Œ Aziende agricole Allevare capre cashmere In questa immagine, una capra da cashmere immersa nel suo elemento naturale, la neve. Nell'altra pagina in alto un gruppo di capre intente a leccare un blocco di sale, alimento indispensabile per la corretta crescita delle corna e, sotto, un piccolo agnello tra le braccia di una bambina. Dall’Asia al Trentino L’azienda agricola La Selvatica ha ridato vita ai pascoli sulle montagne di Madonna di Campiglio, allevando una razza di capra particolarmente pregiata, che ha trovato una nuova casa tra le vette delle Dolomiti. di Pietro Cardone A 1.500 metri di quota, nascosta nel cuore delle Dolomiti di Brenta, ad appena un chilometro di strada da Madonna di Campiglio, in Trentino Alto Adige, sorge l’Azienda Agricola La Selvatica, nata nel 2007 da un progetto di recupero di vecchi pascoli abbandonati da 30 anni. Il progressivo aumento del turismo sciistico e di élite nella zona ha progressivamente allontanato gli allevatori da questi territori. La Selvatica, quindi, ha qui riportato le capre, che con il loro incessante brucare stanno progressivamente ridonando alle montagne di Madonna di Campiglio il loro vecchio splendore. 38 - I Mezzi Agricoli I Mezzi Agricoli - 39 Œ Aziende agricole Allevare capre cashmere Non solo cashmere Visto il clima molto rigido e il particolare tipo di alimentazione, il latte delle capre dell’azienda La Selvatica è particolarmente ricco di acidi grassi, proteine e vitamine. Dall’utilizzo di questo latte è nata una linea di cosmetici prodotti interamente con ingredienti naturali. Anche le confezioni sono amiche dell’ambiente, realizzate con materiali biologici o riciclabili come l’amido di mais o gli scarti derivati dalla lavorazione delle mele. Questione di clima. L’attività principale dell’azienda è l’allevamento di capre da cashmere. «Abbiamo scelto di allevare questa particolare razza di capre per la loro innata capacità di adattarsi ai climi freddi» spiega Paola Festini, titolare insieme al marito Edoardo Lattuada, dell’azienda. «Le capre da cashmere sono originarie degli altipiani dell’Asia, per questo motivo abituate a vivere in climi particolarmente rigidi. Il loro prezioso sottovello, il cashmere appunto, è dotato di straordinarie proprietà termiche. Condizione ideale per vivere con noi a 1.500 metri di quota, dove dal 2009 produciamo un cashmere totalmente italiano». 40 - I Mezzi Agricoli Qui sopra, alcuni capi dell'azienda intenti a mangiare o a godersi la neve delle Dolomiti. Amore per la neve. Prendersi cura di questi animali non è particolarmente complesso. Le capre non temono i climi rigidi e non necessitano di stalle o strutture simili. È sufficiente realizzare una piccola tettoia dove possano trovare riparo in caso di pioggia o forte vento. La neve rappresenta l’elemento naturale più congeniale a queste capre, tanto da sdraiarsi a ruminare anche sotto una intensa nevicata. Pronti per l’inverno. Allevare questi animali, quindi, non è complesso. Tuttavia, se si sceglie di farle crescere allo stato brado bisogna fare attenzione ad alcuni particolari. «É fondamentale programmare scrupolosamente i parti» continua la titolare. «Questo permette di far nascere i capretti soltanto quando la stagione è più mite, tra fine maggio e i primi di luglio, in modo tale da dare la possibilità anche ai nuovi nati di affrontare l’autunno e l’inverno già autonomi e in forze». Anche l’alimentazione ricopre un ruolo di una certa importanza all’interno della filiera. Al di fuori del pascolo è fondamentale somministrare agli animali esclusivamente fieno di provenienza certa, integrato, per le femmine in gravidanza, con 200/300 grammi di mais. Sopra, lo chalet Fogajard, la struttura ricettiva dell'azienda La Selvatica dotata di sei camere da letto e da cui è possibile partire per escursioni o giornate sugli sci. Basta un pettine. Un altro elemento che rende l’allevamento di questi animali di facile gestione risiede nelle caratteristiche del pelo delle capre, che non necessita di essere tosato. Il vello delle capre da cashmere è costituito dal fiocco, la parte più pregiata e profonda e dalla giarra, il pelo più superficiale che costituisce materiale di scarto. Ai primi di settembre, quando comincia la forte escursione termica tra il giorno e la notte, inizia la crescita del nuovo vello che si completa verso aprile e maggio quando si può procedere alla pettinatura, l’operazione che permette di raccogliere il prezioso pelo. «Ogni allevatore ha il suo metodo» spiega Paola Festini. «Noi abbiamo costruito una sorta di “ponte” di legno sul quale facciamo salire la capra per poterla pettinare senza stare chinati per ore. La prima pettinatura è la più lunga, circa 2 ore per capo. Bisogna districare la fibra lunga, la giarra, con molta delicatezza. Successivamente effettuiamo la pettinatura vera e propria con un pettine a doppia punta dello stesso tipo che viene utilizzato per i cani. A distanza di 2 settimane procediamo ad una seconda pettinatura». La quantità di fibra prodotta varia molto da capo a capo, andando da un minimo di 150 ad un massimo di 500 grammi per animale. Questa fase della lavorazione, inoltre, permette di effettuare un attento controllo sulla cute degli animali per scongiurare l’insorgere di eventuali patologie. Occhio alle malattie. Il problema più grande nelle zone montane, infatti, è costituito dalla facilità di contatto con altre specie animali che può portare i capi a contrarre malattie più o meno pericolose. Ma come ci spiega la titolare dell’azienda La selvatica esistono dei metodi per proteggere il proprio allevamento: «I nostri animali sono esenti da Brucellosi, Caev e Agalassia Contagiosa. Questo grazie ad un profondo lavoro di prevenzione che svolgiamo con scrupolosa regolarità. Ogni sei mesi effettuiamo un prelievo di controllo su ogni capra oltre al taglio delle unghie, la sverminazione e la vaccinazione contro la Clostridiosi». I Mezzi Agricoli - 41