Effetto delle incertezze di modellazione sulla valutazione della risposta sismica di edifici in muratura Stefano Bracchi Programma ROSE, UME School, IUSS Pavia. via Ferrata 1, 27100 Pavia. Maria Rota Centro Europeo di Formazione e Ricerca in Ingegneria Sismica (EUCENTRE). Via Ferrata 1, 27100 Pavia. Andrea Penna, Guido Magenes Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura. Via Ferrata 3, 27100 Pavia ed EUCENTRE Keywords: incertezze di modellazione, edifici in muratura, verifica sismica, analisi pushover, modellazione a telaio equivalente ABSTRACT Un’accurata verifica sismica degli edifici in muratura richiede la considerazione delle diverse fonti di incertezza e del loro effetto sulla risposta sismica. Tra queste, non sono trascurabili le incertezze di modellazione, intese come scelta del tipo di modellazione, del metodo di analisi, delle diverse opzioni relative al modello. Questo lavoro fornisce una valutazione quantitativa, in termini probabilistici, dell’effetto di tali incertezze sulla risposta sismica, nel caso di analisi statica non lineare e modellazione a telaio equivalente con macro-elementi. Si sono considerate diverse scelte di modellazione, legate a definizione della geometria del telaio equivalente, distribuzione dei carichi dei solai tra le pareti e sui singoli maschi murari, grado di accoppiamento tra pareti ortogonali, definizione della rigidezza fessurata degli elementi, modellazione delle fasce, e si è utilizzato un approccio ad albero logico per valutarne l’effetto sulla risposta. Si riportano i risultati per un edificio prototipo, per cui, a partire dalla distribuzione probabilistica dei valori di accelerazione corrispondente a diversi stati limite, si è calcolato il fattore di variabilità (rapporto tra il valore corrispondente al quinto percentile della distribuzione ottenuta e il valore medio), ovvero una misura quantitativa della dispersione dei risultati dovuta alle incertezze di modellazione considerate. 1 INTRODUZIONE Gli edifici in muratura costituiscono una parte importante del costruito esistente in molti Paesi, sia per uso abitativo sia per attività economiche e funzioni di grande rilevanza sociale. La maggior parte di essi non è stata concepita per resistere ai terremoti e necessita pertanto di verifiche della sicurezza sismica, come dimostrato dai recenti eventi in Abruzzo ed Emilia. È quindi particolarmente importante che la metodologia utilizzata per la verifica sismica sia accurata, porti a risultati via via più affidabili al crescere della conoscenza della struttura (e quindi dei costi) e permetta di tener conto in modo adeguato di tutte le fonti di incertezze coinvolte nel problema. Attualmente, la valutazione della sicurezza sismica degli edifici esistenti viene effettuata con metodi convenzionali, del tipo di quelli adottati dalle normative più avanzate, in cui si tiene conto del livello della conoscenza e delle varie incertezze in modo “forfettario”. In particolare, l’approccio incluso negli Eurocodici (EN 1998-3, 2005) e nella normativa italiana (NTC08, 2008) tiene conto della conoscenza semplicemente definendo tre livelli discreti di conoscenza, a ciascuno dei quali è associato un valore del fattore di confidenza, da applicare come riduzione delle resistenze dei materiali. Alcuni lavori di letteratura hanno evidenziato come questo approccio produca in molti casi risultati contraddittori, sia nel caso di edifici in calcestruzzo armato (ad es. Franchin et al. 2010), sia nel caso di edifici in muratura (ad es. Tondelli in Rota et al. (2013a), anche per consentire un confronto diretto tra i risultati ottenuti nei due lavori. 