Ordinamento comunitario e discipline nazionali dell’azione collettiva: Il caso del diritto di sciopero Per conseguire gli obiettivi previsti all'articolo 136, la Comunità sostiene e completa l'azione degli Stati membri nei seguenti settori: a) miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori; b) condizioni di lavoro; c) sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori; [omissis…] Par.5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle retribuzioni, al diritto di associazione, al diritto di sciopero né al diritto di serrata. l’art. 137 TCE esclude ogni competenza regolativa “positiva” dell’Unione in materia di diritto di sciopero e di serrata non preclude però una competenza regolativa “negativa” in caso di contrasto con gli altri diritti del TCE, in particolare artt. 43 e 49 TCE Caso Laval (causa C-341/05) Caso Viking (C-438/05) Entrambi decisi dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia nel dicembre 2007 La nave Rosella, di proprietà della compagnia finlandese Viking Line, svolge un servizio di traghetto da Helsinki a Tallin (Estonia). Nel 2003, adottando una strategia detta di flag of convenience, la Viking manifesta l’intenzione di registrare la nave sotto bandiera estone e di assumere marinai estoni cui intende applicare trattamenti legali e contrattuali estoni. Il sindacato finlandese dei marittimi, con il sostegno del sindacato internazionale, proclama uno sciopero, diretto ad ostacolare tale disegno. La Viking cita i sindacati davanti alla Commercial Court di Londra (competente perché a Londra è la sede del sindacato internazionale) ed in primo grado ottiene un provvedimento che ordina la sospensione dello sciopero. La Corte d'appello avvia invece una procedura di rinvio pregiudiziale, chiedendo alla Corte di Giustizia se lo sciopero possa ritenersi legittimo alla luce del diritto comunitario Art. 43 del Trattato CE Le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro sono vietate. La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini Un appalto per ristrutturare una scuola nella città di Vaxholm (Svezia), viene vinto dalla impresa lettone Laval, che impiega lavoratori lettoni cui applica le condizioni di lavoro e le retribuzioni concordate con il sindacato lettone. Iniziati i lavori, il sindacato svedese chiede alla Laval di sottoscrivere per adesione il contratto collettivo dei lavoratori edili svedesi. Di fronte al rifiuto della Laval, il sindacato proclama uno sciopero di solidarietà che di fatto blocca il cantiere. La Laval si rivolge ad un giudice svedese che solleva la questione di rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia Art. 49 del Trattato CE Le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione Due temi ormai da tempo dibattuti LA COMPETIZIONE REGOLATIVA TRA ORDINAMENTI LA SOPRAVVIVENZA DEI MODELLI SOCIALI NAZIONALI In un sistema caratterizzato da “esternalità transfrontaliere” (norme adottate in un paese che incidono sull’azione di attori collocati in altri paesi) gli operatori economici «votano con i piedi» e gli ordinamenti nazionali sono indotti ad una concorrenza al ribasso - la cosiddetta race to the bottom destinata a non trovare ostacoli in assenza di standard posti a livello sovranazionale Regole lavoristiche Modelli di welfare Modelli di relazioni industriali Autonomia collettiva (contrattazione) Azione collettiva (sciopero) OUT-SOURCING Viking vuole delocalizzare, ossia trasferire la propria sede all’estero per poi prestare servizi – a condizioni economicamente più vantaggiose – anche in altri paesi Le questioni essenziali E’ il prezzo dell’allargamento I paesi di nuova accessione sono entrati a far parte dell’UE proprio per sfruttare il loro vantaggio competitivo nel mercato interno Le teorie del commercio internazionale (D. Ricardo, Hoeckscher-Ohlin, Stolper-Samuelson) affermano che nel lungo periodo una divisione internazionale del lavoro produce un effetto di riequilibrio nella misura in cui la remunerazione del fattore lavoro nei paesi di esportazione sarebbe destinata a crescere, annullando la differenza tra salari nei paesi ricchi e in quelli poveri Può uno sciopero effettuato da lavoratori residenti in paesi con alti livelli di protezione sociale essere utilizzato come una legittima forma di protesta nei confronti di imprese che, provenienti da paesi low-cost, cercano di sfruttare il loro vantaggio competitivo? Può l’esercizio di un diritto sociale nazionale (lo sciopero) limitare quello di una libertà economica sovranazionale (la libertà di stabilimento o di prestare servizi)? Una regola nazionale che si applichi indistintamente alle Cosa è vietato dal imprese nazionali di uno diritto Stato membro e a quelle comunitario? estere che svolgono attività Cosa deve nel territorio di quello Stato intendersi per misura nazionale membro, può essere restrittiva delle considerata una indebita libertà economiche restrizione alle libertà nel mercato interno? economiche del Trattato? "(...) l' art. 49 del Trattato prescrive non solo la eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi a causa della sua nazionalità, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali ed a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare o da ostacolare in altro modo le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi Le imprese lettoni ed estoni lamentano l’illegittimità delle azioni di sciopero - anche se ad esse viene applicato il medesimo trattamento previsto per gli scioperi rivolti “contro” imprese svedesi o finlandesi - in quanto gli scioperi produrrebbero un effetto equivalente a una norma nazionale che imponga una restrizione dell’offerta di servizi da parte delle imprese di altri Stati membri Gli effetti di una applicazione incondizionata del divieto di misure restrittive non discriminatorie Il drastico ridimensionamento delle sovranità nazionali Uno stato membro non potrebbe prevedere nulla di diverso rispetto agli altri Stati membri, nella misura in cui quella misura potrebbe ostacolare la mobilità delle imprese stabilite in uno Stato membro dove quella misura non fosse prevista Il temperamento del principio (e dei suoi effetti) Le cause “giustificative” delle misure restrittive Uno Stato membro può mantenere disposizioni che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, ovvero