazione, in un’unica
forza progenitrice di tutte le forze (superforza). In
Fig. 10 è mostrato come, secondo tali teorie, le
quattro forze sopra menzionate si siano separate
Fig. 10. Nascita
delle quattro
forze
fondamentali
della natura
a partire
dall’unica
superforza,
comparsa
all’istante
del big bang
([14], p. 98)
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dall’unica superforza esistente al momento del big
bang e come si sono successivamente scisse nelle
quattro forze oggi note [13, 14, 15].
Queste scoperte rivoluzionano il nostro modo di
concepire la realtà fisica del nostro universo, che,
per quanto detto, ci appare come nato dal nulla, se
per nulla intendiamo ogni cosa che non sia direttamente percepibile dai nostri sensi o dai nostri strumenti di misura, cioè, che non sia considerato reale, secondo l’accezione più comune del termine.
Per questo motivo, in Fig. 5 abbiamo suddiviso l’intera Storia dell’Universo inanimato in Evoluzione
chimica e Evoluzione dal nulla. Parrebbe anche assurdo parlare ancora di energia di legame quando
ci si riferisca a situazioni in cui praticamente la
massa non esiste più, ma esistono solo particelle
virtuali la cui funzione non può più essere quella di
tenere insieme la materia, bensì quella di esistere
come oggetti immateriali indipendenti, che hanno
le stesse caratteristiche di quelli che abbiamo definito forze.
Oramai i fisici, nello studio dei costituenti ultimi
della materia non fanno altro che trovare gruppi di
simmetria, che non sono altro che strutture matematiche, ricavate dalla teoria dei gruppi, nelle quali
si ottengono i vari componenti dello stesso gruppo
mediante opportune trasformazioni, mentre quelli
successivi sarebbero originati dalla rottura spontanea della simmetria del gruppo.
D’altra parte, gli strumenti che ci consentono di
indagare sperimentalmente quella parte dell’evoluzione dell’universo che precede la cosiddetta epoca
del disaccoppiamento, sono gli acceleratori di particelle (particle colliders), che, tuttavia, al momento
attuale, sono capaci di conferire energie massime
dell’ordine di qualche centinaio di GeV 23. Ma, come
mostra la Fig. 5, con questi livelli di energia possiamo solo simulare le condizioni che esistevano in
corrispondenza di un tempo cosmico superiore a
10–11÷10–12 secondi, ma non al di sotto di esso.
Il tempo di Planck
Anche nel caso che, ipoteticamente, potessimo
disporre di energie comunque elevate, esiste un limite invalicabile alla nostra capacità di acquisire conoscenza mediante misurazioni, stabilito dal principio di indeterminazione di Heisenberg.
Secondo questo principio, non possono essere
misurate energie E e/o tempi t per i quali il prodotto
E·t sia inferiore ad h/2, dove h – detta anche costante di Dirac – è uguale alla costante di Planck h
divisa per 2π 24. In Fig. 11 abbiamo riportato in coordinate logaritmiche di tempo t ed energia E (o di
temperatura T), sia la curva E(t) di Fig. 5 (linea rossa), dove E è inversamente proporzionale alla radice quadrata di t, sia la relazione di indeterminazione
23
Si prevede che in futuro saranno disponibili acceleratori con
energie anche superiori a 10 TeV. Tra essi, il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra, previsto per il 2007, capace di
creare collisioni a 14 TeV, e l’International Linear Collider (ILC)
da completarsi entro la decade del 2010 in una sede ancora da
stabilirsi. Un altro potentissimo acceleratore, il Superconducting
Super Collider (SSC), che doveva costruirsi in Texas con una
potenzialità di 20 TeV, è stato cancellato dal Congresso USA nel
1993, a causa dei costi troppo elevati.
24
La costante h ha le dimensioni di un’azione e vale 6.625
x10–34 joule sec. Si noti che la formulazione originale del principio
di indeterminazione fu fatta con riferimento alla quantità di moto
p e alla posizione s di una particella, e che fu successivamente
estesa al campo duale E, t.
25
Basta eliminare E dalle due equazioni E·t = h/2 ed E =
2,07066·10–13 ·t–0,5. Si ritiene che questo modo di calcolare il tempo di Planck sia originale di questo autore. Nella letteratura corrente sono indicati altri metodi, che tuttavia portano a risultati non
molto diversi dal nostro. Uno di essi, indicato al fondo di Fig. 11,
fornisce tP = 0,539·10–43 s ([6] p. 333); altri forniscono per tP valori di 0,5·10–43 s o di 1,351·10–43 s o semplicemente di 10–43 s. Ancora una volta, invitiamo il lettore a non formalizzarsi sui valori
esatti delle grandezze ma sul significato degli eventi.
Fig. 11.
Determinazione
del tempo di Planck
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E·t ≤ h/2 (linea blu), in cui la parte barrata sottostante, è preclusa alle nostre misure. Si può facilmente
verificare che le due rette si incrociano a t = tP =
0,648·10–43 secondi, dove si è indicato con tP il tempo di Planck o istante di Planck 25.
Al tempo di Planck, corrisponderebbe una energia di circa 1028 eV, una temperatura di circa 1032 K
e una densità di circa 0,5·1094 g/cm3, come evidenziato in Fig. 5. Quanto al (piccolissimo) diametro
che aveva allora l’universo, riprenderemo il discorso
a proposito dell’inflazione, che tratteremo più diffusamente nella Parte III.
Al di sotto del tempo di Planck, la relazione di
Heisenberg vieta che si possa acquisire conoscenza, anche se disponessimo di un ipotetico strumento con precisione e sensibilità illimitate. In altre parole, tutto ciò che si svolge entro tempi inferiori a tP
– quindi anche entro spazi inferiori a c·t P =
1.944·10–33 cm = lP (lunghezza di Planck) – non è e
non potrà mai essere osservabile dagli esseri umani. Per questo motivo, in Fig. 5, la scala dei tempi è
interrotta a sinistra del tempo di Planck mediante
una fascia nera verticale irregolare, proprio per indicare l’impossibilità di fornire dati quantitativi delle
grandezze riportate in ordinate.
Riusciremo, tuttavia, a gettare uno sguardo anche su ciò che ci sarebbe proibito osservare, ma
dobbiamo chiedere ai nostri lettori di pazientare fino
alla pubblicazione della Parte III.
Bibliografia
[1] CATANIA, BASILIO, I molti aspetti dell’informazione - Parte I: Evoluzione della biosfera, OMAR, A.
IX, Aprile 2006, p. 5-18, articolo tratto da una conferenza tenuta dall’autore alla Sezione di Milano dell’AEI (oggi AEIT) il 13 marzo 1986.
[2] MONOD, JACQUES, Il Caso e la necessità –
Saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea (traduzione da Le hasard et la nécessité –
Essai sur la philosophie naturelle de la biologie moderne, Paris, Éditions du Seuil, 1970), Arnoldo
Mondadori Editore, Milano, VIII Edizione, 1976.
[3] CATANIA, BASILIO, Dall’Elettronica alla Fotonica
e dalla Fotonica alla Bionica, L’Elettrotecnica, Vol.
LXXVII, N. 7, luglio 1990, p. 27-43.
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nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
[4] CATANIA, BASILIO, Action unit as a primary unit
in SI, Conferenza tenuta il 22 settembre 1988 al
Convegno Internazionale “Giovanni Giorgi and his
Contribution to Electrical Metrology,” p. 101-106 dei
Proceedings, pubblicati dal Politecnico di Torino nel
1990.
[5] SILK JOSEPH, The Big Bang - The creation and
evolution of the universe, W. H. Freeman & Co. San
Francisco, CA, 1980.
[6] HARRISON EDWARD R., Cosmology - The Science of Universe, Cambridge University Press, 1981.
[7] ROBERT ROY BRITT, Universe Measured: We’re
156 Billion Light-years Wide!, posted on 24 May
2004 at http://www.space.com/scienceastronomy/mystery_monday_040524.html.
[8] EDWARD L. WRIGHT, Big Bang Nucleosynthesis, © 2002-2004, posted on Internet at
http://www.astro.ucla.edu/~wright/BBNS.html.
[9] MEIER, DAVID L., SUNYAEV, RASHID A., Galassie
primordiali, Le Scienze, N. 137, Gennaio 1980, in
“Relatività e Cosmologia” a cura di Tullio Regge,
Ed. Le Scienze, Milano, 1981, p. 105-115.
[10] ARECCHI, TITO, Caos e complessità nel vivente, Lezioni alla Scuola Universitaria Superiore, Pavia, IUSS Press, Pavia 2004, p. 248, disponibile in
http://www.ino.it/home/arecchi/Caos_e_Compless.pdf
[11] Hubble Measures the Expanding Universe,
NASA Press Release, May 25, 1999, disponibile in
http://science.nasa.gov/newhome/headlines/ast25
may99_1.htm.
[12] JAMES B. KALER, Spectra, © 1998, aggiornato
il 17 ottobre 2005, disponibile in http://www.astro.uiuc.edu/cgi-bin/count2.xbm/appl/projects/sow/stats/spectra
[13] PENZIAS, A. ARNO, WILSON, ROBERT W., A
measurement of excess antenna temperature at
4080 Mc/s, Astrophysical Journal, 142, 493, 1965.
[14] BARROW J. D., SILK, JOSEPH, La mano sinistra
della creazione – Origine e creazione dell’universo,
Saggi A. Mondadori, Milano, 1985
[15] DAVIES PAUL, Superforza – Verso una teoria
unificata dell’universo, Mondadori Editore, Milano,
1986 (trad. dall’inglese, 1984)
[16] CATANIA, BASILIO, I messaggeri della legge:
Assoluto e relativo nell’attuale visione del cosmo,
Responsabilità del Sapere, Rome, January-June
1988, A. XL, Vol. 164, pp. 73-91.
Studi e informazioni culturali La medicina nell’antico Egitto
Laura Pezzolla Paganin
Le informazioni che ci sono pervenute in relazione alla medicina praticata nell’antico Egitto, sono
molteplici, non solo contenute nei ritrovamenti papiracei, ma anche in quelli artistici o presenti in altre
fonti. Erodoto, ad esempio, afferma: “la pratica della medicina è talmente diffusa che un medico cura
una malattia e non di più. C’è abbondanza di medici ovunque. Alcuni sono oculisti, altri si interessano
della testa, altri dei denti o dell’addome e altri delle
malattie nascoste”.
Da ciò si deduce che nella terra dei faraoni la
pratica medica era considerata una disciplina particolarmente specializzata e altamente professionale, tanto che i monarchi stranieri ricorrevano spesso
alle cure di questi medici specialisti.
Il termine per indicare un medico era sumu, ed
era rappresentato dal geroglifico raffigurante una
freccia, che probabilmente alludeva allo strumento
usato per estarre corpi estranei o per incidere
ascessi. Il corso di studi, della durata di diversi anni,
veniva praticato presso le “Case della Vita”, una
sorta di Università, dove venivano insegnate discipline diverse come Matematica, Astronomia ecc. I
medici potevano anche essere sacerdoti appartenenti a culti di divinità come la dea Sekhmet, patrona delle malattie, dei farmaci e del corpo medico, o
appartenere alla casta degli scribi come il “capo medico e scriba della parola del dio”.
Il corpo medico era organizzato in forma gerarchica e facente parte dei vertici statali. Ogni medico
rimaneva in contatto con l’organizzazione templare
dove era avvenuta la sua formazione e dove poteva
ritornare periodicamente
per svolgere attività ambulatoriale o di insegnamento. Sicuramente appartenenti a una organizzazione statale erano i
medici militari e quelli
che si occupavano di
infortuni sul lavoro che
avvenivano negli immensi e numerosi cantieri sparsi per tutto l’Egitto.
La professione medica veniva considerata molto
prestigiosa e degli appartenenti a questa organizzazione conosciamo più di 150 nomi (di cui 2 femminili) a cominciare da Imhotep, figura estremamente
importante di scienziato eclettico, vissuto durante il
regno del re Djoser tanto che fu divinizzato e considerato come l’Asclepio egiziano.
Il medico poteva essere assistito, nell’esercizio
della sua professione, da personale maschile ausiliario come infermieri, massaggiatori e terapisti.
Le conoscenze anatomiche che stavano alla base della professione non derivavano dalla osservazione del corpo umano durante i riti dell’imbalsamazione, poiché questi erano effettuati dai sacerdoti di
Anubi, ma erano tratte dai testi antichi e da osservazioni dell’anatomia animale. In modo particolare,
lo studente doveva imparare “ciò che era già scritto
e codificato”. Come dice il papiro Ebers “la sua guida è Thot, che lascia che i papiri parlino da soli,
cómpita trattati e svela la conoscenza ai sapienti e
ai medici che seguono il suo cammino”.
Secondo Diodoro la somministrazione della terapia avveniva “secondo una legge scritta che fu redatta in tempi antichi da molti medici famosi”. E inoltre “se essi seguono le regole come le leggono dal
libro sacro, e tuttavia non riescono a salvare il paziente, sono assolti da ogni accusa; ma se agiscono
contrariamente alle prescrizioni della legge, devono
sottostare a un processo che prevede la condanna
a morte”.
Degli 8 papiri riguardanti la pratica medica, il più
importante è senza dubbio il papiro Ebers che rac-
La regina di Punt:
un caso di lipodistrofia
A fianco: un parto
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Nanismo
coglie circa 700 terapie classificate a seconda dell’organo interessato. Questo testo risale al IV millenio a.C. e successivamente fu continuamente aggiornato fino al Nuovo Regno. Altre opere riguardano la chirurgia, la ginecologia, la traumatologia ecc.
Le conoscenze di anatomia e fisiologia possedute dal medico egizio ponevano il cuore al centro dell’organismo, poiché era considerato come la sede
dell’anima, dell’intelligenza, delle emozioni e della
personalità dell’individuo e che rispondeva delle
azioni del possessore davanti al tribunale degli Dei
dopo il trapassso. Il cuore non era solo l’organo
che, tramite i vasi, portava il sangue a tutto il corpo,
ma era anche il motore di tutte le funzioni fisiologiche. Secondo gli Egizi i vasi interni non trasportavano solo il sangue, ma anche tutte le secrezioni prodotte dall’organismo quali il muco, le lacrime, la bile,
lo sperma ecc., per cui immaginavano il corpo umano come l’insieme del Nilo e dei canali che da questo si dipartivano. Dall’osservazione personale di alcuni medici, notarono che alcuni di questi vasi “parlavano” al medico, infatti questi poteva “misurare” il
cuore dal battito percepito. Da questa immagine
Circoncisione
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che il medico aveva del corpo umano, la malattia
veniva definita come l’occlusione dei vasi che impediva la libera circolazione degli umori. Dall’osservazione delle feci, il medico era in grado di determinare le parassitosi intestinali che erano molto numerose (tenie, ancylostoma duodenale, filarie ecc.) e
prescrivere al paziente la cura appropriata come
noccioli di datteri frantumati, miele e olio di ricino
per l’eliminazione della tenia.
Le patologie esterne e quindi direttamente osservabili erano curate con notevole successo e potevano essere ricondotte a cause ben determinate,
mentre le patologie interne potevano disorientare il
medico che ne attribuiva la causa a forze malefiche
o a demoni che bisognava scacciare facendo ricorso alla magia.
Analizzando i vari papiri medici sono state accertati circa 200 tipi di malattie che però, se mancanti
della descrizione dei sintomi, non sono facilmente
interpretabili.
Le fratture, per esempio, erano classificate in
semplici, con l’osso spezzato in due tronconi, e
Poliomielite
composte con l’osso spezzato in più punti.
I gonfiori e ascessi erano curati con medicazioni
e sui tumori venivano praticate delle incisioni. Le
malattie di sicura identificazione erano la stitichezza, la cistite, l’ematuria dovuta di solito alla bilharzosi, parassitosi particolarmente diffusa, e l’infiammazione del retto.
Oltre alla descrizione dei sintomi trattati nei papiri
medici, è possibile diagnosticare diverse infermità
osservando rilievi e statue. Uno degli esempi più noti è la raffigurazione della regina del regno di Punt,
raffigurata nel tempio di Hatshepsowe a Deir el
Bahari, che rappresenta un evidente caso di obesità,
probabilmente aggravato da lipodistrofia. Le caratteristiche peculiari mostrate dalle statue di Eknaton, ri-
cordano la sindrome di Fröhlich, causata da un tumore ipofisario. Molto numerosi sono i casi di nanismo, di deformazioni della colonna vertebrale dovute a cause diverse, rachitismo, poliomielite ed ernie.
Particolarmente diffusa era la ciecità, probabilmente dovuta a tracoma, a causa del clima secco e
alle mosche che ancora oggi sono presenti e causano gli stessi problemi soprattutto ai bambini. Proprio per difendersi da questa malattia, gli egizi usavano contornare le rime palpebrali con grasso e galena o malachite.
Nel 1825, grazie ad una autopsia effettuata su
una mummia femminile di epoca tarda, venne diagnosticato un tumore maligno ovarico che diede inizio allo studio delle varie patologie riscontrabili nelle mummie presenti nei vari musei. Da allora l’elenco delle malattie e parassitosi messe in evidenza attraverso vari metodi diagnostici è andato sempre
più allungandosi: malaria, vaiolo, poliomielite, calcolosi urinaria, e incredibilmente ateroscherosi. Il ritrovamento di scheletri appartenenti alle classi più
povere ha permesso di stabilire che i lavori pesanti
incidevano notevolmente sulle strutture ossee, deformando soprattutto la colonna vertebrale con conseguente artrosi e schiacciamento dei dischi intervertebrali. Un’altra caratteristica riscontrata a livello
scheletrico riguarda la elevata frequenza di fratture
che colpiva i maschi, più esposti a ferite di guerra o
a incidenti occorsi sul lavoro.
Molto diffusi erano anche i tumori ossei benigni,
mentre quelli maligni sono stati riscontrati in pochi
casi.
Una patologia molto diffusa in tutte le classi sociali riguarda la patologia dentaria, dovuta al logorio
dello smalto dei denti, probabilmente provocato dalla presenza di polveri minerali nei cibi: le macine di
pietra per la molatura dei cereali e la sabbia trasportata dal vento provocava l’esposizione della
polpa dentaria, con conseguente formazione di
ascessi e fenomeni infiammatori.
Nei testi medici sono state descritte più di 200 ricette per curare le varie malattie, utilizzando nella
preparazione dei vari rimedi sia prodotti di derivazione animale sia vegetale e minerale. Venivano
prescritti anche clisteri, lavande, inalazioni accompagnati dal digiuno e dal vomito, anche con cadenza giornaliera.
Le pratiche chirurgiche riguardavano soprattutto
la cura di ferite e trattamento di ascessi e tumori.
Una di queste pratiche venne utilizzata sulla totalità della popolazione maschile in età puberale: la
circoncisione. La tecnica chirurgica più sofisticata è
rappresentata dalla trapanazione del cranio, che ha
permesso la sopravvivenza del paziente come viene dimostrato dalla ossificazione successiva. Sono
anche attestati casi di “ponti” dentari ottenuti legando i denti caduti a quelli sani medianti fili d’oro o
d’argento.
Gli strumenti utilizzati a scopo chirurgico erano
coltelli, pinze e sonde. Le medicazioni venivano effettuate mediante bende di lino, fili per suture, tamponi, olio, miele e carne fresca per accelerare la cicatrizzazione.
Per permettere al rimedio di agire in modo ottimale, il medico faceva ricorso anche a terapie magiche, rivolgendo preghiere a Dei guaritori come
Amon, Horo, Iside e Serapide. In modo particolare,
in epoca tarda, presso alcuni templi esistevano statue come quella di Imhotep, che venivano considerate taumaturgiche: l’acqua utilizzata per aspergere
questi simulacri veniva bevuta dal paziente che in
questo modo pensava di guarire. Le guarigioni miracolose che si verificavano con questa modalità, sicuramente riguardavano malattie psicosomatiche
che anche allora erano molto diffuse.
Analizzando la letteratura medica, la strumentazione e i rimedi prescritti, si può dedurre che la chirurgia era sicuramente la branca medica più razionale e avanzata, basata su osservazioni oggettive,
mentre la medicina interna si basava molto sulla
magia e le terapie che avevano una certa efficacia
erano decisamente poche, mentre la maggior parte
delle prescrizioni mediche avevano solo un effetto
placebo.
