Effetto delle incertezze di modellazione sulla valutazione
della risposta sismica di edifici in muratura
Stefano Bracchi
Programma ROSE, UME School, IUSS Pavia. via Ferrata 1, 27100 Pavia.
Maria Rota
Centro Europeo di Formazione e Ricerca in Ingegneria Sismica (EUCENTRE). Via Ferrata 1, 27100 Pavia.
Andrea Penna, Guido Magenes
Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura. Via Ferrata 3, 27100 Pavia ed EUCENTRE
Keywords: incertezze di modellazione, edifici in muratura, verifica sismica, analisi pushover, modellazione a telaio
equivalente
ABSTRACT
Un’accurata verifica sismica degli edifici in muratura richiede la considerazione delle diverse fonti di incertezza e
del loro effetto sulla risposta sismica. Tra queste, non sono trascurabili le incertezze di modellazione, intese come
scelta del tipo di modellazione, del metodo di analisi, delle diverse opzioni relative al modello. Questo lavoro
fornisce una valutazione quantitativa, in termini probabilistici, dell’effetto di tali incertezze sulla risposta sismica,
nel caso di analisi statica non lineare e modellazione a telaio equivalente con macro-elementi. Si sono considerate
diverse scelte di modellazione, legate a definizione della geometria del telaio equivalente, distribuzione dei carichi
dei solai tra le pareti e sui singoli maschi murari, grado di accoppiamento tra pareti ortogonali, definizione della
rigidezza fessurata degli elementi, modellazione delle fasce, e si è utilizzato un approccio ad albero logico per
valutarne l’effetto sulla risposta. Si riportano i risultati per un edificio prototipo, per cui, a partire dalla
distribuzione probabilistica dei valori di accelerazione corrispondente a diversi stati limite, si è calcolato il fattore
di variabilità (rapporto tra il valore corrispondente al quinto percentile della distribuzione ottenuta e il valore
medio), ovvero una misura quantitativa della dispersione dei risultati dovuta alle incertezze di modellazione
considerate.
1
INTRODUZIONE
Gli edifici in muratura costituiscono una parte
importante del costruito esistente in molti Paesi,
sia per uso abitativo sia per attività economiche e
funzioni di grande rilevanza sociale. La maggior
parte di essi non è stata concepita per resistere ai
terremoti e necessita pertanto di verifiche della
sicurezza sismica, come dimostrato dai recenti
eventi in Abruzzo ed Emilia. È quindi
particolarmente importante che la metodologia
utilizzata per la verifica sismica sia accurata, porti
a risultati via via più affidabili al crescere della
conoscenza della struttura (e quindi dei costi) e
permetta di tener conto in modo adeguato di tutte
le fonti di incertezze coinvolte nel problema.
Attualmente, la valutazione della sicurezza
sismica degli edifici esistenti viene effettuata con
metodi convenzionali, del tipo di quelli adottati
dalle normative più avanzate, in cui si tiene conto
del livello della conoscenza e delle varie
incertezze in modo “forfettario”. In particolare,
l’approccio incluso negli Eurocodici (EN 1998-3,
2005) e nella normativa italiana (NTC08, 2008)
tiene conto della conoscenza semplicemente
definendo tre livelli discreti di conoscenza, a
ciascuno dei quali è associato un valore del
fattore di confidenza, da applicare come riduzione
delle resistenze dei materiali.
Alcuni lavori di letteratura hanno evidenziato
come questo approccio produca in molti casi
risultati contraddittori, sia nel caso di edifici in
calcestruzzo armato (ad es. Franchin et al. 2010),
sia nel caso di edifici in muratura (ad es. Tondelli
in Rota et al. (2013a), anche per consentire un
confronto diretto tra i risultati ottenuti nei due
lavori.
