Fakultät für Bildungswissenschaften Facoltá di Scienze della Formazione Facultá de Scienza dla Formazion LIBERA UNIVERSITÁ DI BOLZANO FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria ASPETTI DEL PARLATO MONOLOGICO: UNA RICERCA EMPIRICA Tesi di laurea in: DIDATTICA DELLA LINGUA MADRE II Relatore: Prof. Silvia Dal Negro presentata da: Giuseppe Natale matr. 4048 Sessione: Invernale ( III ) Anno Accademico: 2007/2008 Ai miei genitori per i valori cristiani a cui mi hanno educato PREMESSA La lingua è un qualcosa di fluttuante, inafferrabile, un sistema aperto in continua evoluzione, e per questo è uno degli argomenti di studio piú ostici e allo stesso tempo accattivanti. Potremo definirlo un sistema dinamico legato indissolubilmente alla dimensione spazio/temporale, in senso diacronico ( il presente legato al passato da cui proviene ) e in senso sincronico ( in simultanea col tempo presente ); sempre pronto ad adeguarsi alle mode, alle scoperte, alle innovazioni. Un fiume in continuo movimento, che non conosce soste, in ogni istante pronto ad ospitare nel suo letto neologismi, modi di dire, forestierismi, termini e locuzioni in stretto rapporto con i tempi ecc. Di conseguenza il linguaggio, espressione personale e soggettiva della lingua, deve essere visto in rapporto a queste continue variazioni. Dal punto di vista socio-antropologico, esso è studiato come mezzo di comunicazione, come strumento di scambio di pensieri, di idee ecc.; senza dubbio una delle prime necessità dell’uomo. In ogni dove, in ogni tempo, in ogni latitudine non esiste popolo che “naturalmente” non abbia sviluppato un proprio linguaggio, un proprio modo di esprimersi per farsi capire, per capire. Non staremo qui ad elencare date e luoghi geografici, né a individuare archetipi, né ci metteremo alla ricerca di ceppi linguistici, o quantomeno ad intentare uno studio filologico su testi. Il nostro sarà uno studio riguardante il linguaggio in una delle sue espressioni più comuni e allo stesso tempo inusitate: il monologo. Comune perché crediamo ogni essere vivente almeno una volta nella vita abbia avuto un dialogo con se stesso, abbia “parlato da solo” come si suol dire. Inusitato perché, tranne per fini di ricerca, è difficilissimo se non improbabile trovare persone che parlino di sé senza ottenere risposte, confessarsi come in una seduta psicologica davanti ad un pubblico uno o plurimo di ascoltatori. Noi abbiamo provato a fare questo: abbiamo chiesto alle persone di parlare di sé, di raccontarsi, aprire il proprio bagaglio di ricordi, di scene di vita, di sensazioni tenute dentro; ma non per curiosità, ma per analizzare il modo in cui lo facevano. Abbiamo cioè analizzato l’uso che si fa del linguaggio verbale. Per le grosse difficoltà che si incontrano in una simile ricerca, abbiamo ristretto il campo d’azione a due variabili che vedremo nel corso della trattazione. Cosa abbiamo cercato dal modello che ci siamo costruiti? Ovviamente il linguaggio, il loro particolare linguaggio. Se è vero che oggi, in Italia, la parlata nazionale sta prevalendo sui dialetti, producendo una sorta di uniformità soprattutto tra i giovani, è anche vero che la globalizzazione e l’apertura delle frontiere sta producendo l’effetto opposto: la trasformazione della lingua nazionale che ogni giorno si arricchisce di termini nuovi, modi di dire e schemi sintattici inusitati. I nostri dizionari, le nostre grammatiche hanno bisogno di un aggiornamento continuo e costante per stare al passo con i tempi e rispondere alle esigenze di studenti, studiosi o di chi si occupa di lingua. Ci si rende conto, dunque, quanto sia difficile impostare un lavoro sul parlato che, essendo una variabile diacronica, varia nel tempo, nello spazio e a seconda del contesto. Stabilite modalità e tempi e coscienti delle difficoltà che troveremo lungo il nostro percorso, incamminiamoci nel sentiero della ricerca, oggi tanto auspicata in tanti campi soprattutto delle scienze e dell’università in genere. Ricerca come sinonimo di dinamicità, di scoperta quotidiana, di progressivo miglioramento delle potenzialità umane: e il linguaggio è una scoperta quotidiana, è una peculiarità dell’uomo, il quale oltre a poterlo utilizzare, ha la facoltà di poterlo studiare in una dimensione metalinguistica. E’ il mezzo di comunicazione per eccellenza, in esso è possibile rintracciare tanta parte del vissuto, della provenienza, delle abitudini umane. Facile qui è l’aggancio all’antropologia e alla sociologia; in epoche recenti si è parlato di carattere sociale della lingua, non ultimo Ferdinand de Saussure, riconosciuto come il fondatore della linguistica teorica. Questi considerò la lingua il prodotto di relazioni all’interno eminentemente sociale. di una comunità asserendo che >> << la langue ha carattere ( Berruto, 1980: p. 28 ) La lingua è immersa in un contesto socio-culturale e da esso trae le sue caratteristiche formali e terminologiche. Per questo motivo, la nostra ricerca dovrà fare i conti con il vissuto dei parlanti, con le esperienze, con la loro età, con il contesto in cui sono immersi, con l’area geografica di appartenenza. Insomma la nostra ricerca dovrà fare i conti con quelle varietà proprie del linguaggio dette “varietà situazionali” che attengono << alle modalità diverse di uso della lingua che hanno luogo a seconda della diversità delle situazioni in cui i parlanti si trovano a ( dover ) usare la lingua. >> ( Ivi: p. 13 ) CAPITOLO I 1. METODOLOGIA E STRUMENTI 1.1.1 Descrizione esperimento ( luoghi – tempi – strumenti ) Lo studio qui presentato rientra nell’ambito della ricerca e si inquadra in quel settore d’indagine chiamato “ricerca sul campo”, dove i dati raccolti saranno trattati in funzione qualitativa e quantitativa. Il nostro oggetto d’analisi riguarda principalmente il dato registrato, nello specifico il linguaggio, il modo d’espressione di una particolare categoria di parlanti. A tal fine sono state effettuate registrazioni “libere”, non strutturate, quelle che in Pedagogia sperimentale sono dette Interviste libere o non direttive, in cui l’intervistato ha la possibilità << di dire tutto ciò che vuole e come vuole >> ( S.Mantovani, 1998: p. 52 ) Mettendo da parte il contenuto del messaggio, del dato a noi interessa studiare gli aspetti linguistici: la situazione comunicativa in cui è inserito, le variazioni legate ad alcuni parametri, i tratti caratteristici e le modalità più frequenti nella costruzione degli enunciati. Un simile lavoro richiede la scelta di una ricerca centrata sulla quantità e sulla qualità: acquisizione e analisi del dato. Di centrale importanza sono le fasi di acquisizione e del trattamento del dato che implicano una serie di scelte che vanno dai supporti e gli strumenti di rilevamento da utilizzare alle metodologie da adottare. Essendo la nostra una ricerca fondata principalmente sul dato linguistico e finalizzata all’analisi di esso, abbiamo cercato di attenerci il più possibile ai suggerimenti che ci provenivano dagli studi sulla ricerca in linguistica. Uno di questi riguarda proprio le fasi iniziali sulle quali Turchetta mette l’accento forte, quando asserisce che: << la raccolta dei dati e la loro prima elaborazione sul terreno sono il fulcro di un lavoro di ricerca mirato alla descrizione di fenomeni linguistici, sociali e culturali. >> Infatti, in questa fase si effettua << la scelta della tecnica con la quale indagare il campo prescelto >> ( 2000: pp. 76-77 ) e una tecnica piuttosto che un’altra può incidere sulla quali- 5 tà del dato in modo determinante. Gli strumenti e le modalità di rilevamento rientrano nella tecnica di rilevamento e costituiscono la base del nostro lavoro; essi saranno trattati nel paragrafo successivo. Un supporto piuttosto che un altro, è stato dimostrato, può determinare la qualità del dato e di conseguenza l’analisi di esso. Il nostro iniziale problema ha riguardato, perciò, il “come” procedere, successivamente alla selezione e alla scelta dei soggetti. Questi ultimi sono stati ragguagliati sul fine della ricerca e messi in grado di enunciare in assoluta libertà. La nostra presenza, talvolta ci siamo accorti, ha rappresentato un ostacolo o quanto meno un disagio per il parlante; per cui ci siamo chiesti se fosse stato meglio lasciarli soli o essere presenti. La presenza dell’intervistatore può altresì incidere sulla qualità del dato, si può causare il blocco dell’intervistato qualora questi voglia trattare di un argomento personale ed evita di farlo per pudore o per vergogna, incespica nelle parole, accusa vuoti di memoria dovuti al cambio repentino del discorso e quant’altro. Carla Bazzanella, a questo proposito, parla di << paradosso dell’osservatore, secondo il quale la misura di un fenomeno introduce una perturbazione nel fenomeno stesso >>, per cui << in generale è meglio evitare le registrazioni nascoste. >> Questo vale sia per il parlato dialogato sia per il parlato monologico di cui ci occupiamo; in entrambi i casi, comunque, avvalersi del cosiddetto “paradosso” è preferibile e << possiamo usare il registratore apertamente >> ( Bazzanella, 2007: p. 92 ) anche se la presenza dell’osservatore rischia di ‘inquinare’ il dato oggettivo. All’intervistato è stato fatto sottoscrivere il compromesso di far finta di essere solo, di stare a parlare con se stesso, avendo di fronte a sé il registratore e il Sottoscritto a cui è stato richiesto l’intervento in alcune occasioni di difficoltà nella prosecuzione. Ad ognuno degli intervistati è stato illustrato lo scopo della ricerca, si è garantito l’anonimato nel momento del trattamento dei dati, si è lasciata la massima libertà nell’esposizione dell’argomento. Quest’ultimo ( anche se trascurabile e non oggetto di studio ) ha riguardato quasi sempre il vissuto, le esperienze di vita, gli eventi che hanno segnato in qualche modo la memoria di chi li ha narrati positivamente o negativamente. Dunque si è fatto appello alla memoria, al ricordo di episodi e situazioni passate ( recenti o remote ), e si è tralasciato il momento attuale, la realtà presente condivisa da un gruppo di intervistati, come vedremo, e solo accennata da alcuni. Non ci soffermeremo sulla questione, ma rimandiamo per gli approfondimenti al te- 6 sto di Zuczkowski1, che in Strutture dell’esperienza e strutture del linguaggio ( cit. ) parla di “rappresentato” e di “incontrato”, temi di psicologia che rimandano alla percezione del mondo nel momento in cui lo si osserva e qualora lo si voglia ricostruire con la memoria. Di conseguenza la maggiore o minore durata del testo, quanto la sua corposità ( nel nostro caso della registrazione sbobinata ) è collegata al vissuto dei parlanti, alla loro capacità mnemonica, all’argomento trattato, alla loro personale propensione all’esposizione orale. Talvolta abbiamo affrontato inconvenienti di tipo tecnico come la ripresa di una registrazione dopo l’interruzione causata dal passaggio di un veicolo rumoroso, o di una telefonata urgente ricevuta, che hanno provocato la perdita del filo del discorso e si è dovuto azzerare la precedente per una nuova registrazione. Conseguenza che ci ha portato a ottenere un prodotto diverso da com’era stato pensato prima dell’interruzione. In altri casi si è dovuto invitare l’intervistato a parlare a voce più alta, di non prendersi pause troppo lunghe, di rispettare un tempo minimo di enunciazione di almeno 4-5 minuti e così via. Insomma, una ricerca che ha necessitato di un’accorta preparazione degli strumenti e dei soggetti in considerazione, della messa a punto delle metodologie e delle tecniche di rilevamento. Nel fare ciò, abbiamo constatato l’estrema complessità di un simile lavoro dove nulla può essere lasciato al caso ma va ponderato accuratamente. Tempi Le registrazioni, a intervalli più o meno lunghi, sono state effettuate tra il mese di maggio 2007 e il mese di luglio 2008. La maggiore o minore distanza temporale tra una registrazione e l’altra è stata dovuta alle esigenze dei parlanti, alla loro disponibilità in taluni momenti che non coincideva con quella del sottoscritto o viceversa. 1 Spesso la psicologia, come la sociologia e altre discipline che trattano del vissuto socio-psichico dell’uomo entrano in contatto con la linguistica. Ne parla l’autore del testo citato, che prima dell’analisi dei vari tipi di frase, dedica i primi capitoli alle nozioni di psicologia inerenti al linguaggio. Quello che a noi interessa è l’accenno alle motivazioni che spingono i parlanti a trattare un argomento piuttosto che un altro, alla scelta di episodi piuttosto che altri. Non essendo motivo della presente trattazione, ci limiteremo alla citazione di alcuni passi che inquadrano l’argomento, per chiarire i due concetti sopra riportati. A proposito dell’enunciazione libera, il parlante si rifà a due contenitori: Incontrato e Rappresentato: << L’Incontrato è il dato percettivo, ciò che percepisco qui e ora, ad esempio le parole che vedo scritto su questo foglio, la musica che sento alla radio [ … ] Il rappresentato invece è ciò che è presente solo mentalmente: ora mi ricordo che l’anno scorso in questo periodo ero in vacanza >> ( 1995: p. 29 ) 7 Luoghi I luoghi delle registrazioni hanno interessato due aree geografiche lontane per distanza chilometrica, per lingua, per cultura: l’Alto Adige e la Campania. In stretta dipendenza con l’età dei parlanti, i luoghi dell’indagine sono stati scelti tenendo conto della comodità, cercando di ridurre al minimo i fattori di disturbo influenzanti gli intervistati. Ci siamo trovati, pertanto, su una panchina o nelle aule della Libera Università di Bolzano presso la facoltà di Scienze della Formazione Primaria di Bressanone o in un cortile della provincia di Caserta. A volte siamo riusciti a trovare un posto riparato quanto possibile dai rumori, altre volte no e come abbiamo già detto, questo ha provocato alcuni inconvenienti. Strumenti Per la raccolta dei dati ci siamo avvalsi di un registratore audio mp3, di un block notes, di un lapis, di un Personal Computer. I testi verbali, una volta acquisiti, sono stati digitalizzati e trasformati in file mp3 in modo da essere fissati su software e trattati n° volte a seconda delle esigenze. Come si diceva precedentemente ( Cfr. pp. 5-6 ) gli strumenti di rilevamento del dato sono di fondamentale importanza. In base al tipo di ricerca essi devono essere in grado di fornire le informazioni che a noi interessano per poter essere trattate in maniera ottimale. 1.1.2 Caratteristica dei parlanti: le variabili Si parlerà piuttosto delle parlanti, per via del fatto che la ricerca ha riguardato il sesso femminile, il cui modo di parlare, secondo alcuni differisce in modo significativo da quello degli uomini. Divise in due gruppi, secondo l’età e l’area geografica, le prime ( Gruppo I ) sono studentesse universitarie dell’Alto Adige ( fascia di età 20-23 ) le seconde ( Gruppo II ) sono casalinghe o pensionate della Campania ( fascia di età superiore ai 60 anni ). Il legame tra le parlanti nei due gruppi riguarda, inoltre, il grado di istruzione, per cui per le prime si parlerà di laureande, per le seconde di donne che posseggono come titolo 8 di studio la III media. Nella tabella 1 è riportato il quadro riassuntivo della divisione secondo le variabili. Le parlanti del primo gruppo ( 8 in totale; da R1, R2… R8 ) hanno la particolarità di essere legate tra di loro da amicizia; lo stesso non si ha nel II gruppo ( 3 in totale; da R9 a R11 ) dove la conoscenza tra le parlanti è ridotta all’informalità. Da questo punto in poi, pertanto, si parlerà “delle parlanti” nello specifico e ci si riferirà ad esse con le sigle alfanumeriche con cui sono identificate ( R1, R2, R3…. ) Tabella 1 Sesso Gruppi Età delle Area geografica Ragione sociale Trentino e Alto Adige Campania Studentesse parlanti Donne I 20-23 II ≥ 60 Casalinghe /Pensionate Abbiamo scelto la variabile “età” per il fatto che << la variazione generazionale è uno dei fattori costantemente tenuti presente negli studi sociolinguistici >>; l’importanza è data dal fatto che << l’età pare strettamente connessa e intersecata con altri fattori sociali, quali in particolare fattori di appartenenza al gruppo >> ( Berruto, 1980: cit. 128-129 ). Questi, insieme ad altri fattori, rappresentano la materia di discussione in La variabilità sociale della lingua ( Berruto, Op. cit. ); nel testo si tratta delle cause ( relative al contesto, all’età, al gruppo sociale, al sesso ecc. ) modificanti il linguaggio. Tra queste, ci appare d’obbligo citare altresì la variazione in rapporto al sesso; se ne parla nell’ultimo capitolo in cui si riportano le asserzioni di alcuni sociologi e linguisti. Più interessante delle altre ci è apparsa quella formulata da Jespersen che tra le nostre registrazioni ha ritrovato numerosi riscontri. La nostra ricerca, a riprova di quanto detto, ha interessato classi di parlanti femminili lontane per luogo geografico e per livello culturale che ci ha permesso di effettuare uno studio particolareggiato su fenomeni circoscritti ad alcune variabili suscettibili di comparazioni. Jespersen dice che << le donne tendono a parlare in maniera più eufemistica, rifuggendo istintivamente delle espressioni 9 grossolane e volgari e preferendo espressioni più fini e indirette; amano peraltro l’iperbole e l’intensificazione delle sensazioni [ … ] Nella costruzione della frase, lasciano molto più spesso che non gli uomini la sintassi interrotta. >> Meno riscontri ha avuto e anche meno d’accordo ci ha trovato, invece, l’asserzione secondo la quale: << dal punto di vista delle capacità linguistiche, le donne avrebbero un vocabolario più ridotto rispetto agli uomini >> ( Ivi, pp. 135-136 ) Dalla lettura delle registrazioni riportate in allegato e dalle nostre disquisizioni in merito, ciò possiamo facilmente contraddire. La variabile “area geografica”, che chiameremo diatopica, ci riporta a differenze nelle espressioni e nei modi di dire, oltre che all’intonazione e alla pronuncia. Si rimanda ancora agli studi di Berruto2, nei quali si sviluppa il rapporto che lega le variazioni linguistiche dei parlanti di un’area geografica specifica inseriti in gruppi sociali differenti. L’appartenenza al gruppo sociale e al gruppo etnico rappresenta un micro sistema inserito in altro micro sistema che è l’area geografica. E’ questa una delle varietà funzionali-contestuali più discusse e studiate con la quale dovremo confrontarci. 1.1.3 Convenzioni di trascrizione << L’introdursi nel labirinto del linguaggio è entrare in una nebulosa, è iniziare un’avventura >> ( Cavinato, 1989: p. 3 ) come ha affermato qualcuno. Tradurre il suono in grafo necessita di una codifica approntata secondo regole fisse ed efficaci, per l’appunto dobbiamo affidarci alle convenzioni. Il prodotto della nostra ricerca è il dato reale, cioè quelle informazioni << basate su analisi di testi, registrazioni audio e video. >> ( Baz- zanella, 2007, cit.: p. 90 ) La fase di “archiviazione dei dati” segue la prima fase che abbiamo chiamato di “raccolta dei dati”, così come leggiamo in Turchetta ( cit.: p. 83 ); questa fase, della sbobinatura e della trascrizione delle registrazioni >>, richiede << << un lavoro complesso e faticoso >>. E’ di estrema importanza la scelta dei segni convenzionali e della messa a punto della strategia trascrittiva che si intende seguire; ci sono parametri, vedre- 2 << In termini di comunità linguistica, si può dire che il gruppo è ogni ‘parte’ della comunità sociale che si trova a condividere una certa somma di occasioni dirette o potenziali di rapporto comunicativo. >> Tale condivisione è strettamente legata all’ambito geografico, come è detto successivamente: << la variabilità linguistica attraverso i gruppi è in sovrapposizione, oltreché con la connessa variabilità di strato sociale, sia con la variabilità geografica sia con la variabilità situazionale. >> ( Op. cit. pp. 87 e 89 ) 10 mo nel corso della trattazione, che differenziano il parlato dallo scritto, per cui nel momento della trascrizione è necessario stabilire delle regole, scegliere quale sarà la metodologia di traduzione e attenersi scrupolosamente ad essa. Nel parlato entrano in gioco fattori che possono sembrare intraducibili in segno grafico; il linguaggio è accompagnato da gesti, smorfie, pause, sorrisi, insomma da una serie di elementi rientranti nel campo della pragmatica e della comunicazione non verbale. Gli studi a cui rimandiamo e a cui ci siamo rifatti sono quelli di Levinson3 sulla pragmatica e sullo studio delle varietà delle situazioni comunicative verbali e non verbali. Nello specchietto sottostante sono riportati una serie di segni convenzionali dei quali ci siamo serviti per tradurre quelle espressioni che vanno al di là del regolare modo di comunicare. La scelta è stata arbitraria e non rimanda a nessuno studio precedente riguardante l’argomento. Segno … ≈ ≈+ ≈++ ₪ ≥ ☺ ? i.d.i. Significato - Brevissima incertezza tra una parola e l’altra - Pausa breve ( 1-3 secondi ) - Pausa mediana ( 3-5 secondi ) - Pausa lunga ( più di 5 secondi ) - Incertezza. Emissione di un suono non riconoscibile con nessun grafema. - Strascico sulla lettera in fondo alla parola. - Sorriso - Parola/e incomprensibili - Intervento dell’intervistatore I primi quattro segni riguardano un’incertezza dovuta alla mancanza o all’esaurimento di argomento, che può essere variabile nella durata. Spesso la pausa, solo quando è mediana o lunga, è seguita dall’intervento dell’intervistatore. Un silenzio prolungato è indice di indecisione, di difficoltà nella prosecuzione, sopperito dalla nostra presenza che dunque ha svolto la funzione di supporto. 3 Tra le definizioni che Levinson dà della pragmatica, secondo le caratteristiche linguistiche, strutturali ecc. ci è parso opportuno riportare la definizione che rimanda al contenuto del messaggio linguistico, con le sue incongruenze o “anomalie” come è detto nel testo. Per lo studioso, la pragmatica è << lo studio della lingua in una prospettiva funzionale, cioè cerca di spiegare alcuni aspetti della struttura linguistica facendo riferimento a pressioni e cause non linguistiche. >> ( 1985: p. 27 ) Queste “cause non linguistiche” sono le espressioni di cui si parla, che necessitano di una traduzione segnica e di una interpretazione, quello che facciamo nel presente paragrafo. 11 Con il simbolo ₪ abbiamo voluto significare quei suoni disarticolati o incompresibili che molto di frequente vengono tradotti con segni tipo “mmhh” “hhh” “emhhh” e che rimandano al mondo dei fumetti. ≥ traduce il suono prolungato della sillaba in coda alla parola; lo abbiamo chiamato strascico perché la sillaba finale viene prolungata nel suono prima di trovare il filo conduttore che lega quello che si sta dicendo con quello che si vuole dire successivamente. Non è raro incontrare casi del genere nelle nostre registrazioni: in R1 - avevo presentato… ₪ domanda per≥ ≈+ e≥ per≥… insegnante tecnico-pratico nelle scuole superiori - e≥ ≈ l’ambiente della scuola, comunque è difficile, difficile, pesante, però… comunque molto gratificante; e≥.. mi sono trovata bene, ho lavorato con persone che≥… che mi stimav… che mi stimano ancora oggi in R3 - me li cantavan dietro perché≥ se non riuscivo a veder tutto rimanevo male. Dicevano be.. “stiamo in vacanza… bisogna anche≥ esser contenti di quello che abbiamo e.. e anche divertirsi.” In R4 - E≥.. e infatti mi piacerebbe andare qui però e≥ ₪ dovrei.. convincere il mio ragazzo perché ☺ da sola non ci vado, e≥ magari vado un altro anno e così via. Le quali espressioni solitamente riempiono un vuoto tra un enunciato e l’altro o tra proposizioni dello stesso periodo che altrimenti andrebbero riempite da una pausa. Capita che gli enunciati vengano interrotti da un sorriso o una risata per una battuta o per una cosa detta per attirare l’attenzione su un fatto che si ritiene umoristico o divertente. Come si noterà dagli allegati, anche questo evento ha avuto un suo riscontro significativo e l’abbiamo tradotto con la faccina che ride ☺. Il punto interrogativo ci è servito, invece, per significare una nostra difficoltà nel 12 tradurre la parola detta; è capitato, pur se in rare occasioni, che anche l’ascolto ripetuto di alcune espressioni non ci ha permesso di individuare il termine usato dalla parlante, per cui abbiamo lasciato l’incertezza. Con la sigla i.d.i. si riconosce l’intervento esterno dell’intervistatore nel momento in cui l’intervistato mostra indugio o una difficoltà significativa nel proseguire il discorso; quindi lo troviamo spesso dopo una pausa forte o dopo una vistosa difficoltà nel trovare le giuste parole. Si è reso necessario, pertanto, uno stimolo che permettesse di allacciarsi all’argomento interrotto o trattarne uno nuovo. Gli interventi variano da soggetto a soggetto; numerosi in alcuni, assenti in altri. A tal proposito specifichiamo che il sottoscritto condivide con le parlanti del primo gruppo la realtà universitaria; ha vissuto con loro giornate di studio e di svago che gli ha permesso di intuire quali fossero i momenti in cui c’era maggiormente bisogno di uno stimolo o un input per aprire alcuni discorsi o di stimolare la parlante a proseguire o a cambiare il suo discorso. ( Cfr. in allegato; R5 dice: << Poi… la vita universitaria, come tu ben sai…, è molto scolastica >> p. VIII ) Proviamo a darne qualche esempio: in R4: - anche perché ero in una classe… sempre… [ i.d.i. ] o… esatto…, ognuna… eh… non c’è… [ i.d.i. ] in R1 - E≥ poi una cosa che qui… ₪ non mi piace, essendo abituata al.. al clima del mare, al caldo e≥ la temperatura… temperature forse un po’ troppo esagerate per noi ≈+ [ i.d.i. ] In R3 - non.. veniamo solo a fare delle belle cose ma facciamo qualcosa che ci serve, impariamo qualcosa. ≈+ [ i.d.i. ] In R6 - cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio. ≈+ [ i.d.i. ] In ultimo ci sembra doveroso giustificare la mancanza delle parole del Sottoscritto 13 durante i suoi interventi. Abbiamo preferito non riportare “il cosa” dicesse l’intervistatore per alcuni motivi legati al fine della ricerca, alle situazioni con cui ha avuto a che fare di volta in volta, a motivi di natura tecnica. In primo luogo, trattandosi di monologo, riportare le parole di in interlocutore sarebbe suonato più come una deviazione verso il dialogo di cui noi non ci occupiamo. Per cui abbiamo cercato di dare il più possibile l’idea di una situazione in cui il messaggio fosse trasmesso in modo unidirezionale. In secondo luogo, per il fatto che lo stimolo esterno non è stato necessario per tutte le registrazioni e per una questione di uniformità abbiamo tralasciato. In ultimo, per motivi tecnici: la voce dell’intervistatore non è chiara, è proferita in modo bassissimo che ne impedisce l’ascolto e riportarla in alcuni casi e tralasciarla in altri non ci è parso opportuno. 