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Studi e informazioni culturali
Una ferrovia, due poli,
una regione europea
Sintesi e commenti di Giuseppe Frego, coordinatore del Comitato
Infrastrutture, Trasporti e Logistica dell’ALDAI
(Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali)1
Giuseppe Frego
Sono questi i titoli e i sottotitoli di una ricerca
commissionata congiuntamente dalle Camere di
Commercio di Milano e di Torino a un gruppo di ricerca coordinato da Giuseppe Russo.
La ricerca presentata a Cemobbio ha avuto una
grande eco nella stampa italiana e sta continuando
a suscitare interesse e ad attrarre l’attenzione di tutto il Nord-Ovest, vale a dire di quello che negli anni
del miracolo economico italiano era chiamato il
triangolo industriale Milano-Torino-Genova.
1) Dal triangolo industriale
a un nuovo asse tra Torino e Milano
“Ditene ciò che volete, ma – penna e carta alla
mano – più del 40 per cento della crescita del reddito (prodotto) del Paese, dal 1951 al 1971, si è prodotta proprio nel “triangolo”. Qui si è addensata la
maggior concentrazione di capitale finanziario e
produttivo. Questo territorio ha assorbito in pochi
decenni il flusso di migrazione interna più considerevole della storia d’Italia (quasi il 50 per cento degli
attuali abitanti del triangolo hanno natali propri o dei
propri genitori in altre regioni)”. Il tutto è avvenuto in
soli 20.000 chilometri quadrati che, nota la ricerca,
rappresenta la metà dei 41.000 chilometri quadrati
dell’Olanda.
Ma che giudizio storico dare del “triangolo industriale italiano”? Si mette in evidenza come sin dagli
Anni Settanta il modello di sviluppo del “triangolo” si
è incrinato; “sono emersi virulenti i sintomi di un
conflitto sociale a lungo sonnacchioso; sono mutati i
modelli di relazioni industriali e anche i modelli di or-
1
Pubblicata su “Sorella Natura”, anno 2, n. 1, 6/2005
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ganizzazione delle imprese”. È nata l’Italia dei distretti che si sono affiancati al triangolo industriale.
Lo sviluppo del Paese ha assunto altre traiettorie. E
proprio allo studio delle traiettorie di sviluppo delle
diverse province italiane la ricerca dedica molto
spazio.
2) I fondamenti del policentrismo
Allargando il quadro di riferimento, la ricerca passa poi a esaminare quel fenomeno di sviluppo che
le scienze geografiche definiscono ‘’Policentrismo”.
L’esperienza empirica ha consentito di osservare
fenomeni di sviluppo dai contorni nuovi. “In modo
intuitivo il concetto di Policentrismo si riferisce alla
presenza in un ambito regionale di una molteplicità
di fuochi di sviluppo”. Le ragioni di questo sviluppo
sono, in sintesi, lo sviluppo delle tecnologie delle
informazioni e delle telecomunicazioni, oltre alla rapida diffusione del trasporto privato nelle famiglie e,
infine, nel rapido successo, dove sono state introdotte, delle ferrovie ad alta velocità. Ma quali sono i
più significativi esempi di Policentrismo in Europa?
La ricerca prende in considerazione:
1) la regione policentrica del Randstad Holland;
2) l’invenzione del “diamante fiammingo” in Belgio;
3) Reno-Rhur: una regione in cerca di una immagine geografica unitaria di successo;
4) Scozia centrale. Esiste un reale bipolarismo
fra Edimburgo e Glasgow?
Vengono anche analizzati i fenomeni di Policentrismo negli Stati Uniti con il caso di MinneapolisSaint PauI. Attenzione viene riservata anche al Canada con i casi di Vancouver, Montreal e Toronto.
3) Quando il TGV attraversò la Francia
Quando nel 2009 sarà completata la linea AV/AC
tra Torino e Milano cosa succederà tra queste due
città e nelle città intermedie come Chiasso, Santhià,
Vercelli, Novara, Magenta, Rho? Cos’è successo in
Francia in situazioni confrontabili?
SCHEMA TORINO-MILANO
TEMPI MINIMI DI PERCORRENZA
La ricerca di Giuseppe Russo analizza l’esperienza francese mettendo in evidenza:
– effetti sulla mobilità delle persone;
– effetti sulla loca1izzazione delle attività economiche;
– effetti sulla redistribuzione delle funzioni urbane;
– effettiva generazione di sistemi urbani o, almeno, di partnership urbane.
a) Qual è stato l’effetto dell’Alta Velocità sulla
mobilità delle persone?
I numeri di maggior successo sono quelli della linea Parigi-Lione; dal 1980 al 1984 il numero di passeggeri è passato da 12 a 18 milioni. Gli spostamenti per motivi professionali sono più che raddoppiati. Da interviste fatte ai passeggeri si evidenzia che un terzo dei viaggiatori è stato conquistato
dal treno che prima non usava, un altro terzo ha sostituito l’aereo, infine un altro terzo ha lasciato i treni più lenti per servirsi dei TGV.
In Francia il costo dei biglietti del TGV è equivalente, a meno della prenotazione, ai costi degli
Eurocity. E parlando di costi conviene evidenziare
che il costo chilometrico in auto è compreso tra i 20
e i 40 centesimi di euro (autostrade escluse) mentre
in TGV si spendono dai l0 ai 20 centesimi di euro
per chilometro, che in abbonamento possono scendere sino ai 5 centesimi. (In Italia sulla ferrovia Torino-Milano si spendono dai 5 ai 12 centesimi per chilometro, mentre in auto – escluso autostrade – sono
necessari 25-30 centesimi).
I costi dei treni ad alta velocità sono quindi compatibili con i costi dei pendolari dell’automobile sia in
Italia che in Francia. D’altra parte, muoversi diventa
più gravoso per i pendolari della ferrovia, per cui si
può prevedere che un abbonamento tra Torino e
Milano possa costare 250 euro al mese. In Francia
si è manifestato il fenomeno che aumentano i pendolari dei TGV su percorsi come Parigi-Lille o Parigi-Le Mans appartenenti alla medium-upper class.
Grazie al TGV la classe medio-alta può offrire le
sue competenze a un bacino più ampio e può scegliere il luogo di residenza più lontano dal posto di
lavoro.
b) Per quanto riguarda l’insediamento delle
aziende i TGV che influenza hanno avuto in
Francia?
Si temeva l’effetto dell’attrazione di Parigi sugli
insediamenti aziendali. Si poteva prevedere “l’effetto aspiratore”: molte attività aziendali, localizzate
lungo la linea AV, potevano essere risucchiate verso i capoluoghi agli estremi della linea AV. Questo
fenomeno è avvenuto per le attività finanziarie e si
tratta di un fenomeno generale favorito dalle reti telematiche che determinano la concentrazione degli
affari sulla piazza finanziaria maggiore. Al contrario
i giovani, con un alto grado di addestramento e capacità potenziale, invece che trasferirsi a Parigi,
tendono a mantenere la loro residenza nelle città di
medie dimensioni collocate sulle linee ad alta velocità.
Lille, per esempio, con un’accorta politica degna
di attenzione per le città italiane, si è organizzata in
modo da essere attraente anche per Parigi, Bruxelles e Londra con week-end tranquilli, estesi orari di
apertura dei negozi e dei Shopping Center sconosciuti alle grandi città. Per certi versi si può dire che
c’è stato un certo riflusso di attività dalla grande Parigi verso le città di media grandezza che hanno saputo investire in politiche di accompagnamento delle grandi infrastrutture.
c) Ma qual è stato l’effetto dell’Alta Velocità sull’urbanistica delle città attraversate?
In Francia le stazioni dell’Alta Velocità hanno
avuto un ruolo importante per l’urbanistica delle
città. Le stazioni del TGV hanno rinnovato l’urbanistica delle città attraversate. Nelle stazioni del
TGV non ha investito soltanto l’azienda delle ferrovie (SNCF), ma anche le comunità locali e le Camere di Commercio. Il TGV arriva in un cuore cittadino dove sono disponibili metri quadrati per uffici,
per centri commerciali e alberghi. Le nuove stazioni
TGV nelle grandi città tendono a migliorare i collegamenti con i quartieri cittadini. A Lille, per esempio,
si sono fatti investimenti immobiliari su 545.000 metri quadrati tra le due stazioni del TGV. Due torri sono sorte (Credit Lyonnaise ed EuroLille) già occupate al 100%. È sorto il Parco Eurosanté (polo
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d’eccellenza nella biologia e salute che occupa
1.200 persone). È sorta inoltre La Haute Borne (parco scientifico che occupa 140 ettari con 5 scuole di
ingegneria, 60 laboratori e imprese private).
A Lione l’Alta Velocità ha favorito la rinascita culturale della città che ha dato vita a una Biennale che
attira 150.000 visitatori a ogni edizione creando uno
spazio museale unico (il Musèe des Confluences)
dove la scienza si incontra con le scienze sociali e
umane. Il TGV ha inoltre dato un grande sviluppo all’aeroporto di Lione-Satolàs, grazie anche al grande
progetto del famoso architetto spagnolo Santiago
Calatrava che ne aumenta il fascino architettonico.
Gli 8-10 milioni di passeggeri, che si pensa di
raggiungere, senza il TGV non sono neppure pensabili.
d) Ma l’Alta Velocità è riuscita a creare forme di
partnership tra le città collegate?
È significativa al riguardo la partnership nata tra
Lione e Marsiglia, distanti 328 chilometri e a un’ora
e mezza di distanza, se si usa il TGV. Il sindaco di
Lione, Raymond Barre, decise di firmare, nel 1997,
una “carta di cooperazione” con il suo collega marsigliese Jean Claude Gaudin, allora ministro dei trasporti e della pianificazione territoriale. Una delle
prime collaborazioni nate dalla firma di questa carta
è stata quella di sostenere congiuntamente il progetto di comunicazione fluviale Reno-Rodano. Marsiglia con questo progetto si propone di raggiungere
il cuore della Regione Rhône-Alpes e Lione consolida la sua posizione di crocevia fra l’Europa del
Nord, l’arco alpino e il Mediterraneo. Il 21 settembre
1998 Lione ha deliberato la gratuità dei suoi Musei
per i cittadini di Marsiglia e in modo simmetrico lo
stesso succede per i Musei di Marsiglia. L’estensione degli orari dei TGV consente per un cittadino di
Marsiglia di godersi l’ultimo spettacolo teatrale a
Lione e ritornare a casa nella notte e lo stesso, in
modo simmetrico, avviene per il cittadino di Lione
che a Marsiglia ha indugiato sino a tardi alla sera.
Le due città si sono associate per operazioni di
marketing congiunto per vendere assieme Marsiglia
e Lione e attrarre l’insediamento di organismi nazionali e internazionali. C’è una lista di 495 enti che saranno contattati a questo riguardo e che riceveranno proposte per un loro insediamento nelle due
città… I TGV muovono quindi grande cose nelle due
città che collegano ogni giorno. C’è da immaginare
e sperimentare anche un nuovo tipo di sviluppo congiunto tra le due città che si possa considerare successivo – più che alternativo – a quello che ha terminato il ciclo negli Anni Novanta. Forse si rende
necessario accompagnare l’arrivo dell’Alta Velocità
con un nuovo modello di sviluppo sostenuto da una
vera e propria alleanza tra le due città.
4) Far ripartire lo sviluppo dalla grande
regione del nord ovest.
Idee e progetti per una alleanza
tra Torino e Milano
Il Nord-Ovest italiano (Piemonte e Lombardia)
producono il 30% del PIL nazionale, sviluppano il
40% dell’export. Piemonte e Lombardia concentra-
24 OMAR
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
no 13 milioni di persone su di un territorio di 4,9 milioni di ettari. Si tratta di un’area doppia rispetto al
Diamante fiammingo e di una volta e mezzo rispetto al territorio del Randstad olandese. La loro economia produce un reddito totale di 360,8 miliardi di
euro, ossia 100 miliardi in più del PIL dell’intera Italia Centrale, capitale compresa. La produttività media (rapporto tra il reddito e le ULA-Unità di Lavoro
standard corrispondenti a occupati a tempo pieno) è
di 56.000 euro all’anno. Le dimensioni del Nord
Ovest fanno quindi “massa critica”. La maggioranza
relativa di chi lavora si concentra nelle province capoluogo di Torino e Milano. Sommandone gli occupati otteniamo 5 milioni e 710 mila persone. Si tratta di un numero considerevole se si considerano i
5,9 milioni della Baviera, i 5,1 milioni dell’Ile de
France, i 3,6 milioni del West Nederland o i 3,6 milioni del Sud-Est francese (Lione-Marsiglia). Se in
Europa saranno le grandi regioni a competere, di sicuro Torino e Milano sono grandi a sufficienza per
poterlo fare come una grande regione soprattutto se
tra queste due città nasce non solo un collegamento ferroviario, ma una collaborazione finanziaria, imprenditoriale, culturale, istituzionale.
La seconda parte della ricerca è tutta dedicata a
proporre un’alleanza tra Milano e Torino. Innanzitutto, si rende necessario condividere una visione comune dello sviluppo, creare un laboratorio di collaborazioni urbane. È necessario considerare i nuovi
attori economici che agiscono nel contesto delle
due città. Questi attori economici sono assai diversi
dai protagonisti delle grandi industrie così fortemente localizzate, nei decenni passati, nelle due città.
Ci sono ora le aziende ex-pubbliche, che agiscono
ormai come operatori privati e hanno legittimi appetiti di crescita esterna, che però richiede un preventivo irrobustimento interno. Ci sono infine le istituzioni come le Università e le Aziende sanitarie che
hanno dinamiche di sviluppo importanti che devono
essere ben considerate.
5) Su che cosa si può costruire l’alleanza
tra Torino e Milano?
La ricerca, a questo punto, si arricchisce di proposte e fornisce molte suggestioni degne di essere
approfondite.
a) Un’alleanza sugli aeroporti
Innanzitutto, sempre rimanendo nell’ambito delle
infrastrutture, ci si chiede: perché non fare sistema
tra Alta Velocità e Aeroporti?
Se due bretelle ferroviarie ad alta velocità collegassero Malpensa e Caselle alla linea ferroviaria tra
Torino e Milano si raggiungerebbero più risultati:
– ridurre la distanza dei due aeroporti a 45 minuti di “ferrovia veloce”;
– creare un sistema aeroportuale al servizio della grande regione;
– rendere più appetibili i due aeroporti alle grandi
compagnie aeree.
I costi delle due bretelle necessarie per collegare
alla linea principale AV i due aeroporti è di 25-30
milioni di euro per ciascuna bretella. Troppo pochi
per lasciarsi sfuggire l’occasione.
b) Un’alleanza sul sistema congressuale e fieristico
Il mercato nazionale dei congressi vale circa 16
milioni di visitatori all’anno. Roma, città leader italiana per i congressi, assorbe il 16% del mercato
nazionale a fronte di Milano che ne assorbe l’1l % e
Torino che è posizionata al 4%. In Italia il mercato è
molto frazionato e conteso. All’estero si vendono
“congressi in Italia” purché localizzati in “luogo ameno”.
La concorrenza internazionale si fa più attiva; le
destinazioni emergenti stanno diventando Dubrovnik, Atene (con il favore dello slancio olimpico), Budapest, Cracovia, Belfast. Per sostenere questa
concorrenza, Torino e Milano devono allearsi proponendo una offerta congressuale coordinata. L’esempio di Barcellona, che in Spagna attira più del
30% dell’attività congressuale, è degna di studio.
Per quanto riguarda le Fiere la situazione è assai
diversa. Torino può vantare il Lingotto con la Fiera
internazionale del libro, Expocasa, il Salone del gusto (biennale) etc., ma Milano già attualmente occupa il secondo posto in Europa, dopo Hannover,
con i suoi 62 principali eventi espositivi. Con il nuovo Polo esterno di Rho-Pero, inaugurato nell’aprile
2005, si posizionerà al primo posto, in Europa, per
spazi espositivi, con una superficie lorda di pavimento di 530.000 metri quadrati.
La novità è che una nuova stazione sulla linea ad
alta velocità sarà costruita per accedere direttamente al Polo esterno della Fiera di Milano. Le
aziende in grado di fornire servizi fieristici (soluzioni
di problemi organizzativi e logistici, fornitura personale per allestimento e presenza negli stand, ristorazione, prenotazione di viaggi e soggiorni, gestione
della comunicazione aziendale, della pubblicità, organizzazione di eventi, offerta di servizi Internet
etc...) possono, in modo conveniente, trovare allocazione, come attività indotte dalla Fiera, nelle città
localizzate lungo la linea AV. La linea AV oltre a Torino e Milano collega agli aeroporti di Caselle e Malpensa e si verrà quindi a collegare con il Polo esterno di Rho-Pero della Fiera di Milano.
Quello delle alleanze in tema di Fiere è un tema
difficile, ma nella situazione italiana Torino e Milano
potrebbero lanciare un’alleanza (la ricerca propone
un “fidanzamento”) per valutare tutte le possibili collaborazioni nel sistema congressuale e fieristico che
si sta costruendo con l’aiuto dell’AV, Torino potrebbe diventare “incubatore” di iniziative che Milano potrebbe sviluppare in caso di successo in ragione dei
grandi spazi espositivi. Un’alleanza dichiarata, in via
preliminare, su questa base potrebbe consentire
un’attività comune di promozione all’estero delle
Fiere italiane. Torino e Milano potrebbero diventare
addirittura i “pivot” di tanti enti fieristici italiani medi e
piccoli alle prese con opportunità di sviluppo che
non riescono a cogliere a pieno.
c) Un’alleanza tra le Università. Una “fabbrica”
unica per i Master del Nord Ovest
Un’alleanza, assai significativa, è già avvenuta in
questo campo con la creazione dell’Alta Scuola Politecnica (ASP) creata dalla collaborazione dei due
Politecnici di Torino e di Milano.
L’Alta Scuola sta iniziando con 150 studenti: 90
di Milano e 60 di Torino. Per il prossimo anno accademico, la metà degli studenti sarà selezionata al di
fuori di questi due atenei: 25% in altre regioni e il
25% all’estero. L’Alta Scuola si ispira a modelli stranieri quali l’Imperial College di Londra, l’Ecole polytechnique e l’Ecole centrale di Parigi. Gli allievi hanno ottenuto una laurea di primo livello e, mentre frequentano il quarto e quinto anno, partecipano ai seminari e alle iniziative della scuola. C’è da augurare
successo a questa iniziativa appena avviata.
Sullo slancio di questa iniziativa Torino e Milano
possono costruire un “Distretto dei Master” alleandosi per coordinare un catalogo comune delle opportunità formative di alto livello.
d) Un’alleanza sul sistema medicale (un metadistretto medicale)
Il peso del settore sanitario nell’economia è del
4,5% del PIL in Piemonte, mentre in Lombardia è
del 3,6%. È sbagliato, sostiene la ricerca, concepire
la sanità come un servizio. La Sanità è in realtà
un’industria, o meglio una filiera.
Due esempi di realtà europee possono chiarire il
concetto:
1) A Tolosa la sanità è diventata una filiera. Il
suo sistema integra la ricerca (80 laboratori di ricerca statali) le università e le società private in continua espansione. Il Centre Hospitalier Universitarie
de Toulouse impiega 9.000 addetti e 2.000 medici
che si prendono cura di 150.000 pazienti. Nel 2007,
a Tolosa, in un’area industriale dove nel 2001
esplose un impianto chimico, nascerà il Canceropòle, un attrattore di pazienti, di ricercatori, di laboratori pubblici e imprese private.
