I soggetti destinatari delle misure di prevenzione. Anna Maria Maugeri SOMMARIO: Premessa. – 1. Il giudizio di pericolosità sociale e le tecniche di descrizione delle fattispecie di pericolosità. – 2. L’accertamento degli indizi di attività criminale: la parte constatativa del giudizio di pericolosità. - 2. I soggetti a pericolosità qualificata: indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416 bis c.p.; distinzione tra la nozione di appartenenza e di partecipazione. – 3. La parte prognostica del giudizio di pericolosità: presunzioni di pericolosità?. – 4. Incongruenze nella definizione dei soggetti a pericolosità qualificata: art. 12-quinquies, c. 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306. - 5. L’estensione dell’ambito di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali a tutti i soggetti a pericolosità generica. – 5.1. Interpretazione restrittiva della nozione di dedizione all’illecito. - 6. La separazione delle misure patrimoniali dalle personali. - 7. I destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali non socialmente pericolosi. – 8. I destinatari dell’amministrazione giudiziaria dei beni (art. 34 cod. delle misur. di prev.) - 9. Le misure di prevenzione contro il terrorismo e il congelamento dei beni.— 10. Le misure di prevenzione della violenza negli stadi. – 11. Conclusioni. Le misure di prevenzione non rappresentano la reazione statuale all’accertamento della responsabilità per un fatto reato, ma piuttosto la reazione all’accertamento della pericolosità sociale del soggetto. L’espansione della strategia preventiva, ante o meglio praeter probationem delicti si è realizzata, infatti, attraverso l’ampliamento della base soggettiva dei destinatari e dei presupposti del relativo giudizio di pericolosità. Proprio nell’individuazione dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione emergono i sempre irrisolti dubbi circa il contrasto con i principi fondamentali di uno Stato di diritto di un sistema della prevenzione che limita diritti fondamentali dei cittadini sulla base di meri sospetti di reato, di un sistema di “misure coercitive orientate solo al ne peccetur, senza essere vincolate alla logica (di origine retributiva, ma di valenza garantistica) del quia peccatum”. In particolare la legge n. 1423/’56, rimasta il testo fondamentale fino all’emanazione nel 2011 del d.lgs. n. 159 - codice antimafia e delle misure di prevenzione -, contemplava tra i destinatari delle misure di prevenzione, in quanto considerati socialmente pericolosi (art. 2), le tipologie previste nel testo unico di pubblica sicurezza del 1931: oziosi e vagabondi, proclivi a delinquere, sospetti sfruttatori di prostitute, contrabbandieri, trafficanti di sostanze stupefacenti; soggetti abitualmente dediti allo svolgimento di attività contrarie alla moralità pubblica o al buon costume1. La l. 3 agosto 1988 n. 327 ridisegna le categorie dei soggetti a pericolosità generica cui possono essere applicate le misure di prevenzione, in seguito alla sentenza della Corte Cost. n. 177/’80 che richiama al rispetto del principio di legalità, prevedendo sostanzialmente le fattispecie di pericolosità generica ancora oggi contemplate nell’art. 1 del d.lgs. 159/’11 (codice antimafia e delle misure di prevenzione), ma soprattutto realizzando quello che è stato definito un “processo di deeticizzazione” del presupposto di pericolosità, che si è tradotto nell’adesione a tipi descrittivi ad impronta empirico-probatoria; ciò è avvenuto, in particolare, inserendo il requisito degli ‘‘elementi di fatto’’ quale prova della ‘‘dedizione alla commissione di delitti’’ o ‘‘del vivere coi relativi proventi’’. La l. n. 575/’65 ha introdotto le fattispecie di c.d. pericolosità qualificata, prevedendo l’applicabilità delle misure di prevenzione personale agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose e la fondamentale l. n. 646/’82, legge Rognoni – La Torre, che 1 L’art. 1 era stato modificato dall’articolo unico l. 22 novembre 1967, n. 1176. introduce le misure patrimoniali, estende agli indiziati di tutte le associazioni di tipo mafioso. Intanto misure di prevenzione per soggetti politicamente pericolosi vengono previste dalla l. n. 152/’75, legge Reale, art. 18, mentre l’art. 19 estende l’applicazione delle misure di prevenzione previste dalla l. 575/’65 ai soggetti a pericolosità generica di cui alla l. 1423/’56. La l. n. 401/89, poi, introduce una nuova categoria di destinatari (e anche ulteriori tipologie di misure di prevenzione) al fine di prevenire la violenza nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, a