2 EDIFICIO CASO STUDIO E APPROCCIO DI MODELLAZIONE UTILIZZATO La metodologia proposta è stata applicata a un edificio caso studio di 3 piani di pianta circa quadrata (Figura 1), realizzato in “muratura in pietre a spacco con buona tessitura”, secondo le tipologie murarie predefinite riportate nel commentario della normativa italiana (MIT 2009). I valori delle proprietà meccaniche sono stati assunti pari ai valori centrali degli intervalli riportati in MIT (2009), trascurandone la variabilità spaziale da elemento a elemento. Non si è applicato alcun fattore di confidenza, ipotizzando una conoscenza perfetta delle proprietà dei materiali (livello di conoscenza almeno pari a 3 secondo le norme). L’edificio ha solai rigidi e dettagli costruttivi tali da assicurare una risposta di tipo globale, senza attivazione di meccanismi locali fuori piano. 11.66 0.50 0.50 11.00 11.42 et al. 2012). Inoltre, questo approccio non tiene conto di tutte le altri fonti di incertezza che non hanno a che fare con la conoscenza della geometria e dei dettagli costruttivi della struttura, ma che possono avere un effetto significativo sui risultati della verifica. Tra queste si ricordano per esempio quelle legate alla strategia e alle ipotesi di modellazione selezionate, all’utilizzo di soglie deterministiche per la deformazione ultima a livello di elemento strutturale, all’incertezza epistemica nella definizione dell’azione sismica. In un lavoro precedente, Rota et al. (2013a) hanno proposto una metodologia probabilistica per quantificare gli effetti di queste fonti di incertezza sui risultati di analisi statiche non lineari, basata sulla definizione di coefficienti, chiamati fattori di variabilità, calibrati sulla base di un approccio ad albero logico. Tuttavia, in quel lavoro, era inclusa soltanto una stima preliminare degli effetti delle diverse ipotesi di modellazione, effettuata tenendo in considerazione solo alcune delle possibili ipotesi legate alla modellazione di edifici in muratura a telaio equivalente per mezzo di macro-elementi. Mantenendo lo stesso approccio metodologico di Rota et al. (2013a), questo lavoro presenta una valutazione più accurata degli effetti delle incertezze di modellazione, cercando di considerare tutte le possibili opzioni di modellazione, pur concentrandosi solamente su un metodo di analisi, l’analisi statica non lineare, e su una singola strategia di modellazione, ovvero quella a telaio equivalente con macro-elementi. La scelta di considerare soltanto l’analisi statica non lineare deriva dalla considerazione che questo metodo di analisi può essere considerato attualmente come il metodo di riferimento utilizzato per la verifica sismica di edifici esistenti in muratura. Infatti, nonostante l’analisi dinamica non lineare sia universalmente riconosciuta come il metodo di analisi più accurato, la sua applicazione nella pratica ingegneristica comune è tuttora piuttosto rara (si veda ad es. Penna et al. 2013), anche a causa dell’elevato onere computazionale e di alcune difficoltà oggettive legate per esempio alla definizione dell’azione sismica in termini di storie di accelerazione appropriate (Corigliano et al. 2012, Rota et al. 2012) e all’interpretazione dei risultati ottenuti, al fine per esempio di identificare stati limite di danno significativi (Mouyiannou et al. 2013). La metodologia proposta in questo lavoro è stata applicata ad un edificio caso studio, descritto nel prossimo paragrafo, che corrisponde a uno degli edifici utilizzati per la valutazione preliminare degli effetti delle incertezze discussa Y X 12.57 Figura 1. Vista del modello 3D e della planimetria dell’edificio caso studio considerato. Come accennato nell’introduzione, la scelta del programma di calcolo può influenzare significativamente i risultati. In questo lavoro, si è utilizzato un solo programma, senza quindi considerare l’effetto sui risultati dell’utilizzo di diversi programmi e approcci di modellazione. Il programma utilizzato, chiamato TREMURI, è basato sull’approccio a macro-elementi e consente l’esecuzione di analisi non lineari statiche e dinamiche di edifici in muratura, utilizzando l’idealizzazione a telaio equivalente. Dettagli sull’algoritmo e sul programma sono riportati altrove (ad es. Penna et al. 2013; Lagomarsino et al. 2013). 