Rassegna clinica
LA SINDROME
MIOFASCIALE
MYOFASCIAL SYNDROME
Giancarlo Carli, Valentina Di Sabatino
Polo Scientifico di San Miniato, Dipartimento di Fisiologia
Università degli Studi di Siena
RIASSUNTO
Tra le sindromi dolorose muscoloscheletriche, quella miofasciale è
sicuramente una delle più frequenti.
Essa comprende, infatti, un vasto
ed eterogeneo gruppo di patologie
muscolari che si presentano con
dolore muscolare continuo, associato
a contrattura, limitazione funzionale
e, occasionalmente, a sintomatologia
di tipo nevralgico quali parestesie,
formicolio e disfunzione vegetativa.
Ciò che caratterizza questa condizione
sono i trigger point (TP), cioè un’area
di ipersensibilità circoscritta di
muscolo o fascia-banderella palpabile
indurita e dolente alla palpazione.
La digitopressione del TP evoca a
distanza dolore riferito nella cosiddetta
“target area” (area bersaglio o zona
di riferimento) e una contrazione
muscolare localizzata (twitch).
La terapia può avvalersi di varie scelte:
blocco anestetico dei trigger points,
stretch and spray, pressione localizzata
a livello del TP e terapia fisica attiva.
Parole chiave
Dolore cronico muscolo-scheletrico,
trigger point, banda rigida,
contrazione muscolare localizzata
SUMMARY
Myofascial pain syndrome is common
cause one of musculoskeletal pain
and it is characterized by trigger points
(TP), limited range of motion in joints
and local twitch response (LTR) during
mechanical stimulation of the TP.
Trigger point is a hyperirritable spot
in skeletal muscle that is associated with
a hypersensitive palpable nodule in a
taut band.
The spot is tender when pressed and
can give rise to characteristic referred
pain, motor dysfunction and autonomic
phenomena. Palpation is reliable
diagnostic criterion for locating TP in
patients.
Treatment is based on anesthetise TP,
stretch and spray, local pression
and physical activity.
Key words
Chronic pain, trigger point,
taut band, local twitch response
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STORIA CLINICA
Tra le sindromi dolorose muscoloscheletriche quella miofasciale è sicuramente una delle più frequenti; è
stata chiamata anche miosite, fibrosite, mialgia, miogelosi, miofascite,
miofibrosite interstiziale, reumatismo
muscolare, stiramento muscolare.1
La sindrome dolorosa miofasciale
comprende un vasto ed eterogeneo
gruppo di patologie muscolari che si
presentano con dolore muscolare continuo, associato a contrattura, limitazione funzionale e, occasionalmente, a
sintomatologia di tipo nevralgico quali parestesie, formicolio e disfunzione
vegetativa.2,3
Ciò che caratterizza questa condizione
sono i trigger point (TP), cioè un’area
di ipersensibilità circoscritta di muscolo o fascia-banderella palpabile indurita e dolente alla palpazione.
La digitopressione del TP evoca a
distanza dolore riferito nella cosiddetta “target area” (area bersaglio o
zona di riferimento), che rappresenta
anch’essa un elemento caratteristico e
una contrazione muscolare localizzata
(twitch).3
La sensazione dolorosa sembra essere dovuta alla presenza di potenziali
anomali a livello della placca motrice
(EPN) conseguenti a un eccessivo rilascio di acetilcolina (ACh).4
Questo eccessivo rilascio di ACh potrebbe essere già presente come risultato del processo fisiopatologico
che contribuisce alle caratteristiche
cliniche di un trigger point oppure
potrebbe essere il risultato dell’interferenza meccanica che viene suscitata
in prossimità dell’ago usato durante la
registrazione dell’EMG. In alcuni stu-
14
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di5,6 è stato dimostrato che uno stimolo sia meccanico, chimico che immunologico nelle vicinanze di una placca
motrice può indurre la comparsa di
un EPN.
In particolare sembra che l’effetto
dell’ago da solo sia in grado di indurre
o comunque aumentare un EPN.