carico di coloro che siano stati coinvolti in episodi di violenza negli stadi, o vi si rechino portando armi improprie, ed altresì a carico di coloro che, in passato, siano stati denunciati per episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive. In seguito interviene il d.l. 122/’93 (e il d.l. n. 8/2007) che estende la categoria dei destinatari a coloro che si rechino negli stadi con simboli o emblemi di associazioni aventi come scopo l’incitamento alla discriminazione e alla violenza razziale; siano stati denunciati (nei cinque anni precedenti) per incitamento alla violenza razziale, o alla diffusione di idee fondate sulla superiorità della razza, sull’odio razziale o etnico, siano stati condannati per uno dei delitti previsti dalla legge sul genocidio; siano stati condannati per un qualunque reato aggravato dall’aver agito per scopi di discriminazione o odio razziale o etnico; ed infine, a coloro che siano sottoposti a misura di prevenzione perché sospettati di essere dediti a delitti contro la sicurezza o la pubblica tranquillità. Ancora nell’ambito della normativa volta ad affrontare il dilagante e allarmante fenomeno dell’immigrazione clandestina, la legge n. 327/’88 introduce la misura di prevenzione dell’espulsione contro gli stranieri che si trovino in una delle ipotesi indicate dalla stessa legge. Il d.l. n. 92/2008, convertito in l. 125/’08, estende le fattispecie a pericolosità qualificata anche ai soggetti indiziati di partecipare ad un organizzazione di tipo mafioso straniera riformando l’art. 416 bis; la l. n. 94/2009 modifica (art. 2, n. 5) di conseguenza anche il titolo della legge 31 maggio 1965, n. 575 precisando che si tratta di «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere», realizzando un coordinamento della disciplina delle misure di prevenzione con la principale fattispecie presupposta, l’associazione di stampo mafioso. Sempre il d.l. 92/2008 e la l. 94/2009 estendono l’ambito di applicazione delle misure di prevenzione ai soggetti indiziati dei reati rientranti nella competenza della Direzione investigativa antimafia ai sensi dell’art. 51, c. 3 bis c.p.p2. e indiziati del reato di trasferimento fraudolento di valori ex articolo 12-quinquies, c. 1, d.l. n. 306/92; allo stesso tempo realizzano la separazione delle misure patrimoniali dalle personali, consentendo l’applicazione delle prime indipendentemente dalle seconde, anche in mancanza dell’attualità delle pericolosità sociale. Intanto l’art. 13 della l. 146/2006 consente l’applicazione delle misure di prevenzione ai soggetti sospettati di realizzare crimini transnazionali in cui siano coinvolti gruppi criminali. In sintesi, prima dell’introduzione del codice delle misure di prevenzione sono destinatari delle misure di prevenzione antimafia: i soggetti contemplati dall’art. 1 l. 575/’65, dall’art. 3bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto e settimo comma, 416(6), realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474, 600, 601, 602, 416bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 [190bis, 295, 371bis, 406 c.p.p.], e dall'articolo 291quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente . 2 18 l. 152/’75, dall’art. 19 l. 152/’75 3, dall’art. 13 l. 146/2006, nonché dall’art. 7 ter della l.13 dicembre 1989, n. 401. Il testo unico, d.lgs. n. 159/’11, intitolato “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione..”, interviene, infine, per riordinare la precedente disciplina, indicando come destinatari delle misure di prevenzione, innanzitutto, i soggetti a pericolosità generica in quanto debba “ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano abitualmente dediti a traffici delittuosi, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” o che siano “dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica” (art. 1, destinatari delle misure di prevenzione applicate dal questore, richiamato dall’art. 4); nonché, in virtù dell’art. 4, che prevede i destinatari delle misure di prevenzione personale pronunciate dall’autorità giudiziaria, i soggetti a pericolosità qualificata (in quanto indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis c.p., di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p. ovvero del delitto di cui all'articolo 12quinquies, c. 1, d.l. n. 306/92), i soggetti pericolosi perché coinvolti in attività sovversiva o terroristica4 e, infine, i soggetti la cui pericolosità è legata alla violenza in occasione di manifestazioni sportive5, oggetto di una recentissima riforma da parte del d.l. 22 agosto 2014 n. 119 che ha esteso i destinatari6 (vi rientrano anche un “intero gruppo di tifosi”). I soggetti di cui all’art. 4, c. 1, lett. d) cod. mis. di prev. in particolare sono i soggetti che operanti in gruppo o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente 3 Art.19 Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche alle persone indicate nell'articolo 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. 