SEMINARIO DI STUDIO
“Il recepimento della direttiva europea degli abusi
di mercato nell’ordinamento italiano (market
abuse)”
Formez – Arco Felice di Pozzuoli, Napoli 18 marzo 2005
ore 10.00/13.30
INDICE
Introduzione e presentazione dell’iniziativa................................................. 3
Giuseppe Pennella - Responsabile Ricerca e Sviluppo Formez.
La disciplina del “market abuse”: un’analisi comparata ........................... 8
Elena Pagnoni – Studio Freshfields Brukhaus Deringer
Gli abusi di mercato: prevenzione e repressione ....................................... 22
Claudio Salini – CONSOB
Market abuse: il punto di vista degli intermediari finanziari.................. 31
Michele Calzolari – Centro SIM
Gli effetti sulle società quotate ..................................................................... 41
Carmine di Noia – ASSONIME
La tutela penalistica nel quadro della riforma del risparmio................... 51
Elio Palombi Università di Napoli Federico II
Introduzione e presentazione dell’iniziativa
Giuseppe Pennella - Responsabile Ricerca e Sviluppo Formez.
Oggi lavoriamo su un tema nuovo per il Formez, e il centro che dirigo il
Caimed, Centro per l’Innovazione Amministrativa nelle regioni del
Mediterraneo, che svolgono una funzione di raccordo e di collegamento
sull’innovazione del sistema amministrazione.
Oggi il tema è oggettivamente complementare e chiariremo in che modo: Il
recepimento della direttiva europea degli abusi di mercato nell’ordinamento
italiano: il Market Abuse.
Il recepimento della direttiva europea sull'abuso di informazioni privilegiate
e sulle manipolazioni del mercato, del 28 gennaio 2003, n.6, delega anche
l’Italia ad adeguarsi alle regole di comportamento necessarie per operare in
contesti finanziari sempre più globalizzati. Non vi è dubbio che i nuovi scenari
internazionali necessitano di forme di tutela omogenee e idonee a garantire i
medesimi livelli di sicurezza e di fiducia nelle istituzioni finanziarie.
E’ noto e come ci sono ritardi nella approvazione della disciplina italiana
che doveva avvenire entro il 12 ottobre 2004, ed invece il disegno di legge ha
visto la luce solo in questo inizio di 2005.
Va dato merito al legislatore italiano attraverso il processo legislativo in
corso, di aver predisposto quanto necessario per il recepimento della disciplina
sull’abuso di informazioni privilegiate prima di altri grandi paesi europei come
la Germania, ma altrettanto noto è che la Francia, con il Regolamento Generale
del 24 novembre 2004, ha adottato anche se solo parzialmente, la direttiva
comunitaria.
Il risparmiatore ha necessità per poter operare di tranquillità, fiducia,
sicurezza, di un mercato finanziario retto da regole in grado di garantire una
parità di accesso alle informazioni, oltre che adeguati livelli di conoscenza
delle informazioni rilevanti.
Non vi è dubbio che il legislatore abbia cercato di dare risposta oltre che
agli obblighi comunitari, anche alle esigenze di trasparenza e di fiducia che i
mercati finanziari ed i risparmiatori chiedevano dopo i recenti crack finanziari.
L’aver riunito presso il Formez rappresentanti del mondo accademico, delle
pubbliche amministrazioni, del mondo finanziario e dei liberi professionisti, è
un modo concreto per favorire risposte reali su un tema tanto delicato,
coinvolgendo tutti i soggetti interessati al problema.
Infatti, le novità normative introdotte devono essere approfondite alla luce
di quelli che sono, anche, i comportamenti che altri Stati e altre istituzioni
sovra-nazionali hanno contestualmente posto in essere.
L’attenzione verso i fenomeni finanziari non può essere più prerogativa solo
della sfera giuridica e degli interessi dei privati, non vi possono essere zone
franche lasciate a presunte competenze esclusive.
Il mondo finanziario necessita di certezze, ha bisogno di sicurezza, ha
bisogno di affidabilità; è indispensabile, pertanto, che le pubbliche
amministrazioni operino con maggiore consapevolezza del ruolo e
dell’importanza che esse svolgono sull’intero mercato.
Ed è per questo motivo che il Caimed e la direzione Ricerca e Sviluppo del
Formez, che io dirigo, intendono avviare, insieme con voi, un nuovo percorso,
perché il Formez ha avuto sempre la capacità di guardare oltre, alle nuove
frontiere, alle nuove occasioni di crescita e di ricerca e di eccellenza,
recentemente è stato rilevato che l’eccellenza più che essere un elemento di
programma è un elemento di verifica dei risultati.
In particolare, prima di entrare nel dettaglio delle questioni sulle quali siamo
chiamati oggi a confrontarci, assicuro che il nostro impegno non sarà saltuario,
anche se ancora embrionale né occasionale, attraverso il C.A.I. MED, il Centro
per l’Innovazione Amministrativa nelle regioni del Mediterraneo, istituito dal
governo italiano su programma delle nazioni unite che ho l’onore di dirigere, è
nostro intendimento portare avanti un programma innovativo e di eccellenza
sulle tematiche privatistiche, sulle quali l’azione delle pubbliche
amministrazioni svolge una funzione regolatrice di indirizzo e di controllo.
Questo nuovo impegno che il Formez, attraverso il C.A.I.MED., sta
portando avanti con la Comunità Europea, ci vedrà impegnati nei prossimi mesi
sulle tematiche della concorrenza, delle “Alternative Dispute Resolution”
(A.D.R), e su tutte quelle che sono di confine e di convergenza su questi stessi
temi tra amministrazione, mercati ed autorità preposte.
Le pubbliche amministrazioni oggi, devono convivere con la
consapevolezza che il loro agire influisce sull’andamento generale
dell’economia del paese, e che vi devono essere congiuntamente nuove
assunzioni di responsabilità.
Infatti le pubbliche amministrazioni devono comprendere che non si può
chiedere al mondo dell’impresa, della finanza, dell’industria di assumersi
“responsabilità sociali” ed al contempo, non si può non considerare che le
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pubbliche amministrazioni stesse hanno delle responsabilità “civili”, laddove
l’accezione del termine civile deve essere considerata sotto l’aspetto
privatistico e non pubblicistico.
Vorrei ringraziare per la loro presenza il Prof. Sinesio ed il Prof. Amatucci,
in qualità di esperti ma, anche, di sostenitori di queste nostre nuove iniziative
fase di lavoro tra pubblico-privato. E’ indispensabile che il mondo accademico
ci sostenga nell’intraprendere questa nuova avventura su un’area di lavoro, fino
ad oggi estranea al percorso ordinario del Formez, ovvero quella del diritto
societario, del diritto civile. Tematiche che devono essere conosciute da coloro
i quali guidano la pubblica amministrazione nel caso interagisca con i sistemi
di mercato.
Entrando nel vivo delle tematiche che discuteremo, vorrei iniziare come un
neofita della materia, essendomi occupato di economia e diritto amministrativo
di sottolineando alcuni degli aspetti che mi sembrano più innovativi e dei
profili di cambiamento.
Mi è parso di comprendere che i cambiamenti sostanziali riguardano
soprattutto il rafforzamento dei poteri investigativi della Consob, che è stata
oggetto di interesse più che del legislatore italiano di quello comunitario
essendo stata investita di un potere di controllo generale del mercato che non
può essere concorrente con quello conferito ad altre Autorità indipendenti.
Su questo argomento sono curioso di conoscere il punto di vista dell’amico
Salini per capire, anche meglio, se vi possono essere possibili linee di confine
comuni con il ruolo assunto dalla Banca d’Italia. Per svolgere tali più speciali
funzioni l’istituzione di controllo del mercato finanziario italiano potrà
chiedere notizie, dati o documenti sotto qualsiasi forma ed avvalersi anche
della collaborazione degli uffici delle Pubbliche amministrazioni. La
possibilità, infatti, di poter richiedere dati e informazioni riservate, metterà la
Consob nella posizione di poter collaborare intensamente con la pubblica
amministrazione, essa potrà richiedere, inoltre, le registrazioni telefoniche agli
operatori nazionali al fine di individuare eventuali comportamenti negligenti.
Ed, infine, attraverso la Guardia di Finanza, avrà anche la possibilità di avere
accesso, in maniera completa, ai dati organizzativi e contabili idonei a mettere
in luce comportamenti sanzionabili.
Oltre ai poteri di investigazione, il legislatore ha previsto anche un
inasprimento delle sanzioni penali e pecuniarie, tema particolarmente sensibile
per il popolo dei piccoli risparmiatori. Infatti, ha stabilito che la diffusione di
notizie false, o il porre in essere operazioni simulate o altri artifici che alterano
il prezzo di strumenti finanziari determina la reclusione da uno a sei anni e la
multa da 20 mila euro a 5 milioni, questa rappresenta una indiscutibile leva per
scoraggiare operatori temerari.
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Per non dire, poi, dell’inasprimento delle pene previste per le operazioni di
“insider trading”, laddove è previsto da uno a sei anni di carcere più multa (da
20 mila euro a 3 milioni) per chi abusa di informazioni privilegiate. Non vi è
dubbio, e chiedo conferma ai nostri relatori di quest’oggi, ed in particolare al
Prof. Palombi, che ascolteremo con attenzione nel corso della giornata, che
occorre approfondire quale è l’importanza delle sanzioni penali individuate,
quale effetto deterrente potranno avere e quale efficacia ci si attende
dall’applicazione intransigente delle norme innanzi segnalate. Infatti, non si
tutela il risparmio se non si garantisce la punibilità di coloro i quali ingannano
o falsano la funzione del mercato.
L’affidabilità di un mercato, ritengo, sia direttamente proporzionale alla
capacità che lo stesso ha di scoraggiare comportamenti fraudolenti e il
risparmiatore, piccolo e grande che sia, ha bisogno di un sistema di regole
certe, e di un sistema sanzionatorio penale afflittivo e di una capacità per
escludere, con fermezza, gli operatori disonesti.
La necessità di prevedere, come anticipato in precedenza, una tutela
“globale” del risparmiatore ha fatto sì che il legislatore avesse cura anche di
rafforzare la disciplina della cooperazione internazionale.
Si è stabilito, infatti, l'obbligo per gli emittenti di comunicare al pubblico le
informazioni privilegiate e si è previsto, inoltre, che le emittenti comunichino
alla Consob e al pubblico le operazioni da loro effettuate (anche per interposta
persona), i nominativi dei soggetti con funzioni di amministrazione, di
controllo o di direzione in un emittente quotato e quelli dei dirigenti che
abbiano regolare accesso a informazioni privilegiate e detengano il potere di
adottare decisioni di gestioni che possono incidere sull'evoluzione e sulle
prospettive future dell'emittente quotato.
Lo stesso obbligo vale per chiunque abbia azioni in misura almeno pari al
10 per cento del capitale sociale, nonché per ogni altro soggetto che controlla
l'emittente quotato. Attenzione specifica dovrà essere dedicata alla provenienza
comunitaria della normativa di riferimento, che non esclude il rischio che i
singoli paesi della Comunità si comportino in maniera differente nell’adottare
la disciplina di dettaglio. Conosciamo, ad esempio, perché non sono passate
inosservate, neanche ad un inesperto come me le differenze sostanziali tra la
normativa comunitaria ed il recepimento che ne ha fatto il Regno Unito.
Secondo il legislatore d’oltre Manica, la condotta di market abuse è rilevante
solo su investimenti qualificati, mentre in realtà la direttiva sanziona proprio
alcune condotte indipendentemente dal tipo di investimento.
E’ indispensabile, pertanto, chiarirsi sulle responsabilità e sugli effetti che la
nuova normativa comporta. Ritengo che sia importantissimo ascoltare su tale
tema da una parte, i rappresentanti degli operatori del mercato autorevolmente
rappresentati dal dott. Calzolari, ci potranno esporre quali potrebbero essere le
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insidie nascoste dietro una normativa che sembra voler dare risposta alle
esigenze di fiducia nel mercato, maturate negli ultimi tempi, piùttosto che a
garantire una libertà di azione degli attori del sistema; dall’altro, quello dei
liberi professionisti.
Mi induce a riflettere sulla necessità che le riforme legislative molto
tecnicizzate, quali quelle che oggi esamineremo, ed i correttivi indicati il
profilo storico sulla natura della riforma amministrativa che il Formez ha
curato in passato devono essere concertati e coordinati necessariamente
verificate con gli esperti della materia.