2) La Medicon Walley unisce con una filiera sanitaria Danimarca e Svezia. Il polo ospita 26 ospedali
universitari (con 14.000 posti letto). Vi lavorano
4.000 ricercatori, 14.000 medici e scienziati, 20.000
infermieri con un serbatoio di 135.000 studenti. Può
essere utile dire che la spinta alla collaborazione
transfrontaliera ha avuto un grande impulso dalla
realizzazione della grande infrastruttura stradale e
ferroviaria denominata Oresund che collega, con un
ardito ponte, Danimarca e Goteborg. Qualche merito al successo della Medicon Walley deve essere
attribuito anche ai collegamenti assicurati da questa infrastruttura. Se si sono unite due nazioni diverse è improponibile unire due regioni come il Piemonte e la Lombardia per la creazione di un metadistretto medicale?
e) Un’alleanza per l’Arte Contemporanea: una
cooperazione utile, anzi obbligatoria
La ricerca analizza i punti di forza e di debolezza
di Torino e Milano e l’ambizione di una possibile integrazione. Il Museo al Castello di Rivoli, la Galleria
civica di Arte Moderna, i nuovi spazi espositivi delle
ex Officine Grandi Riparazioni a Torino, la Triennale di Milano, la manifestazione di Miart, la Fabbrica
del Vapore a Milano indicano punti focali di possibile crescita. Torino ha iniziative di eccellenza nell’Arte contemporanea, Milano è una capitale del collezionismo e della editoria. Assieme possono entrare
nel circuito delle “big exhibition” e questo può giustificare un’alleanza. Si deve tener conto del codice
dei Beni Culturali, promosso dal Ministro Urbani e in
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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vigore dal l0 maggio 2004, per cui i privati possono
diventare titolari di un diritto di uso del bene. Torino
e Milano non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione di creare un reseau di musei e promuoverne
la valorizzazione.
f) Un’alleanza per Cinema, Televisione e Teatri.
Se la ricerca culturale può diventare industria
di esportazione
Per quanto riguarda il cinema, Torino ha un Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana,
ha Torino Film Festival. Si aggiungono archivi di fotografia, biblioteca e cineteca. Il mercato internazionale dei film si incontra a Milano nel Mifed che resta
il secondo mercato europeo dopo Cannes. Spazi di
collaborazione tra le due città si possono trovare
nelle attività delle cineteche impegnate nella messa
in sicurezza dei film da trasferire su supporto sicuro.
Torino è in grado di proporre una scuola internazionale sul restauro dei film da fare assieme a Milano.
Unendo le virtù di Milano e di Torino nel cinema,
si ottiene un risultato maggiore della semplice somma. La stessa cosa si può dire se si esaminano le
attività nel campo dei Centri televisivi insediati nelle
due città. Se si esamina la situazione delle due sedi
Rai di Milano e Torino e si superano le opacità delle questioni politiche e di campanile si trova che
Education, Animazione, Documentaristica sono tra i
possibili campi di collaborazione. Negli enti lirici
quali il Regio di Torino e la Scala di Milano, due
grandi teatri a 50 minuti di distanza, le collaborazioni e le alleanze sono possibili nelle coproduzioni da
esportare.
6) Il protagonismo delle Camere
di Commercio. Oltre la Torino-Milano
verso la Genova-Basilea
Naturalmente la sfida vera è quella di passare
dal “dire” al “fare”. Questo studio della Camera di
Commercio di Torino, presieduta da Alessandro
Barberis e della Camera di Commercio di Milano,
presieduta da Carlo Sangalli, sono un forte invito a
non perdere il treno dell’alleanza tra Torino e Milano
che arriva, con la linea ad alta velocità, nel 2009.
Ma il generoso discorso sulle alleanze sembra
essere contagioso. È stata recentemente presentata a Genova un’estensione dello studio di Giuseppe Russo che coinvolge il capoluogo ligure, vale a dire il terzo lato dello storico ‘’triangolo industriale”. L’ampliamento dello studio è stato voluto
dalla Camera di commercio di Genova presieduta
da Paolo Odone.
Vi è inoltre da segnalare il forte protagonismo
delle Camere di Commercio localizzate sull’asse di
un altro Progetto prioritario europeo il TEN 24
(Trans European Network 24).
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Il TEN 24, dal 29 aprile 2004, fa parte dei progetti Prioritari europei approvati definitivamente dal
Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo. Questa importante infrastruttura ferroviaria si propone di
collegare Genova con Novara/Milano/Basilea/Rotterdam/Anversa.
Per realizzare un collegamento veloce che unisce il Mediterraneo al Mare del Nord attraverso l’Europa centrale sarà necessario realizzare 3 grandi
trafori: il traforo del terzo valico dei Giovi, i trafori di
base svizzeri del Loetschberg e del San Gottardo.
Dal giugno 2004 le Camere di Commercio di Genova, Alessandria, Novara, Verbania collegate con
le Camere di Commercio di Briga e del Vallese si
sono unite con le Camere di Commercio di Karlsruhe, in rappresentanza delle Camere tedesche, e
le Autorità portuali di Rotterdam e di Anversa per
promuovere la sollecita realizzazione di questo progetto. Il 18 Aprile 2005 questo gruppo si è presentato alla Commissione Trasporti del Parlamento europeo per sollecitare l’avanzamento del Progetto TEN
24. Questo gruppo si è offerto di diventare segreteria di supporto del “coordinatore europeo” del progetto che dovrà essere presto nominato.
È importante rilevare questa presa di posizione
delle Camere di Commercio che si candidano, con
sempre maggior impegno, come protagonisti dello
sviluppo dell’Italia del Nord-Ovest.
È pure importante evidenziare il ruolo della Svizzera, per quanto riguarda il Progetto TEN 24. La politica dei Trasporti della Svizzera è basata sul trasporto delle merci per ferrovia ed è stata di stimolo
alla stessa politica europea dei trasporti anche per
la sua originale forma di finanziamento. Il Traforo di
base del Loetschberg è già stato completamente
perforato e la linea sarà pronta, dopo aver completato l’armamento ferroviario, per il 2007, addirittura
prima del completamento della Torino-Milano. Il
Traforo di base del San Gottardo sarà completato
nel 2014. La Svizzera e il Canton Ticino (Locamo,
Lugano, Bellinzona) sono molto interessati a queste realizzazioni e quindi credo che si imponga
un’estensione degli studi di Giuseppe Russo per
comprendere anche le possibili alleanze lungo l’asse Genova-Basilea.
Le infrastrutture ferroviarie disegnano collegamenti privilegiati e possibili alleanze tra Torino e Milano, ma anche tra Genova e Basilea. Questo asse
collega il Mediterraneo con il grande Reno al cuore
dell’Europa. Tra Milano e Basilea c’è la stessa distanza che esiste tra Lione e Marsiglia.
Si potrebbe quindi porre attenzione e parlare di
un quadrilatero del Nord-Ovest con ai vertici Torino,
Genova, Milano e Basilea e considerare questa una
grande regione europea, presto unita dalle linee ad
alta velocità, con l’opportunità di poter individuare
alleanze e collaborazioni per lo sviluppo di comune
interesse.
Studi e informazioni culturali 1906, si inaugura
la ferrovia del Sempione 1
Edgardo Ferrari
Il 10 di giugno la linea del Sempione viene aperta all’esercizio: sono previste giornalmente sette
corse di treni nei due sensi (due espressi, due diretti, tre omnibus), più un treno di lusso trisettimanale,
il Simplon-Express, per la comunicazione diretta tra
Milano e Calais, via Losanna-Parigi.
Il traforo è già stato inaugurato, con la consueta e
compassata solennità, un paio di settimane prima, il
sabato 19 di maggio: secondo la retorica imperante,
“in questa data, in eterno memorabile, la nuova “via
delle genti” aperta con titanico lavoro attraverso le
viscere della grande montagna è consegnata ufficialmente al commercio”.
Al mattino, il re Vittorio Emanuele, accompagnato da Sidney Sonnino, presidente del consiglio, e
dalle altre solite autorità, giunge a Domodossola per
salire a Briga in piccola uniforme di generale con
sciarpa e decorazioni: il mancato completamento
della trazione elettrica lungo la linea impone l’uso
della vaporiera al treno reale (la “vaporiera” ansimante, quasi un sussulto di carducciane memorie).
A Briga, salutato da salve di artiglieria, lo accolgono il presidente Luigi Forrer ed il Consiglio Federale al completo. Breve permanenza, giusto il tempo
per la rivista delle truppe schierate in onore all’ospite (“mentre la musica suona vibratamente au drapeu e la bandiera federale s’inchina”), un rapido
dejeuner con i rituali brindisi (in tedesco Forrer, in
italiano Vittorio Emanuele); quindi una nuova rivista
sul piazzale esterno della stazione “ad un battaglione di fanteria e ad uno squadrone di cavalleria, al
suono degli inni dei due paesi, fra gli applausi della
folla ed esperimenti con due mitragliatrici nuovo modello”. Alle quattordici e trenta, ritorno a Domodos-
1
Pubblicato su “Almanacco Storico Ossolano 2006”, Ed.
Grossi - Domodossola (VB) 2005, pp. 9-24. Si ringrazia l’Editore
dott. Sandro Grossi che ne ha concesso la pubblicazione.
sola, subito seguito dal presidente Forrer e dal Consiglio Federale, che ricambiano la visita.
Anche qui si passa in rivista alle truppe schierate
davanti alla stazione internazionale. “Fra gli applausi Sua Maestà il re esce di sotto il ricco baldacchino,
di fianco ha il presidente Forrer, un uomo poderoso
dalla barba brizzolata”, scrive, impietoso se non impertinente, il cronista e continua: “Sua Maestà portava la mantellina e vestiva la piccola tenuta da generale”. Tempo inclemente, a tratti piove, temperatura rigida.
Segue il “pranzo di Corte” (abito di sera e decorazioni), servito alle 17 e 30 nella gran sala della
stazione “magnificamente adornata con arazzi fiori
e tappeti”, con i brindisi allo champagne, gli inni nazionali, i ringraziamenti reciproci per le accoglienze
ricevute. Poi tutti a casa, secondo un cerimoniale rigido e svelto.
“L’Ossola”, il settimanale di informazione, che da
oltre dieci anni si trova in edicola il sabato, ha dedicato un numero unico illustrato (otto pagine su carta speciale) “a S.M. Vittorio Emanuele III, inaugurante il traforo del Sempione”. (Ne sono state stampate copie in abbondanza e quindici giorni dopo si
vendono ad un prezzo stracciato, dieci centesimi
l’una.)
Il traforo inaugurato consta di una sola delle due
gallerie parallele previste in progetto, quella a est,
lunga m 19.803,1; della seconda è stato scavato solo il cunicolo di base, da completare quando l’entità
del traffico abbia reso necessario il secondo binario.
Ciò avverrà solo nel dopoguerra; la galleria lunga m
19.824, completata nel 1921, è attivata all’esercizio
l’anno successivo, a metà di ottobre. Durante i lavori del traforo questa seconda galleria, collegata alla
prima da gallerie trasversali ad ogni duecento metri,
è risultata molto utile per la ventilazione, i trasporti e
lo smaltimento delle acque.
Prendono il via le feste popolari, meno impacciate dalla severa ufficialità. Sono state precedute già
a febbraio, la domenica 25, dalla gita a Briga offerta
dall’impresa Brandau agli “amici suoi” attraverso la
grande galleria, dopo la regolare consegna del tunnel alla Confederazione Svizzera. Su “L’Indipendente” (28 febbraio, n. 9, p.1) il resoconto è firmato
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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dal dott. Achille Samonini, il sindaco di Domodossola.
Un treno speciale parte da Milano il 28 maggio
per Losanna; qui sempre il presidente Forrer riceve
gli invitati: alla sera “Banquet d’inauguration offert
par la Confédération” (è previsto il frac). Il giorno dopo tutti si imbarcano ad Ouchy per Ginevra, Montreux, Territet e Sion. Il 30 maggio i treni speciali sono addirittura tre e lasciano Sion per Milano, con
una breve sosta a Domodossola. .
Dal 31 maggio al 2 giugno Milano (concerto alla
Scala) e Genova ricevono con entusiasmo grande
ed apposite manifestazioni le delegazioni del paese
amico, e la flotta italiana, ormeggiata nel porto della
Superba, alza, per la prima volta nella storia, la bandiera federale elvetica. Gli ospiti svizzeri non possono accogliere l’invito a visitare Torino e Novara: li
costringe al rientro in patria l’apertura dei lavori legislativi del Consiglio Federale.
A Milano l’Esposizione internazionale, intitolata al
Sempione, è stata inaugurata, presenti il re e la graziosa regina, il 28 aprile, con un breve ritardo sulla
data annunciata: durante le feste di Pasqua un’eruzione del Vesuvio aveva devastato i paesi del napoletano, provocando numerosi morti e crolli persino
nel capoluogo.
A Domodossola il Comitato per i festeggiamenti
mette insieme un programma denso di iniziative: si
scopre sulla facciata del Municipio la lapide del conte Giacomo Mellerio (scultore Antonio Lusardi) e
con ciò la città paga un debito di riconoscenza, trascurato per troppo tempo; si accoglie con entusiasmo l’ultima diligenza svizzera valicante il stazione
internazionale; si appronta un superbo trattenimento pirotecnico; si organizzano al Teatro Galletti almeno due spettacoli de La favorite, la grand-opéra
in quattro atti musicata da Gaetano Donizetti e coronata da solido successo (seicentocinquanta rappresentazioni solo all’Opéra di Parigi, dove ha debuttato nel 1840), il tutto accompagnato da una serie di eventi sportivi a forte richiamo popolare (gare
di tiro al piattello, campionato ciclistico, concorso ippico).
Non può mancare il grande banchetto d’onore, la
sera del 31 di maggio, all’Hotel Terminus & Espagne, sontuosamente preparato dal proprietario Luigi
Barbitta.
Allo champagne il sindaco Samonini annuncia
che sarà conferita la cittadinanza onoraria a Carlo
Brandau, il quale, informato telegraficamente, si dichiara “commosso per sommo onore essere cittadino italiano di Domodossola”. All’ing. Brandau il Comitato domese offre una copia della Divina Commedia illustrata dal Doré, con ricchissima legatura.
Dal 31 maggio al 3 giugno si svolgono le cerimonie religiose: a presiederle viene chiamato il Metropolita mons. Teodoro dei Conti di Valfré di Bonzo,
arcivescovo di Vercelli; la diocesi, priva del suo Vescovo, mons. Mattia Vicario essendo morto il 5 di
marzo, è rappresentata dal Vicario Capitolare,
mons. Giovanni Battista Del Signore. A dar risalto al
significato spirituale e sociale delle celebrazioni sono incaricati “due signori del pensiero e della parola:
il giovane padre Giovanni Semeria, barnabita, e il
padre Teodosio di San Dietole, francescano”. In vista della speciale solenne circostanza il Santo Pa-
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dre si è degnato di concedere la dispensa dei cibi di
magro e del digiuno “per tutti quelli indistintamente
che in quei giorni si troveranno nel territorio di Domodossola al confine d’Italia”.
In Collegiata si canta il Te Deum di ringraziamento, eseguito da cinquantasei artisti di Milano
(coristi della cappella del Duomo ed orchestrali della Scala), si benedice la grande statua del Sacro
Cuore, realizzata per sottoscrizione popolare e posta, a ricordo delle feste sempioniane, sull’altare in
capo alla navata di sinistra.
Dopo la Messa Pontificale, per speciale concessione cantata da requiem, di suffragio ai caduti del
Sempione, il 2 giugno ci si reca a Balmalonesca per
inaugurare nella chiesetta di santa Barbara una lapide di don Antonio Vandoni (un’altra volta scultore
Antonio Lusardi); il cappellano del traforo è tragicamente morto nel luglio 1904 travolto dalle acque
della Diveria.
Il re ha dato il via alle cerimonie ufficiali, il re le
conclude; eccone la notizia: “Onorificenze - Apprendiamo con intimo compiacimento che Sua Maestà il
Re nell’occasione della sua gita a Briga per l’inaugurazione del Traforo del Sempione si è degnato di
conferire motu proprio la commenda mauriziana all’illustre Carlo Brandau, la croce di cavaliere mauriziano al cav. rag. Paolo Bianchi segretario generale
dell’impresa del traforo, e la croce della corona d’Italia agli ingegneri Giuseppe Lanino, Giuseppe
Cattò, Remigio Garroni ed Iginio Muzzani.
Il Sovrano si è pur compiaciuto di offrire ai decorati le cavalleresche insegne.” (“L’Ossola”, 16 giugno, n. 24, p. 2)
Il re si è degnato pure, pochi giorni prima, di nominare cavalieri della Corona d’Italia con altro motu
proprio l’ing. Enrico Bazzaro, autore dell’elicoidale
di Varzo, e l’ing. Arturo Gozzi, rimettendo anche a
loro, naturalmente, le insegne cavalleresche.
Per il sindaco di Domodossola, dott. Achille Samonini, attivo presidente del Comitato cittadino dei
festeggiamenti, Giolitti comunica all’on.Falcioni che
S.M. il Re si è degnato conferire motu proprio la
Croce di Cavaliere dei S.S. Maurizio e Lazzaro e si
è compiaciuto di rimettergli le insegne cavalleresche (“L’Ossola”, 7 luglio, n. 27, p. 2).
Gli “eroi del Sempione”, le migliaia e migliaia di
uomini, che con fatica e dolore grandi hanno “fatto”
il traforo, assenti nell’ufficialità di Vittorio Emanuele,
li riconosce e li onora Giovanni Pascoli, il quale li
consegna alla Storia vivi nell’immortalità della poesia: “Uomini, è il giorno settimo: guardate/ che ciò
che voi faceste è buono!”.
Intanto a fine maggio, Sonnino si è dimesso e
Giolitti ha formato il suo terzo ministero, che presenta alla Camera e ne ottiene la fiducia, senza difficoltà, il 12 di giugno. Falcioni vota a favore (“L’Ossola”, 16 giugno, n. 24, p. 1).
Grosse frane si verificano nella galleria n. 2 del
tunnel del Sempione: “Queste frane insieme all’aumento continuo del traffico fanno sempre più sentire
il bisogno di veder presto ampliata anche la seconda galleria e portata a sezione normale. A Berna un
nucleo di apostoli del Sempione va sostenendo
questa necessità”. (“L’Ossola”, 12 luglio, n. 28, p. 2)
A Roma, l’on. Falcioni presenta un’interpellanza.
Non si ferma comunque “il faticante succedersi
di tanti festeggiamenti, inaugurazioni, visite e ricevimenti”; ricordiamone solo alcuni.
Il 15 di luglio, l’occorrenza è stata annunciata con
largo anticipo, le colonie ossolane di Lione e Ginevra sono a Domodossola “in corpo con bandiere”
per onorare e prender parte al grande avvenimento
del traforo. Il fraterno banchetto si tiene sotto il porticato del Teatro Galletti. convenientemente addobbato: la quota di partecipazione è fissata in lire 3 e
50.
Il 17 di settembre si celebrano sul Lago Maggiore i benemeriti del traforo. Durante il pomeriggio, all’Isola Bella nel prestigioso palazzo Borromeo, con
acconcia cerimonia vengono distribuite le medaglie
d’oro al conte Giberto Borromeo, presidente del Comitato italiano pel valico ferroviario del Sempione, a
Carlo Brandau, alla famiglia di Alfredo Brandt, a Ettore Mola, diligente segretario del Comitato. Quindi
si torna a Stresa per la conferenza dell’illustre Alessandro Malladra, il geologo rosminiano, che giorno
per giorno, si può dire, con geniale entusiasmo ha
seguito i lavori del traforo.
Malladra non esita ad affermare che la perforazione del Sempione “è massimo fra i grandi lavori
umani (...), anche a costo di veder(si) collocato a
fianco del panegirista pel quale il suo santo è sempre il migliore fra tutti”. E continua: “La storia del
traforo del Sempione è tutta una sequela di stupefacenti sorprese, di finissime insidie, di pericolosi agguati”. Del protagonista, l’ing. Carlo Brandau, dà
questo vivace ritratto: “Gli antichi favoleggiano di
Vulcano agitantesi sotto il Mongibello; Brandau è il
Titano del Sempione, che a un suo cenno si strugge
e si dilania”.
Da ormai un paio d’anni Alessandro Malladra tiene conferenze sul Sempione allo scopo di raccogliere fondi a beneficio dell’ ospizio “pro-emigranti”,
che deve sorgere a Domo nei pressi della stazione
internazionale. Il “buon lavoro” dei suoi colloqui col
pubblico, oltre che alla competenza ad alla piacevolezza dell’oratore, è anche legato al fatto che gli
stessi si avvalgono di un centinaio di proiezioni luminose preparate ed eseguite dal prof. Francesco
Grassi. Tra queste c’è il telegramma pubblicato dal
giornale di Mendoza (Argentina) “Les Andes” (l0
settembre 1904, n. 5869), del seguente tenore: “
Domodossola (Navarra) 9 settembre. A causa di
una improvvisa e grande cateratta di acque calde si
son dovuti sospendere i lavori pel traforo del Sempione a Madrid”. Proiettato anche a Stresa, “LOssola” (22 settembre, n. 38, p. 1) postilla: “Il pubblico,
con un sorriso leggermente canzonatorio, guarda
verso di noi giornalisti”.