4 d) a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonchè alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all' articolo 270-sexies del codice penale (2); e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attivita' analoga a quella precedente; f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza; g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d); h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. E' finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati. 5 art. 4: i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonché alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive (1). (1) Comma modificato dall'articolo 4, comma 2, del D.L. 22 agosto 2014 n. 119, convertito con modificazioni dalla Legge 17 ottobre 2014 n.146. 6 Non solo “alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza”, ma anche direttamente “alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in più occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive”. rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei delitti di comune pericolo mediante violenza (capo I, titolo VI, libro II c.p.), ovvero di uno dei reati di insurrezione armata contro i poteri dello Stato (art. 284 c.p.), devastazione, saccheggio e strage (art. 285 c.p.), guerra civile (art. 286 c.p.), banda armata (art. 306 c.p.), epidemia (art. 438 c.p.), avvelenamento di acque o sostanze alimentari (art. 439 c.p.), sequestro di persona (art. 605 c.p.), sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.), nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale. Il decreto-legge 18 febbraio 2015 n. 7 (intitolato: «Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, ..»), c.d. “decreto antiterrorismo” ha modificato la fattispecie di pericolosità prevista dall’art. 4, c. 1, lett. d) del D. Lgs. n. 159/’11 (c.d. “Codice antimafia”), inserendo una nuova categoria di destinatari delle misure di prevenzione: «coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a … a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale». L’art. 16 estende poi l’ambito di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale non solo ai soggetti indicati nell’art. 4, che richiama anche l’art. 1 (soggetti a pericolosità generica), ma anche: b) alle persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. Vanno annoverati, poi, tra i destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali, prescindendo da una valutazione di pericolosità sociale, i destinatari della confisca o dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche ai sensi dell’ art. 34 cod. delle mis. di prev., ex art. 3 quater (sospensione temporanea dell’amministrazione dei beni) e 3 quinquies l. 575/’65, e cioè i i soggetti la cui attività economica, si ritenga in base a sufficienti indizi, agevoli l'attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una misura di prevenzione, ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416-bis, 629, 630, 644, 648bis e 648-ter del codice penale. Recentemente sono state introdotte nuove categorie di misure di prevenzione, diverse da quelle ricomprese nel codice antimafia, come ad esempio le misure per la prevenzione della violenza domestica. Le misure di prevenzione si sono trasformate, allora, da mero strumento di polizia e di controllo sociale di soggetti riconducibili ad aree di disagio sociale e di dissenso politico, a strumento fondamentale della lotta al fenomeno mafioso (indiziati di appartenenza all’associazione mafiosa), anche e soprattutto attraverso l’introduzione delle misure patrimoniali, per poi ampliare sempre più il loro ambito di applicazione per garantire in maniera sistematica, o meglio con una sorta di voracità statale, il contrasto non solo nei confronti del crimine organizzato (indiziati dei reati di cui all’art. 51 c. 3 bis) ma di qualunque forma di criminalità del profitto, compresa quella dei colletti bianchi (pericolosità generica). Il sistema preventivo giustificato come fondamentale strumento di lotta alla mafia è diventato, anche, uno strumento di lotta all’evasione fiscale. Parallelamente l’ambito di applicazione delle misure preventive è stato esteso nei