Università Roma Tre Corso di laurea magistrale CINEMA TELEVISIONE E PRODUZIONEMULTIMEDIALE Corso “Media digitali: Televisione, video, Internet” Docente: Enrico Menduni Tredicesima lezione Il regime scopico. Dalla prospettiva al Digital 3D Giovedì 8 gennaio 2015 © Enrico Menduni 2015 La prima fase del 3D Il cinema comincia a pensarci negli anni Venti, quando l’effetto sorpresa si attenua e si teme la concorrenza di altri media. In particolare della radio, particolarmente insidiosa perché è il primo medium domestico. E anche del grammofono, che permette di organizzare pomeriggi o serate musicali a casa. Il cinema reagisce in un modo che rimarrà classico nella sua condotta: accentuare l’esclusività della visione nella grande sala buia (theatrical), rispetto a qualunque altra forma della visione. La prima fase del 3D Vi sono esperimenti di film 3 D negli anni Venti. •The Power of Love, 1922 •M.A.R.S., 1922 Oggi perduti, e non è un caso. Il sonoro batte il 3D Non sappiamo come funzionasse questo 3D: sicuramente male. Il cinema usa per la sua affermazione un’altra arma che si rivela da subito molto più potente: il sonoro. “Il cantante di jazz” (The Jazz Singer) di Alan Crosland, produzione Warner Bros., è proiettato a New York il 6 ottobre 1927 con grande successo, aprendo una nuova stagione nel cinema. Di 3D non si parla più. Ritorna il 3D negli anni Cinquanta Negli anni Cinquanta il cinema ha un nuovo competitor, la televisione. Alla ricerca di uno strumento per valorizzare la visione in sala, il cinema ricorre nuovamente al 3D. Di questo 3D sappiamo molto di più: ecco una fotografia (promozionale) di una proiezione, a Philadelphia, del primo film 3D, e a colori, Bwana Devil, del 1952. Come vediamo, gli spettatori portano degli occhiali a filtri polarizzati (anaglifici). Le due immagini complementari, necessarie all’effetto tridimensionale, si creano filtrando i colori dell’unica immagine proiettata. 3D all’italiana (anni Cinquanta) Anche in Italia si fanno alcuni film 3D con un sistema proprio (“Tridimensionale Cristiani”): •Il più comico spettacolo del mondo (1953) di Mario Mattoli •Un turco napoletano (1953) di Mario Mattoli •Cavalleria Rusticana (1953) di Carmine Gallone •Ulisse (1954) di Mario Camerini Qui la competizione non è con la TV, ma con il cinema hollywoodiano. Il Cinemascope Il sistema che si affermò fu però un altro, meno complicato da gestire e di maggiore effetto: il Cinemascope, che permette di avere uno schermo panoramico di grandi dimensioni, senza cambiamenti significativi né alla macchina da presa né al proiettore. Nasce nel 1953 e il suo primo prodotto fu il peplum La tunica, di Henry Koster. Il ritorno del 3D in formato digitale Il ritorno del 3D in ambiente digitale è la risultante delle dinamiche spettacolari interne all’evoluzione dei dispositivi cinematografico e televisivo. Il cinema mostra di imparare da fonti di immagini altre rispetto a sé e di porsi seriamente il tema della trasformazione della sala cinematografica in luogo esperienziale. Una sala (o meglio un multiplex) sempre più spesso collocata fuori dalle città storiche, all’interno di centri commerciali o negli snodi di grandi vie di comunicazione: un insieme di luoghi nei quali coniugare l’intrattenimento in varie forme, per varie generazioni e fasce sociali, con lo shopping e il consumo del cibo e delle bevande. Il ritorno del 3D in formato digitale / 2 Il 3D digitale sta alla proiezione cinematografica come il barocco sta alla prospettiva. Intende trasformare lo sguardo dello spettatore in un’esperienza immersiva, avvolgente, coinvolgente a cui collaborano la conformazione della sala, i servizi offerti, il suono stereofonico, una visione tridimensionale per la quale indossare gli appositi occhiali rappresenta un rito d’ingresso. La visione tridimensionale – per la quale vari standard sono in concorrenza – si determina attraverso molteplici punti di cattura dell’immagine, e plurime coppie di immagini stereoscopiche offerte agli spettatori. Lo spettatore non guarda l’immagine, si sente dentro di essa e può muovere lo sguardo in ogni direzione. Questa immersione provoca nello spettatore una particolare ebbrezza, l’emozione di una presenza, e conferisce alla visione un carattere emozionale ed esperienziale. Inoltre, se è immersiva, riceve un’attenzione esclusiva, non distratta, come ormai avviene in un mondo contraddistinto da un’offerta di immagini larghissima, satura. Abbiamo tentato una classificazione dei principali titoli del 3D digitale: Critiche al 3D Lo scetticismo nei confronti del 3D lo ha accusato di volta in volta: a) di essere una stanca replica del mediocre successo del 3D anni Cinquanta; b) di essere adatto solo a blockbuster hollywoodiani o ai cartoni animati; c) di trasformare la sala cinematografica, magica grotta sacra della visione, in un baraccone da fiera fra giganteschi pop corn, fast food e outlet. Critiche certo legittime e in parte fondate, ma che non tengono conto