Il nostro incontro di oggi che si inserisce in un lavoro che per noi è ancora
un programma di frontiera, per voi è il vostro lavoro quotidiano, ascoltare
suggerimenti e avvalerci di studi professionali anche qui con il contributo
dell’avvocato Elena Pagnoni in rappresentanza dello studio Freshfields a
procedere su questo nostro iniziale lavoro.
Vorrei concludere con uno nostro slogan di lavoro che abbiamo maturato
dall’aver affrontato tanto lavoro sulle riforme amministrative:
è nostra convinzione che non esiste una buona amministrazione senza un
mercato efficiente e funzionante e allo stesso tempo non esiste un mercato
funzionante senza una amministrazione efficiente.
Vorrei suggerire a ciascuno di dedicare qualche minuto finale dei loro
interventi allo jato che esiste tra i profili professionali che sono necessari
rispetto ai nuovi problemi che sono sui vostri tavoli che rappresentano il vostro
lavoro quotidiano e chiedere indicazione e suggerimenti che dal vostro
versante, speciale e molto integrato poiché sono presenti responsabili della
Consob, di Assonime, professori universitari, studi professionali.
La poliedricità delle esperienze ci induce a ritenere che i suggerimenti dal
vostro punto di vista che potete rilevare tra problemi che dovete affrontare e la
capacità del sistema ordinario formativo attraverso programmi di
specializzazione che sono interessanti per capire in che modo elaborare
programmi successivi per noi che affrontiamo questo tema da neofiti.
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La disciplina del “MARKET ABUSE”:
un’analisi comparata.
Elena Pagnoni – Studio Freshfields Brukhaus Deringer
Nel primo intervento del seminario, prima di passare alla diretta trattazione
del tema del Market Abuse, l’Avv. Pagnoni ha per sommi capi delineato il
quadro della normativa comunitaria da intendersi oramai come imprescindibile
chiave di lettura dello stesso. Ha quindi proseguito con riflessioni di carattere
più propriamente pratico che seguono alla sua esperienza professionale presso
lo studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer.
Lo Studio Legale ha preso parte, in sede di consultazione, ai lavori di
attuazione delle suddette direttive ed ha altresì risposto ai diversi questionari
posti dalle varie banche d’affari chiaramente interessate a capire se e quali
spazi di operatività siano stati fatti salvi di fronte alla progressiva
armonizzazione della disciplina.
La normativa comunitaria risulta a questo proposito innovativa, in quanto
introduce tecniche legislative basate su un approccio articolato su quattro
livelli: principi-quadro, misure di attuazione, cooperazione e vigilanza sul
rispetto delle norme.
In primo luogo, è infatti da menzionare la Direttiva n. 6 del 2003, anche
detta Market Abuse Directive, da cui la sua denominazione breve ‘MAD’. Essa
è stata adottata il 28 gennaio dello scorso anno e stabilisce i principi di carattere
generale per contrastare l’abuso di informazioni privilegiate, l’Insider Trading,
e la manipolazione di mercato, che in Italia chiamiamo ancora aggiotaggio.
La normativa comunitaria prevede anche un secondo livello, la direttiva
2003/124/CE, recante le modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE per
quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle
informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione di mercato, cui si
affianca la direttiva 2003/125/CE sulla corretta presentazione delle
raccomandazioni di investimento e la comunicazione al pubblico dei conflitti di
interesse. Entrambe le direttive forniscono quindi delineazioni di dettaglio per
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la disciplina in oggetto, e in maniera così approfondita da ingenerare
confusione, o comunque innovazione, nel tradizionale sistema normativo
comunitario.
Si ricorda, inoltre, la direttiva 2004/72/CE, recante le modalità di
esecuzione della direttiva 2003/6/CE per quanto riguarda le prassi di mercato
ammesse, la definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti
derivati su merci, l'istituzione di un registro delle persone aventi accesso ad
informazioni privilegiate, la notifica delle operazioni effettuate da persone che
esercitano responsabilità di direzione e la segnalazione di operazioni sospette.
Per completare il quadro normativo si deve poi menzionare il Regolamento
(CE) n. 2273/2003, recante le modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE
per quanto riguarda la deroga per i programmi di riacquisto di azioni proprie e
per le operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari.
La Commissione ha quindi già emanato le tre direttive che prevedono le
modalità d’ attuazione che gli Stati nazionali devono seguire ai fini dell’
implementazione dei principi generali enucleati nella direttiva di primo livello.
Per fornire un esempio delle materie oggetto delle suddette direttive nonché
del regolamento comunitario, che parimenti si inserisce nell’ottica del secondo
livello della produzione normativa, data la sua diretta applicabilità in quanto
regolamento comunitario, si rileva che esse prevedono una definizione chiara
ed univoca per il concetto di informazione privilegiata1 ( direttiva
1 “Ai fini della presente direttiva si intende per :«informazione privilegiata»,
un'informazione che ha un carattere preciso, che non è stata resa pubblica e che
concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti finanziari o
uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo
sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui prezzi di strumenti finanziari
derivati connessi.
In relazione agli strumenti derivati su merci, si intende per «informazione
privilegiata» un'informazione che ha un carattere preciso, che non è stata resa pubblica
e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più strumenti derivati siffatti, e
che gli utenti dei mercati su cui tali strumenti derivati sono negoziati si aspetterebbero
di ricevere conformemente a prassi di mercato ammesse in tali mercati.
Nel caso delle persone incaricate dell'esecuzione di ordini relativi a strumenti
finanziari, per «informazione privilegiata» si intende anche l'informazione trasmessa da
un cliente e concernente gli ordini del cliente in attesa di evasione, che ha un carattere
preciso e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti
finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in
modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui prezzi di strumenti
finanziari derivati connessi;
- l'acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura del mercato con l'effetto
di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi di chiusura,
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2003/124/CE) come per quello di manipolazione di mercato2,individuando
inoltre tutte le aree di esenzione, ‘prassi di mercato ammesse’.
- l'avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione
tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario (o
indirettamente sul suo emittente) dopo aver precedentemente preso posizione su quello
strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell'impatto della valutazione
diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato al
pubblico, in modo corretto ed efficace, l'esistenza di tale conflitto di interessi.
Le definizioni di manipolazione di mercato sono adattate in modo da garantire la
possibilità di includere nuovi tipi di attività che in base alla prassi costituiscono
manipolazioni di mercato;
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“Ai fini della presente direttiva si intende per «manipolazione del mercato»:
a) operazioni o ordini di compravendita:
- che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in
merito all'offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti finanziari, ovvero
- che consentano, tramite l'azione di una o di più persone che agiscono in
collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un
livello anormale o artificiale, a meno che la persona che ha compiuto le operazioni o
che ha conferito gli ordini di compravendita dimostri che le sue motivazioni per
compiere tali operazioni o ordini sono legittime e che dette operazioni o ordini sono
conformi alle prassi di mercato ammesse sul mercato regolamentato in questione;
b) operazioni o ordini di compravendita che utilizzino artifici o ogni altro tipo di
inganno o espediente;
c) la diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso Internet,
o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni
false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, compresa la diffusione di
notizie incontrollate o di informazioni false ovvero fuorvianti, se la persona che le ha
diffuse sapeva o avrebbe dovuto sapere che le informazioni erano false o fuorvianti.
Con riferimento ai giornalisti che operano nello svolgimento della loro attività
professionale, tale diffusione di informazioni va valutata, fatto salvo l'art. 11, tenendo
conto delle norme deontologiche proprie di detta professione, a meno che dette persone
traggano, direttamente o indirettamente, vantaggi o benefici dalla diffusione delle
informazioni in questione.
In particolare dalle definizioni centrali riportate alle lettere a), b) e c) di cui sopra,
derivano i seguenti esempi:
- il comportamento di una persona o di più persone che agiscono in collaborazione
per acquisire una posizione dominante sulla offerta o sulla domanda di uno strumento
finanziario che abbia l'effetto di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di
acquisto o di vendita o altre condizioni commerciali non corrette,
- l'acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura del mercato con l'effetto
di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi di chiusura,
- l'avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione
tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario (o
indirettamente sul suo emittente) dopo aver precedentemente preso posizione su quello
strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell'impatto della valutazione
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La direttiva comunitaria si va dunque articolando in modo sempre più
dettagliato così come, di conseguenza, le diverse normative nazionali e perciò
appare importante prevedere in modo puntuale le fattispecie che non ricadono
nell’ambito di applicazione della direttiva.
La data di attuazione della direttiva era prevista per il 12 ottobre del 2004,
ma allo stato dei fatti, risulta che non tutti i Paesi l’hanno ancora
completamente attuata o l’hanno appena adottata o stanno per adottarla.
Attualmente, in particolare, risulta che la Germania ha emanato la legge di
attuazione nel settembre 2004. In Gran Bretagna la direttiva è in via di
recepimento, ma si ha notizia che alcune delle previsioni normative che
dovevano trovare attuazione entro luglio 2005 sono già entrate in vigore. La
Francia invece, dal canto suo, ha parzialmente adottato la direttiva,
contestualmente all’adeguamento del regolamento generale adottato dalla
nuova autorità per i mercati finanziari (AMF).
Proseguendo con il delineare la struttura dell’impianto normativo, come già
detto, articolato su più livelli, è interessante segnalare un terzo livello che non è
di emanazione comunitaria ma consiste in linee guida, le cosiddette
“guidelines” predisposte ed indicate dal CESR (Committee of European
Securities Regulators) creato in occasione della riorganizzazione delle attività
di produzione normativa comunitaria, che ha sede a Parigi ed è composto dai
rappresentanti delle varie autorità nazionali.
A proposito della direttiva sul Market Abuse è stato emanato un documento,
il “Preliminary CESR guidance and information on the common operation of
the Market Abuse Directive”, che è ancora in fase di consultazione e ha lo
scopo di affiancare e supportare l’attività delle autorità nazionali nel lavoro di
recepimento della direttiva.
Il suddetto documento fornisce indicazioni sulle pratiche di mercato
ammesse, ovvero sui casi di esenzione previsti, che si sono in realtà rivelati
essere sporadici. Si tratta di un atto che rappresenta il risultato di studi
approfonditi dei comitati del CESR, e che comprende casi concreti idonei a
chiarire la casistica riscontrabile nell’ipotesi di Market Manipulation,
riportando altresì i format per la comunicazione delle operazioni sospette.
Lo scopo principale della direttiva n. 6 del 2003 è quello di creare un
sistema più articolato atto a combattere più efficacemente il reato di Insider
diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato al
pubblico, in modo corretto ed efficace, l'esistenza di tale conflitto di interessi.
Le definizioni di manipolazione di mercato sono adattate in modo da garantire la
possibilità di includere nuovi tipi di attività che in base alla prassi costituiscono
manipolazioni di mercato;
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Trading e di Market Manipulation. La nozione di Market Abuse infatti
comprende queste due figure.
In precedenza c’era già stata una direttiva nell’89 che comprendeva solo
l’Insider Trading, come oggetto di armonizzazione.
A favore dell’Italia è utile ricordare che già prima dell’emanazione della
direttiva, la stessa contemplava delle norme per combattere l’Insider Trading,
ma nonostante questa tempestività si è capito che è molto difficile combattere il
fenomeno meramente mediante la produzione normativa.
L’intento del legislatore comunitario è stato quello di creare un sistema
efficace sia attraverso la previsione normativa concernente l’Insider Trading
che attraverso la repressione del fenomeno a tale figura connesso. Si è prestata
molta attenzione all’informazione preventiva anche grazie ad una
armonizzazione più completa derivante dal recepimento della direttiva.
Al fine di garantire la fiducia degli investitori nell’integrità del mercato è
stata d’aiuto la normativa di riferimento inglese come modello di mercato
finanziario molto vasto e sofisticato, in cui la scaltrezza e l’esperienza degli
operatori ha sollevato l’esigenza di tutela degli investitori si è avvertita prima.
In Gran Bretagna la legislazione sul tema prevedeva un concetto di Market
Abuse particolarmente ampio rispetto a quello previsto a livello comunitario,
con ciò generando una situazione cosiddetta di ‘superequivalenza’, che è
risultata tra l’altro efficace nel combattere il fenomeno. La direttiva introduce
norme uniformi per la prevenzione del fenomeno, anche attraverso lo
spostamento dei poteri di indagine, (come si relazionerà nei successivi
interventi), e l’applicazione di sanzioni per l’abuso delle informazioni
privilegiate e la manipolazione di mercato, così creando un quadro omogeneo
per la divulgazione delle informazioni al mercato.
