Cosa Nostra, ‘Ndrangheta
Stidda
Il fenomeno mafioso attraverso la
prospettiva psicologico - clinica
Dott.ssa Emanuela Coppola
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Differenziare e capire
Ricerche psicologiche
I sistemi criminali del sud
presentano precise
radicazioni antropologiche
che sono corpus identitari su
cui si organizzano le
strutture interne, le regole,
le attività criminali, la psiche
stessa degli uomini mafiosi.
Tenere saldo questo principio di
non
sovrapponibilità
e
di
specificità
è
centrale
per
comprendere il fenomeno
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Cosa Nostra presenta una struttura gerarchizzata e
verticistica, razionalmente suddivisa in comparti
operativi e organismi deliberativi.
Gli uomini d’onore spesso provengono da famiglie di
mafia ma, in Cosa Nostra, la cellula criminale non
coincide con la famiglia biologica.
La Stidda (quinta mafia) ha una struttura orizzontale
articolata come una confederazione di gruppi
criminali. Gli appartenenti a detti sodalizi
delinquenziali aderiscono ai gruppi per semplice
presentazione di un altro stiddaro.
La ‘Ndrangheta inizialmente si dotava
di una struttura orizzontale organizzata
in gruppi di famiglie, di recente è stato
ridisegnato il suo profilo mostrandone
un’architettura piramidale ricalcato sul
modello della mafia siciliana. Mentre
già da tempo, esiste un organo centrale
“La Santa” chiaramente ispirato alla
Cupola di Cosa Nostra. Qui la famiglia
di mafia coincide con la famiglia
biologica
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Cosa Nostra
Profilare le differenze organizzative ha
senso per le implicazioni psicologiche e
antropologiche che ne derivano. L’io
fondamantalista del mafioso coincide con il
Noi organizzativo. L’uomo di Cosa Nostra
non ha un io, è una macchina, un esecutore
de-soggettivizzato, la propaggine inanimata
di un nucleo centrale coincidente con
l’organizzazione o con l’idea
dell’organizzazione.
La principale motivazione ad esistere di Cosa
Nostra risiede nel potere assoluto sull’altro. Qui
il potere assume le sembianze di una categoria
collettiva intorno alla quale si costruisce ed
articola l’esperienza di vita dell’uomo d’onore,
non come struttura di personalità. Il mafioso
non ha identità. La sua psiche non è
attraversata dal conflitto, dal dubbio, dallo
scontro relazionale. Non c’è accesso alla
differenza.
La mafia, oltre a contaminare
di agenti patogeni il contesto
in cui è radicata, produce
psicopatologia al suo interno.
Nel mondo occidentale avere
un io, irriducibile nella sua
unicità ma confrontabile con
quello degli altri, è il primo
fattore di benessere psichico.
L’uomo di Cosa Nostra non ha
un io. In questo senso
intendiamo la psicopatologia
del mondo di Cosa Nostra:
un’impossibilità ad essere
persona.
Il mafioso e la mafiosa
non litigano, non
possono farlo perché
per litigare è necessario
avere un ruolo e
negoziare funzioni di
ruolo, mediare le
asimmetrie, pervenire
ad armistizi. Nella
famiglia mafiosa i ruoli
sono comandamenti
dogmatici e prestabiliti,
preordinati all’individuo
e all’esperienza
esistenziale stessa.
La Stidda
La Stidda è un’organizzazione criminale
ramificata, in particolare, nella zona di
Agrigento Gela e Vittoria. La Stidda,
originariamente si configurava come un
prolungamento gravitazionale di Cosa Nostra,
una costellazione di gruppi criminali che
orbitavano intorno alla mafia storica.
Oggi, dopo la sanguinosa guerra di mafia degli
anni Ottanta, la Stidda appare strutturalmente
autonoma da Cosa Nostra.
La Stidda inizialmente trattava solo di rapine, con la guerra di
mafia, gli stiddari diventano manovalanza, l’esercito mercenario
che avrebbe dovuto giocare un ruolo per determinare gli
equilibri di potere. Successivamente Cosa Nostra riuscì a
ricucire lo strappo e gli stiddari si ritrovarono orfani della
protezione offerta da quell’ala della mafia. È così che, da un
lato per proteggersi, dall’altro perché confidavano nella loro
forza, i giovinastri della Stidda diedero vita ad una nuova
organizzazione criminale, che appariva come una germinazione
di Cosa Nostra ma strutturalmente e culturalmente diversa.