2
EDIFICIO CASO STUDIO E APPROCCIO
DI MODELLAZIONE UTILIZZATO
La metodologia proposta è stata applicata a un
edificio caso studio di 3 piani di pianta circa
quadrata (Figura 1), realizzato in “muratura in
pietre a spacco con buona tessitura”, secondo le
tipologie murarie predefinite riportate nel
commentario della normativa italiana (MIT
2009). I valori delle proprietà meccaniche sono
stati assunti pari ai valori centrali degli intervalli
riportati in MIT (2009), trascurandone la
variabilità spaziale da elemento a elemento. Non
si è applicato alcun fattore di confidenza,
ipotizzando una conoscenza perfetta delle
proprietà dei materiali (livello di conoscenza
almeno pari a 3 secondo le norme). L’edificio ha
solai rigidi e dettagli costruttivi tali da assicurare
una risposta di tipo globale, senza attivazione di
meccanismi locali fuori piano.
11.66
0.50
0.50
11.00
11.42
et al. 2012). Inoltre, questo approccio non tiene
conto di tutte le altri fonti di incertezza che non
hanno a che fare con la conoscenza della
geometria e dei dettagli costruttivi della struttura,
ma che possono avere un effetto significativo sui
risultati della verifica. Tra queste si ricordano per
esempio quelle legate alla strategia e alle ipotesi
di modellazione selezionate, all’utilizzo di soglie
deterministiche per la deformazione ultima a
livello di elemento strutturale, all’incertezza
epistemica nella definizione dell’azione sismica.
In un lavoro precedente, Rota et al. (2013a)
hanno proposto una metodologia probabilistica
per quantificare gli effetti di queste fonti di
incertezza sui risultati di analisi statiche non
lineari, basata sulla definizione di coefficienti,
chiamati fattori di variabilità, calibrati sulla base
di un approccio ad albero logico. Tuttavia, in quel
lavoro, era inclusa soltanto una stima preliminare
degli effetti delle diverse ipotesi di modellazione,
effettuata tenendo in considerazione solo alcune
delle possibili ipotesi legate alla modellazione di
edifici in muratura a telaio equivalente per mezzo
di macro-elementi.
Mantenendo lo stesso approccio metodologico
di Rota et al. (2013a), questo lavoro presenta una
valutazione più accurata degli effetti delle
incertezze di modellazione, cercando di
considerare tutte le possibili opzioni di
modellazione, pur concentrandosi solamente su
un metodo di analisi, l’analisi statica non lineare,
e su una singola strategia di modellazione, ovvero
quella a telaio equivalente con macro-elementi.
La scelta di considerare soltanto l’analisi statica
non lineare deriva dalla considerazione che
questo metodo di analisi può essere considerato
attualmente come il metodo di riferimento
utilizzato per la verifica sismica di edifici
esistenti in muratura. Infatti, nonostante l’analisi
dinamica non lineare sia universalmente
riconosciuta come il metodo di analisi più
accurato, la sua applicazione nella pratica
ingegneristica comune è tuttora piuttosto rara (si
veda ad es. Penna et al. 2013), anche a causa
dell’elevato onere computazionale e di alcune
difficoltà oggettive legate per esempio alla
definizione dell’azione sismica in termini di
storie di accelerazione appropriate (Corigliano et
al. 2012, Rota et al. 2012) e all’interpretazione
dei risultati ottenuti, al fine per esempio di
identificare stati limite di danno significativi
(Mouyiannou et al. 2013).
La metodologia proposta in questo lavoro è
stata applicata ad un edificio caso studio,
descritto nel prossimo paragrafo, che corrisponde
a uno degli edifici utilizzati per la valutazione
preliminare degli effetti delle incertezze discussa
Y
X
12.57
Figura 1. Vista del modello 3D e della planimetria
dell’edificio caso studio considerato.
Come accennato nell’introduzione, la scelta
del programma di calcolo può influenzare
significativamente i risultati. In questo lavoro, si
è utilizzato un solo programma, senza quindi
considerare l’effetto sui risultati dell’utilizzo di
diversi programmi e approcci di modellazione. Il
programma utilizzato, chiamato TREMURI, è
basato sull’approccio a macro-elementi e
consente l’esecuzione di analisi non lineari
statiche e dinamiche di edifici in muratura,
utilizzando l’idealizzazione a telaio equivalente.
Dettagli sull’algoritmo e sul programma sono
riportati altrove (ad es. Penna et al. 2013;
Lagomarsino et al. 2013).