Dopo la conferenza la cena è al Grand Hotel et
des Iles Borromees, degna d’un Borromeo insomma.
La mattina del primo di ottobre è fatta esplodere
la prima mina per il traforo del Lötschberg, destinato a congiungere il Cantone di Berna col Sempione
(‘’L’Ossola”, 13 ottobre, n. 41, p. 3), con ulteriori prospettive di sviluppo attraverso l’Ossola del traffico
sulla direttrice del centro Europa con la pianura padana ed i porti liguri.
Ultima delle grandi feste legate al traforo e “caritatevole apoteosi” dello stesso è l’inaugurazione
dell’ospizio pro-emigranti a Domodossola, nei pressi della stazione.
Nel 1905, a celebrare il giubileo sacerdotale di
mons. Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona e
impegnato nell’attività di soccorso agli emigranti, si
è mossa l’Italia intera con una sottoscrizione, il cui
ricavato, unito ad altri proventi e generose elargizioni, è destinato, per volere esplicito del festeggiato,
alla costruzione in Città di una casa ospizio, simile a
quella di Chiasso.
Il 30 di ottobre si inaugura una palazzina provvisoria (“tre padiglioni tipo chalet, con 12 locali, fra cui
un’artistica cappelletta, il refettorio, il dormitorio e
due infermerie”) e si pone la prima pietra del futuro
edificio. Presidente della commissione dell’ospizio
è ancora il conte Giberto Borromeo.
Alla cerimonia, insieme con mons. Bonomelli, interviene un’“Ospite Augusta”, S.M. la Regina Madre
Margherita di Savoia, la quale, muovendo da Stresa, ha mandato al sindaco di Trasquera una corona
di fiori freschi da collocare a Iselle sulla lapide che
ricorda le vittime del Sempione.
“Poco prima delle ore 13, 30, un altissimo applauso, grida entusiastiche di evviva annunciano
che l’Ospite Augusta è prossima; l’automobile reale
giunge sbuffante fiancheggiata dagli agenti ciclistici
e dai carabinieri a cavallo e la graziosa Regina col
suo simpaticissimo sorriso saluta cortesemente il
popolo plaudente ed entra nel recinto dell’ospizio
mentre la banda esegue l’inno reale.” (“L’Ossola”, 3
novembre, n. 44, p. 1)
La Compagnia Alpina al comando del capitano
Solinas presta servizio d’onore e i pompieri in alta
tenuta prestano servizio d’ordine sotto la responsabilità del tenente geom. Musso.
Il sindaco Samonini “a nome della cittadinanza
porge all’Augusta Donna il più caldo ed entusiastico
saluto”; una ricca corbeille, omaggio delle signore
domesi, viene presentata a S.M., poi subito si passa
alla benedizione ed alla posa della prima pietra.
Questa in realtà è un grosso blocco di marmo (“il
cui solo trasporto fin qui ha costato al donatore oltre
300 lire”), generosamente donato a mons. Bonomelli dal signor Antonio Garfagnini di Serravezza
per il tramite di Giovanni Pascoli, che ha dettato l’epigrafe scolpita sullo stesso.
La cerimonia è breve; si rientra quindi nell’ospizio, viene offerto il tè nel “prezioso servizio antico”
appositamente inviato dal conte Borromeo, mentre
“i bimbi del nostro asilo d’infanzia, accompagnati all’harmonium dal maestro Castellazzi cantano un
grazioso inno in onore alla Regina”. S.M. loda il canto, ringrazia caldamente, e poi, in automobile, si reca all’ospedale di S. Biagio. Qui passa nelle corsie,
s’intrattiene con gli ammalati e affabilmente li
conforta; “prima di lasciare il pio luogo l’Augusta
Donna ha fatto consegnare al presidente la cospicua somma di L. 1000”.
Ora si porta al Collegio Mellerio Rosmini, dove
Alessadro Mallandra le fa da guida nella visita del
museo sempioniano. Appone “l’Augusta sua firma
all’album dei visitatori”, di poi salutata ed applaudita
da professori, studenti e signore, “dopo d’aver spontaneamente stretto la mano a tutti – informa ‘’L’Ossola’’ – risale in automobile per restituirsi a Stresa”.
Il cronista conclude: “Nello svolto di via Galletti sono
schierati i veterani col loro presidente onorario
Comm. Cornut; essi portano le decorazioni (...).
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S.M. li scorge, abbassa il cristallo e per ben tre volte saluta graziosamente i vecchi soldati.
E l’automobile fila rapidamente mentre la pioggia
cade dirotta.”
L’ospizio viene aperto al pubblico poco dopo la
metà del mese di novembre, quando le “pie” suore
di San Vincenzo sono messe finalmente in grado di
intraprendere la loro missione a beneficio dei lavoratori emigranti. Ma a Domodossola l’Opera Bonomelli incontra difficoltà di ogni genere, dall’inizio fino
al suo scioglimento nel 1928. L’edificio nuovo non
sarà costruito; il vecchio, dopo alterne vicissitudini e
sempre più degradato, viene demolito agli inizi degli
anni settanta nel secolo scorso.
Il ricordo dell’Opera Bonomelli è oggi affidato al
prezioso altorilievo rappresentante la Madonna della Pazienza, regalato per l’inaugurazione da Margherita di Savoia e custodito presso il Collegio Mellerio Rosmini di Domodossola.
Con il 1906 l’Ossola finisce di essere emarginata
ed entra nel circuito del traffico internazionale, che
senza dubbio può favorire la sua crescita civile ed
economica.
Certo, le attese sono state lunghe, con ostacoli
che parevano insormontabili. Indichiamone solo alcuni.
Nel 1860 l’ing. Vauthier presenta già per il Sempione il progetto di una galleria lunga poco più di diciotto chilometri, ma a Torino la commissione Paleocapa, incaricata di studiare “quale sia la direzione a darsi ad una ferrovia attraverso le Alpi elvetiche”, è ancora incerta nella scelta fra il Lucomagno
e lo Spluga. Sei anni dopo, il generale La Marmora,
presidente del consiglio dei ministri che sta preparando la guerra all’Austria, invia una nota al Consiglio Federale per dichiarare che il governo sabaudo
non può sussidiare il Sempione “perché il Sempione
non ha interesse alcuno per l’Italia e non sarebbe
che concorrente al Moncenisio” (“La Voce del Lago
Maggiore”, 16 marzo 1866, n. 9, p. 3). Una settimana prima, lo stesso settimanale (9 marzo, n. 8, p. 2)
ha dato la notizia che il Ministro dei lavori pubblici
Jacini ha presentato al parlamento di Torino il progetto di legge “per offerire un premio cospicuo a
quella compagnia che volesse assumere l’opera
grandiosa” del traforo del San Gottardo: l’offerta è di
trenta milioni di lire.
Neppure sono mancati, in ogni momento, i pregiudizi. Ancora nel 1892 Edmondo Brusoni, uomo
non privo di cultura, che vive ed opera in Città, scri-
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ve: “L’alpinista o anche il semplice viaggiatore non
dovrebbe desiderarlo (il tunnel del Sempione), perché una volta compiuto il traforo la bellissima strada
internazionale sarebbe trascurata e negletta”.
Quando però l’opera prende l’avvio, la classe dirigente ossolana si mostra all’altezza della circostanza; è in grado con l’on. Falcioni di portare le
esigenze della zona in Parlamento e Domodossola
onora pienamente la sua storica naturale funzione
di centro di riferimento, di “capitale” per l’Ossola.
Raggiunto l’obiettivo, le aspettative sono riposte
non tanto e non solo nel turismo, quanto nel traffico
commerciale. I sostenitori del Gottardo hanno insistito che “il Sempione, anche sotto la nuova forma
di ferrovia, sarebbe, come fu sempre, un monumento di potenza e di gloria, ma nulla più di un monumento”.
A cent’anni di distanza, il giudizio sui risultati, abbandonando ogni pietismo e vanagloria ed inutile
burbanza, spetta ai cittadini informati e responsabili, non a chi scrive. Anche al fine di provvedere per
l’avvenire.
Bibliografia
“L’Ossola” e “L’Indipendente”, numeri vari dell’anno 1906.
“La Voce del Lago Maggiore”, numeri del 1866
citati nel testo.
BAZZETTA NINO, Storia di Domodossola e dell’Ossola Superiore, Omegna-Domodossola 1911.
BONOLA GIULIO, La ferrovia del Sempione, Roma
1900.
CHIARAMENTE UMBERTO, Industrializzazione e movimento operaio in VaI d’Ossola. Dall’unità alla prima guerra mondiale, Milano 1985.
FELICE LEANDRO, L’opera Bonomelli di Domodossola e l’emigrazione italiana all’inizio del secolo XX,
in “Oscellana” n. 4/1972, pp. 207-212.
FERRARI EDGARDO, Le cartoline del Sempione,
Domodossola 1986.
GILLA VINCENZO GREMIGNI, Il Traforo del Sempione
e la diocesi di Novara. Dopo cinquant’anni, Novara
1956.
MALLANDRA ALESSANDRO, Il Traforo del Sempione,
Milano 1904.
Il cinquantenario del traforo del Sempione 19061956, Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato,
Roma 1956.
Studi e informazioni culturali - Poesie “La stazione”
e “Raccontare il tempo”
Giuseppe Romano
La stazione
(dove iniziano e finiscono le storie)
Fantasticando, nell’immaginario,
la stazione è un semplice scenario.
Senza registi e senza produttori,
inconsciamente si diventa attori.
Ancora insonnoliti i pendolari,
fin dal mattino corrono ai binari,
legando col lucchetto, in tutta fretta,
al posteggio la propria bicicletta.
Folla che parte tra gente che arriva,
gente preoccupata ed altra giuliva.
Per scioperi o ritardi: imprecazioni,
e per proteste: manifestazioni.
Carrozze che si aprono e si chiudono,
tanti incontri che talvolta illudono.
Storie d’amore che si rinsaldano,
con un addio altre che si sfaldano.
Tanti drammi, commedie e sceneggiate
sono ossessivamente replicate,
come nell’umana vita è abituale
col suo eterno ritorno all’uguale.
Nella calca un distacco lacerante,
lascia la sua famiglia un emigrante;
per sposi e militari compaesani
dolorosi saluti e battimani.
Partono i treni su rotaie sonanti,
disposti in rettifilo e confinanti,
ma alla partenza non si può lasciare
ciò che ognuno vorrebbe cancellare,
quell’insistente lucido fastidio
di pensieri, molesto stillicidio.
Raccontare
il tempo
Reperti, quadri, testi, monumenti
dell’eterno immortalano i momenti.
La rassegna di oggetti in evidenza,
posti con cronologica sequenza,
riporta nei musei alla memoria
i nomi e le vicende della storia.
Il linguaggio dei resti, ormai scordato,
alla mente, dal tempo, è riportato.
Par quasi che la sabbia ammonitrice,
nella clessidra, del tempo indicatrice,
scivoli indietro con tetro fruscio,
mugolando con vago borbottio;
e, nella meridiana, il ferreo stilo,
all’ombra, imponga, del volgar profilo,
di ruotare, in silenzio, all’incontrario,
evocando un insolito scenario.
S’inverte il tempo, affiorano i ricordi
del recente passato e dei primordi.
Bassorilievi esprimono il cammino
di popoli, l’ascesa ed il declino,
Il racconto del tempo s’infittisce,
di poi dilaga, affascina e ghermisce.
Nei vari secoli un’evoluzione:
di armi e gioielli in continua perfezione;
il culto degli dei e degli antenati,
dei riti, nelle tombe, celebrati.
Nulla vien nella storia cancellato,
si trova, sempre, traccia del passato;
dunque è lecito: “il tempo raccontare”
ché in molti luoghi lo si può incontrare.
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Istituto Tecnico Industriale Omar
Borse di studio e premi
assegnati nell’anno scolastico 2006-07
Borse di studio “Cav. Gran Croce Paolo Ferrari”
SAIA FABIO
3ª Elettrotecnica
MELCHIORRE ALESSANDRO 3ª Elettronica
SYED RAFAH
4ª Elettrotecnica
GIRARDI MICHELE
4ª Elettronica
TORRE LUCA
5ª Elettrotecnica
MORREALE ANGELO
5ª Elettronica
Borse di studio in memoria della “Prof. Grazia Cirigliano”
KLYMYUK MYKHAYLO
3ª B Chimica
RICOTTA DAVIDE
3ª A Meccanica
MARCHI ENRICO
2ª A
PASTORE LUCA
2ª C
Borsa di studio in memoria della “Prof. Carmen Ambrosanio”
LAOMEDONTE PRISCILLA
3ª A Chimica
Premio “Fondazione Omar”
SMEDILE PAOLO
2ª A
Si segnala inoltre che lo studente ANGELO MORREALE ha partecipato alla “Gara Nazionale di Elettronica e Telecomunicazioni” classificandosi tra i primi dieci.
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
Istituto Tecnico Industriale Omar La divina Omaredia
Giuseppe Sassi
PREFAZIONE
La Divina Omaredia è iniziata per caso in un noioso pomeriggio del 1965, quando Masnaghetti, un
compagno della mia seconda “terza elettronica”, mi
fece leggere una poesia che aveva frettolosamente
scritto in “onore” del nostro professore di elettrotecnica, che per venire all’Ornar utilizzava una vecchia
FIAT 600 blu targata Milano: il Prof. Monzeglio.
Dopo aver letto la poesia, una trentina di versi in
rima baciata, non ho potuto fare a meno di trasformarli in endecasillabi, aggiungendo altri versi, riguardanti dapprima i miei compagni e poi i professori.
Così, com’era scritto nel destino,
per diventare un “sessantottino”
due volte fui costretto a far la terza
e due volte la quarta. “Eri una verza!”
qualcuno penserà. lo non lo nego.
Ma forse ho un’attenuante e ve la spiego:
un insegnante, Verni Raffaele,
non era certo dolce come il miele.
Questa sventura comunque mi ha permesso di
avere ogni anno nuovi compagni e nuovi professori
e di poterli mandare tutti all’inferno, ma sempre con
le dovute rime. Verso la fine del secolo scorso, ritrovai in un cassetto della scrivania quei versi scritti a
scuola e li completai con un terzo canto, aggiungendo qualche altra avventura che ancora ricordavo.
Adesso, a distanza di anni, leggendo questi versi,
alcuni potranno forse riconoscersi nei personaggi
descritti e spero non se ne abbiano troppo a male.
CANTO I
Segna la sveglia già l’una e trentuno
ed esco. Per la via non c’è nessuno!
Sono colto ad un tratto da spavento,
un boato e un gran colpo di vento,
ed ecco accanto a me sfreccia veloce
una seicento blu che ad occhio e croce
farà venti chilometri in due ore!
Senza tema di sbaglio, è il professore 1.
Calmo e paziente come fossi un bue,
mancan di già sei minuti alle due,
giungo alla scuola, vecchia e malandata,
che a tale punto appare diroccata,
piena di muffa, calcinacci e muschi,
che sembra costruita dagli etruschi.
Anche ‘sta volta già m’ha preceduto
d’un soffio, tant’è ver che l’ho veduto
veloce e ratto salire le scale,
con l’aria d’un che sa di far del male.
Ancor prima che squilli il campanello
ci fa tre o quattro volte già l’appello.
E poi con fare molto intraprendente,
mormorando tra se qualche accidente,
rivolto a noi con un fare assonnato,
egli chiede: “Ragazzi, è già suonato?”
E finalmente suona il campanello;
arriva Abate 2, della classe il bello,
colui che il Magnoni 3 ha già chiamato:
“Il bello nel boschetto addormentato”
Le sue prime parole, è naturale,
sono queste: “Va bene, cioè va male!”
Ultimamente dice anche più spesso:
“Vada qualcuno a prendere del gesso!”
Ieri è riuscito in sol due ore a fare
d’un problema l’abbozzo vettoriale.
L’ha fatto bene e sì velocemente
che adesso pur non ci ha capito niente.
Oggi comunque è in vena di fregare;
pertanto ha cominciato a interrogare.
Il primo che subisce il grande smacco
è Paracchini, nominato Ciacco.
Lo manda al posto con un quattro netto;
infuriato ei gli grida: “Maledetto”!
Esce or un dall’aspetto torvo e nero
chiamato “Annibal di Borgomanero” 4
che si è specializzato proprio adesso
a colpirgli la crapa con il gesso.
Uno che spicca alquanto tra i più belli
è Andreone il “tacco” di Vercelli,
così da tutti chiamato perché
dell’istituto già si sente il re.
Ed ecco uscire trafelato Bassi 5,
ritorna al posto ed esce ora Sassi 6
compagn di Segimiro 7; quel grande ente
che tutte le lezioni tiene a mente!
Al richiamo canino di Baucero
risponde Canepar 8 che acceso un cero,
è uscito alla lavagna interrogato,
dispiacendosi per il tristo fato.
Egli assieme a Fassio ed a Cossutta
costituisce quella setta brutta
dei leccapiedi, spiriti malvagi
che visser sempre tra gli onori e gli agi.
Non ci sono soltanto questi tre:
c’è Segimiro che tra tutti è il re!
Al primo banco a destra c’è Maffei 9
seduttore ed autore di atti rei.
Tutti nel primo cerchio, ai primi banchi,
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stanno l’anime triste, i corpi stanchi,
di coloro che chiamerem violini,
badando ognor di tralasciar Signini.
Questi son Masnaghetti e poi Vandoni
e tanti altri, ma saremo buoni.
A mezzo l’aula stanno l’ombre gravi
di color che son simili agli ignavi.
Citeremo Ziliotto, Abate e Naldi.
Son tutt’attorno quei cervelli caldi,
e questo per non dire anche scaldati,
di quei che vivon di fili saldati.
Di resistenze hanno pieno un armadio:
sono gli spiriti amanti della radio,
maggior tra tutti Vicario e Platini.
Un capitolo tra i cervelli fini
merita Zanzolonda 10, Sputnik primo,
che tra i sadici metto io che rimo.
Or si sente una voce ancora blanda
e poi più forte: ecco un suon di banda
completa di trombone e batteria.
Mi volto per capir tale magia
ed un fatto colpisce la mia vista:
Franzosi 11, con un far da batterista,
batte sul banco con penna e matita,
rendendo triste a ognuno questa vita.
Al professor non dando certo retta,
egli sta componendo una marcetta;
mischiando assiem rumori e note a secchi,
terribile, fa accartocciar gli orecchi.
Per ultim tratterem di Valli 12 il lungo
e a tale conclusione presto giungo:
mentre già Valli con mira perfetta
palle di carta nel cestino getta
perché si possa per bene allenare
per poi a pallacanestro giocare,
ben altri versi mi accingo a comporre:
d’un altro inferno dove potrò porre
i professori e le professoresse,
descrivendo le pene di essi e di esse.
Inizierò col dire degli ignavi.
Vedo una selva là di tronchi cavi.
e dietro a quella sento muover passi.
Vi giungo e vedo corpi stanchi e lassi
pizzicati, udite la gran pena,
da un demonio 13 sul fondo della schiena.
Mentre fuggon le anime più scaltre,
ve n’è una più grossa delle altre
che sulla schiena ha le braccia incrociate
e che prende un gran numer di pedate.
Qui tra sospiri, pianti ed altre pene
guardando in alto egli dice: “Va bene!”
L’avrete già riconosciuto tutti.
Passiamo or ai dannati più brutti,
che stanno sulle rive d’un gran fiume.
Ed ecco verso noi venire un lume
sopra una barca, ed ecco quei che rema.
Ogni alma trista a quell’immagin trema.
Magnon 14 dimonio con gli occhi di bragia
sulla barca i dannati già si adagia.
Mentre questi già vedon grandi pene
ei si volge a lor: “Badate bene!
Tremate tutte voi anime fesse
che mai capiste l’M.K.S.’’
Giunti di là dalla malvagia riva,
un orribile puzzo si sentiva.
Mi guardo intorno, ma non vedo niente.
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
Sento le voci, ma non c’è la gente.
M’accorgo allor che l’anime mal nate
in mucchietti di zolfo son mutate.
Provo a evitarle con movenze leste,
ma una 15 dice a me: “Perché mi peste?”