3 IPOTESI DI MODELLAZIONE CONSIDERATE Come già discusso, in questo lavoro si è fatto riferimento soltanto ad analisi statiche non lineari, utilizzando macro-elementi e con l’idealizzazione a telaio equivalente. Con queste ipotesi, le diverse opzioni di modellazione hanno a che fare con: • Definizione della geometria del telaio equivalente, ovvero identificazione dei maschi murari, delle porzioni rigide e deformabili degli elementi strutturali, della lunghezza equivalente dei cordoli (non considerata dal momento che l’edificio caso studio non ha cordoli); • Definizione della rigidezza fessurata rispetto a quella iniziale: • Modellazione delle fasce in muratura; • Distribuzione dei carichi suih' solai; h' H h' • Distribuzione h' dei carichi dei solai h' sui maschi murari ; • Grado di accoppiamento tra pareti (a) ortogonali. Un’altra potenziale fonte di incertezza riguarda i modelli di capacità utilizzati e, in particolare, il criterio utilizzato per la resistenza a taglio. Tra i diversi criteri disponibili, si è utilizzato soltanto quello per fessurazione diagonale proposto da Turnsek e Sheppard, (1980), come suggerito in MIT (2009). Si osserva infine che il programma utilizzato non modella la rigidezza fuori piano delle pareti, la cui considerazione potrebbe costituire un’ulteriore fonte di incertezza. In un lavoro precedente (Rota et al. 2013a), gli autori avevano proposto una stima preliminare dell’influenza di alcune di queste incertezze di modellazione, legate a identificazione dei maschi murari, distribuzione dei carichi sugli orizzontamenti, modellazione delle fasce e definizione della rigidezza fessurata. Questo lavoro si ripropone di fornire una valutazione quantitativa più accurata degli effetti delle incertezze di modellazione, tenendo conto di tutti gli elementi elencati sopra e discussi nel seguito. Lagomarsino et al., 2013), fornisce un’altezza efficace pari alla media delle altezze delle aperture adiacenti (utilizza l’altezza di piano per il calcolo della media nel caso di maschi di estremità). <30° Hi Si sono considerati 3 diversi criteri (equiprobabili) per la definizione dell’altezza efficace dei maschi, h’. Secondo il primo (Figura 2 (a)), l’altezza dei maschi coincide con l’altezza libera minima tra aperture adiacenti. Il secondo criterio (Figura 2 (b)) assume un’inclinazione massima di 30° delle fessure, a partire dagli angoli delle aperture e coerentemente con questo fornisce un’altezza maggiore per i maschi esterni. Questa era anche l’ipotesi usata inizialmente da Dolce (1991) per definire l’altezza equivalente per modelli basati sul meccanismo di piano. Il terzo criterio (Figura 2 (c)), implicito nel generatore automatico di mesh del software professionale 3Muri (www.3muri.com, h' h' h' <30° h' h' 30° 30° (a) (b) 30° <30° i Definizione dell’altezza dei maschi murari h' h' h' h' 30° 3.1 30° 30° h' h' <30° h' h' h' h' h' 30° 30° (b) (c) Figura 2. Altezza efficace dei maschi, h’, secondo i 3 criteri considerati: (a) altezza libera minima, (b) altezza efficace assumendo una massima inclinazione delle fessure e (c) altezza media delle aperture adiacenti (da Rota et al. 2013a). 3.2 Definizione della rigidezza fessurata MIT (2009) specifica che i valori forniti per le diverse tipologie per i moduli elastici E and G devono essere considerati rappresentativi di condizioni non fessurate e suggerisce quindi di ridurre in modo appropriato le rigidezze degli elementi per tener conto delle condizioni di fessurazione nella struttura. In questo lavoro, si sono considerati 3 valori del rapporto tra la rigidezza fessurata e quella iniziale, ovvero 100%, 75% e 50%, con probabilità di 45%, 10% e 45%, rispettivamente. La prima opzione potrebbe apparire in contrasto con le indicazioni di MIT (2009), ma è stata considerata per tener conto dei casi in cui l’ingegnere pensi che i valori riportati nella circolare siano già bassi rispetto ai risultati di eventuali prove sperimentali. 