Operando come singoli gruppi e non
potendo contare su di una struttura
unitaria, all’inizio la Stidda fu costretta ad
occupare campi e settori
tradizionalmente trascurati dalla mafia,
come la prostituzione e il gioco d’azzardo.
Non era infatti in grado di competere sul
mercato del grande crimine organizzato,
di trattare con centri di potere politico o
economico che andavano oltre l’ambito
locale
Oggi, la Stidda e tutti i gruppi che la compongono si
strutturano secondo uno schema ben definito al cui
apice c’è la figura del capo. Si è affermato un
principio di mutua assistenza tra i membri della
stessa cellula criminale e tra clan alleati o amici, non
più singole cosche prive di collegamento, ma gruppi
saldamente legati e consorziati.
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Negli ultimi anni, la Stidda sembra essersi
diffusa anche nelle regioni del Nord. Le
indagini nell’Italia settentrionale hanno
confermato che oltre alle attività
tradizionali, la Stidda si occupa anche di
organizzare bande di rapinatori e di altre
attività, prima trascurate.
Abbiamo avuto modo di studiare
questo fenomeno attraverso il
programma di ricerca-intervento
svolto a Palma di Montechiaro in
collaborazione con
l’amministrazione comunale.
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Palma di Montechiaro
Obiettivo generale: Analisi delle
rappresentazioni psichiche del fenomeno
mafioso e degli assetti relazionali interni
di matrice psico-antropologica,
specificamente legati al territorio di
Palma di Montechiaro.
Strumento: gruppo di elaborazione clinicosociale. Si tratta di un gruppo a conduzione
psicodinamica che consente l’emersione di
memorie, vissuti, emozioni, associazioni su
un tema particolare. Quest’ultimo non è
semplicemente un argomento di discussione
consapevole come avviene nei focus-group
ma è un arcipelago di significati
infinitamente estensibile perché i nessi e il
senso sono ricercati più su un registro
emozionale che su quello informazionale.
“La mafia è storia passata, è stata
debellata. Esiste qualche fenomeno
criminale (macchine, case, attività
commerciali dati alle fiamme) ma la
mafia non c’entra niente: Palma è il
posto più tranquillo del mondo”
Sono queste le dichiarazioni in cui, con
maggiore frequenza, ci si imbatte a
Palma di Montechiaro. È anche vero però
che alcuni interlocutori autoctoni
mostrano estrema consapevolezza del
contesto abitato, descrivendo
l’invincibile omertà, la criminalità, la
persistente chiusura e il radicale bisogno
di progettualità sociale ed economica.
Trauma e dissociazione
Discontinuità storicosimbolica
Ci sono due Palma di
Montechiaro, quella degli anni
’80 imperversata dalla violenza
mafiosa e quella attuale,
apparentemente tranquilla, di
tanto in tanto risvegliata da un
incendio doloso provocato da
“vandali spesso minorenni”.
Manca un vera elaborazione rispetto
a quanto accaduto in quegli anni e
soprattutto manca un nesso tra il
periodo della guerra di mafia e oggi.
È come se ci fosse uno sbalzo, uno
strappo temporale, un’eccedente
discontinuità che non permette di
ordinare coerentemente un prima e
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un dopo.
‘Ndrangheta
La ‘Ndrangheta non ostenta un
sistema rigido e ideologico come Cosa
Nostra, o ferocemente capitalistico
come la Camorra, si mostra piuttosto
come un mondo stregonesco, segreto,
buio, appassionato sostenitore delle
definizioni che la vogliono un’entità
trascendente fin quasi al modello
fantastico-leggendario.
Una mafia liquida, che si infiltra
dappertutto, riproducendo, in luoghi
lontanissimi da quelli in cui è nata, il
medesimo antico, elementare ed
efficace modello organizzativo. Il
segreto per la 'Ndrangheta è questo.
Tutto nella tensione fra un qui remoto,
rurale e arcaico, e un altrove
globalizzato, postmoderno e
tecnologico." (Forgione F., 2008)
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Nella ‘Ndrangheta vi è l’assoluta
sovrapposizione tra la famiglia di mafia
e la famiglia mafiosa. Tale assetto
scoraggia le collaborazioni con la
giustizia. Inoltre, l’appiattimento
familiare può giustificare l’assenza di
personaggi di spicco dentro
l’organizzazione.
