SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SSFAoggi SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES Notiziario di Medicina Farmaceutica Febbraio 2011 numero Bimestrale della Società di Scienze Farmacologiche Applicate Fondata nel 1964 23 Incontriamoci a Milano! Sommario: Incontriamoci a Milano 1 I parchi scientifici in Italia 1 Oggi parliamo di…. 2 XII Congresso Nazionale SSFA 3 Intervista a Paolo Lanfranchi 4 Il ricercatore Giorgio Mosconi 5 Progetto IMI PharmaTrain 6 The boom of overseas clinical trials 7 Intervista a Ugo Lancia 8 Ultime notizie da ...FDA 10 Aggiornamenti sul Master della Cattolica 11 Sito SSFA 13 X Corso San Raffaele-SSFA 14 Il Primo Seminario di Medicina Nutrizionale 15 Convegni e corsi 16 Vincenzo Longo 17 Previsioni 2011 sul mercato farmaceutico 18 Frode in ricerca 18 News on clinical trials 19 Medicina 2011: ecco le attese 20 Fra circa due mesi inizia il Congresso Nazionale SSFA, il nostro appuntamento triennale dove facciamo il punto della ricerca clinica in Italia, e di come meglio affrontare le sfide della globalizzazione e della competizione globale, sempre più agguerrita. A pagina 3 Gianni De Crescenzo, il nostro Presidente, ci anticipa a grandi linee i contenuti del Congresso e soprattutto lo spirito che ha animato il comitato organizzatore, ed il messaggio che abbiamo cercato di trasmettere. In queste poche righe io invece vorrei sottolineare l’importanza di incontrarci e creare uno spirito di coesione, di collaborazione e di confronto. Il nostro modo di lavorare è cambiato: ormai un grande numero di colleghi, soprattutto i più giovani, lavora da casa e solo saltuariamente viene coinvolto in riunioni attorno ad un tavolo. Teleconferenze, videoconferenze, skype, posta elettronica sono diventati non solo strumenti insostituibili del lavoro di oggi, ma hanno anche stravolto il modo di lavorare: oggi, appena se ne ravvisa l’opportunità, il lavoro viene svolto a casa. Il che conviene prima di tutto alle aziende o alle CRO, perché una scrivania ha un costo fisso che nelle grandi città può essere elevato: ma conviene – a mio parere solo in apparenza – anche a chi lavora, perché intravede in ciò una maggiore convenienza e flessibilità di orario. Non voglio qui aprire un dibattito su pregi e difetti del lavoro da casa: magari lo farò in uno dei prossimi numeri di questa rivista. In queste poche righe vorrei solo ribadire l’importanza educativa e relazionale del lavorare in gruppo. Nel mondo scout, che per tanti anni è stata la mia scuola di vita, si chiama “trapasso delle nozioni”: parola forse brutta e desueta, ma che indica con chiarezza quanto sia importante che i più esperti trasferiscano ai giovani le loro esperienze, quelle positive e soprattutto quelle negative. Nulla è più educativo di un anziano che indica al giovane la strada da percorrere e gli errori da non ripetere. Ebbene, tutto questo importante bagaglio di informazioni, che spesso si trasmettono alla macchina del caffè oppure durante la pausa pranzo, vengono irrimediabilmente perduti. Devo ammettere che quando penso ai giovani colleghi che lavorano da soli, alla loro scrivania casalinga, mi reputo fortunato per aver avuto sempre l’opportunità di avere un ufficio, con tante colleghe e tanti colleghi da cui imparare e con cui ragionare insieme. Oggi molto di questo è perduto: e non si torna più indietro. Restano quindi poche occasioni per conoscerci, parlare, ridere ed anche scherzare sull’ultimo aneddoto di vita vissuta. Allora, davvero, incontriamoci a Milano! E facciamo rivivere, magari solo per due giorni, lo spirito di un gruppo che vuole lavorare assieme, per il gusto di far bene, e soprattutto per aiutare i pazienti che attendono i farmaci che stiamo studiando. Domenico Criscuolo I parchi scientifici in Italia Tutti conoscono la Silicon Valley. Nel nostro immaginario è associata ad un luogo mitico dove sono nati i computer, la rivoluzione dell’informatica, Steve Jobs con il suo Apple, Bill Gates e Microsoft, ma prima ancora Bill Hewlett e Dave Packard che fondano HewlettPackard. E numerosi altri, con nuove società di alta tecnologia fondate nel solito garage. La galleria dei personaggi e delle loro invenzioni è ricca. Silicon Valley è il primo vero esempio significativo di parco scientifico, un’area ad elevato contenuto tecnologico dove si aggregano gruppi di ricerca accademica (come l’Università di Stanford a Palo Alto), piccole società di ricerca, start-up, spin-off, società di servizi ed altro. Nel settore biomedico (life sciences) i parchi scientifici si diffondono rapidamente alla fine degli anni ’70 con le conoscenze sul genoma e l'affermarsi della biologia molecolare e delle relative tecniche fra cui, soprattutto, quelle sul DNA ricombinante che promettevano applicazioni rivoluzionarie. Cosi nasce la Biotech Valley nell’area di Palo Alto e della baia di San Francisco (si sovrappone alla Silicon Valley). Seguono la Route 31 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO (Continua a pagina 12) Anno V numero 23 Pagina 2 Oggi parliamo di….. FARMACOGENETICA I farmaci sono prescritti come terapia valida per qualsiasi paziente affetto da determinate condizioni cliniche, verso le quali hanno