Filosofia teoretica a.a.11-12 Testi di Discussione e sintesi delle lezioni dedicate a Heschel, Chi è l’uomo? Testo 0. Roberta De Monticelli: Chiedere ragione, è la prima cosa che l’apprendista filosofo dovrebbe apprendere a fare. Là dove nessuno chiede ragione, come può la filosofia anche solo cominciare? La domanda “Perché?” ci fa scoprire l’intreccio di etica e logica, su cui i filosofi si interrogano, da Platone ad Husserl. Se l’etica è la logica dell’agire giusto, la logica è l’etica del pensare. Che cosa può voler dire questa affermazione? Che rapporto c’è tra il suo significato e le relazioni educative che voi sarete chiamati a compiere? È più importante, rispetto alle vostre azioni, essere persone incoerenti o essere persone giuste Testo I. Heschel: Noi ci occupiamo dell’uomo perché l’uomo è afflitto da contraddizioni e perplessità, perché non è interamente parte del suo ambiente. Un buon cavallo, se curato adeguatamente, vive come parte del suo ambiente e non è oppresso da problemi. L’uomo invece è un problema in sé e lo è in ogni circostanza. Essere umani significa essere un problema che si esprime nell’angoscia, nella sofferenza spirituale. Ogni essere umano possiede una sia pur vaga nozione, un’immagine o un sogno di ciò che l’umanità potrebbe essere, di come la natura umana dovrebbe agire. Il problema dell’uomo nasce quando si scopre un conflitto o una contraddizione tra l’essere e il dover essere, tra ciò che l’uomo è e ciò che ci si attende da lui. è nell’angoscia che l’uomo diviene un problema a se stesso. Noi riusciamo a comprendere con sufficiente chiarezza la dimensione animale dell’uomo. Ma la perplessità comincia quando cerchiamo di chiarire che cosa si intenda per umanità dell’uomo. Testi I. Questioni: - Che cosa è l’animalità dell’uomo? Nella vostra esperienza di educatori, essa è un elemento pulsionale negativo o appartiene alla natura umana felice? - Come definiresti, aldilà delle tue conoscenze ma sulla base del tuo percorso di vita, la natura umana dell’uomo? - “è nell’angoscia che l’uomo diviene un problema a se stesso”. Sei d’accordo? Quali sono gli stati emotivi fondamentali per l’essere umano? Testo I. Nozioni 1. L’uomo è l’animale che si autocomprende; 2. La comprensione definisce sia l’esistenza umana sia la natura umana, ma non esaurisce nessuna delle due; 3. “Comprendersi” vuol dire “interpretarsi”: la complessità dell’intelligenza umana; 4. La comprensione e gli affetti originali:un’antropologia contro ogni dualismo. Testo II. Heschel: C’è qualcosa nell’essere umano che implica ben di più del mero essere; nell’essere umano è in gioco qualcosa che viene oscurato, soppresso, ignorato, distorto. Come penetrare in tale corazza, e come sapere se è questa la sua aspirazione ultima? Impegnati nello studio del comportamento umano troppo spesso trascuriamo lo smarrimento umano. Noi analizziamo l’espressione, ma non dobbiamo ignorare la nostra incapacità ad esprimere quel che sentiamo. Viviamo ciò che siamo oppure viviamo ciò che abbiamo o mediante ciò che abbiamo? La nostra difficoltà risiede nel fatto che sappiamo così poco dell’umanità dell’uomo. Sappiamo ciò che l’uomo fa, ma non sappiamo che cosa egli sia; forse la tragedia dell’uomo attuale è dovuta al fatto che ha tralasciato di porsi la domanda: chi è l’uomo? L’incapacità di trovare la propria identità, di sapere che cosa sia l’autentica esistenza umana, lo spinge ad assumere una falsa identità, a fingere di essere ciò che è incapace di essere o a non poter accettare ciò che si trova all’autentica radice del suo essere Testo II. Questioni: - Quanto è importante ciò che non siamo per la nostra identità? E come possiamo giudicare l’essere umano (cioè averne fiducia o no) a partire da ciò che