Il caso inglese è esemplificativo in tal senso, infatti nonostante la presenza
di una configurazione più ampia del Market Abuse, risultava essere scarna
l’attenzione rivolta alla divulgazione delle informazioni preventive. Appare
evidente che l’attuazione completa della direttiva costringerà il sistema inglese
ad adeguarsi anche per quanto riguarda questo aspetto.
Un’altra importante innovazione, che riguarda direttamente la Consob, è la
creazione di un’autorità unica che unirà ai poteri di indagine, già ad essa
conferiti, anche quelli sanzionatori. La creazione di un’autorità unica è una
novità importante in quanto la Consob, ad eccezione di quanto stabilito nei
confronti dei promotori finanziari, sui quali ha un potere sanzionatorio diretto,
dopo aver svolto le indagini di sua competenza, si limita a fare una proposta al
Ministero dell’Economia e delle Finanze che irroga le sanzioni. Di fatto il
Ministero ha sempre ratificato le sanzioni proposte dalla Consob.
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Il ruolo del Tesoro è sempre stato formale, sebbene ci sia stata una chiara
suddivisione tra ente indagatore ed ente che irroga la sanzione, suddivisione
che ha consentito anche di evitare dubbi comportamentali che possono
emergere ove le due funzioni siano incentrate nello stesso soggetto.
La nuova previsione normativa della direttiva indurrà la Consob a
conformarsi a tale modus operandi.
Un caso pratico di manipolazione del mercato attraverso “negoziazioni”
(trading) è l’operazione Citigroup che è stata riportata dalla stampa. Il 2 agosto
scorso, Citigroup, dopo aver fatto salire i prezzi dei futures quotati sull’Eurex,
in soli due minuti ha venduto titoli di Stato in tutta Europa (principalmente sui
mercati dedicati, come l’italiano MTS) per circa 12 miliardi di Euro. Ciò ha
provocato la discesa dei prezzi e ha costretto tutti gli operatori a coprirsi sui
futures.
Mezz’ora dopo Citigroup ha realizzato l’operazione opposta: ha riacquistato
a prezzi più bassi titoli di Stato per un totale di 4 miliardi di Euro realizzando
una plusvalenza di oltre 17 milioni di Euro (da Il Sole 24 Ore del 1 marzo
2005).
In 13 Paesi le Autorità di vigilanza hanno avviato indagini, anche sulla base
di un documento interno di Citigroup datato 20 luglio 2005 che sembrerebbe
dimostrare l’intento di destabilizzazione (pubblicato sul Financial Times dell’1
febbraio 2005). In particolare l’obiettivo era destabilizzare il mercato dei Bund
futures nell’Eurex per potersi poi avvantaggiare dei differenziali di liquidità tra
i futures e il mercato cash dei Bund negoziati sul mercato elettronico Euro
MTS.
Finora solo la BaFin tedesca e la Consob italiana hanno trasmesso gli atti
alla magistratura per il reato di manipolazione del mercato (aggiotaggio).
In questo caso, l’obiettivo dell’operazione Citigroup era di colpire i titoli
trattati sui mercati europei, ed in particolare i titoli di Stato e i derivati dei titoli
di Stato.
Quest’ultimo è un aspetto molto importante che è stato tempestivamente
previsto dalla direttiva. La commissione infatti ha ampliato la nozione di
strumenti finanziari rilevanti sia per la nozione di l’Insider Trading che per
quella di manipolazione di mercato, poiché è importante non solo considerare
l’oggetto dell’eventuale illecito, cioè il titolo, ma anche i suoi derivati.
Infatti è possibile manipolare i prezzi sia operando sui titoli che sui derivati
come si è verificato nell’ operazione Citigroup.
Citigroup, dopo aver fatto salire i prezzi sull’Eurex, che è il mercato dei
derivati tedesco, ha venduto i titoli di Stato in tutta Europa sui mercati ad essi
appositamente dedicati e presenti in tutti i paesi, così provocando un
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conseguente abbassamento dei prezzi. La stessa ha poi costretto tutti gli
operatori a coprirsi sui futures sui titoli di Stato, per compiere successivamente
l’operazione inversa e riacquistare a titoli più bassi realizzando una notevole
plusvalenza.
Le indagini sono cominciate in tutti i paesi interessati dalle operazioni. E’
stato inoltre ritrovato un documento interno - è sorprendente rilevare che le
banche d’affari scrivono “tutto” -, che costituisce una prova del caso di
manipolazione attraverso il trading, che è tra i più difficili da rintracciare.
Il documento interno di Citigroup dimostra in modo inconfutabile
l’intenzione di destabilizzazione del mercato e in particolare dei mercati
collegati ai futures e ai titoli di Stato.
L’obiettivo principale, che ha maggiormente destato le preoccupazioni delle
autorità, a parte il vantaggio economico comunque di importanza relativa per
una banca d’affari come Citigroup, era la destabilizzazione del mercato e in
particolare del mercato dei titoli di Stato, che risulta essere in genere un
mercato piuttosto efficiente di recente costituzione, trasparente e non
particolarmente competitivo.
L’ operazione aveva lo scopo di accrescere i costi a danno dei piccoli
operatori al fine di rendere i futures meno concorrenziali per la copertura dei
titoli di Stato, così da rendere questo mercato opaco e in generale meno
attraente per lasciare agire indisturbati in tale ambito altri operatori.
Tutte le autorità si sono occupate del caso, in particolare la BaFin e la
Consob che hanno già trasmesso gli atti alla magistratura per il reato di
manipolazione di mercato in Italia.
Il caso Citigroup è stato descritto al fine di sottolineare alcuni elementi
significativi e comuni nelle varie discipline nazionali.
Questo caso poteva rappresentare infatti un test per verificare l’efficienza
del nuovo sistema alla luce della direttiva, anche se non può essere giudicato
secondo la nuova normativa perché l’operazione si è verificata ad agosto.
Anche la Germania, sempre tempestiva, non aveva infatti ancora attuato la
direttiva, che è stata invece attuata subito dopo, a settembre.
Segue un’analisi delle discipline nazionali. Con riguardo all’attuazione della
direttiva in Italia la normativa rilevante è:
•
Art. 180 (Abuso di informazioni privilegiate) e ss. del D.Lgs. 58/1998
(Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria)
•
Art. 114 (Comunicazioni al pubblico) del D. Lgs. 58/1998
•
Art. 66 (Fatti rilevanti) e ss. del Regolamento Consob 11971/99
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Titolo 2.6 (Obblighi degli emittenti) del Regolamento “mercati” di
Borsa Italiana, e in particolare le disposizioni in materia di insider
dealing
•
Art. 2637 c.c. (Aggiotaggio)
•
D.Lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di
personalità giuridica).
La disciplina attuale prevede, nel Testo Unico dell’Intermediazione
Finanziaria (“TUF”), la figura del reato dell’Insider Trading mentre nel codice
civile, a seguito della riforma del 2002, si prevede soltanto la definizione del
reato di aggiotaggio. Oltre alla definizione del reato, si prevedono poi anche
misure preventive di divulgazione dei fatti all’ Art. 114 del TUF e nel
Regolamento Emittenti, di attuazione, della Consob, che ne specifica le relative
modalità. Anche il Regolamento di Borsa è stato recentemente modificato per
prevedere ulteriori obblighi di disclosure a carico degli emittenti.
È utile ricordare la nozione di Insider Trading così come attualmente
prevista dal Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria nell’art. 180 alla
rubrica Abuso di informazioni privilegiate:
“1. E' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da venti a
seicento milioni di lire chiunque, essendo in possesso di informazioni
privilegiate in ragione della partecipazione al capitale di una società, ovvero
dell'esercizio di una funzione, anche pubblica, di una professione o di un
ufficio:
a) acquista, vende o compie altre operazioni, anche per interposta persona,
su strumenti finanziari avvalendosi delle informazioni medesime;
b) senza giustificato motivo, dà comunicazione delle informazioni, ovvero
consiglia ad altri, sulla base di esse, il compimento di taluna delle operazione
indicate nella lettera a).
2. Con la stessa pena è altresì punito chiunque, avendo ottenuto,
direttamente o indirettamente, informazioni privilegiate dai soggetti indicati nel
comma 1, compie taluno dei fatti descritti nella lettera a) del medesimo comma.
3. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2, per
informazione privilegiata si intende un'informazione specifica di contenuto
determinato, di cui il pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o
emittenti di strumenti finanziari, che, se resa pubblica, sarebbe idonea a
influenzarne sensibilmente il prezzo.
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il giudice può aumentare la multa
fino al triplo quando, per la rilevante offensività del fatto, le qualità personali
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del colpevole o l'entità del profitto che è derivato, essa appare inadeguata anche
se applicata nel massimo…”
L’Art 114 del Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria avente invece
ad oggetto la comunicazione al pubblico, ha il seguente contenuto:
“1. Fermi gli obblighi di pubblicità previsti da specifiche disposizioni di
legge, gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano informano il pubblico
dei fatti che accadono nella loro sfera di attività e in quella delle società
controllate, non di pubblico dominio e idonei, se resi pubblici, a influenzare
sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari. La Consob stabilisce con
regolamento le modalità dell'informazione del pubblico su tali fatti, detta
disposizioni per coordinare le funzioni attribuite alla società di gestione con le
proprie e può individuare compiti da affidarle per il corretto svolgimento delle
funzioni previste dall'articolo 64, comma 1, lettera b).
2. Gli emittenti quotati impartiscono le disposizioni occorrenti affinché le
società controllate forniscano tutte le notizie necessarie per adempiere gli
obblighi di comunicazione previsti dalla legge. Le società controllate
trasmettono tempestivamente le notizie richieste.
3. La Consob può, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel
comma 1 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e
documenti necessari per l'informazione del pubblico. In caso di inottemperanza
la Consob provvede direttamente a spese degli interessati.
4. Qualora i soggetti indicati nel comma 1 oppongano, con reclamo
motivato, che dalla comunicazione al pubblico delle informazioni possa
derivare loro grave danno, gli obblighi di comunicazione sono sospesi. La
Consob, entro sette giorni, può escludere anche parzialmente o
temporaneamente la comunicazione delle informazioni, sempre che ciò non
possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali. Trascorso
tale termine, il reclamo si intende accolto.
5. La Consob stabilisce con regolamento in quali casi e con quali
modalità devono essere fornite informazioni al pubblico sugli studi e sulle
statistiche concernenti gli emittenti quotati, elaborati da questi ultimi, da
intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento, nonché da soggetti in
rapporto di controllo con essi
http://www.consob.it/main/documenti/Regolamentazione/normativa/
N_208_.”
-
Il Regolamento Emittenti, infine, all’art 66, disciplina in dettaglio i fatti
cosiddetti ‘rilevanti’.
La manipolazione del mercato prima della riforma del 2002 era disciplinata
nell’art 181 del TUF, ora abrogato e sostituito dalla generale previsione, del
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reato di ‘aggiotaggio’, ex art. 2637 del c.c., in base al quale:“Chiunque
diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici
concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di
strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo
significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale
di banche o di gruppi bancari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Alla luce di questa normativa non si potevano facilmente compiere le
indagini contro Citigroup, anche se la Consob ha comunque avviato indagini e
trasmesso gli atti alla magistratura, che non avrebbe potuto tuttavia agire per
condannare Citigroup per il reato di manipolazione di mercato.
Al contrario, la disciplina comunitaria prevede in modo chiarissimo la
fattispecie della manipolazione di mercato e avrebbe previsto espressamente un
caso come l’operazione Citigroup.
Infatti la direttiva afferma che la manipolazione del mercato può avvenire
attraverso tre figure previste dall’Art 1.2 lett. A-B-C che prevede i seguenti
casi:
“ a) operazioni o ordini di compravendita:
- che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero
fuorvianti in merito all'offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti
finanziari, ovvero
- che consentano, tramite l'azione di una o di più persone che agiscono in
collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari
ad un livello anormale o artificiale, a meno che la persona che ha compiuto le
operazioni o che ha conferito gli ordini di compravendita dimostri che le sue
motivazioni per compiere tali operazioni o ordini sono legittime e che dette
operazioni o ordini sono conformi alle prassi di mercato ammesse sul mercato
regolamentato in questione;
b) operazioni o ordini di compravendita che utilizzino artifici o ogni altro
tipo di inganno o espediente;
c) la diffusione di informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso
Internet, o tramite ogni altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di
fornire, indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari,
compresa la diffusione di notizie incontrollate o di informazioni false ovvero
fuorvianti, se la persona che le ha diffuse sapeva o avrebbe dovuto sapere che
le informazioni erano false o fuorvianti.”