confronti della criminalità legata al fenomeno sovversivo e terroristico, ma senza registrare un significativo riscontro applicativo. Nell’esaminare le categorie dei destinatari delle misure di prevenzione, allora, si terrà conto del fatto innanzitutto che il presupposto delle misure di prevenzione è rappresentato dalla c.d. pericolosità sociale, quella prognosi di rischio di futura attività criminale da parte del destinatario della misura, che giustifica l’applicazione della misura ante delictum a fini di difesa sociale. Il destinatario della misura deve essere “incline a delinquere”, come recentemente osservato dalla Corte EDu nel caso Monno c. Italia, in relazione a una misura di prevenzione personale7. Oggi tale accertamento della pericolosità per la sicurezza pubblica, è richiesto per tutti i soggetti destinatari delle misure di prevenzione dall’art. 6 del cod. misur. di prev.. La giurisprudenza sottolinea la necessità «che anche il giudizio di prevenzione, lungi dal consistere in una mera valutazione di pericolosità soggettiva (la parte prognostica del giudizio) si alimenta in primis dall'apprezzamento di "fatti" storicamente apprezzabili e costituenti a loro volta "indicatori" della possibilità di iscrivere il soggetto proposto in una delle categorie criminologiche previste dalla legge (la parte constatativa e dunque ricostruttiva del giudizio) ». «Ciò, peraltro, rappresenta l'approdo inevitabile della fisionomia costituzionale assunta da tale versante della giurisdizione a seguito di numerose decisioni della Corte Costituzionale, tra cui va ricordata la sentenza n. 177 del 22.12.1980, ..: .. nonchè l'altrettanto fondamentale sentenza del 23 marzo 1964, n. 23, con cui la Corte Cost. ebbe a dichiarare "... non è esatto che dette misure ..possano essere adottate sul fondamento di semplici sospetti” »8. Emerge come il giudizio di prevenzione dovrebbe fondarsi sull’accertamento degli indizi di attività criminale che rappresenta la parte constativa del giudizio di pericolosità, sulla quale si fonda la parte prognostica del giudizio. Ai fini dell’individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione occorre, allora, dapprima accertare l’appartenenza indiziaria del soggetto all’associazione mafiosa, o l’inquadrabilità del soggetto nella figura di indiziato di determinati reati (o ritenuto in base ad elementi di fatto dedito) e poi la sua pericolosità sociale, nonché ai fini dell’applicazione delle misure personali l’attualità della pericolosità. In relazione alla parte constatativa del giudizio di pericolosità si può osservare che, in seguito alla sentenza n. 2/1956 della Corte costituzionale che impone la giurisdizionalizzazione e l’affrancamento delle misure di prevenzione dall’area del sospetto, le misure di prevenzione, prima ispirate alla logica del “tipo normativo d’autore socialmente pericoloso” hanno costruito la loro tipologia soggettiva sull’indizio di reità, sulla figura del presunto autore di reato: nelle misure a pericolosità generica attraverso il riferimento agli elementi di fatto in base ai quali si debba ritenere, nelle misure a pericolosità qualificata attraverso il modello dell’”indiziato di reato”. Si adotta così un modello che non è più esclusivamente prognostico e sintomatico – soggettivo, costruito sulle caratteristiche personali e di vita dell’autore pericoloso ma nella definizione dei soggetti destinatari si incorpora un elemento normativo costituito dal riferimento ad una fattispecie criminosa, che si presta ad una valutazione in chiave diagnostica9 o meglio cognitiva. Salvo, poi, a verificare la compatibilità di tale tecnica con le prescrizioni delle indicazioni della Corte Costituzionale (sentenza n. 177/’80). Con l’art. 18 della Legge Reale (n. 152/’75), oggi art. 4, l. d,e, f,h,- si costruisce la categoria dei soggetti pericolosi per l’ordine pubblico su un elemento oggettivo, seppure in chiave di intervento assolutamente anticipato richiedendo meri “atti preparatori” di fattispecie delittuose (a parte le ipotesi in cui si presuppone una condanna e si richiama la nozione di proclivi a delinquere art. 4, l. g, o si configurano delle condotte rilevanti a titolo di concorso di persone, lett. h ). La conquista in termini di oggettività, attraverso la costruzione delle fattispecie di pericolosità come fattispecie “indiziarie” comporta, però, che l'oggetto di accertamento nel 7 Corte Eur. Dei dir. dell’uomo, 8 ottobre 2013, Monno c. Italia, n. 18675/09. 