non è (lo smarrimento)? - È davvero importante interpretare la propria esistenza attraverso le parole? Non è spesso anche questo racconto di sé una forma eminente di finzione? Testo II. Nozioni 1. La questione del “chi” e il suo spessore ontologico; 2. Il linguaggio: necessità e finitezza; 3. Vivere “all’ombra del simile” (Zambrano). Testo III Qual è il giusto metodo d’interpretazione dell’esistenza umana? Il primo compito del filosofo non è semplicemente quello di descrivere o giudicare i modi e i fatti del comportamento reale dell’uomo, ma è anche quello di esaminare e di comprendere il significato di questa descrizione e di questo giudizio. È ovvio che noi dobbiamo giudicare il comportamento dell’uomo secondo modelli che non sono applicabili, ad esempio, all’ippopotamo. Ma non è forse possibile che i nostri modelli siano sbagliati? Non è forse concepibile che ci si aspetti troppo o troppo poco dall’uomo? Quando poniamo quesiti intorno all’uomo, chiediamo che cosa sappia l’uomo di se stesso in quanto essere umano. Questa auto-conoscenza è parte del suo essere. Di conseguenza, conoscere se stessi ed essere se stessi sono realtà inseparabili. Come tutti gli esseri viventi, l’uomo occupa uno spazio fisico, ma contrariamente agli altri esseri, la sua esistenza più autentica si svolge in uno spazio interiore. Noi siamo in parte o interamente là dove si trova il pensiero che pensiamo: esso è lo spazio della vita interiore. La natura di un individuo è fatta da ciò che egli crede di essere. Testo III. Questioni: - Si può vivere senza pensare? E il rapporto di pensiero ed esistenza è davvero estrinseco (per cui a volte pensiamo troppo senza vivere abbastanza)? - Nelle situazioni di marginalità che ruolo ha l’auto-conoscenza o la capacità di comprensione del sé? - Esiste un giusto metodo d’interpretazione dell’esistenza umana? E una conoscenza “oggettiva” di essa? - La natura di un individuo è fatta da ciò che egli crede di essere. Sei d’accordo o no? E perché? Testi III. Nozioni - Dalla comprensione del sé alla cura del sé. Trascendentalità esistenziale dell’etica. - L’intimità oltre il dualismo. - Credenza, fiducia, esistenza. Testo IV Il tentativo di comprendere se stesso è una ricerca dell’autentica essenza, una ricerca del genuino che è introvabile nell’anonimo, nell’usuale, nella persistente connaturalità. Ogni dottrina che tende a spiegare l’uomo come l’animale con un attributo distintivo tende dunque ad offuscare il problema che noi cerchiamo di chiarire. L’uomo è un essere specifico che vuole comprendere la propria unicità: non la sua animalità ma la sua umanità. Non è la propria origine che insegue, ma il proprio destino. Il modo in cui l’uomo è divenuto ciò che è non spiega nè la sua situazione attuale nè la sua destinazione ultima. L’abisso tra l’umano e il non umano può essere concepito unicamente in termini umani. Anche il fatto stesso che l’uomo derivi dal non umano è un problema umano. Indagando sulla condizione dell’uomo, è chiaro che noi assumiamo la prospettiva e i modelli umani. Che cosa rivelano questi modelli riguardo all’essere interiore dell’uomo? Il senso in cui il termine “animale” viene usato per definire l’uomo nella sua integrità è ben lungi dall’essere chiaro e preciso. Conosciamo realmente la vita interiore degli animali? Siamo in grado di cogliere la pura animalità, non mescolata con l’umanità? è forse legittimo definire la scimmia come un essere umano privo della facoltà della ragione e dell’arte di fabbricare strumenti? Testo IV. Questioni - Che vuol dire che l’essere umano “non è la propria origine che insegue, ma il proprio destino”? - Che vuol dire: “L’abisso tra l’umano e il non umano può essere concepito unicamente in termini umani”? - Che risposta daresti all’ultima domanda del testo (“è forse legittimo definire la scimmia come un essere umano privo della facoltà della ragione e dell’arte di fabbricare strumenti”)? Testo IV. Nozioni - La nozione di autenticità; - Dall’autenticità all’unicità; - Una filosofia dell’origine e una filosofia della destinazione; Testo V Il nostro tema non è soltanto: “che cos’è un essere umano?” ma anche: “che cosa significa essere uomo?”