50% è un coefficiente riduttivo spesso utilizzato nella pratica ingegneristica ed è inoltre il valore di default di diversi programmi di calcolo. Infine, il valore di 75% è quello più coerente con i risultati sperimentali (ad es. Magenes et al 2008, Costa et al. 2011, Mandirola et al. 2012) e pertanto, nella maggior parte dei casi, è il valore più appropriate. Tuttavia, a questa scelta è stata assegnata una probabilità bassa, poiché si ritiene che solo una piccola percentuale di ingegneri faccia affidamento sui risultati sperimentali per la valutazione di questo coefficiente riduttivo. 3.3 Modellazione delle fasce in muratura Il grado di accoppiamento esercitato dalle fasce in muratura può influenzare in modo significativo la risposta strutturale (ad es. Tomazevic 1999, Magenes e Della Fontana 1998). In questo studio, si sono considerati due casi estremi (considerati equiprobabili), che corrispondono a quelli utilizzati più Nel primo caso, le fasce sono modellate come travi deformabili appartenenti al telaio equivalente e la loro resistenza laterale è determinata in base alle forze di compressione che derivano dall’analisi (opzione affidabile solo per muri non collegati da diaframmi rigidi) o in base alla resistenza degli eventuali elementi resistenti a trazione (in caso di presenza di catene o cordoli). Nel secondo caso, le fasce sono modellate come bielle assialmente rigide che accoppiano gli spostamenti orizzontali dei maschi (modello a mensola). 3.4 Distribuzione dei carichi sui solai Si sono considerate due possibili alternative (equiprobabili) per quanto riguarda la distribuzione dei carichi su solai e coperture, assumendo che si tratti di solai a semplice orditura. Secondo la prima opzione, il 100% del carico agisce sulle pareti perpendicolari alla direzione di orditura dei solai, mentre nella seconda opzione questa percentuale è ridotta al 75%, assumendo che anche le pareti parallele alla direzione di orditura ricevano parte del carico che agisce sul solaio (approssimato come il 25% del carico totale). 3.5 Distribuzione dei carichi verticali tra i diversi maschi murari Come ben noto, la resistenza alle forze orizzontali dei maschi murari dipende in modo significativo dal carico verticale applicato, che governa entrambi i criteri di resistenza per taglio e per pressoflessione e, quindi, determina il meccanismo di risposta atteso (quello che tra i due offre la resistenza minore). La forza verticale applicata dagli orizzontamenti su ciascun maschio murario può essere calcolata sulla base della definizione dell’area di influenza. A questo scopo, si possono utilizzare diversi livelli di dettaglio per il calcolo dell’eccentricità nel piano del carico verticale che agisce su ogni maschio (eccentricità longitudinale). Le varie opzioni possono ovviamente determinare risultati diversi dell’analisi pushover, sia in termini di taglio alla base, sia per quanto riguarda la capacità di spostamento. In questo lavoro si sono considerati tre criteri per il calcolo dell’eccentricità longitudinale della forza verticale trasmessa dagli orizzontamenti ai muri, tutti con la stessa probabilità (33.3%): a) il carico verticale è concentrato in asse ad ogni maschio (parte sinistra in alto della Figura 3), senza considerare alcuna eccentricità nel piano; b) il carico verticale è applicato nel punto corrispondente alla risultante della forza verticale trasmessa dagli elementi del solaio in funzione dell’area di influenza (massima eccentricità longitudinale); c) l’area di piano è suddivisa in strisce (o travetti equivalenti) parallele alla direzione di orditura del solaio. Si ipotizza quindi che ogni striscia distribuisca metà del carico verticale corrispondente alla sua superficie alle due pareti che interseca (con i punti di applicazione che corrispondono alle estremità della striscia stessa). Nel caso in cui la striscia carichi direttamente un maschio murario, il carico contribuisce sia alla forza verticale applicata, sia al momento, calcolato sulla base dell’eccentricità del punto di applicazione del carico rispetto alla mezzeria del maschio murario. I carichi provenienti dalle strisce, ma applicati a travi o fasce murarie sono invece riportati alle estremità di questi elementi con una relazione