dimostrato di essere efficaci, ma spesso la loro somministrazione sortisce una notevole variabilità di risposta. Variabilità che si manifesta sia in termini di mancata, o parziale, efficacia sia per la comparsa di più o meno gravi effetti collaterali per cui, mentre un determinato farmaco è benefico ed innocuo per alcuni malati, per altri può rivelarsi inefficace o dannoso oppure addirittura letale. La farmacogenetica è stata, inizialmente, definita come lo “studio della variabilità della risposta individuale al farmaco legata all’ereditarietà ed alle caratteristiche genetiche personali e familiari”. Etimologicamente, infatti, essa è collegata alla presenza di caratteristiche individuali dovute a tratti ereditati dei quali studia e descrive le interazioni con i farmaci. La storia della farmacogenetica rispecchia l’evoluzione della genetica e genomica umane, della farmacologia molecolare e della moderna terapia farmacologica. Archibald Garrod fu, probabilmente, il primo a capire, nel 1898, che vi è una predisposizione ereditaria, in certi individui, a sviluppare l’alcaptonuria. William Bateson usò il termine “genetica” (19021913), mentre fu Friedrich Vogel a coniare il termine “farmacogenetica” (1959). Il primo lavoro scientifico di un certo rilievo nel campo della farmacogenetica non concerneva la risposta individuale ad un particolare farmaco, bensì le differenze tra individui di etnie diverse nella capacità di sentire il gusto (taste blindness) della feniltiocarbammide. Alf Alving e collaboratori notarono, durante il secondo conflitto mondiale, che approssimativamente il 10% dei soldati afroamericani, ma una ridottissima percentuale dei militari di origine caucasica, sviluppavano crisi emolitiche acute a seguito della somministrazione di primaquina o di altri farmaci antimalarici. Venne poi accertato che la sensibilità a questa classe di farmaci dipende da una deficienza della gluco-6fosfato deidrogenasi, che altera il metabolismo degli eritrociti. Probabilmente l’esempio più noto di una deficienza genetica correlata alla biotrasformazione di un farmaco riguarda i polimorfismi nelle acetilazioni, osservato per la prima volta nel 1952, con l’avvento dell’isoniazide nella terapia della t ubercolosi. Solo 40 anni dopo si dimostrò che l’alterata biodisponibilità del farmaco era dovuta a mutazioni della N-acetiltransferasi 2 sul cromosoma 8. Nonostante l’importanza storica degli enzimi acetilanti, oggi la farmacogenetica è spesso associata ai polimorfismi della famiglia di enzimi coinvolti nel metabolismo ossidativo di fase I del citocromo P450, scoperti negli anni ’70, con le evidenze di polimorfismi nell’ossidazione di debrisoquina e sparteina. La famiglia dei citocromi è coinvolta nel metabolismo ossidativo di numerose classi di farmaci (antiaritmici, oppiacei, antidepressivi, antipsicotici, chemioterapici): ad oggi sono oltre 2500 le pubblicazioni sull’argomento. La farmacogenetica, quindi, si pone come valido strumento per realizzare la “personalized medicine”, ovvero la prescrizione del farmaco giusto alla giusta dose ed alla giusta persona. Essenzialmente, i problemi farmacogenetici che influenzano la risposta ai farmaci possono essere compresi in due macrocategorie: quelli farmacocinetici e quelli farmacodinamici. Ad oggi, si può affermare che la farmacogenetica non ha ancora mantenuto la promessa di rendere possibile la personalizzazione delle terapie farmacologiche e ciò per alcuni motivi/problemi fondamentali. Problemi etici: è nella natura intrinseca della farmacogenetica la necessità di rendere accessibile, ad un numero abbastanza ampio di persone, dati genetici sensibili necessari per poter attuare la personalizzazione della terapia. Ad esempio: un paziente affetto da leucemia mieloide cronica dovrà sicuramente sottoporsi a test genetici per valutare il proprio genotipo riguardo l’attività delle tiopurine mercapto-transferasi per evitare di dover sospendere la terapia, oppure di doverne sopportare i pesanti effetti collaterali. Quindi, il problema non è se i dati sensibili debbano essere divulgati, ma come e per quale fine. Un motivo di maggior impatto riguarda le assicurazioni: ad esempio, se si dovesse elaborare un particolare test per individuare la popolazione di fumatori più suscettibili a sviluppare il mesotelioma, è scontato che le assicurazioni si rifiutebbero di stipulare una polizza con queste persone. Motivi economici: i test farmacogenetici sono, attualmente, piuttosto costosi: basti pensare al test AmpliChip CYP450, che seleziona i pazienti in base al genotipo CYP 2D6 e 2C19, ha un costo che varia tra 600 e 1300 $, senza garantire una elevata predittività del fenotipo. Tuttavia, è opportuno rilevare che test di questa tipologia vengono eseguiti un’unica volta nella vita, e ciò ne ammortizza il costo, sia per il paziente che per il sistema sanitario/assicurativo. Motivi concettuali: alle evidenti limitazioni di carattere legale, economico ed etico, si sommano errori concettuali e metodologici nella ricerca in campo farmacogenetico/farmacogenomico. Una componente peculiare in questo campo di indagine è rappresentata dal fatto che vi è una forte prevalenza di pubblicazioni tipo “reviews, commentaries, letters o opinion based pieces” a scapito di articoli originali di ricerca di base. Ciò ha creato altissime aspettative in una branca della scienza che non ha saputo soddifarle sia sul piano della conoscenza teorica sia per quanto riguarda le applicazioni cliniche. Basti considerare che, ad oggi, i farmaci per cui FDA “raccomanda” un approfondimento farmacogenetico sono solo: abacavir, atorvastatin, azatioprina, carbamazepina, cetuximab, clopidogrel, dasatinib, imatinib, irinotecano, pantitumumab, rasburicase, trastuzumab, valproato e warfarin. Inoltre, la ricerca di base è stata condotta essenzialmente su popolazioni caucasiche, in un ridotto numero di campi d’indagine e su un numero molto ristretto di pazienti (meno di 100, contro i circa 3500 necessari per una valutazione clinica statisticamente significativa). Il punto debole di questi articoli è l’uso, come paramentro di valu(Continua a pagina 3) Anno V numero 23 Pagina 3 tazione per la rilevanza clinica di una scoperta, del valore statistico della “p”, che fornisce solo una stima dell’ eventuale casualità dei dati trovati, non esplicitando se il problema farmacogenetico abbia un rilevante impatto clinico. Ad esempio, due eventi possono essere altamente correlati tra loro, ma se contribuiscono solo per il 2% alla patologia in studio, non rappresentano un valido elemento di indagine. Domenico Barone Edoardo D’Imprima X I I C O N G R E S S O NA Z I O NA L E SSFA CROCEVIA DELLO SVILUPPO DEL FARMACO Cari amici e colleghi della SSFA, eccoci al XII Congresso Nazionale della nostra Società. Con il comitato scientifico abbiamo immaginato questo nostro appuntamento come una piazza rinascimentale, un luogo spazioso ove certamente incontrarci, ma anche incontrare persone con storie diverse dalle nostre, che hanno comunque tutte a cuore il futuro della ricerca nel nostro Paese, un Paese con grandi potenzialità inespresse, e con aspetti strutturali problematici irrisolvibili, se non in un’ottica di sistema. Avremo quindi molti ospiti “esterni” che porteranno il loro punto di vista, che potrà anche essere diverso dal nostro, ma che comunque ci aiuterà a guardare alla nostra realtà in modo nuovo. La speranza è che da questi confronti, da queste dialettiche, possano nascere delle sintesi per cercare insieme altre soluzioni. Il primo giorno parleremo di etica e di nuovi orizzonti, nuove possibilità della ricerca clinica, e sentiremo di cose nuove nel campo biotech. Ci confronteremo quindi con delle società con le quali collaboriamo quotidianamente: Farmindustria, AFI, SIAR, SIF, SIFO. E questi confronti non saranno solo nell’ottica politica del buon vicinato, ma vedremo che cosa fare insieme, quali progetti condurre nei prossimi anni. Il secondo giorno sentiremo l’AIFA e l’EMA, con relatori a noi tutti ben noti. Parleremo quindi della delocalizzazione della ricerca clinica (un problema che colpisce tutte le aziende) e di Health Technology Assessment, uno strumento vitale per le industrie nel dialogo con le istituzioni. Toccheremo quindi un problema che come sapete ci sta molto a cuore: quello dei giovani ricercatori. MILANO, 30/31 MARZO 2011 Quali opportunità hanno? Che funzione hanno o pos- reale interesse in questo. sono avere i nostri master in questa E’ un congresso che arriva in un ottica? momento di grande turbolenza nel Infine avremo la nostra assemblea, campo farmaceutico, questo lo con la relazione sullo stato della sappiamo tutti. Società. E qui mi farebbe veramente Ma è proprio in questi momenti che è piacere avere una vostra grande più forte il bisogno di capire e di partecipazione, perché tutti noi confrontarci. abbiamo bisogno di un confronto, per Grazie per l’attenzione capire come ci stiamo muovendo, Gianni de Crescenzo quanto stiamo facendo ed il nostro Anno V numero 23 Pagina 4 SSFAOGGI INCONTRA……PAOLO LANFRANCHI PAOLO LANFRANCHI, PRESIDENTE GRUPPO PRODUTTORI CONTO TERZI DI FARMINDUSTRIA Stiamo assistendo sempre più spesso ad un outsourcing da parte delle grandi aziende verso le aziende conto terzi non solo di aree di produzione ma anche di fasi tipiche della ricerca. Per approfondire ciò ne abbiamo parlato con il dr. Paolo Lanfranchi, amministratore delegato di Doppel farmaceutici, presidente di Procemsa e da luglio 2009 presidente del gruppo “ Partner di produzione a contratto “ di Farmindustria. Perché la necessità di creare, all'interno di Farmindustria, un Gruppo che raccoglie le aziende partner di produzione a contratto? Le aziende che svolgono attività di produzione a contratto nel settore farmaceutico hanno mostrato l’esigenza di essere rappresentate da un Gruppo che promuovesse la qualità della produzione farmaceutica italiana valorizzandone le risorse, le tecnologie ed il valore aggiunto. Per tale motivo nel corso del 2009 abbiamo intrapreso questa strada. supporto dei dossier registrativi. Per un’azienda che voglia pianificare accuratamente le fasi della ricerca è importante avere la certezza di disporre di partner industriali affidabili, autorizzati dall’Autorità competente e in grado di realizzare studi di formulazioni e avviare rapidamente la produzione. Può darci qualche numero del comparto da Lei rappresentato? In Italia