. L’uomo non è solamente un essere di specie particolare. La sua umanità dipende da specifici rapporti senza i quali cessa di essere tale. La categoria dell’umano non deriva semplicemente dalla categoria dell’essere. l’attributo umano nel termine “essere umano” non è una qualità accidentale, aggiunta all’essenza del suo essere: è questa stessa essenza. Come la morte è l’abolizione dell’essere, così la disumanizzazione è l’abolizione della natura umana. Testo V. Questioni - Che differenza c’è tra l’essere e l’umanità? - Che vuol dire l’ultima affermazione (Come la morte è l’abolizione dell’essere, così la disumanizzazione è l’abolizione della natura umana)? Testo V. Nozioni - Essere, esistenza, umanizzazione; - I rapporti ontologici. Testo VI È possibile e legittimo meditare sull’essere umano in generale, poiché la comprensione del mio essere e la mia relazione con lui si insinuano sempre in ogni mia riflessione sull’essere della specie umana. Vi è un solo modo per comprendere l’esserci dell’uomo, ed è quello di esaminare il mio stesso essere. Che cosa significa per me il mio stesso essere? Che cosa ho di fronte quando medito sul mio essere qui e ora? Il mio stesso essere non può mai venire concepito al livello di una pura riflessione filosofica. Non può mai esser considerato come un mero fatto. Il mio essere qui e ora non mi è indifferente come lo potrebbe essere un altro essere lì e ora. Osservando me stesso dal punto di vista sociale o pensando in modo comparativo, io sono un uomo di tipo medio. Studiandomi dall’interno, io considero me stesso come unico, come estremamente prezioso, insostituibile: nessuno vivrò per me la mia vita, nessuno penserà per me i miei pensieri o sognerà i miei sogni. Il mio essere, posto tra una moltitudine di altri esseri, non è semplicemente parte dell’ambiente. Al centro della mia coscienza io sono una realtà distinta. Mediante questa consapevolezza io mi sviluppo come soggetto, come persona; sono un qualcosa che non può esser ripetuto e di cui non esiste copia o sostituto. In questa mia consapevolezza si manifesta la libertà. Io sono importantissimo per me stesso, ma questa importanza diventa irrilevante quando la considero dal di fuori, dal punto di vista della società, della generalità. In altre parole, la mia singolarità, che per me è una certezza personale, nella prospettiva della statistica o dell’amministrazione dell’energia umana appare come un mero concetto. Luminosa dall’interno, essa sembra opaca, se non assurda, dal di fuori. Agli occhi del mondo, lo ripeto, io sono una media statistica. Ma per il mio cuore non lo sono. Per il mio cuore io ho grande importanza. La sfida che accetto è dunque questa: come realizzare, come rendere concreta la tacita importanza del mio essere. Aldilà di ogni angoscia o ansietà, il fattore più importante dell’autoriflessione è la preziosità della mia esistenza. Per me è unica, senza precedenti, senza prezzo, mi oppongo al pensiero di dissiparne il significato. Dagli uomini di oggi la vita, anche quando sia sentita come un peso, è profondamente amata, valutata come un bene supremo, accettata nella sua realtà. La verità dell’essere umano sta nell’amore di essere vivi. Solo in seguito all’estremo abuso e alla dissacrazione dell’essere, l’uomo infligge a se stesso la punizione del