Con l’attuazione della direttiva, in base a questi articolati sarebbe stato più
semplice prevedere e condannare Citigroup in base al solo trading previsto
dalla direttiva.
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Tra le norme di riferimento della disciplina attuale, l’Avv. Pagnoni indica
inoltre il D.Lgs. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità
giuridica).
Quale sarà la disciplina probabilmente applicabile dopo il recepimento delle
direttiva?
Era già elaborato, su input della Consob, un documento, pronto da un anno,
finalizzato al recepimento della direttiva che era stato inserito nel disegno di
legge sul risparmio.
A seguito della difficoltà incontrate dal disegno di legge sul risparmio la
disciplina è stata da quest’ultimo scorporata e si è cercato un canale alternativo,
per poterla emanare.
Il documento ha trovato infatti una collocazione nel disegno di legge
comunitaria, in cui era prevista la delega suddetta.
Attualmente questa procedura è stata modificata e la delega corrisponde
direttamente dall’art 9 del disegno di legge comunitario, tale articolato prevede
infatti l’intero recepimento della normativa comunitaria sul tema.
Come si è articolato il recepimento?
Segue lo schema della normativa di riferimento:
Il nuovo Titolo I-bis, “Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione
del mercato” sostituisce gli Artt. 180 e ss. del Testo Unico dell’Intermediazione
Finanziaria:
Art. 184 e Art. 187-bis (Abuso di informazioni privilegiate,
rispettivamente: sanzioni penali e sanzioni amministrative)
Art. 185 e Art. 187-ter (Manipolazione del mercato, rispettivamente:
sanzioni penali e sanzioni amministrative).
Il recepimento è articolato mediante l’inserimento di un nuovo Titolo I bis
che sarà aggiunto dopo il Titolo I attuale. L’aggiotaggio invece ritornerà nel
Testo Unico delle finanza e rimarrà l’aggiotaggio nella disciplina comune ove
abbia ad oggetto strumenti finanziari quotati o quotandi.
La novità è che il legislatore nazionale ha scelto di lasciare immutata la
sanzione penale dell’Insider Trading che sarà disciplinata nell’Art 184 e ha
previsto invece un corrispondente illecito amministrativo (vedi art. 187-bis e
187-ter).
La premessa è la preferenza, accordata dal legislatore nazionale e da tutti i
legislatori di Francia, Germania e Regno Unito, con poche eccezioni ad un
approccio del recepimento del tipo “copying out” così come suggerito dalla
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direttiva, che prevede il recepimento e la diretta trasposizione della stessa a
garanzia di una armonizzazione sostanziale. Nel nostro sistema c’è tutto ciò che
è previsto nella direttiva. La previsione dell’Insider Trading è stata avviata ed è
molto più dettagliata di quella relativa alla manipolazione del mercato.
Ci sono tutti i casi previsti in A-B-C nella direttiva compreso il trading. Per
quelle violazioni è introdotta ex-novo solo la sanzione amministrativa, mentre
la sanzione penale rimane.
Dovranno essere conseguentemente modificate le norme citate prima come
le Comunicazioni al pubblico, il Regolamento Emittenti della Consob rimane
l’aggiotaggio come figura residuale di diritto comune. Lo schema che segue fa
cenno all’attuale normativa di riferimento, a prescindere dalle già menzionate
modifiche al TUF con riferimento al nuovo Titolo I bis :
Nuova formulazione dell’Art. 114 Testo Unico dell’ Intermediazione
Finanziaria (Comunicazioni al pubblico) e introduzione dell’Art. 115-bis
(Registri delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate) del
D.Lgs. 58/1998.
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Art. 66 (Fatti rilevanti) e ss. del Regolamento Consob 11971/99.
Titolo 2.6 (Obblighi degli emittenti) del Regolamento “mercati” di
Borsa Italiana, e in particolare le disposizioni in materia di Insider Dealing.
Art. 2637 c.c. (Aggiotaggio su strumenti finanziari né quotati né
quotandi).
Con riferimento all’attuazione della direttiva in Francia nelle previsioni già
in vigore (Code monétaire et financier, Regolamenti 90-8, 98-07,90-04) (prima
del 24 novembre 2004) si trova la definizione di Insider Trading, i destinatari
del divieto di Insider Trading, la definizione di manipolazione del mercato, gli
obblighi di disclosure preventiva.
L’attuazione in Francia è ancora parziale ed è avvenuta con il regolamento
generale della AMF, la nuova autorità francese fusione delle tre autorità
preesistenti.
Diversamente dalla Consob il potere di regolamentazione di tipo generale
che non ha la Consob italiana che regolamenti di attuazione divisi per
argomenti che devono attuare norme specifiche di legge.
Nell’ambito di questo potere normativo di secondo livello generale
dell’AMF sono state parzialmente recepite le direttive di attuazione del Market
Abuse.
E’ utile segnalare che anche qui l’approccio è stato quello del copying out.
Le lacune della normativa precedente sono state colmate con i contenuti
della direttiva, la nozione di informazione privilegiata, di Insider Trading e di
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altre fattispecie di Insider Trading. Infine sono state disciplinate le esenzioni,
conformate appunto alle direttive contenenti le figure di attuazione.
Nel Regno Unito, come si è già detto, la situazione di partenza era quella
della“superequivalenza” e il regime del “market abuse” esistente si applica ad
ogni condotta relativa a investimenti qualificati; la normativa europea invece si
riferisce a specifiche condotte.
La FSA e il Tesoro hanno adottato un documento di consultazione (giugno
2004) la proposta di legge è in fase di finalizzazione e si ritiene che entrerà in
vigore al più tardi entro luglio 2005.
Tra i punti chiave vi è la definizione di informazione privilegiata.
Attualmente la severità del concetto di “informazione rilevante” (118 (2) (a)
FSMA) è attenuata dalle previsioni del “Code Market Conduct”; esso dovrà
comunque, presumibilmente, essere ampliata.
Il Regno Unito ha in qualche modo costituito il punto di partenza anche per
il legislatore comunitario, grazie al concetto di Market Abuse che
effettivamente si è rilevato più efficiente, dove il Market Abuser è chiunque
risulti autore di una condotta nell’ambito degli investimenti qualificati e non
solo in quelli aziendali. Questa nozione andrà modificata.
Nell’ autorità di borsa e tra le autorità inglesi c’è stata una discussione sul
recepimento della direttiva perché da una parte c’erano state delle previsioni
più restrittive che andavano oltre la direttiva, dall’altra le previsioni
necessitavano di essere ridimensionate dagli enti esponenziali degli operatori
perché ormai c’è la direttiva, e chi ritiene che potrebbero essere coerenti con il
sistema di recepimento.
Questo aspetto principale si ridimensionerà, mentre rimarrà probabilmente
la superequivalenza, termine per indicare che le norme sono più restrittive di
quelle comunitarie per i mercati rilevanti, e anche una maggiore ampiezza della
fattispecie dell’illecito che si applicherà non solo a chi lo ha compiuto ma
anche a chi ha partecipato all’illecito.
Un’esperienza positiva che può essere importata dal Regno Unito. è
l’elaborazione da parte del FSA di un documento di consultazione a
disposizione delle associazioni.
La proposta di legge non è stata ancora completamente emanata ma si
prevede che le disposizioni saranno emanate entro luglio 2005. Alcune
disposizioni inoltre sono entrate in vigore proprio ieri.
Un aspetto interessante concerne la probabile eliminazione del cosiddetto
“Regolar User Test”, in base al quale si indica se il comportamento in
questione possa o meno essere considerato da un operatore come costituente
una violazione degli standard medi attesi da un soggetto ricoprente la
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medesima posizione. Gli emendamenti maggiori che interesseranno la
normativa inglese applicabile riguarderanno le informazioni al pubblico sui
fatti rilevanti: questa è la novità.
In Germania il 24 settembre 2004 la direttiva 6/2003/CE e le tre direttive di
attuazione sono state recepite attraverso la legge sul miglioramento della tutela
degli investitori (Angelerschutzverbesserungsgesetz). Il provvedimento ha
modificato la legge sulle negoziazioni in titoli (Wertpaperihandelsgesetz) e la
legge sul prospetto (Wertpapier – Verkaufsprospektgesetz).
Le maggiori novità dopo il recepimento sono:
Insider trading
Ampiamento dell’ambito di applicazioni del reato a seguito della nuova
nozione di strumenti finanziari rilevanti (quotati e quotandi).
Market manipulation
E’ venuto meno l’elemento soggettivo dell’intenzionalità di compiere la
manipolazione del mercato. E’ sufficiente la consapevolezza dell’impatto che
l’azione provocherà.
In riferimento al recepimento tempestivo della direttiva, in Germania è
venuto meno l’elemento soggettivo dell’intenzionalità di compiere
manipolazione di mercato.
Il caso del Citigroup sarebbe stato più facile da regolare.
In merito all’Insider Trading la maggiore novità è un ampliamento
dell’ambito di applicazione del reato.
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Gli abusi di mercato: prevenzione e
repressione
Claudio Salini – CONSOB
La prevenzione e la repressione rappresentano gli strumenti fondamentali
per contrastare l’insider trading e la manipolazione dei mercati; tali attività, al
fine di individuare e reprimere questi fenomeni si basano essenzialmente su
un’analisi pregressa dei comportamenti posti in essere dagli operatori di
mercato (intermediari, emittenti, investitori ecc.).
Un argomento che occorre approfondire è quello relativo a come si possano
limitare i citati fenomeni di abuso dell’integrità dei mercati attraverso
un’efficace sinergia tra attività dissuasiva e regolamentazione. Uno dei pregi
della nuova direttiva sul market abuse approvata nel 2003 (Direttiva 2003/6/CE
del 28/01/03) appare essere la circostanza che i principi in essa contenuti
coincidono con quanto le autorità di controllo dei mercati hanno auspicato
negli ultimi tempi in relazione alla esigenza di rafforzare tanto le misure di
prevenzione quanto gli strumenti di investigazione.
Ulteriore qualità della nuova direttiva è rappresentata dal tentativo di creare
un quadro omogeneo nei paesi membri dalla UE per le fattispecie in esame e in
particolare per il fenomeno della manipolazione. Tale ultimo abuso non era
regolato dalla precedente direttiva che invece affrontava la problematica
dell’insider trading per il quale le convinzioni comuni risultavano
maggiormente consolidate; la problematica della manipolazione appariva
invece oggetto di non univoche interpretazioni; si consideri che i concetti di
manipolazione di mercato e di aggiotaggio sono risultati nella pratica sempre
di difficile definizione. Le informazioni false e le operazioni fittizie, che non
portano alla conclusione dei contratti, ad esempio possono integrare casi di
manipolazione. Il caso riportato dell’ avv. Pagnoni in merito alla
manipolazione attuata nell’ambito di attività di negoziazione è più difficile da
determinare; è da osservare, infatti, che il limite tra speculazione aggressiva e
manipolazione non è ben determinato. Il caso “Citigroup”, oggetto di indagine
per operazioni che hanno avuto significativo impatto sul prezzo di titoli di stato
quotati, ne rappresenta un esempio. La nuova direttiva compie sul punto
notevoli passi in avanti.
