Arte del costruire Mimma Caldarola guido canali ‘Opus incertum’. Tra astrazione e consuetudine con la storia Attraverso un percorso di conferma del proprio universo espressivo e delle scelte linguistiche predilette, l’opera di Guido Canali suggerisce modulazioni inconsuete sul tema del mattone Casa-museo in Borgo Du Tillot. Dettaglio del sistema di appendimento dei quadri (foto: Matteo Colla). ‘N uovamente il mattone ’, si potrebbe forse affermare ripercorrendo a ritroso alcune delle tappe più significative dell’attività progettuale di Guido Canali. La sua sembra essere una consuetudine salda, trattata tuttavia con il distacco severo di chi ama interrogarsi costantemente sui sensi possibili del materiale che la storia ci consegna come patrimonio consolidato del fare progettuale e costruttivo. Il confronto con questo materiale si inaugura autorevolmente – sin dai primi anni di attività – con il progetto di restauro del Palazzo della Pilotta e l’ordinamento della Galleria Nazionale di Parma, avviato in più fasi a partire dai primissimi anni ’70. Si tratta di un confronto ‘a distanza ’, come di consueto in un restauro. Quando ci si accosta a un testo dato, con la possibilità di coglierne caratteri e assonanze. I materiali esistenti – il mattone in questo caso – si presentano nella loro flagranza: già sottratti alla semplice materialità, già messi in forma.(1) La grande mole di mattoni, caratterizzata da una modulazione insistita ma lieve di lesene e modanature, in cui i chiaroscuri sono morbidi, deve aver costituito una suggestione radicata e ripensata costantemente. Austerità ed imponenza dei volumi, modulazione morbida delle superfici: un contrasto che a vario titolo ed in forme diverse ritorna – astratto e depurato – in molti progetti di Guido Canali. La possibilità di sperimentare un dialogo con questo materiale antico ritorna poi in molti interventi ‘di piccola scala ’: i progetti entro il tessuto minuto della città storica(2), ove l’esercizio si estende dal recupero delle corti interne (casa privata in via Duomo a 40 CIL 87 Parma, 1975), sino ad un vero esercizio di texture, contrapposto a caratteri spaziali completamente reinventati (casa-museo in Borgo Du Tillot a Parma, 1985). E poi ancora l’intervento di restauro delle ex-carceri a Sassuolo nel 1987 – trasformate in sede comunale – che costituisce un testo probabilmente emblematico della sua poetica.(3) Lo stesso Centro Convegni S. Elisabetta, realizzato intorno al 1980 nel Campus universitario di Parma, richiama in altra chiave un rapporto di amore-distanza dai caratteri più consueti e ricorrenti nell’impiego del mattone.(4) Una prova ancor più impegnativa, che forse inaugura una poetica della maturità, è il confronto con lo Spedale del Santa Maria della Scala a Siena.(5) Qui la millenaria stratificazione, depositata in tracce preziose e spesso dolenti sui paramenti murari, impone una riflessione complessa sul recupero e la conservazione del testo, sulla documentazione di quelle medesime tracce. L’uso del mattone ritorna anche in taluni interventi di nuova edificazione: emblematico per tutti, la ‘Casa rossa’ in viale Basetti a Parma, del ’69.