disgusto per il proprio essere. Testo VI. Questioni È facile “educare all’unicità”? “La verità dell’essere umano sta nell’amore di essere vivi”: che vuol dire secondo te? Che idea della libertà emerge da questo testo? Testo VI. Nozioni La filosofia tra pretesa d’universalità e richiamo all’unicità. la logica del valore e l’ontologia trasfigurata. L’intreccio tra coscienza e libertà. Testo VII Questo disgusto, questo sentirsi imprigionati nel mondo, è realmente una reclusione nella presunzione. Quando l’uomo si fa idolo a se stesso, vengono spezzate le tavole. L’eccessiva angoscia per la morte è dovuta alla presunzione, alla inespressa pretesa di continuare a vivere senza morire. L’uomo deve dire: è per me che il mondo è stato creato. Vi è un compito che soltanto io, e io solo, posso condurre a termine, un compito talmente grande che la sua realizzazione può dar significato a tutta l’umanità. Il problema di fondo dell’etica è solitamente espresso nella domanda: “Che cosa devo fare?”. La debolezza di questa formulazione consiste nel fatto che l’agire viene separato dall’essere dell’io, come se il problema etico fosse un aspetto particolare e non essenziale nell’esistenza di una persona. L’istinto morale invece ha un rapporto più profondo e più intimo di quello che può avere con l’azione. La stessa domanda: “Che cosa devo fare?” è un atto morale. Non è un problema aggiunto all’io, è l’io come problema. Il problema morale può essere trattato solo come un problema personale: come devo vivere la vita che io sono? Il compito, il problema, la sfida sono la mia stessa esistenza. L’atto morale è importante non solo perché ne ha bisogno, ad esempio, la comunità. è importante perché senza di esso non si può comprendere che cos’è umano nel mio essere umano. (51-52). Testo VII. Questioni - Che cos’è un atto morale? - Che rapporto c’è tra l’angoscia e la presunzione? - In che senso l’etica è una condizione essenziale dell’identità personale? Testo VII. Nozioni - Dell’atto morale oltre la filosofia dell’azione. - Etica della realizzazione. - Il decentramento: dall’io all’intersoggettività. Testo VIII [I] «Il mondo è tanto un problema quanto un compito e noi troviamo un significato nello scoprire che il problema è anche il compito. […] Vivere umanamente significa essere-sfidati-nel-mondo, non essere-nelmondo. Il mondo mi si impone, non ho scampo. L’uomo si trova continuamente di fronte al mondo, che gli chiede di venire ascoltato e capito… [II] Il vivere umano inteso come essere-sfidati-nel-mondo è comprensibile solo in termini di richiesta, esigenza, aspettativa.[…] Persona è colui al quale si possono rivolgere domande, che ha la capacità di rispondere a ciò che gli viene chiesto e non soltanto di soddisfare i propri bisogni e desideri. Solo l’essere umano è considerato responsabile… [III] Questa è la più grande esperienza nella vita di ogni essere umano: qualcosa mi viene chiesto. Ogni essere umano ha conosciuto un momento in cui ha sentito una misteriosa attesa. Il significato si trova nel rispondere alla domanda, e nel sentirla. Questo senso di debito ci è dato insieme con il nostro essere umano, poiché il nostro essere umano non è semplicemente un “esistere”, ma un “essere creati”, cioè uno stato in cui il “deve” precede l’”è”. (150 ss). Testo VII. Questioni. [I] Che cosa significa “Vivere umanamente significa essere-sfidati-nel-mondo, non esserenel-mondo”? [II] Prova ad indicare una definizione di “responsabilità”. [III] Che cosa significa «il nostro essere umano non è semplicemente un “esistere”, ma un “essere creati»? Testo VIII. Nozioni. - L’intersoggettività e la responsabilità. - Una rielaborazione in chiave morale del paradigma della finitezza. - Antropologia della creaturalità.