di proporzionalità inversa tra le distanze relative tra i punti di applicazione e le estremità stesse. La risultante dei carichi sulla trave è quindi trasformata in un carico eccentrico sul maschio, applicato all’interfaccia tra maschio e trave. Si hanno quindi un contributo al carico verticale applicato alla mezzeria del maschio e un momento calcolato come prodotto di tale carico per metà della lunghezza del maschio. Come risultato di questo approccio più generale, che è stato inserito nel programma 3muri anche per tener conto di una direzione qualsiasi di orditura dei solai (Lagomarsino et al. 2013), l’eccentricità del carico risulta più contenuta rispetto al criterio b). Figura 3. 3 criteri considerati per la valutazione dell’eccentricità longitudinale dei carichi verticali sui maschi murari: (a) carico centrato sui maschi murari, (b) carico eccentrico, e (c) modello a strisce di carico incluso in 3Muri. 3.6 Grado di accoppiamento tra pareti ortogonali Si sono considerati due criteri per l’accoppiamento tra pareti ortogonali. Secondo il primo, i due muri ortogonali sono collegati da un elemento infinitamente rigido, che costituisce un vincolo cinematico, creando un effetto flangia tra i macroelementi collegati. Si tratta dell’opzione normale del programma TREMURI, alla quale è stata attribuita una probabilità del 75% in quanto considerata la scelta di modellazione usualmente più corretta. L’altro criterio (con probabilità 25%) prevede che i muri siano collegati da una biella, ovvero che non ci sia accoppiamento a flessione né a taglio tra i muri ortogonali. 4 METODOLOGIA DI ANALISI Le analisi statiche non lineari sono state effettuate con due distribuzioni di forze (proporzionale alle masse e proporzionale al primo modo), come indicato in diverse normative (ad es. Eurocodice e NTC08) per tener conto della risposta dinamica nelle diverse fasi di evoluzione del danno. Queste distribuzioni di forze sono state applicate in due direzioni ortogonali (sia positive sia negative), considerando la presenza dell’eccentricità accidentale introdotta nelle normative per tener conto dell’incertezza nella posizione delle masse. Avendo l’edificio solai rigidi, la scelta del nodo di controllo non è particolarmente critica e quindi si è scelto uno dei nodi dell’ultimo piano. Si sono considerati 3 stati limite, ovvero i due richiesti dalla normativa italiana e indicati come stati limite di salvaguardia della vita (ULS) e limitazione del danno (DLS) e lo stato limite di operatività (OLS), che tuttavia non è esplicitamente richiesto dalle norme per edifici residenziali. L’azione sismica è stata definita dallo spettro di risposta elastico in accelerazione di tipo 1 dell’EC8-parte 1 per terreni rigidi (tipo A). Si sono utilizzati i valori della deformazione ultima per taglio e per pressoflessione degli elementi strutturali della normativa italiana, ovvero 0.4% e 0.6% rispettivamente. Come discusso in Rota et al. (2013a), questi valori sono soggetti ad incertezza e si dovrebbe tenerne conto definendo un’opportuna distribuzione probabilistica, ma in questo lavoro si è scelto di approfondire la sola valutazione degli effetti delle incertezze di modellazione e pertanto si trascurano le altre fonti di incertezza. In modo analogo a quanto fatto in Tondelli et al. (2012) e Rota et al. (2013a), si è simulata la verifica della struttura tenendo conto dell’effetto sui risultati delle possibili scelte di modellazione effettuate. A tal fine, come suggerito anche da Lagomarsino (2011), si è utilizzato un approccio ad albero logico, in cui ciascun ramo corrisponde a un insieme di ipotesi di modellazione, con una certa probabilità di essere selezionato e ogni foglia fornisce un valore di capacità dell’edificio in esame, espressa in termini dell’accelerazione di picco del terreno che porta al raggiungimento degli stati limite considerati. La definizione delle probabilità associate alle diverse scelte dell’albero logico è ovviamente soggettiva ed è stata basata sulla probabilità relativa di ogni scelta, determinata sulla base di giudizio esperto, come discusso nella precedente sezione per ogni opzione considerata. Per i dettagli sulla definizione dell’albero logico, si rimanda ad altri lavori più approfonditi (Rota et al. 2013b). La capacità strutturale è stata calcolata utilizzando il metodo N2 (Fajfar 2000). a g ,5% (1) a g ,mean Questo fattore di variabilità è una misura della dispersione dei valori di accelerazione rispetto al valor medio della distribuzione e quindi della variabilità nei risultati dovuta alle incertezze di modellazione considerate. 