3
IPOTESI DI MODELLAZIONE
CONSIDERATE
Come già discusso, in questo lavoro si è fatto
riferimento soltanto ad analisi statiche non
lineari, utilizzando macro-elementi e con
l’idealizzazione a telaio equivalente. Con queste
ipotesi, le diverse opzioni di modellazione hanno
a che fare con:
• Definizione della geometria del telaio
equivalente, ovvero identificazione dei maschi
murari, delle porzioni rigide e deformabili degli
elementi strutturali, della lunghezza equivalente
dei cordoli (non considerata dal momento che
l’edificio caso studio non ha cordoli);
• Definizione della rigidezza fessurata
rispetto a quella iniziale:
• Modellazione delle fasce in muratura;
• Distribuzione dei carichi suih' solai;
h'
H
h'
• Distribuzione h' dei carichi
dei solai h' sui
maschi murari ;
• Grado di accoppiamento
tra pareti
(a)
ortogonali.
Un’altra potenziale fonte di incertezza
riguarda i modelli di capacità utilizzati e, in
particolare, il criterio utilizzato per la resistenza a
taglio. Tra i diversi criteri disponibili, si è
utilizzato soltanto quello per fessurazione
diagonale proposto da Turnsek e Sheppard,
(1980), come suggerito in MIT (2009). Si osserva
infine che il programma utilizzato non modella la
rigidezza fuori piano delle pareti, la cui
considerazione potrebbe costituire un’ulteriore
fonte di incertezza.
In un lavoro precedente (Rota et al. 2013a), gli
autori avevano proposto una stima preliminare
dell’influenza di alcune di queste incertezze di
modellazione, legate a identificazione dei maschi
murari,
distribuzione
dei
carichi
sugli
orizzontamenti, modellazione delle fasce e
definizione della rigidezza fessurata. Questo
lavoro si ripropone di fornire una valutazione
quantitativa più accurata degli effetti delle
incertezze di modellazione, tenendo conto di tutti
gli elementi elencati sopra e discussi nel seguito.
Lagomarsino et al., 2013), fornisce un’altezza
efficace pari alla media delle altezze delle
aperture adiacenti (utilizza l’altezza di piano per
il calcolo della media nel caso di maschi di
estremità).
<30°
Hi
Si sono considerati 3 diversi criteri
(equiprobabili) per la definizione dell’altezza
efficace dei maschi, h’. Secondo il primo (Figura
2 (a)), l’altezza dei maschi coincide con l’altezza
libera minima tra aperture adiacenti. Il secondo
criterio (Figura 2 (b)) assume un’inclinazione
massima di 30° delle fessure, a partire dagli
angoli delle aperture e coerentemente con questo
fornisce un’altezza maggiore per i maschi esterni.
Questa era anche l’ipotesi usata inizialmente da
Dolce (1991) per definire l’altezza equivalente
per modelli basati sul meccanismo di piano. Il
terzo criterio (Figura 2 (c)), implicito nel
generatore automatico di mesh del software
professionale
3Muri
(www.3muri.com,
h'
h'
h'
<30°
h'
h'
30°
30°
(a)
(b)
30°
<30°
i
Definizione dell’altezza dei maschi murari
h'
h'
h'
h'
30°
3.1
30°
30°
h'
h'
<30°
h'
h'
h'
h'
h'
30°
30°
(b)
(c)
Figura 2. Altezza efficace dei maschi, h’, secondo i 3 criteri
considerati: (a) altezza libera minima, (b) altezza efficace
assumendo una massima inclinazione delle fessure e (c)
altezza media delle aperture adiacenti (da Rota et al.
2013a).
3.2
Definizione della rigidezza fessurata
MIT (2009) specifica che i valori forniti per le
diverse tipologie per i moduli elastici E and G
devono essere considerati rappresentativi di
condizioni non fessurate e suggerisce quindi di
ridurre in modo appropriato le rigidezze degli
elementi per tener conto delle condizioni di
fessurazione nella struttura.
In questo lavoro, si sono considerati 3 valori
del rapporto tra la rigidezza fessurata e quella
iniziale, ovvero 100%, 75% e 50%, con
probabilità di 45%, 10% e 45%, rispettivamente.
La prima opzione potrebbe apparire in contrasto
con le indicazioni di MIT (2009), ma è stata
considerata per tener conto dei casi in cui
l’ingegnere pensi che i valori riportati nella
circolare siano già bassi rispetto ai risultati di
eventuali prove sperimentali. 50% è un
coefficiente riduttivo spesso utilizzato nella
pratica ingegneristica ed è inoltre il valore di
default di diversi programmi di calcolo. Infine, il
valore di 75% è quello più coerente con i risultati
sperimentali (ad es. Magenes et al 2008, Costa et
al. 2011, Mandirola et al. 2012) e pertanto, nella
maggior parte dei casi, è il valore più appropriate.
Tuttavia, a questa scelta è stata assegnata una
probabilità bassa, poiché si ritiene che solo una
piccola percentuale di ingegneri faccia
affidamento sui risultati sperimentali per la
valutazione di questo coefficiente riduttivo.
3.3
Modellazione delle fasce in muratura
Il grado di accoppiamento esercitato dalle
fasce in muratura può influenzare in modo
significativo la risposta strutturale (ad es.
Tomazevic 1999, Magenes e Della Fontana
1998). In questo studio, si sono considerati due
casi estremi (considerati equiprobabili), che
corrispondono a quelli utilizzati più
Nel primo caso, le fasce sono modellate come
travi deformabili appartenenti al telaio
equivalente e la loro resistenza laterale è
determinata in base alle forze di compressione
che derivano dall’analisi (opzione affidabile solo
per muri non collegati da diaframmi rigidi) o in
base alla resistenza degli eventuali elementi
resistenti a trazione (in caso di presenza di catene
o cordoli). Nel secondo caso, le fasce sono
modellate come bielle assialmente rigide che
accoppiano gli spostamenti orizzontali dei maschi
(modello a mensola).
3.4
Distribuzione dei carichi sui solai
Si sono considerate due possibili alternative
(equiprobabili)
per
quanto
riguarda
la
distribuzione dei carichi su solai e coperture,
assumendo che si tratti di solai a semplice
orditura. Secondo la prima opzione, il 100% del
carico agisce sulle pareti perpendicolari alla
direzione di orditura dei solai, mentre nella
seconda opzione questa percentuale è ridotta al
75%, assumendo che anche le pareti parallele alla
direzione di orditura ricevano parte del carico che
agisce sul solaio (approssimato come il 25% del
carico totale).
3.5
Distribuzione dei carichi verticali tra i
diversi maschi murari
Come ben noto, la resistenza alle forze
orizzontali dei maschi murari dipende in modo
significativo dal carico verticale applicato, che
governa entrambi i criteri di resistenza per taglio
e per pressoflessione e, quindi, determina il
meccanismo di risposta atteso (quello che tra i
due offre la resistenza minore).
La
forza
verticale
applicata
dagli
orizzontamenti su ciascun maschio murario può
essere calcolata sulla base della definizione
dell’area di influenza. A questo scopo, si possono
utilizzare diversi livelli di dettaglio per il calcolo
dell’eccentricità nel piano del carico verticale che
agisce
su
ogni
maschio
(eccentricità
longitudinale). Le varie opzioni possono
ovviamente
determinare
risultati
diversi
dell’analisi pushover, sia in termini di taglio alla
base, sia per quanto riguarda la capacità di
spostamento.
In questo lavoro si sono considerati tre criteri
per il calcolo dell’eccentricità longitudinale della
forza verticale trasmessa dagli orizzontamenti ai
muri, tutti con la stessa probabilità (33.3%):
a) il carico verticale è concentrato in asse ad
ogni maschio (parte sinistra in alto della Figura
3), senza considerare alcuna eccentricità nel
piano;
b) il carico verticale è applicato nel punto
corrispondente alla risultante della forza verticale
trasmessa dagli elementi del solaio in funzione
dell’area di influenza (massima eccentricità
longitudinale);
c) l’area di piano è suddivisa in strisce (o
travetti equivalenti) parallele alla direzione di
orditura del solaio. Si ipotizza quindi che ogni
striscia distribuisca metà del carico verticale
corrispondente alla sua superficie alle due pareti
che interseca (con i punti di applicazione che
corrispondono alle estremità della striscia stessa).
Nel caso in cui la striscia carichi direttamente
un maschio murario, il carico contribuisce sia alla
forza verticale applicata, sia al momento,
calcolato sulla base dell’eccentricità del punto di
applicazione del carico rispetto alla mezzeria del
maschio murario.
I carichi provenienti dalle strisce, ma applicati
a travi o fasce murarie sono invece riportati alle
estremità di questi elementi con una relazione di
proporzionalità inversa tra le distanze relative tra
i punti di applicazione e le estremità stesse.
La risultante dei carichi sulla trave è quindi
trasformata in un carico eccentrico sul maschio,
applicato all’interfaccia tra maschio e trave. Si
hanno quindi un contributo al carico verticale
applicato alla mezzeria del maschio e un
momento calcolato come prodotto di tale carico
per metà della lunghezza del maschio.
Come risultato di questo approccio più
generale, che è stato inserito nel programma
3muri anche per tener conto di una direzione
qualsiasi di orditura dei solai (Lagomarsino et al.
2013), l’eccentricità del carico risulta più
contenuta rispetto al criterio b).
Figura 3. 3 criteri considerati per la valutazione
dell’eccentricità longitudinale dei carichi verticali sui
maschi murari: (a) carico centrato sui maschi murari, (b)
carico eccentrico, e (c) modello a strisce di carico incluso in
3Muri.
3.6
Grado di accoppiamento tra pareti
ortogonali
Si sono considerati due criteri per
l’accoppiamento tra pareti ortogonali. Secondo il
primo, i due muri ortogonali sono collegati da un
elemento infinitamente rigido, che costituisce un
vincolo cinematico, creando un effetto flangia tra
i macroelementi collegati. Si tratta dell’opzione
normale del programma TREMURI, alla quale è
stata attribuita una probabilità del 75% in quanto
considerata la scelta di modellazione usualmente
più corretta. L’altro criterio (con probabilità 25%)
prevede che i muri siano collegati da una biella,
ovvero che non ci sia accoppiamento a flessione
né a taglio tra i muri ortogonali.
4
METODOLOGIA DI ANALISI
Le analisi statiche non lineari sono state
effettuate con due distribuzioni di forze
(proporzionale alle masse e proporzionale al
primo modo), come indicato in diverse normative
(ad es. Eurocodice e NTC08) per tener conto
della risposta dinamica nelle diverse fasi di
evoluzione del danno. Queste distribuzioni di
forze sono state applicate in due direzioni
ortogonali
(sia
positive
sia
negative),
considerando la presenza dell’eccentricità
accidentale introdotta nelle normative per tener
conto dell’incertezza nella posizione delle masse.
Avendo l’edificio solai rigidi, la scelta del nodo
di controllo non è particolarmente critica e quindi
si è scelto uno dei nodi dell’ultimo piano.
Si sono considerati 3 stati limite, ovvero i due
richiesti dalla normativa italiana e indicati come
stati limite di salvaguardia della vita (ULS) e
limitazione del danno (DLS) e lo stato limite di
operatività (OLS), che tuttavia non è
esplicitamente richiesto dalle norme per edifici
residenziali.
L’azione sismica è stata definita dallo spettro
di risposta elastico in accelerazione di tipo 1
dell’EC8-parte 1 per terreni rigidi (tipo A).
Si sono utilizzati i valori della deformazione
ultima per taglio e per pressoflessione degli
elementi strutturali della normativa italiana,
ovvero 0.4% e 0.6% rispettivamente. Come
discusso in Rota et al. (2013a), questi valori sono
soggetti ad incertezza e si dovrebbe tenerne conto
definendo
un’opportuna
distribuzione
probabilistica, ma in questo lavoro si è scelto di
approfondire la sola valutazione degli effetti delle
incertezze di modellazione e pertanto si
trascurano le altre fonti di incertezza.
In modo analogo a quanto fatto in Tondelli et
al. (2012) e Rota et al. (2013a), si è simulata la
verifica della struttura tenendo conto dell’effetto
sui risultati delle possibili scelte di modellazione
effettuate. A tal fine, come suggerito anche da
Lagomarsino (2011), si è utilizzato un approccio
ad albero logico, in cui ciascun ramo corrisponde
a un insieme di ipotesi di modellazione, con una
certa probabilità di essere selezionato e ogni
foglia fornisce un valore di capacità dell’edificio
in esame, espressa in termini dell’accelerazione di
picco del terreno che porta al raggiungimento
degli stati limite considerati. La definizione delle
probabilità associate alle diverse scelte
dell’albero logico è ovviamente soggettiva ed è
stata basata sulla probabilità relativa di ogni
scelta, determinata sulla base di giudizio esperto,
come discusso nella precedente sezione per ogni
opzione considerata.
Per i dettagli sulla definizione dell’albero
logico, si rimanda ad altri lavori più approfonditi
(Rota et al. 2013b). La capacità strutturale è stata
calcolata utilizzando il metodo N2 (Fajfar 2000).
a g ,5%
(1)
a g ,mean
Questo fattore di variabilità è una misura della
dispersione dei valori di accelerazione rispetto al
valor medio della distribuzione e quindi della
variabilità nei risultati dovuta alle incertezze di
modellazione considerate.
5
RISULTATI
Questo paragrafo sintetizza i risultati ottenuti
dalle analisi dell’edificio caso studio considerato
e riporta alcuni confronti con i risultati della
valutazione preliminare dell’effetto delle
incertezze di modellazione, le cui ipotesi sono
riportate in Rota et al. (2013a).
La Figura 4 mostra le curve pushover ottenute
dalle analisi nelle due direzioni perpendicolari
indicate in Figura 1 come X e Y. Ogni curva in
figura corrisponde all’analisi che fornisce il
valore minimo di accelerazione corrispondente
allo SLU e deriva da uno dei rami dell’albero
logico, ovvero corrisponde a un insieme di ipotesi
di modellazione, per un totale di 216 curve. La
dispersione di queste curve appare significativa in
entrambe le direzioni.
2000
2500
Taglio alla base [kN]
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
2000
1500
1000
500
0
0
5
10
15
20
25
0
5
10
15
20
25
Spostamento in sommità [mm]
Spostamento in sommità [mm]
Figura 4. Curve pushover corrispondenti ad ag,SLU minima
in direzione X (sinistra) e Y (destra).
La Figura 5 mostra invece le distribuzioni
cumulate
dei
valori
di
accelerazione
corrispondenti al raggiungimento dello SLU nelle
due direzioni e le loro approssimazioni
lognormali, mentre la Figura 6 riporta le
approssimazioni lognormali ottenute per i 3 stati
limite considerati.
1
1
0.8
0.8
Probabilità [-]
Ogni analisi fornisce pertanto un valore
dell’accelerazione
che
corrisponde
al
raggiungimento dei diversi stati limite, con
associato un valore di probabilità (peso) ottenuto
dal prodotto delle probabilità corrispondenti alle
diverse ipotesi di modellazione. Si è quindi
costruito l’istogramma dei valori, approssimando
la distribuzione cumulata corrispondente per
mezzo di una funzione lognormale, i cui
parametri sono stati determinati utilizzando
l’algoritmo di regressione non lineare di
Levenberg e Marquardt (Levenberg, 1944;
Marquardt, 1963). Come accennato in
precedenza, si sono considerati 3 stati limite, tutti
definiti secondo le indicazioni di NTC08 e MIT
(2009). L’accelerazione corrispondente al
raggiungimento dello stato limite di salvaguardia
della vita (indicato come stato limite ultimo,
SLU) è stata ottenuta con il metodo N2 (Fajfar,
2000) riportato nell’annesso F dell’EC8-1 e nelle
NTC08. Come specificato in MIT (2009), in caso
di analisi statica non lineare, lo SLU è
identificato come lo spostamento corrispondente
a un degrado di resistenza del 20% rispetto alla
resistenza massima. Per identificare questo punto,
la curva forza-spostamento ottenuta dall’analisi è
stata convertita nella curva di un sistema a un
grado di libertà equivalente, che è stata poi
approssimata
da
una
curva
bilineare.
