F O N D A Z I O N E
S A L E S I
Il Clown Dottore in Ospedale
I modulo
23 maggio 9.30 – 18.00
La visita giocosa …come trasformare la
percezione dell’ambiente ospedaliero
Associazione Andrea Tudisco (Roma)
V modulo
5 Settembre 9.30-18.00. Solo per personale sanitario
Psicologia dell’umorismo, approccio alla Clown Terapia
Aquilone di Iqbal ( Cesena)
II modulo
VI modulo
6 Giugno 9.30 – 18.00
Lo Straordinario nell’Ordinario:
l’Arte di prendersi cura di se stessi e
degli altri
Lavorare in sinergia … si può.
Clown One Italia onlus (Milano)
Globuli rossi magici per superare la paura del prelievo
19 Settembre 9.30-18.00
Dottor Sorriso ( Milano)
III modulo
VII modulo
27 Giugno 9.30-18.00
Lavoriamo in sinergia con il
personale sanitario
Baule dei sogni (Ancona)
IV modulo
18-19 Luglio 9.30-18.00
Il Clown Dottore nei reparti difficili
Istituto di ricerca e formazione
homoridens (Orvieto)
26 Settembre 9.30-18.00
Improvvisiamo…tecniche di improvvisazione teatrale
Gianluca Budini
Teatro Terra di Nessuno (Ancona)
PREMESSA
La Fondazione dell’Ospedale Salesi ha prestato, fin dalla sua creazione molta attenzione alle C0
Terapie, sia svolgendo progetti in ospedale come la Pet Therapy e inserendo nelle corsie Clown
Dottori professionisti sia con il progetto Musa, di cui la Fondazione è capofila. Già il filosofo
francese Didierot nel 700 diceva “Non basta fare del bene, bisogna anche farlo bene.” E la
fondazione in linea con questo pensiero ha deciso di realizzare un percorso formativo di alta
qualità, coinvolgendo le associazioni che da anni si occupano di Clown in ospedale come:
l’Associazione Andrea Tudisco (Roma), Ridere per Vivere (Roma) , Il Baule dei Sogni (Ancona) il
dottor Sorriso Fondazione Aldo Garavaglia (Milano), Clownone Italia (Milano) , l’Aquilone di
Iqbal (Cesena) il teatro IMPRO’ (Ancona). Il Corso ha visto la partecipazione di Clown Dottori già
formati con un corso base al fine di aumentare la conoscenza professionale e al personale
sanitario.
Da anni gli studi presenti in letteratura sulla funzione positiva della presenza dei Clown Dottori
nelle corsie d'ospedali pediatrici hanno dimostrato gli effetti positivi sulla evoluzione clinica della
malattia. La nostra esperienza ci porta però a ritenere che affinchè questi cambiamenti si
verifichino è necessario che tali figure siano innanzitutto preparate e inserite appieno nell’equipe
medica. La Clown terapia può divenire un’attività importante per la qualità di vita dei bambini
ricoverati, ma deve essere “usata” in modo corretto, dando spazio anche all’ascolto del dolore e
della sofferenza. Un progetto che funziona e che porta a dei risultati deve essere concepito e
realizzato all’interno di un percorso assistenziale che coinvolge medici, psicologi, infermieri che
lavorano accanto al bambino e al genitore.
I Clown Dottori, con il loro camice colorato e i loro “strumenti” possono modificare la percezione
che il bambino ha del dottore, degli strumenti terapeutici ( siringhe , flebo, ecc) e dell’ospedale in
generale. Quando il Clown Dottore riesce a trasformare questa percezione , il suo aspetto
terapeutico riesce a mantenersi anche quando non sarà più nella stanza, poiché le situazioni
create dai Clown Dottori permetteranno al bambino di vedere con occhi diversi il ricovero
ospedaliero e di valutare l’evento in maniera più positiva. Ecco ad esempio così che alla medicina
, trasformata in liquido magico, grappa, ecc, il bambino attribuirà un diverso significato, più
giocoso e meno spaventevole. Così, grazie al lavoro del Clown il piccolo paziente potrà vivere gli
strumenti medici, come ad esempio la siringa non più solo come oggetto che produce dolore, ma
anche come pozione magica che rende più forti. Compito dei Clown sarà quello di trasformare in
oggetti divertenti proprio gli strumenti che gli creano più paura e preoccupazione. Questo
renderà l’ambiente ospedaliero più a misura di bambino , meno ostile e minaccioso. La
formazione che abbiamo previsto permetterà al Clown Dottore di diventare una figura di
sostegno e di aiuto concreto ai percorsi terapeutici dei bambini ricoverati in ospedale. Il
coinvolgimento da parte del clown Dottore del personale medico infermieristico permetterà di
ridurre la diffidenza del bambino nei confronti di quest’ultimi , poiché potrà scoprirli in altri ruoli
e sotto altri punti di vista . Abbiamo riscontrato che per lavorare in sinergia con il personale
medico-infermieristo è necessaria una formazione avanzata dei Clown Dottori ma anche una
formazione per il personale che dovrà accettare tali figure nel percorso assistenziale come alleati
e comprendere tutte le potenzialità che questa attività potrà portare. E’ proprio per favorire
questa sinergia che la Fondazione ha coinvolto in tre incontri (Umorismo in corsia) anche il
personale sanitario.
Dr.ssa Annarita Settimi Duca
Direttore Operativo
Il Clown Dottore in Ospedale
Aspetti psicologici del bambino in Ospedale
Dr.ssa Annalisa Cannarozzo
Psicologa – Psicoterapeuta
Fondazione Ospedale Salesi onlus
Il bambino e la malattia
In tutte le stagioni della vita la malattia rappresenta un
momento di profonda crisi:
• a livello biologico: comporta limitazioni, sofferenze e disagi,
• a livello esistenziale: si altera tutto il ritmo di vita dell’individuo
malato e di chi lo assiste.
Il bambino vive tale momento in modo più traumatico perché ancora
non possiede tutte le conoscenze e gli strumenti cognitivi che gli
permettono di cogliere appieno ciò che sta accadendo intorno a lui.
Si troverà quindi sotto la pressione di due pericoli:
• Interno : caratterizzato dalla sua paura
• Esterno : caratterizzato dal medico e dalle terapie.
È importante sapere che..
1. Il piccolo paziente, che vive nel momento presente, non
può superare la frustrazione che le cure dolorose gli
procurano, pensando ai benefici futuri.
2. Il bambino che ha meno di dodici anni tende ad
attribuire il carattere doloroso delle terapie alle persone
che le compiono, ad esempio “il dottore è cattivo!”
È importante sapere che..
Il bambino teme non tanto la malattia, quanto tutte le sue conseguenze, fra queste la
più comune è la puntura.
è considerata come
una ferita volontaria
che qualcuno gli
inferisce
Quando un bambino si ammala
• Si accorge che c’è qualcosa che non va, qualcosa di estraneo e
minaccioso che improvvisamente appare nella sua vita
• Si modificano le sue abitudini.
• Inizia ad essere più attento al proprio corpo.
• Cerca di trovare spiegazioni per la malattia e le sue conseguenze
prevale in lui il pensiero
magico
PATOLOGIA = PUNIZIONE
Tale idea viene spesso rafforzata dai genitori che minacciano di punirli con visite dal
dottore e conseguenti punture
(“se non fai il bravo viene il dottore e ti fa la puntura!!”).