(6) Per alcuni versi, proprio il disinvolto trascorrere tra temi di restauro ed interventi di nuova edificazione(7) fornisce una chiave di lettura a questo rapporto di adesione – cura – e poi subito necessaria distanza che Guido Canali sembra istituire con un materiale di uso così consolidato. Certo non è mai stato interessato alle potenzialità plastiche e di assemblaggio del mattone, come componente che sommato può generare insiemi figurali – talvolta decorativi – molteplici. Nessun compiacimento componentistico. ‘Pura argilla’, si potrebbe dire. Lo spazio e il moltiplicarsi delle sequenze visive sono i veri protagonisti, anche ove entra in campo il mattone, il cui uso è piegato essenzialmente alle scelte ed ai rapporti spaziali. Mai protagonista come singolo componente. Gli stessi muri, ostinatamente, sono apparentati molto spesso a quinte elementari, che servono semplicemente ad articolare il rapporto tra interno ed esterno. Di qui una strategia di impiego precisa: riduzione al minimo dello spessore dei giunti verticali ed orizzontali, impiego esclusivo di malta colorata in pasta nell’identico colore del mattone, accurata rasatura dei giunti, a ridurre qualsiasi eccessiva incidenza dei chiaroscuri, lieve boiaccatura dell’intera superficie. Per realizzare superfici unitarie, astratte, che tornino a richiamare semplicemente l’idea di muro. Un’altra scelta lessicale ricorrente, orientata nella medesima direzione, è il ricorso frequente alla velatura di colore sui paramenti in mattoni. Nella casa su viale Basetti, il ‘rosso mattone’ è per allusione: rosso solo attraverso le velature finali, alla ricerca di Palazzo della Pilotta. Esterno. Dettaglio del fronte est (foto: Guido Canali). un ‘rosso inglese’ di ben altra ascendenza rispetto alla tradizione, ad esempio emiliana. Nello stesso progetto si scopre poi un grigio antracite che ricopre i pochi tratti di muratura in secondo piano, ad accentuare i profondi coni d’ombra che delineano il traliccio delle terrazze, per esaltare i valori di chiaro-scuro dell’intera facciata. Nel Centro S. Elisabetta, all’interno, taluni ambienti in mattone faccia a vista sono scialbati di bianco: recupero della luce, una certa freschezza degli interni che taglia corto con qualsiasi tentazione rustica. Riferimenti indiretti al moderno.(8) Queste scelte non conseguono semplicemente ad una affezione dettata dall’istinto. La ricerca del nitore – ‘il fascino dei muri levigati’, dice Canali – trae alimento da riferimenti forse insospettati: 41 si percepisce tra le righe l’appassionato e colto conoscitore del secondo neoclassicismo a Parma. Stagione che ha consegnato, nella prima metà dell’ ‘800, esempi straordinari di textures in mattoni: tra tutti, emblematico l’edificio del Tribunale, progettato originariamente come sede Universitaria. Del periodo neoclassico Canali apprezza dichiaratamente la sapienza costruttiva: i mattoni sagomati a consentire la posa con un giunto assolutamente accostato, la tecnica del mattone levigato come fosse stato marmo o stucco, quasi a sublimare la povertà del materiale. L’eliminazione di qualsiasi connotato rustico nel suo impiego. Questo resta un tratto assolutamente ricorrente nelle sue scelte progettuali. A tratti nella sua opera emerge il valore della texture: in particolare, negli interventi di recupero, ove di volta in volta ARTE DEL COSTRUIRE Ex carceri a Sassuolo. Corte: dettaglio (foto: Gabriele Basilico). esalta i muri ad opus misto – mattoni e ciottoli di fiume in Borgo Du Tillot –, oppure gli inserti a ricorsi lignei, come nelle ex-carceri. Grandi lucernari a nastro illuminano di luce radente questi muri, ad esaltarne la grana corrusca, in modo sempre diverso al variare delle condizioni luminose. Matericità che appare e scompare: che si sottrae. Ed anche in questo caso, grande attenzione, attraverso l’impiego delle attente stuccature in calce, ad attenuare le asperità della tessitura. La modulazione come ‘istinto’ consolidato. La rilettura mirata dei testi neoclassici e la frequentazione di un certo razionalismo sono forse tra le ragioni più radicate che inducono Guido Canali ad evitare qualsiasi richiamo diretto a motivi costruttivi tradizionali e/o localistici, pur a fronte di un impiego del materiale con una tecnica assolutamente tradizionale. Non sorprende, così, che il fascino per la tecnica (il cristallo, i tralicci metallici, un certo rigore di matrice razionalista), che pure ne contraddistinguono l’opera, non si sia tradotto nella tentazione per l’impiego high-tech del mattone. Ritorna tuttavia nelle sue opere una sequenza di scelte che manifestano il riconoscimento di un inevitabile rapporto di distanza, istituito e dettato dalla storia, con i materiali della tradizione. Nella corte interna delle ex-carceri di Sassuolo, l’ammorsatura dei mattoni sui due tagli verticali costituisce una sorta di preziosa e discreta nota didascalica. È come una sorta di expertise in cui si dichiarano le nuove finestre, incisioni indispensabili sulla pelle di un carcere costruito per l’oscurità, che deve rivivere come sede per uffici. A differenza delle finestre antiche, dove sono quietamente conservati gli stipiti, le imbotti, i davanzali. La lettura critica del testo favorisce, 42 CIL 87 così, una atmosfera di equilibrio problematico. Allo stesso modo, si dovrebbe forse tornare a riconsiderare lo straordinario nitore dei grandi tralicci in tubi innocenti dell’ala nord della Pilotta, assolutamente rispettosi del testo murario, riconsegnato nella sua integrità. L’attacco a parete delle grandi travi reticolari resta un esempio di straordinaria chiarezza, in merito al rapporto tra testo murario preesistente ed elementi linguistici contemporanei. Anche nel S. Elisabetta, il recupero dell’antico fienile viene realizzato con una rigorosa tessitura a gelosia, con corsi di mattoni paralleli, che – pur reinterpretandolo – rifiutano di mimare il motivo rustico delle losanghe pur così ricorrente nella tradizione emiliana, e presenti proprio nella stessa stalla recuperata. Lo stesso piccolo corpo di fabbrica di raccordo, realizzato in mattoni di recupero provenienti dal cantiere, inaugura un gioco di varchi e trasparenze. Nessuna barriera. Una atmosfera trattenuta e composta. Entro un ricercato equilibrio, ancora frammenti di problematicità. In Borgo Du Tillot, dove una sapiente e spericolata sequenza di soppalchi anima gli spazi a tripla altezza, il dettaglio di appendimento dei quadri sembra quasi un allusivo segnale a sostegno delle ragioni della contemporaneità, unita e messa a confronto con il testo antico. In questo lavorìo progettuale, in cui ritornano questioni e dubbi costantemente passati al vaglio di una nuova prova progettuale, l’intervento di restauro dello Spedale senese riveste un ruolo particolarissimo. ‘Non sottraiamo complessità a questo testo’, continua a richiamare Guido Canali nel corso del lavoro: ‘è il suo carattere più radicato, più profondo’. Questi mille anni di storia, depositati pazientemente dal tempo sulla fabbrica, sono tutti leggibili sulla imponente mole di mattoni. Si tratta di una imponenza tutta diversa dalla Pilotta. Il fronte sud del Santa Maria della Scala, affacciato verso la campagna, ne dichiara il carattere di progressiva giustapposizione delle parti. Nessun impianto compiutamente unitario. Quella complessità diventa flagrante proprio alla scala del dettaglio: sotto le diffuse scialbature a calce che ricoprono i muri di mattoni – segno importante del più recente uso ospedaliero – si scoprono i mattoni trecenteschi la cui superficie è trattata a spina pesce, ancor prima i paramenti duecenteschi a corsi alterni in pietra e mattone, poi i ricorsi a falso bugnato ‘400eschi (tecnica di trattamento ad intonachino e velatura a colore su mattone), sino agli interventi di vera e propria rasatura ad intonaco a falso mattone , di carattere tardo-ottocentesco. Il catalogo potrebbe davvero estendersi molto, sino a coinvolgere specifici tratti figurali e architettonici: i tipi di volte, il trascorrere dagli archi ad ogiva sino a quelli a tutto sesto, ed ancora.