5 RISULTATI Questo paragrafo sintetizza i risultati ottenuti dalle analisi dell’edificio caso studio considerato e riporta alcuni confronti con i risultati della valutazione preliminare dell’effetto delle incertezze di modellazione, le cui ipotesi sono riportate in Rota et al. (2013a). La Figura 4 mostra le curve pushover ottenute dalle analisi nelle due direzioni perpendicolari indicate in Figura 1 come X e Y. Ogni curva in figura corrisponde all’analisi che fornisce il valore minimo di accelerazione corrispondente allo SLU e deriva da uno dei rami dell’albero logico, ovvero corrisponde a un insieme di ipotesi di modellazione, per un totale di 216 curve. La dispersione di queste curve appare significativa in entrambe le direzioni. 2000 2500 Taglio alla base [kN] 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 2000 1500 1000 500 0 0 5 10 15 20 25 0 5 10 15 20 25 Spostamento in sommità [mm] Spostamento in sommità [mm] Figura 4. Curve pushover corrispondenti ad ag,SLU minima in direzione X (sinistra) e Y (destra). La Figura 5 mostra invece le distribuzioni cumulate dei valori di accelerazione corrispondenti al raggiungimento dello SLU nelle due direzioni e le loro approssimazioni lognormali, mentre la Figura 6 riporta le approssimazioni lognormali ottenute per i 3 stati limite considerati. 1 1 0.8 0.8 Probabilità [-] Ogni analisi fornisce pertanto un valore dell’accelerazione che corrisponde al raggiungimento dei diversi stati limite, con associato un valore di probabilità (peso) ottenuto dal prodotto delle probabilità corrispondenti alle diverse ipotesi di modellazione. Si è quindi costruito l’istogramma dei valori, approssimando la distribuzione cumulata corrispondente per mezzo di una funzione lognormale, i cui parametri sono stati determinati utilizzando l’algoritmo di regressione non lineare di Levenberg e Marquardt (Levenberg, 1944; Marquardt, 1963). Come accennato in precedenza, si sono considerati 3 stati limite, tutti definiti secondo le indicazioni di NTC08 e MIT (2009). L’accelerazione corrispondente al raggiungimento dello stato limite di salvaguardia della vita (indicato come stato limite ultimo, SLU) è stata ottenuta con il metodo N2 (Fajfar, 2000) riportato nell’annesso F dell’EC8-1 e nelle NTC08. Come specificato in MIT (2009), in caso di analisi statica non lineare, lo SLU è identificato come lo spostamento corrispondente a un degrado di resistenza del 20% rispetto alla resistenza massima. Per identificare questo punto, la curva forza-spostamento ottenuta dall’analisi è stata convertita nella curva di un sistema a un grado di libertà equivalente, che è stata poi approssimata da una curva bilineare. Quest’ultimo paso è stato effettuato seguendo le indicazioni delle NTC08. In caso di analisi statica non lineare, lo stato limite di limitazione del danno (SLD) è identificato come il minimo tra lo spostamento corrispondente alla resistenza massima e quello per cui lo spostamento relativo tra 2 piani adiacenti eccede 0.003h, dove h è l’altezza interpiano (MIT, 2009). Lo stato limite di operatività (SLO) è invece identificato come lo spostamento per cui lo spostamento relativo tra due piani adiacenti eccede 2/3 del valore corrispondente a SLD. Si è inoltre considerata una condizione aggiuntiva, imponendo che lo spostamento corrispondente a SLO non sia superiore a quello corrispondente a SLD. Con questi valori di spostamento è stato quindi possibile derivare gli spostamenti del sistema a un grado di