8 Cass., 11 febbraio 2014, n. 23641. Cfr. VALENTINI, Motivazioni della pronuncia, Padova 2008, 73 ss. 9 Padovani, PADOVANI, Diritto penale della prevenzione, op. cit., p., 334 s. procedimento di prevenzione coincida con quello relativo al processo penale, finendo per distinguersi solo per il grado di accertamento probatorio (si individua una vera e propria "gerarchia degli indizi", cioè la qualità e quantità degli elementi raccolti dovrebbe determinare la scelta), con il rischio di utilizzare le misure di prevenzione per punire dei sospetti di reato, attraverso una scorciatoia probatoria, piuttosto che per perseguire reali esigenze di anticipazione della tutela dinanzi al rischio di futuri reati. Si consente, infatti, l'applicazione di misure di prevenzione anche in seguito all'assoluzione e in base ad elementi che non sono stati considerati sufficienti come prove in sede penale, dimostrando come si faccia un uso surrogatorio del processo preventivo: laddove, insomma, non è possibile applicare la sanzione penale per l'insussistenza dei presupposti probatori si sopperisce con le misure preventive "con una repressione meramente sintomatica". Per contro laddove la giurisprudenza cerca di distinguere la tipologia di condotte riconducibili nell’alveo delle misure di prevenzione finisce per adottare delle confuse categorie sociologiche che si prestano all’arbitrio dell’applicazione giurisprudenziale: ‘‘la nozione di appartenenza di cui all’art. 1 della legge n. 575/1965 è ben più ampia di quella cui ha riguardo la norma del codice penale’’10 – e si estende a soggetti non inseriti nel sodalizio mafioso, ma ad essi omologati perché ritenuti espressione di ‘‘analoga’’ subcultura criminale11; il concetto di appartenenza va distinto sul piano tecnico da quello di partecipazione risolvendosi in una situazione di contiguità all’associazione stessa che risulti funzionale agli interessi della struttura; “ogni comportamento che, pur non integrando gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa, sia funzionale agli interessi dei poteri criminali e nel contempo denoti la pericolosità sociale specifica che sottende al trattamento prevenzionale, costituendo una sorta di terreno favorevole permeato di cultura mafiosa 12». Nella stessa direzione la recentissima sentenza a Sezioni Unite Spinelli fa riferimento a “stili di vita e metodiche comportamentali che si collocano al di fuori degli ordinari schemi della civile convivenza e del sistema democratico. Ed invero, si tratta, …. di scelte esistenziali e di sistematici comportamenti, antitetici alle regole del consorzio civile, ma pur essi orientati a logiche di profitto e di facile arricchimento”. Il requisito della pericolosità sociale in senso stretto, - e cioè la parte prognostica del giudizio di pericolosità -, inoltre, dovrebbe essere autonomo e successivo rispetto all’accertamento degli indizi di appartenenza all’associazione o di attività criminale, ma in realtà nella prassi spesso i due presupposti finiscono per sovrapporsi, svalutando la parte prognostica del giudizio, ridotta a una mera valutazione soggettiva affidata all’intuito del giudice, o comunque ci si limita a presumere la pericolosità dagli indizi di attività criminale, riducendo il giudizio di pericolosità non tanto alla prognosi di futura attività criminale, ma al mero accertamento indiziario di attuale o passata attività criminale. Il concetto di pericolosità relativo alle misure di prevenzione si sarebbe dovuto differire da quello relativo alle misure di sicurezza, in quanto, pur avendo un fondamento comune costituito dalla "probabilità che il soggetto possa compiere atti lesivi di determinati beni", nelle misure di prevenzione "la pericolosità è ante delictum o sine delicto e si identifica in una situazione soggettiva, che prescinde dalla commissione di reati", mentre nelle misure di sicurezza "la pericolosità è post delictum e si identifica in una situazione soggettiva, di cui è componente sintomatica anche la commissione del reato, trattandosi di una probabilità di recidiva". Nell'attuale configurazione del sistema preventivo, che tende ad essere un sistema parallelo ed autonomo rispetto a quello penale, le due concezioni di pericolosità tendono però a coincidere, essendo fondata l'applicazione di una misura preventiva Cass., Sez. VI, 15 dicembre 2009, n. 42324. Cass., Sez. I, 3 febbraio 2010, Russo, n. 7937 12 Cass. Sez. 6, 29 gennaio 2014, n. 9747, Rv. 259074; Sez. 2, 21 febbraio 2012, n. 19943, Rv. 252841; Sez. 2, 16 febbraio 2006, n. 7616, Rv. 234745. 