14 2. ANALISI DEGLI STRUMENTI 1.2.1 Analisi degli strumenti e delle modalità di raccolta dati Un registratore audio digitale mp3, un block notes, un lapis, un Personal Computer sono stati gli strumenti da noi utilizzati, come già detto precedentemente ( Cfr. p. 8 ). Strumenti utilizzati sempre più di frequente per le ricerche sul campo, soprattutto i supporti elettronici e telematici che permettono di memorizzare la voce tale da poter essere analizzata in maniera duratura e trattata numerose volte. Attraverso la trasformazione dei file audio in mp3 riusciamo a utilizzare i dati a nostro piacimento senz’alcun rischio di alterare l’originalità del linguaggio. Oggi la ricerca, la scuola, la pedagogia in generale si aprono sempre più alla tecnologia laddove ci si rende conto che essa può avere un ruolo fondamentale, determinante in alcune scelte. La registrazione audio digitale permette di fissare su supporti magnetici le informazioni che raccogliamo; l’ascolto e il riascolto dei testi permette di cogliere tante piccole sfumature che di per sé sono impercettibili se ascoltate in tempo reale. Le operazioni di raccolta e di sbobinatura già descritte nei precedenti paragrafi, sono divise in fasi in cui ognuna necessita di strumenti e modalità di codifica. Potremo sintetizzare il tutto come da tabella sottostante: FASE Raccolta dati DESCRIZIONE Le parlanti, ragguagliate sul fine della ricerca, decidono un tempo di preparazione prima di iniziare a parlare, variabile da soggetto a soggetto. L’argomento è libero, scelto da loro in quel momento ed è enunciato in un luogo aperto ( solo in un paio di occasioni si è registrato in un luogo chiuso ) avendo di fronte l’intervistatore e il registratore. 15 STRUMENTI Registratore audio mp3 Archiviazione dati ( trasformazione in digitale e sbobinatura ) I dati raccolti sono trasformati in digitale e trasferiti sul Computer. Le registrazioni vengono riascoltate N° volte e sbobinate su file Word; su un block notes annotiamo i punti meno chiari, lasciati in bianco sul foglio e su cui ci si deve ritornare. La fase di sbobinatura è effettuata successivamente alla scelta delle modalità e dei segni convenzionali. Registratore audio mp3 Personal Computer Block notes Lapis e gomma cancell. Elaborazione e analisi dei dati Sbobinate le registrazioni, si stampa il file Foglio Word stampato su supporto cartaceo e si lavora all’analisi Penna dei testi trascritti. Lapis e gomma cancell. 1.2.2 Analisi del contesto extralinguistico Le nostre parlanti provengono da una realtà condivisa, quella universitaria dell’Alto Adige, nel primo caso, e quella ambientale ( stessa località ) nel secondo caso. La vita quotidiana, il contatto con i propri simili con i quali si condividono usanze, tradizioni, luoghi, abitudini segnano il personale modo di parlare; vanno cioè a caratterizzare l’espressione linguistica ( fonetica e accento ) e gli argomenti degli enunciati di parlanti di una specifica area geografica più o meno vasta. Al proprio vissuto si rimanda ogni qual volta si voglia dire qualcosa, si è spinti a raccontare a “ruota libera” e si attinge nei cassetti di informazioni note, condivise. Dal macro-contesto, in cui possiamo far rientrare grosso modo tutto ciò che abbiamo detto poc’anzi, scendiamo al micro-contesto situazionale, all’hic et nunc, meglio identificato come “contesto d’enunciazione comune. ”Il racconto necessariamente comporta l’uso di termini che rimandano a nomi familiari di persone, di luoghi, di località, di situazioni, di spazi, di tempo, dati per scontati e che implicano la conoscenza condivisa con l’interlocutore ; chi ascolta sa il parlante a cosa si riferisce perché ciò che esso enuncia << è strettamente legato al qui e ora ( all’hic et nunc ) della situazione comunicativa: elaborato e recepito in tempo reale >> ( Serianni – Antonelli, 2006: p. 51 ) Tale situazione comunicativa è un concetto complesso nel quale è racchiusa la sintesi del significato di mi- 16 cro-contesto. In essa si chiarisce innanzitutto la situazioni informali >> dove la << << dicotomia fra situazioni formali e la nozione di formalità e di informalità è strettamente legata al grado di attenzione e di controllo posto nella produzione verbale [ … ] che va vista in relazione a più d’uno dei fattori della situazione >> ( Berruto, 1980, cit. p. 153 ) Una divisione rigida qui non può essere pensata: le nostre parlanti, anche se non si trovano in un contesto che richiede un particolare linguaggio, hanno di fronte un registratore e sicuramente attingono al loro repertorio linguistico migliore. Diremo che siamo sulla linea di confine che separa il formale dall’informale; pur non rischiando una bocciatura ( come nel caso di un esame ) o una brutta figura ( un discorso pubblico, una comunicazione a un gruppo di persone, una spiegazione in classe ecc. ) le parlanti cercano di porre la maggiore attenzione possibile al loro discorso e allo stesso tempo di controllare alcune espressioni che in una tipica situazione informale non disdegnerebbero. Facendo questo, e sapendo di essere “ascoltate” esse finiscono per inquinare il loro usuale modo di parlare. Questo va inevitabilmente a scapito dell’analisi finale, fondata a questo punto su due fondamentali compromessi: 1) la “parlata” che andiamo ad analizzare è ai limiti dell’ “informale” 2) Le parlanti fingono di essere da sole e hanno il tempo, anche se minimo, di preparare un argomento da enunciare. 17 CAPITOLO II 1. IL PARLATO 2.1.1 Tratti caratteristici del parlato Se ci spingessimo indietro negli anni per ricercare la bibliografia inerente alle ricerche in campo linguistico tese alla codifica delle norme che regolano scritto e parlato, un posto di primo piano spetterebbe ai testi di Berruto degli anni 70’. La Sociolinguistica ( 1974 ) si presenta come un manuale in cui sono messe a punto le basi per una nuova disciplina: definizioni, strumenti di analisi, forme di analisi, termini, metodologie. Un testo pionieristico seguito da altri dello stesso autore negli anni successivi, fino ad anni recenti, che segna l’avvio di una rinnovata linguistica e a cui spesso siamo ricorsi nel presente lavoro. Sono gli anni in cui la Sociolinguistica e la Psicologia cominciano a porre sempre maggiore attenzione al parlato da sempre trascurato e messo in una posizione subalterna nei confronti dello scritto. Più recente è invece il saggio di Nencioni Italiano scritto e parlato ( 1989 ) che ci aiuta a sistemare alcune definizioni riguardo l’italiano parlato. La particolarità sta nel fatto che lo studioso si serve di “definizioni negative” per affermare e per mettere a confronto parlato e scritto; ma sono vagliate anche le varie forme di parlato che riguardano specificamente ciò di cui si tratta nel presente lavoro. 1. L’italiano parlato non è, hic et nunc, l’opposto diametrale dell’italiano scritto [… ] 2. L’italiano parlato non è l’opposto diametrale del dialetto, perché questo, sebbene sia prevalentemente e istituzionalmente parlato, è una parlata geograficamente italiana, ma locale [ … ] 3. L’italiano parlato non s’identifica con l’italiano regionale, perché questo può essere tanto parlato che scritto [ … ] 4. L’italiano parlato non s’identifica con l’italiano settoriale, perché questo dispone di lessici essenzialmente diversificati e specifici per quante sono le varietà [ … ] 5. L’italiano parlato non s’identifica col cosiddetto italiano popolare ecc. ( pp. 235-236 ) Quello che a noi interessa è soprattutto la conclusione a cui Nencioni arriva, quando dice che << bisogna muovere, nello studio del parlato, dalla teoria dell’interazione verbale, cioè dell’atto linguistico in situazione concreta, condizionato da presupposizioni conoscitive linguistiche ed estralinguistiche, dal ricorso a codici diversi da quello verbale ( gestuali- tà, visività, prossemicità ), dal concorso dell’interlocutore uno o plurimo, dalla tecnica e regia del colloquio, dagli scopi ed effetti perlocutivi. >> ( Ivi, p. 238 ) Il riconoscimento e lo studio di tali condizioni, ha permesso di inquadrare e selezionare le varie forme di parlato in base alle situazioni in cui viene proferito, agli intenti, agli attanti che intervengono nella comunicazione e che ci riallacciano agli studi precedenti di Berruto. Vedremo nei successivi paragrafi, nello schema approntato da quest’ultimo come sia possibile osservare questa divisione; il parlato viene considerato in funzione di alcuni parametri legati al contesto di enunciazione, agli scopi, alla maggiore o minore formalità della comunicazione. I rimandi agli studi sull’argomento ci sono d’obbligo per chiarire i termini entro cui far rientrare la nostra ricerca e per poter analizzare i testi adeguatamente. Il parlato, ed il parlato colloquiale di giovanissime studentesse universitarie e di casalinghe prive di istruzione scolastica superiore, è l’oggetto del nostro studio; noi, oltre all’individuazione delle linee di confine che lo separano dallo scritto, ci occuperemo della situazione comunicativa in cui abbiamo racchiuso la nostra ricerca, che si differenzia da innumerevoli altre. Anzitutto differenziamo il parlato dallo scritto; sono essi i mezzi comunicativi per eccellenza che l’uomo ha a disposizione per scambiare idee e pensieri con i suoi simili. Diversi per articolazione e strutturazione, sono contrassegnati ognuno da caratteristiche messe a punto e consolidate già da qualche lustro. Una delle definizione più felici, di cui ci serviamo per riassumerle un po’ tutte, la troviamo in Bazzanella ( 2001: p. 12 ) dove si afferma che << parlato e scritto si differenziano, in quanto la loro strutturazione linguistica viene influenzata dalla modalità fisica di trasmissione e da quelli che possiamo chiamare in generale “tratti situazionali” >>. Nell’ “immediatezza” si ritrova la caratteristica fondamentale del parlato: pensato e prodotto all’istante; ad esso si accompagnano una serie di elementi, appunto “tratti”, che << motivano e giustificano il fatto che quello che si dice non sia ben organizzato, ci siano autocorrezioni, cambiamenti di discorso, imprecisioni di lessico >> ( Ivi: p. 13 ) I cosiddetti tratti caratterizzanti il parlato, che si vuole d’uso comune, sono stati fissati in alcuni punti così riassunti: a) mezzo fonico-acustico; b) contesto extralinguistico comune; c) competenza di parlante ed interlocutore/i. Il primo punto qui ci sembra d’obbligo approfondire ed è quello inerente il mezzo utilizzato, uno dei tratti più visibili e importanti di divisione tra scritto e parlato. In esso 19 sono ascritti 4 micro-tratti che schematicamente possono essere così riassunti: a) La minima possibilità di pianificazione, che consiste nella difficoltà di preorganizzarsi il proprio turno, o intervento orale, in tempo reale, man mano cioè che si parla. [ … ] b) L’impossibilità di cancellazione. Si può modificare esplicitamente quello che si è già detto, con un’autocorrezione; ma non si può veramente cancellare come nello scritto […] c) La non permanenza, o “evanescenza” del messaggio orale. Il parlato infatti non lascia traccia fisica ( a meno che non venga registrato ), e si affida quindi esclusivamente alla memoria. [ … ] d) L’incidenza dei tratti prosodici o soprasegmentali, in particolare dell’intonazione, ed il ricorso frequente a mezzi paralinguistici [ … ] ( Ivi, pp. 15-17 ) Notiamo come al punto c) venga affermato che il parlato non gode della “permanenza” a meno che non venga registrato. Ne abbiamo parlato nell’analisi degli strumenti di registrazione del precedente capitolo. Ma anche negli altri 3 punti le nostre registrazioni trovano puntuale conferma: gli improvvisi cambi di argomento, il massiccio utilizzo di termini prosodici e di pause, le autocorrezioni, la scarsa coesione del testo, la frammentarietà ci portano ad analizzare i testi seguendo regole particolari. La nostra indagine ha riguardato più che altro le modalità di organizzazione del discorso, non toccando questioni fonetiche: dunque struttura dell’enunciato, schemi sintattici codificati e personali, ripetizioni, tempo di ripresa del discorso, pause ecc. Al secondo punto dei tratti situazionali del parlato messi a punto da Carla Bazzanella vi è il contesto; più particolarmente il contesto extralinguistico comune. A questo si lega l’uso dei deittici, dei quali tratteremo nei paragrafi successivi e il quale utilizzo ha permesso al Sottoscritto, che condivide la realtà universitaria con le parlanti del I Gruppo, una immediata codifica. Il nostro discorso non si dilungherà sulle caratteristiche del parlato, ormai conosciute, ma si focalizzerà su alcune di esse. 20 2.1.2 Parlato colloquiale come varietà dell’italiano neo-standard Focalizzeremo la nostra attenzione su una delle varietà di parlato: il cosiddetto parlato-parlato. Dire parlato-parlato significa non avere di fronte a sé un foglio scritto o una sistemazione testuale precedente; dire parlato-parlato significa concentrare l’attenzione sul mezzo utilizzato, essere inseriti in un dialogo, in un discorso, in un monologo, trasmettere e ricevere messaggi vocali, o trasmettere soltanto come nell’ultimo caso; ma di questo si parlerà più avanti. La varietà di italiano parlato colloquiale è quella che Berruto definisce << una varietà marcata in primo luogo in diamesia, in quanto è tipicamente parlata e presenta in maniera più netta i caratteri dipendenti dalla natura del mezzo; ed in secondo luogo in diafasia, in quanto tipica degli usi della metà non formale della scala di formalità. E’ l’italiano della conversazione ordinaria, del normale parlare quotidiano, degli usi comunicativi correnti >> ( 2000: pp. 24-25 ) Va, dunque, ben distinto dall’italiano neo-standard, di cui come si dice nel titolo ne è una varietà, nonché dall’italiano d’uso comune tra i giovani, il cui linguaggio negli ultimi tempi, sempre più rapidamente si sta ritagliando la sua fetta di importanza nell’evoluzione dell’italiano colloquiale4. Del neo-standard, il colloquiale ha << buona parte dei tratti >> frammista ad altri tipici dell’italiano popolare e come abbiamo detto della lingua dei giovani. Facciamo rientrare le nostre registrazioni, dunque, nella varietà di italiano colloquiale, anche se con le dovute cautele, in quanto riconosciamo nei tratti linguistici distintivi delle parlanti le caratteristiche di questo idioma. Nella dimensione diafasica berrutiana il colloquiale è descritto come una varietà composita, che si adegua alle situazioni, infatti è una << varietà situazionale a seconda del grado di formalità, dell’impegno, degli interlocutori ecc. richiesti dalla situazione comunicativa e del tipo di rapporto comunicativo che il parlante intende instaurare. >> Inoltre è << adoperato in maniera indipendente dalla classe sociale di appartenenza, da parlanti di ogni ceto e di ogni grado di istruzione >> ( Ivi: p. 139 ) Le nostre parlanti ‘adeguano’ il loro modo di parlare quotidiano, ad una situazione alla quale sono state invitate a partecipare, ecco perché l’atto comunicativo che ci hanno prestato oscilla tra il formale e l’informale. 4 In Serianni-Antonelli ( cit: p. 64 ) è detto che << consistente è ultimamente anche l’apporto del linguaggio giovanile alla lingua parlata colloquiale ( magari per il tramite del mondo della canzone, dei fu- metti, e comunque della cultura e sottocultura vicine al mondo giovanile ) >> 21 Varie sono le definizioni proposte dai linguisti per identificare la lingua odierna, miscela sempre più ricca di forestierismi, modi di dire, neologismi legati alle mode, alla tecnologia, alla vita nel gruppo dei pari. E’ l’era di Internet, basta un click, una connessione via cavo per contattare tutto il mondo, per scambiarsi pensieri, catturare espressioni, termini ad effetto magari costruiti artificialmente senz’alcuna base etimologica. Oggi è senz’altro più semplice entrare in contatto con gente di diversa cultura nel nostro Paese, che porta con sé il tratto caratteristico del suo Paese; gli scambi culturali sono frequentissimi i quali inevitabilmente vanno a ripercuotersi sul linguaggio. Il caso più evidente lo si riscontra nella lingua dei giovani, per i quali si è parlato della nascita di un nuovo idioma e tra i vari studi in riferimento interessantissimo è quello curato da Lavinio e Sobrero, La lingua degli studenti universitari ( 1991 ) dove l’argomento è trattato in modo puntuale ed esauriente e dal quale abbiamo attinto vari saggi. Questo nuovo idioma presenta caratteristiche sintattiche e morfologiche fuori dalle norme ma talmente comuni, in uso presso tanta parte dell’odierna gioventù da dover essere studiato e tenuto in considerazione. Berruto nel definirlo dice essere un insieme di: costrutti, forme e realizzazioni che non erano presentate nel canone ammesso dalle grammatiche e dai manuali [ … ] forme e realizzazione del linguaggio popolare o familiare o volgare, oppure regionali, e quindi da evitare nel ben parlare e scrivere ( Ivi: p. 62 ) Dunque un linguaggio da studiare perché esiste, ma da escludere come possibile nuovo idioma regolato da norme grammaticali canoniche. L’incontenibilità della lingua, la sua forza dinamica non permette di arginarne le modificazioni, quant’anche appaiono negative. Infatti << sembra che il neo-standard si stia consolidando, sullo sfondo di una lingua in convulso movimento >> ( Ivi: p. 63 ) e non rimane altro da fare che prenderne atto. Marazzini parla di “italiano dell’uso medio” << di cui tutti abbiamo comune esperienza >> che identifica come << categoria ben diversa, [ dall’italiano medio di cui parla in precedenza ] definita da Sabatini [ 1985 e 1990 ] sulla base di una serie di fenomeni grammaticali, ricorrenti nell’italiano d’oggi, così come è comunemente parlato a livello non formale. La differenza rispetto all’italiano che si usa chiamare ‘standard’ sta nel fatto che 22 questo italiano ‘dell’uso medio’, in sostanza comune e colloquiale, diversamente dallo ‘standard’, accoglierebbe fenomeni del parlato, presenti magari da tempo nello scritto, ma generalmente tenuti a freno dalla norma grammaticale, che ha sempre tentato di respingerli ed marginarli. >> Un << nuovo italiano sostanzialmente unitario a livello morfosintattico e lessicale >> che riguarda << essenzialmente il parlato; è fenomeno orale. >> ( Marazzini, 1998: pp. 412-413 ) Le caratteristiche salienti di questo idioma sono riassunte in 11 punti che riportiamo integralmente nel sottostante specchietto: 1) lui, lei, loro usati come soggetti; 2) gli generalizzato anche con il valore di le e loro; 3) diffusione delle forme ‘sto e ‘sta; 4) tipo ridondante a me mi; 5) costrutti preposizionali con il partitivo, alla maniera francese ( << … con degli amici >> ) 6) ci attualizzante con il verbo avere e altri verbi ( << che c’hai? >> ) 7) dislocazione a destra o a sinistra, con ripresa del pronome atono ( << Paolo non l’ho più visto >> ) 8) anacoluti ( nel parlato ): << Giorgio non gli ho detto nulla >> 9) che polivalente con valore temporale, finale, consecutivo ; 10) cosa interrogativo al posto di che cosa; 11) Imperfetto al posto del congiuntivo e condizionale nel periodo ipotetico dell’irrealtà. ( Ivi: p. 413 ) Uno dei punti più interessanti da notare, perché ha trovato un riscontro seppur parziale nelle nostre registrazioni, è quello riguardante l’aferesi degli aggettivi dimostrativi “questo” e “questa”. Parziale per il fatto che, come vedremo successivamente le nostri parlanti non ne fanno uso, se non due di loro appartenenti a due gruppi differenti. Oltre a ciò, Marazzini include tra le caratteristiche del nuovo idioma l’utilizzo di lui, lei, loro usati come soggetto; gli generalizzato anche con il valore di le e loro; ci attualizzante con il verbo avere e altri verbi; dislocazioni a destra o a sinistra con ripresa del pronome atono. Caratteristiche anch’esse non rare nei testi a nostra disposizione, che ritornano, con percentuali di frequenza differenti, per cui in alcuni casi confermeremo la regola provandola, in altri ascriveremo le “anomalie” tra le eccezioni. 23 2.1.3 Il parlato colloquiale come varietà diamesica L’asse diamesico, secondo Berruto ( 2000: vd. p. 22 ) è l’asse orizzontale che differenzia la comunicazione in base al mezzo utilizzato. Nel nostro caso ci collocheremo in pieno nel quadrante destro, lungo l’asse diamesico che individua il parlato-parlato; nella parte bassa dove si riconosce la parlata spontanea, senz’alcun testo di riferimento né la benché minima pianificazione di sorta, in un contesto ai limiti tra il formale e l’informale per le questioni già note. Il linguaggio orale, cioè la trasmissione a voce di un messaggio, ottenuto grazie ad un mezzo fisico ( la voce ), segna in diamesia uno dei punti di maggiore distanza tra scritto e parlato. Sarà bene, per ogni lavoro di tal genere, premettere le capacità comunicative dei parlanti o del parlante, se cioè è dotato della facoltà di parlare e se conosce il linguaggio richiesto. Le nostre parlanti posseggono questa capacità e sono di madre lingua italiana nel primo caso, dialettofone nel secondo. Nello schema della pagina successiva, con il cerchietto rosso abbiamo individuato la posizione delle nostre registrazioni seguendo le indicazioni berrutiane. Si noterà che siamo collocati pienamente nel quadrante che individua la situazione del parlato-parlato ma in un punto marginale dell’asse diafasico, che individua cioè i registri e i sottocodici utilizzati nella comunicazione. L’apparente situazione informale in cui ci troviamo non deve indurci in errore ma considerare oggettivamente la situazione comunicativa in cui le nostre parlanti sono immerse e la cura che riservano alla loro esposizione. Esse sono consapevoli di cosa stanno facendo ( enunciare per fini di ricerca ) e possono regolare il loro modo di parlare e quindi alterarlo; il registro utilizzato, pertanto, oscilla tra il colloquiale e il gergale che sconfina in alcuni casi in espressioni non del tutto spontanee ma controllate, forse volte a dare un’immagine positiva di sé e non sfigurare davanti alle altre studentesse. La loro parlata potrebbe essere ricondotta al linguaggio utilizzato nell’ambito della realtà universitaria. 24 SCHEMA ADATTATO DI BERRUTO Lo schema di Berruto, pubblicato la prima volta nel 1987, è ancora oggi un valido punto di riferimento per chi studia le varietà linguistiche. L’abbiamo utilizzato per i fini della nostra ricerca adattandolo alle nostre esigenze. 1. It. Standard letterario Asse diamesico 2. It. Neostandard ScrittoScritto Parlato-Parlato 3. it. Parlato colloquiale . Asse diafasico 4. it. Regionale popol 5. It. Gergale trascurato 25 2. IL MONOLOGO 2.2.1. Testualità e organizzazione del discorso Ci addentriamo ora nello studio dei testi. La vera difficoltà del nostro lavoro, trattando di monologo, risiede nel numero di testi bibliografici a disposizione, molto meno numerosi di quelli riguardanti il dialogo. Ciò forse dovuto al fatto che il monologo può essere visto come una forma di enunciazione non sempre libera e spontanea ma quanto meno frutto di una minima preparazione precedente, mentre il dialogo rispecchia più fedelmente i canoni della parlata spontanea e si presta ad un’analisi qualitativa più aderente al vero. Tratteremo, ad ogni modo, l’argomento tenendo in considerazione gli studi in merito e tentando un confronto tra le varie forme di espressioni orale. Chiarito il divario che separa il testo parlato da quello scritto e collocati i nostri testi nelle parlate monologiche libere in situazione semi-informale, scendiamo ancor più nel particolare definendo i termini di divergenza tra parlato monologico e parlato dialogico. Nel primo caso il testo ha un intento espositivo e l’informazione è data in modo uni-direzionale ( la lettura delle notizie al telegiornale, una rubrica radiofonica, la spiegazione di un testo di letteratura o come nel nostro caso l’enunciazione di argomenti di carattere autobiografico ecc. ) nel secondo caso c’è uno scambio di informazioni che presuppone la presenza di due o più interlocutori e il grado di informalità può essere più elevato. Diremo che stimolazione e pianificazione sono due dei tratti di massima divergenza tra monologo e dialogo. Chi parla e ha di fronte un ascoltatore invia e riceve dei segnali significativi, effettua una comunicazione bi-direzionale con scambio di ruoli tra emittente e ricevente con la conseguenza che il testo dialogico che ne viene fuori sarà caratterizzato da forte frammentarietà, digressioni, cambi di registro. Proviamo a mettere a confronto una parte di testo/monologo scelto tra uno delle nostre parlanti e una parte di testo/dialogo quale può essere una conversazione tra due amici: quand’ero piccola sognavo di diventare una cantante famosa… ≈ ₪ la musica infatti è sempre stata la mia passione. Ricordo che passavo le ore intere a ballare nella mia camera… ≈ cantando a squarciagola tu…, i testi di tutte le canzoni che mi venivano in mente. Da, dai cartoni animati…, per esempio adoravo Cristina D’Avena, che all’epoca per me era davvero un mi- 26 to… ai più svariati cantanti di musica italiana ad esempio Jovanotti, Laura Pausini… c’era un gruppo… ₪ i Neri per caso. Adesso non, nemmeno esistono più, credo… ₪ all’epoca ricordo che mi piacevano tantissimo. Alle scuole medie poi, imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte addirittura… perché ero così convinta che sarei diventata una cantante che… appunto pensando al fatto che… se avessi imparato a suonare qualche strumento… avevo qualche possibilità in più. E poi mi piaceva l’intonazione della mia voce e tutt’oggi mi piace la mia voce. C’è stato un periodo che addirittura volevo farmi insegnare da mio padre a… suonare la chitarra visto che… ₪ la suona ormai da anni lui. Anche se in realtà… ₪ mio padre ha sempre voluto che io diventassi un’infermiera ≈+ più insisteva su sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ₪ ho sempre.. ₪ il mio carattere mi ha sempre portato ad essere ≈+ diciamo… un po’ ribelle ecco! ( Cfr. R2 p. ) P1 – a che ora c’è la partita? P2 – al solito orario Gigi! P1 – eh lo so, non ricordo… aspetta il telef…. Se riesco a toglierlo dalla giacca! Pronto… si.. ascolta ti richiamo io va bè? Ora non posso scusa… sono pieno fino alla testa! P2 – Donne? P1 – Macchè! Ah, mi dai una sigaretta? P2 – toh. Ci vediamo davanti al bar della stazione allora? P1 – L’ora? P2 – Alle due, alle due! Ahi…! P1 – Che c’è? Che hai fatto? P2 – Il dito nel… nel… P1 – Aspetta, fammi vedere… P2 – Niente, non è niente dai. P1 – Allora vengo con Paolo, ti secca? P2 – Ma, fai tu! P1 – Piove? P2 – Due gocce, niente di preoccupante. ( il dialogo è stato registrato a Trento, di nascosto tra due amici ) Il primo