Durante il primo e secondo anno di vita
Il piccolo non è ancora in grado di comprendere coscientemente ciò che gli sta accadendo
sarà però influenzato dall’atteggiamento che osserva nella figura di riferimento
Se avrà vicino una mamma serena, in grado di trasmettergli tale sentimento, vivrà
la sua malattia o l’ospedalizzazione in modo meno traumatico.
Da tre fino a sette anni
maggiore percezione del proprio corpo e delle parti che lo compongono
MALATTIA = COLPA
TERAPIA = PUNIZIONE
Presenza del Pensiero magico
La spiegazione della sua malattia è legata ad avvenimenti
concreti :
“ho sudato, non mi sono coperto abbastanza..”.
Il bambino pensa che seguendo alla lettera tutti i consigli dei genitori guarirà
Perdono dei genitori = guarigione
Rischio:
in caso di patologie croniche o serie
crollo delle certezze
senso di colpa
castigo
Dopo gli otto anni
•
Riesce a spiegarsi la malattia attribuendo la colpa a germi dandone però sempre una
rappresentazione un po’ magica. I bambini fino agli otto anni non parlano di cura, ma di
guarigione.
•
Intorno ai nove-dieci anni nel descrivere la malattia ne antepone l’aspetto psicologico.
Ad esempio:
“Quando si è ammalati non si è felici”
•
Solo dopo gli undici anni sarà in grado di dare definizioni più oggettive della patologia e
addirittura ne indicherà il nome specifico.
Nell’adolescenza.
•
•
piena consapevolezza della malattia
non si riscontra: la paura di ammalarsi , di morire o valori come la salute
Patologia = AGGRESSIONE ALL’IMMAGINE DI SÉ
Meccanismi di difesa :
negazione
accettazione
totale
Tipiche reazioni dei bambini/adolescenti di
fronte alla malattia in corso

REGRESSIONE
 OPPOSIZIONE
 NEGAZIONE
 PASSIVITA’
Affinchè la malattia sia un momento di crescita
 È fondamentale il ruolo degli adulti perché il bambino tende a
far propri i comportamenti dei genitori.
 E’ importante che intorno a lui ci sia un ambiente positivo che lo
faccia sentire al sicuro, protetto e non un clima di tensione,
perché altrimenti anche lui tenderà ad essere teso e irrequieto.
I bambini non sono tanto colpiti dagli avvenimenti in sé, quanto
dall’atmosfera che li circonda, tanto che le reazioni che lui osserva
appaiono più significative delle sensazioni fisiche provate.
Per poter capire ed elaborare la propria malattia, il
bambino deve poter esprimere:
 le sue ansie,
 le sue gioie,
 le sue preoccupazioni
sicuro che le persone intorno a lui lo aiuteranno
o gioiranno insieme a lui.
Reazioni della famiglia di fronte alla
malattia.
“Non esiste un bambino
malato solo.
Il bambino malato è sempre
un bambino malato per
qualcuno:
i genitori in primo luogo”
I vissuti dei genitori
• Elaborazione della perdita del loro figlio ideale che durante tutta la
gravidanza avevano sognato.
• Interruzione del loro “progetto”
• Riemerge il pensiero magico-onnipotente:
“Che ho fatto di male, perché proprio a me…?”
• La malattia viene vista come un fallimento:
“Non sono stato in grado di proteggere mio figlio”
SENSO DI COLPA
L’equilibrio familiare viene notevolmente
modificato dalla malattia.
 cambia la routine quotidiana a causa della necessaria
assistenza al malato,
 si riduce il normale lavoro domestico
 in caso di serie patologie, possono modificarsi anche
le relazioni sociali della famiglia, che tenderà a
isolarsi.
In caso di gravi patologie si possono verificare :





RIFIUTO: “ correre da uno specialista all’altro”
Comportamenti di IPERPROTEZIONE verso il figlio
IPERESIGENZA verso se stessi
NEGAZIONE DELLA DISABILITA’
RIVENDICAZIONE E AGGRESSIVITA’ nei confronti dell’ambiente.
A.M. Sorrentino
RISTRUTTURAZIONE DELLE RELAZIONI
FAMILIARI
Colpa, insicurezza, vergogna, rabbia, angoscia e preoccupazione per sé si
intrecciano con angosce per il bambino che fatica a vivere come proprio,
sconvolta da questa tempesta emotiva da cui vorrebbe fuggire.
A.M. Sorrentino
•
Assume l’impegno
assistenziale in senso
totale (rinuncia al
lavoro).
•
La constatazione che
con lo sviluppo fisico
non seguirà quello
dell’autonomia rafforza
la fase di dipendenza del
figlio anche oltre i suoi
bisogni oggettivi.
•
•
•
Tentativi di fuga ( ricerca di gratificazione nel lavoro)
Atteggiamenti di rivendicazione sociale e culturale
Posizioni di passività e di distacco ( padre assente)
A.M. Sorrentino
E’ frequente che un solo genitore si fa carico della gestione del figlio
Ne consegue:
•incapacità a far fronte a tutto.
•senso di inadeguatezza,
•insoddisfazione
•senso di colpa
MINACCIA STABILITA’
DELLA COPPIA
ESCLUSIONE DEL
PARTNER
(a livello inconscio)
AGGRESSIVITA’
VERSO IL PARTNER
RELAZIONE
SIMBIOTICA
G-F
Tipiche reazioni dei genitori di fronte
alla malattia del figlio:
 Permissivismo
 Iperprotezione
 Negazione
es. “collasso educativo”
Reazione dei fratelli
Spesso, soprattutto in caso di malattie gravi, possono
essere trascurati dai genitori o considerati dei veri e propri
seccatori.
Risulta invece fondamentale :
• coinvolgerli nelle cure del piccolo malato,
• informarli di ciò che sta accadendo;
• facilitare l’espressione dell’emozioni, paure, ansie.
IL BAMBINO E L’OSPEDALE
Malattia e ricovero
Spesso comportano una frattura con l’ambiente abituale del bambino
( legami, interessi, relazioni e giochi)
annullando la sua identità
In ospedale “quello che sei” diviene spesso secondario a “quello che hai”
La paura dell’ospedale coincide spesso con la paura di
essere lasciato solo.
Tutti gli esami diagnostici , le cure e le limitazioni che la patologia e
l’ospedalizzazione comportano contribuiscono a rendere l’ospedale
un luogo di dolore.
La reazione del bambino all’ospedalizzazione è collegata:
alla paura
all’età
al temperamento
allo stadio di sviluppo cognitivo
alle strategie di coping
Umanizzazione
Creare un contesto accogliente in
grado di spostare l’attenzione
dalla malattia verso attività
ludico-didattiche.
Durante il ricovero si cerca di preservare il percorso di crescita del bambino, sia da un punto di vista fisico, ma soprattutto psichico e
relazionale. Si deve garantire al piccolo il nutrimento affettivo e cognitivo.
Questo aspetto risulta difficile a causa della presenza della
malattia e il suo costante richiamo da parte :
•dell’ambiente( odori, rumori, colori, vestiario, attrezzature, ecc)
•delle relazioni ( il medico, l’infermiera, ecc)
.
Gli operatori sanitari stessi spesso non hanno il tempo per soffermarsi ad affrontare
quest’aspetto.
Semeiotica Positiva
Il bambino è un individuo capace di sorridere anche nei momenti di maggiore
difficoltà.