Similmente alla mafia siciliana, la ‘Ndrangheta è
fortemente radicata nel territorio, ma, al
contrario di questa, nonostante la chiusura e la
radicazione territoriale, vive il contesto come
sfondo chiaroscurato: un luogo di transito in cui
i flussi economici e gli affari attraversano la
regione parassitandola ma non si fermano nel
luogo di origine.
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Casa Circondariale S. Pietro di Reggio Calabria
Obiettivo generale: favorire la comprensione
delle differenze tra La ‘Ndrangheta e Cosa
Nostra dal punto di vista strutturale
e psico-antropologico
Obiettivi specifici: comprensione del
modo in cui la psiche ‘ndranghetista
reagisce alla reclusione, alla condanna
per associazione mafiosa,
all’atteggiamento nei confronti della
giustizia.
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Programma di ricerca
- Analisi istituzionale:
colloqui preliminari e
interfase con la direttrice
Conduzione di 3 sessioni
di gruppo con detenuti di
alta sicurezza.
. Il lavoro di ricerca è
stato realizzato a partire
dall’analisi del processo
di gruppo.
-Plenaria introduttiva
rivolta a tutta la sezione
“alta sicurezza”
-Composizione dei gruppi
clinico-sociali
-Adesione volontaria dei
membri
-Partecipanti: 15
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Tematiche emerse
durante il primo incontro di gruppo in carcere
Giustizia
Sfiducia nei
confronti della
magistratura
Forte
disaccordo
con l’operato
dei
magistrati
Mafia
La
‘Ndrangheta
non esiste
«Chi è
dentro non
parlerà mai
dell’organizz
azione»
Donna
Comunanza
tra donne
calabresi e
siciliane
Concezione
della donna
nel tempo
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Gli interventi incalzanti dei partecipanti
svelano l’esigenza di dimostrare che la mafia
calabrese è un’utopia e aggredire la
magistratura. I partecipanti suggeriscono di
indagare proprio dentro i comparti della
legge ufficiale per saperne di più sulla mafia,
come se si sottraessero con garbo al ruolo di
testimoni privilegiati.
« (…) chi è realmente dentro non
parlerà mai dell’organizzazione
per via del vincolo forte della
segretezza». Si tratta di uno dei
pochissimi spiragli, una delle
impercettibili sviste psicologiche
che tradiscono la tesi della loro
disgiunzione della Ndrangheta.
Associazione inconscia tra
collaboranti e donne di
mafia.
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Tematiche emerse
durante il secondo incontro di gruppo in carcere
Rapporto
MafiaGiustizia
Non esiste la
criminalità
organizzata
Mafia delle
toghe
Reati
Crimini di cui
sono accusati
Come
etichetta
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Una sensazione d’irrealtà, di
mistificazione, di smarrimento
pervade il clima di gruppo. La
psicologia ‘ndranghetista
sembra avvalersi proprio di
questo gioco confondente tra
fantasia e realtà, tra la dubbia
esistenza della mafia
calabrese e la genuina
immagine degli abitanti di
questa regione
il reato di associazione mafiosa
resta marchiato addosso anche
dopo aver scontato la pena con la
conseguente decapitazione di ogni
possibilità esistenziale, sociale e
lavorativa una volta tornati in
libertà. L’aspetto interessante, da
un punto di vista psicologico, è la
sintassi simil-paranoide con cui i
detenuti descrivono la loro
condizione di vittime.
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Tematiche emerse
durante il terzo incontro di gruppo in carcere
Condizione
del detenuto
Differenza
con gli altri
detenuti
Comportamento
serio e riflessivo
Progettualità
futura
Magica
continuità
tra prima e
dopo la
carcerazione
Paralisi
esistenziale a
causa della
etichetta
“associazione
mafiosa”
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I partecipanti mostrano molta disinvoltura
all’interno della struttura contenitiva. Infatti,
la loro protesta non riguarda il carcere in
senso stretto che piuttosto vivono, forse per
mezzo di strategie deneganti, come se si
trattasse di una qualsiasi istituzione.