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L’attività di prevenzione degli abusi richiede la predisposizione di misure di
controllo dell’informazioni privilegiate e di un organizzazione competente alla
corretta diffusione al pubblico di tali notizie. Con riferimento a tale materia la
nuova direttiva per la prima volta, utilizza il medesimo concetto di
“informazione privilegiata” per indicare quel complesso di informazioni in
relazione al quale da un lato è vietato abusare tramite insider trading e,
dall’altro, è necessario provvedere alla comunicazione al pubblico al fine di
garantire la parità di informazione. In passato, invece, si parlava di
“informazione privilegiata” per gli aspetti sanzionatori e di “fatti” per gli
obblighi di comunicazione. La domanda da porsi al riguardo è, quindi, come
devono comportarsi gli emittenti. Appare naturale sostenere che tali soggetti
devono comunicare, come del resto in passato, fatti quali ad esempio l’acquisto
di nuove società o l’approvazione di aumenti di capitale, e così via e non già
mere ipotesi probabilistiche di eventi non realizzati. Non ci potrà essere,
pertanto, coincidenza tra i due citati concetti; non si può obbligare un emittente
a dare tutte le informazioni sulle trattative in corso o in merito alle varie fasi in
cui un’informazione diventa privilegiata. Si può in altre parole sostenere che
un’informazione è privilegiata prima che si manifesti la necessità di diffonderla
al pubblico. La differenza nell’applicazione della definizione in esame, e quindi
il passaggio da “informazione privilegiata” a “fatto” appare comunque
affrontato e in qualche modo risolto nella direttiva di livello due (Direttiva
2003/124/CE del 22/1203) nella quale si indica che è da ritenere che gli
emittenti abbiano ottemperato agli obblighi della corretta informazione quando
“al verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non
ancora formalizzati” gli stessi emittenti abbiano informato senza indugio il
pubblico. Tale vicenda dovrà essere affrontata anche nei regolamenti di
attuazione che la Consob sarà chiamata a elaborare, ai sensi delle nuove norme
del Testo unico, per il completo recepimento della citata direttiva.
Le direttive di livello I e le direttive e i regolamenti comunitari di livello II
contengono norme molto dettagliate. I margini di manovra offerti a livello di
regolamentazione nazionale si sono quanto mai ridotti. La citata questione della
nuova valenza della definizione di informazione privilegiata tenderà,
inevitabilmente, ad anticipare in qualche modo la pubblicazione
dell’informazione ad un momento il più prossimo possibile alla fase in cui un
informazione diventa privilegiata. Questo rappresenta uno dei primi problemi
di applicazione della disciplina che occorrerà gestire nella pratica quotidiana.
Sul punto si può osservare che ai sensi della disciplina vigente gli emittenti
possono essere chiamati a diffondere al pubblico informazioni anche nella fase
in cui l’evento rilevante non sia del tutto definito. Ciò accade già ove si
presentino contemporaneamente due circostanze sul mercato: i) la presenza di
indiscrezioni pubblicate dalla stampa e ii) l’irregolare andamento delle
quotazioni e dei volumi scambiati dei titoli di riferimento. In questo caso il
regolamento Consob impone alle società emittenti di commentare tali rumour
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integrando, se del caso, le notizie al fine di ripristinare la parità di informazione
tra gli investitori. Tale regola, ineccepibile dal punto di vista teorico, presenta
tuttavia nella pratica talune criticità con riferimento al diritto alla riservatezza,
in particolare nel caso di trattative in corso da parte della società quotata
oggetto della indiscrezione. In questi casi le soluzioni regolamentari e di
vigilanza devono tenere conto della necessita di bilanciare le due diverse
esigenze: da una lato, infatti, occorre non arrecare danno ai legittimi interessi
della società e, dall’altro, evitare di danneggiare gli investitori assicurando la
presenza di condizioni che consentano il regolare andamento delle
contrattazioni sul mercato. In tali casi spesso si cerca di mitigare il conflitto tra
le due esigenze disponendo brevi sospensioni delle negoziazioni dei titoli
interessati in attesa che venga diffusa la notizia. In altri casi la vigente
disciplina, ma anche la nuova direttiva, consentono agli emittenti di ritardare la
diffusione delle informazioni qualora tale comunicazione possa causare un
grave danno agli stessi emittenti. La Consob, valutate le circostanze ad essa
rappresentate, può in ogni caso imporre che le notizie siano comunque diffuse
al pubblico se ritiene tale soluzione indispensabile al fine di evitare che gli
investitori siano tratti in errore su circostanze e fatti essenziali.
La seconda questione rilevante che connota il binomio prevenzione e
repressioni attiene alla pubblicazione delle ricerche che contengono
raccomandazioni di investimento rivolte al pubblico. Negli ultimi anni si è
potuto osservare un’esponenziale crescita del numero di ricerche prodotte da
intermediari e operatori vari con le quali si forniscono consigli di comprare fino
ad un certo prezzo e di vendere al momento in cui il prezzo scende sotto una
certa soglia. Il fenomeno in esame, oggetto di poca attenzione fino a poco
tempo fa, ha attirato l’interesse di tutta la comunità finanziaria e dei regultor,
dopo il ridimensionamento della bolla speculativa della new economy e del
dirompente caso di irregolarità contabili evidenziate dall’americana Enron. Gli
operatori che producono ricerche prestano spesso significativi conflitti di
interesse per svariate ragioni; può accadere, infatti, che chi elabora la ricerca
detenga una partecipazione rilevante nella società quotata oggetto di studio, per
cui sussiste l’interesse a far salire il prezzo dei titoli emessi dalla società e
magari, essendo gli stessi titoli finiti nel portafoglio dell’intermediario, a
seguito di una operazione di collocamento non andata a buon fine, si è tentati
di sfruttare una buona occasione per vendere gli stessi titoli sul mercato a
prezzi artificialmente sostenuti.
La domanda da porre al riguardo è quale approccio regolamentare deve
ritenersi adeguato in relazione ai problemi evidenziati. Fino a poco tempo fa
era sufficientemente condivisa l’idea che per prevenire abusi di tale genere
fosse sufficiente una rigorosa attività di vigilanza da parte delle autorità di
controllo dei mercati. Più in generale si era portati a pensare che in relazione a
uno studio contenente un giudizio falso si sarebbero potute applicare le
sanzioni previste dalla disciplina sulla manipolazione del mercato,
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analogamente agli altri casi di diffusione di false informazioni. Quando si è
generata la sensazione comune che la pratica dei giudizi non imparziali era
ormai diventato un fenomeno diffusissimo, si è cercato di rivalutare misure di
prevenzione basate su regole di organizzazione interna e in particolare sulla
necessità di stabilire efficaci “muragli cinesi” tra i dipartimenti di produzione
della ricerca e quelli che svolgono le altre attività di impresa; la creazione di
una completa separazione tra le persone che redigono gli studi e quelle dedite
all’attività di banking avrebbe dovuto, pertanto garantire l’indipendenza dei
giudizi forniti agli investitori.
Avuto modo di riconoscere che l’affidabilità delle muraglie cinesi non era
tale da assicurare comportamenti corretti, i regolamentatori si sono orientati
verso un terzo approccio di norme basato sulla individuazione di dettagliate
caratteristiche che le ricerche prodotte dagli analisti devono presentare nel caso
della loro diffusione agli investitori. Le ricerche devono pertanto essere
prodotte secondo puntuali standard in grado di assicurare la correttezza delle
informazioni in esse contenute e l’adeguata trasparenza dei conflitti di
interesse. Ecco quindi che si stabilisce di indicare nelle ricerche il caso in cui
l’autore, o l’intermediario presso cui questo lavora, abbia una partecipazione
nella società oggetto di studio, oppure dichiarare che lo stesso intermediario ha
svolto il servizio di collocatore con riferimento all’emittente considerato; in tal
modo tutti hanno la possibilità di valutare il rischio della specifica posizione
conflittuale. Ulteriori forme di controllo della correttezza delle ricerche
possono consistere nell’imporre regole specifiche per la qualifica di analisti;
quali ad esempio la necessità di superare un apposito esame, il possesso di
particolari caratteristiche di onorabilità e professionalità, ecc. E’ possibile
inoltre svolgere un attività di education tra gli investitori al fine di
sensibilizzare coloro che utilizzano le ricerche a valutare il loro contenuto
come mere indicazioni da verificare tramite un confronto con altre fonti
informative, il tutto al fine di assumere ponderate scelte di investimento. E’
possibile ritenere infine, sebbene in forma provocatoria, che una praticabile
soluzione consista nell’evitare qualsiasi iniziativa di tipo regolamentare e di
vigilanza, lasciando che la competizione fra le varie società produttrici di
ricerca premi coloro che operano con maggiore trasparenza e correttezza.
Quello che si può allo stato dire è che in passato, la regolamentazione in
materia era pressoché inesistente, oggi la IOSCO, organismo che raduna le
autorità mondiali di vigilanza dei mercati, e la commissione UE hanno stabilito
principi molto dettagliati. La nuova direttiva UE, in particolare, sebbene
affronti le problematiche della trasparenza sui conflitti di interesse e della
corretta presentazione degli studi, tuttavia, non prende in considerazioni altri
strumenti altrettanto validi, quale ad esempio l’imposizione di espliciti divieti
di negoziazione sui titoli oggetto di studio per l’analista che ha prodotto la
ricerca. Al riguardo si deve comunque rilevare che si applica a questa
fattispecie la regola generale sulla manipolazione e pertanto chi produce studi
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falsi potrebbe essere accusato di aver manipolato il mercato. Taluni sistemi nel
passato vietavano del tutto alle banche di produrre studi consentendo tale
attività solo ai soggetti indipendenti; tali vincoli, in qualche modo oggetto di
esame nell’ambito dei lavori condotti negli USA per la definizione della nuova
disciplina in materia, appaiono tuttavia eccessivamente cogenti.
La nuova disciplina comunitaria si compone, come visto, di una direttiva di
livello I e di successive direttive di livello II, contenenti disposizioni molto
particolareggiate. Il recepimento di tali norme, dovendo essere realizzato in
modo tale da garantire la massima armonizzazione a livello UE, farà sì che la
normativa italiana dovrà conformarsi a quella comunitaria in modo molto
stretto; ciò pone il problema di comprendere quanto la disciplina italiana
attualmente vigente si discosta dalle nuove regole che andranno introdotte e,
conseguentemente, richiede di valutare i costi dell’eventuale riadattamento del
sistema. Un esempio utile da esaminare è quello relativo all’obbligo di
pubblicazione delle ricerche imposto dal vigente regolamento Consob ai
soggetti abilitati. In particolare la disciplina vigente impone ai soggetti abilitati
che redicono ricerche di mettere a disposizione della generalità degli investitori
tali documenti entro 60 giorni dall’inizio della loro diffusione; con tale
disposizione si cerca di utilizzare la trasparenza, e la conseguente verifica del
comportamento degli operatori, come volano per incrementare la correttezza
degli attori in campo. Tale obbligo, non previsto dalla nuova direttiva e, allo
stato attuale, neppure, presente in altri ordinamenti comunitari, ha svolto fino
ad oggi un ruolo determinante per il raggiungimento di sufficienti livelli di
tutela degli investitori. Con l’applicazione della nuova direttiva, che prevede
disposizione particolareggiate riguardo al contenuto delle ricerche, volte a
garantire la correttezza e la trasparenza dei conflitti di interesse, il citato
obbligo di pubblicazione perderà importanza e finirà per prestare il fianco a
critiche circa l’effetto di “spiazzamento” che può generare per i produttori di
ricerca italiani che sarebbero soggetti a norme più onerose di quello applicabili
a residenti in altri paesi UE. Da qui l’esigenza di rivedere la disciplina in
questione al fine di limitare la generale diffusione al pubblico delle ricerche
solo a particolari situazioni in cui, per le specificità di servizi offerti dagli
operatori, tale presidio possa risultare necessario.
Quanto detto in merito alla disciplina delle ricerche appare essere una prova
evidente di come la prevenzioni dei fenomeni di manipolazione di mercato, in
questo caso relativa alla possibile diffusione di informazioni false, possa essere
affrontata, da un punto di vista regolamentare con approcci di vario grado, che
in questo caso puntano all’imposizione di comportamenti virtuosi da parte degli
operatori di mercato.
Un ulteriore aspetto di significativa importanza per la prevenzione è
rappresentato dai numerosi regolamenti in materia di insider trading che la
Consob dovrà definire per il completo recepimento delle direttiva sugli abusi di
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mercato. Tra le materie più importanti si possono citare le procedure che
dovranno essere definite in relazione all’obbligo per i controllanti, gli azionisti
di rilievo, i manager nonché gli stretti parenti di questi, di comunicazione alla
Consob e al mercato di tutte le operazioni effettuate sulle azioni quotate emesse
dalla società di riferimento. Tale disposizione, finalizzata a prevenire il
fenomeno dell’insider trading è di particolare interesse soprattutto nei casi in
cui gli emittenti assegnino stock option ai propri manager. La diffusione di
informazioni sull’attività di director’s dealing, come anche definita nella prassi
anglosassone, assume peraltro notevole significato anche come strumento di
trasparenza per rivelare al mercato il sentiment dei manager sulle prospettive
della società.