Il sorriso , i bisogni che esprime, la sua creatività, la sua vitalità
sono ciò di buono che il bambino sa fare anche nel suo stato
patologico e proprio da lì che dobbiamo partire per curarlo.
Cosa differenzia un bambino in ospedale dall’adulto?
• Il bambino gioca
• L’adulto pensa, rimugina ed entra in ansia
Il bambino esprime le sue emozioni attraverso il gioco perché «non
è ancora in grado di farlo verbalmente».
Nel caso del bambino ospedalizzato, è
attraverso il gioco che si possono far emergere
i sentimenti legati allo stato di salute psichico
del bambino.
Il gioco assume perciò una funzione terapeutica.
Con il gioco il bambino acquisisce un senso di
protezione e sicurezza. Attraverso il gioco,
operatore e bambino comunicano
Con il gioco si può dare voce alle emozioni del bambino:
• paura di essere abbandonati ,
• timore delle figure estranee
che lo toccano e lo manipolano e
delle procedure mediche cui lo
sottopongono
• rabbia
•aggressività
GIOCO
mantenere l’equilibrio psicologico del malato e di
recuperare la sua autonomia progettuale.
Il bambino non vuole che qualcuno gli dia un giocattolo,
ma desidera avere uno scambio relazionale con l’altro
che sappia cogliere l’intenzionalità del suo agire e di
conseguenza vi partecipi.
La possibilità di giocare rientra nel processo di «umanizzazione delle cure».
Se gioca infatti il bambino è impegnato, non si deprime né si impigrisce,
promuove l’apprendimento e salvaguarda la salute mentale.
Il gioco espressivo
per scaricare energie e sentimenti in modo accettabile,
piacevole e, nei limiti del possibile, anche fisico.
Con il gioco espressivo i pazienti acquisiscono
gradualmente il controllo dei loro sentimenti e li
manifestano in modo accettabile e costruttivo.
Le attività di familiarizzazione
per ridurre la paura nei confronti dell’ospedale e
delle apparecchiature mediche e farli sentire più
a loro agio durante le procedure.
La drammatizzazione o role play
Aiuta ad esprimere rabbia, paura, sensi di colpa,
confusione e dolore.
Il gioco sostitutivo
• (ossia “al posto del” bambino) per i bambini
immobilizzati che non possono partecipare
attivamente al gioco, dove l’operatore prende
il suo posto, consentendogli indirettamente di
scaricare le tensioni.
GIOCO
Oltre ad aiutare il bambino a riempire le lunghe ore di noia, lo
aiuta ad evitare che i pensieri si concentrino sul dolore fisico.
Ogni bambino deve per questo poter disporre di spazio e di
possibilità di gioco in rapporto al proprio grado di sviluppo e di
esperienza.
GIOCO
Il bambino che gioca è felice, sposta il pensiero
dalla sua malattia, comprende che la sua
situazione, per quanto difficile, rappresenta
comunque un momento di passaggio, da cui
potrà trarre anche elementi di crescita interiore.
Si tratta di offrire al bambino ricoverato
la possibilità di “lasciare dei sassolini”,
cioè delle tracce durevoli che gli
permettano, una volta entrato in
ospedale di assicurarsi una via di uscita
per ritrovare la strada che lo ricondurrà
al suo mondo conosciuto, domestico,
mondo che d’improvviso, a causa del
ricovero, è divenuto lontano e remoto.
Si offrono al bambino gli strumenti per far sì che
l’esperienza della malattia e del ricovero non
rimangano un brutto ricordo da dimenticare, ma
possano essere integrate nel suo percorso di
crescita come una delle tante esperienze che
contribuiranno a farlo diventare un individuo
adulto.
IL Clown Dottore può essere di grande aiuto per ristabilire un
rapporto più equilibrato con l’ambiente ospedaliero.
Il vissuto di malattia, non può essere dimenticato
ma può , grazie alla presenza degli operatori,
passare in secondo piano rispetto alle esperienze
del gioco e delle attività di animazione che sono di
gran lunga più significative per il bambino e quindi
più coinvolgenti.
Bambini che si perdono nel bosco
Quando un bambino entra in ospedale, è come se fosse portato
nel bosco, lontano da casa.
Ci sono bambini che si riempiono le tasche di sassolini bianchi,
e li buttano per terra, in modo da saper ritrovare la strada anche
di notte, alla luce della luna.
Ma ci sono bambini che non riescono a far provvista di
sassolini, e lasciano delle briciole di pane secco come traccia
per tornare indietro. E’ una traccia molto fragile e bastano le
formiche a cancellarla: i bambini si perdono nel bosco e non
sanno più ritornare a casa.
Andrea Canevaro
L’ENERGIA
TERAPEUTICA
DEL
CLOWNDOTTORE
a cura di: Ambrogio Scognamiglio (clowndottore e life coach)
E ADESSO CHE COSA FACCIO?
E
congiunzione
che indica il primo passo
per superare l’interrogativo iniziale
UNIONE DELLA COPPIA CLOWN
ADESSO
avverbio di tempo
che indica l’immediatezza
dell’intervento clown
CHE COSA
attraverso gli input “interni”
(singolo clown/coppia clown)
e quelli “esterni” (bambino, genitore,
amico, medico, infermiere …) si attivano
le chiavi d’accesso che compongono
il bagaglio clown necessarie
alla creazione e allo sviluppo
dell’intervento
E ADESSO CHE COSA …
?
FACCIO !
E = ENERGIA
M = MERAVIGLIA
2
2
C = CLOWN
i 3 tipi di energia:
IMPLOSIVA
ESPLOSIVA
PROPULSIVA
le 3 tipologie di persone:
PROTONI +
ELETTRONI NEUTRONI n
+
N
+
LA SANA FOLLIA
E’ CIO’ CHE TI PERMETTE
DI VEDERE NEL NERO
TUTTI I COLORI
DELL’ ARCOBALENO
ACCOGLIERE E TRATTARE IL
DOLORE
L'APPROCCIO NON FARMACOLOGICO
Dr.ssa Giulia Palego - Psicologa Fondazione Salesi
DOLORE
Il dolore è un’esperienza sgradevole
sensoriale ed emotiva, associata a un
danno tessutale reale o potenziale, o
descritta nei termini di tale danno.