Da che fu fatta poi di sangue bruno,
riconobbi la voce di qualcuno
che in Terra ci spiegava con moine
come il cracking si fa delle benzine.
M’allontano veloce da colei
che più volte turbò gli studi miei.
Ed eccomi sul sommo d’un gran calle
dominar con lo sguardo giù la valle.
Valle ripiena degli spirti saggi,
dei grandi astri che coi loro raggi
illuminan le menti di qualcuno.
Di tutti quelli ne conobbi alcuno
che in vita tanto fece e tanto disse
per spiegar l’equazione dell’ellisse 16.
Qui è dimostrato quel proverbio bello:
“Anche all’inferno il chiodo è col martello” 17
Vidi un altro che all’ombra di un gran pero
dicea: “Per K maggiore di zero …”
E mentre tutti gli facevan festa,
una pera gli cadde sulla testa.
In quel luogo non fui più a lungo fermo
e giunsi ov’era Cossutta il gran vermo
a far da guardia alla bolgia seguente,
piena di più malvagia ed empia gente.
Poi che un lasso di tempo è già trascorso
da quando scrissi, era l’anno scorso,
delle pene patite nell’inferno
dove dormono il loro sonno eterno
professori ed allievi tutti quanti,
lungi dal luogo dove stanno i santi,
ora mi accingo a scrivere di nuovo
un altro inferno totalmente nuovo,
dov’io ho posto obiettivamente
a patir nel luogo empio tanta gente.
Comincio ora con la descrizione
Di questa mia nuovissima edizione
in forma riveduta e un po’ corretta;
ma passiamo alla cronaca diretta.
Al gran portone che l’entrata cinge
vedo un demonio che di dormir finge.
Il gran portone è chiuso e lì mi fermo
riconoscendo Cossutta il gran vermo
che fa la guardia ai vermi un po’ minori
che stanno dentro, né mai vengon fuori.
Striscia verso di me, ma è troppo lento
e le più infami imprecazioni sento.
Ecco d’un tratto due anime buone
che giungono e mi aprono il portone.
Giungon dal purgatorio stanchi e chini,
l’uno è Vicario e l’altro è Platini.
Li prego di levarmi da quei siti
e loro, dalle preci impietositi,
mi conducono fuor da quell’inferno
e subito mi trovo nell’interno
del purgatorio ove mi saran guide
quell’anime sì buone e sagge e fide.
(continua)
Prof. Monzeglio; 2 Abate Mario; 3 Prof. Magnoni; 4 Signini; 5 Bassi Mario; 6 Sassi Giuseppe; 7 Segimiro Alberto; 8 Caneparo, 9 Maffei Ferruccio; 10 Zanzola; 11 Franzosi Sergio; 12 Valli Carlo; 13 Prof.
Monzeglio; 14 Prof. Magnoni; 15 Prof.ssa Nocera; 16 Prof.ssa Vaccaro; 17 Prof. Martelli
1
Associazione Omaristi Generosa donazione in memoria degli omaristi
Italo, Francesco e Bruno Počkaj
La signora Liliana Puddu di Mestre (VE), cugina dei fratelli Počkaj ed una degli eredi del nostro Italo improvvisamente e prematuramente scomparso, ha voluto fare una generosa donazione in memoria di Italo, Francesco e Bruno Počkaj all’Istituto Omar, all’Associazione Omaristi e alla Fondazione Omar. La donazione all’Istituto è finalizzata all’istituzione di borsa di studio; quella
all’Associazione per il sostegno della rivista “Omar nuovo”; alla Fondazione affinché venga realizzato un Presidio Agrario nella cascina Cineroli a Biandrate, di proprietà della Fondazione, d’intesa con la Facoltà di Agraria dell’Università. È stato proprio Italo Počkaj, in una seduta del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Omar, ad avanzare questa proposta accolta con entusiasmo da tutti, presidente e consiglieri.
L’ing. Gianfredo Comazzi tra i “Novaresi dell’anno”
Nel quadro delle celebrazioni patronali, sono stati nominati novaresi dell’anno 2007: l’ing.
Gianfredo Comazzi, imprenditore, presidente della Metro Com Engineering e della Camera di
Commercio di Novara; il dott. Gigi Santoro, giornalista, direttore di Altaitalia TV, conduttore di importanti trasmissioni culturali su “Radio Azzurra”; il sig. Andrea Lebra, presidente dell’associazione “Liberazione e Speranza” onlus contro lo sfruttamento sessuale e per il sostegno delle donne
che si sottraggono alla violenza ed al condizionamento dei criminali dediti allo sfruttamento. Sono questi i rappresentanti del mondo dell’industria, della comunicazione e del volontariato.
Con particolare compiacimento segnaliamo la nomina dell’ing. Gianfredo Comazzi presidente in carica della C.C.I.A.A. di Novara sempre vicina all’Omar e sponsor delle manifestazioni dell’Associazione Omaristi.
È morto l’ing. Giuseppe Ferrari
Il 19 gennaio 2007 si è spento l’omarista ing. Giuseppe Ferrari all’età
di 61 anni. Lascia la moglie Federica e le figlie Anastasia e Margherita.
Era vice presidente e amministratore delegato della Comoli Ferrari & C.
S.p.A., la nota azienda leader nella distribuzione di materiale elettrico, fondata nel 1929 dal padre Cav. di Gran Croce Paolo Ferrari, pure omarista.
Della Comoli Ferrari la madre sig.ra Marisa Bignoli (91 anni) è presidente
ed il fratello ing. Giampaolo (anch’egli omarista) è l’altro amministratore delegato. La Comoli Ferrari conta oggi 500 dipendenti e 47 filiali in Piemonte, Liguria e Lombardia. Per le sue grandi doti
umane e professionali, l’ing. Giuseppe Ferrari tendeva a stabilire con i suoi collaboratori un rapporto personale quasi familiare che andava oltre il semplice vincolo di lavoro.
Giuseppe Ferrari era anche membro del consiglio di amministrazione della Banca Popolare di
Novara S.p.A. ed è stato presidente del Lions Club Novara Host.
La famiglia Ferrari è molto nota a Novara specialmente per l’impegno nel campo della beneficenza e della solidarietà. È sempre stata presente, con signorile discrezione, in tutte le iniziative assistenziali, non ultima la campagna di ricostruzione del sud est asiatico devastato dallo tsunami.
Il cordoglio della città per la scomparsa dell’ing. Giuseppe Ferrari è attestato dalla grande partecipazione al funerale.
Gli omaristi partecipano al lutto della famiglia.
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Fondazione Omar
Assegnato
il “Premio Fondazione Omar”
Come da programma, con apposita cerimonia
durante l’“Omar Day” del 2 dicembre 2006, è stato
assegnato, per la prima volta, il “Premio Fondazione
Omar” di 2000 euro all’alunno SMEDILE PAOLO
della classe 2 A che nell’anno scolastico 2005-6 ha
conseguito la bellissima media del 9,45.
L’origine e le finalità del premio in argomento sono già state illustrate sulla nostra rivista n. 15 del
maggio 2005 a pag. 32. È stato però lievemente
modificato il bando/regolamento, la cui nuova versione viene qui di seguito riportata.
Il premio verrà ripetuto e, possibilmente, esteso.
PREMIO FONDAZIONE OMAR
La Fondazione Omar istituisce, a partire dall’anno scolastico 2005-6, un premio da attribuire ad uno
studente dell’I.T.I. Omar individuato in base a criteri
di merito in relazione al profitto scolastico, comportamento, applicazione nelle varie discipline ed in
virtù del proprio impegno nel sociale, volontariato,
sport, attività culturali e comunque meritevoli di apprezzamento.
L’istituzione del riconoscimento avviene in relazione ai fini istituzionali della Fondazione ed in collaborazione con l’I.T.I. Omar al fine della promozione e del sostegno dell’opera formativa proprie delle
citate Istituzioni nonché per ribadire ed accentuare il
valore della formazione scolastica, rientrante tra gli
scopi che da sempre la Fondazione promuove e valorizza.
Oggetto
Oggetto del concorso è l’individuazione di uno
studente che sia in possesso di qualità intellettive,
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
pratiche, meritevoli di menzione per i risultati conseguiti a livello scolastico, o nell’ambito del proprio impegno sociale, culturale e sportivo. In presenza di
curricula analoghi verrà presa in considerazione la
condizione reddituale della famiglia dell’alunno segnalato.
Premio
Il premio consiste nel conferimento di assegno di
importo pari a euro 2000 per sostenere le scelte
professionali dello studente.
Partecipanti
Sono considerati partecipanti di diritto gli studenti dell’I.T.I. Omar. Il Dirigente Scolastico dell’Istituto
Omar potrà procedere alla segnalazione di alunni
particolarmente meritevoli entro il 30 settembre di
ogni anno inviando i nominativi e le motivazioni alla
Commissione aggiudicatrice. Eventuali deroghe dal
presente bando, nell’individuazione del vincitore,
potranno essere assunte dalla Commissione aggiudicatrice previa delibera motivata da prendersi a
maggioranza.
Commissione
La Commissione verrà nominata annualmente
dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione
Omar e sarà composta da cinque membri tra i quali
il Presidente della Fondazione, il Dirigente scolastico dell’Istituto Omar, il Presidente dell’Associazione
Omaristi e due membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Omar.
Assegnazione
Il premio verrà assegnato in un’apposita cerimonia in occasione dell’annuale “Omar Day”.
Fondazione Omar - Economia Le novità fiscali
della legge finanziaria per il 2007
Studio Manfredini e Baron
dottori commercialisti e revisori contabili,
in collaborazione con Associazione
Dottori Commercialisti di Milano
e Gruppo di Studio - Eutekne
“manovra finanziaria” per il 2007 era stimata in circa
33,4 miliardi di euro.
Nel corso dell’iter di approvazione parlamentare,
l’ammontare della “manovra” per il 2007, per effetto
sia delle modifiche apportate al DL 262/2006 che di
quelle al disegno di legge Finanziaria 2007, è aumentato a circa 34,7 miliardi di euro.
1. Premessa
La “manovra finanziaria” per il 2007 è costituita:
• dal DL 3.10.2006 n. 262 convertito nella L.
24.11.2006 n. 286, che contiene le disposizioni
fiscali e finanziarie di maggiore urgenza, anche
ai fini della correzione dell’andamento dei conti pubblici per il 2006;
• dalla L. 27.12.2006 n. 296 (legge Finanziaria
2007), che contiene i dati di bilancio per il 2007
ed ulteriori disposizioni di finanza pubblica, anche di carattere fiscale;
• da un disegno di legge “collegato”, che contiene alcune deleghe al Governo per la riforma
del sistema fiscale statale.
Per la conversione del DL 3.10.2006 n. 262 e
l’approvazione della L. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) si è fatto ampio ricorso a votazioni di fiducia, al fine di far decadere i numerosi emendamenti
presentati nel corso dei lavori parlamentari.
Peraltro, i citati provvedimenti hanno comunque
subito nel corso del loro iter di conversione o approvazione notevoli modifiche ed integrazioni, ad opera
di maxi-emendamenti presentati dallo stesso Governo, approvati con i suddetti voti di fiducia.
Inoltre, l’esigenza di conversione in legge del DL
3.10.2006 n. 262 nel termine di 60 giorni dalla sua
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha reso necessario intervenire con la successiva L.
27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) al fine di apportare ulteriori modifiche ed integrazioni ad alcune
sue disposizioni.
Anche la suddetta L. 27.12.2006 n. 296 ha già
subito alcune modifiche ad opera del DL
27.12.2006 n. 299, prima ancora della sua entrata
in vigore.
1.1 Ammontare della “manovra”
Sulla base della versione originaria del DL
262/2006 e del disegno di legge Finanziaria 2007,
approvati dal Consiglio dei Ministri del 29.9.2006, la
La principale componente della “manovra finanziaria” per il 2007 è costituita da circa 15,2 miliardi
di euro di correzione del deficit, al fine di:
• raggiungere il rapporto del 2,8% tra deficit e
PIL 2007, rispetto al 4,8% previsto per il 2006;
• diminuire il rapporto debito/PIL del 2007 al
106,9%, rispetto al 107,6% previsto per il 2006;
• ricostituire un avanzo primario del bilancio dello Stato, pari al 2% nel 2007, rispetto al –0,3%
previsto per l’anno in corso.
1.2 Finalità della “manovra”
Come evidenziato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge Finanziaria 2007, le
finalità della “manovra” sono, in sintesi, le seguenti:
• risanamento strutturale della finanza pubblica;
• rilancio sostenibile della crescita economica;
• equità sociale e protezione degli strati sociali
più deboli;
• maggiore efficienza della spesa pubblica.
2. Il “collegato fiscale”
Il DL 3.10.2006 n. 262, contenente “Disposizioni
urgenti in materia tributaria e finanziaria”, c.d. “decreto collegato” alla legge Finanziaria 2007:
• è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del
29.9.2006;
• è stato pubblicato sulla G.U. 3.10.2006 n. 230;
• è stato approvato dalla Camera dei Deputati,
in prima lettura, il 27.10.2006, con votazione di
fiducia sulle numerose modifiche ed integrazioni contenute nel maxi-emendamento presentato dal Governo;
• è stato definitivamente approvato dal Senato,
in seconda lettura, il 23.11.2006, senza votazione di fiducia.
Il testo del DL 3.10.2006 n. 262, coordinato con
le modifiche apportate in sede di conversione, e la
relativa legge di conversione 24.11.2006 n. 286 sono stati pubblicati sul S.O. n. 223/L alla G.U.
28.11.2006 n. 277.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 37
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2.1 Struttura del provvedimento
Il DL 3.10.2006 n. 262 era originariamente costituito da 48 articoli suddivisi in 11 Capi.
In sede di conversione in legge, per effetto del
maxi-emendamento presentato dal Governo e approvato dalla Camera dei Deputati:
• gli articoli del DL 262/2006 sono stati ridotti a
tre, in particolare:
• – l’art. 1, che riprende, con alcune modifiche
ed integrazioni, il testo originario del provvedi-mento;
• – l’art. 2, composto da 181 commi, con il quale
sono stati accorpati, con modifiche e soppressioni di norme, gli originari artt. 2 - 47;
•– l’art. 48, relativo all’entrata in vigore, rimasto
invariato;
• è stata abolita la suddetta suddivisione in Capi.
2.2 Entrata in vigore e decorrenze
Il DL 3.10.2006 n. 262 è entrato in vigore il
3.10.2006, giorno stesso della sua pubblicazione
sulla G.U. (art. 48).
In generale, le modifiche apportate in sede di
conversione del DL 262/2006 sono entrate in vigore
il 29.11.2006, giorno successivo a quello di pubblicazione sulla G.U. della L. 24.11.2006 n. 286 (art. 1
co. 3).
Peraltro, per numerose disposizioni sono previste specifiche decorrenze e particolari regimi transitori.
2.3 Prime modifiche ed integrazioni
Il DL 3.10.2006 n. 262, convertito nella L.
24.11.2006 n. 286, è stato oggetto delle prime modifiche ed integrazioni ad opera della L. 27.12.2006
n. 296 (Finanziaria 2007).
2.4 Primi chiarimenti ufficiali
Alcuni chiarimenti ufficiali relativi alle disposizioni
originarie contenute nel DL 3.10.2006 n. 262 sono
rinvenibili nella relazione governativa di accompagnamento al provvedimento.
Successivamente sono state emanate:
• la nota dell’Agenzia delle Dogane 4.10.2006
n. 3440/V, riguardante le novità in materia di
accise;
• il messaggio INPS 8.11.2006 n. 29851, in materia di ripristino, per l’anno 2006, della “no tax
area” nei confronti dei soggetti non residenti
(art. 2 co. 24);
• la circolare INPS 14.11.2006 n. 131, in materia
di agevolazioni per il pagamento rateizzato dei
contributi da parte delle aziende in crisi per effetto dell’influenza aviaria (art. 2 co. 116);
• la circolare dell’Agenzia delle Entrate
21.11.2006 n. 34, in materia di determinazione
degli acconti IRES e IRAP relativi al periodo
d’imposta in corso al 4.7.2006;
• la circolare INPS 22.12.2006 n. 153, in materia
di conguagli contributivi di fine anno, alla luce,
in particolare, della nuova disciplina delle stock
option (art. 2 co. 29);
38 OMAR
nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
• la nota dell’Agenzia delle Dogane 27.12.2006
n. 4428/V, in materia di estensione al settore
della distribuzione commerciale delle agevolazioni ai fini delle accise sul gas metano, previste per gli usi industriali (art. 2 co. 73);
• la nota dell’Agenzia delle Dogane 27.12.2006
n. 4595/V, in materia di variazioni dell’accisa sul gasolio utilizzato come carburante e di modalità di rimborso dei maggiori oneri in capo agli autotrasportatori (art. 2 co. 57 e 58);
• la nota dell’Agenzia delle Dogane 28.12.2006
n. 7521, in materia di depositi doganali e fiscali ai fini IVA e accise (art. 1 co. 2).
In relazione alle disposizioni del DL 3.10.2006 n.
262, sia nella versione originaria che in seguito alla
sua conversione nella L. 24.11.2006 n. 286, l’Assonime ha fornito alcuni chiarimenti con:
• la circolare 16.10.2006 n. 41, in materia di accise;
• la circolare 28.11.2006 n. 53, in materia di acconti IRES e IRAP.
2.5 Provvedimenti attuativi
Il DL 3.10.2006 n. 262, convertito nella L.
24.11.2006 n. 286, prevede l’emanazione di numerosi provvedimenti attuativi.
Finora sono stati emanati:
• il provvedimento dell’Agenzia del Territorio
12.10.2006, in materia di modalità di esecuzione delle visure catastali;
• il DM 17.11.2006, in materia di aggio dovuto
dal debitore in caso di pagamento della cartella entro 60 giorni dalla notifica;
• il provvedimento dell’Agenzia del Territorio
29.12.2006, in materia di modalità tecniche ed
operative di interscambio dei dati e di cooperazione per l’aggiornamento del Catasto nell’ambito delle dichiarazioni relative all’uso del suolo
per l’erogazione dei contributi agricoli (art. 2 co.
33 - 35).
3. La legge finanziaria per il 2007
In data 29.9.2006, il Consiglio dei Ministri ha approvato anche il disegno di legge rubricato “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”.
Il disegno di legge Finanziaria 2007 è stato approvato:
• in prima lettura, dalla Camera dei Deputati, il
19.11.2006, con votazione di fiducia sulle numerose modifiche ed integrazioni contenute
nel primo maxi-emendamento presentato dal
Governo;
• in seconda lettura, dal Senato, il 15.12.2006,
con votazione di fiducia sulle numerose modifiche ed integrazioni contenute nel secondo
maxi-emendamento presentato dal Governo;
• in terza e definitiva lettura, dal Senato, il
21.12.2006, con ulteriore votazione di fiducia.
La legge Finanziaria 2007, approvata definitiva-
mente il 21.12.2006, è stata pubblicata sul S.O. n.
244/L alla G.U. 27.12.2006 n. 299, come L.
27.12.2006 n. 296.
3.1 Struttura del provvedimento
Il disegno di legge Finanziaria 2007 era originariamente costituito da 217 articoli, suddivisi in 5 Titoli, a loro volta eventualmente suddivisi in Capi.
A seguito del primo maxi-emendamento presentato dal Governo alla Camera dei Deputati e sottoposto a votazione di fiducia, il testo del Ddl. Finanziaria 2007 è diventato composto da 18 articoli, di
cui l’ultimo suddiviso in 810 commi.
Per effetto del secondo maxi-emendamento presentato dal Governo al Senato, il testo del Ddl. Finanziaria 2007 approvato definitivamente:
• risulta costituito da un unico articolo, suddiviso
in 1364 commi;
• non contiene più alcuna suddivisione in Titoli e
Capi.
3.2 Entrata in vigore e le decorrenze
La L. 27.12.2006 n. 296 è entrata in vigore
l’1.1.2007 (art. 1 co. 1364).
• la nota del Ministero del Lavoro 4.1.2007
prot. n. 13/Segr/0000440, in materia di comunicazione al Centro per l’impiego dell’instaurazione, trasformazio-ne e cessazione dei rapporti di lavoro (co. 1180 - 1185);
• le risposte diramate dal Ministero del Lavoro
il 4.1.2007, in materia di trasferimento del trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti (TFR) ai fondi pensione (co. 749 - 753).