testo riguarda una nostra parlante in esame ( R2 ); in esso si nota che << lo sviluppo tematico è più coerente >> e dove << c’è largo ricorso all’argomentazione distesa, che manca del tutto nel parlato informale, e eventuali cambiamenti tematici vengono segnalati esplicitamente; anche a livello sintattico le fratture sono minori >> ( R.Bozzone Costa, 1991: pp. 126-127 ) Si veda come nel primo caso il testo, pur con le sue parti vuote ( pause, indugi ecc. ) si segua una coerenza argomentativa. Quando si parla dei 27 gusti musicali, il discorso segue un certo ordine espositivo, o cerca di seguirlo, ha una sua coerenza, e nel momento in cui si passa a dire altro, si usa il connettivo poi ( “alle scuole medie poi imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte“ ) che ci riallaccia al nuovo argomento. Cosa che non si può certo dire per il testo successivo dove è impossibile capire il discorso se non si conosce il contesto, se non si è presenti nel momento dell’enunciazione e se non vengono esplicitati alcuni momenti. Il testo è estremamente frammentato e i cambi di argomento sono frequentissimi e repentini. Ad esempio: dove s’è fatto male il dito P2? Lo sa lui e l’altro parlante perché entrambi si trovano in quella particolare situazione in quel momento e non hanno bisogno di specificarlo ad altri. Quello che manca nel monologo è il cosiddetto “botta e risposta”, il feed-back: le nostre parlanti hanno dovuto “inventarsi” l’argomento, trattarlo così come le veniva nell’istante dell’enunciazione, senz’alcun altro stimolo se non la propria memoria. Chiaro è che quest’aspetto va a influenzare la durata del testo il quale può essere brevissimo nel caso del monologo e lunghissimo nel caso di una piacevole conversazione. Se non si hanno argomenti da trattare ci si blocca, si moltiplicano le pause e le ridondanze; non è impresa semplicissima stare davanti ad un registratore per 6, 7 o 10 minuti e parlare di sé e della propria vita; lo hanno provato le nostre parlanti che in taluni casi si sono mostrate entusiaste di cimentarsi in una simile operazione: Sono 7 minuti e 34 secondi che parlo e non mi sembra vero, perché… è la prima volta che parlo così tanto, così… come… se… ☺ e forse ce n’era bisogno. Grazie alla persona che mi ha fatto fare questa cosa, perché ogni tanto si ha bisogno di parlare con se stessi, perché si parla sempre con gli altri ma alla fine non si dice mai veramente quello che si pensa… ( Cfr. R7 ) Significative, a nostro giudizio, sono le ultime parole di R7 quando afferma che si parla pochissimo con se stessi e non si dice mai veramente quello che si pensa. Se scorriamo i testi delle nostre registrazioni, ci rendiamo conto come questa affermazione trovi conferma nel momento in cui ci siamo trovati a ‘cassare’ alcuni nomi di persone verso le quali ci si rivolgeva in modo poco simpatico, o espressioni non proprio ortodosse. Ma troviamo anche casi opposti, di difficoltà nella prosecuzione del discorso e quindi un evidente imbarazzo palesato con delle pause o dei segnali, detti segnali discorsivi che 28 studieremo più avanti: comunque alla fine mi sono trovata bene; passerò ancora qui credo… anni, parecchi anni di… della mia vita, però un indomani credo di.. spero, di tornare a casa e≥ ≈+ niente ☺ [ i.d.i. ] ( Cfr. R1 ) Uno studio interessante sull’organizzazione del monologo, in particolare del << parlato monologico espositivo >> prelevato da campioni di lezioni e conferenze in ambito accademico, è stato affrontato da Monica Berretta. Dall’analisi delle nostre registrazioni è emersa una certa similarità con le conclusioni alle quali la Berretta giunge. Innanzitutto i nostri testi condividono la << relativa informalità >> con i testi analizzati, legata al contesto; ci aspettiamo, dunque, che essi siano caratterizzati da << false partenze, muta- menti di pianificazione sintattica, esitazioni, concordanze a senso, riprese anaforiche non regolari, incisi che divengono digressioni e rompono il ‘filo del discorso’, che viene poi ripreso tematicamente ma non sintatticamente >> ( M. Berretta, 1984: p. 239 ) Riportiamo qualche frammento di registrazione per dare l’idea di quanto abbiamo riscontrato. Ad esempio in R4 ed R11 le riprese anaforiche evidenziate in grassetto, sono più evidenti. R4 - Mi piacerebbe comunque tornare in Spagna bella, bellissima; poi abbiamo visto tra l’altro, una Spagna in miniatura no, c’è anche un’Italia in miniatura che non ho mai visto, a Rimini… e infatti magari quest’estate… e… e c’è praticamente questo… questo posto dove ci sono delle case costruite≥… pi.. case piccoline, casette, fatte ognuna su.. su uno stile delle diverse regioni della Spagna: casa catalana, casa… basca… R11 - Però mio marito è un tipo che non mi ha fatto ma≥i mai mai andare ☺ a fare delle gite… delle gite… delle passeggiate. E’ un tipo molto≥ riservato, dipinge tutto il giorno, gli piace dipingere i quadri; io ho lavorato in 3M, lui maresciallo dell’Aeronautica però abbiamo avuto due bei figli [ … ] L’unica pecca dei miei figli che non si trovano con nessuna donna… non si trovano con nessuna donna, sono un poco sfortunati nel campo amoroso. Fenomeno, questo, riscontrabile sia tra le parlanti del I sia tra quelle del II Gruppo. 29 R3 - l’altra mia sorella, eh… da poco si è trasferita, per cui ≈ mi è dispiaciuto un po’ perché comunque… è più lontana, poi lei fa un lavoro ≈ dove… lavora molte ore, così, quindi non è che ha la possibilità di venire a trovarci. Adesso però è incinta anche lei, e… quindi è a casa e quindi… ogni tanto si fa sentire, poi ha molto tempo libero, quindi ci chiede sempre: “cosa hai fatto? Posso venire a pranzo?” - Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano precisamente… frequento il quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze della Formazione Primaria. ≈ Per la scuola primaria per l’appunto. R6 R10 - Io gliel’ho fatto con tutto il cuore perché era.. era come un ragazzino, era… si poteva tenere, era un vecchietto proprio a modo. Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato scostumato. Lo lamava… lo lavavamo come un bambino proprio Abbiamo scelto, invece, queste parti di R3, R6 ed R10 per mettere in evidenza un altro aspetto caratteristico del monologo: il mutamento di pianificazione. Nella prima si danno tante informazioni staccate l’una dall’altra nello stesso enunciato, ognuna evidenziata in grassetto. Nella seconda si nota l’ultima parte dove evidentemente la specificazione “per la scuola primaria” voleva essere detta appena dopo l’esplicazione della facoltà frequentata, infatti si chiude con la locuzione “per l’appunto” che conferma una cosa già detta e ripetuta. Nell’ultima la mutata pianificazione si ritrova nell’uso verbale, attivo in partenza, passivo successivamente: “io gliel’ho fatto con tutto il cuore” e poi “era come un ragazzino, era.. si poteva tenere.” Queste le caratteristiche generali che possono essere ricondotte al monologo, la cui struttura sintattica a noi interessa individuare e studiare. elementi linguistici e pragmatici più ricorrenti in esso, i modi di dire, le particolarità. Il primo tratto che andiamo ad analizzare sarà la costruzione degli enunciati. 30 2.2.2 Costruzione degli enunciati ( Dislocazioni – Frasi scisse - Segnali discorsivi – Deittici ) Dal Dizionario di linguistica ( G.L. Beccaria, 2004: pp. 281-282 ) abbiamo attinto la definizione di enunciato che può risultare non chiarissima e facile da confondere con i concetti di frase o di proposizione. Si definisce enunciato una << sequenza che forma un segmento reale di discorso ( orale o scritto ), prodotta in una determinata situazione comunicativa e delimitata da due interpunzioni forti o da due pause importanti: può essere più o meno lunga, sintatticamente incompleta e anche costituita da una sola parola [ … ] L’enunciato non ha bisogno di essere una frase compiuta; deve invece essere conforme alla situazione comunicativa nella quale viene proferito >> Dunque una unità che va a formare un corpo più ampio qual è la frase, ma che nasconde l’insidia del significato che può trovarsi anche nel contesto e non essere esplicitato dai parlanti. Una caratteristica degli enunciati verbali si ritrova nell’uso di elementi non strettamente linguistici, che vanno cioè, al di là del linguaggio verbale vero e proprio, e presuppongono la conoscenza di regole pragmatiche. Qui entrano in gioco la mimica, la gestualità, le pause, le ripetizioni, il corpo di elementi cioè che caratterizza in modo significativo il parlato dialogato o monologico che sia. Ma partiamo dall’inizio; abbiamo parlato di enunciato: secondo studi accreditati, il parlante italiano medio usa costruire i suoi enunciati secondo una regola fissa, posizionando ad inizio frase il soggetto seguito dal predicato verbale e dall’oggetto, secondo lo schema: S+V+O Dove con O rappresentiamo varie espansioni o complementi del verbo. Riportiamo in queste pagine l’apertura di tutte le parlanti per confrontarlo con la formula e ci accorgiamo come grosso modo le parlanti in avvio seguano l’ordine non marcato delle parole. In taluni casi, come in R1, R3, R4, R8, R9, R10, un’avverbiale temporale precede il soggetto perché si vuole ancorare il discorso nel tempo; ma appena dopo ecco ritornare la sequenza S+V+O. 31 R1 - [ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] Allora, esattamente quattro anni fa, mi sono diplomata.. perito chimico.. e≥ ho frequentato due anni di.. di università alla facoltà di Farmacia… R2 - ( da piccola ) [ SOGG/APPOS. + VERBO + O ] Dunque, quand’ero piccola sognavo di diventare una cantante famosa… ≈ ₪ la musica infatti è sempre stata la mia passione. R3 - ( nella.. ) [ ESPANS. DI LUOGO DEL VERBO + SOGG + O ] Allora, la mia famiglia, in casa ci siamo io, il mio papà e mio fratello… e viviamo assieme e mio fratello più piccolo va alle superiori. R4 - [ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] Allora… e≥… quand’ero in quarta… in quarta liceo, sono andata a… a Barcellona in gita, e≥… ho trovato una realtà che è completamente diversa dalla mia, che vengo da un paesino di montagna abbastanza chiuso R5 - [ O + SOGG + VERBO + O ] Allora… ti racconto un po’ il mio percorso scolastico. Allora, ho fatto le elementari a Laives ≈ e≥ dal.. 90’ al 96’ ≈ e≥… cinque anni belli e brutti R6 - [ SOGG + VERBO + O ] Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano precisamente… frequento il quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze della Formazione Primaria. R7 - [ SOGG + VERBO + O ] Eh ☺ fare monologhi non è proprio il mio forte, perché di solito io non parlo molto ma penso molto. R8 - [ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] Allora lunedí mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei per andare a far tirocinio, perché io devo far tirocinio.. R9 - [ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] Allora nel 1964 sono≥… espatriata dall’Italia, mi sono recata in Isvizzera 32 R10 - [ ESPANS. TEMP. DEL VERBO + SOGG + VERBO + O ] Un giorno è arrivata una zia.. che≥ suo fratello era caduto. E mi interpellò co… come nipote. R11 - [ SOGG + VERBO + O ] Ho conosciuto mio marito quando avevo ventidue anni ≈ siamo stati fidanzati due anni e tutto andava bene, felici e contenti. La nostra prima osservazione si appunta sul segnale d’apertura, che 7 casi su 11 è allora e di cui parleremo più avanti ( Cfr. p. 38 ). Ciò che distingue, spesso in maniera vistosa, il parlato spontaneo da quello strutturato ( quello letto o in qualche modo pianificato ) è la sintassi. La formula a tre termini sopra riportata, nel corpo del testo è frantumata, smontata e costruita secondo criteri altri che è possibile verificare già in questi esempi: per cui abbiamo le dislocazioni ( a destra o a sinistra ), la frammentarietà che spezza di continuo l’ordine della frase. Avremo di fronte, allora, un mosaico ( il discorso ) dove i tanti pezzi da mettere insieme ( gli enunciati ) sono disposti e strutturati diversamente da quanto ci aspetteremmo per un testo ben pianificato, rispettoso delle regole di coesione e di coerenza ( vd. C.Andorno, 2003: pp. 17-25 ). Nella definizione di enunciato riportata a pg. 31 si dice che esso è racchiuso tra due segni di interpunzione forti o da pause importanti e non è detto che in esso venga esplicitato un significato. In questi primi esempi riportati non vi è la prova di quanto diciamo, in quanto il parlante, almeno in avvio, cerca di definire per bene il suo argomento, di essere chiaro per far si che il suo discorso venga compreso successivamente. Ma se andiamo a ricercare parti di discorso nel corpo dei testi, è facile rendersi conto di come ciò trovi puntuale conferma. R1 dice: - E≥.. il lavoro che faccio mi piace, anche se per la mia età… e.. ho dovuto superare diversi ostacoli.. 33 In R11 troviamo vari enunciati in un solo periodo: - Mi piace tanto vedere la televisione, seguo molte puntate, anche con≥ … i≥.. lamenti di mio marito e dei miei figli, però è l’unica nostra soddisfazione, vedere.. telenovele, vedere film e così passano le nostre giornate e serate. In R1 l’espressione “ho dovuto superare diversi ostacoli” è un enunciato che, pur sintatticamente corretto, vale solo se è legato al prima e al dopo del discorso: coerente al tema ma non coeso, sintatticamente slegato. comunque << che la parlante sta affrontando, ed è conforme alla situazione comunicativa >> ( G.L. Beccaria, 2004: Cfr. p. 28 ) In R11 “i lamenti di mio marito e dei miei figli” come “è l’unica nostra soddisfazione” sono enunciati staccati dall’intero periodo ma pur sempre enunciati. Si è detto, inoltre, che l’enunciato può non avere un senso compiuto, dunque comportarsi come una proposizione secondaria che ha valore solo se legata a qualcos’altro: R6 dice: - Eh… perché mi sono accorta che≥ ₪ molto spesso, anche se non ti capita comunque di fare effettivamente l’insegnante di sostegno, le informazioni che ti vengono data durante i corsi e quello che si studia, quello che si impara è comunque molto utile Il “perché”, in questo esempio, ha valore testuale; non introduce una subordinata vera e propria, apre l’enunciato ed è chiaramente legato a qualcosa precedente e se non viene agganciato ad esso, il senso della frase non verrà mai colto. In R7 l’enunciato è un inciso: - Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale, non che prima… non fossi una studentessa normale, ma prima almeno avevo un… un… minimo di incarico, ero rappresentante del Consiglio di facoltà I discorsi delle nostre parlanti, dunque, si allineano alquanto fedelmente alle norme generali che regolano il monologo e costrutti particolarmente fuori dagli schemi non ne abbiamo trovato. Tutto ciò che può essere analizzato lo vediamo in dettaglio nei paragrafi successivi, iniziando dal fenomeno della dislocazione per poi spostarci sull’uso e la frequen- 34 za dei termini e dei modi di dire. Le dislocazioni Così come si legge in Lorenzetti5, le dislocazioni a destra o a sinistra rientrano tra i fenomeni più comuni riguardo la sintassi della frase. Le dislocazioni a sinistra, sono costrutti tra i più usati nell’italiano colloquiale e hanno la funzione di collocare l’elemento della frase, che ha funzione di topic, in prima posizione, scalzando il posto che solitamente è occupato dal soggetto. Nelle frasi: R6 - dell’Alto Adige mi piace l’ordine, mi piace il rispetto delle regole, la pulizia - a me non si possono riciclare le cose, perché io sono una persona originale R7 in prima posizione viene messo l’elemento che si vuole risaltare e che abbiamo marcato: nel primo caso la zona geografica di riferimento, nel secondo caso se stessi. Unico caso di dislocazione a destra si ritroverebbe in R2; qui, a differenza degli esempi precedenti, si nota che in prima posizione c’è un pronome che anticipa il termine su cui si vuole mettere l’accento che noi abbiamo scritto in parentesi quadra. Usiamo il condizionale per il fatto che in effetti una dislocazione vera e propria non è; abbiamo inserito appositamente tra parentesi quadra il termine che mancava per esserlo. Questo per chiarire quanto detto e mettere in relazione i due tipi di dislocazione. R2 - La suona ormai da anni lui [ la chitarra ] 5 << I movimenti di costituenti più frequenti sono le dislocazioni, le frasi scisse e le frasi a tema sospeso o a tema libero. [ … ] La dislocazione a sinistra è un fenomeno molto frequente in tutte le varietà d’italiano. Si definisce così il procedimento che sposta nella prima posizione della frase il costituente su cui si vuol far porre l’attenzione dell’interlocutore. [ … ] Nella dislocazione a destra non è l’intero costituente che risale verso l’inizio della frase, ma un pronome che lo anticipa, mentre il costituente stesso è relegato alla fine, in una posizione che può anche corrispondere a quella che avrebbe avuto nella struttura della frase “normale >> ( 2002, pp. 83-84 ) 35 Pur essendo dei costrutti abbastanza in uso nell’italiano colloquiale, le dislocazioni non hanno trovato altissime percentuali di frequenza nelle nostre registrazioni. Frasi scisse o segmentate Così come si legge in R.Bozzone Costa ( cit.: p. 153 ) le frasi scisse sono un costrutto che << consente di mettere in rilievo un particolare elemento della frase, marcandolo per novità e contrastività con altri possibili elementi della stessa classe. >> Anch’esse molto presenti nell’italiano neo-standard, in certa letteratura e sulla stampa, non hanno trovato un’alta frequenza tra le nostre parlanti. Solo in R3, in due circostanze, ci imbattiamo in frasi del genere, dove si tende a marcare l’importanza di un predicato, nel primo caso “studiare” e nel secondo caso “vedersi” accompagnato dal verbo nodale “potere”. In entrambi i casi il valore semantico dei periodi è di segno negativo con << funzione attenuativa o di negazione normale >> ( Ivi: p. 153 ) R3 - Non è che studi moltissimo, però gli vengono le cose così. - Non è che potevamo vederci spesso - Sono molto impegnata anch’io, quindi non è che riesco poi molto. Sull’argomento interviene Lorenzetti che considera le frasi scisse essere << specie- lizzate in alcuni usi, soprattutto negazioni >>. A livello sintattico il costrutto si caratterizza per la divisione della frase in due parti dove << la prima con il verbo essere, la seconda introdotta da che >> ( cit: p. 85 ) e da cui è possibile estrapolare la formula: Neg + Essere + Che che confrontata con i nostri unici tre esempi viene rispettata appieno. 36 I segnali discorsivi Un discorso a parte sarà fatto per i cosiddetti segnali discorsivi; chiarire il concetto a cui si legano e dare una definizione di essi è d’obbligo in virtù del fatto che sulla loro funzione e importanza sono stati affrontati diversi studi. Numerosissimi ed estremamente vari, i segnali discorsivi svolgono più funzioni all’interno di un enunciato: servono da demarcativi, da connettivi, da enfatizzatori, da persuasori ecc. Ci viene in soccorso ancora una volta una felice definizione di Carla Bazzanella che definisce << i segnali discorsivi quegli elementi che, svuotandosi in parte del loro significato originario, assumono dei valori aggiuntivi che servono a sottolineare la strutturazione del discorso, a connettere elementi frasali, interfrasali, extrafrasali e a esplicitare la collocazione dell’enunciato in una dimensione interpersonale, sottolineando la struttura interattiva della conversazione. [ … ] appartengono a diverse categorie grammaticali. La loro funzione può essere individuata solo all’interno del discorso; la loro classificazione non ha quindi una base morfologica o lessicale, ma funzionale >> ( 1995: p. 225 ) che sintetizza il nostro discorso. Più volte la studiosa si è occupata dell’argomento, come anche in 2001, Op. cit. : pp. 145174, e ha offerto interessanti contributi alla sistemazione e alla classificazione di questi elementi, che spesso sono trascurati perchè considerati ininfluenti ai fini di un’analisi della struttura del linguaggio. Ci sembra opportuno affidarci alle sue parole nella parte in cui trattiamo dei fattori influenzanti l’uso di tali segnali. E’ stato riscontrato che essi non vengono usati a caso, ma presentano una frequenza legata ad alcune variabili; infatti << nell’uso dei segnali discorsivi, giocano, influenzandosi reciprocamente, le variabili età, professione, status, sesso, e la variabile individuale, per cui è facile individuare delle abitudini o delle preferenze personali. >> Il loro valore è puramente “riempitivo”, per cui proposizionale >> e << << rimangono esterni al contenuto non hanno una collocazione rigida, possono trovarsi in posizione iniziale, mediana o finale >> ( Ivi, pp. 228 e 230 ) Come prova di ciò che asseriamo prendiamo alcuni esempi dell’utilizzo di insomma sia esso usato da introduzione o da epilogo all’enunciato. R3 - son convinta che se uno non.. non fa le cose che gli piacciono, non coltiva i propri interessi, e… nella vita sarà sempre scontento insomma 37 R5 - viviamo in un certo lusso…anche perché se dopo ci mettiamo a parlare con gente che abita≥ anche in altre città del Nord, però≥ ci sono…diverse discrepanze insomma - insomma, sono un po’ infognata, però≥ ce la si può fare - insomma visto che c’è la possibilità di questo amico che mi impresta le chiavi di casa R7 R8 La funzione a cui è chiamato generalmente si riconduce a quella di segnale riduttore o modificatore della forza dell’enunciazione ( R.Bozzone Costa, cit: pp. 135-136 ); nei nostri esempi, invece, sembra essere usato per riassumere l’argomentazione. La variabile età in questo caso restituisce un risultato significativo: su 18 casi solo uno si registra tra le parlanti del II Gruppo. Lo stesso si può dire per va bè, usato 9 volte in totale e sempre dalle parlanti del I Gruppo. Quest’ultimo segnale, al contrario del precedente, privilegia essenzialmente la posizione iniziale ed ha << sostanzialmente funzione di riempitivo >> ( Ivi: p. 135 ) in R7: - Va bè, cosa ci volete fare! In R8 - ho detto: “va bè vado anch’io” Nell’analisi dei segnali discorsivi, la nostra attenzione si appunterà su alcuni di essi, sui più ricorrenti; terremo come riferimento la tabella riassuntiva dei dati quantitativi ( Cap. III, par. 3.1.1. p. 61 ) Iniziamo dai segnali di stabilire il contatto o per prendere la parola >>, << presa di turno >> che << servono a tra i quali primeggia, almeno nei testi a nostra disposizione, allora. In 7 casi su 11 le parlanti hanno usato questo termine per avviare il discorso; una percentuale altissima anche in virtù del fatto che tra gli altri segnali di presa di turno considerati nel testo della Bazzanella figurano eh e dunque entrambi usati una sola volta ciascuna dalle nostre parlanti per introdurre il discorso. Ritornando ad allora, la sua funzione introduttiva è pressoché l’unica che gli si pos- 38 sa attribuire ( vd. Bazzanella, 1995, cit: p. 233 ), quindi lo troviamo sempre ad inizio enunciato; se ne contano 28 in totale, con il picco massimo in R8 in cui ricorre 14 volte. Anche qui la variabile età è confermata: in un solo caso su 7 allora è usato come segnale introduttivo da una parlante del Gruppo II. Il segnale più frequente è eh seguito dallo strascico della voce. Ma non come segnale di presa di turno, nei quali compare solo una volta ( in R8 ), quanto come segnale di inizio enunciato. Nella tabella delle frequenze dei termini compaiono, in corrispondenza a questo tipo di segnale, dei valori zero che si spiegano nella misura in cui abbiamo considerato il segnale solo se seguito dallo strascico. Ma come si può osservare dalle registrazioni in allegato, tutte le parlanti ne fanno uso almeno una volta. Ben 32 volte è usato da R1, 18 volte da R5. Vediamone alcuni esempi: R1: - E≥ all’età di diciotto anni sono… sono venuta su, e≥ a 1200 chilometri di distanza da casa mia…. e≥ è stato difficile soprattutto il primo mese R3: - Eh… poi è sempre, vuole sempre giocare, scherzare così solo che… è molto più forte di me e quindi… mi≥… riesce sempre a bloccarmi, a fermarmi, non mi lascia andare se devo andare in camera. R4: - Eh≥… sono stata una settimana, cinque giorni, però penso di non essermi mai divertita così tanto… eh≥… durante quel periodo, diciamo. Anche perché ero in una classe di tutte donne, tutte… sai… tutte≥… ☺ R10: - E≥ .. un giorno non era neanche la mia giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a uncinetto e vado da zio Giorgio… gli faccio un poco di compagnia e mi metto a lavorare. Nei segnali cosiddetti riempitivi si fanno rientrare espressioni del tipo ehm, mm, che noi abbiamo reso con il simbolo ₪ e che hanno la funzione di << mantenere la parola >> e 39 sono << tipici del parlato spontaneo >> ( Ivi: p. 234 ) Ricorrono con una discreta frequenza ( 45 volte in totale ) e la funzione che svolgono qui non può essere ricondotta a quanto dicevamo poc’anzi, per il fatto di trovarci in monologhi dove la parola non ha necessità di essere mantenuta, è sempre nelle mani di una persona. Al limite verrà considerato come “riempitivo” di un momento di vuoto in cui si pensa a come procedere. Per questo motivo, più che un segnale generico a noi è parso una caratteristica verbale di alcune parlanti, del loro abituale modo di esprimersi: in R2 ritorna 15 volte, in R6 ed R9 5 volte, nelle rimanenti con una frequenza trascurabile. Tra i genericismi più usati, invece, che per un certo verso svolgono funzione di riempitivo, c’è tipo che insieme a del tipo e del genere sono i più ricorrenti nel parlato dialogato e monologico riferito a situazioni o a persone. Noi aggiungeremo ricorrente maggiormente nelle parlate giovanili di una certa area geografica: la conferma la troviamo nella frequenza del termine che compare esclusivamente tra le parlanti del I Gruppo, influenzato dunque dalla variabile diatopica e da quella generazionale. Lo troviamo in: R4 : - poi magari fare i… che ne so, tipo un tour per le… varie città. - La sera, cioè tipo una sera ci han lasciato andare in discoteca - mi ha colpito tantissimo l’acquario che c’è a Barcellona, m’han detto che quello di Genova tipo è il triplo R5 : - Tra trentini e altoatesini ci sono delle enormi differenze. Cioè, tipo noi ragazze altoatesine abbiamo più la testa tra le nuvole. - Quest’estate spero di laurearmi a luglio, non so se ce la farò, penso di no, non lo so andrò a rompere un po’ il prof e.. tipo in questi giorni che non ci sono esami. R8 Si fanno rientrare altresì nei segnali discorsivi e svolgono diverse funzioni a seconda dell’uso, l’avverbio indicativo ecco e il verbo diciamo; quest’ultimo si caratterizza per il << coinvolgimento fatico dell’interlocutore tramite l’uso della I pers. plurale >> ( Ivi: p. 250 ) Entrambi si prestano ad un utilizzo più frequente nel dialogo, soprattutto ecco, ma che 40 ricorrono nel monologo in maniera significativa. Il primo ricorre per una bassissima e quindi trascurabile percentuale; il secondo, completamente assente tra le parlanti del II Gruppo, è usato da 4 parlanti su 8 del I Gruppo con una percentuale di frequenza non altissima. Le funzioni possibili che può svolgere sono di indicatore di parafrasi, indicatore di correzione, indicatore di esemplificazione ed ha un uso prevalentemente fatico, segnalatore di incertezza o di difficoltà di formulazione. ( vd. Ivi: pp. 248-251 ). R2 a) mio padre ha sempre voluto che io diventassi un’infermiera ≈+ più insisteva su sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ₪ ho sempre.. ₪ il mio carattere mi ha sempre portato ad essere ≈+ diciamo… un po’ ribelle ecco! b) se penso a quei tempi… mi vien da ridere nel senso che erano tempi spensierati in cui… ₪ spess.. uno immagina che anche l’impossibile può succedere. Poi… poi col passare del tempo appunto… il sogno.. diciamo così… eh, questo sogno è svanito R4 a) si vede che abbiamo fatto un po’ di… un po’ di rumore così, il giorno dopo volevan mandarci via dall’albergo ☺ cosa che… ci ha lasciato un po’ così.. hh.. il nostro professore è andato giù lui a parlare, diciamo ha messo a posto le cose b) a dir la verità ero andata in Austria in terza media, però… in Austria si, a Salisburgo e.. era bello mio Dio, era la prima volta che stavo via a dormire. Però ≈ niente di≥… di entusiasmante diciamo. R5 a) ho avuto occasione di conoscere la realtà della Versilia, quindi mi ero molto attaccata alla Toscana… oppure anche alla realtà della Pianura Padana in quanto c’è mia zia che ci abita, quindi ero spesso giù, avevo gli amici giù…. Però dopo≥.. diciamo che sono maturata e… considero molto più importante l’Alto Adige.. b) all’inizio spinta dalla mia insegnante di italiano avevo scelto per il liceo classico ≈ solo che dopo… solo che dopo≥.. avevo≥.. diciamo≥ visto da vicino che questa scuola non mi piaceva per i personaggi che c’erano R6 a) a dir la verità, ho scelto Scienze della Formazione Primaria un po’ anche proprio per questo motivo, perché… pensavo di≥ avere quindi una.. diciamo una.. formazione piuttosto completa, che andasse un pò≥… in tutti gli ambiti. 