Si può classificare in:
acuto, cronico, procedurale e terminale
“Il dolore nel bambino. Strumenti pratici di valutazione e
terapia” Ministero della Salute www.salute.gov.it
DOLORE ACUTO
• Durata limitata, si accompagna a notevole reazione di stress
• Importante funzione biologica di campanello d’allarme
• Di solito proporzionale al grado di danno tessutale, scompare
con la risoluzione del danno
• Cause: traumi, interventi chirurgici, procedure
mediche, stati acuti di malattia
DOLORE CRONICO
• Durata > 3 mesi
• Perpetuato da fattori non collegati alla causa scatenante
• Accompagnato da importante componente emotiva
(irritabilità, isolamento, depressione) e alterazione del
ritmo circadiano
• Cause: patologie croniche (oncologiche, reumatiche,
dolori intercorrenti, fibromialgia, neuropatia)
• Si tratta di “ una malattia nella malattia”
DOLORE PROCEDURALE:
• Causato da procedure invasive diagnostiche e
terapeutiche
• È prevedibile e quindi può essere profilassato
• Si accompagna a notevole impatto emotivo (ansia,
paura, stress)
TERMINALE :
Si accompagna alla terminalità
• È il dolore globale, con notevole componente di
sofferenza

Il neonato e il bambino percepiscono il
dolore
• A parità di stimolo, il neonato percepisce più
dolore rispetto alle età successive
• Stimoli dolorosi ripetuti, senza copertura
analgesica,
determinano
modificazioni
strutturali e funzionali persistenti del sistema
nocicettivo/antalgico. Queste rimangono per
tutta la vita e modificano la soglia del dolore
• A tutte le età, uno stimolo doloroso lascia traccia
nella memoria
• A tutte le età è possibile la cronicizzazione del
dolore
• Gli effetti negativi del dolore sulla prognosi attuale e
futura sono maggiori in età neonatale-pediatrica
rispetto alle età successive
• Un’adeguata terapia antalgica annulla gli effetti
negativi del dolore (attuali e a distanza)
LE TECNICHE NON
FARMACOLOGICHE
(TNF)




molti tipi d’intervento assai diversi fra loro
alcune tecniche sono molto semplici e tutti noi le mettiamo
in atto, anche spontaneamente, quanto vediamo un
bambino piangere o stare male
altre più complesse richiedono competenze e risorse
specifiche
la ricerca conferma l’efficacia delle TNF per il trattamento
del dolore pediatrico-neonatale, di origine sia organica che
funzionale
LE TNF


“sfruttano” le notevoli capacità immaginative che i bambini
possiedono
Alcune TNF permettono di ottenere risultati molto efficaci
soprattutto:
- nel controllo del dolore da procedure
- nel controllo dell’ansia e della paura che precedono,
accompagnano e seguono tali procedure
QUALI SONO LE TNF




Di supporto e relazione: sostengono e danno
forza al bambino e alla famiglia
Cognitive: influenzano i pensieri del bambino
Comportamentali: modificano i comportamenti
Fisiche: interessano il sistema sensoriale
RESPIRAZIONE: favorire la respirazione nel bambino lo
aiuta ad allontanare la paura e il dolore causati per
esempio da un prelievo. Si incoraggia il bambino a
buttare fuori la paura e il dolore, oppure si usano le
bolle di sapone. Può essere usata a partire dai 3-4 anni
in poi.
RILASSAMENTO: si può consigliare al bambino di tenere
il corpo morbido e rilassato, partendo dalla muscolatura
del collo fino alle braccia e alle gambe.
Può essere usata a partire dai 5 anni in poi.
VISUALIZZAZIONE:
il bambino viene prima fatto rilassare, poi è guidato a
immaginare una situazione e/o un luogo preferiti in cui
vorrebbe trovarsi. Concentrandosi sui particolari di ciò
che ha immaginato, il bambino distoglie l’attenzione
dall’angoscia, dalla paura e anche dal dolore. L’ètà
ottimale per questa tecnica va dai 5 anni in poi.
• DISTRAZIONE: La distrazione è una potente tecnica non
farmacologica.
La distrazione non è una strategia passiva orientata a divertire il
bambino, ma è un modo per focalizzare la sua attenzione su uno
stimolo alternativo e ciò permette un’alterazione della sua
percezione sensoriale. Il bambino, concentrandosi su qualcosa di
diverso dal dolore, può riuscire ad allontanare l’ansia e la paura.
• COINVOLGIMENTO: consiste nel rendere partecipe
il paziente durante la procedura dolorosa o paurosa.
1)LA RELAZIONE ADULTO-MINORE
• Quanto più si riesce a creare un rapporto di
fiducia con il bambino o adolescente, tanto
più la tecnica risulta accettata e si mostra
efficace per l’attenuazione del vissuto
doloroso:
Per questo motivo viene prestata molta
attenzione alla cura della relazione empatica
e terapeutica
• In linea generale, la relazione positiva che si
riesce a stabilire con il bambino si estende a
quella con i suoi parenti che prestano
assistenza
• Curando la relazione il bambino può arrivare
a richiedere spontaneamente la presenza
dell'operatore delle TNF durante il prelievo o
la procedura dolorosa
E’ necessario adattare la
tecnica non
farmacologica allo
specifico paziente
• E’ fondamentale la relazione
collaborativa con tutte le figure
professionali.
• E’ fondamentale la cooperazione con
tutte le realtà associative
Grazie
LAVORIAMO IN SINERGIA CON IL PERSONALE SANITARIO
SIMONA MARCHETTI
Sono qui a parlarvi della mia esperienza con i clown in reparto e di quello che secondo me rappresenta
avere sinergia attraverso la collaborazione con i dottori del sorriso.
La sinergia (dal greco συνεργός, "lavorare insieme"),è lavorare insieme per ottenere risultati non ottenibili
singolarmente; ci permette di raggiungere lo scopo comune, ovvero la salute dei paziente in tutti i suoi
aspetti.
La collaborazione dal lat. tardo collabōrare, comp. di con- e labōrare «lavorare»], che significa partecipare
insieme alla realizzazione di un progetto, è l’altro elemento indispensabile affinché si verifichi la sinergia.
Infatti essa permette di unire ciò che ognuno sa fare al meglio, ovvero da un lato la fantasia, la creatività, la
simpatia, dall’altro l’esatta esecuzione delle pratiche infermieristiche e mediche indispensabili.
I clown in reparto hanno l’ obbiettivo di trasformare l’ospedale, che agli occhi del paziente e di chi l’assiste
è qualcosa di negativo in un mondo fantastico, dai significati positivi soprattutto per il raggiungimento
della guarigione, sia nei riguardi dei piccoli pazienti che di quelli adulti.
La presenza dei clown in reparto è sinonimo di baccano e di confusione quando non si riesce a finalizzare gli
interventi relativi il ricovero o per chi non riesce a cogliere il significato più profondo. In realtà le risate e i
colpi di scena dovrebbero essere usati per far superare i momenti di difficoltà al paziente. Fare una battuta
o una magia nel momento in cui l’infermiere o li medico esegue qualcosa di potenzialmente doloroso rende
più fluido e ben accetto l’approccio. A tal proposito anche il baccano e la confusione diventano terapeutici
e ciò è evidente agli occhi di tutti.
Con il gioco e la fantasia, facendosi aiutare da preziosi strumenti “chirurgici” come bolle di sapone,
palloncini, piccole magie, racconti strampalati e tutto ciò che l’immaginazione può creare, il clown prova a
condurre il bambino in un altro mondo. Cerca di distoglierlo dalla sua attuale quotidianità, trasformandola
in un’avventura sensazionale o in un viaggio straordinario,regalando un sorriso al bambino ed una
momentanea serenità al resto della sua famiglia.(Elena Pelliccioni,da
http://www.livinglikeamom.com/clownterapia-esperienza-ed-emozione-diretta )
Non è cosa facile arrivare ad una collaborazione tale da azzeccare tutti i momenti giusti per intervenire. La
conoscenza tra il personale sanitario e i clown dottore, l’esperienza e il cercare di fare squadra sono
necessari per riuscirci.
Importante sarà aver presente che, se pur molte “tecniche di terapia del sorriso” si possono imparare,
occorre metterle in pratica con giusta predisposizione d’animo, altrimenti potrebbero essere
controproducenti. Occorre quindi mettersi in gioco e comprendere che non è sufficiente far ridere, ma
finalizzare le risate.
Vi avranno detto in alcuni corsi che quando fate le vostre visite in ospedale con semplice finalità ricreativa,
quindi saltuaria, “dovete lasciare il campo” se gli operatori stanno lavorando. Questo sicuramente è giusto
quando appunto la finalità è solo regalare un piccolo momento spensierato e un po’ di allegria.