3.5 Provvedimenti attuativi
La L. 27.12.2006 n. 296 prevede l’emanazione di
370 provvedimenti attuativi, la maggior parte dei
quali ad opera del Ministero dell’Economia e delle finanze, dei quali solo per 144 è previsto un termine
per la loro emanazione.
Finora è stato emanato il DM 2.1.2007, in materia di rimozione dei casi di offerta illegale, attraverso
le reti telematiche, di giochi, lotterie, scommesse o
concorsi pronostici con vincite in denaro (co. 50 51).
4. Il disegno di legge delega
3.4 Primi chiarimenti ufficiali
Alcuni chiarimenti sulle nuove disposizioni, ove
non introdotte o modificate nel corso dell’iter parlamentare, sono rinvenibili nella relazione governativa
di accompagnamento al Ddl. Finanziaria 2007 approvato dal Consiglio dei Ministri il 29.9.2006.
In data 29.9.2006, il Consiglio dei Ministri ha approvato anche un disegno di legge, “collegato” alla
legge Finanziaria 2007, che delega il Governo ad
emanare decreti legislativi in relazione alla:
• riforma della tassazione delle rendite finanziarie; la delega deve essere esercitata entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della legge;
• riforma della riscossione; la delega deve essere esercitata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge;
• riforma dell’accertamento; la delega deve essere esercitata entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge;
• revisione del catasto; la delega deve essere
esercitata entro un anno dalla data di entrata in
vigore della legge;
• redazione di testi unici in materia di tributi statali; la delega deve essere esercitata entro
due anni dalla data di entrata in vigore della
legge.
Dopo la pubblicazione sulla G.U. della L.
27.12.2006 n. 296 sono state emanate:
• la circolare dell’Agenzia delle Entrate
29.12.2006 n. 37, in materia di applicazione del
“reverse charge” nel settore dell’edilizia (co.
44);
• la nota dell’Agenzia delle Dogane 29.12.2006
n. 4622/V, riguardante le novità in materia di
accise;
• la nota dell’Agenzia del Territorio 29.12.2006
n. 93771, in materia di riutilizzo commerciale
dei dati ipotecari e catastali (co. 385 - 386);
• la circolare INPS 3.1.2006 n. 3, in materia di
rinnovo delle pensioni per l’anno 2007, alla luce della riforma dell’IRPEF e degli assegni al
nucleo familiare (co. 6 - 11);
La riforma dell’imposizione sulle rendite finanziarie (redditi di capitale, redditi diversi di natura finanziaria, gestioni individuali e collettive di patrimoni)
dovrà avvenire secondo i seguenti principali criteri:
• previsione di un’aliquota unica, per evitare
segmentazione del mercato, non superiore al
20%;
• conferma delle disposizioni vigenti che prevedono l’esenzione o la non imponibilità dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria;
• previsione di misure compensative per i contribuenti a basso reddito;
• coordinamento con le norme del TUIR in materia di dividendi e plusvalenze;
• previsione di un apposito regime transitorio.
Peraltro, per numerose disposizioni sono previste
specifiche decorrenze e particolari regimi transitori.
3.3 Prime modifiche ed integrazioni
La L. 27.12.2006 n. 296 (Finanziaria 2007) è stata modificata, anteriormente alla sua entrata in vigore, per effetto del DL 27.12.2006 n. 299.
La modifica consiste nell’abrogazione del co.
1343, riguardante la riduzione dei termini di prescrizione del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno per responsabilità amministrativa (c.d. “condono per danno erariale”).
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 39
nuovo
Notizie dall’industria
Autoflow:
il bilanciamento automatico dei circuiti
Dott. Ing. Claudio Ardizzoia
Caleffi S.p.A. Fontaneto d’Agogna (NO)
S.R. 229 n. 25
Il bilanciamento dei circuiti
I moderni impianti di climatizzazione devono garantire elevato comfort termico e basso consumo di energia.
Per poter far questo occorre alimentare i terminali degli impianti con le corrette portate di progetto e realizzare quindi circuiti idraulici bilanciati.
Circuito non bilanciato
Nel caso di circuito non bilanciato, lo squilibrio idraulico tra i terminali crea zone con temperature non uniformi, con problemi di comfort termico e maggior consumo energetico.
Circuito bilanciato con valvole manuali
Tradizionalmente i circuiti idraulici vengono bilanciati mediante delle valvole di taratura manuale.
Con questi dispositivi di tipo statico, tali circuiti sono difficili da equilibrare perfettamente e presentano dei limiti di funzionamento nel caso di chiusura parziale per intervento delle valvole di regolazione. La portata sui
circuiti aperti non rimane al valore nominale.
40 OMAR
nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno IX
I dispositivi Autoflow
Funzione
Il dispositivo AUTOFLOW deve garantire una portata costante al variare della sua pressione differenziale tra monte e valle.
Occorre quindi fare riferimento al diagramma ∆p - portate e ad uno schema di base che ne evidenzino le
modalità di funzionamento e l’andamento delle variabili in gioco.
Principio di funzionamento
L’elemento regolatore di questi dispositivi è composto da un pistone e da un cilindro che presenta, quali sezioni di passaggio del fluido, delle aperture laterali, parte a geometria fissa e parte variabile. Queste aperture
sono controllate dal movimento del pistone, sul quale agisce la spinta del fluido. Il contrasto a tale movimento
è effettuato mediante una molla a spirale appositamente calibrata.
Gli Autoflow sono regolatori automatici ad elevate prestazioni. Possono regolare le portate scelte con tolleranze molto contenute (circa il 10%) e consentono un campo di lavoro particolarmente ampio.
Sotto il campo di lavoro
In questo caso, il pistone di regolazione resta in equilibrio senza comprimere la molla e offre al fluido la
massima sezione libera di passaggio.
In pratica il pistone agisce come un regolatore fisso e, quindi, la portata che attraversa l’AUTOFLOW dipende solo dalla pressione differenziale.
PORTATA
G0
0,15 bar/15 kPa
PRESSIONE
2,0 bar/200 kPa
DIFFERENZIALE
Kv0,01 = 0,258 · G0 Range ∆p 15÷200 kPa dove G0 = portata nominale
Entro il campo di lavoro
Se la pressione differenziale è compresa nel campo di lavoro, il pistone comprime la molla ed offre al
fluido una sezione di libero passaggio tale da consentire il regolare flusso della portata nominale per cui
l’AUTOFLOW è abilitato.
Campo di lavoro
0,15 bar/15 kPa
∆p fine
∆p inizio
PORTATA
G0
PRESSIONE
2,0 bar/200 kPa
DIFFERENZIALE
Oltre il campo di lavoro
In questo campo di lavoro, il pistone comprime completamente la molla e lascia solo l’apertura a geometria
fissa come via di passaggio per il fluido.
Come nel primo caso il pistone agisce da regolatore fisso. La portata che attraversa l’AUTOFLOW dipende,
quindi, solo dalla pressione differenziale.
PORTATA
G0
0,15 bar/15 kPa
PRESSIONE
2,0 bar/200 kPa
DIFFERENZIALE
Kv0,01 = 0,070 · G0 Range ∆p 15÷200 kPa dove G0 = portata nominale
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 41
nuovo
Circuito bilanciato con Autoflow
I dispositivi Autoflow sono in grado di bilanciare automaticamente il circuito idraulico, assicurando ad ogni
terminale la portata di progetto.
Anche nel caso di chiusura parziale del circuito per intervento delle valvole di regolazione, le portate sui circuiti aperti restano costanti al valore nominale. L’impianto garantisce sempre il miglior comfort ed il maggior
risparmio energetico.
Applicazioni degli Autoflow ()
Installazione Autoflow
Negli impianti di climatizzazione i dispositivi Autoflow devono essere installati preferibilmente sulla tubazione di ritorno del circuito. Di seguito sono riportati degli esempi di installazione tipici.
Per servire in linea più corpi scaldanti: radiatori,
convettori, ventilconvettori, aerotermi, strisce,
ecc.
Per garantire le portate di progetto (sia a valvola
aperta, sia a valvola chiusa) alle zone di un impianto.
Per regolare la portata che fluisce in ogni colonna
o in ogni derivazione secondaria di un impianto.
42 OMAR
nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
Per bilanciare i circuiti per distribuzione idrosanitaria.
Per bilanciare i circuiti che servono le unità di
trattamento dell’aria.
Per limitare la portata d’acqua calda erogabile nei
sistemi a produzione istantanea o con limitate capacità.
Per realizzare by-pass di equilibratura delle portate negli scambiatori di calore.
Per servire in colonna più corpi scaldanti: radiatori, convettori, ventilconvettori; aerotermi, strisce, ecc.
Per controllare la quantità d’acqua erogata e bilanciare i vari circuiti negli impianti d’irrigazione.
Per consentire portate costanti (in ogni posizione
della valvola) nei circuiti con regolazione climatica tradizionale.
Per avere maggiori dettagli si consiglia di
consultare le Schede Applicazione n. 04301,
04302 e 04303 e la Dispensa Tecnica “Il bilanciamento dinamico dei circuiti idronici”.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 43
nuovo
Fondazione Tera
Note sull’ascolto analitico
di un paziente grave
Antonio Filiberti *
L’inconscio comunque lavora
Questo capitolo esplora i fondamenti del lavorare
in senso analitico con i pazienti colpiti da una patologia minacciante la loro stessa sopravvivenza.
Come appunto introduttivo, è importante sottolineare che l’esperienza clinica di coloro che hanno
lavorato con pazienti che si sentono vicino alla fine
della loro vita, insegna che profonde trasformazioni
del sé sono possibili e anche frequenti senza la necessità di lunghe analisi, come emerge dall’esperienza clinica di molti autori tra i quali de Hennezell,
Filiberti e Viderman (8, 10, 25). Il dover far fronte alla percezione che la vita sta per concludersi, favorisce, come de Hennezell insegna, processi dissociativi, che se da un lato permettono alla persona morente di pensare a sé come non malata, di avere
tempo davanti a sé che l’attende e quindi, per
esempio, di fare piani futuri, dall’altro inesorabilmente la spingono a prendere coscienza della ineluttabilità dell’evento ultimo del proprio ciclo di vita.
Fondamentale nel lavoro clinico con questi pazienti è il non lasciarli soli in quel cammino che devono
inevitabilmente compiere verso la meta agognata,
che non potendo essere la guarigione, è il sapere
significare l’esperienza vissuta.
È stata soprattutto la psicologia analitica, a mio
parere, a cogliere la vitalità della vita psichica della
persona morente. Come Jung (14) aveva sottolineato in Anima e Morte del ’34, la persona umana
continua ad interrogarsi in modo spontaneo sul senso e sulla fine della vita. La psiche, accogliendo il discorso junghiano, nella imminenza della morte sembra offrire attraverso il mondo rappresentazionale,
in particolare quello onirico, la possibilità di interagire con questo evento limite, in termini concreti come
avvicinarsi ed accogliere la morte. Maria Wuel (27),
una terapeuta junghiana, offre un esempio, di quale
polisemia vi sia nei sogni e nelle fantasie di una
donna morente e di quanta ricchezza questi sogni
donino alla relazione terapeutica, quando entrambi,
(*) Dr. Antonio Filiberti, Direttore Servizio di Psicologia, ASL
14 VCO Omegna, Referente Psico-Oncologia del Polo oncologico Piemonte Orientale, Psicoanalista, membro Isipsé, Milano.
Fondazione TERA.
44 OMAR
nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
terapeuta e paziente, attingono alla ricchezza generata dall’inconscio. von Frantz (26), anche essa autrice junghiana, raccogliendo l’attività onirica di persone vicine alla morte, rivelava l’esistenza di una attività simbolica tipica di processi di trasformazione.
Von Frantz sostiene, che sebbene la morte sia vicina il processo di individuazione continua, questo al
di là del linguaggio junghiano, significa sostenere l’ipotesi della presenza nella persona morente di una
intensa esigenza trasformativa che si concretizza in
un desiderio di abbandonare antichi autoinganni e
antiche illusioni per trovare soluzioni adattive e significati alla realtà che stanno vivendo. Mi pare importante ricordare che una analoga spinta verso un
processo trasformativo è stata osservata nelle persone anziane. Zoja (29), usando una metafora suggestiva, parla di tematiche riassuntive per descrivere questa urgenza integrativa nell’anziano.
Intersoggettività
In questo lavoro incontri una persona che racconta la sua vita, che si confronta con l’inevitabile
domanda del “perché a me”, del senso che hanno la
vita e la morte, incontri una persona che cerca nello
sguardo dell’altro una risposta che sa che non potrà
trovare che dentro di sé, ma che non può e non
vuole essere solo in questa ricerca. Il lavorare con
persone che sentono loro sfuggire la vita rende
quanto mai reale, almeno per me, l’insegnamento
di Stern (24), che nel proporre l’intersoggettività come sistema motivazionale di base, afferma che nella ricerca di un aiuto psicoterapico il paziente è spinto dal desiderio di essere riconosciuto ed accettato
per quello che sente di essere e di raggiungere un
contatto intersoggettivo con un altro essere umano.
Maria de Hennezell (8), a mio parere, meglio di tutti
noi, sa raccontare la sua esperienza umana e clinica di incontro con persone morenti e di come molti
dei pazienti ricoverati nella unità di cure palliative,
nella quale de Hennezell opera come psicologa, di
ispirazione junghiana, ritrovano la forza per affrontare con dignità, senso e accettazione le ultime fasi
del loro ciclo di vita. Anche Kubler Ross (17), che è
considerata una, se non la più importante studiosa
dei movimenti psichici del morente, osservava in
quasi tutti i suoi pazienti, a riprova della realtà di
quanto scritto fin qui, la presenza di questo spontaneo lavoro psichico che avviene nel mondo interno
della persona umana ammalata, lavoro finalizzato a
significare l’evento ultimo della vita. A riprova della
forza di questa istanza intersoggettiva, Kubler Ross
scriveva che, a suo giudizio, solo il 2% dei pazienti
che aveva accompagnato alla morte non volevano
condividere con nessuno i pensieri, le emozioni che
provavano nella imminenza della loro morte.
Il morente cerca l’altro. La relazione con l’altro diventa la via per cercare di regolare l’angoscia della
morte, condizione psichica necessaria perché si
raggiunga quella posizione di accettazione e significazione dell’evento ultimo della vita che Kubler
Ross descrive a partire dalla sua esperienza clinica.
Dunque partecipazione, relazione, intersoggettività sono parole chiavi che definiscono il lavoro con
questi pazienti. Altra parola chiave è narrazione.
L’antropologia medica (15) ha messo in evidenza
l’importanza del ricorso alla narrazione, anche perché attraverso questo raccontare il paziente cerca
quel senso che gli permetterà di sentire una sorta di
immortalità simbolica (19). Quando le persone si
ammalano rivelano una tendenza a raccontare storie sulla loro malattia e sulla loro vita. Questa personale narrazione non riflette oggettivamente l’esperienza di malattia, ma si rivela efficace nel dare senso ai sintomi della sofferenza provata e ad integrare
l’esperienza vissuta, per quanto dolorosa possa essere nella propria biografia. Elemento fondamentale
di questo lavoro, è il riconoscere che la costruzione
di questa storia inevitabilmente richiede la presenza
dell’altro, altro che sia motivato e capace di stabilire
una relazione empatica con la persona che deve
compiere un simile cammino. Questo rende, come
ha ben spiegato Stern (24) la costruzione inevitabilmente una co-costruzione, una costruzione di senso che deve essere fatta in due, cioè da terapeuta e
paziente.
La progressione di malattia inevitabilmente espone la persona alla angoscia della morte, angoscia
sulla cui potenzialità devastante per la mente umana si era già espresso Freud nel 1911 (12), come ci
ricorda Zapparoli (28). Anche se occorre dire che
Freud non sviluppò mai quella linea di pensiero che
vede nell’angoscia di morire un fattore potenzialmente devastante la vita mentale della persona
umana. Nel 1911 aveva osservato che il senso di
persecuzione può fornire a certi pazienti quella causalità di cui hanno bisogno per non avvertire l’angoscia legata al senso di accidentalità della vita. Per
inciso, anche Searles (23) considera la convinzione
di immortalità una costante delle produzioni psicotiche. Ma Freud, giungendo a definire la morte come
una pulsione distruttiva, ne impoveriva la valenza
simbolica, togliendole quella potenzialità generativa
che, come scritto, la psicologia analitica le riconosce. L’impossibilità per Freud di cogliere la vitalità
del mondo simbolico intorno alla morte e alla attività
creativa da essa generata, giungeva anche dal vedere nell’inconscio un luogo di paure ed angosce rimosse e non anche un luogo che contiene risorse e
potenzialità per trovare soluzioni creative anche per
le condizioni più avverse della vita.
Esposti al terrore catastrofico della angoscia della morte, terrore annientante le capacità di pensiero,
la persona morente cerca un dialogo con il mistero
del dolore e della morte. Il dolore e la disperazione
innescati dal prendere coscienza della caducità della vita attivano un’ansia epistemofilica che ci spinge
alla esplorazione di domini di natura spirituale. Ci
poniamo così delle domande che per quanto siano
l’esito di un volgersi introspettivo, necessitano di essere riconosciute all’interno di una relazione con
una presenza significativa. Mitterand rivelava di
aver sentito il bisogno di un incontro significativo
(nel suo caso l’altro fu un noto filosofo cattolico) che
lo accompagnasse in una esplorazione, che per lui
era divenuta urgenza primaria, intorno a tematiche
inerenti la vita, la morte, il religioso. Al tramonto della sua esistenza, Mitterand scriveva che la morte gli
appariva come una possibilità per divenire ciò che
era destinato a diventare; la morte veniva descritta
da un morente come possibile compimento di sé.
Questa testimonianza ha anche un elevato valore clinico, in quanto indicante come l’altro debba essere presenza decisiva affinché una persona possa
continuare quel cammino che lo aiuterà a dare un
senso alla esperienza vissuta, qualunque essa sia.
Voglio solo accennare che gli attuali sviluppi dell’Infant Research (4) individuano nel sentirsi riconosciuti, accettati ed accolti dall’altro uno dei bisogni
primari dell’uomo e che una realizzazione autentica
di sé non può che attuarsi nella alterità. Mi sembra
rilevante ricordare che questa impostazione psicologica che definisce la mente come relazionale trova, e nel contempo dà, un fondamento a quelle riflessioni antropologiche che vedono nella persona
umana un essere strutturalmente relazionale, che è
ontologicamente un comunicatore, soggetto di comunione, in altri termini una persona esiste come
realtà che si riferisce ad altra persona (19). A tal riguardo anche Martin Buber (7) aveva ipotizzato l’esistenza di un istinto alla comunione, ovvero il bisogno di entrare in una relazione di mutualità.
In termini psicoterapici ne deriva che fondamentale è l’adozione di un dispositivo relazionale non
fondato in termini epistemologici sulla sola interpretazione, ma che privilegi come fattore terapeutico,
aiutante, la relazione, l’esserci. Mi riferisco a quel
modo di vedere la relazione clinica che vede nella
reciproca, di paziente e terapeuta, capacità di creare un campo intersoggettivo il fattore che favorisce
un avanzamento terapeutico. In questo senso, voglio ricordare che anche nelle analisi di soggetti nevrotici, il fattore terapeutico non viene più visto nelle
sole interpretazioni che svelano irrisolti ed inconsci
conflitti infantili, ma come ha dimostrato il lavoro del
Boston Change Process Study Group (6), l’avanzamento terapeutico è legato anche se non soprattutto a variazioni nella sfera implicita della relazione
clinica.
Regressione o ricerca di senso?
Una malattia mortale, quando evoca fantasie angosciose di fine della vita, sentimenti di impotenza e
di estrema fragilità, spinge inevitabilmente il paziente a cercare nuovi modi di organizzare l’esperienza.