sono 13 le aziende rappresentate nel Gruppo Produttori Conto Terzi. Occupano complessivamente più di 2.300 addetti e hanno una produzione che supera annualmente 1.300 milioni di euro. Gli investimenti sono pari a 25 milioni di euro e la loro competitività viene riconosciuta a livello internazionale con 133 milioni di euro di export. Quali sono le richieste che ricevete dalle aziende che conducono studi clinici? Ai produttori che svolgono operazioni in outsourcing viene prevalentemente richiesta la preparazione di biobatch – prodotti in Good Manufacturing Practice per studi randomizzati o in doppio cieco – e anche l’allestimento del placebo e relative confezioni “mascherate” in base al tipo di protocollo. Ritiene che avere un Gruppo consolidato di aziende produttrici possa aiutare la ricerca clinica in Italia? Certamente. Alcune delle aziende che operano nel settore del contract manufacturing svolgono anche attività di supporto alla ricerca clinica, poiché sono impegnate nella preparazione di formulazioni di medicinali impiegate negli studi clinici e di bioequivalenza, nonché della relativa documentazione scientifica a Quali sono le sue previsioni e quali gli auspici per il futuro sulla produzione in outsourcing? È prevedibile che chi produce in outsourcing si dedichi in futuro a sviluppare formulazioni che migliorino la cinetica del farmaco, modificando il rilascio da fast a long acting, sempre più mirate a diminuire i rischi di eventi avversi e ad aumentarne la maneggevolezza. Per il futuro vorremmo che in Italia fosse sem- pre più riconosciuta la qualità della produzione farmaceutica, vero e proprio patrimonio industriale, che non possiamo disperdere e delocalizzare in altri Paesi. Questo deve andare di pari passo con l’attenzione ai temi dello sviluppo e della ricerca clinica. a cura di Giovanni Abramo RICORDIAMO A TUTTI I SOCI CHE LE VOTAZIONI PER IL RINNOVO DEL C O N S I G L I O DIRETTIVO SI CHIUDERANNO DURANTE IL CONGRESSO SSFA DEL 30 / 31 MARZO . Anno V numero 23 Pagina 5 IL RICERCATORE VALTELLINESE GIORGIO MOSCONI NOMINATO “PROTAGONISTA ITALIANO NEL MONDO” Il suo sogno: creare un centro di ricerca internazionale per la lotta alla tubercolosi a Sondalo Passariano, 26 ottobre 2010. Giorgio Mosconi, nato a Grosio e cresciuto a Sondalo, ha ricevuto lo scorso settembre la nomina a Protagonista Italiano nel Mondo da parte del Ministero degli Affari Esteri per il suo impegno nella ricerca e sviluppo di nuovi farmaci anti-infettivi. Lo scienziato ha partecipato in qualità di relatore alla “Conferenza Protagonisti Italiani nel mondo”, promosso dal Ministero degli Affari Esteri, svolta il 28-29 ottobre 2010 presso la storica Villa Manin di Passariano (Udine), per testimoniare la sua esperienza professionale internazionale nel campo della ricerca biomedica. All'incontro hanno parlato del successo italiano all’estero ottanta tra studiosi, imprenditori, professionisti, discutendo su come migliorare il Sistema Italia. Si è parlato dell’identità culturale che è alla base dell’eccellenza italiana e sono state proposte iniziative per sostenere l’immagine del nostro paese al di fuori dei confini nazionali. “E’ stato proprio l’aver vissuto a Sondalo, sede storica del più grande sanatorio antitubercolare in Europa a ispirare le mie scelte professionali e di vita” spiega Giorgio Mosconi che, dopo la laurea in Medicina e Chirugia e la specializzazione in chirurgia otorinolaringoiatrica e maxillo facciale, ha deciso nel 1989 di dedicarsi alla ricerca farmaceutica. Lasciata l’Italia, ha diretto centri di ricerca internazionali in Svizzera, Belgio e negli Stati Uniti, dove tuttora vive e lavora, che hanno portato allo sviluppo e alla commercializzazione nuovi antibiotici e antivirali per il trattamento di infezioni gravi, resistenti alle terapie convenzionali. “Sono stati 22 anni di grandi sacrifici ma anche di grandi soddisfazioni professionali che mi hanno permesso di raccogliere un enorme bagaglio di competenze scientifiche e manageriali” dice Mosconi. Grazie al lavoro di team, Mosconi e i suoi collaboratori hanno messo a dispo- sizione della classe medica mondiale nuovi farmaci salvavita (quali Teicoplanina, Stavudina, Didanosina, Entecavir e, prossimamente, Dalbavancina e Ramoplanina) e sono stati fra i primi a capire e sviluppare nuove combinazioni di farmaci antivirali per la terapia dell'HIV. La naturale evoluzione del suo impegno Prof. Giorgio Mosconi nella ricerca lo ha portato a mettere a frutto questo patrimonio nel campo delle cosiddette “malattie neglette”. Patologie, quali la tubercolosi, tuttora una delle prime cause di morte nel mondo, che non attirano l'interesse delle grandi multinazionali del farmaco in quanto scomparse nel mondo occidentale e che per questo rimangono ancora ben lontane dall'essere sconfitte. L’interesse per questa patologia nasce, in Mosconi, dall’essere sempre stato a contatto con la problematica della tubercolosi, in quanto cresciuto nel luogo dove esiste il Sanatorio antitubercolare più grande d’Europa. Questa è una delle ragioni che ha spinto il ricercatore a entrare in Lepetit, l'azienda farmaceutica italiana dove, nel 1959, è stata scoperta la rifampicina, tuttora il più importante