La nuova direttiva stabilisce, inoltre, una particolare disciplina per le
operazioni di buy-back e di stabilizzazione delle quotazioni in pendenza di
offerte al pubblico. Tali disposizioni chiamate nella prassi safe harbour rule
definiscono un’area in cui l’attività di compravendita dei soggetti interessati
gode di una presunzione di legittimità se posta in essere nel rispetto di
specifiche condizioni operative e di trasparenza. In sostanza la funzione svolta
da tale meccanismo è quella di efficace regola preventiva. Nel caso, ad
esempio, di acquisto di azioni proprie è evidente che l’emittente possa trovarsi
in una situazione di privilegio informativo perché esso stesso è l’artefice degli
eventi che lo riguardano. L’operatività sui propri titoli, pertanto, può generare
un elevato sospetto che tale attività sia connotata da una situazione di insider
trading ovvero che possa essere al servizio di una manovra di manipolazione
dei prezzi finalizzata, magari, a rendere più vantaggiose imminenti operazioni
societarie straordinarie quali, ad esempio, un aumento di capitale o una fusione.
In tali casi, tuttavia, il legislatore ha ritenuto necessario stabilire chiare regole
che, da un lato, stabiliscano dei limiti operativi tali da non compromettere
l’integrità dei mercati e, dall’altro, rendano gli interessati certi della legittimità
dei propri comportamenti in modo tale da non disincentivare l’effettuazione di
tali operazioni. Dal punto di vista economico, infatti, appare pacifica in
letteratura l’idea che il buy-back presenti aspetti positivi per il mercato.
Diverse teorie ritengono, infatti, che l’acquisto di azioni proprie sia una valida
alternativa all’incremento dei dividendi come mezzo di remunerazione degli
azionisti e comunque un efficace strumento per migliorare la struttura
finanziaria della società.
In generale, in tutto il mondo tali operazioni sono oggetto di
regolamentazione. In alcuni paesi sono previsti addirittura espliciti divieti di
vendita delle azioni acquistate in proprio che possono, pertanto, essere soltanto
cancellate o utilizzate nell’ambito operazioni di finanza straordinaria. In
particolare la safe habour rule prevista dalla nuova direttiva UE prevede come
limiti operativi l’obbligo di acquistare le azioni in controtendenza e per volumi
non superiori al 25 % del quantitativo complessivamente scambiato sul mercato
in periodi prestabiliti. Chi opera entro i citati parametri può ritenere di aver
27
agito correttamente e non sarà oggetto di attività di accertamento da parte delle
autorità competenti. Il superamento dei citati limiti, tuttavia, non significa di
per sé che sussista una violazione configurante un abuso di mercato; in questo
caso, infatti, è comunque l’autorità di vigilanza a dover dimostrare a seguito
della propria attività di accertamento la sussistenza di specifiche violazioni.
Nella pratica si è potuto osservare che i limiti operativi vengono in genere
superati per i titoli meno liquidi; in alcuni casi in cui si è registrata un’attività
particolarmente intensa l’autorità di controllo ha provveduto a trasmettere gli
atti alla magistratura per gli opportuni accertamenti. A differenza della nuova
impostazione comunitaria, alcuni paesi extra-UE hanno, e probabilmente
manterranno, regole volte a limitare l’attività di acquisto di azioni proprie
attraverso la previsione di limiti da rispettare in modo obbligatorio, al
superamento dei quali si applicano sanzioni amministrative. L’introduzione di
regole nella forma della citata safe harbour rule comporta, invece, un diverso
approccio della regolamentazione delle operazioni in questione. I soggetti
pertinenti, infatti, avranno interesse ad attenersi alle indicazioni contenute in
tale principio, tenuto conto della circostanza che comportamenti non conformi
potrebbero essere presi in considerazione dall’autorità di vigilanza in sede di
accertamento di violazioni ai divieti previsti dalla disciplina sugli abusi di
mercato. Questo è un chiarissimo esempio di come il binomio prevenzione –
repressione può trovare forme di regolamentazione diverse fermo restando il
fine perseguito.
Per quanto concerne, in particolare, la manipolazione si deve rilevare che gli
orientamenti a livello internazionale appaiono meno consolidati rispetto alla
materia dell’insider trading. Nel nostro paese del resto, nonostante i numerosi
accertamenti avviati, i casi di manipolazione accertati sono stati molto limitati e
tutti si riferiscono a circostanze attinenti il trading sul mercato e non invece la
diffusione di false informazioni al pubblico. Sul punto si ritiene comunque
necessario, per un efficace attività di deterrenza contro tali violazioni, avere a
livello internazionale, o almeno europeo, regole comuni e modalità di indagine
condivise. Appare evidente che la valutazione dei singoli casi può risultare
differente nei diversi Stati nazionali se si hanno regole diverse e strutture di
mercato differenti. È necessario al riguardo dare il più alto livello di certezza a
chi opera sul mercato consentendo loro di riconoscere agevolmente se le
operazioni possano integrare le fattispecie di abuso ovvero siano, invece, da
ritenere delle semplici attività di speculazione, magari di forte impatto
ammesse dalla disciplina. La nuova direttiva sul punto offre un significativo
aiuto fornendo un elenco, sia pure non esaustivo, dei casi che possono ritenersi
irregolari.
La direttiva prevede, inoltre, che chiunque compia professionalmente
operazioni su strumenti finanziari deve avvertire senza indugio l'autorità
competente qualora abbia ragionevoli motivi per sospettare che le transazioni
costituiscano un abuso di informazioni privilegiate o una manipolazione del
28
mercato. Tale disposizione rappresenta nell’ambito della nuova disciplina la
parte, allo stesso tempo, più innovativa o di maggiore problematicità
applicativa. Per un verso, infatti, sussiste il rischio che siano oggetto di
comunicazione tutte le operazioni che presentano caratteristiche leggermente
fuori norma, con conseguente moltiplicazione delle segnalazioni all’autorità
competente, dall’altro, l’eventualità che un cliente ingiustamente oggetto di una
segnalazione all’autorità decida di abbandonare l’intermediario potrebbe
disincentivare ogni tipo di segnalazione.
La definizione di operazioni sospette, allo stato significativamente generica,
potrebbe trovare maggiore dettaglio nell’ambito dei lavori di livello III condotti
dal Committee of European Securities Regulators previsti per il recepimento
delle direttive di lievello I e II. L’andamento delle discussioni in corso sul terzo
livello non lascia, tuttavia, presagire l’individuazione di soluzioni definitive in
tempi brevi; sulla base di tali orientamenti si dovranno successivamente
adattare le norme nazionali e i comportamenti degli operatori interessati. Anche
i lavori di livello III e la disciplina nazionale di recepimento saranno
accompagnati, come del resto si è verificato per le precedenti direttive, da una
fase di consultazione aperta a tutte le categorie di soggetti che dovranno
applicare nella pratica le citate regole. Si evidenzia, comunque, che l’obbligo di
segnalazione delle operazioni sospette appare di cruciale importanza sia per il
miglioramento delle regole esistenti sia, più in generale, per perseguire
l’obiettivo di assicurare l’integrità del mercato, bene comune che tutti i
partecipanti a tale sistema dovrebbero contribuire a difendere.
Si deve rilevare, da ultimo, che negli anni passati gli intermediari erano
maggiormente coinvolti nell’opera di mantenimento di standard di elevata
qualità, tanto che poteva essere rilevata una stretta identità tra mercato,
intermediari e regolamentatori. Con l’avvento della telematica, delle reti e in
particolare degli ordini trasmessi dalla clientela con sistemi elettronici - che
elimina qualsiasi filtro da parte degli intermediari sugli ordini - tale virtuosa
caratteristica è venuta in parte meno. Per il futuro si ravvisa quindi la necessità
di condividere e rianimare tra gli operatori un sentimento che faccia percepire il
mercato come bene di tutti che può svilupparsi soltanto qualora sia mantenuta
la sua integrità e la fiducia che in esso ripongono gli investitori.
In definitiva si può ritenere che un sistema efficace di prevenzione e
repressione della manipolazione e dell’insider trading si fondi sulla duplice
esigenza di:
•
dare certezza alle regole, finalità che appare essere alla base dalla
nuova direttiva sugli abusi di mercato;
• realizzare un maggiore coinvolgimento dei soggetti che partecipano al
mercato sulla necessità di garantire un sistema integro ed efficiente.
Tali principi dovrebbero contribuire a disincentivare le violazioni di regole
deontologiche prima ancora che i veri e propri abusi del mercato; in effetti
29
anche le violazione del primo tipo rappresentano una menomazione delle buone
pratiche comuni del mercato. La nuova direttiva UE rappresenta un primo
passo verso il miglioramento della regolamentazione volta a fronteggiare tali
comportamenti irregolari; si ravvisano tuttavia spazi di ulteriore intervento
soprattutto in relazione ad una maggiore responsabilizzazione degli operatori e
ad un più coeso approccio della vigilanza operata dalle competenti autorità dei
paesi comunitari che mostrano un potenziale margine di miglioramento per la
convergenza della loro attività.
30
Il punto di vista degli intermediari
finanziari
Michele Calzolari – Centro SIM
Si è voluto anticipare la conclusione dell’intervento che rappresenta il punto
di vista degli intermediari finanziari:
La Direttiva Market Abuse, non aggiunge tantissimo sul tema dell’insider
trading, mentre contiene novità importanti sul fronte della manipolazione di
mercato che potranno produrre effetti molto significativi. Tali novità sono
legate non tanto ai contenuti specifici della “market manipulation” quanto allo
spostamento di attenzione dal concetto di reato penale a quello di illecito
amministrativo: ciò rafforzerà i poteri della Consob rendendo più facilmente
perseguibili coloro che incorreranno in questi “incidenti di percorso”.
Infatti le manipolazioni di mercato, che sono una derivata dell’insider
trading, sono difficilmente riscontrabili e si possono avere molti casi dubbi in
cui l’esperienza e la conoscenza del funzionamento dei mercati giocano un
ruolo chiave: in questo senso l’Autorità di Vigilanza ha sicuramente un
vantaggio competitivo rispetto alla Magistratura.
La Direttiva farà sì che l’attività di prevenzione sia molto più efficace; il
rischio però è che la facilità e la rapidità nel comminare sanzioni provochino
degli eccessi in senso opposto, disincentivando nuove tipologie di attività.
L’opinione di Calzolari è che, per non ingessare il mercato, occorrerà una dose
di buon senso nell’applicare la Direttiva e il buon senso nella sua esperienza
professionale rappresenta spesso un elemento determinante in relazione al
rapporto Vigilanza/soggetti vigilati.
In questo momento l’equilibrio che caratterizza la Consob e i rapporti di
collaborazione eccellenti tra gli intermediari e l’autorità di vigilanza fanno ben
sperare.
1. Le Pratiche di Mercato Ammesse:
La Direttiva rappresenta il risultato di un compromesso importante tra due
culture diverse: la cultura anglosassone e quella dell’Europa continentale, che
comportano, anche dal punto di vista giuridico, due impostazioni diverse.
31
La nostra impostazione si basa sul codice civile che impone una serie di
divieti, mentre quella anglosassone prevede che vengano indicati i
comportamenti ammessi con le relative eccezioni.
La Direttiva ha dato modo di recepire entrambe le impostazioni. Tuttavia,
per noi italiani è oggettivamente difficile entrare in questa “nuova” logica. Ad
esempio, quando con i nostri associati abbiamo parlato della lista delle pratiche
di mercato ammesse, ci siamo trovati in difficoltà perchè gli operatori italiani
non sono abituati a definire le “cose che si possono fare” ma ragionano
piuttosto nel senso opposto.
In tema di market manipulation è invece molto importante riuscire ad
individuare, se ce ne sono, quelle attività di mercato che sono obiettivamente
prassi consolidate, per evitare di scoprire domani che un certo tipo di attività
cui siamo abituati è diventata sanzionabile perché così avviene altrove.
Un’altro aspetto importante è che la definizione di pratiche di mercato
ammesse viene lasciata al livello III della legislazione. Questo aspetto è
rilevante in quanto implica che l’elenco verrà stilato a livello di singolo paese;
potrebbero verificarsi perciò differenze oggettive tra ciò che viene adottato in
un paese e in un altro.