Druss (9), uno psicoanalista americano, emblematicamente riferisce di una paziente narcisista affetta da linfoma, che a partire dalla esperienza catastrofica della malattia chiede aiuto (psicoterapico
psicoanalitico) per non sentirsi sola nella ricerca di
una nuova relazione con sé e con gli altri. Le ferite
corporee dovute alla malattia e alle terapie e quelle
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psichiche (il senso di impotenza) conseguenza dell’improvvisa scoperta della fragilità dell’esistere,
avevano minato in modo definitivo l’edificio narcisistico della sua personalità e reso inefficaci le antiche certezze dell’Io e gli antichi valori a dare senso
e guida alla sua attuale vita. Questa paziente, trovandosi nell’impossibilità di vivere e pensare come
aveva sempre vissuto e pensato, colmava questa
perdita trovando all’interno di una relazione con l’altro (in questo caso uno psicoterapeuta) altri modi di
pensiero e altri valori non più orientati a superficialismi estetici ma capaci di lastricare vie significanti
l’esperienza vissuta. Per questa donna era divenuto
rilevante più che guardare nell’armadio alla affannosa ricerca di quale vestito indossare, volgere lo
sguardo verso l’armadio interno (la mente, l’anima)
per vedere se questo era fornito di vestiti (valori)
che permettessero di mantenere viva non la capacità di apparire e sedurre ma quella di pensare e significare ciò che stava esperendo.
Questa breve vignetta clinica rivela di come sia
devastante l’irruzione di una patologia oncologica
nella vita dei pazienti sia per le limitazioni reali che il
tumore con i relativi trattamenti impone agli abituali
ruoli (una mia paziente consulente finanziaria mi
parla di quanto sia per lei psicologicamente difficile
svolgere il suo lavoro che richiede tempo futuro), sia
per le fantasie angosciose evocate dalla presenza
della malattia.
In questa situazione possono comparire bisogni
come quello di protezione, di dipendenza che sebbene, anche in ambito psico-oncologico siano stati
giudicati come regressivi, in sintonia con una teoria
psicoanalitica classica (25), in realtà, a mio parere,
non solo non sono segno di regressione, ma indicano, se siamo capaci di ascoltarli, la via che il paziente ci chiede di percorrere assieme a lui. Una
modalità clinica e relazionale che rispetta a fondo i
bisogni del paziente è quella di offrirgli la possibilità
di sperimentare intensi legami emotivi, mi riferisco
al concetto di oggetto-sé di Kohut, (16) di attaccamento che diano la speranza che sia possibile dare
senso a ciò che sperimentiamo.
Questo lavoro, che trova nella psicologia del sé e
nei teorici dell’attaccamento i suoi riferimenti, si fonda sull’idea che gli esseri umani hanno una tendenza a formare legami emotivi per tutta la vita dal
bambino piccolissimo fino alla morte. Il non considerare all’interno del lavoro clinico questa naturale
tendenza dell’uomo è considerato un errore, oltre
che da me, dai teorici della psicoanalisi relazionale.
Per quanto riguarda i bisogni del paziente, mi pare
importante ricordare Mitchell, (22) quando afferma
che nella teoria psicoanalitica recente, con il passaggio dalla teoria pulsionale a quella relazionale,
l’accento si è spostato dalla introspezione e dalla rinuncia ai desideri infantili allo sviluppo dell’autenticità e del significato (2).
Sull’accettazione del limite
Vi sono analisi che non possono finire, dove rimane sempre qualcosa in sospeso. Sospeso dal
paziente, perché è troppo faticosa per lui la via che
conduce all’obbiettivo sperato, che non è il semplice
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miglioramento sintomatologico ma una radicale modificazione della sua organizzazione di personalità
che gli permetta di dare senso a ciò che sta affrontando, anche quando si tratta dell’ultima fase del
suo ciclo di vita. Sospeso per il terapeuta, perché in
fondo si ha sempre un senso di non realizzato, di un
termine della psicoterapia che avviene in modo non
concordato, di una fine non condivisa ma imposta
da eventi violenti esterni. C’è così un senso di un
percorso che non è stato pienamente concluso e
che non ha condotto alla destinazione agognata,
che è quello stato di accettazione non angosciosa
della morte imminente della quale parla la Kubler
Ross.
Più frequente è nella mia esperienza incontrare
la disperante rabbia o la disperazione depressiva,
che si evidenzia in quella co-morbidità psicopatologica ampiamente documentata nella letteratura del
morente (10, 11). Rabbia della quale ci da testimonianza anche Agostino (1) nel libro quarto delle
Confessioni, per il lutto provato per la perdita di un
caro amico.
Un altro elemento che lastrica di difficoltà il percorso analitico con pazienti colpiti da grave malattia
somatica, è la presenza della fatica fisica e mentale.
Fatica fisica per la progressione di malattia, ma anche e soprattutto mentale e spirituale per dover affrontare il mistero del morire. Il confronto con la
morte può far riaprire vecchie ferite psichiche e mettere in discussione i compromessi con i quali organizzavi la vita affettiva e relazionale i quali finiscono
per rivelare la loro attuale debolezza e l’inefficacia.
Un mio paziente, quando mi incontra per la prima
volta mi parla del padre che poco prima di morire, gli
dice che quel giorno che sta vivendo è il più bello
della sua vita grazie al dono fattogli dal figlio (il mio
paziente): l’aver terminato gli studi universitari. Questa scena è stata da noi usata come modello per dare inizio ad esplorazioni ed approfondimenti della
esperienza della vita attuale di B e della sua motivazione ad un lavoro psicoterapico (18). Questo racconto così tragicamente umano è stato da noi usato
per organizzare il materiale che emergeva dai nostri
incontri. Percepito da entrambi i membri della diade
terapeutica come un dono reciproco, perché B riconosceva che il padre gli testimoniava che si poteva
affrontare la sofferenza con serenità, dopo un inizio
di lavoro positivo e pur riconoscendo di avere stabilito una buona alleanza con il terapeuta, B dopo un
anno di analisi, manifestava una forma di reazione
terapeutica negativa iniziando a saltare qualche seduta, adducendo come motivazione la fatica fisica
dovuta alle terapie che stava affrontando. B, oltre a
saltare le sedute, si ritirava sempre di più dalle relazioni sociali, trascorrendo sempre più tempo isolato
in casa. La fatica fisica era certamente presente sia
per la progressione di malattia, tumore polmonare,
che per le terapie somministrate, ma un elemento
che teneva lontano B dalla terapia era anche il doversi confrontare con l’angoscia della morte. B lottava con sé stesso per non essere consapevole della
malattia che l’aveva colpito e questo terrore, a mio
parere, lo teneva lontano dall’analisi. Le sedute che
precedevano l’assenza, B le riempiva raccontandomi le sue terapie farmacologiche.
Seguendo la lezione freudiana (13), spesso si
descrive la persona ammalata come narcisisticamente volta verso sé stessa, ma viene lecito dubitare se il disinvestimento relazionale operato sia la
manifestazione di una delusa intenzionalità comunicativa, una risposta ad una mancata offerta relazionale (3) o l’esito di un fisiologico processo introspettivo. Interpretare la chiusura narcisistica di un
malato grave (in senso somatico) come una posizione adattiva alla realtà che sta vivendo, potrebbe
anche essere la conseguenza di un non considerare in modo attento sia la dinamica relazionale in atto che le sue rappresentazioni simbolico affettive.
Se non raccogliamo i suoi accenni alla spiritualità, il
paziente potrebbe reattivamente rinchiudersi su di
sé in una solitudine che è stata descritta anche da
malati che nella apparenza della realtà psicosociale
erano circondati da persone impegnate ad assisterli.
Ripensando a B non posso che cogliere una mia
debolezza nell’aver voluto rispettare la sua paura e
nel non aver voluto aggredire il suo edificio difensivo. Credo che B abbia sentito la mia paura, la mia
insicurezza e che forse abbia lasciato la terapia perché in fondo si domandava che farsene di una analista che era troppo spaventato per poterlo accompagnare ad affrontare i tragici misteri che la fine della vita inevitabilmente pone all’uomo da sempre (5).
Un caso per concludere
I nostri pazienti ci insegnano quanto l’uomo in
ogni fase del suo ciclo di vita sia orientato a ricercare l’altro. Il bisogno dell’altro è una eredità filogenetica, eredità che ci ha dotato di sistemi motivazionali che ci stimolano ad instaurare relazioni di attaccamento e affiliazione (4, 24). Questo lavoro sostiene
che il bisogno dell’altro diventa ancor più drammaticamente vero ed intenso nell’ultima fase della nostra esistenza. L’altro, figura decisiva in ogni fase
del ciclo di vita, diventa preziosa e decisiva presenza quando siamo chiamati ad affrontare l’immane
compito di dare un senso all’esistenza nel momento
in cui la sentiamo minacciata.
Questa posizione contemporaneamente antropologica e psicologica inevitabilmente dà forma all’ascolto dei nostri pazienti. Una situazione clinica
esemplifica come si possa lavorare più nella direzione della costruzione di una relazione che nella
decodificazione di un messaggio inconscio. Questo
è un modo di condurre una psicoterapia che pone
attenzione non solo sui desideri consci e inconsci
(enfasi sul conflitto, sul compromesso nella formazione dei sintomi) ma anche e soprattutto sui bisogni, inseguendo quella idea teorica e clinica sviluppata dalla psicologia del Sé che vede nella costruzione di un ambiente terapeutico capace di sintonizzarsi ed empatizzare con i più profondi bisogni del
paziente la fonte del mantenimento di un senso forte, armonico e coeso di Sé. È un modo di lavorare
che dà importanza primaria all’empatia, intesa come esperienza responsiva nella quale si prova a far
sentire il paziente compreso dal suo punto di vista.
“Cosa vuole dire vivere? Che significato hanno la
vita, il dolore?” Sono domande che segnano l’inizio
di una seduta successiva a quella nella quale una
mia giovane paziente D aveva manifestato dubbi se
continuare la psicoterapia. D ha trent’anni, è stata
un anno fa operata di ca. polmonare e da allora, come conseguenza di questo tumore, è stata colpita
da una patologia rara e grave quale è la sindrome di
Cushing. D è madre di un bambino di due anni. Dopo questa domanda mi guarda in attesa di una risposta, non so se nella certezza o nella speranza
che non verrà; in questo caso sentendosi impegnata in una relazione con un terapeuta che non la
comprende potrà attuare i suoi desideri, abbandonarci con la nostra terapia, cosa che aveva fatto con
precedenti terapeuti. Mi chiedo come ascoltare queste parole, come accoglierle e pensarle dentro la relazione terapeutica, dentro questa giovane paziente, dentro me stesso. I miei pensieri oscillano dal
pensarle come una richiesta di aiuto, come una comunicazione di un compito impossibile che per questa giovane donna è capire che senso dare alla vita
e che posto dare nella sua biografia alle esperienze
di dolore vissute, come un segno di idealizzazione
transferale perché mi pensa capace di darle una simile risposta, come un attacco alla alleanza terapeutica mascherato dalla impossibilità del compito
richiestomi, come un segnale che non si sente compresa da me. Cercando di capire come poter aprire
un canale di empatia con questa sofferenza che favorisca l’instaurarsi di una comunicazione che apra
il campo alla esplorazione dei pensieri e degli affetti
legati agli aspetti più sofferenti del Sé, decido di accogliere questa domanda, quasi gettata nell’ambulatorio dove ci incontriamo, spostando il mio intervento su un piano relazionale. Così le dico: “Forse,
in questo momento è importante prima di cercare
una risposta, cercare di rimanere assieme, di continuare a camminare assieme, credo che sia difficile,
impossibile cercare una risposta da soli”. Il giorno
dopo mi porta una lettera con preghiera che la legga
e mi dice “sto bene, sono solo passata nella speranza che ci fosse, ci vediamo la prossima settimana, spero che legga questa lettera, adesso non voglio parlare di nulla, così spero che questo momento di serenità continui, parlando ho paura di rovinarlo…”. La lettera inizia così: “quando le persone sanno che sono stata ammalata di tumore scappano,
come se fossi stata infetta o lo sia ancora…”.
Tra le cose che avrei potuto dire, ciò che mi ha indirizzato a dire quanto detto, è il riconoscere che prima di ogni altra cosa una persona che soffre è tentata di isolarsi in una disperante solitudine e che per
questo ha bisogno di sentirsi accettata, ascoltata
con i suoi dubbi, le sue paure, le sue incertezze.
Perché prima di cercare delle risposte, delle interpretazioni volte a stanare inconsce fantasie relative
a irrisolti conflitti infantili, occorre creare una relazione con l’altro che soffre e forse questa è già la risposta che cerca colui che sta affrontando l’enigma del
vivere e del morire. Massaglia (21) scrive, che davanti al dolore del bambino gravemente ammalato
che dice di aver paura di morire, di non aver trovato
risposta più adeguata del dichiarare la sua stessa
paura di morire. Di rimando il bambino le dona prima
uno sguardo di sorpresa, poi di un contatto che delinea la costruzione di uno spazio comune di pena rispetto alla umana precarietà e di sollievo rispetto alla possibilità di una comprensione reciproca.
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Bibliografia
(1) AGOSTINO, Le Confessioni, Libro IV.
(2) ARON L., Menti che si incontrano, Cortina, Milano, 2004.
(3) BARALE F., FERRO A., Reazioni terapeutiche
negative e microfratture della comunicazione analitica, in Nissim Momigliano L., Robutti A., (a cura),
L’esperienza condivisa, Cortina, Milano, 1992.
(4) BEEBE B., LACHMANN F., Infant research e trattamento degli adulti, Cortina, Milano, 2002.
(5) BLONDEL M, L’action. Essai d’une critique de
la vie et d’une science de la pratique, PUF, Paris,
1973.
(6) BOSTON CHANGE PROCESS STUDY GOUP, Explicating the implicit. The interactive microprocess in
the analytic situation, International J. Psychoanal,
83: 1051-062, 2003.
(7) BUBER M., Il principio dialogico, Edizioni di Comunità, Milano, 1958.
(8) DE HENNEZELL M., La mort intime, Editions Robert Laffont, Paris, 1995.
(9) DRUSS R., Psychotherapy of a patient with a
serious intercurrent medical illness (cancer), J. Akademy Psychoanal Ass., 1996; 16: 459-472.
(10) FILIBERTI A., Angoscia di morte e spiritualità,
in: La spiritualità nella sofferenza, FILIBERTI A., LUCAS LUCAS R. (a cura). Franco Angeli, Milano, 2006.
(11) FILIBERTI A., Quando il nulla seduce, in: La
qualità della morte, PINKUS L., FILIBERTI A., (a cura),
Franco Angeli, Milano, 2002.
(12) FREUD S., Introduzione al narcisismo, OSF,
Vol. VII, Boringhieri, Torino.
(13) FREUD S., 1911, Grande è la Diana Eresia,
OSF, Vol. VI, Boringhier ,Torino.
(14) JUNG C., Anima e Morte, Opere vol. 8, Boringhieri, Torino. 1976.
(15) KLEINMAN A., The illness narrative, Basic
Books, New York, 1988.
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
(16) KOHUT H., Forme e trasformazioni del narcisismo, in: La ricerca del sé, Bollati Boringhieri, Torino, 1970.
(17) KUBLER ROSS E., La morte e il morire, Cittadella, Assisi, 1970.
(18) LICHTENBERG J., LACHMANN, F., FOSSHAGE P.,
Il sé e i sistemi motivazionali, Astrolabio, Roma,
2000.
(19) LIFTON B.J., Twentieth annual Karen Horney
lectutre: the sense of immortality - on death and the
continuity of life. Am J Psychoanal 33 3-15, 1973.
(20) LUCAS LUCAS R., Antropologia e problemi
bioetici, San Paolo, Milano, 2001.
(21) MASSAGLIA P., Spiritualità nel bambino grave,
in: La spiritualità nella sofferenza, Filiberti A., Lucas
Lucas R. (a cura). Franco Angeli, Milano, 2006.
(22) MITCHELL S., Il modello relazionale. Dall’attaccamento all’intersoggettività, Cortina, Milano,
2002.
(23) SEARLES H., Scritti sulla schizofrenia, Boringhieri, Torino, 1974.
(24) STERN D., Il momento presente, Cortina, Milano, 2005.
(25) VIEDERMAN M., “The supportive relationship,
the psychodinamic life narrative, and the dying patient”, in CHOCHINOW H., BREITBART W., Handbook of
Psychiatry in Palliative Care, O.U.P., Oxford, 2000;
215-222.
(26) VON FRANTZ M.L., La morte e i sogni, Boringhieri, Torino, 1986.
(27) WUEL M., L’inconscio comunque lavora: i sogni del morente, in La qualità della morte, L. PINKUS,
A. FILIBERTI (a cura), Franco Angeli, Milano, 2002.
(28) ZAPPAROLI G., Ortotanasia, in: Vivere e morire, ZAPPAROLI G., SEGRE ADLER E., Milano: Feltrinelli, 1997.
(29) ZOJA L., La pietra e la banana, in AAVV (a
cura), Incontri con la morte, Cortina, Milano,
1984.
Fondazione Tera « Nuvole Azzurre »
un libro a cura della Fondazione Tera
È fresco di stampa il libro «Nuvole Azzurre», a
cura di Antonello Capone (Gazzetta dello Sport) e
Claudio Pasquino. L’operazione fa parte dell’iniziativa “Adotta un ricercatore” promossa dalla Fondazione TERA al fine di raccogliere i fondi necessari
per finanziare la ricerca scientifica. Le attività della
Fondazione TERA sono centrate sulle applicazioni
della fisica delle radiazioni sia alla diagnostica che
alla terapia dei tumori. Partendo dalla ricerca scientifica più avanzata – come quella fatta al CERN, con
cui TERA collabora fin dalla sua creazione – si tratta di costruire strumenti e sviluppare procedure che
migliorino la durata e la qualità di vita dei malati, mai
dimenticando la dimensione etica degli interventi
che toccano intimamente l’uomo.
«Nuvole Azzurre» tratta i successi della Nazionale di Calcio degli anni ’30 del secolo scorso, attraverso un’analisi del linguaggio scritto e visivo dei giornali
dell’epoca. Un percorso accattivante lungo il quale
Antonello Capone accompagna il lettore mettendo in
rilievo particolari storici e stilistici. Il libro è arricchito
dai commenti del prof. Ugo Amaldi, fisico di fama internazionale e presidente di TERA, di Daniele Cerrato, direttore di RAI TRE Leonardo, Andrea Olivero ed
Alfredo Cucciniello delle ACLI, Miserendino giornalista sportivo del Corriere Medico e Gaudenzio Vanolo, segretario generale di TERA ed ideatore dell’iniziativa. Quale relazione tra questa attività di “Fisica
Medica” e le «Nuvole Azzurre» degli anni trenta?
Evidentemente la sfida ai propri limiti intellettuali e fisici, il rispetto di codici di condotta rigorosi, la necessità del lavoro di squadra, la capacità di confrontarsi
a livello internazionale, l’impegno a non risparmiare
fatica e tempo, le motivazioni non commerciali.
Per merito dei ragazzi di via Panisperna negli anni delle «Nuvole Azzurre» si svolgeva a Roma una
delle avventure intellettuali più significative di tutta
la storia scientifica italiana. I tre anni che in questo
libro cadenzano le leggendarie imprese del calcio
italiano possono servire di traccia al ricordo di ciò
che allora avvenne in campo scientifico.
Il volume si avvale di 176 pagine nel formato
17x24, stampate a colori su carta patinata da 115
grammi e confezionate in cartonato. Il volume contiene oltre 80 foto d’epoca e verrà distribuito attraverso le ACLI e la catena degli sponsor. A fronte di
una donazione di 15 euro potrà essere richiesto a
questo numero telefonico: 0321 32000.
Come contribuire alla ricerca scientifica della Fondazione TERA
–
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–
–
Banca Popolare di Novara, via Negroni 11 Novara - Cin: D ABI 05608 CAB 10100 c/c 000000010213
Postale 16088288
Intesa San Paolo, largo Cavour 1 Novara - Cin: ABI 01025 CAB 10100 c/c 100000102400
Banca Carige, Filiale di Novara - Cin: Q ABI 06175 CAB 10100 c/c 000000638480
Tutti intestati a: Fonazione per Adroterapia Oncologica TERA, via Puccini 11 – 28100 Novara.
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Fondazione CRT
Progetto Diderot 2006/2007
Presentato all’ITI Omar il 29 settembre 2006
Introduzione
al progetto DIDEROT 2006 / 2007
La Fondazione CRT ha realizzato il progetto “Diderot” per offrire agli studenti di tutte le scuole del
Piemonte e della Valle d’Aosta l’opportunità di conoscere ed avvicinarsi al mondo della musica classica, dell’arte, della cultura, delle scienze e dell’attualità.