farmaco anti-tubercolare. “Da allora la ricerca farmaceutica sulla malattia si è fermata in quanto la tubercolosi non è più stata considerata un'emergenza medica nei nostri paesi ed è risultata perciò economicamente poco interessante ”. E questo, insieme ad altri motivi, ha portato ad avere armi spuntate contro quest'infezione, che si è aggravata per l'insorgenza della resistenza ai farmaci correnti, compresa la rifampicina. Il problema sta assumendo contorni inquietanti, non solo per le popolazioni povere del mondo flagellate dall'infezione - sono oltre 2 milioni le persone che ogni anno muoiono nel mondo per la tbc - ma anche per i paesi sviluppati dove queste malattie stanno emergendo nuovamente in seguito ai forti flussi migratori. Mosconi, dopo anni di esperienza all'estero, ha un sogno nel cassetto. “Vorrei mettere a disposizione la mia professionalità e creare proprio a Sondalo un centro internazionale dedicato alla ricerca antitubercolare come non ne esistono al mondo”. Un progetto ambizioso, a cui Mosconi tiene molto: rendere Sondalo e la Valtellina, legati storicamente alla tubercolosi, centri di eccellenza per la lotta alla malattia dando, in questo modo, una grande visibilità alla valle. “Ho ricevuto proposte in questo senso anche da altri paesi, ma l’attaccamento alla mia terra mi impone di lanciare questa sfida proprio da qui” afferma l'esperto. Si tratta di un progetto ambizioso ma non impossibile, che richiede un'impostazione manageriale chiara, come nelle imprese biofarmaceutiche private, e che prevede diverse fasi di sviluppo con momenti di verifica interni ed esterni, organizzando congressi internazionali con l’obiettivo di attirare l'interesse della comunità scientifica mondiale. A cura di Chiara Fornasiero Anno V numero 23 Pagina 6 Progetto IMI PharmaTrain: consolidato il successo del primo anno di attività: prospettive per il secondo Il 13 e 14 settembre dello scorso anno ha avuto luogo, a Basilea, la prima Assemblea Generale Straordinaria del progetto PharmaTrain, presieduta dal prof. Buhler e presenziata da circa 45 delegati. Tra di essi erano presenti anche tre ospiti invitati da IFAPP (International Federation of Associations of Pharmaceutical Physicians), provenienti dal Belgio, da Singapore e dagli USA, per dare una eco extraeuropea alle attività del progetto e per ascoltare e prendere in considerazione eventuali suggerimenti e critiche. Per l’Italia ha partecipato Francesco De Tomasi, che firma anche questo resoconto. Il programma delle due giornate è stato molto intenso e tutti i responsabili dei vari Gruppi di Lavoro hanno avuto modo di illustrare il lavoro svolto, i risultati raggiunti e le linee delle tappe successive. Come i nostri lettori potranno ricordare dai vari articoli precedentemente pubblicati, l’Italia partecipa a questo progetto, che ha come obiettivo principale la diffusione della conoscenza della Medicina Farmaceutica attraverso corsi diversamente strutturati, ma inseriti in un contesto comune, con i due master nati per iniziativa SSFA: il master dell’Università Cattolica di Roma (“Sviluppo preclinico e clinico del Farmaco: aspetti tecnicoscientifici, regolatori ed etici”) diretto dal prof. Pierluigi Navarra, ed il master dell’Università di Milano Bicocca (“Ricerca e sviluppo preclinico e clinico del farmaco”) diretto dal prof. Vittorio Locatelli. Un primo importante aspetto emerso da questa Assemblea è la reale possibilità che il progetto, al termine dei suoi 5 anni finanziati da IMI JU (Innovative Medicine Initiative Joint Undertaking), grazie anche al supporto di IFAPP e di EFCPM (European Federation of Courses in Pharmaceutical Medicine), considerato l’impatto positivo che esso ha avuto, possa ottenere un sostegno da parte di EFPIA (European Federation of Pharmaceutical Industries Associations). La possibilità di lavorare in un team internazionale con esperienze diversificate ha permesso una crescita culturale inte- grata che si riflette in una maggiore omogeneità dei corsi sempre più orientati al nuovo Syllabus, edito nel 2010, ed organizzati in forma modulare secondo tre il prof Sandor Kerpel-Fronius dell’Università Semmelweis di Budapest livelli. Obiettivo del 2011 è una maggiore condivisione Per il Programma EMPRA (European degli standard di contenuti e di qualità Master in Pharmaceutical Regulatory per i corsi che si svolgono in differenti Affairs) l’Italia ha candidato il master Paesi, ben conoscendo che ogni Paese dell’Università di Catania, diretto dal ha proprie regole che vanno rispettate. prof. Filippo Drago ed il master Infatti la struttura modulare sia dei Corsi dell’Università di Bologna diretto dal Base (6 moduli che coprono l’intero prof. Fabrizio De Ponti: i contatti sono Syllabus, come primo livello) che dei stati avviati, si attendono ora i pareri dei programmi dei Master (secondo e terzo responsabili del Gruppo di Lavoro. livello) è stata accettata. In particolare Altri Programmi sono in via di definizioPharmaTrain ha diviso i corsi (sia quelli ne, tra di essi cito: ECMDR (European già esistenti che quelli in via di sviluppo) Course in Medical Devices Regulation); in due tipologie, definiti come: Program- Course for Clinical Trials Professionals; mi Integrati di Master - consistenti in 12 CLIC (Clnical Investigators Course). moduli per 60 ECTS (European Credit Importanti contributi sono stati forniti dai Transfer System) - e Programmi Estesi Gruppi di Lavoro che si sono occupati di Master – consistenti in un Corso Base delle linee guida per la gestione della con 30 ECTS più 6 moduli di estensione, qualità e per l’accreditamento dei corsi. per un totale di 60 ECTS. Il terzo livello Infine vanno menzionati due progetti è definito come Progetto di Lavoro e trasversali: uno per la comunicazione ed vedrà la sua realizzazione nel corso del uno per il controllo qualità, che hanno il 2011: questo livello prevede una tesi e/o compito di facilitare la diffusione delle un progetto di ricerca e assegnerà altri informazioni tra i partners nei vari pro30 ECTS, in funzione delle regole di getti di E&T (Education and Training). ogni nazione. La bidimensionalità dei Ogni gruppo di lavoro definisce i propri Corsi si riferisce al titolo di Diploma/ incontri per gli approfondimenti dei temi Master assegnato a tutti gli studenti ed assegnati, mentre i prossimi impegni al titolo di Specialista (in Medicina Far- assembleari per tutti i partecipanti al maceutica) assegnato solo ai medici e Progetto PharmaTrain saranno: solo in alcuni Paesi: il progetto si sforze- - a Berlino, il 12 ed il 13 aprile 2011: 3° rà anche di superare gli ostacoli Assemblea generale Annuale Pharma (dipendenti dalle politiche nazionali) Train, - a Roma, il 19 ed il 20 Settembre 2011: tuttora presenti in molti Paesi. La presenza di questi Corsi deve essere 2° Assemblea Generale Straordinaria. resa più visibile sia tra le Società Farma- Quest’ultima Assemblea si svolgerà ceutiche che al di fuori di esse, in modo presso la sede dell’Università Cattolica da poter contare su di un ampio poten- del Sacro Cuore e vedrà impegnati in ziale. Gli aspetti finanziari del Progetto prima linea SSFA ed i responsabili dei sono stati attentamente osservati ed i Master di Roma e Milano. conti risultano in ordine con soddisfazioFrancesco De Tomasi ne reciproca di tutti i gruppi affiliati. Anno V numero 23 Pagina 7 The boom of overseas clinical trials In 1990, just 271 clinical trials were conducted overseas. As of 2008, that number has skyrocketed to 6,485 as drugmakers turn to less-developed nations for cheaper trials, fewer regulations and a better pool of patients. Reporters Donald Barlett and James Steele question the ethics and safety of this drug testing tend in a Vanity Fair article attacking the entire drug approval process. One of the major issues raised by the authors is the lack of trial oversight of often far-flung clinical trial locations. In 2008, the FDA inspected only 1.9 percent of U.S. trials; the same year, the agency was able to visit just 45 of the 6,485 overseas trial sites (which is only 7 in one thousand). It's an impossibly huge task for which the agency is under funded and understaffed. Additionally, companies aren't required to report foreign testing data until they submit an NDA to the agency. That means if a trial harms patients or is conducted unethically, it will be too late for the FDA to intervene. It also allows drugmakers to quietly drop any trials that may have gone badly, without ever having to report that the trial took place. The authors also call into question the safety of having CROs conduct clinical trials on drugmakers' behalf. The $20billion-a-year industry, they feel, is given too much independence when setting guidelines and conducting trials. "It used to be that clinical trials were done mostly in universities and teaching hospitals...Today it is mainly independent contractors who recruit potential patients both in the U.S. and--increasingly-overseas. They devise the rules for the clinical trials, conduct the trials themselves, prepare reports on the results, ghostwrite technical articles for medical journals and create promotional campaigns," they underline in the Vanity Fair piece. Barlett and Steele clearly come into the article with an agenda, making accusations about unethical behaviour, conflicts of interest and what they view as an overall unsatisfactory clinical trial process. However, they raise important questions about how well-regulated trials can be when they are performed into all corners of the world and involve people who have little or no medical resources and no agency ensuring they're being treated ethically. The FDA does what it can with the resources it has to monitor sites. But the overseas clinical trial industry has grown so rapidly that regulators are unprepared to prevent and address potential abuse of the system. a cura di Domenico Criscuolo Anno V numero 23 Pagina 8 SSFAoggi incontra ……..il dr Ugo Lancia, autore di “Guida alla Ricerca Clinica” Qualche tempo fa il dr. Ugo Lancia mi inviò copia di un libro che aveva appena scritto: “Guida alla Ricerca Clinica” (Pensiero Scientifico editore). Ho trovato questo libro affascinante e peculiare nel suo genere, e questo mi ha spinto a proporne una recensione agli amici di SSFAoggi. Ad aiutarmi in questo compito ho chiamato l’autore stesso: quanto segue è il risultato di una chiacchierata con lui. Caro Ugo, ben trovato: grazie per prestarti a presentare il tuo libro ai nostri lettori. Vogliamo cominciare con il dire di cosa ti occupi? Caro Luca, grazie dell’invito. Sono medico e, dopo la laurea nel 1989, mi sono specializzato in psichiatra. Da anni esercito presso la clinica S. Valentino di Roma. Sono impegnato nella ricerca presso l’Università la Sapienza di Roma e la Clinica San Valentino, e dal 2002 sono docente nel Master di II livello in “Sperimentazione Clinica” della stessa Università. Iniziamo subito con una domanda che va fatta ad ogni autore: perché scrivere questo libro? Scrivere questo libro è stato l’ultimo passo di un lungo viaggio all’interno della medicina farmaceutica di cui mi occupo parallelamente all’attività clinica come psichiatra - da quasi 20 anni. Dopo aver collaborato per anni con aziende farmaceutiche, ed essere stato sperimentatore principale in una decina di studi clinici, devo dire che l’esperienza didattica al master in Sperimentazione Clinica mi ha spinto e convinto a condividere il mio bagaglio di esperienze. Penso che la peculiarità della mia esperienza, l’aver avuto la possibilità di abbinare l’esperienza clinica come psichiatra al lavoro per e con le aziende farmaceutiche, mi abbia aiutato a comprendere il modo di vedere delle aziende e delle agenzie regolatorie, senza mai dimenticare di cosa il paziente ed il medico avessero realmente bisogno. Spero di poter trasmettere questo messaggio alle persone che si avvicinano al mondo della ricerca clinica. Hai scritto questo libro perché non trovavi niente di adeguato “sul mercato”? Dr. Ugo Lancia Se avessi trovato qualcosa scritto nel modo in cui desideravo fare didattica non avrei fatto un duplicato. Invece, cercando quali testi indicare ai miei studenti, mi sono accorto che in italiano esiste molto poco (mentre molto di più è reperibile in lingua inglese) e che inoltre, quanto è disponibile, non risulta aggiornato. Scrivendo questo libro ho cercato di abbinare un’impostazione anglosassone, adattandola alla nostra lingua e al modo di pensare italiano. Ho provato ad entrare nella mente di un medico (o di un biologo, o di un farmacista) che voglia avvicinarsi al mondo della ricerca clinica, senza avere le idee chiare su cosa l’attenda. In questo senso penso – e mi auguro – che il libro si sviluppi come un percorso ideale per chi voglia fare ricerca cinica, come in una sorta di viaggio iniziatico. Questo è il motivo per cui hai intitolato il libro “Guida” alla Sperimentazione Clinica? Esatto. Il libro non vuole essere un trattato oppure un compendio sulla sperimentazione clinica. Il libro vuole essere invece uno strumento di facile uso e di agile consultazione per chiunque faccia ricerca clinica. Ad esempio, ho cercato di dotare il libro di una sezione in cui vi fossero sia un sommario della normativa italiana e delle linee guida ICH, sia esempi dettagliati dei più importanti documenti richiesti per condurre uno studio clinico (modello di protocollo di studio, di scheda informativa e consenso informato, e dossier dello sperimentatore), tra l’altro tutti scaricabili gratuitamente attraverso un sito web. Inoltre è stato scelto un formato (12,5 x 20 cm) volutamente “tascabile” proprio perché insieme all’editore si è pensato a qualcosa che potesse stare nella tasca o nella borsa di ogni medico e ricercatore. Attenzione anche al prezzo, solo 28 euro. Lasciami dire di sì. Il libro deve essere alla portata di tutti. Non avrebbe avuto senso scrivere un libro che costasse 100 euro. E anche questo, come il formato, lo differenzia da quanto è disponibile sul mercato in italiano. Dunque un libro scritto da un ricercatore per un ricercatore. E molto ricco di esempi. Mi fa piacere che tu lo abbia notato. Come ti dicevo, ho cercato di mettermi dal(Continua a pagina 9) Anno V numero 23 (Continua da pagina 8) la parte del medico ricercatore. E di cercare di far capire a come rispondere a domande quali “a cosa serve questo studio?” oppure “mi posso fidare di ciò che c’è scritto?”, che poi sono i quesiti fondamentali per ogni ricercatore. I numerosi esempi “pratici” che hai trovato nel libro riflettono la mia esperienza personale e molte volte sono tratte da esperienze vissute. E poi dai tanti studi e letture. Ho trovato tanti esempi attinenti alla psichiatria o a studi svolti in quest’area terapeutica. Essendo psichiatra, mi sono rifatto alla mia esperienza e all’area che conosco meglio. Dall’altra parte ritengo che gli studi in psichiatria, anche se non sono la maggioranza, siano studi “sfidanti” che mettono alla prova il ricercatore che voglia cimentarsi con essi: le patologie affrontate, il paziente, gli strumenti diagnostici e soprattutto gli strumenti di valutazione, contengono una serie di insidie poco note al giovane ricercatore. Come scrivo in uno dei nuovi capitoli di quella che vorrebbe essere la seconda edizione del libro, gli aspetti critici o problematici di uno studio di solito si accentuano negli studi in psichiatria. A ogni passo, si può creare un’area di riflessione aggiuntiva. Ti cito alcuni esempi: la somministrazione del consenso informato, la “retention” del paziente in studio, il problema della valutazione oggettiva. In