Nella regione del TP ci sono molteplici loci tra i quali Hong7,8 ne identifica
due: il sensitive locus e l’active locus. Il
sensitive locus è quella zona dalla quale,
Tabella 1
Principali muscoli sede dei trigger points
(da A. De Nicola, mod) 9
Muscolo sede di TP
Innervazione
Sternocleidomastoideo Accessorio (XI)
Patologia
Cefalea da “hangover”, dolori al collo
ed al viso, cefalea post-spinale
Splenio del capo
Rami dorsali C2-C3 Cefalee, cervico-artrosi
Temporale
Trigemino (V)
Emicrania, dolore alle tempie
Massetere
Trigemino (V)
Algie facciali, odontalgie, cefalea, bruxismo
Trapezio
Accessorio (XI)
e rami C3-C4
Cefalea, rigidità del collo,
cervico-brachialgia
Elevatore della scapola C3-C5
Periartrite scapolo-omerale
e dolori alla spalla
Cervicale posteriore
C1-T1
Cervico-artrosi
Sub-occipitali
Sub-occipitale (C1) Cefalea
Multifido
C3-C5
Algia sub-occipitale
Semi-spinale del collo
C3-C6
Cefalea, algia temporale e frontale
Sotto-spinoso
Soprascapolare (C5-C6) Patologie articolari e muscolari della spalla
Sopra-spinoso
Soprascapolare (C5-C6) Patologie articolari e muscolari della spalla
Scaleni
C4-C8
Algie del collo e della spalla
Estensore III dito
Radiale (C6-C8)
Epicondilite
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tramite l’inserzione di un ago, possono essere evocati dolore locale, dolore
riferito e una contrazione muscolare
localizzata.
La seconda zona, l’active locus, ha significato motorio perché è localizzata
dove è possibile registrare un EPN nel-
le immediate vicinanze della placca.
In ambedue i loci sono presenti terminazioni sensitive di natura nocicettiva
e numerose sostanze algogene responsabili della sensitizzazione.
Questi nocicettori inviano informazioni al sistema nervoso centrale, so-
Tabella 1
Principali muscoli sede dei trigger points
Muscolo sede di TP
Innervazione
Patologia
Estensore radiale del carpo Radiale (C6-C8)
Epicondilite
Grande pettorale
C5-T1
Distrazione del grande pettorale
Sternale
C3-C4
Toracodinia, dolore alla spalla, brachialgia
Ileo-costale
L1
Lombalgia, algie dei lunghi
estensori del dorso
Gluteo medio
Gluteo super. (L4-S1) Distrazione lombo-sacrale
Lunghissimo del dorso T8-T9
Lombalgia, algie dei lunghi estensori
del dorso
Adduttore lungo
Vasto mediale
Otturatore (L2-L3) Artrosi dell’anca, distrazione degli adduttori
Femorale (L2-L4) Traumi del quadricipite, malattie
del ginocchio
Tibiale anteriore
Tibiale anter. (L4-L5) Distorsione e artrite della caviglia,
distrazione dei dorsiflessori del piede
Tricipite femorale
Tibiale (L5-S2)
Traumi del polpaccio, malattie del
ginocchio
Soleo
Tibiale (L5-S2)
Traumi calcagno, spina calcaneare,
distrazione del polpaccio
Gastrocnemio
Tibiale (L5-S2)
Traumi calcagno, spina calcaneare,
distrazione del polpaccio
Peroniero lungo
Peroniero (L4-S1)
Distorsione e artrite della caviglia,
distrazione dei dorsiflessori del piede
prattutto ai motoneuroni più piccoli
che innervano le fibre rosse muscolari.
Sembra quindi che le fibre muscolari
grosse, fasiche, siano meno vulnerabili delle fibre rosse ai danni di natura
meccanica.
Probabilmente queste strutture sono
molto vicine e insieme formano il locus TP che è l’unità base del TP.8
La presenza di potenziali di placca
anomali è un fenomeno tipico della
fibra muscolare.
I TP possono essere attivi o latenti.
Attivi: sono responsabili della sintomatologia clinica; sono associati al
dolore, a riposo o a un dolore da eccessivo stiramento del muscolo.
Latenti: causano limitazioni nei movimenti e debolezza, il dolore non è presente ma viene evocato solo in seguito
a una moderata pressione in un punto
del muscolo.
In teoria tutti i muscoli possono essere
sede di TP, ma le sedi più frequenti e
caratteristiche sono il collo, la spalla,
la schiena e le estremità.
Nella Tabella 1 si riportano i muscoli
che con maggiore frequenza possono
estrinsecare dei TP, con la relativa innervazione e le più probabili patologie
associate.
TAUT BAND
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Un’altra caratteristica molto importante da tenere in considerazione è il
rilevamento di una banda rigida (taut
band).