libertà equivalente e quindi le accelerazioni corrispondenti al raggiungimento di questi stati limite. Dalla distribuzione probabilistica delle accelerazioni corrispondenti al raggiungimento di ciascuno stato limite, si è calcolato il fattore di variabilità, definito come rapporto tra il valore corrispondente al 5° percentile della distribuzione e il valore medio, ovvero: α= Taglio alla base [kN] Trattamento statistico dei risultati Probabilità [-] 4.1 0.6 0.4 0.4 0.2 0.2 0 0 0.6 0.1 0.2 0.3 ag,SLU [g] 0.4 0.5 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 ag,SLU [g] 0.5 0.6 0.7 Figura 5. Distribuzione cumulata e approssimazione lognormale dei valori di ag,SLU in direzione X (sinistra) e Y (destra). SLO SLD SLU 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 0.1 0.2 0.3 a [g] g 0.4 0.5 1 Probabilità [-] Probabilità [-] 1 SLO SLD SLU 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 a [g] 0.5 0.6 di variabilità. Come discusso in precedenza in relazione ai parametri della distribuzione lognormale, il fatto che per lo SLU avvenga l’opposto è probabilmente dovuto alla limitazione sul rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di snervamento del sistema equivalente. g Figura 6. Approssimazione lognormale della distribuzione cumulata di ag,SLU per i 3 stati limite considerati in direzione X (sinistra) e Y (destra). Il confronto dei risultati ottenuti con quelli della valutazione preliminare, le cui ipotesi sono discusse in Rota et al. (2013a), mostra che nel caso presentato in questo lavoro la dispersione in termini di curve pushover è più significativa, come ci si poteva attendere dal momento che si sono considerate alcune fonti di incertezza aggiuntive. Tuttavia, il confronto dei parametri media e deviazione standard delle approssimazioni lognormali ottenute nei due studi, riportato in Rota et al. (2013b), mostra come i valori non siano significativamente diversi. In particolare, nello studio descritto in questo lavoro, si è osservata in entrambe le direzioni una deviazione standard lognormale maggiore per SLO e SLD, che indica quindi una maggiore variabilità nei risultati, mentre la deviazione standard per lo SLU è risultata inferiore. Questo può essere dovuto alla limitazione imposta dalla normativa italiana sul rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di snervamento del sistema equivalente (q*≤3), che governa la capacità di spostamento ultima della struttura, riducendo pertanto la dispersione nei risultati dell’analisi. Si sono quindi calcolati i fattori di variabilità, a partire dalla distribuzione dei valori di accelerazione corrispondente al raggiungimento dei diversi stati limite. Per ogni stato limite, si sono calcolati due valori di αmod, uno per ogni direzione. La Tabella 1 riporta un confronto tra i valori dei fattori di variabilità ottenuti in questo lavoro e quelli ottenuti nella valutazione preliminare effettuata con le ipotesi discusse in Rota et al. (2013a). Si può osservare come, in entrambe le direzioni, il fattore di variabilità che tiene conto delle incertezze di modellazione ottenuto in questo lavoro sia minore di quello della valutazione preliminare per SLO e SLD, ma maggiore per SLU. Questo indica che, come ci si poteva attendere, il fatto di considerare fonti di incertezza aggiuntive tende a far aumentare la dispersione nei risultati per gli stati limite più bassi, portando quindi a valori inferiori dei fattori Tabella 1. Valori di αmod ottenuti, per i 3 stati limite considerati, in questo studio e nella valutazione preliminare le cui ipotesi sono discusse in Rota et al. (2013a). Stato limite SLO SLD SLU Questo studio X Y 0.6237 0.5971 0.6929 0.6626 0.7871 0.7335 Valutazione preliminare X Y 0.6435 0.6265 0.7078 0.6816 0.7653 0.7148 I fattori di variabilità finali possono essere quindi ottenuti come media tra i valori corrispondenti alle due direzioni di analisi. In questo caso, si ottengono valori pari a circa 0.61 per lo SLO, 0.68 per lo SLD e 0.76 per lo SLU. CONCLUSIONI Questo lavoro prende l’avvio da