I clown dottori che vengono assunti regolarmente, offrono una presenza costante, il ruolo non è più di
portare solo un momento di allegria, ma è proprio quello di far vedere con nuovi occhi le cure che i pazienti
vanno ad affrontare e di facilitare il dialogo. Nasce per questo motivo la necessità di collaborazione con il
personale sanitario. Non dovrà uscire e salutare il paziente quando arriva il medico o l’infermiera, ma dovrà
accoglierli facendoli apparire in modo speciale.
Come vi sarà stato detto io lavoro in Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica e Congeniti, è una struttura
dove afferiscono neonati, bambini e adolescenti fino a 18 anni per tutte le patologie cardiache che
necessitano di cure solo mediche; mentre non ci sono limiti di età per i pazienti con patologie congenite,
cioè quelle che hanno un difetto nell’anatomia del cuore e necessitano di intervento cardochirurgico.
In questa realtà capita di conoscere i pazienti dalla nascita e di seguirli per lungo tempo, interagendo con
loro e con i genitori anche al di là del necessario per le cure; ciò comporta in noi operatori un particolare
senso di affetto e di premura nei loro confronti.
Sottolineo questo aspetto perche non c’è da sorprendersi se a volte da parte nostra sembra arrivare il
seguente messaggio: “Attenzione, so io come avvicinarmi a questo bambino!”. Potrebbe capitare!!! A voi
il difficile compito di “sapervi imporre” in tale eventualità.
Da circa 4-5 anni la clown terapia è realtà nel nostro reparto; tra noi infermieri ci sono ancora pareri
contrastanti per quanto riguarda la positività del servizio. Ciò forse dipende proprio dalla tempestività degli
interventi e dal modo di in cui ci si pone: il clown deve essere un supporto non un intralcio, cioè deve
sapersi proporre per facilitare il lavoro.
In molti casi personalmente ho trovato un buon supporto da parte dei clown. In particolare in occasione di
prelievi ematici su piccoli pazienti all’ingresso o senza preavviso.
Infatti i piccoli che sanno di dover subire tutti i giorni un prelievo, lo vivono già con molta difficoltà e sono
difficilmente distrai bili, poiché, nonostante la giovane età, hanno comunque consapevolezza, anzi spesso
intuiscono in anticipo le nostre attività.
In particolare vi racconto come è andata quando una mattina ho dovuto eseguire per la seconda volta un
prelievo ad una bambina ricoverata. Certo non avevo intenzione di andare lì a dirle che dovevo pungerla di
nuovo e che il prelievo avrebbe potuto venire alterato se si fosse agitata troppo, ….. per fortuna erano in
sevizio i clown! Li ho subito chiamati e spiegato bene e ci siamo messi d’accordo a non dire mai le parole
prelievo aghi e siringhe ed io a non far vedere i miei strumenti. Il clown mentre io toccavo la paziente
faceva battute di vario genere con suoni e smorfie e quando io avevo in mano l’ago a farfalla per pungerla
il clown ha fatto una battuta da far ridere la piccola, tant’è che non si è nemmeno accorta che le avevo gia
iniziato a fare il prelievo.
Non è certo un impresa facile riuscire a misurare bene la tempistica tra noi infermieri e le battute che vi
possono venire in mente a voi clown, ci vogliono tanta esperienza e buon intuito!
In altri casi è stato bello quando il clown mi ha anticipato preparato il piccolo alla procedura e sentirmi dire
dal pazienti mentre andavo per misurare la pressione: “misuriamo la forza!!!” ed io “e chi te l’ha insegnata
questa?”, “”il dottor Sorriso?”
Ed anche è capitato che durante la medicazione della ferita piuttosto complicata il medico non aveva voluto
la presenza dei clown ma appena finita li abbiamo chiamati e con maestria sono riusciti a far tornare il
sorriso al piccolo facendolo giocare proprio con le garze ed il cerotto che avevamo usato e quando ci siamo
affacciati di nuovo io ed il medico lo abbiamo trovato sorridente che ci salutava e ci prendeva in giro
chiedendoci di far lui la medicazione a noi!!!
Un ingrediente indispensabile per il vostro lavoro è l’intuito che vi servirà per capire quando è possibile
andare in azione e quando e necessario contenersi! Per poter rispettare la privacy del paziente, la
situazione emotiva e per ultima, ma non per importanza, per rispettare le norme igieniche. Ad esempio
non è opportuno che durante una medicazione si facciano bolle di sapone o si lancino in aria cose perché
potrebbero cadere dove stiamo disinfettando, oppure non è il caso di saltare a destra e sinistra
provocando il paziente a muoversi.
A volte, specialmente se siamo troppo indaffarate che corriamo su e giù senza fermarci non abbiamo
tempo di interagire con voi clown, ma un sorriso fa bene anche a noi! Se in un secondo momento ci
strappate una risata ci farà bene scuramente!
Parlando con le colleghe abbiamo comunque valutato che i momenti migliori per interagire con voi clown
sono quelli in cui facciamo brevi interventi come il prelievo, medicazioni semplici ed a volte per
accompagnarli fino alla sede di qualche esame o in sala operatoria.
Per quanto riguarda quest’ultima però abbiamo avuto delle esperienze negative poiché i ragazzi
scendevano troppo vivaci e non potevano essere accompagnati fino all’interno della sala in oltre non si era
attivata per niente la sinergia necessaria con il personale della sala operatoria.
A noi infermieri della CCPC piacerebbe che la collaborazione con i clown fosse di vero supporto per
sollevare dalle note negative le pratiche inevitabile che dobbiamo andare ad eseguire nei nostri pazienti
Non è sempre necessario fare degli spettacoli o delle super magie potrebbe bastare una pernacchia o uno
schioccare di dita per creare quell’alchimia che rende il momento un po’ magico!
"… Il nostro compito è quello di migliorare la qualità della vita, non solo di ritardare la morte. Curando una
malattia si può vincere o perdere; curando una persona la vittoria è garantita a prescindere dal risultato…"
(Hunter Patch Adams)
RELAZIONE
LEZIONE 27 GIUGNO 2015
'Lavoriamo in sinergia con il personale sanitario'
Il gruppo ha lavorato sulle tematiche del lavoro di gruppo ed in particolare sul concetto di sinergia.
La lezione si è svolta attraverso attività ludico pratiche volte alla sperimentazione diretta della
comunicazione positiva e del lavoro di gruppo con esercizi specifici di tecniche di Team Building.
I momenti di attività ludica sono state intervallate da momenti di riflessione collettiva sulla
percezione dell'errore proprio ed altrui come momento di crescita per se e per gli altri e non come
senso di colpa o come episodio da punire. Il 'talento' come insieme di procedure che passano
attraverso la capacità di sbagliare.
Si sono infine simulate e analizzate le situazioni di interazione con il personale medico e
paramedico.
Il gruppo ha seguito in maniera continua e nelle simulate hanno dimostrato di aver acquisito i
principi base.
E' stata inoltre fornita la biografia essenziale:
–
–
–
'Impro' – Keith Johnstone, Ed. Dino Andino
'La clownterapia. Teoria e pratiche' di Alberto Dionigi, Ed. Caroggi Faber
Jacopo Fo, Guarire Ridendo, Ed. Nuovi Mondi Media.