41 b) le informazioni che ti vengono date durante i corsi e quello che si studia, quello che si impara è comunque molto utile per… affrontare anche i vari problemi che ci sono in una classe… diciamo così normalmente, anche con i bambini tra virgolette normali, non solamente con quelli… problematici La prima cosa da notare è la concordanza verbale di diciamo, il cui tempo coincide, come per gli altri sintagmi verbali che fungono da segnali discorsivi, con il momento in cui viene proferita l’enunciazione. ( Ivi: p. 251 ) Per questo motivo, il tempo verbale può essere solo l’indicativo presente. Non infrequente è inoltre, l’utilizzo correlato di diciamo con altri segnali, come ad esempio così che si registra in R2 b) ed R6 b). Per quel che riguarda la funzione all’interno della frase, troviamo diversi usi: in R2 a) diciamo ha funzione attenuativa, così anche in R4 b); in entrambi i casi gli aggettivi ‘ribelle’ ed ‘entusiasmante’ sembrano ridursi di intensità accostati al segnale discorsivo. In altri casi, che poi sono i più numerosi, diciamo è usato invece come segnalatore di incertezza o di difficoltà; così è in R4 a) così è in R6 a ) e b), ma anche in R2 b) può essere considerato indice di incertezza. Deittici Più volte abbiamo parlato, nel corso della trattazione, di contesto e di tratti situazionali. Gli elementi più strettamente legati al contesto sono detti deittici e sono una peculiarità esclusiva della comunicazione verbale. Infatti, chi scrive non è detto si trovi nello stesso luogo e nello stesso momento di chi ascolta e non è necessario che lo sia. In un dialogo o in un’enunciazione ( libera come nel nostro caso ) l’interlocutore deve trovarsi nello stesso posto e nello stesso momento dell’enunciatore; deve condividere cioè il contesto. Nel testo di Carla Bazzanella ( 2001 )6, più volte da noi utilizzato in questo lavoro, la funzione del contesto è posta come secondo punto del paragrafo riguardante i “tratti situazionali” e dove è possibile trovare rimandi agli studi pionieristici di Malinowski su 6 << In una tipica situazione di parlato faccia a faccia [ nel nostro caso il monologo, con l’intervistatore che svolge il ruolo di chi non deve esserci, ma è presente come stimolatore ] il contesto d’enunciazione è comune, nel senso che parlante ed interlocutore/i si trovano nello stesso posto e nello stesso tempo. Nella comunicazione scritta, invece, tipicamente, non si condividono tempo e luogo d’enunciazione. >> Il rimando al contesto extralinguistico, si dice, è dovuto alla << possibilità d’uso dei deittici >> ( Ivi, pp. 18-19 ) 42 questo tema ( vd. Ivi: pp. 36-37 ). Abbiamo già distinto il macro dal micro-contesto: una cosa è appartenere ad una regione, essere abitante di una città, altra cosa è l’ambiente in cui si vive, le amicizie, il momento in cui si parla, come si parla solitamente in una data situazione quotidiana e le differenze tra i modi di comunicare tra gli abitanti di una stessa città possono essere vistosissime. Ci riferiamo a quest’ultima situazione quando parliamo di contesto, che presuppone la conoscenza da parte di chi parla e di chi ascolta soltanto, come nel caso del monologo, di una serie di elementi legati alla temporalità, alla spazialità, alle persone. L’atto comunicativo avviene cioè, in un contesto d’enunciazione comune, dove << parlante ed interlocutore/i si trovano nello stesso posto e nello stesso tempo. >> ( Ivi, p. 18 ) L’insieme di questi elementi rientra nella categoria dei deittici e si legano non solo al tempo e allo spazio ( all’hic et nunc ) ma ad una serie di caratteristiche del parlante: al suo modo di esporre, alla gestualità, alle pause che presuppongono altresì una conoscenza condivisa con chi ascolta7. Questo, ad esempio, ci ha permesso di interpretare i sorrisi, anche se appena abbozzati, oppure una cosa detta dalla parlante che si riferiva a quel momento specifico e in nostra assenza non avremo mai potuto fare. Ecco, va tutto bene, ma delle frasi che sto dicendo di più, per autoconvincermi, penso… perchè≥… a parte questa musica or… orripilante [ poco distante due ragazzini ascoltano una musica dal telefonino ] che non ascoltavo neanche quando avevo… cinque denti in più ☺ ( Cfr. R7 ) In ogni dialogo o monologo sono presenti elementi deittici, termini che rimandano al già noto, a quell’insieme di informazioni che parlante e ascoltatore conoscono e che riguardano le persone ( nei nomi e nei pronomi ), lo spazio ( avverbi di luogo ), il tempo ( avverbi di tempo ) e sono slegati dalle variabili diastratiche, diatopiche generazionali8 ecc. Come già detto nel I Capitolo, la condivisione del contesto situazionale con le parlanti del I Gruppo, cioè la realtà universitaria, ha permesso al sottoscritto di decodificare più 7 I deittici sono tra gli elementi del discorso più studiati in linguistica. Oltre ai testi da noi citati, rimandiamo ad altri lavori in cui è possibile ritrovare ulteriori approfondimenti: C.Bazzanella ( cit. 2007 ), C.Andorno ( La Grammatica italiana; Linguistica testuale: 2003 ), L.Vanelli e L.Renzi ( 1995 ). 8 Sulla questione della variabilità della lingua e dei fattori che maggiormente influenzano il suo utilizzo, rimandiamo ai lavori di G. Berruto ( cit: 1980 ) e di C. Bazzanella ( cit: 2007 ), dove è possibile avere un quadro completo delle principali variazioni linguistiche. Nella presente trattazione abbiamo messo a fuoco solo due di esse, perché due sono le variabili considerate, per cui parliamo di varietà diatopica legata al luogo geografico e di varietà generazionale legata all’età delle parlanti. 43 agevolmente i loro testi e di poter attingere al ‘già noto.’.. Alcuni nomi di persona o di professori ( che abbiamo ritenuto opportuno omettere ) l’ultimo anno siamo andati a Roma… che è stata la gita più bella≥… di t… di tutto≥.. di t.. di tutti gli anni scolastici. Infatti oggi a [ pronuncia il nome di un professore ] a Educazione ……………………….. ≈ ho riportato la gita a Roma ☺ perché è stata un.. un’esperienza emotiva forte e bella. ( Cfr. R7 ) e poi gli istanti citati in quel momento, le indicazioni di luogo ( “guarda là” o “eccomi qui” ) erano elementi condivisi dalle due parti in causa. Non sempre, invece, si conoscevano le persone citate dalle parlanti del II Gruppo. Tabella 2 PARLANTE R1 R2 R3 LUOGO TEMPO PERSONE passerò ancora qui esattamente quattro ho dovuto rinunciare alla mia credo… anni, parecchi anni fa, mi sono famiglia, che comunque vedo anni di… della mia diplomata soltanto tre volte all’anno, ho vita dovuto rinunciare ai≥… comunque.. ai miei amici, che non vedo più, i miei amici d’infanzia, le persone con cui comunque sono cresciuta non credo siano tempi E poi mi piaceva l’intonazione felici quelli in cui della mia voce e tutt’oggi mi viviamo oggi piace la mia voce. / durante la mia vita penso sempre al lavoro, poi al di fuori comunque io faccio volontariato l’altra mia sorella, eh… poi lui è sempre, vuole sempre da poco si è trasferita, giocare, scherzare così solo per cui ≈ mi è che… è molto più forte di me dispiaciuto un po’ 44 R4 R5 R6 R7 R8 R9 R10 Sono arrivata lì e… e era una delle prime c’era diciamo il mondo volte che tornavo a no! A differenza di quell’ora quello… di quello che.. che c’è… che c’è da me andando in camera si vede che è [ noi ] abbiamo fatto un po’ di… un po’ di rumore così, il giorno dopo [ loro ] volevan mandarci via dall’albergo Anche lì abbiamo avuto diverse esperienze≥ fuori dall’Alto Adige… Qualche ricordo che ci noi ragazze altoatesine abbiamo avevo in mente e≥ in di più la testa tra le nuvole quell’occasione siamo andati a vedere praticamente tutti i monumenti più importanti di Roma Mi piacerebb… a volte si, sinceramente mi piacerebbe spostarmi, preferirei vivere in, effettivamente in Italia, tra gli Italiani Però… vedremo insomma, adesso termino quest’anno… i corsi e cercherò di laurearmi entro luglio cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio avevo… un privilegio Ieri sono tornata ad fare monologhi non è proprio il e mezzo… legato a essere una studentes- mio forte, perché di solito io non questa carica, che era sa normale parlo molto ma penso molto quello di poter fare le stampe in ufficio studenti va bé ho detto “vado” lunedí mattina son in questi giorni che non ci sono di punto fatto vado in partita alle 6.. e mezza esami e ₪ anzi, quasi quasi vado giù, faccio… 5 metri ≈ da Canazei a dirglielo faccio 5 metri e mi tro… non c’è più la strada Andavo nelle fabbriche, facevo i turni di notte e anche lì avevo tanta paura di ritornare a casa da sola Stavano con me Lui usciva di sera e.. e si andava all’incirca 3 mesi e dopo a incontrare con quella se ne ritornavano in Italia dico: “zio Giò cosa vuoi? Sto stendendo i panni” dice: “vieni qua, io hh mi credevo che te ne eri andata” lui stava bene perché so E lui era tutto felice e contento. andata di mattina, ho Per me aveva sempre un debole fatto ‘na bella zuppa di latte e≥ e stava bene. E.. e di pomeriggio sono andata verso le due 45 R11 Un.. un mio figlio va’ Da allora sono passati io ho lavorato in 3M, lui fuori… a insegnare, due anni, non ci siamo maresciallo dell’Aeronautica ades… è stato tre anni più visti però abbiamo avuto due bei figli fuori≥ … è stato tre anni fuori≥ … della bassa Italia In tutti i testi sono indicati luoghi conosciuti, ci si riferisce ad un tempo vicino o lontano dal momento dell’enunciazione, si fanno i nomi ( con indicazioni pronominali ) di persone note, che richiedono una decodifica immediata per chi ascolta in quel momento, in quel contesto situazionale. Nell’impossibilità di riportarli tutti, abbiamo trascritto nella soprastante tabella alcuni esempi per ogni parlante, diviso per categoria: L’unica casella vuota la troviamo in R2, dove non sono stati riscontrati “avverbi” o “locuzioni” riferite al luogo, questi ultimi chiamati deissi spaziali ( vd. Bazzanella, 2007, cit. p. 132 ). I termini deittici con valore relativo si ritrovano in R1: su, R5, R9: lì, in R8: giù, in R10: qua, in R11 fuori. Il concetto di relativo è legato alla posizione dei partecipanti al momento dell’enunciazione ( Ivi: p. 133 ); implica la conoscenza del luogo dell’enunciazione in quel momento o del luogo a cui ci si sta riferendo. Ad esempio R1 dice: “sono venuta su” che sottintende la notorietà del luogo di partenza e dello stato in luogo attuale della parlante da parte del partecipante. Così è in R11 dove il deittico fuori presuppone la conoscenza del luogo dove si trova la parlante e il luogo attuale a cui ci si riferisce. Per la deissi temporale c’è da specificare che << il centro deittico temporale corrispon- de al momento in cui il parlante produce l’enunciato, coincide con quello spaziale nell’interazione faccia-a-faccia, mentre negli altri tipi di interazione qui ed ora in genere non coincidono. >> ( Ivi: 135 ) Il nostro caso è il primo, perché pur non trovandoci in una interazione faccia-a-faccia, i riferimenti alla dimensione temporale possono coincidere perché si è consapevole di stare a parlare con qualcuno, come possono non coincidere con il momento dell’enunciato e con lo spazio di riferimento. Diamone alcuni esempi: R7: - Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale R8: - lunedí mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei 46 R11 - Da allora sono passati due anni, non ci siamo più visti In R7 ed R8 il tempo a cui ci riferisce è specifico, per cui ieri e lunedì hanno significato solo in quella situazione, quel giorno a quell’ora in quel luogo. Questo significa che centro deittico temporale e centro spaziale in questo caso coincidono. In R11, invece, ci si riferisce ad un tempo << lontano >> e la determinazione è di ordine << pragmatico >>, e dunque << la tolleranza nell’espansione temporale può essere più o meno elevata questo il caso del deittico allora che << >> E’ indica un tempo lontano, non coincidente con il tempo dell’enunciazione. >> ( Ivi: p. 136 ) Per concludere, i deittici personali si riconoscono nell’uso soprattutto dei pronomi personali di 1°, 2° e 3° persona, in quest’ultimo caso solo se in senso anaforico; ma anche nei pronomi atoni in forma clitica e i pronomi possessivi. Nelle parti che abbiamo scelto è possibile ritrovare ognuno di questi casi. Allora troveremo: In R1 - ho dovuto rinunciare ai≥… comunque.. ai miei amici, che non vedo più, i miei amici d’infanzia In R2 - ricordo che lui voleva.. una figlia interista… come poi il resto della famiglia…₪ è interista. E invece poi… In R8 - in questi giorni che non ci sono esami e ₪ anzi, quasi quasi vado a dirglielo In R9 - Lui usciva di sera e.. e si andava a incontrare con quella 2.2.3 Altre particolarità riscontrate In questo paragrafo ci occupiamo delle particolarità, cioè di costruzioni anomale, 47 espressioni non usuali nella lingua italiana, termini legati alle mode del momento, errori, lapsus ecc. che pur non ricorrendo con frequenza nei testi delle nostre parlanti, meritano una certa attenzione. Per alcune di esse un ruolo determinante sarà giocato dalle variabili considerate, altre volte tali particolarità sono legate al modo personale di esprimersi, ad usi ed espressioni linguistiche ereditate dall’ambiente in cui si è nati e cresciuti. Errori, lapsus ed evoluzioni del sistema Rari sono gli errori ( definiti come << deviazione dalla norma >> ( Ivi: p. 95 ) ) nell’uso delle parole o nella costruzione degli enunciati riscontrati nelle 11 registrazioni. I più frequenti, ad ogni modo, compaiono tra le componenti il II Gruppo e riguardano sia le singole parole, sia la costruzione delle frasi. Evidente che questo sia strettamente collegato alla variabile “area geografica”; più che altro sono termini o modi di dire propri di una regione geografica dove la parlata quotidiana probabilmente risente maggiormente dell’influenza del dialetto. R1 - passerò ancora qui credo… anni, parecchi anni di… della mia vita, però un indomani credo di.. spero, di tornare a casa R10 - Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato scostumato. Lo lamava… lo lavavamo come un bambino proprio In R1 compare l’utilizzo improprio dell’avverbio indomani introdotto da una articolo indeterminativo quando andrebbe accompagnato da un determinativo in valore assoluto. Ma in questo caso l’uso improprio sta proprio nell’utilizzo del termine: qui sarebbe stato opportuno usare domani come avverbio di tempo, per cui: “un domani credo di…” Questa imperfezione crediamo sia legata alla regola, infatti la parlante non ha ritenuto opportuno correggersi. Diverso è il caso di R10, dove l’errore è legato all’esecuzione, che è subito corretta ed è slegata dalla regola. L’errore è qui detto lapsus, conseguenza della ripetizione della 48 sillaba “va” all’interno della parola che crea un bisticcio fonetico che induce facilmente in un errore di pronuncia. Dati questi due esempi, bisogna definire ora l’errore nelle sue due parti in cui si riconosce: l’errore può essere legato alla regola ed è detto perciò sistemico, può essere relativo all’esecuzione ed è detto occasionale, in quest’ultimo caso si parla anche di lapsus. ( Ivi: p. 95 ) L’esempio di lapsus o di errore occasionale che abbiamo riportato sarà l’unico, dato il suo legame più con la fonetica ( si parla infatti di esecuzione, di pronuncia, in tanti casi subito corretta come nell’esempio ). A noi interessano maggiormente gli errori sistemici perchè strettamente connessi alla norma e dunque alla parlata grammaticalmente corretta. In maggior numero essi riguardano l’uso improprio dei tempi verbali e non distinguono tra parlanti ventenni e sessantenni o tra parlanti settentrionali e meridionali. Da notare però che, alcune combinazioni verbali, come quelle che riportiamo negli esempi, anche se grammaticalmente non ammesse, non sono considerate errori, ma fenomeni legati all’evoluzione del sistema, tratti della parlata neo-standard. R2 - Alle scuole medie poi, imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte addirittura… perché ero così convinta che sarei diventata una cantante che… appunto pensando al fatto che… se avessi imparato a suonare qualche strumento… avevo qualche possibilità in più. - Allora la prof. mi ha chiesto se andavo con loro. - Quest’estate andrò e… mi laureo a luglio, ad agosto non faccio niente. - Io non potevo fare più niente perché la legge dopo diceva “ma tu ci prendi in giro?” R8 R9 R10 - zio Giorgio che facciamo co’ sta casetta? Che poi dopo ci danno fastidio gli altri nipoti che non hanno voluto fare la servitù. 49 In R2 l’imperfetto sostituisce il condizionale ( per cui “avevo” al posto di “avrei avuto” ); nella seconda di R8 un presente invece del futuro ( per cui “non faccio” al posto di “non farò” ); in R9 si ripete il caso come in R2 ( per cui “dopo diceva” al posto di “dopo avrebbe detto” ); in R10 viene usato un presente anziché un futuro ( per cui “dopo ci danno fastidio” al posto di “dopo ci daranno fastidio” ) Sono queste deviazioni dalla norma, costruzioni usate di frequente nel parlato e confuse con modi di dire grammaticalmente “accettati”. Marazzini fa rientrare questo fenomeno tra le caratteristiche dell’ ‘italiano medio’; al punto n° 11 dei “tratti caratteristici” pone l’uso dell’ << imperfetto al posto del congiuntivo e condizionale nel periodo ipotetico dell’irrealtà >> ( cit., p. 412 ), così come il presente invece del futuro non è rarissimo tro- vare. Particolarità diatopiche Strettamente legate alla regione di appartenenza e dunque alle parlate locali sono alcuni termini e modi di dire che andiamo ad analizzare. R10 dice: - Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato scostumato. Il termine “scostumato” è nel Nuovo Dizionario della lingua italiana della Garzanti ( 1985 ) riconosciuto come regionalismo, che in italiano canonico andrebbe tradotto con “maleducato.” R7 - “ mannaggia, ho un moroso super figo ” e invece no, ho solo un moroso che c’ha il mal di pancia - prendo il telefono chiamo al mio moroso “amore non c’è più la strada” R8 Il termine moroso ( il fidanzato ) è tipico delle regioni del Nord-est, è completamente assente nelle parlate meridionali. Ma c’è da notare ancora in R8 l’errato utilizzo del verbo 50 corsivo transitivo, è qui seguito dalla particella pronominale “a” che trasforma il complemento oggetto in complemento di termine ( accusativo preposizionale ). E’ questa una “particolarità” che abbiamo riscontrato, poiché tale tendenza è diffusa maggiormente nell’Italia centro-meridionale. Ma le differenze più vistose si ritrovano nella costruzione degli enunciati; nelle frasi: R9 - Stavano con me all’incirca 3 mesi e dopo se ne ritornavano in Italia - La seconda bambina poi, passando da un… da una famiglia all’altra, chi buona chi male, poi finalmente trovai una famiglia svizzera, veramente che me l’accudivano bene questa bambina. - D’un tratto io avevo l’ombrello in testa, mio marito non se n’è accorto di niente, ha suonato il campanello, quella donna è uscita, l’ha baciato, se ne sono entrati dentro… R10 - ci sono i genitori e non gli vogliono, non vogl… fare, non gli fanno della servitù, anzi… pure se tengono soldi, case, terreni gli mandano all’ospizio, perché vogliono essere libere, vogliono uscire, vogliono andare in ferie - Dopo otto.. dopo otto anni così è andata a finire. E’ stato due tre giorni veramente che non… non si alzava più, non.. non tanto si sentiva. E≥ .. un giorno non era neanche la mia giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a uncinetto e vado da zio Giorgio… R11 - Poi un giorno ha conosciuto un’altra ragazza e se n’è andato… se n’è andato. Io sono andato appresso e l’ho visto… l’ho visto che prendeva una ragazza in macchina. ci sono le parti evidenziate che risentono fortemente del dialetto parlato nell’area geografica di appartenenza. La cui area è condivisa dal sottoscritto, per cui possiamo azzardare dei confronti con il dialetto dell’Alto Casertano, ovvero con i tentativi di italianizzazione di esso. In quest’area si parla una varietà di napoletano ( 1 ), l’italianizzazione del quale è qui messa a confronto con un possibile modello di frase in lingua italiana standard ( 2 ). 51 1) Maritemo nun sè n’è accort e nient “mio marito non se n’è accorto di niente” 2) Mio marito non s’è accorto di niente Si nota come l’enunciato di R9 sia niente altro che una italianizzazione di un enunciato dialettale come nell’esempio 1. Stesso confronto può essere fatto per l’enunciato di R11, dove sono evidenti i tentativi di italianizzare un costrutto dialettale. 1) Se n’è juto. Io song juto appriesso “se n’è andato. Io sono andato appresso e l’ho visto…” 2) Se n’è andato. Io sono andata dietro Dalle notizie preliminari ottenute dalle parlanti dei due gruppi, è emersa una particolarità decisiva nell’analisi di tali costrutti: le parlanti del I gruppo appartengono ad un’area geografica dove non esiste dialetto, se non la lingua italiana standard e una varietà di tedesco ( ricordiamo che ci troviamo in un’area geografica dove vige il bilinguismo ). Ce lo confermano le parole di una delle parlanti. R5 dice: noi in Alto Adige, tra i giovani, almeno, non parliamo mai il dialetto. Anche perché Bolzano come città non ha il dialetto, ci ha il tiroler che è il ted… è il dialetto tedesco, quello≥ lo parlano anche i giovani, lo parlo anche con mia nonna a volte. E≥ ≈ e invece il dialetto italiano è solo nella bassa atesina, Laives soprattutto… c’ha un dialetto che assomiglia tipo al veneto. E.. è molto parlato dagli anziani Questo ci permette di concludere che il linguaggio giovanile si accosta, o è molto più aderente all’italiano standard di quanto lo sia quello di parlanti di una generazione precedente, più propense ad attingere agli usi verbali dialettali. Differenza generazionale che in questa occasione si combina con la varietà diatopica per quanto abbiamo asserito e dimostrato. 