da ragioni imperative d’interesse generale In linea di principio la Corte tende a riconosce che ragioni di tutela sociale possono legittimamente ostacolare la libera prestazione di servizi da parte di un’impresa oltre confine che cerchi di sfruttare il proprio vantaggio competitivo costituito da un più basso costo del lavoro Però… Uno Stato membro non può subordinare l'esecuzione della prestazione di servizi sul suo territorio all'osservanza di tutte le condizioni prescritte per lo stabilimento Si dovrà inoltre verificare che questo interesse non sia già garantito dalle norme dello Stato in cui è stabilito il prestatore e che lo stesso risultato non possa essere ottenuto mediante regole meno restrittive L'applicazione delle normative nazionali di uno Stato membro ai prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri dev'essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il suo raggiungimento Si deve accertare se tale disciplina comporti, per i lavoratori interessati, un vantaggio effettivo che contribuisce, in modo determinante, alla loro tutela sociale Tra le ragioni imperative d'interesse generale già riconosciute dalla Corte vi è la tutela dei lavoratori, qualora tale interesse non sia tutelato da norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui risiede e in quanto siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento La Corte ha sostenuto che l’obbligo per l’impresa estera distaccante di corrispondere le retribuzioni minime individuate da un contratto collettivo applicato nel paese ospite, potrebbe anche essere giudicato incompatibile con le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione di servizi ove il giudice nazionale dovesse valutare che le norme collettive sul salario minimo non abbiano l’obiettivo di tutelare i lavoratori distaccati (cosa consentita), quanto quello di proteggere il mercato del lavoro nazionale da incursioni di imprese straniere (cosa non consentita) RAGIONI IMPERATIVE DI INTERESSE GENERALE = DIRITTI FONDAMENTALI COSTITUZIONALMENTE RICONOSCIUTI? Il fatto che le autorità di uno Stato membro non abbiano vietato una manifestazione che ha comportato il blocco totale di una via di comunicazione tra gli Stati membri non è incompatibile con gli artt. 28 e 29 CE, in quanto tale restrizione al commercio intracomunitario di merci possa essere giustificata dall'interesse legittimo costituito dalla tutela degli interessi fondamentali, nella fattispecie quelli dei manifestanti in materia di libertà di espressione e di libertà di riunione. Per quanto riguarda questa giustificazione, occorre effettuare un bilanciamento tra gli interessi di cui si tratta, ossia la libera circolazione delle merci, che, a talune condizioni, può subire restrizioni per motivi imperativi di interesse generale, e le libertà di espressione e di riunione, che sono anch'esse soggette a talune limitazioni giustificate da obiettivi di interesse generale, ed accertare, con riferimento a tutte le circostanze di ciascuna fattispecie, se sia stato osservato un giusto equilibrio tra tali interessi. Il diritto comunitario non osta a che un’attività economica consistente nello sfruttamento commerciale di giochi di simulazione di omicidi sia vietata da un provvedimento nazionale adottato per motivi di salvaguardia dell’ordine pubblico per il fatto che tale attività viola la dignità umana. Infatti, il provvedimento di cui trattasi non può essere considerato una misura che incide in modo ingiustificato sulla libera prestazione dei servizi, poiché, da un lato, la tutela dei diritti fondamentali rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato quale la libera prestazione dei servizi, e, d’altro lato, il provvedimento di cui trattasi corrisponde al livello di tutela della dignità umana che la Costituzione nazionale ha inteso assicurare nel territorio dello Stato membro di cui trattasi e non eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito Le norme nazionali che tutelano il lavoro - o che, a livello costituzionale, riconoscono il diritto di sciopero come diritto fondamentale possono considerarsi “ragioni imperative di interesse generale”? Se si, gli scioperi sono leciti e Laval e Viking perdono la causa Se no, gli scioperi sono illeciti e Laval e Viking vincono la causa Sentenze lette in aula Una rappresentazione grafica (a cura della International Transport Workers’ Federation) Lo sciopero è escluso dall'applicazione dell'art. 43? SI NO la causa continua Viking perde la causa L'art. 43 è applicabile alle azioni dei privati? SI NO la causa continua Viking perde la causa Le azioni collettive sono una restrizione? SI NO La causa continua Viking perde la causa E’ una restrizione discriminatoria? NO SI la causa continua La causa continua E’ giustificata da esigenze imperative di interesse generale? E’ giustificata da ragioni di ordine pubblico ex art. 46 TCE? SI NO SI NO la causa continua Viking vince la causa Viking perde la causa Viking vince la causa E’ adeguata e proporzionata rispetto allo scopo? SI NO Viking perde la causa Viking vince la causa La direttiva sul distacco prevede che le condizioni di occupazione riconosciute ai lavoratori distaccati nello Stato membro ospitante siano determinate da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e/o, nel settore edilizio, da contratti collettivi dichiarati di applicazione generale. La legge svedese sul distacco dei lavoratori - conformemente alla tradizione del modello sociale scandinavo - lascia sostanzialmente la materia salariale alla azione delle parti sociali, che vi provvedono attraverso contratti collettivi (e, se del caso, scioperi). Ma il fatto che un datore di lavoro sia tenuto a rispettare solo “un nucleo di norme imperative di protezione minima nello Stato membro ospitante” (punto 108), non implica che una organizzazione sindacale non possa “tentare di indurlo ad avviare con essa una trattativa sulle retribuzioni da pagare ai lavoratori distaccati, nonché a sottoscrivere un contratto collettivo del quale talune clausole stabiliscono, per alcune di tali materie, condizioni più favorevoli” (punto 110). Se in Svezia si può scioperare contro una impresa nazionale a supporto di rivendicazioni di carattere salariale, perché la stessa cosa non può farsi nei confronti di una impresa straniera?