E’ possibile individuare una banda
simile a una corda tesa qualora il muscolo sia sufficientemente vicino al
TP.
Quando il muscolo è stirato dolcemente fino al primo accenno di resi-
15
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stenza le fibre tese possono essere distinte da quelle normali.
LIMITAZIONE FUNZIONALE
DOLORE RIFERITO
Al momento della visita i muscoli con
TP rivelano:
- una ridotta capacità di movimento;
dolore all’allungamento passivo del
muscolo;
- debolezza;
- diminuzione della tensione massima;
- dolore in conseguenza di una contrazione volontaria di intensità notevole;
- ritardato sviluppo dei riflessi tendinei.14
Le caratteristiche del dolore riferito
sono la chiave per identificare i muscoli responsabili del dolore miofasciale.
Queste sono costanti e prevedibili;
tuttavia la distribuzione del dolore
somatico riferito non corrisponde
all’organizzazione dermatomerica o
miomerica delle radici nervose.
Una zona di riferimento è presente in
tutti i pazienti e può essere associata
ad un’area molto più grande.
Questa zona prende il nome di “zona
di riferimento rovesciata” (spillover).
È proprio la prevedibilità delle caratteristiche del dolore che viene usata
dai clinici per localizzare l’origine del
dolore.
Una profonda iperalgesia o rigidità
sono associate spesso al dolore nell’area
di riferimento.11
EZIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA
Le cause più facilmente riconoscibili
per lo sviluppo di un TP sia esso attivo
o passivo sono:
- trauma alle strutture miofasciali;
- sovraccarico muscolare;
- microtraumi dovuti alle attività giornaliere o ai movimenti ripetitivi eseguiti in ambito lavorativo;
- eccessivo uso dei muscoli meno
sfruttati.15
Il punto iniziale in cui avviene lo stress
o il trauma può estendersi a vari muscoli che possono contenere gruppi di
TP ipersensibili. La fase iniziale che
porta alla formazione di un TP può
essere spiegata dal circolo vizioso di
cui entrano a far parte la contrazione
muscolare, il rilascio di sostanze algogene, la sensitizzazione dei nocicettori
muscolari e l’attivazione della risposta
vasoattiva simpatica. Questa ipotesi,
anche se non provata sperimentalmente, viene supportata dall’efficacia
dei maggiori trattamenti che interrompono questo circolo doloroso ed
eliminano i TP.
Figura 1
La terapia della sindrome miofasciale
Dolore miofasciale
LOCAL TWITCH
RESPONSE (LTR)
Una digitopressione sui TP produce
una contrazione muscolare localizzata
(LTR) dovuta alla momentanea contrazione della taut band nella porzione
terminale.
Questo è un segno obiettivo fisico che
si presenta solo dopo questo tipo di
stimolazione meccanica.
Per di più è la tecnica più efficace per
ricercare sistematicamente i TP.
Più grande è la contrazione, più sensibile o attivo è il TP.12,13
16
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Terapia fisica attiva
Dolore diffuso
Mesoterapia
TENS-Elettroag.
Stretching
Termoterapia
FANS
Miglioramento
Individuare e correggere i fattori di mantenimento:
- stress meccanici
- inadeguatezze nutrizionali
- alterazioni metaboliche
Dolore locale o regionale
“Stretch
and Spray”
TENS
Elettroagop.
Termoterapia
Disturbi del sonno Tensione psicologica
Mesoterapia Amitriptilina
“Injection and Ciclobenzaprina
Stretch”
Massoterapia
FANS
Psicoterapia
Stabile
Programma domic.
e controlli frequenti
Peggioramento
Rivalutazione globale
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Per quanto riguarda l’origine della contrazione muscolare localizzata
(LTR) tre sono le ipotesi che sono state prese in considerazione:16
- potrebbe derivare dalla propagazione diretta dei potenziali d’azione lungo le fibre muscolari dal punto trigger
all’ago di registrazione;
- potrebbe essere di tipo neuronale:
i potenziali d’azione che si propagano
dalle fibre afferenti al midollo spinale
attiverebbero gli alfa motoneuroni responsabili della contrazione;
- potrebbe derivare dai cosiddetti potenziali “d’inserzione” dovuti al movimento delle fibre muscolari in contatto con l’ago. La prima ipotesi non
sembra essere soddisfacente in quanto
la risposta alla penetrazione dell’ago
sembra di minore entità, quando invece un’interazione di tipo meccanico
dovrebbe aumentarla.