(9) L’orientamento maturato in questi primi tratti di intervento sembra mirato a piegare talune scelte progettuali ai caratteri propri di questa complessità. A farla diventare segno specifico dell’intervento di restauro. Nell’antico Granaio, sottoposto, come i magazzini della Corticella, ad un intervento preliminare di ‘restauro leggero’(10), sono lasciate a vista tutte le tracce delle tramezze novecentesche rimosse. I pilastri ‘300eschi a pianta ottagonale, finalmente recuperati e riscoperti, lasciano leggere la sequenza stratigrafica completa: il mattone originario trattato a spina pesce, le successive scialbature a colore risalenti a più fasi, il segno secco delle tramezze recentemente rimosse. La sequenza temporale è documentata integralmente, senza dimenticare anche le fasi più recenti della storia dello Spedale. Lo stesso intervento di lieve pulitura, effettuato sulle superfici murarie, la- Palazzo della Pilotta. Galleria Nazionale di Parma. Il percorso nel retropalco Farnese (foto: Gabriele Basilico). Ex carceri a Sassuolo. Dettaglio interno dei grandi tagli verticali (foto: Gabriele Basilico). 43 ARTE DEL COSTRUIRE Antico Granaio. Mostra su ‘Jacopo della Quercia. La Fonte Gaia’ (foto: Mario Ciampi). scia intravvedere il biancore delle recenti scialbature che si sono susseguite a fini igienici per tutto il novecento. Nei magazzini della Corticella, dove gli interventi novecenteschi hanno lasciato tracce ancor più laceranti sul testo murario (si sono dovuti tra l’altro rimuovere due imponenti bunkers in c.a. per la cobaltoterapia), sono lasciate in evidenza tutte le lacerazioni del testo murario: tracce di solai recenti rimossi, ammorsatura di travi in cemento, tracce estese realizzate nei paramenti murari per i passaggi impiantistici. Tracce che si ritrovano nell’antico Granaio, a confronto con una preziosa canaletta di scolo ad archetti pensili del XIV secolo. Si tratta di una memoria complessa, che mette alla prova scelte e consuetudini progettuali consolidate ed apre il campo, nell’attività di Guido Canali, ad un rapporto ancor più serrato e problematico con il testo. La sua consuetudine con la storia sembra dover dialogare con una fabbrica che non restituisce semplicemente il carattere noto e rassicurante del mattone. Altro tipo di texture. Segni e tracce che si susseguono, tutte da documentare. ¶ Note 1. Il Palazzo della Pilotta, di cui ci è pervenuto prevalentemente il testo di impianto seicentesco, costituisce una vera e propria parte di città e reca i segni delle più importanti trasformazioni urbane che hanno interessato Parma, dal XVII sec. sino alle distruzioni belliche del ‘900. La bibliografia è amplissima, sia sugli aspetti storico-architettonici ed urbani, che artistici. Una selezione è senz’altro 44 CIL 87 parziale. Cfr.: - AA.VV., Il Palazzo della Pilotta a Parma, Milano 1996. - A.C.Quintavalle, La Pilotta: segno della città, in “Casabella” n. 454, 1980. Per tutto il corpus di interventi che costituiscono oggi la Galleria Nazionale di Parma, cfr.: - AA.VV., Galleria Nazionale di Parma, Milano 1997 (in particolare il saggio di G.Canali). - A.C.Quintavalle, Galleria Nazionale nel Palazzo della Pilotta, in “Domus” n. 683, 1987. - Purist Pilotta, in “The Architectural Review”, n. 1094, 1988. - J.F. Pousse, L’histoire, juste a cotè. Guido Canali, Les libertés de la mémoire, in “Techniques & Architecture” n. 381, 1989. - V.Savi, Guido Canali a Parma, nella Pilotta: le Sale Ottocentesche, in “Abitare” n. 306, 1992. 