10 11 sull'accertamento della commissione di un reato, l'associazione per delinquere di stampo mafioso o gli altri reati presupposti dalla legge, in relazione ai quali devono sussistere gli indizi di appartenenza del soggetto o di consumazione. Le misure di prevenzione si sono trasformate in "misure praeter probationem delicti", in una sorta di "poenae extraordinarie " di "medievale ascendenza ". Le misure di prevenzione, d’altro canto, si sono rivelate inadeguate in termini preventivi, anzi hanno rivelato degli effetti stigmatizzanti e criminogeni - in termini di violazioni delle prescrizioni con relativa applicazione di sanzioni penali (art. 75 ss. cod. mis. di prev.) e di diffusione del fenomeno mafioso -, finendo per trasformarsi non solo in pene di sospetto, ma determinando, laddove vengono inflitte nei confronti del recidivo considerato capace di tornare a delinquere, una sorta di circuito sanzionatorio senza fine, che si inserisce in un panorama europeo che sempre più riscopre l’uso di misure limitative della libertà o addirittura detentive in seguito all’esecuzione della condanna per garantire il controllo sociale o la neutralizzazione del delinquente pericoloso (basti pensare al suivi sociojudiciaire francese. Questa sovrapposizione del procedimento penale e di quello preventivo, rispetto all'aspetto patrimoniale, si accentuava in seguito all'introduzione dell'art. 12 sexies che rende obbligatoria la confisca dei patrimoni dei soggetti condannati per 416 bis c.p., qualora si accerti la sproporzione tra patrimonio effettivo e patrimonio legittimo. Si deve a tal proposito rilevare che tale profilo, e cioè l’aspetto patrimoniale e la necessità di specializzare le indagini relative, tende oggi a legittimare l’autonomia del procedimento preventivo rispetto al processo penale, volto ad accertare la responsabilità, anche nelle opinioni della dottrina; tale prospettiva, pur valida, presuppone, però, un ripensamento e una ristrutturazione del procedimento preventivo patrimoniale . Il sistema della prevenzione patrimoniale, invece, si è esteso a dismisura nei confronti di tutte le forme di pericolosità generica dopo l’abrogazione dell’art. 14 l. 55/’90 del 2008, accolta nel codice delle misure di prevenzione (dlgs. N. 159/2011), sollevando dubbi sulla sua compatibilità con il principio di proporzione, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea che enfatizza la compatibilità con la Convenzione delle forme di confisca senza condanna in considerazione della rilevanza dello scopo perseguito, la gravità e il dilagare del fenomeno mafioso13, o la lotta al traffico di stupefacenti (caso Butler c. Royaume14 – Uni) o da ultimo nel recente caso Gogitidze la lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali15. In seguito alla separazione delle misure patrimoniali dalle personali, inoltre, non solo si dovrà verificare chi sono i soggetti che sono stati ma non sono più pericolosi, ma la confisca di prevenzione è diventata una sorta di Spada di Damocle che incombe sine die sull’attività economica di un soggetto indiziato o sottoposto a procedimento penale (anche se assolto) nel passato, con un indubbio effetto punitivo, nonostante lo sforzo delle Sezioni Unite Spinelli di valorizzare la nozione di pericolosità sociale per negare la natura di tertium genus della confisca e ribadirne la mera natura preventiva. In conclusione il codice antimafia, come evidenziato in dottrina, ha perso l’occasione di realizzare un ripensamento complessivo del sistema della prevenzione, da realizzare attraverso un ammodernamento dei presupposti e degli strumenti e che fosse espressione di una nuova strategia politico criminale. L’ammissibilità in uno Stato di diritto di misure di prevenzione ante delictum passa, allora, come recentemente affermato dalla Corte EDU nel Cfr. anche Corte EDU, 26 luglio 2011, Paleari, n. 55772/08, § 34; 17 maggio 2011, Capitani e Campanella, n. 24920/07, §§ 35 ss.; 26 luglio 2011, Pozzi, n. 55743/08; 5 gennaio 2010, Bongiorno, n. 4514/07; 2 febbraio 2010, Leone, n. 30506/07. 14 Corte EDU, Butler c. Royaume-Uni, 26 giugno 2002, n° 41661/98, § 8. 15 § 103. 13 caso Monno, da una pieno rispetto del principio di legalità, ma anche e innanzitutto del principio di proporzione. Solo se le misure di prevenzione vengono mantenute nella loro finalità originaria e con un contenuto coerente con tale finalità, ponendo delle limitate restrizioni a diritti del cittadino volte a realmente prevenire l’occasione criminale o interdire le attività in cui si manifesta l’inclinazione a delinquere (la pericolosità sociale), le misure di prevenzione potrebbero essere ritenute necessarie e idonee in uno Stato di diritto alla luce di un giudizio di proporzione.