Il CESR sarà chiamato a fare un controllo sulla coerenza di quello che verrà
deciso dai singoli paesi, tuttavia ci saranno inevitabilmente delle differenze,
che potrebbero essere tali da provocare lo spostamento di attività, o di
intermediari, verso quei mercati che hanno una legislazione più morbida.
Nella tradizione culturale italiana le regole sono tendenzialmente più severe
che in altri paesi. Il rischio è perciò che emerga un quadro normativo più rigido
da noi che altrove, penalizzando così il mercato italiano nel contesto di
maggiore concorrenzialità tra i mercati che deriverà dalle varie Direttive in
corso di approvazione.
Un terzo punto importante è che le prassi di mercato evolvono più
rapidamente di quanto non cambi la normativa. Ci si pone quindi la domanda di
come debba essere aggiornata la normativa e con quale cadenza (ogni anno,
due anni?).
La complicazione del processo, che si svolge a livello europeo cercando
continuamente il compromesso fra tanti paesi, renderebbe auspicabile una
revisione non troppo frequente: è però un fatto assodato che i mercati evolvono
con estrema rapidità e che le norme devono stare al passo. In merito a questo
punto nulla si dice né nella Direttiva né nel Disegno di Legge che la recepisce.
Un aspetto fortemente positivo è che la Direttiva prevede anche per la fase
di recepimento a livello nazionale l’obbligo di consultazione tra autorità di
vigilanza,operatori, consumatori etc.
32
L’esperienza del processo Lamfalussy è altamente positiva in quanto
consente alle parti interessate di venire coinvolte e quindi di essere
preventivamente informate e di poter dire la propria opinione in merito. Il fatto
che tale iter venga esteso a livello nazionale ci sembra molto importante.
E’ sicuro che il dibattito fra intermediari, operatori e Consob sarà acceso,
ma è altrettanto sicuro che lo sforzo si rivelerà molto utile.
Il CESR elenca i vari segnali di mercato che possono far pensare a casi di
market manipulation. Esaminando la lista, credo si possa affermare che su
questo fronte non c’è stata una grande innovazione di contenuto da parte della
Direttiva: infatti né i segnali né le pratiche evidenziate come potenzialmente
pericolose o fraudolente sono particolarmente nuove.
In pratica i casi rappresentati sono quelli “classici”: i segnali si riferiscono
ad operazioni di dimensioni molto grandi rispetto alla norma, oppure ad
operazioni che hanno riflessi molto rilevanti sul mercato, o ancora ad
operazioni dove non cambia il beneficiario del titolo, o a trades incrociati tra
più soggetti.
Nulla di particolarmente nuovo... il fatto nuovo, semmai, è il modo di
perseguire chi commette l’infrazione, che cambierà al fine di rendere la
prevenzione più efficace e di tutelare meglio l’integrità del mercato. La
Direttiva infatti punta a spostare l’attenzione dall’aspetto penale all’illecito
amministrativo e lo stesso concetto viene ripreso dalla legge in corso di
approvazione in Parlamento, che rappresenta appunto il recepimento della
Direttiva stessa.
La Consob, che sarà responsabile delle funzioni ispettive, giudicanti e
sanzionatorie avrà poteri e facoltà d’indagine piuttosto ampi e potrà comminare
direttamente sanzioni significative senza passare più dal Ministero
dell’Economia.
In prospettiva ciò è positivo perché si avranno decisioni più rapide. Inoltre,
la competenza nella materia specifica del personale della Consob è superiore
rispetto a quella di molti magistrati, anche se, per la verità, alcuni comparti
della Magistratura ordinaria si stanno specializzando nel settore. E’ un fatto che
oggi i tempi sono molto lunghi, in particolare se ci si trova a dover discutere
materie tecniche e specialistiche con persone che non hanno questo tipo di
esperienza. A fronte di un giudizio positivo su questo aspetto, bisognerà
verificare però che la maggior rapidità di giudizio non implichi insufficienti
tutele per l’indagato.
Un altro aspetto fondamentale è la previsione di comunicazione al pubblico
(ed al mercato) delle decisioni adottate: è opinione diffusa che ciò che più
danneggia l’operatore colto in fallo non sia tanto la multa, quanto la pubblicità
33
negativa. Teoricamente infatti l’operatore (o la società) potrebbero avere poi
difficoltà a lavorare.
La Direttiva e le norme che la recepiscono, rafforzando l’obbligo di rendere
pubbliche le decisioni prese, sembrano quindi andare nella giusta direzione per
tutelare l’integrità del mercato.
2. Responsabilità delle Società
Un altro aspetto da analizzare è il fatto che l’illecito amministrativo venga
esteso dalla persona fisica alla società.
Nella legislazione italiana finora era la persona fisica a rendersi responsabile
di aggiotaggio. Oggi viene estesa la sanzione anche alla società che non operi
in maniera responsabile attraverso il proprio dipendente, nel caso in cui la
società non abbia messo in atto procedure atte a verificare il rispetto delle
norme.
In pratica è ciò che è stato introdotto con il dlgs. 231/2001: si tratta
sicuramente di una novità significativa ma occorre distinguere tra forma e
sostanza.
Quello che sta accadendo con il dlgs. 231 2001 sembra indicare più una
novità “formale” che di sostanza. Esistono modelli e procedure che vengono
predisposti dalle società e devono essere approvati da un istituto di formazione
(Isfol).
In pratica diventano dei moduli che vengono predisposti e approvati, ma che
poi non incidono più di tanto nella vita aziendale; se così accadesse anche per
la Market Abuse la novità potrebbe risultare indolore. In realtà ad una lettura
più attenta la vicenda appare assai diversa.
La norma infatti detta per le società l’obbligo di:
•
•
Istituzione di organi di controllo dotati di autonomo potere d’iniziativa.
Approntamento di specifici protocolli diretti a programmare la
formazione del personale e l’attuazione delle procedure.
• Individuazione delle modalità e delle risorse finanziarie idonee a
prevenire l’attuazione di reati
• Adozione di un efficace sistema di veicolazione delle informazioni
all’interno alla società.
• Introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare seriamente
il mancato rispetto dei comportamenti.
Come si vede si tratta di impegni molto gravosi per le società, in particolare
per quelle di minori dimensioni. La mia impressione è che gli intermediari non
si siano ancora resi conto dei rischi che potrebbero correre...
34
Su tutti questi elementi che sono davvero importanti bisognerà lavorare
insieme all’Autorità di Vigilanza per capire meglio cosa si deve e cosa si può e
si potrà fare.
3. Safe Harbours
Un altro elemento di novità che riveste una certa importanza per il nostro
ordinamento è l’introduzione dei cosiddetti “safe harbours” , cioè di tipologie
di operazioni che non rientrano nei casi di manipolazione del mercato.
Una componente importante dei “safe harbours” è rappresentata dalle
operazioni di stabilizzazione, cioè di quel tipo di operatività che viene posta in
essere, ad esempio, in seguito al collocamento di un titolo in Borsa. In pratica,
in occasione di una nuova quotazione in Borsa, si cerca di stabilizzare il prezzo
del titolo in modo che non salga e non scenda troppo nei giorni
immediatamente successivi al collocamento. Ciò viene fatto in modo esplicito,
comprando sul mercato nel caso di titoli che tendono a scendere troppo ed
esercitando la cosiddetta green-shoe nel caso di quelli che evidenziano la
tendenza ad un rialzo eccessivo.
Finora in Italia la prassi relativa alla stabilizzazione era piuttosto farraginosa
e presentava diverse ambiguità su come fosse corretto operare.
Ora la Consob ha opportunamente introdotto un regolamento di tipo
transitorio, in attesa del recepimento definitivo della Direttiva. Su alcuni punti,
che sono quelli affrontati dalla Direttiva stessa, il regolamento chiarisce meglio
le cose che si possono fare e come farle.
Due punti in particolare vanno sottolineati:
1
In precedenza, per sostenere il prezzo, chi faceva stabilizzazione era
autorizzato a comprare sul mercato una certa quantità di titoli ma solo se in
controtendenza rispetto al giorno precedente. In altri termini, se il prezzo
risultava superiore a quello del giorno precedente non si poteva acquistare i
titoli, anche se tale prezzo era ancora inferiore a quello di emissione.
Questa pratica è stata ora sostituita da una norma più semplice che
autorizza ad operare a fini di stabilizzazione fino a quando il prezzo di
mercato raggiunge quello a cui il titolo è stato collocato.
2 Un secondo punto è che gli intermediari, soprattutto quelli più grandi,
fanno contemporaneamente mestieri diversi ed è perciò abbastanza
probabile che si trovino ad operare su un certo titolo non solo per l’attività
di stabilizzazione.
In passato c’era il divieto assoluto di operare in conto proprio per motivi
diversi da quello della stabilizzazione, penalizzando così le altre attività
dell’intermediario. Oggi non c’è più un divieto assoluto ma occorre raccogliere
e fornire all’Autorità tutti i dati in modo che si possano fare le opportune
verifiche nel caso si verifichino casi sospetti.
35
Si tratta di un passaggio significativo che rappresenta sicuramente una
novità positiva.
4. Denuncia delle operazioni sospette
Tra gli aspetti della nuova Direttiva più dolenti per gli intermediari vi è
l’obbligo di denuncia delle operazioni sospette effettuate da un cliente o da una
controparte.
Attualmente la Consob analizza eventuali anomalie di mercato (anche)
attraverso modelli interni; chiaramente però questi non sono sufficienti quando
si tratta di casi che possono avere conseguenze importanti anche di natura
penale.
E’ evidente perciò come la segnalazione da parte dell’intermediario di
operazioni sospette possa costituire un elemento importante e possa favorire un
miglior controllo del mercato.
L’obbligo di denuncia tuttavia mette in difficoltà gli intermediari nei
confronti dei clienti e, soprattutto, può dar luogo a difficoltà oggettive, in
quanto non necessariamente l’intermediario dispone di dati sufficienti avendo
spesso solo una visione parziale dell’operatività del cliente, al contrario della
Consob.
Infatti esistono intermediari specializzati: chi fa raccolta ordini conosce e sa
cosa fa il cliente, mentre chi fa la negoziazione conosce e vede il mercato. Non
necessariamente le due informazioni sono disponibili all’intermediario
simultaneamente come sarebbe invece necessario per valutare (e denunciare) i
casi di insider trading o di manipolazione.
Si tratta di una responsabilità importante per l’applicazione della quale ci
vorrà una notevole dose di buon senso; infatti le incertezze sono molte e il
rischio di trovarsi in situazioni spiacevoli, non avendo riportato operazioni
sospette perché non si è in grado di valutarle come tali, è elevato. Siamo
dunque di fronte ad un punto delicatissimo sul quale la Consob nella fase di
recepimento sarà chiamata a fare chiarezza.
Il testo del CESR attualmente disponibile solleva qualche perplessità in
quanto, per giudicare, occorrono dati certi, ad esempio sulle soglie minime
dimensionali in base alle quali valutare le operazioni. Invece, le espressioni che
il CESR usa per l’identificazione dei casi sono troppo vaghe ed è evidente che
l’obbligo di denunciare qualcuno è un fatto troppo delicato per essere trattato
con leggerezza.
36
5. Analisi e Studi
La Direttiva si propone di affrontare il problema della diffusione di notizie
false o tendenziose; in questo contesto il tema degli studi prodotti dagli analisti
finanziari è centrale.
Proprio per evitare tale rischio da qualche tempo, in Italia, è stata fatta la
scelta di costringere gli intermediari a rendere disponibile a tutti le proprie
analisi; ciò tuttavia li penalizza eccessivamente dal punto di vista commerciale.
Infatti l’investitore istituzionale sceglie un intermediario piuttosto che un altro
non tanto per la capacità di esecuzione che, in pratica, è simile per tutti gli
operatori di una certa dimensione presenti sul mercato. Viceversa l’investitore
seleziona l’intermediario in base alla capacità di proporre idee e, quindi, di fare
ricerca.
La ricerca è perciò l’elemento determinante e discriminante nella scelta del
broker. Il fatto che gli intermediari italiani siano obbligati a rendere pubbliche
attraverso il sito della Borsa le proprie ricerche, che rappresentano in fondo il
loro patrimonio, costituisce un’evidente penalizzazione dal punto di vista
commerciale, in un settore in cui la concorrenza è molto forte, rispetto agli
operatori esteri che non sono soggetti agli stessi obblighi.
Il fatto che la Direttiva non tratti in alcun modo dell’obbligo di diffondere
gli studi al pubblico è quindi un elemento molto positivo perché dovrebbe
portare all’eliminazione anche in Italia di tale onere, cancellando così lo
svantaggio competitivo.