Quest’ultimo paso è stato effettuato seguendo le
indicazioni delle NTC08. In caso di analisi statica
non lineare, lo stato limite di limitazione del
danno (SLD) è identificato come il minimo tra lo
spostamento corrispondente alla resistenza
massima e quello per cui lo spostamento relativo
tra 2 piani adiacenti eccede 0.003h, dove h è
l’altezza interpiano (MIT, 2009). Lo stato limite
di operatività (SLO) è invece identificato come lo
spostamento per cui lo spostamento relativo tra
due piani adiacenti eccede 2/3 del valore
corrispondente a SLD. Si è inoltre considerata
una condizione aggiuntiva, imponendo che lo
spostamento corrispondente a SLO non sia
superiore a quello corrispondente a SLD. Con
questi valori di spostamento è stato quindi
possibile derivare gli spostamenti del sistema a
un grado di libertà equivalente e quindi le
accelerazioni corrispondenti al raggiungimento di
questi stati limite.
Dalla distribuzione probabilistica delle
accelerazioni corrispondenti al raggiungimento di
ciascuno stato limite, si è calcolato il fattore di
variabilità, definito come rapporto tra il valore
corrispondente al 5° percentile della distribuzione
e il valore medio, ovvero:
α=
Taglio alla base [kN]
Trattamento statistico dei risultati
Probabilità [-]
4.1
0.6
0.4
0.4
0.2
0.2
0
0
0.6
0.1
0.2
0.3
ag,SLU [g]
0.4
0.5
0
0
0.1
0.2
0.3
0.4
ag,SLU [g]
0.5
0.6
0.7
Figura 5. Distribuzione cumulata e approssimazione
lognormale dei valori di ag,SLU in direzione X (sinistra) e Y
(destra).
SLO
SLD
SLU
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.1
0.2
0.3
a [g]
g
0.4
0.5
1
Probabilità [-]
Probabilità [-]
1
SLO
SLD
SLU
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
0.1
0.2
0.3
0.4
a [g]
0.5
0.6
di variabilità. Come discusso in precedenza in
relazione ai parametri della distribuzione
lognormale, il fatto che per lo SLU avvenga
l’opposto è probabilmente dovuto alla limitazione
sul rapporto tra la forza di risposta elastica e la
forza di snervamento del sistema equivalente.
g
Figura 6. Approssimazione lognormale della distribuzione
cumulata di ag,SLU per i 3 stati limite considerati in direzione
X (sinistra) e Y (destra).
Il confronto dei risultati ottenuti con quelli
della valutazione preliminare, le cui ipotesi sono
discusse in Rota et al. (2013a), mostra che nel
caso presentato in questo lavoro la dispersione in
termini di curve pushover è più significativa,
come ci si poteva attendere dal momento che si
sono considerate alcune fonti di incertezza
aggiuntive. Tuttavia, il confronto dei parametri
media
e
deviazione
standard
delle
approssimazioni lognormali ottenute nei due
studi, riportato in Rota et al. (2013b), mostra
come i valori non siano significativamente
diversi. In particolare, nello studio descritto in
questo lavoro, si è osservata in entrambe le
direzioni una deviazione standard lognormale
maggiore per SLO e SLD, che indica quindi una
maggiore variabilità nei risultati, mentre la
deviazione standard per lo SLU è risultata
inferiore. Questo può essere dovuto alla
limitazione imposta dalla normativa italiana sul
rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza
di snervamento del sistema equivalente (q*≤3),
che governa la capacità di spostamento ultima
della struttura, riducendo pertanto la dispersione
nei risultati dell’analisi.
Si sono quindi calcolati i fattori di variabilità,
a partire dalla distribuzione dei valori di
accelerazione corrispondente al raggiungimento
dei diversi stati limite. Per ogni stato limite, si
sono calcolati due valori di αmod, uno per ogni
direzione. La Tabella 1 riporta un confronto tra i
valori dei fattori di variabilità ottenuti in questo
lavoro e quelli ottenuti nella valutazione
preliminare effettuata con le ipotesi discusse in
Rota et al. (2013a). Si può osservare come, in
entrambe le direzioni, il fattore di variabilità che
tiene conto delle incertezze di modellazione
ottenuto in questo lavoro sia minore di quello
della valutazione preliminare per SLO e SLD, ma
maggiore per SLU. Questo indica che, come ci si
poteva attendere, il fatto di considerare fonti di
incertezza aggiuntive tende a far aumentare la
dispersione nei risultati per gli stati limite più
bassi, portando quindi a valori inferiori dei fattori
Tabella 1. Valori di αmod ottenuti, per i 3 stati limite
considerati, in questo studio e nella valutazione preliminare
le cui ipotesi sono discusse in Rota et al. (2013a).