di quanto il 3D stia contribuendo alle nuove convenzioni visuali di questo secolo. Cosa c’è nel Digital 3D Non solo blockbuster, non solo film di finzione, non solo spettacoli per ragazzi, non solo majors americane; ma anche la combinazione di diverse tecniche di ripresa. La live action, cioè la ripresa diretta di un’azione; la performance capture in cui si riprende la recitazione di attori, o forme, su cui vengono incollati in post produzione I personaggi e gli ambienti. E infine l’animazione digitale Cgi sulla base di performance capture. Contents Pina Bausch Christopher Nolan (Dark Knight, Inception) on IMAX & 3D I was curious if you could talk about IMAX and 3D? These are both things that are…you really pioneered what IMAX could do with “Dark Knight” and 3D seems to be a revolution and it’s changing everything. Could you talk about your feelings about 3D and also with IMAX, did you shoot any of “Inception” in IMAX or was it all done in post? Nolan: We shot the film with a mixture of mostly the predominant bulk of the film is anamorphic 35mm, which is the best quality sort of practical format to shoot on by far. We shot key sequences on 65mm, 5 perf not 15 perf, and we shot VistaVision on certain other sequences. So we’ve got a negative – a set of negative – that’s of the highest possible quality except IMAX. We didn’t feel that we were going to be able to shoot in IMAX because of the size of the cameras because this film given that it deals with a potentially surreal area, the nature of dreams and so forth, I wanted it to be as realistic as possible. Not be bound by the scale of those IMAX cameras, even though I love the format dearly. So we went to the next best thing which was 65mm. So we have the highest quality image of any film that’s being made and that allows us to reformat the film for any distribution form that we’d like to put it in. We’re definitely going to do an IMAX release. We’re excited about doing that and using our original negative 65mm photography to maximize the effect of that release. 3D I think is an interesting development in movies or the resurgence of 3D. It’s something we’re looking at and watching. There are certain limitations of shooting in 3D. You have to shoot on video, which I’m not a fan of. I like shooting on film. And so then you’re looking at post-conversion processes which are moving forward in very exciting ways. So really, for me, production of a large scale film is all about recording the best, highest quality image possible so that you can then put it in any theatre in the best way possible. And 65mm film, IMAX film, VistaVision, 35mm, that’s the way you do that. http://collider.com/director-christopher-nolan-and-producer-emma-thomas-interview-inception-they-talk-3d-what-kind-of-cameras-they-usedpre-viz-wb-and-a-lot-more/20567/ Posted March 25th, 2010 The making of Avatar Dunque non solo blockbuster, non solo film di finzione, non solo spettacoli per ragazzi, non solo majors americane; ma anche la combinazione di diverse tecniche di ripresa. La live action, cioè la ripresa diretta di un’azione; la performance capture in cui si riprende la recitazione di attori, o forme, su cui vengono incollati in post produzione I personaggi e gli ambienti. E infine l’animazione digitale Cgi sulla base di performance capture. Queste esperienze configurano percorsi di realtà aumentata e una visione enhanced e sempre più tendente al tridimensionale. Ciò comporta una modificazione profonda delle convenzioni percettive: un’estetica dell’immersivo e del coinvolgente, con forti tratti ludici, che ha i suoi antecedenti nel barocco e si avvale di una prospettiva binoculare per ricreare con forte impatto la terza dimensione. Dunque un passaggio dall’osservatore al partecipante, dallo sguardo esterno alla condizione immersiva, dalla prospettiva rinascimentale (con un unico punto di fuga) a uno sguardo stereoscopico. Further Readings Henry Jenkins, Converging Culture. 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E per i più tosti…… Jurgis Baltrušaitis, Anamorfosi o Thaumaturgus opticus (1955-1984), Milano, Adelphi, 1990 Jay David Bolter, Richard Grusin, Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi (1999), Milano, Guerini, 2002 Francesco Casetti: Filmic Experience, in “Screen”, 50, 1, 2009, pp. 56-66 Francesco Casetti: Ritorno alla madrepatria. La sala cinematografica in un’era post-mediatica, in “Fata morgana”, n. 8, 2009, pp. 173-188 Fausto Colombo (a cura di), La digitalizzazione dei media, Roma, Carocci, 2007 Mario Gerosa (a cura di), Cinema e tecnologia. La rivoluzione digitale: dagli attori virtuali alla nuova stagione del 3D, Genova, le Mani, 2011 Jostein Gripsrud (a cura di), Relocating Television. Television in the Digital Context, London, Routledge, 2010 Henry Jenkins, Fan, bloggers e videogamers. L’emergere delle culture partecipative (2006), Milano, Franco Angeli, 2008 David N. 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