questo senso, ritengo che svolgere studi in psichiatria sia un’ottima palestra. Pagina 9 Questo ti ha permesso di arricchire il libro di contributi originali? Penso di sì. Vi sono cenni a diversi argomenti che non ho trovato in altri testi i t a l i a n i . L’attenzione al rapporto medico paziente o la specificità dell’ottenimento del consenso informato. Inoltre, la distanza tra il risultato di uno studio e le considerazioni – anche personali – dell’uso del farmaco nella popolazione reale, che si riflette nella distanza tra la popolazione reale e la popolazione clinica ideale. Tuttavia, un libro non diretto solo ai giovani psichiatri. Quando ho cominciato a scrivere questo libro non sapevo se orientarlo alla sola psichiatria, ma poi ho pensato: perché farlo? C’è ben poco nel libro che non possa essere applicato ad altre aree terapeutiche. Tuttavia devo dire che ho la speranza che i giovani psichiatri facciano parte dei miei lettori preferenziali. E per questo devo anche ringraziare il Prof. Siracusano, il Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Tor Vergata di Roma, nonché psichiatria di fama nazionale, che ha voluto arricchire il libro di una bella e importante prefazione. Pensi che questo libro possa essere di aiuto a chi voglia fare ricerca “no profit”? Come dicevo, penso e spero che possa essere uno strumento utile per ogni ricercatore clinico. In questo senso, esso tiene conto della possibilità di fare ricerca “indipendente” e di chi voglia lanciarsi in questa sfida. Fare ricerca “no profit” oggi forse è un po’ più facile rispetto al passato: esistono i bandi AIFA, e la situazione culturale media di chi si avvicina alla ricerca clinica è migliorata. Tuttavia l’iniziativa personale è ancora prevalente e chi desideri fare ricerca deve far fronte a come reperire fondi e risorse, oltre che ad avere buone idee. I gruppi di ricercatori sono ancora limitati ad alcune aree terapeutiche, come l’oncologia. La nostra conversazione si avvia alla conclusione: accennavi ad una seconda edizione del libro? E’ possibile, ma non penso prima di duetre anni. E molto dipenderà dai commenti che riceverò. Ci sono parti del libro che vorrei ampliare - per esempio vorrei aggiungere elementi di statistica - e d’altro canto vorrei che il libro restasse uno strumento molto pratico e aggiornato. Poi vorrei valutare con l’editore la possibilità che il libro sia più “multimediale”. Per esempio, rendendolo disponibile anche come eBook. Molte grazie, dr Ugo Lancia, da parte mia e di tutti i lettori di SSFAoggi. a cura di Luca Faoro Anno V numero 23 Pagina 10 Ultime notizie da……FDA FDA issues final rule on safety information during clinical trials The U.S. Food and Drug Administration issued a final rule that clarifies what safety information must be reported during clinical trials of investigational drugs and biologics. “This final rule will expedite FDA’s review of critical safety information and help the agency monitor the safety of investigational drugs and biologics,” said Rachel Behrman, M.D, associate director for medical policy in the FDA’s Center for Drug Evaluation and Research. “These changes will better protect people who are enrolled in clinical trials.” The new rule requires that certain safety information that previously had not been required to be reported to FDA be reported within 15 days of becoming aware of an occurrence. These reports include: • findings from clinical or epidemiological studies that suggest a significant risk to study participants • serious suspected adverse reactions that occur at a rate higher than expected • serious adverse events from bioavailability studies which determine what percentage and at what rate drug is absorbed by the bloodstream and bioequivalence studies which determine whether a generic drug has the same bioavailability as the brand name drug. The rule also provides examples of evidence that would suggest that an investigational product may be the cause of a safety problem. Under current regulations, drug sponsors often report all serious adverse events, even if there is little reason to believe the product caused the event. Such reporting complicates and delays the FDA’s ability to detect a safety signal. The examples address when a single event should be reported or when there is need to wait for more than one occurrence. In addition, the rule revises definitions and reporting standards so that they are more consistent with two international organizations, the International Conference on Harmonization of Technical Requirements for Registration of Pharmaceuticals for Human Use and the World Health Organization’s Council for International Organizations of Medical Sciences. The changes are designed to help ensure harmonized reporting of globally conducted clinical trials. Along with this final rule, the FDA also issued a draft guidance for industry and investigators that provides information and advice about the new requirements and other information. Final Rule: Investigational New Drug Safety Reporting Requirements for Human Drug and Biological Products and Safety Reporting Requirements for Bioavailability and Bioequivalence Studies in Humans a cura di Raimondo Russo