Il progetto si articola in lezioni e corsi, destinati
agli studenti delle scuole primarie e secondarie,
grazie ai quali i ragazzi potranno appassionarsi al
canto corale o avvicinarsi alla musica classica e al
balletto; apprendere le basi dell’arte contemporanea; studiare una parte della storia e dell’architettura del nostro territorio; sperimentare proprietà e fenomeni scientifici.
MUSICA
“Coro anch’io”
Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta canteranno (VA PENSIERO - G. Verdi, INNO ALLA
GIOIA - L. V. Beethoven, IMAGINE - J. Lennon, I
SOGNI SON DESIDERI - da Disney, VOLARE - D.
Modugno, INNO D’ITALIA - G. Mameli, KUMBAYA Spiritual) in un grande coro con l’orchestra sinfonica
del Master dei Talenti Musicali.
Procedimento di insegnamento a cascata: consulente musicale – insegnanti – studenti.
“Bando alla musica!”
Viaggi premio o potenziamento attività didattiche
per le classi che elaboreranno:
• tesine multidisciplinari o elaborati creativi quali
ad esempio videoclip, film e disegni incentrati anche sulle figure di celebri musicisti da tutto il mondo
o melodie famose (SCUOLE SECONDARIE DI 2°
GRADO)
• elaborati scritti o creativi quali ad esempio disegni, cartelloni illustrati ispirati all’ascolto di un famoso brano di musica classica (SCUOLE SECONDARIE DI 1° GRADO)
“Per chi suona… il campanello”
Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta parteciperanno alla rappresentazione dell’opera buffa
“Il Campanello dello Speziale” di Gaetano Donizetti.
La peculiarità di questo allestimento consiste nell’essere interamente curato dagli studenti del Liceo
Teatro Nuovo artistico, coreutico, arte e spettacolo
di Torino, che si occuperanno di preparare: scene,
costumi, cori e balletti.
Per quanto riguarda la parte musicale, saranno
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FONDAZIONE CRT
protagonisti i giovani musicisti appartenenti all’Orchestra Master dei Talenti Musicali della Fondazione CRT. (PER TUTTE LE SCUOLE)
ARTE E STORIA
“Bando all’arte!”
Viaggi premio o potenziamento attività didattiche
per le classiche elaboreranno:
• tesine multidisciplinari incentrate anche sulle figure di celebri artisti da tutto il mondo (SCUOLE
SECONDARIE DI 2° GRADO)
• ricerche illustrate inerenti un elemento del quartiere, paese o territorio nel quale è localizzata la
scuola che possa essere classificabile come “Bene
culturale” (SCUOLE SECONDARIE DI 1° GRADO)
“Spazio all’arte!”
Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta:
• visiteranno il Museo d’Arte Contemporanea
“Fondazione Sandretto Re Rebaudengo”
• trasformeranno i loro spazi scolastici in spazi
espositivi
• realizzeranno una mostra fotografica
(PER LE SCUOLE PRIMARIE)
“Valle d’Aosta e Ducato di Savoia
tra storia ed architettura”
Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta realizzeranno un percorso nel 1400 valdostano e del
Ducato di Savoia, collegandosi alle tematiche storiche affrontate nella mostra Corti e Città organizzata
a Torino nel 2006.
• Percorso didattico sul territorio
• Laboratori in classe relativi ai luoghi ed ai personaggi del 1400. (PER TUTTE LE SCUOLE)
SCIENZE
“In giro con le scienze”
Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta parteciperanno ad una mostra interattiva itinerante che
spiega proprietà e fenomeni scientifici mediante facili esperimenti. (PER TUTTE LE SCUOLE)
ATTUALITÀ
“Campioni insieme”
Studenti del Piemonte e della Valle d’Aosta parteciperanno ad un ciclo di 9 incontri (uno per provincia) con campioni olimpici e paraolimpici di Torino
2006 che racconteranno l’esperienza personale e il
loro impegno sociale. (PER LE SCUOLE SECONDARIE)
Lo “scatolo” per le classi
delle scuole primarie
Ad ogni classe che si iscriverà ad almeno una linea progettuale di DIDEROT verrà dato uno “ scatolo” contenente:
• Coro Anch’io: libretto dei canti per gli studenti,
guida e cd per gli insegnanti
• Per chi suona… Il Campanello: libretto con introduzione all’opera, cenni sull’autore, trama e libretto de “Il Campanello”
• Spazio all’Arte: libretto con cd e kit didattico
• In giro con le scienze: poster e DVD astronomico
• Valle d’Aosta e Ducato di Savoia tra storia
ed architettura: castello in miniatura
Lo “scatolo” per le classi
delle scuole secondarie
Ad ogni classe che si iscriverà ad almeno una linea progettuale di DIDEROT verrà dato uno “ scatolo ” contenente:
• Bando alla Musica!: cd interattivo
• Coro anch’io!: libretto dei canti per gli studenti, guida e cd per gli insegnanti
• Per chi suona… Il Campanello: introduzione
all’opera, cenni sull’autore, trama e libretto de “Il
Campanello”
• Bando all’Arte!: cd interattivo
• In giro con le scienze: penna con bussola e
DVD astronomico
• Campioni Insieme: gadget e video
• Valle d’Aosta e Ducato di Savoia tra storia
ed architettura: carta da lettere con miniature
Lo “scatolo” per gli insegnanti
In ogni scatolo saranno inseriti i seguenti gadget
per gli insegnanti che parteciperanno alle attività Diderot
• Portachiavi “Diderot”
• Occhiali da sole “Diderot”
Infine, sia per insegnanti che per studenti, ogni
scatolo conterrà i block notes “Diderot”.
Calendario attività
Progetto: “Bando all’Arte!” - SECONDARIE
Tempistica: 15.12.2006.
Scadenza bando 28.2.2007
Informazioni: www.fondazionecrt.it
Progetto: “Bando alla Musica!” - SECONDARIE
Tempistica: 28.2.2007.
Scadenza bando 28.2.2007
Informazioni: www.fondazionecrt.it
Progetto: “Coro anch’io!” - TUTTI
Tempistica: Ottobre 2006 - Giugno 2007
Informazioni: Mo. Giorgio Guiot
[email protected] - oppure 348 0168900
Progetto: “Spazio all’Arte” - PRIMARIE
Tempistica: Novembre 2006 – Maggio 2007
Informazioni: Dott.a Francesca Togni
[email protected] - oppure 011 3797631
Progetto: “VdA e Ducato di Savoia” - TUTTI
Tempistica Novembre 2006 - Maggio 2007
Informazioni: Dott.a Cinzia Joris
[email protected] - oppure 328 0280839
oppure www.associazionelegrange.it
Progetto: “In giro con le scienze” - TUTTI
Tempistica: 30 Gennaio - 31 Marzo 2007
Informazioni: Dr. Paolo Legato
[email protected] - oppure 011 8394913
Progetto: “L’opera suona… Il Campanello” TUTTI
Tempistica: dal 20 al 30 Marzo 2007
Informazioni: Sig.a Domenica Votano o Sig. a Piera
Alvaro
[email protected] - oppure 011 6500205
Progetto: “Campioni insieme” - SECONDARIE
Tempistica: dal 23 Aprile all’8 Maggio 2007
Informazioni: Sig,a Marilena Goria
[email protected] - oppure 347 5231011
L’impegno della Fondazione CRT
per il mondo dell’istruzione
e della formazione in Piemonte
e in Valle d’Aosta
La Fondazione CRT sostiene concretamente il
sistema scolastico del Piemonte e della Valle
d’Aosta con progetti a regia propria e con finanziamenti a supporto della migliore progettualità
del settore.
Dalla sua costituzione a fine 2005, per l’istruzione e la formazione la Fondazione CRT ha deliberato 118 milioni di euro. Questo impegno nasce dalla consapevolezza dell’importanza di investire sul capitale umano del territorio, la vera risorsa strategica sulla quale può contare la Fondazione.
I maggiori progetti realizzati per la scuola sono:
il “Progetto ICT”, il “Progetto Master dei Talenti”, il
“Progetto Diderot”.
Il Progetto ICT (Information and CommunicationTechnology) dal 2000 al 2003 si è posto l’obiettivo – pienamente raggiunto – di favorire la diffusione delle tecnologie multimediali nelle scuole,
di ogni ordine e grado, del Piemonte e della Valle
d’Aosta. Per la sua realizzazione in tre esercizi la
Fondazione ha investito oltre 21 milioni di euro.
Il Progetto Master dei Talenti crea percorsi di
formazione di eccellenza promovendo un sistema
di borse di perfezionamento che integrano il percorso di studi con esperienze altamente formative, in tutto il mondo. Attualmente il progetto si articola in tre filoni: Talenti Tecnici, Musicali e Neolaureati. Per Master dei Talenti sono stati stanziati ad oggi oltre 10 milioni di euro.
Il Progetto Diderot offre agli studenti di tutte le
scuole del Piemonte e della Valle d’Aosta l’opportunità di conoscere ed avvicinarsi a mondi e conoscenze che sovente non possono essere adeguatamente coperti dalla programmazione scolastica. Per Diderot la Fondazione CRT ha deliberato 1.200.000 euro.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 51
nuovo
Club Donegani
CLUB DONEGANI
Associazione Ricercatori Istituto Guido Donegani
Programma attività 2007
Conferenze serali presso la sala Leonardo dell’Est Sesia
via Negroni, 7 - Novara - ore 21
1° PERCORSO
2° PERCORSO
“Biocombustibili”
Coordinatore Dott Giovanni Giunchi
Vicepresidente Club Donegani
“Grandi novaresi del Novecento”
Coordinatore Dott. Francesco Traina
Presidente Club Donegani
Lunedì 19 febbraio
Biodisel
Combustibile rinnovabile per i trasporti
ed altre applicazioni energetiche
Dott. Luca Amatruda
Novaol s.r.l. - Milano
Lunedì 12 marzo
Massimo Lupo
Medico – Scienziato
Prof. Giovanni Pisani
Primario Emerito Ospedale Maggiore di Novara
Lunedì 16 aprile
Bioetanolo
Potenzialità e criticità dell’uso
Come combustibile per autotrazione
Dott. Francesco Strassoldo
ENI – Divisione Marketing & Refining - Milano
Lunedì 11 giugno
Biogas
Utilizzi energetici da rifiuti zootecnici
e biomasse agricole
Prof. Luigi Navarotto
Facoltà Medicina Veterinaria - Università Statale
di Milano
Lunedì 15 ottobre
Biomasse legnose
Gestione forestale e potenzialità nel settore
energetico
Prof. Giovanni Bovio
Dipartimento Agroselviter - Università di Torino
Lunedì 3 dicembre
Rifiuti solidi urbani
Moderne tecnologie di trasformazione
Per la produzione di energia
Prof. Stefano Consonni
Dipartimento Energetica – Politecnico di Milano
52 OMAR
nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
Lunedì 7 maggio
Enrico Gatti
La nascita dell’Istituto Omar
Dott. Giampietro Morreale
Direttore Archivio Storico Unicredito Italiano - Milano
Lunedì 24 settembre
Francesco Bronzini
Un ingegnere oleggese pioniere nella costruzione di dighe e centrali elettriche
Ing. Giuseppe Frego
Ex Dirigente ENEL – Produzione
Lunedì 5 novembre
Giacomo Fauser
L’inventore che diffuse nel mondo geniali opere di alta tecnologia chimica
Ing. Placido Scaglione
Già Direttore “Patenting & Licensing” - EniChem
In appendice alle conferenze
si svolgeranno ancora:
Giovedì 24 ottobre – ore 20
XVIII Concorso Poetico “PREMIO PANISCIA”
Sabato 15 dicembre – ore 13
Convivio Natalizio
Spigolature
IL PROGRAMMA
Anche per il 2007 il programma è articolato su due differenti Percorsi tali da soddisfare differenti esigenze
culturali
Il primo percorso tratterà di “Biocombustibili”.
La necessità di trovare combustibili alternativi a quelli di origine fossile, in via di esaurimento in tempi più
o meno lunghi, spinge allo studio di tecnologie che permettano di ottenere combustibili derivabili da colture vegetali o da residui organici. Al riguardo si presentano due ordini di problemi che andranno affrontati e risolti:
1 – la disponibilità della materia prima vegetale (biomassa) ed organica in quantità significativa per le richieste energetiche;
2 – la definizione di processi di trasformazione della materia prima che siano in grado di ridurre al minimo
il costo energetico della trasformazione e che conducano a combustibili la cui utilizzazione sia facile ed ambientalmente accettabile.
In questi ultimi anni si stanno affermando alcuni tipi di biomasse potenzialmente in grado di condurre a
combustibili alternativi come le piante oleaginose del tipo soia, mais, sorgo, … e le piante lignocellulosiche. Da
queste biomasse è possibile ottenere molecole simili agli idrocarburi, si parla in questo caso di biodiesel, o di
molecole ancora più piccole come l’etanolo, il metanolo o il metano che, oltre ad avere alto potere calorifico,
hanno una combustione molto più pulita e povera di CO2.
Lo scopo del ciclo di conferenze sui biocombustibili è quello di illustrare e mettere a confronto le opzioni
che attualmente appaiono più promettenti, analizzando gli specifici aspetti tecnici che ciascuna filiera del prodotto presenta, includendo anche il grado di sostenibilità della tecnologia rispetto alla raccolta e alla trasformazione. Verranno messi in risalto anche gli aspetti sociali e di organizzazione del territorio che lo sviluppo di
tali biocombustibili richiedono e gli aspetti economici che sottostanno a queste applicazioni.
Il secondo percorso, “Grandi novaresi del novecento”, si ricollega al filone storico-sociale che nell’anno
2002 trattò di alcuni grandi novaresi fino al 1800. Nel corso del 2007 verranno ricordati prioritariamente quattro tra i più grandi geni del novarese che nel ’900 hanno lasciato una larghissima impronta delle loro opere a
livello nazionale ed internazionale.
Massimo Lupo per le sue ricerche d’avanguardia nel campo dell’oncologia presso l’Ospedale Maggiore di
Novara: memorabile per i contemporanei, pochi ancora superstiti, la grande intesa di abnegazione e di impegno sociale con l’altro grande novarese Giacomo Fauser e la conseguente disponibilità dell’Istituto Donegani
ad affiancare, per quanto possibile, le ricerche del prof. Lupo
Enrico Gatti per avere dato corpo alla grande idea di Giuseppe Omar realizzando l’Istituto Tecnico omonimo. Dalla serietà ed impegno di questa istituzione sono emersi non solo centinaia di ambitissimi periti tecnici,
ma di letterati, medici ed altri professionisti che hanno saputo coniugare la preparazione tecnica di base con
quella professionale di tutt’altra natura.
Francesco Bronzini, grande costruttore di dighe e di centrali idroelettriche. Ammirevole espressione di genio la centrale realizzata sulla Roggia Molinara di Oleggio; la più grande dell’epoca in Europa quella realizzata a Galletto (1930) sotto la cascata delle Marmore.
Giacomo Fauser rese celebre Novara in Italia e l’Italia nel mondo per la realizzazione di genialissime opere di alta tecnologia chimica, da cui derivarono le felicissime sorti della Montecatini e il nome della chimica industriale italiana nel ’900. La dignità del suo nome è pari a quella dei più grandi Nobel. La grandezza dell’Uomo è testimoniata da un costante impegno sociale che va dalla pionieristica realizzazione di impianti di ammoniaca tanto a Belluno quanto a Crotone alla particolare benevolenza verso i Paesi del mondo più bisognosi di fertilizzanti.
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 53
nuovo
Spigolature
Il testamento del prof. Gianguido Carrara (*)
ai giovani ingegneri
Un ingegnere ricercatore, nel corso della propria
vita lavorativa, deve pianificare le ricerche a lui affidate allo scopo di raggiungere gli obiettivi nei tempi
e nei costi programmati. Questa pianificazione per
alcuni aspetti può essere paragonata ad un gioco di
carte in cui per vincere occorre giocare la carta più
importante. Nel nostro caso tale carta è rappresentata dal sette di denari (qui chiamati diamanti).
Ogni diamante rappresenta un grande pensatore
della storia dell’umanità che deve essere scelto,
nelle varie fasi della ricerca, come punto di riferimento.
I primi tre diamanti sono attinenti alle linee guida
della ricerca che consistono nella:
– Scelta dei parametri e delle variabili del fenomeno, dando il loro nome giusto. In questo caso il primo diamante che deve essere preso come riferimento rappresenta Confucio: terminologia corretta.
– Organizzazione di tutti i dati e risultati in tabelle
ben strutturate e di immediata lettura. Il secondo diamante rappresenta quindi Mendeleev:
gli elementi nell’ordine corretto.
– Verifica e controllo ad ogni passo che quanto si
è fatto è stato conseguito seguendo un ordine
logico. Il terzo diamante rappresenta pertanto
Cartesio: il metodo logico.
I due diamanti successivi sono attinenti al vero
lavoro da fare durante la ricerca che consiste
nella:
(*) Gianguido Carrara - Nato a Brescia il 23-2-1930 - Morto a
Milano l’11-9-1993. Maturità classica al Liceo Carlo Alberto di
Novara. Laurea in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Milano nel 1953. Medaglia d’oro come migliore laureato dell’anno.
Libera docenza in Sistemi elettici nel 1970 al Politecnico di Milano. Attività professionale al CESI - Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano (direttore, poi consulente scientifico). Membro di
numerosi organismi scientifici nazionali ed internazionali.
54 OMAR
nuovo
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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Messa a punto di un modello del fenomeno. Il
quarto diamante rappresenta pertanto Copernico: il modello adeguato.
Esecuzione di verifiche sperimentali per confermare il modello e migliorarlo affinché sia
adeguato a raggiungere l’obiettivo prefissato. Il
quinto diamante rappresenta pertanto Galileo:
il supporto sperimentale.
L’obiettivo può essere raggiunto con diversi livelli di precisione: l’ingegnere deve scegliere
quello che fa al caso suo e perseguirlo in accordo con i tempi programmati; in caso contrario l’obiettivo non si può dire raggiunto con successo.
La decisione e l’azione sono indispensabili per
vincere la mano. Il sesto diamante rappresenta
pertanto Napoleone: la decisione e l’azione
fecero vincere a Marengo ed Austerliz, mentre
quando trascurò la fattibilità – campagna di
Russia – e perse tempo e forze nell’aggiornare
e dilazionare – Waterloo – andò incontro alla
sconfitta.
Alla fine, se nonostante tutti gli sforzi e per una
serie di difficoltà sorte da dove non dovrebbero
provenire, l’obiettivo della ricerca non viene
raggiunto, il settimo diamante ci deve ricordare
che la salute mentale è più importante di qualsiasi risultato concreto.
Quest’ultimo diamante rappresenta pertanto
Budda: il distacco ed il rilassamento.
Spigolature
n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
OMAR 55
nuovo
Spigolature
Giochi matematici
Problema n. 1
Qual è il numero più piccolo che, se diviso per 3 dà come resto 1, se diviso per 4 dà come resto 2, se diviso
per 5 dà come resto 3 e se per 6 dà resto 4?
Problema n. 2
Qual è il numero di tre cifre che, se diminuito di 7 unità risulta esattamente divisibile per 7, se diminuito di 8 risulta divisibile per 8 e se diminuito di 9 risulta divisibile, sempre senza resto, per 9?
Soluzioni dei problemi apparsi sul n. 18
Soluzione del problema n. 1
L’orso è bianco. Infatti l’unico posto sulla superficie terrestre al quale si torni dopo avere percorso 1 km verso
Sud, 1 km verso Est, 1 km verso Nord è il Polo Nord e lì ci sono solo gli orsi bianchi.
[In realtà il Polo Nord non è l’unico punto; esistono anche altri punti sulla superficie terrestre per cui vale la proprietà di cui sopra. Per esempio, se ci si pone ad una distanza di circa 1 km e 159 m dal Polo Sud, dopo avere percorso 1 km verso Sud si compie 1 km verso Est facendo un giro completo intorno al Polo Sud e poi si
percorre 1 km finale verso Nord, si torna esattamente al punto di partenza].
Soluzione del problema n. 2
La durata del viaggio è di 7 ore e 15 minuti.
Soluzione del problema n. 3
La rana, per giungere in cima alla scala, deve compiere 12 salti.
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n. 19 • Aprile 2007 • Anno X
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