precedenti studi di letteratura, nei quali si è mostrato come l’attuale approccio di normativa per la verifica sismica di edifici in muratura porti in molti casi a risultati contraddittori e, in ogni caso, non sia in grado di tener conto in modo adeguato di tutte le fonti di incertezza coinvolte nel problema (Tondelli et al. 2012, Rota et al. 2013a). Queste fonti di incertezza includono, tra le altre, le incertezze legate alle diverse ipotesi di modellazione e di analisi, che hanno un effetto significativo sui risultati della verifica sismica. Pertanto, in questo lavoro si è proposta una stima quantitativa, in termini probabilistici, dell’effetto delle incertezze di modellazione sulla risposta sismica degli edifici in muratura, analizzati con il metodo dell’analisi statica non lineare e nell’ipotesi di modellazione a telaio equivalente con macro-elementi. Tale effetto è quantificato per mezzo dei cosiddetti fattori di variabilità, che forniscono una misura probabilistica della dispersione dei risultati dell’analisi, espressi in termini dell’accelerazione di picco del terreno che corrisponde al raggiungimento di stati limite precedentemente identificati come significativi. In particolare, si sono considerati 3 stati limite, ovvero lo stato limite di salvaguardia della vita o stato limite ultimo, lo stato limite di limitazione del danno e lo stato limite di operatività. Le diverse scelte di modellazione considerate hanno a che fare con la definizione della geometria del telaio equivalente, la distribuzione dei carichi tra i diversi maschi murari, la distribuzione dei carichi sui solai, il grado di accoppiamento tra pareti ortogonali, la definizione della rigidezza fessurata degli elementi strutturali come percentuale della rigidezza iniziale e la modellazione delle fasce murarie. Tali scelte sono state trattate per mezzo di un approccio ad albero logico, in cui si è assegnato un valore di probabilità a ciascuna scelta sulla base del giudizio esperto. I risultati della analisi statiche non lineari effettuate sull’edificio caso studio sono stati processati, ottenendo una distribuzione probabilistica dei valori di accelerazione corrispondenti a ciascuno stato limite, sulla base della quale si sono definiti i valori dei fattori di variabilità, ottenuti per ogni stato limite come rapporto tra il valore di accelerazione corrispondente al quinto percentile della distribuzione e il valore medio. Questi fattori sono stati calcolati separatamente per le due direzioni di analisi considerate, ipotizzando che analizzare un edificio in due direzioni diverse corrisponda in realtà ad analizzare due strutture diverse. I valori finali dei fattori di variabilità , ottenuti come media tra i valori derivati per le due direzioni di analisi, sono pari a 0.61 per lo SLO, 0.68 per lo SLD e 0.76 per lo SLU. Questo che conferma come l’effetto delle incertezze di modellazione sulla valutazione sismica di edifici in muratura sia senz’altro non trascurabile. Sviluppi futuri di questo lavoro prevedono la valutazione dei fattori di variabilità per altri prototipi di edificio significativi, a partire da quelli già considerati in Rota et al. (2013a). Si intende inoltre valutare l’effetto delle incertezze di modellazione nel caso di strategie di modellazione diverse, quali ad esempio la modellazione per mezzo di elementi finiti al continuo, e/o di diversi metodi di analisi. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Corigliano, M., Lai, C.G., Rota, M., Strobbia, C.L., 2012. ASCONA: Automated Selection of COmpatible Natural Accelerograms. Earthquake Spectra, 28(3), 965-987. Costa, A.A., Penna, A., Magenes, G., 2011. Seismic performance of autoclaved aerated concrete (AAC) masonry: from experimental testing of the in-plane capacity of walls to building response simulation. Journal of Earthquake Engineering, 15(1), 1-31. Dolce, M., 1991. Schematizzazione e modellazione per azioni nel piano delle pareti. L’Industria delle Costruzioni, 44-57. 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