52 Forestierismi ( termini legati alle mode, alla tecnologia, al mondo giovanile ecc. ) I termini “importati” da altre lingue si legano a particolari sottosettori del lessico, come quello dell’informatica, della tecnologia, della culinaria, dove gli anglicismi sono i più numerosi. Pensiamo a quante parole non italiane utilizziamo quotidianamente senza accorgercene e che ormai fanno parte del nostro consueto vocabolario: ketchup, shopping, computer, laser, Internet, floppy-disk ecc. Tra queste ce ne sono innumerevole altre, come si vedrà negli esempi, utilizzati puntualmente nei discorsi quotidiani e che caratterizzano il modo di parlare dei giovani. La conferma è data dal fatto che in nessuna parlante del Gruppo II sono stati registrati forestierismi. Qui diremo che oltre all’età, concorrono altri fattori quali il grado d’istruzione; non dimentichiamo che le parlanti del I Gruppo sono studentesse universitarie, quelle del II sono casalinghe con un titolo di studio di licenza media. In R3: - pensando che ci avessero preso in giro, perché avevamo≥ ordinato via Internet, e invece… poi era anche carino In R4 - era piena di artisti da… di strada, i mimi, e≥ c’erano dei clown, c’era un po’ di tutto, e.. c’era una.. tipo una zingara che faceva le carte In R6 - cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio In R7 - mi è arrivata una mail dalla cara e simpaticissima segretaria - da un bravissimo tecnico dei computer - sono passate un paio d’ore, quelle≥ insomma di routine, che si trascorrono a far nulla all’interno dell’università 53 Termini costruiti seguendo le mode giovanili Alcuni termini, inesistenti nel lessico dell’italiano, trovano grande fortuna tra i giovani; sono termini “inventati” da loro spesse volte, o sono composti e derivati inesistenti ( vd. M.Berretta, 1991: pp. 103-106 ), parole che fanno effetto in particolari situazioni e che trovano accoglienza specialmente nei gruppi dei pari. Ne abbiamo trovati alcuni tra le parlanti del I Gruppo. Chiaramente, trattandosi di termini “di moda”, la variabile età qui ha avuto un riscontro significativo. R8 - ci siamo stradivertite - ha deciso di rimanere comunque a vivere da solo, e allora non si può. Poi poretto, adesso si è anche spaccato i legamenti - qua non arrivano le mie coinquiline a dirmi “Miki alzati” - io penso: “ mannaggia, ho un moroso superfigo - evidentemente gli scriverò che è un brutto pezzo di cacchetta - E questa è una cosa che mi piace perché comunque le persone poi mi prendono p.. per pazza, per una.. sclerata fuori dal comune… - Comunque vada sarà un successo diceva Chiambretti.. mi sembra.. a.. al Festival di Sanremo di qualche decennio fa. Festival di Sanremo, cazzarola! R7 Il Ci attualizzante Considerato come “storpiatura” o come espressione impropria, fuori dalle regole del “ben parlare” il ci attualizzante trova addirittura un sostenitore in Serianni ( 2006: p. 5 ) che non solo ne ammette l’utilizzo ma lo considera << obbligatorio nel parlato e trasferibile senza difficoltà nella scrittura >>. La perfetta parità nell’utilizzo ( 2 vs 2 ), in questo caso, non lascia considerare i dati né come varietà generazionale né come varietà diatopica. Lo troviamo in: 54 R3 - Però perlomeno potrai dire: “c’ho provato!” R6 - Laives soprattutto… c’ha un dialetto che assomiglia tipo al veneto. R9 - Signora lei non sa niente, sono 3 anni che suo marito c’ha un’amante R10 - Adesso ci ho ‘sta casetta intestata… e lo so che non è solo la mia ( Cfr. p. 11 ) Dunque presente in 4 parlanti su 11, percentuale del 36,36%, non altissima ma neanche trascurabile. Non abbiamo, comunque, gli elementi per affermare che laddove non si sia verificato non sia utilizzato normalmente dalle restanti parlanti. A tal proposito specifichiamo che le conclusioni alle quali arriviamo, pur se significative perché fondate sul dato registrato, sono relative ad un campione di soggetti contenuto. L’uso di “gli” generalizzato Anche questa tendenza grammaticalmente non standard, è annoverata tra le caratteristiche dell’italiano medio. L’uso dei pronomi le e loro sta tramontando quasi del tutto per far posto all’uso generalizzato di gli senz’alcun conto di genere e numero della persona a cui ci si riferisce. Anche in questo caso non vi sono differenze legate alle variabili: così è per il primo gruppo ( in R7 ) così è per il secondo gruppo ( in R9 ) R7 - sono una persona che quando gli si chiede una cosa… - La mia bambina l’andavo a prendere la sera… gli trovavo segnato la faccia con le dita [ … ] gli portavo tanto di quella roba. R9 55 L’uso di ‘sto e ‘sta Come dicevamo, l’utilizzo degli aggettivi dimostrativi “questo” e “questa” con aferesi, mostra una frequenza minore rispetto alle aspettative iniziali. Lo troviamo solo in due parlanti, tra l’altro appartenenti a due gruppi differenti, il che non ci permette di comparare i dati secondo le variabili e che ci spinge a concludere che quest’uso non tiene conto dell’età né dell’area geografica dei soggetti. R2: - Più insisteva su ‘sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successa; R10 a) Maria vedi di provvedere tu, interpella le altre nipote e vedi se volete prendere a ‘sto zio Giorgio. b) Adesso ci ho ‘sta casetta intestata… e lo so che non è solo la mia; c) Facevamo ‘na giornata ciascuno. Ci allacciamo ancora a R10 c) per chiarire la messa in evidenza di “ n’à giornata” la quale dicitura rientra nelle espressioni sincopate e per l’uso improprio della concordanza aggettivo + nome ( R10 a) ) in “le altre nipote” con la sfasatura del numero nel sostantivo, singolare anziché plurale. Peculiarità personali Ogni parlante, pur condividendo con il gruppo sociale di appartenenza il linguaggio e i modi di dire, ha un suo proprio modo di esprimersi individuale. Notiamo, ad esempio, l’uso di alcuni costrutti presenti esclusivamente nell’enunciazione di singoli che nulla hanno a che vedere con la ragione sociale, con il gruppo linguistico, con l’età, con il grado d’istruzione. In R9 si evidenzia l’uso della “ i prostatica”, in disuso sia nello scritto sia nel parlato già da un po’ di tempo, in due circostanze: 56 - Nel 1964 sono≥… espatriata dall’Italia, mi sono recata in Isvizzera. - Quando la mia bambina veniva in Isvizzera al primo posto doveva stare mia suocera. In R10 compare la parola “servitù” che è rarissimo, se non improbabile trovare nelle parlate giovanili. Inoltre l’accezione in cui è usata è di “assistenza” sia sanitaria che materiale, tipica dell’area geografica a cui R10 appartiene. Quindi, oltre che legata all’età, ci sentiamo di accostare tale peculiarità alla variabile diatopica. - io sono vecchia ho ottant’anni e non posso più≥ fare la servitù L’abbiamo inserita tra le peculiarità personali per il fatto che negli ultimi anni l’uso di tale termine è evitato a vantaggio del termine “assistenza materiale.” Il fatto che le peculiarità personali non si riscontrano tra le parlanti del Gruppo I può forse essere indicativo di una tendenza giovanile, tra l’altro accomunata dalla frequentazione di corsi universitari, a uniformarsi alla parlata comune. Riallacciandoci a quanto dicevamo in Cap. I par. 1.2.2 pg. 16-17, le nostre giovani parlanti tengono maggiormente a far bella figura e a curare il loro linguaggio, soprattutto nel momento in cui sono consapevoli di essere “osservate.” Non si esclude, pertanto, che tra di loro ve ne siano alcune che nell’ambiente quotidiano in cui sono immerse ( famiglia, gruppo dei pari ecc. ) usino termini che qui hanno preferito evitare. 57 3. LA GRAMMATICA DEL PARLATO 2.3.1 Possibile una grammatica del parlato? In conclusione ci chiediamo se sia possibile parlare di grammatica del parlato, e se sia possibile e come affrontare un simile lavoro. Uno degli interrogativi che ci si pone in quest’ambito, forse il principale, risiede proprio sul “se” e sul “come” analizzare la lingua parlata. Può esserci una grammatica del parlato? Si può, cioè, analizzare la lingua parlata secondo regole tassonomiche come si fa per lo scritto? Ancora più importante è chiedersi se abbia senso parlare di regole per quel che riguarda la sfera del monologo, dove l’interlocutore è assente e lo sforzo del parlante è doppio: cercare l’argomento da trattare e non poter contare sul feed-back ( se non nei casi in cui l’intervistatore interviene per allacciare un discorso interrotto per amnesie o mancanza di stimolo ). Monica Berretta nell’analisi di testi programmati, in cui la “pianificazione sintattica” si dimostra evidentemente differente e complicata, si chiede se ciò sia dovuto a << fenomeni idiosincratici dei parlanti scelti o, forse, il parlato-parlato formale non esiste? >> ( cit.: p. 240 ) Entrambe le ipotesi sono state escluse a vantaggio di una terza “più ragionevole” in cui ci si chiede se << la formalità del parlato segue forse regole di pianificazione diverse da quelle per noi più abituali dello scritto. Regole in cui le ripetizioni sono utili e talvolta essenziali al filo del discorso [ … ] essenziale marcare l’inizio e il tipo di digressioni [ … ] fondamentale la congruenza tematica e semantica più di quella sintattica. >> ( Ivi, pp. 240-241 ) Riprendendo gli studi della Berretta, Cavinato ( cit: pp. 80-81 ) dice che << l’intrecciarsi delle dimensioni di variazione sembra rendere impossibile una formulazione di regole, tanto più quanto più una lingua è diversificata al suo interno [ … ] lo studio del parlato si scontra spesso con difficoltà di trascrizione e di descrizione di fatti che non sono discreti ma continui, non segmentabili: intonazione, velocità, durata delle pause… >>, difficoltà di cui già si parlava. Le risposte lungi dall’essere semplici ed immediate, prendono la strada di soluzioni alternative. Riallacciandoci alle citazioni precedenti, diremo che un lavoro sistemico è pos- 58 sibile a patto che si tenga da parte il velleitarismo di stabilire a forza di cose regole rigide e schematiche. Se lo scritto gode di una pianificazione precisa, lineare, suscettibile di cambiamenti, cancellazioni, sistemazione sintattica, niente di tutto questo può essere ipotizzato per il parlato. Esso non può essere fissato in una forma se non con le sue incongruenze, le sue imprecisioni, le sue ambiguità. E’ un flusso irregolare ( per quel che riguarda la sintassi ), fatto di termini spesso collegati in modi non pertinenti ed espressioni inutilizzate nello scritto; ripetizioni, pause, parole monche o inventate ecc. Insomma, formato da un insieme di elementi sui quali è possibile approntare uno studio sistematico che può restituire risultati qualitativi significativi. 59 CAPITOLO III 1. ANALISI QUANTITATIVA Nella parte finale saranno presentate le tabelle riassuntive dei dati messi a confronto per variabile. La nostra ricerca ne ha considerate due: età ed area geografica. Vediamo le conclusioni a cui siamo arrivati, basandoci su uno spoglio dei dati di tipo quantitativo. 3.1.1 Durata e lunghezza delle registrazioni Le registrazioni sono state effettuate preparando le parlanti al rispetto di alcune semplicissime regole: iniziare il monologo quando si trovano gli argomenti giusti da trattare, usare un tono di voce sufficientemente alto per poter registrare, dilungarsi per un tempo minimo di 5 minuti e massimo 10-12 minuti. La tabella 3 ci mostra un quadro più o meno rispettoso di queste regole se non in due casi: R11 enuncia per un tempo inferiore ai 5 minuti e R9 per un tempo superiore a quello massimo. Sono sbavature che non abbiamo ritenuto opportuno aggiustare ( effettuare una registrazione più lunga nel primo caso e fermare l’intervistata nel secondo ) per non agitare le parlanti e sconvolgerne i piani argomentativi e narrativi. La lettura dei risultati in termini quantitativi, ci spinge alla formulazione di alcune considerazioni importanti: non tutte le parlanti hanno lo stesso grado di eloquenza e propensione alla parlata spontanea; la durata delle registrazioni non è proporzionale al numero di parole proferite; il numero delle parole proferite in un secondo varia da soggetto a soggetto, come quelle proferite al minuto, le quali variabili sono, come vedremo, indipendenti l’una dall’altra. Per il primo punto, si noterà la vistosa differenza nella durata tra R11 o R2 messe a confronto con R9 o con R7; le prime due sono diverse per numero di pause usate: R11 solo 2, R2 ben 28 di cui però 15 sono ₪ cioè espressioni intraducibili con un grafema. Qui si trova l’estremo minimo, R2 pur avendo una durata lievemente maggiore di R11, per il nu- mero di interruzioni è la registrazione “meno produttiva” anche se il numero di parole ( 657 ) risulta essere maggiore di quello di R11 ( 608 ). A questo proposito bisogna specificare che nel conteggio delle parole sono inclusi tutti i segni non solo le parole, dunque alla somma finale partecipano anche i segni di pausa, i puntini sospensivi, gli interrogativi ecc. Nel secondo punto mettiamo in relazione la durata delle registrazioni con il numero di parole utilizzate; anche qui non è possibile stabilire una equazione matematica in quanto la durata non è direttamente proporzionale al numero delle parole. Tralasciando i casi in cui lo scarto è minimo, riportiamo gli esempi più evidenti: R1 ed R3 registrano una durata più o meno identica ( 8’ 30’’ la prima e 8’ 39’’ la seconda ), con soli 9’’ di differenza. Eppure lo scarto del numero di parole è di ben 250 termini che è impossibile far rientrare in 9’’. Ancora più marcata è la differenza che si riscontra tra R8 ed R5, dove addirittura il numero di parole della prima supera di 350 unità la seconda, pur essendo quest’ultima più lunga nella durata di 8’’. In ultimo analizziamo il numero di parole nell’unità di tempo: per secondo e per minuto; risultato complessivo consultabile nelle ultime due colonne di destra della tabella 3. Il dato più evidente si ritrova in R7, unica parlante che fa registrare una media di parole al secondo maggiore di 3 ( 3,09 ). Indice evidente della ottima propensione alla parlata spontanea e della risolutezza nel trovarsi di fronte ad un registratore; capacità che ritroviamo nella durata al minuto, dove le 185,78 parole proferite sono il picco massimo delle 11 registrazioni. La conferma ci arriva, in ultimo, dal numero complessivo di parole proferite: ben 1.765, superate solo da R9 con 2.223 termini, ma in 14’ e 26’’. R4 ed R10 riescono a pronunciare lo stesso numero di parole al secondo: 2,37, ma nell’estensione del tempo la seconda prevale con l’esecuzione di 142,36 parole al minuto, rispetto alle 140,44 della prima. Constatazione che ci fa considerare impossibile la formulazione di una equazione perfetta tra secondi e minuti, chiaramente variabile, strettamente legata all’argomento trattato e alle caratteristiche dialettiche delle parlanti, le quali possono parlare velocemente in pochi secondi e fermarsi a tratti per incertezze e difficoltà varie alla lunga. Vicinissimo ad R4 ed R10 è il dato rilevato in R6 con 2,35 parole al secondo e 141,67 al minuto. Qui la registrazione ci spinge a considerare la durata in relazione al numero di parole proferite. In primo luogo R6, rispetto a R4, ha un aumento di termini nell’estensione temporale con 1,23 parole in più al minuto di certo non riconducibile al nu- 61 mero di parole al secondo che registrano una differenza di o,o2 parole. In secondo luogo notiamo come le tre registrazioni considerate rientrino più o meno nella stessa fascia di durata, racchiuse in 40” ( tra i 6’11” e i 6’ 55” ). Delle tre, due sono parlanti del I Gruppo e una del II Gruppo che ci fa accantonare considerazioni diatopiche e generazionali e ci spinge a concludere che ciò sia frutto di caratteristiche personali nell’eloquio. R9 si presenta come la registrazione più lunga, ma solo in termini di durata e per numero di parole, il che ci fa supporre che essa è alquanto lenta nell’esposizione; infatti la parlante, leggendo i valori riscontrati, proferisce 2,56 parole al secondo e 154,03 al minuto, contro le 2,83 e 170,15 di R8 che parla per 8’ e 53”. Ancor più lenta è R1 che proferisce 2,03 parole al secondo e 121,88 al minuto con i suoi 8’ e 30” di registrazione. Tabella 3 Riassunto R R1 R2 R3 R4 R5 R6 R7 R8 R9 R10 R11 TOT t 8’ 30’’ 5’ 04’’ 8’ 39’’ 6’ 11’’ 9’ 01’’ 6’ 55’’ 9’ 30’’ 8’ 53’’ 14’ 26’’ 6’ 21’’ 4’ 55’’ 1h 30’ 25’’ N° parole 1.036 657 1.286 882 1.161 979 1.765 1.511 2.223 904 608 Righe 66 46 80 55 74 66 107 89 136 53 38 * Variabili a confronto Durata media delle registrazioni Gruppo I - 8’ 05’’ Gruppo II - 8’ 47’’ Valore medio complessivo - 8’ 20’’ 62 Numero parole/s 2,03 2,16 2,47 2,37 2,14 2,35 3,09 2,83 2,56 2,37 2,06 Numero parole/min 121,88 129,65 146,46 140,44 126,74 141,67 185,78 170,15 154,03 142,36 123,81 Nella tabella soprastante, che racchiude i dati/valori di quanto abbiamo detto, troviamo il totale degli eventi che si ripetono disposti nel seguente modo: a fine riga il totale per parlante; a fine colonna il totale della durata della registrazione ( t ) e la media delle parole pronunciate al secondo e al minuto. La nostra analisi ha riguardato 1 ora, 30 minuti e 25 secondi di monologo. La durata delle registrazioni dice che il Gruppo II ha parlato mediamente di più per 38’’, ma scorrendo le singole registrazioni è facile intuire come questo dato sia fortemente influenzato da R9 con i suoi 14’ e 26’’ che fa lievitare sensibilmente la media del gruppo. Infatti le altre due parlanti del Gruppo II fanno registrare una durata tra le più basse in assoluto con i loro 6’ 21” e 4’ 55”. La durata media totale si situa a metà strada tra le due con i suoi 8’ e 20”. 3.1.2 Tabella dei termini ricorrenti ( pause, connettivi, segnali discorsivi ) La tabella 4 riassume in numeri i termini più ricorrenti; per ognuno di essi troviamo il totale a fine riga per elemento o pausa, a fine colonna per parlante. L’analisi riguarderà la quantità dei dati più significativi, quelli cioè che fanno registrare percentuali di frequenza più importanti e significative. Ovviamente essa non esaurisce il discorso sugli elementi in questione, molto più numerosi e vari di quelli considerati, ma si limita ad un numero ristretto di essi. Sicuramente si ritroveranno termini non inclusi qui, ma non perché essi siano meno importanti, bensì per scelte arbitrarie che abbiamo considerato di volta in volta durante il nostro lavoro. Uno di essi, che ci preme menzionare perché è anche uno dei più discussi e studiati è la congiunzione avversativa ma, che ritorna nelle nostre registrazioni soprattutto in apertura di enunciato. Proprio la sua ampia diffusione nei testi linguistici ci ha fatto optare per altri elementi, meno frequenti ma sui quali è stato possibile effettuare una comparazione con gli altri più “noti” e utilizzati dai parlanti. Tra i segnali discorsivi con funzione introduttiva la fa da padrone il termine allora che viene usato per introdurre enunciati in 7 registrazioni su 11; in assoluto il termine ricorre 28 volte, con varie funzioni e con una percentuale di 5,7% sul totale dei segnali di- 63 Tabella 4 Evento Pause e incertezze Segnali discorsivi i.d.i. ₪ ≈ ≈+ ≈++ TOT Allora Poi Comunque e≥ Però Infatti Cioè Così Quindi Invece Va bè Ecco Niente Insomma Diciamo TOT R1 R2 R3 R4 R5 R6 R7 R8 R9 R10 R11 TOT 5 2 5 4 / 16 3 / 17 32 12 1 / / 1 3 / / 1 / / 70 5 2 11 1 / 19 2 14 5 2 12 / 2 10 15 7 1 / / 5 / 70 9 1 4 / / 14 2 3 1 14 10 3 8 6 1 / / / 1 / 4 53 4 3 9 2 / 18 2 6 4 18 6 1 1 / 10 6 1 / / 3 2 57 5 5 6 2 / 18 / 1 7 / 2 1 2 3 13 / / / / 1 4 33 / 4 1 / / 4 1 4 8 5 13 / 2 4 5 1 2 1 / 5 / 46 6 4 2 1 1 14 14 11 1 5 6 / 1 2 3 2 5 / / 3 / 50 / 5 10 1 / 16 2 5 5 5 2 / / 10 1 / / 2 / 1 / 32 2 4 1 2 / 9 2 4 / 6 2 1 / 3 / 1 / / / / / 19 / / 2 / / 2 / 2 1 / 5 / / 2 / / / / / / / 10 36 45 60 16 2 159 28 60 50 89 70 9 16 43 49 24 9 4 2 18 12 483 / 15 9 3 1 28 / 10 1 4 / 2 / 3 / 4 / 1 / / 2 27 scorsivi ( 483 ). La percentuale di frequenza più alta spetta al segnale di difficoltà e≥ : 89 volte lo troviamo nelle nostre registrazioni con una percentuale del 18,42%; tra le parlanti è R1 che ne fa maggiormente uso: 32 volte. Catalogato come segnale discorsivo di difficoltà o di indecisione, ci saremmo aspettati di trovare una percentuale più alta in R2, la parlante che fa registrare la più alta percentuale di pause ( 17,61% del totale ), invece in R2 ricorre solo 4 volte con una percentuale del 2,51% del totale. Seguono la congiunzione avversativa però con il 14,49% ( ricorre 70 volte ) e l’avverbio o congiunzione poi con il 12,42% ( ricorre 60 volte ) usato in varie accezioni, tra le quali la più frequente è quella di riempitivo. Tra i segnali analizzati nel precedente capitolo perché considerati tra i più utilizzati, 64 ci siamo soffermati su insomma, va bè, diciamo che registrano delle frequenze bassissime rispetto alle aspettative. Ancor più sorprendente è lo scarsissimo utilizzo di niente segnale discorsivo usato solitamente come segnale di sospensione di fine enunciato o come segnale di difficoltà. Ricorre solo 2 volte in due parlanti del I Gruppo. * Variabili a confronto Mettendo a confronto le variabili età ed area geografica notiamo che i due gruppi si servono in diverso modo dei segnali discorsivi: essi ricorrono 406 volte nel I Gruppo con una media di 50,73 per parlante; 63 volte nel II Gruppo con una media di 21 per parlante. La differenza è talmente marcata che ci spinge ad affermare che i segnali discorsivi ( quelli da noi presi in considerazione ) rientrano tra le caratteristiche generazionali e diatopiche delle nostre parlanti. Anche in questo caso registriamo i due picchi ( massimo e minimo ) in due parlanti di due differenti gruppi; i segnali discorsivi ricorrono 70 volte in R1 ed R3, solo 10 volte in R11, a conferma di quanto si diceva poc’anzi. Lo stesso dicasi per la frequenza dei segnali di pausa: il picco massimo lo troviamo in R2 in cui ricorrono 32 volte, il picco minimo in R11 in cui ricorrono 2 volte. I segnali di pausa dicono di una percentuale altissima tra le parlanti del I Gruppo: 82,38% sul totale contro il 16,98% delle parlanti del II Gruppo. Tali segnali vanno a influenzare inevitabilmente la durata delle registrazioni, che come abbiamo visto non dipende dal numero di parole proferite. Questo ci spingerebbe a concludere che le parlanti del II Gruppo hanno una maggiore padronanza del linguaggio e sono più sicure di quello che dicono, abbiamo usato il termine “risoluta”; infatti non hanno bisogno di fermarsi tanto per riflettere sul cosa dire. Ma ciò potrebbe essere legato anche alla cura che mettono nella pianificazione del discorso, questione già affrontata nel precedente capitolo: le giovani studentesse tendono più a mostrarsi come parlanti corrette, rispettose delle regole grammaticali e quindi pongono più attenzione a quello che dicono; le casalinghe del II Gruppo sono più spontanee e dicono ciò che pensano all’istante, senza pensarci, per cui il parlato risulta più fluente. 65 3.1.3 Tabella delle frequenze dei deittici Principali deittici e locuzioni deittiche ( oggi, un anno fa, l’altro ieri, dopodomani, più in là, davanti a me, nomi propri e comuni di persona, ecc. ) I termini cosiddetti deittici sono stati usati 266 volte, di cui 112 come avverbi o locuzioni di tempo, il nunc di cui si è parlato nella trattazione. Una lettura per riga ci porta ad affermare che i deittici temporali sono i più numerosi; una lettura per colonna ci dice che la parlante che ne fa maggiore utilizzo è R7 ( 40 volte ), ma chi utilizza maggiormente i deittici temporali è R3 ( 19 volte ). Tabella 5 Evento R1 R2 R3 R4 R5 R6 R7 R8 R9 R10 R11 TOT Personali 7 4 11 6 2 1 19 9 19 9 9 96 Deittici e locuzioni Temporali deittiche 15 3 19 6 7 7 16 15 5 9 10 112 14 / 4 5 6 3 5 10 8 1 2 58 36 7 34 17 15 11 40 34 32 19 21 266 Spaziali TOT L’alta percentuale di frequenza si spiega sulla base del discorso che facevamo durante la trattazione sull’organizzazione testuale del monologo. Tali elementi servono alla situazione comunicativa nella misura in cui è stabilito il patto tra parlante e interlocutore o tra parlante e ascoltatore sulla condivisione del momento dell’enunciazione, del luogo, delle persone. La lettura della tabella 5 ci spinge a considerare, oltre alle frequenze più alte, l’assenza di deittici spaziali in una sola parlante. Non riusciamo a trovare una giustificazione plausibile a ciò: l’importanza del rimando al luogo d’enunciazione è la stessa del rimando al tempo o alle persone citate. Non è spiegabile neanche se ricerchiamo il motivo nell’argomento trattato, in R2 come in tutte le altre parlanti è pressochè lo stesso: rimandi a situazioni presenti e passate del proprio vissuto. 66 * Variabili a confronto Nel I Gruppo si contano 194 termini deittici, con una media di 24,25 per parlante. Nel II Gruppo i deittici ricorrono 72 volte con una media di 24 per parlante. Abbiamo già affermato che l’utilizzo di tali termini o espressioni, non è legato alla variabile età né quanto meno all’area geografica di appartenenza; sono usi che appartengono al linguaggio comune. L’uniformità dei risultati ottenuti è la conferma di quanto diciamo. Uniformità che si riscontra anche nella frequenza massima e minima nell’uso dei deittici, qui rilevata tra le parlanti del I Gruppo ( 40 in R7; 7 in R2 ). 3.1.4 Tabella dei Forestierismi e dei termini “tecnologici” In questo quadro è riassunto l’utilizzo di quelle parole o espressioni prese in prestito in italiano da altre lingue. Ne abbiamo parlato nel Cap. II par. 2.2.3 p. 53; vediamo come sono distribuiti, in termini di frequenza, tra le 11 parlanti. Tabella 6 Forestierismi ( termini legati alla moda, alla tecnologia, alla culinaria ecc. ) R1 R2 R3 R4 R5 R6 R7 R8 R9 / 1 1 1 / 1 3 1 / R10 R11 TOT / / 8 * Variabili a confronto Facile ipotizzare il risultato di questa analisi; i termini presi in prestito dalla lingua italiana, maggiormente legati al mondo moderno ricorrono solo nelle registrazioni del I Gruppo, anche se con frequenze molto basse rispetto a quello che ci saremmo aspettati. 8 sono i termini registrati, dunque con una media di 1 per parlante nel I Gruppo; ma come si può notare non in tutte ricorrono. Tutti i termini sono anglicismi, tranne routine che troviamo in R7 che si ascrive tra i francesismi. 67 La varietà generazionale in questo caso è ampiamente dimostrata come variabile di divergenza tra i due gruppi. 3.1.5 Tabella del dittico pausa-i.d.i. In questo paragrafo analizziamo la frequenza del dittico pausa-i.d.i, considerato come una costante delle registrazioni. A questo proposito, premettiamo che raro è stato il ricorso alla pausa lunga, per cui ci si riferisce quasi sempre alla pausa mediana seguita dall’intervento dell’intervistatore. Tabella 7 Parlante R1 R2 R3 R4 R5 R6 R7 R8 R9 R10 R11 N° 2 / 1 2 / 2 / 1 / 2 / * Variabili a confronto La frequenza è significativa se si considera che il nostro intervento non compare mai in R2, R7, R9 e R11; in R10 gli unici due interventi seguono una pausa mediana, in R1 e R6 il rapporto è rispettivamente 5/2 e 6/2. L’unica eccezione si evidenzia in R4 dove i 10 interventi dell’intervistatore solo in due casi seguono un pausa lunga o media. Non ci appaiono influenti qui le variabili in considerazione. La maggiore o minore difficoltà nella parlata, di cui le pause sono un indice, non è legata né all’appartenenza all’area geografica, né all’età, né quanto meno al titolo di studio. 68 2. CONCLUSIONI 3.2.1 In conclusione In epilogo al nostro lavoro teniamo a specificare alcuni aspetti che l’hanno caratterizzato. In primis la complessità di un simile lavoro è spesso emersa durante lo sviluppo della ricerca e ci ha spinto a decidere, ad effettuare delle scelte. Scelte e difficoltà di varia natura come la disponibilità o la selezione dei soggetti adatti per i nostri scopi; le modalità di raccolta dati e di trascrizione; le convenzioni legate alla situazione e al contesto; i giusti ed efficaci metodi di sensibilizzazione dei soggetti ecc. Talvolta ci siamo chiesti se quanto avevamo deciso fosse la strada migliore da percorrere: un momento piuttosto che un altro, una registrazione cancellata con conseguente ripresa, un soggetto piuttosto che un altro, il nostro intervento se opportuno o meno e così via. Problematiche legate alle tecniche e alle modalità di rilevamento, agli strumenti, alle disponibilità. In merito all’analisi successiva alla raccolta dei dati, specifichiamo che le conclusioni a cui siamo arrivati non hanno affatto la pretesa di essere assolute; il campione che abbiamo avuto a disposizione era relativamente contenuto e infatti in alcune circostanze non abbiamo potuto confermare le regole che ci provenivano dagli studi sul linguaggio e dalle ricerche in merito su campioni di parlanti ben più ampi. In più, la scelta delle variabili è stata decisa al momento e suggerita da criteri arbitrari, effettuata avendo a disposizione un’ampia gamma in cui comparivano varietà legate allo stato sociale ( varietà diastratica ), al genere ecc.9 Dunque è la nostra una ricerca guidata in un certo verso: volevamo verificare, in scala ridotta, i termini di divergenza di due diversi gruppi di parlanti divisi dall’età e dall’ambiente in cui si è immersi. Come dicevamo, le conclusioni a cui siamo arrivati, analisi dei dati qualitativi e quantitativi ottenuti, non sono assolute, ma indicative di una tendenza prevalente negli ultimi tempi di certo linguaggio. Seguendo gli studi più accreditati, abbiamo comparato i nostri dati con quelli risultati da varie ricerche di socio-linguistica, verificando l’attendibilità o l’eccezione di quanto raccolto. Un lavoro impegnativo quanto accattivante, che ci ha coinvolto e appassionato. 9 Sulla questione delle varietà linguistiche e delle variabili legate al contesto, gli studi più importanti ci provengono da Berruto ( cit. 1980, 2000 ) e da Bazzanella ( cit. 2007 ) testo quest’ultimo di recentissima pubblicazione che raccoglie e riassume puntualmente il bagaglio di studi precedenti. 69 Ad una conclusione sicura e indiscutibile però ci sentiamo di arrivare: quando si parla di linguaggio non bisogna farsi trasportare dall’esigenza di formulare definizioni o assiomi, non bisogna farsi spingere dal “velleitarismo di stabilire regole rigide” come dicevamo nel precedente capitolo ( Cfr. Cap. II, par. 2.31 pgg. 58-59 ). Il linguaggio è un fiume in continuo movimento che durante il percorso incontra rapide, restringimenti e allargamenti degli argini, ostacoli, periodi di piena e periodi di secca. Abbiamo svolto la ricerca consapevoli delle difficoltà e non siamo mai caduti in questa tentazione. 70 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA A.A.V.V. Nuovo dizionario della lingua italiana, Garzanti, Milano, 1985 Andorno C., La grammatica italiana, Mondadori, Milano, 2003 Andorno C., Linguistica testuale, Carocci, Roma, 2003 Arfelli A. Galli e Muzi M., Mondo incontrato e mondo rappresentato. Materiali per il laboratorio di addestramento alla comunicazione, Simple, Macerata, 2005 Bazzanella C., I segnali discorsivi, in Renzi L., Salvi G. e Cardinaletti A. ( a cura di ), Grande grammatica di consultazione, VOL.III, Il Mulino, Bologna, 1995 Bazzanella C., Le facce del parlare, La Nuova Italia, Firenze, 2001 Bazzanella C.( a cura di ), Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, Guerini, Milano, 2002 Bazzanella C., Linguistica e pragmatica del linguaggio, Laterza, Roma-Bari, 2007 Beccaria G.L. ( a cura di ), Dizionario di linguistica, Einaudi, Torino, 2004 Berretta M, Connettivi testuali in italiano e pianificazione del discorso, in Coveri L. ( a cura di ), Linguistica testuale – Atti del XXV congresso internazionale di studi 8-10 maggio 1981, Bulzoni, Roma, 1984 Berretta M, (De)formazione del lessico tecnico nell’italiano di studenti universitari, in Lavinio C. e Sobrero A.A. ( a cura di ), La lingua degli studenti universitari, La Nuova Italia, Firenze, 1991 Berruto G., La sociolinguistica, Zanichelli, Bologna, 1974 Berruto G., La variabilità sociale della lingua, Loescher, 1980 Berruto G., Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Carocci, Roma, 2000 ( VIII ed. di Berruto 1987 ) Bozzone Costa R., Tratti substandard nel parlato colloquiale, in Lavinio C. e Sobrero A.A. ( a cura di ), La lingua degli studenti universitari, La Nuova Italia, Firenze, 1991 Cavinato G.C., L’educazione linguistica nel movimento di cooperazione educativa, in De Rossi e Mitri A., I luoghi della parola, La Nuova Italia, Firenze, 1989 Ciliberti A. e Anderson L., Monologicità e di(a)logicità nella comunicazione accademica, in Bazzanella C.( a cura di ), Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, Guerini, Milano, 2002 Coveri L. ( a cura di ), Linguistica testuale – Atti del XXV congresso internazionale di studi 8-10 maggio 1981, Bulzoni, Roma, 1984 71 De Rossi A. e Mitri A., I luoghi della parola, La Nuova Italia, Firenze, 1989 Duranti A., Etnografia del parlare quotidiano, Carocci, Roma, 2001 Lakoff G. e Johnson M., Elementi di linguistica cognitiva, a cura di Casonato M. e Cervi M, Quattroventi, Urbino, 1988 Lavinio C. e Sobrero A.A. ( a cura di ), La lingua degli studenti universitari, La Nuova Italia, Firenze, 1991 Levinson, La pragmatica, Il Mulino, Bologna, 1985 Lorenzetti L., L’italiano contemporaneo, Carocci, Roma, 2002 Malmberg B., L’analisi del linguaggio nel XX secolo, Il Mulino, Bologna, 1983, Mantovani S. ( a cura di ), La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Mondadori, Milano, 1998 Marazzini C., La lingua italiana, Il Mulino, Bologna, 1998 Nencioni G., Italiano scritto e parlato, in Nencioni G., Saggi di lingua antica e moderna, Rosenberg & Sellier, Torino, 1989 Renzi L., Salvi G. e Cardinaletti A. ( a cura di ), Grande grammatica di consultazione, VOL. III, Il Mulino, Bologna, 1995 Serianni L., Lezioni di grammatica storica italiana, Bulzoni, Roma, 1998 Serianni L. e Antonelli G., L’italiano: istruzioni per l’uso, Mondadori, Milano, 2006 Turchetta B., La ricerca di campo in linguistica, Carocci, Roma, 2000 Zuczkowski A., Strutture dell’esperienza e strutture del linguaggio, CLUEB, Bologna, 1995 72 ALLEGATI LE REGISTRAZIONI Legenda … ≈ ≈+ ≈++ ₪ ≥ ☺ ? i.d.i. - Brevissima incertezza tra una parola e l’altra - Pausa breve ( 1-3 secondi ) - Pausa mediana ( 3-5 secondi ) - Pausa lunga ( più di 5 secondi ) - Incertezza. Emissione di un suono non riconoscibile con nessun grafema. - Strascico sulla lettera in fondo alla parola. - Sorriso - Parola/e incomprensibili - Intervento dell’intervistatore Registrazione n°1 ( R1 ) Nome – Simona Età – 22 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Cosenza Registrazione effettuata a – Trento Data – maggio 2007 Durata – 8’ 30’’ Allora, esattamente quattro anni fa, mi sono diplomata.. perito chimico.. e≥ ho frequentato due anni di.. di università alla facoltà di Farmacia… però≥ … avevo presentato .. ₪ domanda per≥ ≈+ e≥ per≥ … insegnante tecnico-pratico nelle scuole superiori, nella provincia di Trento, domanda di insegnamento. Non mi aspettavo che≥ arrivasse la chiamata, dopo due mesi che avevo presentato domanda, invece è arrivata. E≥ all’età di diciotto anni sono… sono venuta su, e≥ a 1200 chilometri di distanza da casa mia…. e≥ è stato difficile soprattutto il primo mese, il primo anno che sono venuta qui, il primo mese. Anche se avevo un appoggio, comunque≥ st… abbastanza stabile dato che è qui mia zia, qui a Trento. Però è stata dura lo stesso, e≥ sono andata avanti, con l’aiuto≥ ≈+ dei miei zii, ma anche di alcune persone che ho incontrato qui, di nuovi amici. E≥.. il lavoro che faccio mi piace, anche se per la mia età… e.. ho dovuto superare diversi ostacoli.. difficili. E≥.. ogni volta che c’era un problema, ho dovuto sempre gestirlo da sola, se andava bene ≈ ero contenta, se andava ma.. andava male mi≥.. mi riprendevo e dovevo comunque cavarmela da sola. E≥… sono comunque contenta di.. di aver fatto questa esperienza; adesso insegno da quatII tro anni, e≥ ho raggiunto una maturità che prima… che prima non avevo. Però ho dovuto rinunciare a… tante cose: ho dovuto rinunciare alla mia famiglia, che comunque vedo soltanto tre volte all’anno, ho dovuto rinunciare ai≥… comunque.. ai miei amici, che non vedo più, i miei amici d’infanzia, le persone con cui comunque sono cresciuta. Ho dovuto lasciare il mio ragazzo, che è giù, però≥ ≈ qui ho trovato alcune persone, poche ma buone, che mi hanno… che mi hanno aiutato, e≥ ≈ l’ambiente della scuola, comunque è difficile, difficile, pesante, però… comunque molto gratificante; e≥.. mi sono trovata bene, ho lavorato con persone che≥… che mi stimav… che mi stimano ancora oggi, e che… comunque si è stabili… si è instaurato tra di noi un rapporto… e≥ di complicità, di rispetto reciproco, e≥.. è strano trovarsi dall’altra parte, dopo quattro anni, perché.. prima studente, adesso invece… docente. Però≥ ripeto che è stata un’esperienza che.. rifarei, e alla quale non rinuncerei per niente al mondo, anche se ciò mi costa.. mi costa tanto. ≈ e≥ ho imparato a vivere da sola, perché fino a quattro anni fa pesavo… comunque sui miei genitori, non ho mai avuto problemi di.. di denaro, mai problemi di pagare… affitto, bollette, spese o cose varie. E≥ ≈ adesso invece… e.. in un ambiente diverso come, comunque il Trentino, e≥… e gestire spese che comunque sono mie, come l’affitto della casa, spese mese per mese, bollette e cose varie, ho imparato anche.. e ho capito che cosa significa… guadagnare… e che ☺.. e≥ gestire i soldi comunque.. tuoi. E.. c’è.. e ₪ rinunciare anche a≥… a tante cose per poter arrivare alla fine del mese con.. dei soldi da parte. Almeno per≥ le cose che ti possono servire. E≥… sono maturata tantissimo in questi anni… e≥.. un’esperienza.. e forse soprattutto... la regione Trentino che so.. mi ha aiutato di più, perché è una regione un po’ particolare rispetto alle altre, con i diversi statuti che ha… e≥ ≈ e in questa regione comunque, anche se non è la mia regione e abituarsi è.. difficile, è difficile anche per≥… nuove conoscenze, anche fare amicizia con le persone del luogo, però comunque è una regione che mi ha dato tanto. E≥… perché comunque alla fine mi sono trovata bene; passerò ancora qui credo… anni, parecchi anni di… della mia vita, però un indomani credo di.. spero, di tornare a casa e≥ ≈+ niente ☺ [ i.d.i. ] qui in Trentino.. allora.. e≥ ho trovato.. di più rispetto alla mia regione, per quanto riguarda le ricchezze dal punto di vista culturale, e≥ paesaggistico e tutto il resto, però di meno per quanto riguarda e≥ i rapporti personali. E.. con.. con le persone che.. del luogo è difficile instaurare un rapporto… e.. infatti gli amici che io ho qui sono… sono tutti meridionali, essendo anche io meridionale, venendo dalla Calabria. Le persone che ho conosciuto, le persone con cui ho instaurato dei.. dei rapporti veri sono… sono meridionali anche loro. Poche sono le persone del luogo con cui ho fatto amicizia. E≥ poi una cosa che qui… ₪ non mi piace, essendo abituata al.. al clima del mare, al caldo e≥ la temperatura… temperature forse un po’ troppo esagerate per noi ≈+ [ i.d.i. ] nel complessivo giudico questa esperienza di vita e di lavoro, perché sono qui per lavoro, positiva, positiva per me in prima persona, e credo anche per gli altri, per le altre persone che mi… che mi circondano, che mi stanno.. dietro, come la mia famiglia, che sono orgogliosi di me, e io orgogliosa di… di me stessa. E≥.. un’esperienza che rifarei… tranquillamente. [ i.d.i. ] allora… il distacco dalla mia famiglia quattro anni fa è stato≥ pesante, dura soprattutto per loro, vedere una… una figlia di diciotto anni che va via di casa… e≥… è stata difficile, come situazione soprattutto per… per mia mamma, e≥ però adesso.. sono loro i primi a dirmi che devo andare avanti, che.. la lontananza non mi deve≥… non devo aver paura della lontananza, non mi deve fermare, non devo rinunciare al mio lavoro per tornare giù, e≥ perché comunque anche se loro sono distanti, sono vicini a me, quindi non… anche se le vedo, li vedo soltanto tre volte all’anno, però è come se≥ … se loro fossero qui vicino a me. [ i.d.i. ] adesso è quasi un’abitudine stare qui. Mi sono quasi abituata, non completamente, però quasi abituata a vivere… qui. Mi trovo bene. [ i.d.i. ] le mie prospettive di vita sono≥… trovare un futuro qui, nel senso≥ … avere un’immissione in ruolo qui nelle scuole e poi≥ ritornare giù… in Calabria da me. Avere il posto giù e… poter formare una mia famiglia, giù nella mia… nella mia terra, vicino ai miei genitori e ai miei amici. III Registrazione n°2 ( R2 ) Nome – Alessia Età – 20 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Vicenza Registrazione effettuata a – Trento Data – settembre 2007 Durata – 5’ 04’’ Dunque, quand’ero piccola sognavo di diventare una cantante famosa… ≈ ₪ la musica infatti è sempre stata la mia passione. Ricordo che passavo le ore intere a ballare nella mia camera… ≈ cantando a squarciagola tu…, i testi di tutte le canzoni che mi venivano in mente. Da, dai cartoni animati…, per esempio adoravo Cristina D’Avena, che all’epoca per me era davvero un mito… ai più svariati cantanti di musica italiana ad esempio Jovanotti, Laura Pausini… c’era un gruppo… ₪ i Neri per caso. Adesso non, nemmeno esistono più, credo… ₪ all’epoca ricordo che mi piacevano tantissimo. Alle scuole medie poi, imparai a suonare il flauto traverso e il pianoforte addirittura… perché ero così convinta che sarei diventata una cantante che… appunto pensando al fatto che… se avessi imparato a suonare qualche strumento… avevo qualche possibilità in più. E poi mi piaceva l’intonazione della mia voce e tutt’oggi mi piace la mia voce. C’è stato un periodo che addirittura volevo farmi insegnare da mio padre a… suonare la chitarra visto che… ₪ la suona ormai da anni lui. Anche se in realtà… ₪ mio padre ha sempre voluto che io diventassi un’infermiera ≈+ più insisteva su sta cosa e più sapevo che non sarebbe mai successo, nel senso che.. ₪ ho sempre.. ₪ il mio carattere mi ha sempre portato ad essere ≈+ diciamo… un po’ ribelle ecco! E poi…₪ difatti così è successo anche per il calcio, ad esempio ricordo che lui voleva.. una figlia interista… come poi il resto della famiglia…₪ è interista. E invece poi, poveraccio, si è ritrovato una… una juventina sfegatata. Eh.. alla fine, alla fine non sarò né un’inferriera e non sarò tantomeno una cantante… se penso a quei tempi… mi vien da ridere nel senso che erano tempi spensierati in cui… ₪ spess.. uno immagina che anche l’impossibile può succedere. Poi… poi col passare del tempo appunto… il sogno.. diciamo così… eh, questo sogno è svanito; ti svegli e ti accorgi che invece in realtà.. devi puntare a portarti il piatto diciamo.. sulla tavola e magari alle spalle con venti anni di studio senza tregua. Altr… altro che musica poi! ≈ e così ora mi ritrovo praticamente a… a frequentare il terzo anno di servizio sociale, con la speranza magari… che ne so, di diventare un’ottima assistente sociale in futuro. ≈ Eh… almeno, almeno ce la metto tutta. Mi piacerebbe lavorare nell’ambito psichiatrico ad esempio, o magari… in.. in servizi per minori, visto che.. ₪ anche in passato ho avuto la possibilità di… di sperimentarmi in questa cosa qui, nell’ambito comunque di… un servizio di volontariato. ≈ Finora.. ₪ ho avuto… per quanto riguarda questo ambito dei servizi alla persona, ho avuto la possibilità di… sperimentarmi nell’ambito degli anziani ad esempio, oppure in quella… nell’area materna-infantile, in particolare in consultorio familiare. Eh ho fatto appunto alcune piccole esperienze… in comunità minorili ≈ come volontaria, affiancavo un’… l’educatrice di questa comunità. ≈ L’ambito delle dipendenze invece sia.. che siano esse da al… sia da alcool che di stupefacenti invece mi spaventa. Anche se poi magari che ne so… nella vita mai dire mai ≈ tutto può succedere. Intanto… intanto… pensiamo a laurearci, a trovare un posto di lavoro valido ≈ vis.. visti tutti i sacrifici IV che facciamo e poi con l’esperienza e il passar del tempo… si vedrà. ≈++… ₪ Anche se noi giovani purtroppo… conviviamo con il timore del lavoro precario, per quanto si studia, infatti, non è.. non è affatto detto che si riesca a trovare un lavoro altrettanto valido e… e soprattutto a lungo termine. ≈+ …₪ non credo siano tempi felici quelli in cui viviamo oggi …₪ ad ogni modo… ad ogni modo ce la mettiamo tutta. Ricordo ad esempio che mio nonno diceva spesso che… bisogna puntare al massimo per trovarsi bene, e… e sinceramente pe… mi sa che proprio che aveva ragione. Registrazione n°3 ( R3 ) Nome – Evelyn Età – 22 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Trento Registrazione effettuata a – Bressanone (BZ) Data – giugno 2007 Durata – 8’ 39’’ Allora, la mia famiglia, in casa ci siamo io, il mio papà e mio fratello… e viviamo assieme e mio fratello più piccolo va alle superiori. Però più piccolo d’età ma non… non più fisicamente. Eh… poi lui è sempre, vuole sempre giocare, scherzare così solo che… è molto più forte di me e quindi… mi≥… riesce sempre a bloccarmi, a fermarmi, non mi lascia andare se devo andare in camera. Mi ferma, se… mi ruba le cose così… a scuola e di… è molto bravo. Anche se… è un po’ come me, non è che studi moltissimo, però gli vengono le cose ≈ molto facili. In casa invece, non vorrebbe mai far niente, non vuole pulire così… e allora che so fà… venire il nervoso eh ≈ mi fa incazzare insomma! Eh… il mio papà è in pensione, però continua con delle collaborazioni così, quindi ha sempre un sacco di cose da fare, sia in casa con le… faccende domestiche, sia… sul lavoro. E la… gli vorrei aiutare un po’ di più però sono molto impegnata anch’io quindi non è che riesco poi molto. Poi ho due sorelle più grandi, tutte e due sposate, e… una abita vicino a casa, quindi è anche bello perché comunque passa spesso, e… viene a trovarci, la sentiamo, poi ha due≥… ha due figlie, io ho due nip.., quindi due nipotini. Eh ≈ quindi è anche bello ₪ vedere quando vengono; poi i nipotini son troppo forti; il più grande è fuori di testa ☺ ha appena due anni ma continua a parlare, non sta mai zitto, deve sempre raccontarti qualcosa così; e il piccolino non.. non sta lì ancora a gattonare però è sempre in movimento e prenderlo in braccio è una fatica e quindi, da.. continua a saltare, come lo metti in terra rotola, …………… dobbiamo sempre corrergli dietro. Invece l’altra mia sorella, eh… da poco si è trasferita, per cui ≈ mi è dispiaciuto un po’ perché comunque… è più lontana, poi lei fa un lavoro ≈ dove… lavora molte ore, così, quindi non è che ha la possibilità di venire a trovarci. Adesso però è incinta anche lei, e… quindi è a casa e quindi… ogni tanto si fa sentire, poi ha molto tempo libero, quindi ci chiede sempre: “cosa hai fatto? Posso venire a pranzo?” così; quindi per adesso… nonostante sia andata ad abitare in un posto lontano, è comunque… abbastanza presente. ≈ e… poi c’è il mio ragazzo… e stiamo assieme da un sacco di tempo… la nostra storia è sempre stata un po’ per me… una fatica per il fatto delle distanze, ché lui ha sempre abitato in un posto lontano, poi quando ci siamo messi insieme eravamo anche abbastanza piccoli, quindi non è che potevamo ≈ non è che potevamo… vederci spesso, ad esempio i primi anni che eravamo assieme, il suo regalo di compleanno V era poter venire a trovarmi. ( ? ) niente, non poteva venire a trovarmi un pomeriggio. E… adesso che siamo cresciuti e magari abbiamo un po’ più di possibilità, lui ha dovuto andare via a studiare; fa una scuola che qui non c’è… e le.. e questo mi è costato molta fatica, accettare il fatto che lui dovesse andar via, però l’ho… l’ho proprio spinto.. anche a≥… a andare avanti, a portare avanti questa scelta e coltivare questa sua passione. Perché son convinta che se uno non.. non fa le cose che gli piacciono, non coltiva i propri interessi, e… nella vita sarà sempre scontento insomma. Almeno magari non so se riuscirà… a sfondare o ad entrare in quel campo lì, però perlomeno potrai dire: “c’ho provato, ho visto che non ero all’altezza”, non gli rimarrà un… un rimorso. [ i.d.i. ] Al di là delle… degli studi io ho un sacco da fare; faccio, adesso lavoro, sono educatrice in una cooperativa... e… per minori; è un lavoro che mi piace, però è un lavoro anche che… richiede tanto, non è che puoi… quando torni a casa, di dire: “va bé io ho finito le mie ore”, qui non puoi chiudere, insomma ti vengono in mente le storie dei bambini, ti vengono in mente… e… magari quando ti hanno fatto ridere, oppure quando ti hanno fatto arrabbiare. E… ti vengono in mente i loro genitori ≈ e ₪ e senò cerchi sempre un po’ di ≈ si, ci resti anche un po’ nella testa no, in tutto, in tutto quello che fai, e non riesci ≈ per loro sogni, speri qualcosa di bello, una vita normale, un… un futuro sereno e così, invece, poi l’ambiente così [ i.d.i. ] Ah.. un po’ tutti e due, nel senso che… durante la mia vita penso sempre al lavoro, poi al di fuori comunque io faccio volontariato, eh… come, sono un gruppo di ragazzi che fanno formazione per bambini e fanno dei lavori per sostenere delle missioni. E quindi l’idea educativa, così.. i bambini.. cioè è sempre comunque presente un po’ nella mia vita; anche il fatto di accettare questo lavoro, anche se non ho bisogno, rimane un po’ il mio desiderio di stare con i bambini… il mio ruolo≥ educativo… che non è solo quello dell’insegnante ma può essere insomma, anche quello, sia dell’animatore che dell’educatore [ i.d.i. ] si… ho.. ho il desiderio di fare bene… di diventare un.. una maestra, una brava insegnante ≈ ₪ non come le insegnanti che ho avuto io, poi mi spaventa un po’ perché non se≥ sarò all’altezza, perché sono un po’… disorganizzata, disordinata e.. invece, insomma l’insegnante deve essere anche molto preci- sa, deve sapersi organizzare bene il lavoro, dividersi le cose… e≥ però proprio riuscire a fa- re una scuola che piaccia ai bambini, che li diverta, e che≥.. siano.. contenti e che sia anche utile, cioè non.. veniamo solo a fare delle belle cose ma facciamo qualcosa che ci serve, impariamo qualcosa. ≈+ [ i.d.i. ] ho viaggiato, non moltissimo, però mi piacerebbe un sacco… l’ultimo viaggio che ho fatto è stato a.. Budapest, e sono andata con≥ dei miei amici… e col mio ragazzo, è stato bellissimo. Siamo… è stato un viaggio avventuroso, perchè era al super risparmio, quindi abbiam fatto≥ un viaggio in treno infernale… di notte, ci han chiesto i documento otto volte, continuavano… c’era il riscaldamento, siamo arrivati al caldo, spegnevano, siamo arrivati il freddo e… siamo arrivati lì che eravamo stravolti, non abbiamo dormito niente. L’albergo all’inizio sembrava una catapecchia, ( ? ) ci siam presi un infarto ☺ pensando che ci avessero preso in giro, perché avevamo≥ ordinato via Internet, e invece… poi era anche carino, poi… è stato bellissimo l’intera città. Poi io… volevo una seconda visita, volevo veder tutto, avevo sempre la guida in mano, che tutti i miei amici, dopo un po’… ☺ me li cantavan dietro perché≥ se non riuscivo a veder tutto rimanevo male. Dicevano be.. “stiamo in vacanza… bisogna anche≥ esser contenti di quello che abbiamo e.. e anche divertirsi.” Poi anche due erano una coppia, è stato bello andare con loro, perché ins… abb… unito anche.. in relazione le due, le due cose [ i.d.i. ] da sola si, un viaggio così lungo si. Poi dopo sono stata a≥… invece a Parigi, a Berlino, però sempre con la famiglia. Allora lì sei sempre un po’ un… pacco più o meno trasportato. La cosa bella di sto’ viaggio è stato anche vedere che≥… siamo riusciti a organizzarci, siamo riusciti a≥ trovare≥ tutto, a spendere anche poco, a divertirci, a vedere≥… e≥, era anche un po’ la prima volta che provavamo noi quattro… una cosa così, invece abbiamo visto che se ci impegna- mo, riusciamo anche dove vogliamo. VI Registrazione n°4 ( R4 ) Nome – Wanda Età – 22 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Trento R. effettuata a – Bressanone (BZ) Data – giugno 2007 Durata – 6’ 11’’ Allora… e≥… quand’ero in quarta… in quarta liceo, sono andata a… a Barcellona in gita, e≥… ho trovato una realtà che è completamente diversa dalla mia, che vengo da un paesino di montagna abbastanza chiuso, piccolo, e≥… siamo in pochissimi abitanti. Sono arrivata lì e… e c’era diciamo il mondo no! A differenza di quello… di quello che.. che c’è… che c’è da me. E≥… sono stata una settimana, cinque giorni, però penso di non essermi mai divertita così tanto… e≥… durante quel periodo, diciamo. Anche perché ero in una classe di tutte donne, tutte… sai… tutte≥… ☺ non mi viene la parola… un po’… di… mai unite, sempre ≈ [ i.d.i. ] o.. esatto… ognuna per i fatti suoi, hhh… un po’ di rivalità… un po’ di≥… si… no.. non c’è.. esatto, invidia, gelosia, non c’è mai stato un… un bel clima, un bel rapporto, a parte con una mia compagna che però non era venuta in gita, quindi ero partita un po’ prevenuta… e.. però devo dire che mi sono trovata molto bene anche perché siamo andati con un’altra classe in cui c’erano dei miei amici così che conoscevo… e≥ hh.. e lì è stato bellissimo, perché… siamo andati a vedere un sacco di cose, il clima nonostante fosse aprile era bellissimo, a differenza de… dalle mie parti diciamo… e≥ ≈ [ i.d.i. ] ma certo ☺ tornerei… domani ≈ di… estremamente particolare, secondo me, rispetto alle nostre parti è che la mattina non gira un cane, cioè noi alle nove prendevamo e andavamo per musei pe… e non c’era ta.. non c’eran persone, non ce n’eran tante. Cioè si qualcuno probabilmente turisti ma non incontravi… [ i.d.i. ] no no no no era aprile, però… e≥ la sera, cioè tipo una sera ci han lasciato andare in discoteca così, torniamo alle quattro. Beh c’era… una marea di gente, mai vista g.. tanta gente a quell’ora in giro… bellissima. A parte che era una delle prime volte che tornavo a quell’ora e a casa non… non lo faccio neanche adesso.. da un po’. [ i.d.i. ] cinque giorni [ i.d.i. ] no no ☺ c’era questo viale gigantesco che era la Rambla no, che ci portava da, dal nostro albergo alla città proprio. E.. e≥ era piena di artisti da… di strada, i mimi, e≥ c’erano dei clown, c’era un po’ di tutto, e.. c’era una.. tipo una zingara che faceva le carte, allora c’era una ragazza della mia classe voleva andare a farsi fare le carte ma i nostri professori gliel’hanno impedito in modo abbastanza brusco…. Inoltre io ero in camera con due delle mie compagne di classe e una sera.. siamo.. rientrate un po’ tardi, e.. andando in camera si vede che abbiamo fatto un po’ di… un po’ di rumore così, il giorno dopo volevan mandarci via dall’albergo ☺ cosa che… ci ha lasciato un po’ così.. hh.. il nostro professore è andato giù lui a parlare, diciamo ha messo a posto le cose. Però dai.. è stata un’esperienza un po’ particolare; siamo andati anche al… Camp Nou di Barcellona, e≥ appassionata di calcio come sono mi è molto… mi è molto piaciuto. [ i.d.i. ] si, si, ti ho già detto che… domani [ i.d.i. ] no, cioè.. no.. cioè.. io non… non è che sono mai andata tanto in giro nel senso anche in Italia, e mi ha.. mi ha colpito tantissimo l’acquario che c’è a Barcellona, m’han detto che quello di Genova tipo è il triplo, però non… non l’ho mai visto. Infatti mi piacerebbe molto andarci, perché… veramente è un posto fantastico; cioè… e passavi in mezzo a queste vasche con i pesci che ti giravano in.. da tutte le parti, bello. [ i.d.i. ] VII si, ma mai una gita fuori dall’Italia, da Roma in… si.. no.. a dir la verità ero andata in Austria in terza media, però… in Austria si, a Salisburgo e.. era bello mio Dio, era la prima volta che stavo via a dormire. Però ≈ niente di≥… di entusiasmante diciamo. Poi ero più piccola, forse vedevo anche meno le cose così.. però in Austria è un po’ come esser qui, cioè… [ i.d.i. ] può darsi si.. cioè.. probabilmente mi organizzerei in modo diverso; penso che organizzerei io quello che voglio andare a vedere, quello che vorrei fare… esatto, poi magari fare i… che ne so, tipo un tour… per le… le varie città. Mi piacerebbe comunque tornare in Spagna bella, bellissima; poi abbiamo visto tra l’altro, una Spagna in miniatura no, c’è anche un’Italia in miniatura che non ho mai visto, a Rimini… e infatti magari quest’estate… e… e c’è praticamente questo… questo posto dove ci sono delle case costruite≥… pi.. case piccoline, casette, fatte ognuna su.. su uno stile delle diverse regioni della Spagna: casa