Secondo Hong16 la più probabile è la
seconda anche se ancora non è stato
possibile identificare quali siano le fibre afferenti coinvolte. Un aiuto comunque nello studio della LTR viene
anche dall’utilizzo sperimentale di conigli.
Sono almeno cinque le più importanti similitudini fra la LTR umana e del
coniglio:
- in entrambi la LTR è evocata nella
porzione terminale della banda della
fibra muscolare;
- l’attività EMG registrata durante
una LTR è simile in entrambi;
- quando il muscolo è a riposo non è
possibile evocare nessun tipo di risposta;
- dopo ripetute stimolazioni le LTR
diminuiscono;
- le LTR diminuiscono dopo il blocco
del nervo responsabile dell’innervazione del muscolo.
TRATTAMENTO DELLA
SINDROME MIOFASCIALE
L’approccio più corretto da seguire
prevede una sequenza di eventi:17
- rassicurazione del paziente;
- riduzione del dolore;
- promozione del rilassamento muscolare;
- eliminazione dei fattori di predisposizione e mantenimento;
- riapprendimento delle normali funzioni neuromuscolari;
- correzione delle disfunzioni motorie;
- ripristino di un adeguato livello di
efficienza fisica;
avendo come obiettivi finali quello di:
- fornire al paziente i mezzi per controllare autonomamente i propri disturbi mialgici;
- prevenire la dipendenza o l’abuso del
personale sanitario.18
La cura del dolore miofasciale attraverso il blocco o la “disattivazione” dei
TP è quella sicuramente più utilizzata sia per i buoni risultati che per la
facilità d’esecuzione. Anche la terapia
fisica (massaggi, esercizi di allungamento), gli analgesici non steroidei,
lo “stretch and spray” (stiramento
del muscolo e spray refrigerante) e lo
“stretch and inject” (stiramento e iniezione del TP) possono essere di ausilio
(Figura 1).19-20
BLOCCO ANESTETICO
DEI TRIGGER POINTS
Per trattare con successo il dolore miofasciale bisogna conoscere e consultare
le tavole di distribuzione del dolore e
la localizzazione dei TP21 oppure aver
ricercato con pazienza e meticolosi-
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tà le zone grilletto con la palpazione
e l’anamnesi accurata. E’ opportuno
tener presente che è importante, per
ottenere risultati ottimali, eliminare
completamente tutti i focolai di ipereccitabilità di produzione del dolore.
Tutti i TP reperiti nella fase diagnostica devono essere già segnati con una
matita dermografica. Si può disegnare una linea che simuli la banderella
muscolare contratta nel cui contesto si
trova il TP e con una X il punto stesso.
Si disinfetta la cute con una base di
ammonio quaternario, si immobilizza
il TP da un lato e dall’altro con le dita
e si procede all’iniezione. L’ago penetrato nel TP evoca, in genere, iperestesia e dolore, sia localmente, ma anche
nell’area di riferimento (target area).
Generalmente si utilizza una siringa da
5 ml piena di bupivacaina allo 0,50%
o soluzione salina in grado di ripulire la zona dalle sostanze algogene; in
alcuni casi sembra che la sola penetrazione dell’ago possa dare sollievo.22
Un’altra sostanza che è stata oggetto
di numerosi studi per il trattamento
di patologie dolorose è la tossina botulinica di tipo A (usata regolarmente per il trattamento della spasticità
e iperattività muscolare) in quanto in
grado di provocare una paralisi flaccida bloccando il rilascio di acetilcolina
dalla giunzione neuromuscolare.23,24
Sembra, infatti, che la sensazione dolorosa riferita ai TP sia dovuta a un eccessivo rilascio di ACh dalla giunzione neuromuscolare dopo contrazioni
muscolari croniche.
La tossina si lega alla placca motrice
presinaptica ed è internalizzata per
endocitosi; il rilascio di Ach viene poi
inibito a seguito del clivaggio del peptide SNAP-25 prevenendo la neurotrasmissione tramite vescicole.25
17
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Ciò porta alla chemodenervazione
nelle strutture muscolari affette con
conseguente riduzione del dolore e
tensione muscolare. I primi effetti si
possono sentire nei primi giorni o al
massimo dopo un paio di settimane e
la durata può arrivare a quattro mesi.