Ancona li 26/10/2015
Il Formatore
Ass. Il Baule dei Sogni onluss
Ambrosini Fabio
Associazione socio sanitaria culturale “Il baule dei sogni” onlus
Frazione Aspio( presso edificio scolastico) -60131 Ancona
tel: 071890227 3459153339 fax: 0712829464
C.F: 93126340426 sito www.ilbauledeisogni.org
Le emozioni in Terapia Intensiva
Dott.ssa Rossini Eleonora
Psicologa-psicoterapeuta
Fondazione Salesi Onlus
Mi ascolto….
Che cos’è la Terapia Intensiva?
Quando una persona subisce un trauma, ha una malattia acuta
grave, ha affrontato un importante intervento chirurgico o un
neonato nasce prematuro o con patologie gravi…quando c’è un
organo vitale che non funziona….
il posto dove si è ricoverati è la TERAPIA INTENSIVA.
Lo SCOPO è quello di aiutare il paziente ad uscire fuori da una
situazione di estrema gravità fino a guarire dalla malattia e tornare a
vivere.
Se una persona viene ricoverata in Terapia Intensiva significa che
la sua vita può essere a rischio
Che cos’è la Terapia Intensiva?
• Nel 1950, l'anestesista Peter Safar stabilì il concetto di "Supporto
Avanzato della Vita" per mantenere i pazienti sedati e ventilati in un
ambiente di terapia intensiva. Safar è considerato il primo operatore
di terapia intensiva in medicina.
• In risposta ad una epidemia di poliomielite (dove si rendeva
necessaria la sorveglianza e la ventilazione costante per molti
pazienti) nei paesi scandinavi, Bjørn Ibsen Aage istituì il primo
reparto di terapia intensiva a Copenaghen nel 1953
• La prima applicazione di questa idea negli Stati Uniti arrivò nel
1955 dal Dr. William Mosenthal, chirurgo presso il DartmouthHitchcock Medical Center.
Che cos’è la Terapia Intensiva?
Grandi ustionati
neurochirurgica
Postoperatoria
Coronarica
Si possono identificare molteplici terapie intensive:
neonatale
cardiochirurgica
Polivalente
La Terapia Intensiva “aperta”:
le ragioni di una scelta
Dr.Alberto Giannini
Medico rianimatore dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano
3 Luglio 2012:
In Senato Presentazione del DDl sulle
Rianimazioni Aperte.
Alla scoperta di un mondo sommerso….
Gli ambienti
Parole chiave della Terapia Intensiva….
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Professionali tà
Presenza
Vicinanza al paziente ed ai familiari
Rispetto
Alleanza
NUDITA’
Collaborazione
Fiducia
Accoglienza
Approccio tecnico e scientifico
Difficoltà
Controllo
Regole
Parole chiave di chi entra…
REGOLE
SPAZIO D’ASCOLTO
RISPETTO
COLLABORAZIONE
CONOSCENZA
RISERVATEZZA
PROFESSIONALITA’
EMPATIA
COMUNICAZIONE
Le regole
•
Rischio infezioni
lavaggio delle mani ed abbigliamento
•
Sicurezza per tutti
In casi particolari è necessario uscire temporaneamente dal reparto.
•
Tranquillità
Parlate sempre a voce bassa e togliete la suoneria dai cellulari, per non distrarre
gli operatori né disturbare le persone ricoverate.
•
Evitare incidenti
Non toccate nessun apparecchio o tubo, o qualsiasi altra cosa, neanche se vi
stupisce o vi preoccupa: potrebbe essere molto pericoloso per il paziente
•
Rispettare la privacy
Nel rispetto della privacy delle persone ricoverate e delle loro famiglie, evitate di
avvicinarvi al loro letto o di leggere le loro cartelle cliniche.
Le regole non dette…
Comunicazione
VERBALE
NON VERBALE
Avviene attraverso l’uso del
linguaggio sia scritto che orale e
dipende da precise regole
sintattiche e grammaticali
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movimenti facciali
contatto visivo
postura e movimento del corpo
contatto fisico
spazio personale
abbigliamento
PARAVERBALE
La voce (tono, volume, ritmo), le pause, le risate, il silenzio ed altre
espressioni sonore (schiarirsi la voce, tamburellare, far suoni) e il
giocherellare con gli oggetti
La voce di chi si immerge….
Gli abitanti ed i passanti….
Approcciarsi ad un turno di lavoro in terapia intensiva neonatale
non è mai facile, come in una roulette russa non sai mai cosa ti
aspetta…giornata tranquilla in cui i tuoi pazienti crescono e
migliorano serenamente o tumulto perché magari chi fino a ieri
pensavi fosse stabile si ritrova a lottare tra vita e la morte. Per cui
le emozioni che ti attraversano sono molte rabbia, dispiacere,
tristezza ma su tutti deve vigere lucidità e organizzazione e
soprattutto volontà di fare perché ogni nostro intervento se fatto
bene può fare la differenza e magari donare un domani migliore
Medico della TIN
Gli abitanti ed i passanti….
«Mi chiamo Pierluigi Tunesi, ho 45 anni e sono un dirigente d’azienda.
Per la precisione sono amministratore delegato di un’importante
azienda multinazionale di apparecchiature elettriche. O meglio, ero
Pierluigi Tunesi, avevo 45 anni ed ero un dirigente d’azienda. Adesso
credo di essere il numero sette, almeno sento che così mi chiamano,
dovrei avere sempre 45 anni ma mi pare di averne 2 o 300, e l’unica
cosa che dirigo, quando non piombo per disposizione altrui o per
infinita spossatezza nel più buio e fondo degli oblii, è il flusso dei miei
pensieri…. E Tunesi Pierluigi, il pesce rosso, l’osservato, il muto,
l’immobile, il prigioniero del corpo relegato in questo letto che, come
una vasca di un acquario troppo piccolo, è l’unico esistere che mi
compete.»
Dal Libro «Cosa sognano i pesci rossi» M.Venturino, Ed.Mondadori
Gli abitanti ed i passanti….
«Gli allarmi. Già, gli allarmi: ti ci devi abituare. Suonano mille volte al girono,
se respiri, se non respiri, se ti muovi, se fai qualcosa, qualsiasi cosa che non sia
contemplata dal mansionario del pesce rosso. Loro sono lì, squillanti,
perentori, spaventosi. All’inizio, le prime volte, quando non sei abituato, la
loro voce acuta ti terrorizza. Non capisci cosa accada, ma sicuramente pensi
che debba essere successo qualcosa di trememendo, anzi che ti stia capitando
qualcosa di tremendo…
Talvolta invece, quando suona uno di questi dispositivi si scatena il finimondo:
un gran correre di persone, voci concitate, arrivano altri apparecchi, mani che
si muovono freneticamente, mani che tremano e…tutto dipende se è uno dei
tuoi dispositivi che si è messo a suonare o se è quello del vicino. Perché se è
uno dei tuoi la senti subito alla gola, la stretta della Signora in nero, quella che
ti vuole prendere e ti vuole strappare via. Ma tutti quelli che sono accorsi al
suono dell’allarme si danno un gran da fare per tenerti qui e tu rimani in bilico,
con la coscienza che va e viene, tra il buio, tra il buio e la luce. Spesso senti un
ago che ti trafigge qui, delle mani che ti prendono là, l’aria che viene pompata
nei polmoni e, insomma, un gran sballottamento nel quale tu sei più COSA del
solito. Tu: una cosa e il suo terrore»
Gli abitanti ed i passanti….