Stato
limite
SLO
SLD
SLU
Questo studio
X
Y
0.6237 0.5971
0.6929 0.6626
0.7871 0.7335
Valutazione preliminare
X
Y
0.6435
0.6265
0.7078
0.6816
0.7653
0.7148
I fattori di variabilità finali possono essere
quindi ottenuti come media tra i valori
corrispondenti alle due direzioni di analisi. In
questo caso, si ottengono valori pari a circa 0.61
per lo SLO, 0.68 per lo SLD e 0.76 per lo SLU.
CONCLUSIONI
Questo lavoro prende l’avvio da precedenti
studi di letteratura, nei quali si è mostrato come
l’attuale approccio di normativa per la verifica
sismica di edifici in muratura porti in molti casi a
risultati contraddittori e, in ogni caso, non sia in
grado di tener conto in modo adeguato di tutte le
fonti di incertezza coinvolte nel problema
(Tondelli et al. 2012, Rota et al. 2013a). Queste
fonti di incertezza includono, tra le altre, le
incertezze legate alle diverse ipotesi di
modellazione e di analisi, che hanno un effetto
significativo sui risultati della verifica sismica.
Pertanto, in questo lavoro si è proposta una
stima quantitativa, in termini probabilistici,
dell’effetto delle incertezze di modellazione sulla
risposta sismica degli edifici in muratura,
analizzati con il metodo dell’analisi statica non
lineare e nell’ipotesi di modellazione a telaio
equivalente con macro-elementi. Tale effetto è
quantificato per mezzo dei cosiddetti fattori di
variabilità, che forniscono una misura
probabilistica della dispersione dei risultati
dell’analisi, espressi in termini dell’accelerazione
di picco del terreno che corrisponde al
raggiungimento di stati limite precedentemente
identificati come significativi. In particolare, si
sono considerati 3 stati limite, ovvero lo stato
limite di salvaguardia della vita o stato limite
ultimo, lo stato limite di limitazione del danno e
lo stato limite di operatività.
Le diverse scelte di modellazione considerate
hanno a che fare con la definizione della
geometria del telaio equivalente, la distribuzione
dei carichi tra i diversi maschi murari, la
distribuzione dei carichi sui solai, il grado di
accoppiamento tra pareti ortogonali, la
definizione della rigidezza fessurata degli
elementi strutturali come percentuale della
rigidezza iniziale e la modellazione delle fasce
murarie. Tali scelte sono state trattate per mezzo
di un approccio ad albero logico, in cui si è
assegnato un valore di probabilità a ciascuna
scelta sulla base del giudizio esperto.
I risultati della analisi statiche non lineari
effettuate sull’edificio caso studio sono stati
processati,
ottenendo
una
distribuzione
probabilistica dei valori di accelerazione
corrispondenti a ciascuno stato limite, sulla base
della quale si sono definiti i valori dei fattori di
variabilità, ottenuti per ogni stato limite come
rapporto tra il valore di accelerazione
corrispondente al quinto percentile della
distribuzione e il valore medio. Questi fattori
sono stati calcolati separatamente per le due
direzioni di analisi considerate, ipotizzando che
analizzare un edificio in due direzioni diverse
corrisponda in realtà ad analizzare due strutture
diverse. I valori finali dei fattori di variabilità ,
ottenuti come media tra i valori derivati per le
due direzioni di analisi, sono pari a 0.61 per lo
SLO, 0.68 per lo SLD e 0.76 per lo SLU. Questo
che conferma come l’effetto delle incertezze di
modellazione sulla valutazione sismica di edifici
in muratura sia senz’altro non trascurabile.
Sviluppi futuri di questo lavoro prevedono la
valutazione dei fattori di variabilità per altri
prototipi di edificio significativi, a partire da
quelli già considerati in Rota et al. (2013a). Si
intende inoltre valutare l’effetto delle incertezze
di modellazione nel caso di strategie di
modellazione diverse, quali ad esempio la
modellazione per mezzo di elementi finiti al
continuo, e/o di diversi metodi di analisi.
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