BTA è stato messo a confronto con la
soluzione salina e solo in un caso si è
vista la sua maggiore efficacia;26 in altri casi è stata utilizzata per valutare la
sua efficacia sul dolore e sulla vasodilatazione neurogenica evocata dall’applicazione di capsaicina.27 La notevole
diversità di risultati e di efficacia che si
riscontra tra i vari studi secondo alcuni è dovuta a una serie di condizioni:
- muscoli più grandi richiedono una
dose maggiore di BTA;
- il volume di tossina da iniettare.
- la distanza dal sito di inoculo alla
placca motrice.
In pazienti con asimmetrie posturali
l’iniezione in un flessore o estensore
della muscolatura assiale (che tendono a bilanciarsi) porta a un indebolimento e aggravamento del dolore.
Inoltre è impossibile studiare i muscoli profondi (ileo psoas o il piriforme).
Assolutamente da bandire sono i cortisonici di tipo “deposito” o “a cessione prolungata” che, contenendo
tra gli eccipienti sostanze irritanti e
non facilmente assorbibili, finiscono
per aumentare la dolorabilità locale,
spesso causando fastidiose reazioni da
corpo estraneo. Quando ci si trova di
fronte a un processo infiammatorio
evidente e per il quale si vuole utilizzare comunque un cortisonico aggiunto
all’anestetico locale, è importante impiegare steroidi idrosolubili.
La frequenza di questo tipo di trattamento dipende dal miglioramento
clinico del paziente. Si può iniziare
18
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con un’infiltrazione alla settimana,
ma appena il paziente migliora, si può
allungare l’intervallo fino a quando il
dolore non si ripresenta.
In alcuni casi basta una sola infiltrazione anche ogni due mesi.
Molti dei pazienti che, nonostante i
blocchi anestetici, hanno sviluppato,
nel tempo, una sindrome da dolore miofasciale cronico, sono persone che per il loro lavoro (guida per
molte ore, posture scorrette abituali,
movimenti ripetitivi non ergonomici,
eccetera) riattivano periodicamente i
TP e non riescono quindi a guarire
mai completamente. Oppure si tratta
di pazienti con scarsa compliance che
non seguono la fisioterapia complementare e le norme igieniche consigliate per evitare il perpetuarsi e la riattivazione dei TP (blanda ginnastica,
passeggiate, schienali rigidi).20,28
In Tabella 2 si evidenziano altri approcci per il trattamento dei TP.
STRETCH AND SPRAY
Scoperta da Kraus e perfezionata da
Travell e Simons21 specificamente per
il trattamento della sindrome miofasciale, è una tecnica che consente la riduzione del dolore miofasciale (locale
o regionale) e il rilassamento muscolare attraverso l’applicazione di uno stimolo cutaneo freddo e l’allungamento
passivo dei muscoli coinvolti. Stirare i
sarcomeri accorciati dovrebbe separare i filamenti di actina e miosina, rompendo il circolo vizioso. Bloccare questa contrattura favorisce l’accumulo di
ATP con il conseguente rilassamento
muscolare.
La sua indicazione è rivolta esclusivamente a quelle sindromi miofasciali
nella cui patogenesi giocano un ruolo
fondamentale i punti trigger (TP) o
un marcato stato di contrattura o spasmo muscolare. Ha il vantaggio che
non richiede una esatta localizzazione
Tabella 2
Altri approcci per trattare i TP
I - Travell e Simons raccomandano l’uso di Quontane (idrocloride) per massaggiare i TP a livello di muscoli superficiali come frontali, occipitali e orbitali.
II - Il Dimethisoquin, un anestetico locale, viene talvolta preferito alle più comuni
lidocaina e procaina;
III - L’uso prolungato di crema alla capsaicina (0,075%), che si lega ai recettori
vanilloidi e che determina normalmente un rilascio di calcio e conseguente neurotrasmissione, porta a una desensitizzazione svolgendo una funzione analgesica;
IV - Travell e Simons raccomandano un apporto adeguato nella dieta di vitamine
e sali minerali;
V - Rimedi erboristici e olii essenziali (valeriana, lavanda, ecc), in particolare tutto ciò
che contiene linalool, una sostanza in grado di ridurre e inibire il rilascio di ACh.29
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dei TP, ma richiede una certa abilità
nello svolgere la sequenza in cui si articola la tecnica (Tabella 3).30
Della tecnica si effettuano numerose
varianti; alcune di esse utilizzano solo
lo stretching, altre solo lo spray, altre
ancora lo spray e l’esecuzione dei movimenti attivi, altre infine diversi stimoli ancora.20
PRESSIONE
Questa è la procedura iniziale per
tranquillizzare il paziente. Una pressione precisa sul TP causa probabilmente una compressione ischemica e
suscita lo stiramento locale dei sarcomeri accorciati, il blocco nervoso e lo
svuotamento dei capillari. A ciò segue
un’iperemia di rimbalzo. Il blocco
nervoso può essere responsabile della
scomparsa del dolore e dell’interruzione dell’ischemia locale riflessa mediata
dal simpatico. L’iperemia potrebbe eliminare i metaboliti correlati alla contrazione e le sostanze algogene.31
TERAPIA FISICA ATTIVA
Il termine attiva implica lo svolgimento, da parte del paziente, di attività che sono essenziali per il mantenimento dell’omeostasi corporea.
Obiettivo principale di questa branca
è quello di eliminare i fattori di predisposizione e mantenimento, nella
voce stress meccanici, concorrendo
a ridurre il dolore, promuovendo il
rilassamento muscolare, favorendo il
riapprendimento delle normali funzioni neuromuscolari e la correzione
delle disfunzioni motorie e aiutando
il paziente a ripristinare un adeguato
livello di forma fisica.32,33
La correzione di tali fattori è essenziale per il successo del trattamento e la
prevenzione delle ricadute.
Nel caso dei cosiddetti stress meccanici, vanno comprese le inadeguatezze strutturali, gli stress posturali e gli
stati di compressione/costrizione muscolare.
Una comune inadeguatezza strutturale è l’asimmetria scheletrica che crea
una differenza nella lunghezza degli
arti inferiori, asimmetria dovuta a un
arto inferiore più corto o a un’emipelvi più piccola. Sia l’una che l’altra
condizione possono spesso perpetuare una sindrome miofasciale. Un altro
stress strutturale è dato dalle disproporzioni quale quella che si evidenzia
dal rapporto tra un secondo metatarso lungo e un primo metatarso corto,
Tabella 3
Sequenza della tecnica
I - Si invita il paziente a porsi in posizione comoda e stabile, raccomandando di
rilassarsi il più possibile;
II - Si fissa l’estremità del muscolo coinvolto;
a questo punto la cute sovrastante la parte interessata viene irrorata con getti paralleli di liquido raffreddante (cloruro di etile o fluorometano), seguendo la lunghezza dei fasci del muscolo coinvolto, in direzione dell’area di dolore riferito;
III - Immediatamente dopo l’applicazione del primo stimolo freddo si inizia
l’allungamento progressivo del muscolo, continuandolo per tutto il tempo dell’applicazione dello spray;
IV - Lo spray viene, quindi, irrorato sull’area di dolore riferito collegata a quel
muscolo;
V - Si ripetono i passi 3-4-5 al più 2 o 3 volte, sino, cioè, al raggiungimento
della massima escursione possibile dei movimenti passivi attuabili con il muscolo
interessato;
VI - La procedura viene, comunque, completata dall’applicazione locale di caldo
umido e dall’esecuzione attiva, ripetuta, dei movimenti interessati.
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oppure quella risultante dalla presenza di arti superiori corti in relazione
all’altezza del tronco.20
Oltremodo importante è, anche,
l’individuazione e la correzione degli
stress posturali quale quelli dovuti a:
- posture scorrette;
- prolungati stati di immobilità, specie con il muscolo in posizione accorciata;
- abuso muscolare, abuso perpetrato mediante meccanismi scorretti
di gestione corporea che rendono i
movimenti inutilmente stressanti, le
contrazioni prolungate (specie se isometriche), il sovraccarico muscolare
dovuto all’esecuzione di movimenti
ripetitivi, o a movimenti eccessivamente rapidi e a scatto, o conseguente a sforzi eccessivi, l’uso eccessivo di
uno o più gruppi muscolari.34
19
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XV CORSO
L’IPNOSI NEL CONTROLLO DEL DOLORE
Milano
18-19 ottobre 2008 | 15-16 novembre 2008 | 13-14 dicembre 2008 | 17-18 gennaio 2009
ECM: accreditamenti richiesti (precedente edizione: 36 crediti per Medici, 46 per Psicologi)
Centro per lo Studio e la Terapia del Dolore, Università di Milano
Tel. 02/55035518. www.cstdol.it. [email protected]
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Volume 15 PATHOS Nro 3, 2008
11-10-2008 11:32:40
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