catalana, casa… basca… la… bellissime perché poi vedi… anche la.. la differenza abissale diciamo tra un posto e l’altro. Bello, molto bello. E≥.. e infatti mi piacerebbe andare qui però e≥ ₪ dovrei.. convincere il mio ragazzo perché ☺ da sola non ci vado, e≥ magari vado un altro anno se vado al mare con qual… quando mi laureo… se vado al mare con qualche mia amica magari.. andrò lì. Registrazione n°5 ( R5 ) Nome – Jasmine Età – 21 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Bolzano R. effettuata a – Bressanone (BZ) Data – settembre 2007 Durata – 9’ 01’’ Allora… ti racconto un po’ il mio percorso scolastico. Allora, ho fatto le elementari a Laives ≈ e≥ dal.. 90’ al 96’ ≈ e≥… cinque anni belli e brutti. Belli perché avevo delle≥ insegnanti abbastanza in gamba, brutti perché… spesso e volentieri mi sono trovata male con i miei compagni… perché mi prendevano in giro, perché ero alta. Quindi mi chiamavano sempre giraffa ≈+ e≥ abbiamo fatto parecchie gite, siamo≥.. siamo andati a… visitare parecchi castelli ≈+ e≥… poi sono venuti gli anni delle medie, sempre a Laives, ₪ in cui mi sono trovata bene… anche se lì, anche ci sono stati parecchi problemi≥… dal punto di vista relazionale in quanto c’erano… parecchie persone≥.. idiote. ≈ Anche lì abbiamo avuto diverse esperienze≥.. fuori dall’Alto Adige… in prima media siamo andati in Spagna.. abbiamo visitato per quindici giorni la costiera meridionale… e≥ poi invece in seconda siamo andati in Toscana ≈ abbiamo girato la Toscana [ i.d.i. ] e≥ è l’anno in cui ci hanno sospesi perché eravamo in un convento di suore, e≥ praticamente durante le notti… eravamo fuori a salire sui tetti, a far casino. Quindi immagina la reazione delle suore ☺ ehm≥… poi invece in terza media, l’ultimo anno siamo andati a Roma… che è stata la gita più bella≥… di t… di tutto≥.. di t.. di tutti gli anni scolastici. Infatti oggi a ( pronuncia il nome di un professore ) a Educazione ……………………….. ≈ ho riportato la gita a Roma ☺ perché è stata un.. un’esperienza emotiva forte e bella. Qualche ricordo che ci avevo in mente e≥ in quell’occasione siamo andati a vedere praticamente tutti i monumenti più importanti di Roma… abbiamo anche fatto una gita sempre nello stesso anno a Monaco ≈ dove abbiamo avuto anche l’occasione di vedere il Bayern di quegli anni, perché siamo andati allo stadio a vedere la finale di Champions Bayern.. Bayern e Manchester United… e≥.. e appunto sono state VIII due esperienze belle.. e piacevoli. Poi è stato il momento di decidere la scuola superiore.. all’inizio spinta dalla mia insegnante di italiano avevo scelto per il liceo classico ≈ solo che dopo… solo che dopo≥.. avevo≥.. diciamo≥ visto da vicino che questa scuola non mi piaceva per i personaggi che c’erano e anche per il curricolo scolastico che avevo avuto l’occasione di leggere. Quindi ho scelto il liceo pedagogico. E’ stata una decisione dura e sofferta in quanto nessuna delle mie compagne delle medie non faceva il liceo pedagogico, quindi ero.. sola tra virgolette… però questo per me non è mai stato un problema; quindi ho fatto il liceo pedagogico, cinque anni. Inizialmente eravamo una classe.. di venti femmine e un maschio. Poi ci siamo ritrovate in quinta che eravamo in quattordici. [ i.d.i. ] In Alto Adige… in Alto Adige vivo bene e.. anche se ho avuto un po’ di crisi negli anni delle superiori in quanto≥.. ho avuto occasione di conoscere la realtà della Versilia, quindi mi ero molto attaccata alla Toscana… oppure anche alla realtà della Pianura Padana in quanto c’è mia zia che ci abita, quindi ero spesso giù, avevo gli amici giù…. Però dopo≥.. diciamo che sono maturata e… considero molto più importante l’Alto Adige.. i miei amici qui, i parenti, la mia famiglia… e tutto quanto. Poi… la vita universitaria, come tu ben sai…, è molto scolastica, quindi vivi praticamente tutto il giorno qui, ti fai gli amici qui… vivi esperienze che dopo≥ piacevolmente ricordi… E≥ [ i.d.i. ] come ti ho già detto la Toscana, Pianura Padana.. e≥ non ho mai avuto l’occasione di andare nel Meridione… d’Italia. Però è una cosa che vorrei fare perché… quello che so, quello che conosco lo apprendo solo da.. telegiornali, libri e racconti. Per vedere se è proprio vero questa differenza radicale che c’è… come viene raccontata dalle persone meridionali che sono qui da noi… per vedere appunto≥.. proprio come si vive, la differenza di vita proprio che c’è da qui a là. Perché comunque≥.. l’università mi ha offerto la possibilità di… di vedere che già tra… trentini e altoatesini ci sono delle enormi differenze. Cioè, tipo noi ragazze altoatesine abbiamo di più la testa tra le nuvole, nel senso che pensiamo a divertirci, a uscire con gli amici qua e là, invece le trentine già a 19 anni parlano di matrimonio, di figli. E≥ parlano costantemente il dialetto [ i.d.i. ] per il momento no. ≈ E≥.. e poi questa cosa che comunque mi ha sempre colpito è il fatto che parlano molto il dialetto, invece noi in Alto Adige, tra i giovani, almeno, non parliamo mai il dialetto. Anche perché Bolzano come città non ha il dialetto, ci ha il tiroler che è il ted… è il dialetto tedesco, quello≥ lo parlano anche i giovani, lo parlo anche con mia nonna a volte. E≥ ≈ e invece il dialetto italiano è solo nella bassa atesina, Laives soprattutto… c’ha un dialetto che assomiglia tipo al veneto. E.. è molto parlato dagli anziani, perché poi le nuove generazioni oppure anche la generazione di mia madre non.. non lo parla; è incapace proprio di parlare, lo capiamo però appunto non lo parliamo. Emh≥… poi altre realtà che ho conosciuto, va bé le realtà austriache… e≥.. tedesche, perché sono andata a fare più di una volta le.. le gite scolastiche per… per motivi di studio e anche per parenti, emh≥ è comunque molto simile all’Alto Adige… emh≥ è molto simile all’Alto Adige soprattutto per un aspetto che mi ha colpito che è quello del fatto che molti ragazzi giovanissimi bevono tantissimo. E≥ ₪ è una cosa che soprattutto qui a Bressanone si nota, se esci la sera ci sono ragazzi da… dai 14 ai 17 anni che bevono… troppo.. e troppo spesso. E≥ a questo proposito la provincia ha cercato di.. di dare una frenata a questa cosa ₪ inserendo l’obbligo di non distribuire più alcolici dopo le 2 di notte qua e là, però… e≥.. non conta niente perché la gente comunque co… continua a comprare gli alcolici prima delle 2 di notte per poi berli dopo le 2. Quindi, in questo senso, per non parlare poi del divieto di dare alcolici ai minori di 15 anni perché alla fine non viene rispettato, anche perché ci sono.. le ragazze che dimostrano più anni di quelli che effettivamente hanno. Io invece che ne ho 22 me ne danno 17, quindi mi chiedono spesso la carta d’identità. ≈ Però≥ alla fine ci si trova bene, ci sono anche quelle agevolazioni che credo che in nessuna altra parte d’Italia ci siano. E≥ e questo è buono, insomma ti permette di vivere.. bene qua in Alto Adige, di riconoscere insomma… viviamo in un certo lusso… anche perché se dopo ci mettiamo a parlare con gente che abita≥ anche in altre città del Nord, però≥ ci sono… diverse discrepanze insomma IX Registrazione n°6 ( R6 ) Nome – Marzia Età – 22 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Bolzano R. effettuata a – Bressanone (BZ) Data – ottobre 2007 Durata – 6’ 55’’ Sono una ragazza di 22 anni, vivo in Alto Adige, in provincia di Bolzano precisamente… frequento il quarto anno della facoltà di Scienze della Formazione, con indirizzo.. Scienze della Formazione Primaria. ≈ Per la scuola primaria per l’appunto. ≈ ₪ Sinceramente… non sono convintissima della facoltà che sto frequentando, mi ha un po’ deluso, i corsi mi hanno deluso. Mi aspettavo qualche cosa di diverso, mi aspettavo qualcosa di più pratico, e più… utile, alla… mia professione. E.. comunque non sono lo stesso convinta di… proprio di voler svolgere questo… lavoro. Probabilmente l’ho fatto un po’ più per ripiego questa università, che per altro, non per una vera e propria passione. ≈ Però… vedremo insomma, adesso termino quest’anno… i corsi e cercherò di laurearmi entro luglio. Spero di iniziare comunque a lavorare presto proprio per… rendermi effettivamente conto se… mi piace o meno questo genere di lavoro. ≈ Mi piacciono molto i bambini, per questo avevo scelto di fare l’insegnante, anche se mi sono resa conto che ci sono troppe difficoltà; e… non mi sento effettivamente pronta o capace di affrontarle… per questo… ogni tanto penso anche a delle altre, delle alternative… come… professioni completamente diverse come quella dell’insegnante che non hanno nulla a che fare con l’insegnamento. Ogni tanto≥… mi viene così, l’idea di≥… scrivermi ad altre facoltà come per esempio Psicologia, come oppure≥ Storia, perché sono interessata anche ad altre discipline, altri ambiti. U.. a dir la verità, ho scelto Scienze della Formazione Primaria un po’ anche proprio per questo motivo, perché… pensavo di≥ avere quindi una.. diciamo una.. formazione piuttosto completa, che andasse un pò≥… in tutti gli ambiti. Quindi dalla pedagogia ma anche alla storia, geografia… proprio perché mi interessava anche, riuscire, quindi a trasmettere queste… questa cultura diciamo ai.. bambini più piccoli. Però come dicevo, appunto, non sono convintissima, quindi ogni tanto fantastico anche su altre possibili professioni. Mi piacerebbe molto fare la guida turistica, ho iniziato da un paio di anni a farlo , così come passatempo, come lavoro estivo nel mio paese. E’ una cosa che mi appassiona molto ≈ altre volte penso anche a lavori di tutt’altro genere ≈ comunque vedremo poi ne… la prossima estate… che cosa succederà dopo la laurea, se mi chiamano subito o meno. Nel frattempo comunque ho iniziato anche a frequentare il corso per≥… insegnante, diventare insegnante anche di sostegno. Eh… perché mi sono accorta che≥ ₪ molto spesso, anche se non ti capita comunque di fare effettivamente l’insegnante di sostegno, le informazioni che ti vengono date durante i corsi e quello che si studia, quello che si impara è comunque molto utile per… affrontare anche i vari problemi che ci sono in una classe… diciamo, così normalmente, anche con i bambini tra virgolette normali, non solamente con quelli… problematici. ≈+ [ i.d.i. ] Non, non ho mai insegnato finora e quindi effettivamente non so che cosa significhi, comunque.. o.. in questi anni di università, ho fatto diversi periodi di tirocinio, ho quindi avuto modo di≥ ₪ vedere un po’ com’è l’ambiente, e come un insegnante generalmente si muove. Anche se, per l’appunto, ho notato, ci sono tantissime cose… ₪ tra gli insegnanti che ho coX nociuto che non mi sono piaciute e le prendo quindi come esempi negativi per≥ nel senso… non… cercherò io di non essere una maestra come le maestre che… mi hanno affiancato nel ruolo di tutor, durante il periodo di tirocinio. ≈+ [ i.d.i. ] La mia vita futura, spero di≥ quindi laurearmi, appunto in fretta, in modo da poter cominciare qualcosa di nuovo, io sinceramente sono una persona che dopo un paio di anni inizia a stufarsi, ad annoiarsi e quindi vuole sempre cambiare, conoscere cose nuove, quindi non≥ da un lato non≥ mi aspetto nemmeno, non mi facc…, non mi faccio nemmeno dei programmi diciamo così a lungo termine, quello che accadrà accadrà, mano a mano, se nel frattempo… avrò anche altri interessi, cercherò di coltivare anche questi altri interessi. [ i.d.i. ] Mi piacerebb… a volte si, sinceramente mi piacerebbe spostarmi, preferirei vivere in, effettivamente in Italia, tra gli Italiani, perché la difficoltà della lingua è enorme, non parlando e non conoscendo il tedesco quindi, cioè praticamente tagliato fuori dalla società. E quindi, appunto, mi sent… infatti quelle poche volte che mi capita di viaggiare nelle altre regioni d’Italia, mi sento più a casa che in Alto Adige. Non ci sono i problemi di≥ comunicazione nemmeno per comprare… un chilo di zucchero al supermercato; in Alto Adige invece già questo motivo di… di… [ i.d.i. ] Ho visto già altre realtà, un po’ poche, cioè dic… poche ma molto varie, sono stata in Sicilia e ho visto un modo di vivere completamente diverso dal… quello che c’è in Alto Adige. Ovviamente ci sono i pro e i contro ₪ dell’Alto Adige mi piace l’ordine, mi piace il rispetto delle regole, la pulizia cosa che non esiste in tantissime altre regioni d’Italia e non riesco a tollerare. Per esempio guardo soltanto il caso del traffico, come si guida in Alto Adige e come si guida in Sicilia… penso che non prenderei mai una macchina in mano ☺ non mi metterei mai al volante in Sicilia, proprio perché non, non ci riuscirei. Eh… [ i.d.i. ] se ce ne sarà occasione… si, spero di si. Non si sa mai; mai dire mai quindi… ho avuto anche… più volte ho pensato di≥ trasferirmi effettivamente per motivi personali in un’altra regione, e più volte ho pensato appunto che avrei potuto lavorare in un’altra regione. Fortunatamente la regione in questione era una regione che offriva molto dal punto di vista dell’istruzione, quindi… non avrei avuto sicuramente problemi a… trovare un impiego o≥ mi sarei… penso mi sarei trovata bene. Se ci sarà≥ modo di farlo, si senza problemi. Registrazione n°7 ( R7 ) Nome – Miriam Età – 22 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Trento R. effettuata a – Bressanone (BZ) Data – gennaio 2008 Durata – 9’ 30’’ Eh ☺ fare monologhi non è proprio il mio forte, perché di solito io non parlo molto ma penso molto. Penso, penso, penso tanto che alla fine faccio le mie cose, me le distruggo; come dicono a casa mia: “me le faccio e me le mangio”. E quindi vengon fuori anche di quei casini mostruosi, perchè io poi penso un sacco di cose che poi non sono la realtà. Riesco a confondere anche realtà e fantasia, però ☺ tutto bene. Ehmm, però non volevo parlare di realtà e fantasia, quanto più di… di una cosa spiacevole che mi è successa ieri. Ieri sono tornata ad essere una studentessa normale, non che prima… non fossi una studentessa norXI male, ma prima almeno avevo un… un… minimo di incarico, ero rappresentante del Consiglio di facoltà per… rappresentante degli studenti nel Consiglio di facoltà, e quindi avevo… un privilegio e mezzo… legato a questa carica, che era quello di poter fare le stampe in ufficio studenti e di avere ☺ la… la chiave dell’ufficio studenti. Bene, con le elezioni la mia carica è decaduta e ieri tutto di un colpo ho avverato che, che non ho più questi privilegi, perché mi è arrivata una mail dalla cara e simpaticissima segretaria del… di facoltà che è una grandissima rompiscatole, ma non ne parliamo, che gentilmente mi diceva: “ ciccia, consegna le chiavi al signor ₪ .. tecnico, ☺ e fallo anche in fretta” e io, tipo in cinque minuti le ho portate lì, tanto che questo pover’uomo mi ha guardato come per dire: “ tu sei un alieno, me le hai già portate? ” e… ha strappato sotto i miei occhi la firma che avevo fatto, con la quale appunto≥… mi veniva dato… questo≥ questo fardello, perchè alla fine avere una chiave dell’università è un fardello. E subito dopo, ho anche realizzato che non potevo più stampare, avevo da stampare un.. una tesina per un… un esame e non mi stampa proprio niente, ma non solo lì, anche in tutte le altre stampanti dell’università. ☺ allora.. da un bravissimo tecnico dei computer, il quale mi ha detto: “ ma tu non hai più diritto di stampare ” e io: “ come non ho più diritto di stampare? ” e fa: “ no, perché tu non hai più privilegi ” e io, sinceramente: “ tanti calci nel culo prima.. e anche adesso. ” ☺ però vabbé è lo stesso. E.. ( ? ) questa cosa, e mentre sono passate un paio d’ore, quelle≥ insomma di routine, che si trascorrono a far nulla all’interno dell’università, e io sono andata in crisi perché sono tornata una studentessa normale: non ho più privilegi, non faccio più niente, mi rompo le scatole come prima a correre dietro agli studenti, che non vanno dal loro rappresentante nuovo ma vengono ancora da me, però insomma va tutto bene, non ho più niente ma ho solo un sacco di problemi. ☺… Se non altro pensiamo che oggi è il 30 gennaio, sono tre mesi che sto insieme al mio fidanzato che non vedo da dieci giorni, perchè casualmente è ammalato. Cioè gli uomini e le malattie sono una piaga cosmica. Perché lui non so… ☺ non so bene come funzioni però comincia con… “Miriam, ho un po’ di mal di gola ” e io dico: “ Roberto, attacco doppio: propoli più argotone: uno su per il naso, l’altro giù per la gola. In due giorni sei guarito ” La cosa funziona con me, con lui che non fa questa cura no che non funziona. E quindi il giorno dopo “ e sto un po’ peggio ”, quello dopo “ sto ancora più peggio ” e.. ₪ dopo… “più peggio” non si dice, ☺ fa lo stesso. Eh.. e dopo due giorni praticamente ha la febbre.. cioè lui è riuscito ad ammalarsi martedì scorso e domenica aveva ancora trentasette e due. Io posso capire che il virus che gira ultimamente sia di una potenza abnorme, ma mio padre, quel sant’uomo, in due giorni l’ha sconfitto, lui no. A ventisei anni è ancora lì, che c’ha mal di pancia, mal di stomaco, poi mi dice che.. che c’ha… c’ha male alla pancia, che però≥ fa: “ io son tutto duro ” facc.. io penso: “ Wow che figo! ☺ ho un uomo con gli addominali di ferro! ” ☺ “ Veramente no, non sono gli addominali, è lo stomaco che mi fa male ” Ma hey permaloso! ☺ e va bé, c’è chi può e chi non può, lui può… e.. ☺ e io penso: “ mannaggia, ho un moroso super figo ” e invece no, ho solo un moroso che c’ha il mal di pancia. Però venisse su questa sera, me lo auguravo di tutto cuore, mi facesse compagnia, di potersi vedere… ma penso che non stia ancora tanto bene, perché ieri ancora si lamentava per dolorini vari. E va bé, cosa ci volete fare! Intanto sono passati tre mesi, tre mesi nei quali, io praticamente ho subito un sacco di cambiamenti, tutti positivi ma anche alcuni negativi, perché comunque avere il moroso vuol dire mettersi in gioco il triplo, avere una persona.. onnipresente nella tua vita o quasi, o comunque verso la quale, che devi curare il più possibile, perché abbia ancora voglia di rimanere insieme a te, cosa che invece prima non accadeva perché davo per scontato che mia mamma e il mio papà volevano stare vicino a me, se mi hanno dato alla luce ☺ ₪ ci sarà qualche motivo. Non è solo l’Enel che ha contribuito, insomma ☺… si perché mi è arrivato un bellissimo messaggio per il mio compleanno che era mercoledì scorso… ☺ no, il 16, era già due mercoledì fa. E≥ da un mio amico di Brescia che mi ha scritto, e≥ “ tre anni fa venivi alla luce…” diamo… ringraziamo l’Helen per il contributo… qualcuno mi fa segno che è XII roba vecchia, io l’ho vista come una cosa super originale… gli ho detto che era un grande perché mi ha detto una cosa così carina, ma evidentemente gli scriverò che è un brutto pezzo di cacchetta perché… ☺ mi ha scritto una cosa… riciclata! ☺ E a me non si possono riciclare le cose, perché io sono una persona originale ☺ e soprattutto non sono una persona ordinaria… ecco! Forse è una delle cose, tra le mie caratteristiche migliori il fatto di non essere ordinaria, ma di riuscire a…a zigzagare fra le regole del mondo, dando sempre un po’ di originalità. ≈ E questa è una cosa che mi piace perché comunque le persone poi mi prendono p.. per pazza, per una.. sclerata fuori dal comune… o senò l’altro ca… ₪ perché c’è anche la, la parte d’al di là, mi credono una suorina casa-scuola e≥… e chiesa, ovviamente. Mah.. però non mi conoscono ta… e coro ovviamente, perché.. viva il mio coro!... Coro giovanissime della parrocchia di Tione di Trento ☺ .. facciamo un po’ di pubblicità… e≥ però non è vero, perché… non c’è solo nero, e non c’è solo bianco, c’è anche una.. tutta una serie di gradazioni di grigio in mezzo… però il grigio a me non piace, quindi facciamo tutta una serie di colori che ci sono in mezzo e io sono un… un… tutta una serie di questi colori, perché.. a volte≥ c’è la parte di me casa, chiesa e scuola, tutta ordinaria, ma c’è anche la parte fuori dal comune che comunque.. si abbina molto bene alla parte casa, chiesa e scuola, perché.. dopo ventitrè anni di lotte interiori così, siamo riusciti a≥ a… fare unire bene queste due anime che ci sono in me. Il mio moroso però sta apprezzando questa cosa, perché da una parte continua a dirmi di smetterla di fare la buona, perchè≥ mi sto guadagnando solo un posto in paradiso. Dall’altra parte mi dice che sono adorabile, perchè≥ con me chi può non andare d’accordo? cioè tutti vanno d’accordo con me, perché alla fine riesco sempre a conciliare le cose. Sono un tipo come direbbe… il nostro caro professore del quale abbiam fatto oggi.. il.. l’esame, direbbe che sono una moderatrice all’interno del gruppo. ☺ perché io cerco di prendere un po’ di buono da una parte e un un po’ di buono dall’altra, ma senza fare come i politici del giorno d’oggi che cambiano bandiera come cambiano le mutande… io non cambio bandiera, io ho una bandiera mia, nella quale cerco di vedere il buono e il brutto delle cose. Sono 7 minuti e 34 secondi che parlo e non mi sembra vero, perché… è la prima volta che parlo così tanto, così… come… se… ☺ e forse ce n’era bisogno. Grazie alla persona che mi ha fatto fare questa cosa, perché ogni tanto si ha bisogno di parlare con se stessi, perché si parla sempre con gli altri ma alla fine non si dice mai veramente quello che si pensa… o… intanto vengono fuori di quelle boiate che dici: “ l’ho pensato veramente io? ” però ☺ insomma, va tutto bene… Ecco, va tutto bene, ma delle frasi che sto dicendo di più, per autoconvincermi, penso… perchè≥… a parte questa musica or… orripilante [ poco distante due ragazzini ascoltano una musica dal telefonino ] che non ascoltavo neanche quando avevo… cinque denti in più ☺ o sedici del giudizio, ☺ qui, che sono quattro del resto. E≥… no mi devo autoconvincere che va tutto bene perché comunque le cose da fare sono tante e il tempo a mia disposizione è poco, perchè comunque sono una persona che quando gli.. si .. chiede di prendersi un impegno.. accumula, e≥… e quindi insomma, sono un po’ infognata, però≥ ce la si può fare. Comunque vada sarà un successo diceva Chiambretti.. mi sembra.. a.. al Festival di Sanremo di qualche decennio fa. Festival di Sanremo, cazzarola! Inizia anche quest’anno è una piaga eh! Perché comunque ce lo propinano in tutte le salse, in tutti i modi; prima, durante e soprattutto dopo, perché dopo fan tutte le critiche e dopo ti dicono: “ eh ma perché il prossimo conduttore sarà… ” e si sa un anno prima chi lo conduce, le vallette e ci rompono le scatole per un anno, nell’attesa di un Festival di Sanremo che sia migliore di quelli prima, ma che alla fine non è migliore di quelli prima, perchè ormai è ro-ba vec-chia, VECCHIA! ☺ Perchè Sanremo è Sanremo! taratattatarà Registrazione n°8 ( R8 ) XIII Nome – Michela Età – 23 Professione - Studentessa Provincia di residenza – Trento R. effettuata a – Bressanone (BZ) Data – gennaio 2008 Durata – 8’ 53’’ Allora lunedí mattina son partita alle 6.. e mezza da Canazei per andare a far tirocinio, perché io devo far tirocinio.. a un quarto alle 8 il lunedì mattina devo essere a Chiusa. Son partita, da Fiera faccio il passo, l’avevo fatto venerdì e dici… il passo è riaperto venerdì, tre giorni di bello è riaperto anche il lunedì mattina! No perché non avevo calcolato che la domenica c’erano state le raffiche di vento e… c’era… 6 met… la neve avevan chiuso anche gli impianti, c’era neve dappertutto. No a parte, guardare il cartello non esiste. Parto, vado, arrivo su in cima, 20 minuti andare su ta ta ta, arrivo in cima al passo vedo neve per terra. Boh! Va bé! Ho detto “magari… sono scesi dall’albergo han portato neve”… va bé ho detto “vado” di punto fatto vado in giù, faccio… 5 metri ≈ faccio 5 metri e mi tro… non c’è più la strada. Come non c’è più la strada? Chiusa!... prendo il telefono chiamo al mio moroso “amore non c’è più la strada” ☺ “co.. come non c’è più la strada?” “no, non c’è più la strada” C’eran 6 metri di neve in strada; torna in giù, torna indietro, vai in giù, se dovevo fare il giro da Ora.. ci mettevo 2 ore, a Chiusa non arrivavo più, anche perché avevo 1 ora e mezzo di tirocinio e potevo anche stare a casa. Per fortuna era aperto l’altro passo, vai su, vai giù a Bolzano, arrivo a Chiusa, fai tirocinio… cotta! Tra l’altro.. era divertente, abbiamo fatto il gioco dello sceriffo. Il gioco dello sceriffo praticamente ti metti tutti i bambini in cerchio, c’è il maestro in mezzo che fa lo sceriffo, che è diventato lo sceriffo la volta prima, che deve praticamente sparare a un bambino… quel bambino si abbassa e gli altri due si devono sparare, l’ultimo che spara viene eliminato. Così fino alla fine, poi alla fine praticamente, e≥ devono fare il… il duello finale; c’è il duello finale, si devono mettere schiena contro schiena, conti 10 passi, ti giri, e il primo che si gira e spara e l’altro è morto e vince. Ieri ho vinto io e sono diventata il nuovo sceriffo… e allora adesso i bambini mi chiamano sceriffo. Perchè prima mi chiamavano Little Hut… perché e.. praticamente il primo giorno mi hanno chiesto qual è il mio soprannome, il mio soprannome è capannina. Allora il maestro l’ha tradotto, siccome faccio il tirocinio con il maestro di inglese, ha tradotto in inglese “noi ti chiameremo Little Hut” Allora invece adesso sono lo sceriffo. ≈+ Poi sono arrivata a casa e ho dovuto studiare per questo esame simpatico, e il pomeriggio sono arrivata qua e c’erano i miei bambini del tirocinio con la ( nomina una prof. dell’università ) ≈ Ah con la prof. ☺ e.. e allora la prof mi ha chiesto se andavo con loro ma ho dovuto dire di no, “prof perché ho da studiare per il suo… esame”… e allora… ☺ ho detto no. Va bene, vado a studiare, poi c’erano i miei bambini preferiti ≈++ [ i.d.i. ] Ah, quest’estate spero di laurearmi a luglio, non so se ce la farò, penso di no, non lo so andrò a rompere un po’ il prof. e.. e ☺ tipo in questi giorni che non ci sono esami e ₪ anzi, quasi quasi vado a dirglielo. Ehm≥ allora quest’estate andrò e… mi laureo a luglio, ad agosto non faccio niente, anzi il mio moroso vuole che faccio il trasloco perché vuole andare a vivere ☺ insieme. E≥ però devo ancora dirlo alla mamma, anche perché devo andare in un appartamento che abbiamo noi… però devo ancora dirlo a mia mamma, perché è il mio, quindi sarebbe il mio, c’è mio fratello che si è mollato con la morosa ☺ però ha deciso di rimanere comunque a vivere da solo, e allora non si può. Poi poretto, adesso si è anche spaccato i legamenti [ i.d.i. ] Progetti per l’estate, andare in vacanza, fare una vacanza, le ferie de.. della laurea ☺ ₪ mi laureo, o senò starò a casa con il mio bambino. Cioè.. non ho programmi, boh non lo so, và dove ti porta il cuore oh… em≥ … e poi passerò, spero di passare un’estate bella come quella scorsa XIV e≥ e niente ≈ e poi si, e.. perchè è stata