Il mondo fuori appare vivido ed estremamente
vicino, senza lucchetti, sbarre e muri di cinta. Il
carcere subisce un’irrazionale messa tra
parentesi e le attività, le competenze, gli
impegni lasciati sulla soglia della Casa
Circondariale possono essere ripresi lì dove si
erano arrestati. Si avverte un inquietante
incantamento che risana le fratture esperienziali
inflitte della detenzione ed esita in un vissuto
d’inverosimile continuità esistenziale
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Modalità psicologiche derealizzanti, controllanti e
connesse al pensiero magico: i detenuti
mostrano serenità e scioltezza nel muoversi
all’interno dell’istituzione.
All’ideazione magica sono
sottesi meccanismi come il
capovolgimento (capovolgere i
ruoli) e l’annullamento
retroattivo (se si è detenuti
modello, non è necessario il
controllo e la contenzione,
dunque si annulla l’identità
stessa di detenuto. L’autocontrollo vanifica l’eterocontrollo).
Comportamento eccellente dei
detenuti sia all’interno del
carcere che all’interno dei
gruppi stessi: sono, infatti,
estremamente diligenti. Non
creano problemi, li risolvono.
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L’attivazione emotiva
rispetto a questo tema
tradisce una forte
preoccupazione identitaria.
La questione sembra
ruotare intorno ad un
radicale conflitto: la loro
concezione di uomini
d’onore è molto diversa da
quella che ne dà il mondo.
È come se in qualche
modo questa
contraddizione venisse
percepita e provocasse
sofferenza tale da
scomodare potenti
meccanismi difensivi.
Il controllo onnipotente è
sopravvivenziale per stare in carcere,
ma ancora di più per preservare la
loro dignità d’uomini d’onore. Il
controllo della realtà esterna tradisce
un bisogno di controllare il mondo
interno e spesso consente di
smorzare vissuti che attengono alla
vergogna. La stessa vergogna che i
detenuti esprimono rispetto al reato
di cui sono accusati.
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E forse proprio per
tale ragione, il
sistema
organizzativo va
difeso ad oltranza,
ricreandolo in
carcere, annullando
il contesto,
stabilendo regole
che possano
preservare la
rispettabilità dei
membri del gruppo.
Laddove nella mente di altri mafiosi,
come i membri di Cosa Nostra, non
esiste alcun dubbio, alcun conflitto
interno, nessuna contraddizione, nei
membri del gruppo sembra rivelarsi
maggiore consapevolezza della
discrasia tra il mondo dentro
l’organizzazione e quello fuori da essa
Regola della doccia:
-angoscia omofobica
-contenuto irrigidimento
psico-emotivo
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Da un punto di vista
gruppoanalitico, il potere
familiare si muove sul
registro dell’immaginario
(Napolitani, 1987)
riproponendo all’infinito una
memoria desiderante
ancorata al passato,
incuneata nel sogno di
eternazione della matrice.
Ciò produce una
sospensione, un arresto
evolutivo del pensare.
Ipotizziamo che la centralità
fattuale (non solo simbolica)
del familiare, nella mafia
calabrese, sortisca
inevitabilmente delle
conseguenze sullo psichismo
dei cooptati.
La psicologia delle
‘ndrine sembra
presentare questa
sospensione oniroide
nel mondo familiare.
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In Cosa Nostra l’impatto invischiante
con il sociale ha prodotto un Noifamiglia come modo di essere-nelmondo che si è insinuato stabilmente
nel contesto nella ‘Ndrangheta
l’incontro meramente strumentale
con il sociale ha costruito un Iofamiglia capace di espandersi ma
dovendo ritornare sempre alla sua
microscopica forma originaria.
Il sociale non ha ispessito la
matrice psichica della
‘Ndrangheta che, da un
punto di vista psicoantropologico, sembra
rimanere racchiusa dentro i
ristretti confini della
dimensione familiare,
intrappolando la matrice
organizzativa
nell’incantamento del sogno.
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Cosa Nostra
‘Ndrangheta
FAMIGLIA
NOI
ideologico
NOI biologico
In Cosa Nostra, il Noi elevato a ideologia
fondamentalista viene prima di tutto: l’organizzazione
prima dell’organigramma, la cosa prima della
persona.
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GRAZIE
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