Copia di 423ee23ce0390da8184fce9ab8e6121a TORINO CRONACA la Repubblica GIOVEDÌ 9 APRILE 2015 Politicaegiustizia V PER SAPERNE DI PIÙ Altre notizie e immagini sul sito torino.repubblica.it LasegretariadiCota spiegale“spesepazze” nonlemutandeverdi Collaboratrice dell’ex assessore Giordano si contraddice in aula Adesso rischia di essere indagata dai pm per falsa testimonianza FEDERICA CRAVERO IPUNTI GIORDANO Per la sua segretaria novarese Patriza Dattrino l’ex assessore leghista ha fatto solo spese legate al suo ruolo, ma i pm le contestano la falsa testimonianza COTA Michela Carossa segretaria di Cota ha giustificato le spese di vini e ristoranti a Boston con un incontro dell’ex presidente al Mit, silenzio invece sulle “mutande verdi” FINANZIAMENTO Alcune dichiarazioni rese durante la fase istruttoria, ma non confermate a processo, farebbero pensare a una forma di finanziamento della Lega con i soldi dei rimborsi S affannata a spiegare che gli scontrini anomali per l’acquisto di giocattoli messi a rimborso da Massimo Giordano potevano essere per pennarelli e passatempo per i bambini in occasione di qualche evento della Lega Nord. Ha difeso l’ex assessore e consigliere del Carroccio anche quando si è parlato di ricevute per spese fatte mentre lui era in vacanza in America. Non lo ha scaricato quando si è parlato degli articoli di giornale in cui Giordano, difeso dall’avvocato Mauro Anetrini, prendeva le distanze da certi acquisti imputandoli a lei, e nemmeno quando il pm Giancarlo Avenati Bassi, seduto sui banchi dell’accusa con la collega Enrica Gabetta, l’ha incalzata: «Signora, lei ha fatto la cresta sopra questi scontriIÈ PROTAGONISTI Il pm Avenati Bassi (sopra), l’ex governatore Roberto Cota (a destra) e sotto la sua segretaria Michela Carossa L’assistente dell’ex governatore ammette due errori: “Ho messo anche qualche mia ricevuta” ni? Giordano sostiene questo, che lui non sa nulla di queste spese». E Patrizia Dattrino, che durante la giunta Cota lavorava alla segreteria provinciale della Lega di Novara, terra di provenienza di Giordano, rischia di essere la prima teste del processo Rimborsopoli ad essere indagata per falsa testimonianza, come ha annunciato in aula il pm. La segretaria si è contraddetta ripetutamente, rispetto a quanto aveva affermato davanti alla guardia di finanza durante le indagini, sulla procedura adottata per il rimborso degli scontrini a Palazzo Lascaris. «Io facevo solo da supporto al lavoro del gruppo sul terri- torio - ha ripetuto la Dattrino - Le spese erano tutte collegate al lavoro che si faceva per il consigliere Giordano». Quello che non è emerso ieri dalla discussione in aula è ciò che la stessa segretaria aveva invece dichiarato in un passaggio della memoria presentata dall’avvocato Domenico Aiello per conto di alcuni politici del Carroccio e che potrebbe spiegare la reticenza e le contraddizioni in cui la Dattrino è caduta: «Molto spesso - aveva riferito all’epoca la donna - finanziavo con i fondi del gruppo i lavori di manutenzione della sede di Novara. Di fatto, di mia iniziativa, aven- do difficoltà a reperire altrimenti i fondi, inserivo dei costi a rimborso nella contabilità del consigliere Giordano per reperire la provvista dal gruppo necessaria per far fronte alle esigenze della segreteria». In altre parole, con il denaro del gruppo regionale della Lega si pagavano le spese del partito provinciale. In altre parole ancora, si tratterebbe di finanziamento illecito. Più composta e lineare è stata invece la deposizione di Michela Carossa, figlia del capogruppo del Carroccio (che ha già patteggiato in Rimborsopoli), ed ex segretaria del governatore Roberto Cota. A lei è toccato affrontare, seppur di sfuggita, la spesa-simbolo dell’inchiesta, quella delle ormai famose mutande verdi acquistate da Cota negli Stati Uniti. Lo scontrino è del 6 agosto 2011, quando l’ex presidente si trovava a Boston: «Era al Mit per incontrare un professore, avevo organizzato io l’appuntamento. Si trattava di un evento istituzionale», ha precisato la segretaria. Peccato che tra gli scontrini, oltre a spese di ristorazione ci fossero anche quelle per «bottiglie di vino e dei boxer o qualcosa del genere», ha detto la procura. Michela Carossa ha dato la sua versione anche su un’altra spesa difficile da giustificare, quel- la per una cena a Palau sempre nell’estate 2011: «Cota era in vacanza in Sardegna ma per due giorni ha incontrato degli imprenditori, quindi era un’attività politica». La segretaria ha spiegato infine al giudice Silvia Bersano