2. Il tema degli interventi di recupero di edilizia storica minore riveste un ruolo particolarissimo nell’attività di Canali e meriterebbe approfondimenti specifici. Più piccoli sono gli interventi di restauro, più articolata si fa la strategia spaziale. Una selezione dell’ampia bibliografia è senz’altro parziale. Cfr.: - G. Canali, A Parma sei esempi di vecchie case ristrutturate: rispetto per il passato, creatività per il presente, in “Abitare” n. 125, 1974. - G. Odoni (cur.), La casa dalla vista lunga, in “Casa Vogue” n. 188, 1987. - La casa con amplitud interior, in “Tecnologia y Arquitectura” n. 11-12, 1990. - “Bauwelt” 11/00, Marzo 2000. 3. Cfr.: - M. Baracco, Restauro delle ex-carceri di Sassuolo, in “Domus”, n. 677, 1986. 4. Per una documentazione più approfondita, cfr.: - Fra architettura e restauro: il centro Santa Elisabetta, in “Abitare”, n. 232, 1985. - G. F. Brambilla, Centro S. Elisabetta a Parma, in “Costruire in Laterizio” n. 47, 1995. 5. Per una documentazione sui caratteri storico-artistici, architettonici e archeologici dell’edificio, cfr.: - D. Gallavotti Cavallero, Lo Spedale di Santa Maria della Scala in Siena. Vicenda di una committenza artistica, Pisa 1985. - AA.VV., Siena. La fabbrica del Santa Maria della Scala, “Bollettino d’arte”, Roma 1986. - D. Gallavotti Cavallero, A.Brogi, Lo Spedale Grande di Siena, Firenze 1987. - AA.VV. (E. Boldrini R. Parenti cur.i), Santa Maria della Scala. Archeologia ed edilizia sulla piazza dello Spedale, Firenze 1991. - G. Bellocci P. Torriti, Il Santa Maria della Scala a Siena. L’Ospedale dai mille anni, Genova 1991. Per una documentazione preliminare degli interventi previsti, cfr.: - Guido Canali a Siena, in “Abitare” n. 319, 1993. - Spedale del Santa Maria della Scala. Ein Museen-Ideenwettbewerb an der Piazza del Duomo von Siena, in “Bauwelt” n. 35, 1993. - Guido Canali a Siena. Anticipazione di un museo: Santa Maria della Scala, in “Abitare” n. 345, 1995. 6. Cfr.: - M.V. Carloni (cur.), Terrazzi come filtro tra architettura e ambiente, in “Casa Vogue” n. 82, 1978. - G. F. Brambilla R. Moioli, Guido Canali. Case con patio a Noceto, in “Costruire in Laterizio” n. 64, 1998. 7. Potrebbe essere interessante leggere le opere ‘industriali’ di Guido Canali, con l’impiego di materiali affatto diversi dal mattone, per illuminare trasversalmente anche le sue scelte nell’impiego di mate- Magazzini della Corticella. Mostra su ‘Tito Sarrocchi’ (foto: Mario Ciampi). riali tradizionali quali il mattone. Cfr. ad esempio il Consorzio Parmigiano Reggiano, la casa-laboratorio Artoni, i calzaturifici realizzati per il gruppo Prada. 8. Restano per alcuni versi illuminanti gli articoli di Vittorio Savi sull’attività di Guido Canali, che bene mettono in evidenza la coesistenza, nel suo lavoro, dell’adesione alla lezione razionalista e dell’attenzione filologica ad esplorare le storie del testo architettonico. Cfr.: - V.Savi, A Parma: un esempio di integrazione tra condizioni ambientali e ricerche tipologiche e figurative della cultura razio- 45 nale europea, in “Casabella”, n. 387, 1974 - V. Savi, Studi, Firenze 1984. 9. La grande complessità archeologica del testo merita per davvero approfondimenti specifici: in questa sede non vi si può fare riferimento se non per cenni. Il dipartimento di archeologia di Siena sta svolgendo indagini approfondite sul testo, guidate da Riccardo Francovich con la sua équipe. 10. Sul significato di ‘restauro leggero’, cfr. M.Caldarola, Guido Canali. La reinterpretazione per il riuso, in “Equilibri” n. 2/2000. ARTE DEL COSTRUIRE