« Ti vedo li, sdraiato su quel letto con mille tubi attaccati, silenzioso,
nudo, inerme ed io mi sento vuota, spaventata, sola.
Dove sei amore mio? Mi sentirai? Se mi senti ti prego, guarisci in
fretta, usciamo insieme da questo mondo ovattato dove il tempo si
ferma e sento solo il bip dei monitor che ormai si è sostituito al ritmo
del mio e del tuo cuore. Ho paura. Paura che tu possa andartene, paura
che ti ho perso per sempre. Qui devo chiedere il permesso per tutto, non
posso toccarti, lavarti, prendermi cura di te, sono impotente… noi che
eravamo liberi fuori da quella porta. Sono così arrabbiata contro il
destino, contro di te, contro di me perché provo tutto questo. Portami
via da qui amore…svegliati!!!!»
Testimonianza di una donna con il marito ricoverato in Terapia
Intensiva per un grave incidente con l’automobile.
Cosa possiamo fare?
• stabilire con i ricoverati un rapporto umano di fiducia e
confidenza, capace di far dimenticare la quotidianità della vita
ospedaliera, a profitto della fantasia e dell'immaginazione.
• Coinvolgere tutta la famiglia, proprio perché i miglioramenti
del malato vengono vissuti e condivisi anche da coloro che lo
circondano combattendo la stessa battaglia.
Cosa possiamo fare?
Fondamentale capire cosa significa stare in Terapia
Intensiva, non basarsi su quello che si vede nei film e
ricordarsi sempre che il ricovero in Terapia Intensiva è
un’esperienza unica sia per il paziente che per i propri
cari i quali si trovano spesso catapultati in questa
difficile realtà.
«l'unico pericolo che senti veramente
è quello di non riuscire più a sentire niente,
di non riuscire più a sentire niente….
Io lo so che non sono solo»
Jovanotti
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE RAGIONATA (in ordine alfabetico per autore)
Testi e tesi di laurea
1. H. P. Adams Salute ! Urra ed. 1999
La storia di Patch Adams, la sua filosofia, il progetto del Gesundheit Institute.
2. Bachtin L’opera di Rabelais e la cultura popolare ... Einaudi 1975
Un libro fondante per l’antropologia della risata: il riso popolare come liberazione.
3. P.H. Berger, Homo Ridens Il Mulino 1999
Un libro importante sul piano filosofico antropologico. Il fenomeno del ridere prende corpo
e spessore. Interessante la parte dedicata al riso dello Spirito.
4. R.Bottaccioli Psiconeuroimmunologia L’altra Medicina studio RED 1995
Testo fondante per la comprensione dei meccanismi della PNEI, semplice ed efficace.
5. M.Ceccarelli Sorriso e riso Einaudi 1988
Antropologia biosociale per tutti. I meccanismi del ridere efficacemente spiegati. Ricca
appendice sul riso nella filosofia attraverso i secoli.
6. P. Cornaglia Ferraris Camici e Pigiami Sperling e Kupfer 1997.
Un medico dall’ “altra parte”. Errori ed orrori della medicina. Fondamentale per
comprendere di quale umanizzazione stiamo parlando.
7. N.Cousins, Il coraggio di vivere Armando 1982
La vera storia dell’uomo che sconfisse la spondilite anchilosante ridendo e scherzando.
Imperdibile.
8. M. Farnè Guarir dal ridere Boringhieri 1995
Un coraggioso psicofisiologo spiega perché ridere fa bene.
9. F. Farrelly- Brandsma, La terapia provocativa, Astrolabio-Ubaldini 1984
Uno psicologo particolare racconta come fa ridere i suoi pazienti
10. S. Fioravanti- L. Spina “ La terapia del ridere – guarire con il buonumore ” RED 1999
Il riso fa buon sangue: come e perché . Le coordinate del ridere terapeutico. La spiegazione
dell’unico metodo di gelotologia messo a punto in Italia.
11. S. Fioravanti. L.Spina Anime con il naso rosso Armando 2006
Ridere è terapeutico. Storie e “miracoli” dei Clown Dottori. Emozione, scienza e coscienza.
8 bis S. Fioravanti. L.Spina Sarà una risata che ci guarirà 1000lire/ Stampa Alternativa
Il paradigma della valle di lacrime e gli anticorpi necessari a sconfiggerlo
12. G.Forabosco Il settimo senso: la psicologia dell’umorismo. Muzzio ed. 1992
Come funziona il rapporto tra chi fa ridere e chi ride?
13. D.Francescano Ridere è una cosa seria Mondadori 2002
Una psicologa di comunità e le sue ricerche psicosociali nella realtà italiana.
14. S. Freud Il motto di spirito Boringhieri 1997
Il buon vecchio Freud aveva visto giusto (in parte). Imperdibile.
15. W. Fry Una dolce follia Cortina 2001
Uno dei padri della gelotologia la racconta così…
16. M. Grotjan Saper ridere – Psicologia dell’umorismo Longanesi 1961
Prima dei clown dottori e prima di Norman Cousins, una teoria dell’umorismo.
17. C.Hirshberg-M. Barasch Guarigioni straordinarie Mondatori 1997
Come si può guarire in moltissimi modi diversi, senza l’uso di far
maci. Un libro fondamentale per accostarsi al potenziale vero dell’essere umano.
18. M. Hodgarth La satira – Quando la crudeltà si sposa con l’ironia. Ed. Muzzio 1991
Le origini della risata. Il riso aggressivo. Interessanti le illustrazioni.
19. J. Huizinga Homo Ludens Einaudi 2002
Un classico sulla teoria del gioco.
20. M.C.Iacobelli Il risus Paschalis Queriniana 1990
Quello che la Chiesa non racconta mai. La dimensione mistica della sessualità. Antropologia
religiosa.
21. S.Locke e D. Colligan Il guaritore interno Giunti 1990
Dal placebo al miracolo, come funziona l’autoguarigione.
22. Mazzoleni I buffoni sacri d’America Bulzoni 1973
Il libro che dimostra come il Clown è antico quanto l’aggregazione sociale umana.
23. G. Minois “Storia del riso e della derisione” Dedalo 2004.
Testo importantissimo per comprendere la relazione tra storia e risata.
24. G.Moretti Un clown sul divano Moretti Vitali 1998
Uno psicologo prova a comprendere la “mente clown”.
25. Oliverio Ferrarsi Psicologia della paura Bollati Boringhieri 1998
Il più grande pericolo per l’essere umano, il vero nemico del clown dottore.
26. Pangrazzi La creatività al servizio del malato Camilliane
Il leader culturale dei Camilliani (pastorale sanitaria), studioso di frontiera
scopre l’arte come guarigione.
27. G. Sanguigno Il corpo che ride Xenia 2004
Una protagonista del movimento della clown terapia si racconta.
28. C. Simmonds e B. Warren la medicina del sorriso Sperling e Kupfer 2003
La leader di Monsieur Giraffe racconta la sua vita di Clown Dottore a Parigi.
29. L.Pirandello L’umorismo Mondatori 1992
La teoria del “sentimento del contrario”.
30. R.Steiner L’uomo si esprime nel linguaggio, nel riso e nel pianto Ed.Antroposofica
1984
Il padre dell’antroposofia e delle scuole steineriane spiega l’importanza dei fenomeni
emotivo/mentali.
31. W.Willeford Il Fool e il suo scettro Moretti & Vitali 1998
Giullari e buffoni sotto la lente dello storico. Fondamentale per capire la storia ed il senso
della comicità.
TESI DI LAUREA 1
1. L. Angrisani Influenza del clown dottore (metodo ridere per vivere)
sulla percezione del dolore, la somministrazione di farmaci analgesici e le complicanze post
operatorie dei bambini ricoverati presso il reparto di chirurgia pediatrica dell’ospedale San Camillo
di Roma. 2006 Psicologia di Comunità, Univ. La Sapienza-Roma
2. D. Berruti, L. Zoppi, O. Barbaliscia Effetti della comicoterapia sulla salute: ricerca empirica
su 18 soggetti con handicap motorio Dipartimento di Psicologia dell’Università dell’Università
“La Sapienza” di Roma 2001
3. M. De Nicolò Senso dell’umorismo e percezione del sé Facoltà di Psicologia Università degli
Studi di Roma “ La Sapienza” 2002
4. K. Delli Paoli Le condizioni dell’esperienza umoristica e le sue applicazioni Facoltà di
Psicologia Università degli Studi di Roma “ La Sapienza” 2002
5. F. Del Priore Comicoterapia: un nuovo metodo nella cura e nell’assistenza dei bambini
ospedalizzati Facoltà di Filosofia Università degli Studi Torvergata – Roma 2002
6. F. Donadoni Relazione tra risata, gestione dell’aggressività e percezione corporea cattedra
di Psicofisiologia Clinica Univ. di Roma, La Sapienza 1997.
7. S. Gianneramo “L’approccio olistico della clownterapia: un apporto
complementare alla medicina tradizionale” Pedagogia Generale Univ. Roma 3 2008
8. M. Donati Riso docet imparare a ridere per insegnare ridendo Facoltà di Scienza
della Comunicazione Università degli Studi di Roma “ La Sapienza” 2005
9. L.Giordani La terapia della risata: effetti sui bambini ricoverati e genitori Facoltà di
Psicologia Università degli studi di Firenze. 2003
10. C. Girolami La comicoterapia nei reparti pediatrici Facoltà di Psicologia Università degli
Studi di Bologna 2001
11. E. Isola Comicoterapia in ospedale: uno studio preliminare nell’ambito di un reparto
pediatrico Facoltà di Psicologia Università degli Studi di Roma “ La Sapienza” 2002.
Pubblicata in lingua inglese presso www.ecam.oxfordjournals.org
12. S. Marchionni Un naso rosso per accendere la speranza: potenzialità terapeutiche e
pedagogiche del ridere. Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Bologna 2001
Università degli Studi
1
Redatte con l’assistenza di Homo Ridens Centro di Ricerca, documentazione e formazione della Federazione ! Ridere
per Vivere !.
13. S. Natalucci, tesi di laurea “La clownterapia come rituale terapeutico” Facoltà di
Sociologia, Cattedra di Antropologia culturale 2004.
14. A. Palenzona Percorsi di umanizzazione ospedaliera i clown in ospedale Facoltà di Lettere e
Filosofia, Corso di laurea in Psicologia Università degli Studi di Pavia 2003
15. C. Palombo L’importanza della gelotologia (comicoterapia) nell’aggiornamento
professionale degli infermieri Corso di Laurea in infermieristica Università degli Studi di >Roma
a Sapienza “ II facoltà di Medicina e Chirurgia 2004.
16. T. Purisiol Comici in camice Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi “Ca’ Foscari”
di Venezia.
17. R. Reymier e D.Sabini Ridere è liberatorio, afrodisiaco, antibiotico Scuola infermieri di
Lugano Svizzera
18. F. Rocculi Umorismo, uno studio sugli aspetti evolutivi Facoltà di Psicologia Università degli
Studi di Padova 2003
19. D. Roncati La clown terapia in pediatria Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università del
Piemonte orientale “ A. Avogadro “. 2004
20. A. Volpi La risata come strumento terapeutico Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli
Studi di Perugia
21. S. Zagni Comicità e umorismo per il benessere ed il cambiamento Facoltà di Psicologia
Università degli Studi di Firenze 2004
CHI È IL
CLOWNDOTTORE?
ll Clown Dottore è un operatore Socio
Sanitario di base che lavora nelle strutture
ospedaliere e sociali.
Che cosa fa il clowndottore?
facilita le relazioni all’interno di un sistema (creare
Comunità), cogliendo le dinamiche personali ed
interpersonali e riformulando la lettura di esse in chiave
paradossale, poetica, creativa al fine di agire sulle
emozioni (e di conseguenza su tutte le altre componenti
della persona ( pensiero–emozioni-corpospirito-relazioni)
trasformandole per ristabilire (o contribuire a ristabilire)
l’equilibrio della persona e quindi la sua salute.
Quali strumenti utilizza?
• Il Clown Dottore utilizza gli strumenti del clown (comicità,
umorismo, poesia, musica, teatro di figura,
prestidigitazione, improvvisazione teatrale) integrandoli
con conoscenze psico-socio-sanitarie.
• L’Arte (la Clownerie, l’Improvvisazione, la Musica, la
Poesia...) gli serve per muovere – con amore- l’animo
della persona in difficoltà (e lo spirito della Comunità) ed
imprimere una spinta positiva alle emozioni.
Le azioni del clowndottore
• L’azione del Clown Dottore è a tutti gli effetti terapeutica,
come scientificamente dimostrato.
• Il C. D. può operare in tutti i contesti del disagio
sociosanitario.
• Il C. D. opera con continuità nei contesti ed è integrato
negli staff sociosanitari.
• Il C.D. non è una professione solo tecnico-scientifica ma
soprattutto artigianato di vicinanza umana.
.
Proposta formativa scuola Homo ridens
• La Scuola abilita, secondo moduli progressivi e
•
•
•
•
propedeutici, alle seguenti qualifiche: Volontario del
sorriso. (100 ore )
Clown dottore. (144 0re )
Clown dottore nel sociale. (100 ore )
Clown Dottore nei “reparti difficili”. (90 ore)
La qualifica finale è quella di Gelotologo
Chi è il gelotologo
• Gelotologo è chi, avendo compiuto l'iter formativo per
Clown Dottore e Clown Dottore nel sociale: sa operare in
modo terapeutico con le buone emozioni ed il ridere, in
tutti i contesti possibili; sa progettare il proprio
intervento;sa condurre gruppi e laboratori non
necessariamente nelle vesti da clown; sa sviluppare
ricerca e sperimentazione nel settore.
Intento formativo e mission
di ridere per vivere e homo ridens
• studiare ed applicare il ridere ( e le emozioni positive ) in
funzione di terapia, prevenzione, riabilitazione e
formazione.
• considerare l’Essere Umano intervenendo su ogni sua
sfera: il Pensiero, la mente razionale,– ; le Emozioni – ; il
Corpo - C; lo Spirito-, inteso come Forza Vitale, ; le
Relazioni-R (con l’intero Universo e con gli altri).
•
La condizione di interdipendenza ed equilibrio armonico
tra queste sfere è (per noi ) la condizione naturale
standard: la salute.
La Fondazione dell’Ospedale Salesi ringrazia il Comune di Monte San Giusto per aver contribuito alla
realizzazione di questo corso.
Si ringraziano anche tutti i docenti che con la loro professionalità hanno contribuito a rendere questo corso
davvero di alta formazione e tutti i partecipanti che con tantissima energia e motivazione hanno seguito
tutte le lezioni.
http://www.musaproject2014.eu
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Il Clown Dottore in Ospedale