Begey che era il presidente a fornirle le ricevute, ma lei controllava attraverso l’agenda che i tempi e i luoghi delle spese corrispondessero con i suoi impegni. «In due occasioni almeno, però, ho fatto un errore e ho messo due scontrini miei della Liguria. Mi mangio le mani, ma sono stati miei errori materiali», ha ammesso. ©RIPRODUZIONE RISERVATA L’INCHIESTA/ ALTRI DUE LEADER PERINO E RICHETTO INDAGATI PER ISTIGAZIONE A DELINQUERE NoTav,condannaemultaperAbbàecompagna L Luca Abbà (sopra) e Alberto Perino, sono due dei leader storici delle proteste e della lotta No Tav in Valsusa A CONDANNA a 15 giorni di reclusione è stata convertita in una multa di 3.750 euro a testa: questa la pena che il tribunale di Torino ha stabilito ieri per Luca Abbà e la compagna Emanuela Favale, attivisti No Tav assistiti dall’avvocato Claudio Novaro, ritenuti responsabili del danneggiamento della rete attorno all’area di cantiere dell’Alta velocità, a Chiomonte. L’episodio risale al settembre 2012, quando Abbà era tornato in Clarea per la prima uscita pubblica dopo l’incidente avvenuto a febbraio, quando il militante eracaduto da un traliccio durante una protesta ed era stato ricoverato diversi mesi in ospedale per le gravi ferite riportate. Ritornato a manifestare in prima fila contro la Torino-Lione - il corteo era stato organizzato proprio per festeggiare il suo ritorno in Valle - Abbà come gesto simbolico aveva tagliato le reti del cantiere davanti ad altri militanti ed era stato indagato dal pm Andrea Padalino. La difesa aveva cercato di sostenere l’obiezione sulla «tenuità del fatto», cui l’accusa si era opposta parlando invece di «abitualità», per quanto in presenza non di precedenti condanne ma solamente di procedimenti pendenti. Ed è stata questa seconda linea a prevalere nel giudizio della corte. La società ex Ltf si era costituita parte civile con l’avvocato Daniele Zaniolo e il giudice ha stabilito a suo favore una provvisionale di 360 euro e il diritto al risarcimento in sede civile. In questi giorni, intanto, due esponenti del movimento No Tav della Valsusa, Alberto Perino e Francesco Richetto, hanno ricevuto l’avviso di chiusura indagini, nell’ambito di un fascicolo aperto dal pm Antonio Rinaudo per istigazione a delinquere. L’atto, che solitamente è l’anticamera di una ri- IL CASO InPiemontesono7milainomadiromesinti I L Piemonte vivono circa 7 mila rom e sinti. Ieri, in occasione della Giornata internazionale dedicata a queste popolazioni, la Regione ha diffuso i dati del suo censimento, frutto di una serie di incontri con le amministrazioni locali dove è più massiccia la presenza di popolazioni nomadi. «Quando si parla di rom e sinti si fa grande confusione e entrano in campo i pregiudizi - ha spiegato l’assessore alle pari opportunità Monica Cerutti - ma il 40 per cento di loro è italiano». Entro un mese la Regione attiverà dei tavoli tematici, su casa, scuola, lavoro e salute. «Da qui nasceranno dei progetti pilota - prosegue Cerutti - per superare l’ottica dei campi e lavorare sull’inclusione di rom e sinti nell’ottica però della più trasparente legalità. Non serve una legge regionale - conclude - ma un’azione coordinata tra amministrazioni, soggetti che si occupano di integrazione e gli stessi nomadi perchè deve finire l’era delle decisioni prese sulla loro testa». (mc.g.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA chiesta di rinvio a giudizio, riguarda alcune dichiarazioni rese il 25 luglio 2012 in occasione di una conferenza stampa a Bussoleno a proposito delle modalità di lotta del movimento No Tav. «Al tribunale di Torino si processano le idee, come per Erri De Luca - è stata la replica dei due esponenti indagati dalla procura di Torino - Ancora una volta viene minato il principio costituzionale della libertà e di parola e di opinione». In un comunicato Perino e Richetto spiegano che l’accusa è di «avere dichiarato illegittime le recinzioni del cantiere di Chiomonte» e di «avere detto che il movimento avrebbe provveduto a danneggiarle. Ad anni di distanza continuiamo a pensare che la pressione al cantiere sia un pezzo fondamentale della lotta No Tav. Oggi come allora pensiamo che quel cantiere sia illegittimo, inutile, antieconomico, dannoso per l’ambiente e per la salute. Continuiamo a praticare da oltre venti anni ogni forma di lotta, raccolte firme, ricorsi in tribunale, digiuni, marce popolari, tagli di rete. Non vogliamo fare del male a nessuno, ma non intendiamo fermarci». (f. cr.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA