Arte e fede
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Gli evangelisti - MATTEO
Nel suo vangelo, ogni evangelista ha una sua prospettiva, segue un suo progetto, disegna un suo ritratto di Gesù, risponde
alle esigenze della comunità a cui indirizza il suo racconto. Per Matteo si pensa a destinatari di origine ebraica, legati alle loro
radici, convertiti al cristianesimo. Si spiegano così la ricchezza delle citazioni, delle allusioni e dei rimandi all’Antico Testamento
e il rilievo dato ai primi cinque libri biblici - il Pentateuco o Torah - che costituiscono la Legge per eccellenza. Matteo è molto
interessato alla dottrina di Gesù. I discorsi sono più numerosi e più ampi che negli altri vangeli. La stessa disposizione della materia sembra seguire un ordine didattico, che fa perno sui cinque grandi discorsi: quello della montagna, quello missionario, il
discorso in parabole, quello ecclesiale e quello escatologico. Ma nonostante questo innegabile interesse per la dottrina di Gesù,
Matteo non vuole assolutamente ridurre il Vangelo a una dottrina. Vuole soprattutto che il suo vangelo sia anzitutto la storia
di una persona, la storia di Gesù nella sua esperienza umana e nella sua missione divina.
R
icca, anzi ricchissima, è la
documentazione che potremmo utilizzare se volessimo (e potessimo) dare qui
esauriente descrizione alla rigogliosa
fioritura di rappresentazioni artistiche relative agli “evangelisti”, ai personaggi cioè ai quali sono attribuite le
stesure dei quattro vangeli canonici.
Detta descrizione dovrebbe interessare la miriade di stupende realizzazioni, a carattere simbolico o
naturalistico, che impreziosiscono le
splendide miniature degli evangeliari, o le affascinanti allegorie di
icone orientali o di mosaici italiani.
Sarebbe perciò impresa sproporzionata rispetto sia alle nostre intenzioni
e alle nostre competenze, sia alla disponibilità di spazio.
Ci limiteremo allora a dare qui un
po’ di visibilità alla risonanza universale di cui hanno goduto nel secoli gli
evangelisti, attraverso una piccola rassegna di opere pittoriche che testimoniano il coinvolgimento spirituale di
molti grandi artisti di ogni epoca.
In esse gli evangelisti, quasi sempre accompagnati dalla propria
“creatura simbolica”, sono spesso raffigurati seduti, impegnati nell’atto di
scrivere o di leggere, o in meditazione. Il libro, variamente tenuto o
maneggiato; è immancabilmente presente nella scena.
Fin dalle origini, l’arte cristiana fu
influenzata dal pensiero di Ireneo ed
altri autori che accostarono ad ognuno
dei quattro evangelisti uno dei quattro
“esseri” della visione di Ezechiele (Ez 1,
4-9) e uno dei quattro “viventi” ricoperti di occhi dell’Apocalisse (Ap 4, 7-8).
Le corrispondenze furono variamente definite. San Girolamo, che
contribuì in modo decisivo a dare loro
un’impronta canonica, si basò sul contenuto dei paragrafi iniziali di ogni
vangelo. Gli incipit dei quattro vangeli
furono così investiti di un alto valore
mistico-simbolico che, a sua volta, fu
trasmesso agli stessi esseri simbolici,
secondo questi abbinamenti:
Matteo e l’Angelo, Marco e il Leone,
Luca e il Toro, Giovanni e l’Aquila.
L’ispirazione divina del Vangelo di
Matteo, che inizia riportando la genealogia umana di Gesù, è dunque
espressa molto spesso dalla presenza
dell’Angelo, che segue passo passo la
stesura del testo.
In questa rassegna non poteva
non prevalere la presenza delle importanti opere del Caravaggio (15731610) eseguìte nella Cappella
Contarelli in San Luigi dei Francesi a
Roma, per la cui decorazione l’artista
fu chiamato nel 1599.
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Il progetto decorativo
prevedeva dipinti sull’evangelista Matteo (eponimo del
committente, il porporato
francese Mathieu Contrel, gran
“datario” di papa Gregorio
XIII). Il Caravaggio dipinse la
Vocazione di San Matteo per
la parete di sinistra ed il Martirio di San Matteo per
quella di destra. Nel 1602 ricevette l’incarico anche per la
pala dell’altare centrale, il San
Matteo e l’Angelo.
Nella Vocazione è colto il
momento culminante della “chiamata” dell’avido esattore delle tasse
Levi, seduto al tavolo con quattro suoi
degni compari, nel chiuso di una
stanza buia dalla cui finestra non filtra
un solo raggio di luce. Sulla destra ecco
Gesù che lo chiama con un gesto della
mano, ma soprattutto lo inonda con la
luce della grazia salvifica. Questa fonte
spirituale che colpisce tutti e cinque i
gabellieri è la trasposizione pittorica
della tesi del “libero arbitrio”: solo due
dei compagni di Levi, infatti, si voltano
verso Gesù, mentre gli altri due non
distolgono lo sguardo dai soldi appena intascati. Gesù è come filtrato da
Pietro (la Chiesa). Dall’analisi radiografica la presenza di Pietro risulta essere un ripensamento dell’opera.
La risposta immediata di Levi, il
cui gesto della mano rivela tutto il suo
stupore per essere stato chiamato,
proprio lui, lo porterà a seguire Gesù
con il nome di Matteo (nome che in
ebraico richiama la radice del verbo
“donare”).
Pino Tripodina
Arte e fede
San Matteo e l’Angelo:
la sua prima versione (a sinistra) fu
rifiutata dai committenti perché il santo vi
era presentato come un popolano incolto
a cui l’angelo guidava materialmente la
mano. Attraverso varie peripezie essa
finì a Berlino, dove andò distrutta per gli
eventi bellici nel 1945.
Ne resta una copia fotografica in
bianco e nero, di recente riprodotta a colori in acrilico su tela. La versione definitiva (a destra) raffigura invece S. Matteo
vestito più dignitosamente che, penna in
mano, fissa lo sguardo sull'angelo volteggiante sopra il suo capo intento a
spiegargli cosa scrivere.
San Matteo - Endrick ter Brugghen (15881629) - Historisch Museum Deventer L’artista era certamente l'unico pittore
olandese a Roma mentre vi operava Caravaggio provocando molto scalpore. Mentre non si è certi che egli l’abbia mai
incontrato, è fuor di dubbio che ne abbia
studiato lo stile da cui era affascinato. L'influenza di Caravaggio è evidente nei suoi
dipinti, caratterizzati da un uso intenso e
drammatico di luci ed ombre e dalla presenza di personaggi emotivamente carichi,
come quelli (qui a destra) della Vocazione
di San Matteo (1621) conservata nel Centraal Museum - Utrecht.
L’evangelista Matteo e
l’Angelo (1630-40) Guido Reni (1575-1642)
Pinacoteca Vaticana Roma
Considerato dalla critica
ufficiale come uno tra i
più validi capolavori che
il Reni realizzò negli
anni della maturità.
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