bella, perché è stata bella, perchè ero tranquilla, perchè≥ ho passato l’estate con la mia amica di tanti anni fa che c’eravamo perse e adesso è diventata mamma di una bellissima bambina che adesso ha 1 anno e… 2 mesi. Ho passato tutta l’estate con la.. piccola.. e con la sua mamma e.. e adesso è incinta un’altra volta. ☺ e ha 1 anno in più di me ☺ e gli ho detto “tu sei matta”… e non era programmato questo, il primo si, il secondo no. Allora.. spero di passare un’altra bella estate, poi vado.. al mare, sicuro al mare. Si, là a Palos, caldo, sole [ i.d.i. ] No, guar… sai dove voglio andare? A Santo Domingo, adesso ti spiego anche perché… no ti spiego… perché dovevo andare quest’estate scorsa.. con la mia mamma e il mio papà, mi hanno detto “vieni in ferie con noi, perché un amico del mio papà c’ha la casa a Santo Domingo… vieni anche tu”… l’idea ho detto “va bene vado anch’io”, poi ho detto “ma, sono a casa 10 giorni da sola ☺” e io non sono più abituata a stare a casa con i miei, perché≥… non sono più abituata a tornare a cas…. a dirgli ogni volta che vado fuori dalla porta a dirgli dove vado, non sono più abituata a mangiare quando voglion loro ma mangio quando ho fame, se ho voglia di arrivare a casa e mettermi sul divano sdraiata e invece arrivan loro a dirmi “fai qualcosa di concreto” dimmi cosa fare perché io non so cosa fare, io adesso dormo ☺ qua non arrivano le mie coinquiline a dirmi “Miki alzati”, no, se ho voglia di dormire dormo e non son più abituata. E allora… anche per quello che… prima me ne vado di casa, dopo che mi laureo e meglio è. E allora ho detto no, sto a casa da sola, però ₪ insomma visto che c’è la possibilità di questo amico che mi impresta le chiavi di casa [ i.d.i. ] no, non sono mai stata, tranne alcune.. niente… no.. non più di tanto [ i.d.i. ] ah no, tanto chi lo sa! ☺ è da otto mesi, quindi. Non c’è problema, è da maggio che… ☺ quindi… ₪ poi no, te li passano voglio dire, se posso andare in un posto così… magari incontro anche Jack Sparron nel Mar dei Caraibi… e ma mi hanno detto che non c’è ☺ speravo io. Difatti quando mi hanno detto, mio fratello mi ha detto che… questo tipo ha la casa ma non sulla costa del Mar dei Caraibi dall’altra, ho detto “beh non incontro neanche Capitan Jack Sparron, Johnny Depp posso anche starmene a casa” [ i.d.i. ] ma si, con la zattera non lo so, io volevo Johnny Depp urlando “blum” non è che mi dispiaceva. E allora ho detto “va bé dai” però mi piacerebbe tornarci insomma… oppure fare un’altra vacanza con la.. mia amica Mara, non sarebbe male; siamo state in Croazia: un degenero. Ci siamo stradivertite: partite con la mia macchina, con la Yaris.. io.. guidavo, l’altra co-pilota con la ( vm slam ? ) non sapevamo neanche non aveva.. non avevamo una casa, non avevamo niente, partite alle 4 di mattina da casa mia co’ sta Yaris.. vai giù, a un certo punto gli dicevo “da che parte?” e lei “di là” e a un bivio dimmi “destra sinistra!” e allora la vedevi Pam! Legnate in testa.. per capire che quella era la destra perchè era il segno della croce. Mi diceva “destra!” “eh grazie!” ☺ Insomma siamo arrivate.. la mia Michelin guidava ( porage ? ) in Croazia a 6 ore, io con la Yaris ci ho messo 6 ore con due pause da mezzora l’una. Siamo arrivate… va’ a cercare una casa, allora gli ho detto ”Mara adesso dobbiamo trovare un’agenzia”… cartello “Agenzia” a 50 metri. Arriva giù, parcheggia, vai dentro: “e noi volevamo una casa≥ … per la settimana” e fanno “da due?” “eh si”… e “ho questa, questa e questa” no mi fanno, io “qual è la più vicina al mare?” “questa”, “quant’è?” “27 euro al giorno” “bon! Promosso.” Tempo 10 minuti noi eravamo in casa, tranquille, ci siamo fatte una settimana… da fuoco, poi tre giorni di brutto a dormire.. in giro la sera. Tra l’altro a settembre non c’è in giro un cane, quattro vecchi… e≥ però ce le siamo godute le vacanze.. mille foto, filmini, la Mara che canta “auimbà wè” ☺ sul cellulare ce l’ho, da morir dal ridere… e poi siam tornate dai. Registrazione n°9 ( R9 ) Nome – Angelina Età – 68 XV Professione - Pensionata Provincia di residenza – Caserta R. effettuata a – Pignataro Maggiore (CE) Data – 2007 Durata – 14’ 26’’ Allora nel 1964 sono≥… espatriata dall’Italia, mi sono recata in Isvizzera. Ho lasciato la mia bambina di 7 mesi alla nonna paterna… il mio dolore era immenso. Sono arrivata in quella terra così fredda, non capivo la lingua.. ho trovato molti disagi. Ho frequentato gente della Sicilia, della Calabria, insomma molte persone e≥.. e di tutto posso dire, di tutta l’Europa… E≥ .. tante volte non trovavo cose belle. Andavo nelle fabbriche, facevo i turni di notte e anche lì avevo tanta paura di ritornare a casa da sola. Perchè si finiva di lavorare a mezzanotte. Io e le mie amiche ci mettevamo in un cantuccio così, aspettando il treno… mah mano mano, mano mano ho≥.. ho imparato un po’ la lingua tedesca… mi sono messa a vendere in un negozio, facevo la commessa. Anche lì ho conosciuto tanti stranieri… ma≥ mi sentivo sempre triste, perché pensavo sempre alla mia bambina che stava in Italia… Dopo 7 anni mi è nata la seconda figlia, è nata in Isvizzera e la tenevo con me ≈ la portai in mano a una famiglia≥ leccese … quando la mia bambina tornava, questo mi ha colpito molto, quando la mia bambina l’andavo a prendere la sera… gli tro… trovavo segnato la faccia con le dita.. perché la schiaffeggiavano. La mia bambina mangiava così poco, io la mattina quando la portavo, gli portavo tanto di quella roba.. e≥ questa donna aveva un bambino che aveva l’età della mia bambina, mi lasciava la mia bambina digiuna per far mangiare il figlio ≈ me ne ritornavo a casa sempre piena di lacrime, ma io piangevo veramente perché una figlia l’avevo in Italia.. e non la potevo portare in Isvizzera perché eravamo≥ stagionali ≈ Dopo 3 anni ₪ no dopo 5 anni siamo diventati annuali, ma purtroppo mio marito non voleva portare la mia bambina in Isvizzera. Per non dare dispiacere a sua mamma, perché sua mamma si era tanto attaccata alla mia bambina.. che mio marito preferiva vedere soffrire me anziché vedere soffrire la mamma… e quando la mia bambina veniva in Isvizzera al primo posto doveva stare mia suocera.. veniva prima mia suocera davanti e poi la mia bambina dietro… Stavano con me all’incirca 3 mesi e dopo se ne ritornavano in Italia… La seconda bambina poi, passando da un… da una famiglia all’altra, chi buona chi male, poi finalmente trovai una famiglia svizzera, veramente che me l’accudivano bene questa bambina. ≈ ₪ che lo.. li chiamava finanche mammà e papà, mammi e pappi li chiamava. Me l’hanno tenuta così bene, e così incominciavo≥ a sentirmi un po’ felice perché vedevo che la mia bambina era felice in quella casa. Quindi le pene andarono man mano svanendo.. ma poi≥ dopo un po’ di tempo… è successa qualche altra cosa molto grave.. nella mia famiglia ≈+ ecco, mio marito, buonanima, conobbe un’altra donna.. una donna spagnola. Ecco, sono incominciate le pene d’inferno; io amavo tanto mio marito ≈ lo amavo talmente che soffrivo dalla gelosia. Lui usciva di sera e.. e si andava a incontrare con quella, ma io facevo la det… detective. Mi mettevo le parrucche, mi mettevo gli occhiali neri per seguire mio marito… Dopo 3 anni ho scoperto che la sua amante lavorava proprio di fronte casa mia, e me lo disse una signora leccese che abitava vicino a casa mia. Disse: “signora lei non sa niente, sono 3 anni che suo marito ci ha un’amante.” E≥.. e ci ha dicias… ci ha 17 anni, quindi 10 anni più giovane di me ≈ questa storia è durata per… e.. 10 anni. Io volevo ritornarmene in Italia, ho fatto finanche le valigie quando l’ho saputo, ma mio marito diceva: “no quella è stata solo una scappatella, una scappatella” ma non è stato vero. Un giorno… ₪ mentre stavo a casa, nevicava tanto, e mio marito ha detto: “sentimi Angelina io a mezzogiorno non vengo a mangiare a casa, me ne sto.. ₪ dentro alla barracca con i miei amici, mangio lì perché fa freddo.” E io ricordo che avevo una febbre altissima… Verso le 10 su.. squilla il telefono.. alché andai a rispondere e mi telefonò quella bella donna. Mi.. XVI dicendomi: “sentimi un po’ non aspettare tuo marito a mezzogiorno perché viene a mangiare a casa mia”… non so dire com’ero triste. Con tutta la febbre mi sono incappucciata, perché nevicava, e mi sono recata a.. vic.. a vic.. vicino a casa di quella donna che era una fermata di tram dalla mia casa alla casa di quella donna. D’un tratto io avevo l’ombrello in testa, mio marito non se n’è accorto di niente, ha suonato il campanello, quella donna è uscita, l’ha baciato, se ne sono entrati dentro… Io≥ non sapevo cosa fare, se suonare il campanello non suonare il campanello; mi sono decisa, ho suonato il campanello.. questa donna è uscita e mi ha detto: “cosa vuoi qui?” ho detto io: “no.. non cerco mica te, cerco mio marito” “tuo marito non è qui, entra in casa, parliamo in casa” ho detto io: “nooo io non entro in casa tua.. senò mi sporco le scarpe”… “entra entra vogliam parl… voglio parlare con te, entra” “noo” ho detto fa.. “ti do un minuto di tempo, se non esce mio marito chiamo la polizia.” Alché mio marito è uscito e mi ha chiesto che cosa facevo lì; gli ho risposto: “cosa ci fai tu qui” mentre ho girato la testa, quella donna mi ha colpito con una sbarra di ferro.. e io sono svenuta sul marciapiede.. in mezzo alla neve. Non capivo più niente. Quando mi so.. mi sono rinvenuta ho visto che si era fermato il tram che volev… che voleva≥ chiamare l’autoambulanza. E allora mio marito, sentivo le parole di mio marito, “no no andate tutti via io conosco questa donna, non vi preoccupate non è niente.” E io≥ quando mi sono alzata ho detto a quelle donne che abitavano nella casa con quella donna, ho detto: “sentite, mi fate la cortesia? Venite da≥ al commiss.. da.. la polizia criminale insieme con me?” stavano venendo, ma quella donna li ha trattenuti, perché quella era l’unica mia speranza di mandarla via.. da.. dalla Svizzera. Comunque sono andata.. alla polizia e mio marito mi ha raggiunto, ha detto.. vicino al commissariato: “io… mi vengo a dichiarare che da questa sera in poi io non dormo più con mia moglie.” E≥ il capo della polizia che ci conosceva, stavano a abitare vicino dove abitavo io, ha detto: “Signor C………. non pensa che la fa… la facc… la fa franca così ma noi andremo avanti.” “Comunque io sono venuto a dire che non abito più con mia moglie da questa sera” E’ andato a casa si ha preso tutti i vestiti.. e se n’è andato. Io ho telefonato al fratello dicendogli: “Graziano vedi che tu.. tuo ma.. fratello se n’è andato via di casa” ≈ “se n’è andato via di casa.” Così il fratello e la moglie alla sera mi hanno portato a dormire a casa lor… a casa sua. E’ passata… son passati 15 giorni e abbiamo dovuto andare a rispondere dal giudice ≈ la sera precedente che dov… che dovevamo andare dal giudice per far la causa.. e venne mio fratello… ma io, no non me l’hanno fatto vedere a me, ha suonato il campanello.. dicendo che io dovevo partire ₪ per l’Italia con lui… ma non mi hanno detto niente. Alchè siamo andati a fare la causa e il giudice mi diceva, diceva a mio marito: “signor C………. ma perché ha fatto questo a sua moglie? Ma forse sua moglie lo tradisce?” “no, non sia mai!” “ma è pulita in casa?” “si signor giudice, mia moglie è molto pulita, anzi mi fa togliere le scarpe quando entro in casa.” “ma.. lavora?” “si lavora, su questo lavora, mi porta pane in casa” “alla bambina la tratta bene?” “eh signor giudice, qualche schiaffo glielo dà” però il giudice gli ha risposto: “embè per educarla qualche schiaffo ci vuole.” Comunque gli ha dato la sentenza che lui do≥ doveva venire una volta al mese a casa mia, mi doveva telefonare prima.. di arrivare a casa per vedere la bambina. Se la doveva portare per un’ora fuori e dopo io gliela dovevo portare fuori alla porta. E così uscendo dal giudice… mia cognata che stava vicino a me ha detto: “senti… un dolore ce l’hai adesso e un altro te lo do… tu ci hai tua mamma morta in mezzo alla casa” ≈ io rimasi così≥… scioccata, non capivo più niente e quella mi scuoteva, diceva: “ma l’hai capito quello che ti ho detto?” Comunque sono arrivata a casa, piangevo perché me l’ha ripetuto un’altra volta, piangevo disperatamente: “accompagnatemi in Italia, accompagnatemi in Italia perché c’è.. ci ho mamma morta.” Nessuno ha voluto farmi partire perché avevo delle percosse.. ah.. stavo tutta livida in faccia e mio cognato ha detto: “io non ho il coraggio di metterti nel treno per farti partire per l’Italia.” .. dopo di ciò mio marito è venuto a casa, ha detto: “ti manca qualche cosa?” ho detto: “no, non mi manca niente.” Anzi gli ho fatto questa proposta, dico: “senti il giudice ha detto che tu mi devi avvertire prima di venire a casa, ti dico non mi avvertire, vieni a qualsiasi ora, non aspettare XVII neanche un mese, vieni a mezzanotte, l’una, le due… per vedere tua moglie che donna è.. vieni non aspettare come ha detto il giudice.” Comunque lui veniva più delle volte la sera e.. mi voleva tenere.. non lo posso dire, come un’amante. Ma io non glielo consentivo. “sono stata tua moglie e adesso.. hh.. mi sento di essere una signorina libera, a me non mi devi toccare. Vieni quando.. vedi tua figlia, ti posso offrire anche un caffé però stattene a casa con quella donna.” A me piangeva il cuore perché mio marito lo facevo andare sempre elegante… pulito e quando lo vedevo.. quando usciva dalla casa di quella donna… tutto il pantalone macchiato di unto. E questo non… non era mai esistito in casa mia. E più di una volta lui veniva e dice: “ fammi tornare a casa.. no.. con quella non ci sto più.” Allora io prima di fare il passo andavo a consiglio da mio cognato: “posso fare? Lui ha detto che vuole tornare” ma il fratello diceva “non farlo ritornare, perché lui ci ha questa tendenza, non farlo ritornare a casa che lui continua ancora.” Una bella sera sono tornata a casa e ho visto≥ tutta la sua roba da.. fuori al.. nel mio corridoio, lì per terra e lui seduto come un pezzente. Ho avuto compassione e l’ho fatto entrare dentro… Sono passati quindici giorni, lui faceva finta di non uscire… ma dopo quindici giorni lui è uscito, io ho telefonato subito al fratello, ho detto: “senti adesso è uscito.” Gli hanno fatto la spia e ha messo di nuovo quella donna nella macchina ≈ e se.. se ne andavano a spasso. Io non potevo fare più niente perché la legge dopo diceva “ma tu ci prendi in giro? Prima vieni qui.. perché.. per separarti da tuo marito e dopo te lo.. lo riprendi in casa. Che stiamo facendo dei giochi qua?” Ma le mie lacrime≥ scottavano quando mi scendevano sul viso, piangevo tanto. Tuttavia non è… non lo.. non riuscivo ad odiarlo. E un giorno poi è ritornato a casa… e perché a me portav… io mettevo le spie, e quando glielo dicevo: “tu ieri sera sei stato lì, hai fatto questo, hai fatto quello, hai fatto quello..” Lui per la rabbia prese il libretto dei risparmi, lo voleva incendiare… Ha detto: “dimmi adesso chi è questo che ti porta le spie” non gliel.. gliel’ho voluto dire. Lui ha preso.. un… un cavo elettrico me l’ha avvolto da.. intorno alla gola perché voleva strangolarmi. Io so.. stavo sul divano, io sono stata molto sveglia, gli ho dato un calcio nella pancia e l’ho sbattuto vicino alla finestra, ho preso la bottiglia di vetro, ho detto: “adesso ti ammazzo, stai lontano da me.” Lui ha avuto paura, ha abbassato la testa e se n’è uscito… Poi lui ci.. si calmava, si calmava un po’ alla volta, però a quella donna non la lasciava mai. Tutti i sabati mi portava insieme con un’altra famiglia a≥ a.. in Francia ai Quattro Cantoni; facevamo il picnic così.. però come arrivavano le 7 di sera lui doveva scattare perché quella donna l’aspettava… Mi divertivo quella mezza giornata, ma subito si oscurava il mio cuore pensando che dovevo tornare a casa.. e mio marito si faceva anche vedere quando si faceva il bagno… si improfumava dappertutto… nelle parti intime, si faceva vedere a me. E io piangevo, piangevo; una volta ha detto lui: “non te ne accorgi che ti tengo come≥.. una scopa? che non.. che non.. ti tengo come una scopa davanti che non è più≥.. da usare.” Lui se n’è uscito e dico la verità mi sono in.. inginocchiata a terra e ho imprecato contro di lui. Ho detto: “speriamo che il Signore mi ha mangiare la tua pensione.” E me ne sono pentita dopo, perché dopo un mese mio marito è morto. Registrazione n°10 ( R10 ) Nome – Maria Età – 60 Professione - Pensionata Provincia di residenza – Caserta R. effettuata a – Pignataro Maggiore (CE) Data – Luglio 2008 Durata – 6’ 21’’ XVIII Un giorno è arrivata una zia.. che≥ suo fratello era caduto. E mi interpellò co… come nipote. Dice io sono vecchia ho ottant’anni e non posso più≥ fare la servitù. Dice: “Maria vedi di provvedere tu, interpella le altre nipote e vedi se volete prendere a sto’ zio Giorgio” che aveva alle soglie dei novant’anni. E così ho interpellato le mie… le mie cugine.. e chi ha detto di si e chi ha detto di no. E siamo rimaste in sette a fargli la servitù… Lo≥.. di mattina si andava, si faceva fare la colazione.. hh.. si puliva, si vestiva e l’accompagnavamo in piazza… Poi a mezzogiorno gli portavamo da mangiare, poi di sera lo andavamo a mettere a letto. E lui era tutto felice e contento. Per me aveva sempre un debole veramente e le cugine a volte erano pure gelose… Un bel giorno, aveva una bella casetta, e≥.. gli dissi: “zio Giorgio che facciamo co’ sta casetta? Che poi dopo ci danno fastidio gli altri nipoti che non hanno voluto fare la servitù.” Dice: “allora Maria dimmi come devo fare.” E gli feci fare una carta privata dove mi dava sta casa come servitù. Però.. e.. lui era contento, era felice e l’abbiamo fatto per otto anni. E poi è venuto a mancare ₪ il 14 febbraio. Adesso ci ho sta casetta intestata.. e.. lo so che non è solo la mia, e lo ₪ l’ho registrata, adesso la metto, la so messa ij vendita e poi del ricavato dividiamo tutte le nipote. E così stiamo tutte belle tranquille. E questo mi è successo ≈+ [ i.d.i. ] Ah però.. era.. era uno zio che si poteva tenere perchè era arzillo, era≥.. era.. hh.. non si era mai sposato, era un signorino. E lui gli piaceva vestirsi, cambiarsi, andare in piazza, prendersi il caffé, e≥.. era tutto contento perché.. eh.. tutto che, stavamo tutti intorno a farci la servitù. ≈+ [ i.d.i. ] ah è stata una cosa troppo bella, perché tutto Pignataro veramente aveva riconosciuto quello che noi avevamo fatto e abbiamo fatto. Perché dice, ci sono i genitori e non gli vogliono, non vogl… fare, non gli fanno della servitù, anzi… pure se tengono soldi, case, terreni gli mandano all’ospizio, perché vogliono essere libere, vogliono uscire, vogliono andare in ferie. Invece noi sia… facevamo ‘na giornata per ciascuno e tutte erano contente di fargli sta servitù, nessuno mai è venuto a mancare. Poi se uno aveva dei problemi, allora soccorrevamo≥, chi era≥ … facevamo ‘na giornata in più, facevamo ‘na nottata in più e la cosa più bella che≥ disse ‘na mia cugina, disse: “guarda Maria che zio Giorgio muore nelle tue mani” e dice.. perché tu sei più capace. Dopo otto.. dopo otto anni così è andata a finire. E’ stato due tre giorni veramente che non… non si alzava più, non.. non tanto si sentiva. E≥ .. un giorno non era neanche la mia giornata, dissi adesso mi prendo il lavoro a uncinetto e vado da zio Giorgio… gli faccio un poco di compagnia e mi metto a lavorare. Ma lui stava bene perché so andata di mattina, ho fatto ‘na bella zuppa di latte e≥ e stava bene. E.. e di pomeriggio sono andata verso le due e lui stava a letto tutto fresco e per bene, e dissi: “zio Giorgio vuoi qualcosa di fresco? Nu’ yogurt nu’ succo di frutta?” dice “no, non voglio niente sto bene” e mi so’ messa a rassettare un poco e aveva dei panni: n’asciugamano, dei calzini e li stavo lavando. A un tr… a un bel ₪ stavo in mezzo al cortile e dice, e mi ha chiamato, dice: “Maria” dico: “zio Giò cosa vuoi? Sto stendendo i panni” dice: “vieni qua, io hh mi credevo che te ne eri andata” dicetti: “no sono venuta per farti un poco compagnia” e ho visto zio Giorgio che aveva cambiato espressione… e dissi: “zio Giò che è successo?” dice: “no, niente” e mi so’ messa seduta vicino al letto e≥ mano mano vedevo zio Giorgio che hh… perdeva conoscenza. E≥ ho chiamato: “zio Giorgio, zio Giorgio che è successo?” l’ho abbracciato e l’ho sollevato sui cuscini ≈ nel giro di pochi attimi l’ho chiamato e non… non mi ha risposto più, mi son trovata sola io e zio Giorgio. E poi≥ ho chiamato na’, nu’ signore che passava, dice: “vammi a chiamare mio cugino che zio Giorgio non sta bene.” Ma infatti lui già era morto e me lo son dovuto lavare, cambiare, vestire e poi siamo≥ sono accorsi tutti i miei nipoti. E in tutti i modi… si è avverato quello che avevano detto, che zio Giorgio mor.. moriva quando ci stavo io, perché loro avevano paura. E questa è la mia storia che ₪ che mi è successa. E poi… a parte che non so’ neanche la nipote diretta, sono la moglie di un suo nipote che.. è pure deceduto. Io gliel’ho fatto con tutto il cuore perché era.. era come un ragazzino, era… si poteva tenere, era un vecchietto proprio a modo. Mai un.. ha spostato con la bocca, mai è stato scostumato. Lo lamava… lo lavavamo come un bambino proprio e lui si faceva fare tutto. E XIX questa è stata una bella esperienza, mi sento contenta, mi sento soddisfatta perché ho fatto del bene. Registrazione n°11 ( R11 ) Nome – Lina Età – 60 Professione - Pensionata Provincia di residenza – Caserta R. effettuata a – Pignataro Maggiore (CE) Data – Luglio 2008 Durata – 4’ 55’’ Ho conosciuto mio marito quando avevo ventidue anni ≈ siamo stati fidanzati due anni e tutto andava bene, felici e contenti. Poi un giorno ha conosciuto un’altra ragazza e se n’è andato… se n’è andato. Io sono andato appresso e l’ho visto… l’ho visto che prendeva una ragazza in macchina. Da allora sono passati due anni, non ci siamo più visti ≈ poi… ci siamo rincontrati, ci siamo risposati. Dopo due anni ci siamo sposati… dopo due anni ci siamo sposati, è andato tutto bene. Però mio marito è un tipo che non mi ha fatto ma≥i mai mai andare ☺ a fare delle gite… delle gite… delle passeggiate. E’ un tipo molto≥ riservato, dipinge tutto il giorno, gli piace dipingere i quadri; io ho lavorato in 3M, lui maresciallo dell’Aeronautica però abbiamo avuto due bei figli: uno oggi è professore di lettere, l’altro è professore di musica, sono due ragazzi che.. che non mi hanno dato mai modo di dire… “attenti, studiate!” sono due ragazzi a modo. L’unica pecca dei miei figli che non si trovano con nessuna donna… non si trovano con nessuna donna, sono un poco sfortunati nel campo amoroso. Però.. sono ragazzi a modo ed io li terrei per me fino all’ultimo giorno della mia vita. Purtroppo la vita non dura in eterno e io ogni giorno gli dico: “dovete trovare la compagna della vostra vita.” E ogni giorno i miei figli: “Ma’ fatti i fatti tuoi!... fatti i fatti tuoi” Io≥ … sono una signora che ho sempre lavorato, sempre da.. adesso sono anziana, accudisco mio padre che ha otta.. no.. ottantacinque anni e un.. fino a due anni fa ho accudito mia suocera… che purtroppo è andata via dopo un anno di .. letto. Adesso.. accudisco mio padre fino alla fine e… questa è la nostra vita, non abbiamo niente di… nuovo da raccontare niente di bello. Ci divertiamo andando a vedere qualche serata di liscio, qualche passeggiata, mangiare un gelato e così trascorre la nostra vita. Mi piace tanto vedere la televisione, seguo molte puntate, anche con≥ … i≥.. lamenti di mio marito e dei miei figli, però è l’unica nostra soddisfazione, vedere.. telenovele, vedere film e così passano le nostre giornate e serate. Adesso è venuto il gran≥ il gran desiderio a mio figlio di aprire un negozio.. ed io la mattina, pomeriggio sto in negozio e sto tutto il giorno affaccendata. Questo ci voleva per un certo limite… però… adesso la mia vita si svolge nel negozio. Faccio la commessa a tempo pieno, andiamo fuori a fare le spese, così ci divertiamo… e lavoriamo. E non.. non facciamo avvilire i nostri figli che purtroppo dovrebbero lavorare e loro… e loro si divertono. Facciamo anche que… li facciamo divertire perché sono giovani, noi al tempo nostro volevamo tanto divertirci ma non c’era né modo e né tempo. Si doveva lavorare, non c’erano soldi e≥.. e adesso cerchiamo di dare ai figli, come fino ad oggi, di dare tutto quello che non abbiamo avuto noi. La vita comunque.. è an.. è andata avanti si è≥ si è≥ hh.. emancipati e noi.. guardiamo quello che fanno loro, siamo soddisfatti e.. purtroppo loro devono seguire la loro vita. Un.. un mio figlio va’ fuori… a insegnare, ades… è stato tre anni fuori≥ … è stato tre anni fuori≥ … della bassa Italia dall’alta Italia e l’altro sta≥.. insegna chitarra, vengono i bambini a casa e≥ la nostra vita si svolge guardando i figli, seguendoli e≥ aspettiamo il giorno che il Signore ci chiama con grande soddisfazione di quello che abbiamo fatto. XX INDICE PREMESSA pg. 2 CAPITOLO I 1. METODOLOGIA E STRUMENTI 1.1.1 1.1.2 1.1.3 Descrizione esperimento ( luoghi – tempi – strumenti – contesto ) Caratteristica dei parlanti: le variabili Convenzioni di trascrizione pg. 5 pg. 8 pg. 10 2. ANALISI DEGLI STRUMENTI 1.2.3 1.2.4 Analisi degli strumenti e delle modalità di raccolta dati Analisi del contesto extralinguistico pg. 15 pg. 16 CAPITOLO II 1. IL PARLATO 2.1.1 Tratti caratteristici del parlato 2.1.2 Parlato colloquiale come varietà dell’italiano neo-standard 2.1.3 Il parlato colloquiale come varietà diamesica pg. 18 pg. 21 pg. 24 2. IL MONOLOGO 2.2.1 Testualità e organizzazione del discorso 2.2.2 Costruzione degli enunciati ( dislocazioni – frasi scisse - segnali discorsivi – deittici ) 2.2.3 Altre particolarità riscontrate pg. 26 pg. 31 pg. 47 3. LA GRAMMATICA DEL PARLATO 2.3.1 Possibile una grammatica del parlato? pg. 58 CAPITOLO III 1. ANALISI QUANTITATIVA 3.1.1 Durata e lunghezza delle registrazioni pg. 60 3.1.3 3.1.3 3.1.5 3.1.6 Tabella dei termini ricorrenti ( pause, connettivi, segnali discorsivi ) Tabella delle frequenze dei deittici Tabella dei Forestierismi e dei termini “di moda” Tabella di frequenza del dittico pausa-i.d.i. pg. 63 pg. 66 pg. 67 pg. 68 2. CONCLUSIONI 3.2.1 In conclusione pg. 69 BIBLIOGRAFIA pg. 71 ALLEGATI pg. 74 -2- DICHIARAZIONE Il Sottoscritto Natale Giuseppe dichiara sotto la propria responsabilità ai sensi dell’articolo del D.P.R. 445/2000 di aver elaborato la presente tesi autonomamente. I pensieri e le formulazioni riprese da fonti non proprie sono debitamente evidenziati. Il presente lavoro, in forma uguale o simile, non è stato fino ad ora presentato ad altra commissione d’esame nonché pubblicato. Sono consapevole delle conseguenze legali che una falsa dichiarazione può comportare. DATA ……………………………. Firma dello studente 5