6. Conflitti d’interesse
I conflitti d’interesse sono oggettivamente ineliminabili ed è difficile
immaginare che si possa ottenere una vera separatezza fra i diversi comparti
operativi di un banca d’investimento (i cosiddetti “Chinese walls”).
L’unica soluzione a mio avviso è quella di rendere opportunamente pubblica
la presenza di eventuali conflitti di interesse.
Da questo punto di vista i “disclaimer”, cioè le avvertenze poste all’inizio
degli studi, sono fondamentali ed i criteri in base ai quali essi andranno redatti
sarà un punto di discussione importante nella fase di recepimento della
Direttiva. Ad esempio occorrerà valutare come trattare i casi dei gruppi bancari
che fanno sia credito che attività di investimento. Infatti per erogare il credito la
banca deve, per definizione, disporre di informazioni privilegiate. Il punto è
valutare se l’analista finanziario che opera per la stessa banca dispone o meno
di tali informazioni.
Nella Direttiva si cerca di definire i possibili conflitti d’interesse anche
attraverso alcuni indicatori quantitativi. E’ interessante notare che sono indicati
37
degli aspetti quantitativi tipici del modello anglosassone che dovranno essere
adattati al caso italiano.
Giova sottolineare che, quando si parla di analisi finanziarie, si pensa in
genere al classico studio cartaceo di diverse pagine. In realtà la vera diffusione
delle informazioni non avviene attraverso gli studi: il percorso è molto più
breve e a volte si limita alle sole telefonate o a delle e-mail. In questi casi il
controllo è molto più difficile ed i casi ambigui aumentano sensibilmente.
7. Speculazione e Manipolazione: una differenza sottile
Ciò mi porta a considerare un punto più generale in tema di Market
manipulation e cioè la difficile distinzione, nell’ambito dell’attività di trading,
fra la manipolazione di mercato e la speculazione.
Occorre sottolineare che la speculazione non è negativa in sé ma anzi
rappresenta una componente fondamentale del mercato ed aiuta a renderlo più
efficiente.
Se in un mercato non c’è speculazione, non c’è interesse, e, alla fine, non
c’è liquidità; bisogna perciò stare attenti a non ingessare il mercato
penalizzando eccessivamente l’attività speculativa.
Il problema però è che, esaminando giorno per giorno l’attività sul mercato,
ci si trova spesso di fronte a casi ambigui in cui è veramente difficile
distinguere le due situazioni. Il fatto stesso che sul mercato operino società che,
per dimensione e per dotazione di capitali, godono di una posizione molto più
forte rispetto ad altri potrebbe costituire di per sé una sorta di manipolazione. Il
punto è come si può valutare in pratica se viene fatto abuso di tale posizione,
forzando l’andamento del mercato in una direzione piuttosto che nell’altra.
L’analisi di alcuni esempi è utile per capire come possa essere difficile
valutare se certe operazioni rappresentano casi di manipolazione o di
speculazione.
Il “caso Citigroup”:
Lo scorso mese di agosto si è verificato un caso increscioso sul mercato
telematico dei titoli di stato europei. Uno fra i principali operatori (Citigroup)
ha infatti operato sul mercato con importi estremamente rilevanti ottenendo un
profitto significativo ma provocando una fluttuazione dei prezzi del tutto
anomala.
Citigroup ha improvvisamente riversato sul mercato una quantità molto
ingente di alcuni titoli di stato europei. Il Mercato (MTS) è stato in grado di
assorbirli grazie alla propria liquidità ed al fatto che l’ordine era ripartito fra
più titoli. In seguito all’assorbimento dell’ordine, tuttavia, i market makers
hanno dovuto rapidamente coprirsi vendendo il contratto future. Si è generato
38
quindi un enorme flusso di vendita su uno strumento unico e, anche per questo,
meno liquido; ciò ha provocato un brusco e del tutto inatteso calo del prezzo.
Di conseguenza, per ragioni di arbitraggio, sono successivamente scesi anche i
prezzi dei singoli titoli che compongono l’indice e Citigroup è stata così in
grado di riacquistare i “bonds” venduti in precedenza lucrando la (cospicua)
differenza di prezzo. Si è trattato di un tipico caso di “squeeze”, che è uno tra
quelli esplicitamente previsti dall’elenco del CESR; pertanto si può ritenere
che, ove la Direttiva fosse stata già in vigore, ci sarebbero state tutte le
premesse per sanzionare l’operatore a fronte di un’attività di manipolazione.
In realtà Citigroup ribatte di non aver violato alcuna norma, dicendo di
essere stata semplicemente più abile degli altri a sfruttare una situazione di
disequilibrio di liquidità fra due mercati (MTS e future) la cui esistenza era
potenzialmente nota a tutti. Inoltre, la banca afferma che la notevole
dimensione dell’ordine era dovuta semplicemente alla grandezza del proprio
portafoglio, cosa che non può certo essere giudicata negativamente.
A di là di altri aspetti che andranno considerati, l’esempio può servire a
chiarire come anche casi apparentemente evidenti possono essere difficili da
valutare.
Ora sulla questione dovranno pronunciarsi le diverse Magistrature
interessate e quella tedesca sembra aver già dato ragione a Citigroup.
Un secondo caso, più banale, è rappresentato dal grafico allegato che mostra
come, qualche giorno fa, il titolo Generali abbia subito una forte flessione
“intra-day”. Tale flessione non sembra essere stata giustificata da particolari
notizie di tipo fondamentale ma piuttosto da motivi tecnici.
Infatti, i traders, in particolare quelli con orizzonte di brevissimo termine,
operano sulla base dell’analisi grafica – la cosidetta analisi tecnica – che è fatta
da un insieme di regole ben precise. Una di queste regole dice che se il prezzo
di un titolo supera – o, come si usa dire, rompe – il livello minimo del giorno,
subisce poi una forte accelerazione nella discesa.
E’ chiaro perciò che, se e quando il prezzo si avvicina a tale livello, si
verificano tutta una serie di operazioni dettate dalla paura oppure dalla
speranza che questo succeda, o magari dalla volontà di farlo succedere...
Casi di questo genere sono molto frequenti e per lo più hanno a che fare con
la speculazione perché non vi è affatto la certezza del risultato (se il prezzo non
rompe il minimo della giornata potrebbe esserci un “rimbalzo tecnico”...).
Tuttavia non si può escludere che, soprattutto nel caso di titoli poco liquidi, si
voglia e si possa provocare un movimento che verrà poi alimentato dagli altri
traders che seguono le stesse “regole”.
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Si tratta comunque di manipolazioni di scarsa entità e piuttosto difficili da
individuare ma che, nell’ambito dell’illecito amministrativo, potrebbero trovare
un rapporto più equilibrato fra infrazione e punizione.
Infine, un altro caso, per certi aspetti simile è dato dai cosiddetti prodotti
strutturati. Si tratta di obbligazioni che offrono un modesto rendimento
garantito, rendimento che però aumenta sensibilmente al verificarsi di
particolari circostanze, ad esempio al raggiungimento di un certo prezzo – la
cosiddetta barriera – dell’indice di borsa o di un qualche titolo azionario.
Di nuovo è evidente come, all’approssimarsi della barriera, la banca che ha
emesso il titolo abbia una speranza del tutto opposta a quella che dovrebbe
avere il risparmiatore che lo ha acquistato (se ne fosse davvero informato...).
In questo caso il rischio ed il potenziale danno derivante dall’eventuale
manipolazione può essere superiore, ma il concetto è più o meno lo stesso di
quello dell’esempio precedente. Non è affatto detto però che se un banca
decide di comperare (o vendere) quell’indice o quel titolo lo faccia per fargli
superare la barriera; ci possono essere tante altre motivazioni legate
all’operatività del tutto lecite a cominciare dal banalissimo “ritenevo che il
titolo salisse (o scendesse)”.
Il problema è che è molto difficile capirlo sulla base di dati oggettivi e senza
conoscere le reali intenzioni dell’operatore. Occorre tanta esperienza e la
Consob ha certamente dimostrato di averne, a giudicare dal numero di
segnalazioni fatte all’Autorità Giudiziaria. Tuttavia l’esperienza potrebbe non
bastare; la nuova Direttiva consentirà di affrontare un maggiore numero di casi,
magari più complessi. E, con l’aumento del numero e dei casi, aumenterà anche
il rischio di errore.
E’ auspicabile che vi sia un confronto sempre aperto su queste tematiche in
quanto c’è il rischio che il mercato si ingessi a causa di un sistema
sanzionatorio troppo punitivo.
La regola del buon senso è la soluzione prospettata e la più ragionevole da
praticare.
40
Il recepimento della direttiva market
abuse: gli effetti sulle società quotate3
Nicoletta Pollio – ASSONIME
1. Introduzione
La disciplina comunitaria sugli abusi di mercato costituisce il primo
esempio di attuazione della procedura Lamfalussy4: alla direttiva (di primo
livello) sugli abusi di mercato (2003/6/CE, di seguito la “Direttiva”), si
affiancano, al secondo livello, le direttive della Commissione Europea nn.
2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE e il regolamento della Commissione
n. 2273/2003/CE.5 Di recente sono poi stati pubblicati dal Cesr – nell’ambito
3
Il presente lavoro riporta la sintesi dell’intervento al convegno organizzato dal
Formez in data 18 marzo 2005, opportunamente modificata per tener conto
dell’adozione della legge comunitaria 2004 (l. 18 aprile 2005, n. 62, pubblicata in
Gazzetta Ufficiale n. 96 del 27 aprile 2005 ed entrata in vigore il 12 maggio 2005).
4
Gli atti di regolazione comunitari adottati secondo questa procedura, come è noto,
si strutturano secondo quattro livelli e, cioè, direttive contenenti principi quadro (I
livello), misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea nell’ambito delle
competenze di esecuzione ad essa conferite dalle direttive di primo livello (II livello),
cooperazione tra autorità di regolazione (III livello) e vigilanza sull’applicazione della
normativa (IV livello). L’adeguamento del processo legislativo in materia di servizi e
mercati finanziari era stato auspicato nel «Piano di azione per i servizi finanziari»,
COM (1998) 625 del 28 ottobre 1998, cui ha fatto seguito il rapporto Lamfalussy, del
15 febbraio 2001, elaborato da un comitato di esperti su mandato del Consiglio
ECOFIN del 17 luglio 2000.
5
In particolare, la direttiva della Commissione n. 2003/124/CE riguarda la
definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la
definizione di manipolazione del mercato, la direttiva n. 2003/125/CE concerne la
corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e la comunicazione al
pubblico dei conflitti di interesse e la direttiva n. 2004/72/CE si occupa di prassi di
mercato ammesse, definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti
derivati su merci, istituzione dei registri degli insiders, notifica delle operazioni di
insider dealing e segnalazione di operazioni sospette. Il Regolamento della
Commissione n. 2273/2003/CE detta le condizioni necessarie affinché i programmi di
41
del terzo livello – gli standard comuni per le autorità di vigilanza per la
coerente applicazione della Direttiva.
Come dimostra il processo di recepimento della normativa sugli abusi di
mercato negli Stati membri, un effetto rilevante della procedura Lamfalussy
consiste nella progressiva limitazione del potere regolamentare delle autorità
nazionali. Al contempo, peraltro, tutte le recenti direttive sui servizi finanziari
dotano tali autorità di maggiori poteri istruttori e di una più ampia competenza
in materia di vigilanza informativa.
Un’indicazione importante per il corretto recepimento negli Stati membri è
fornita dall’art. 11 della Direttiva, ai sensi del quale gli Stati membri devono
stabilire efficaci meccanismi e procedure di consultazione con i partecipanti al
mercato concernenti eventuali modifiche nella legislazione nazionale, ivi
inclusi eventuali comitati consultivi, rappresentativi degli interessi di emittenti,
intermediari o consumatori, presso le autorità competenti. Sarebbe altresì
auspicabile e nell’interesse del mercato che il Cesr o la Commissione europea
pubblicassero o rendessero accessibile tutta la normativa attuativa delle misure
comunitarie adottata nei vari Stati membri.
In Italia la Direttiva e le relative misure di attuazione (direttive della
Commissione Europea nn. 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE) sono
state recepite direttamente (senza delega al Governo) nell’art. 9 della legge
comunitaria 2004 (l. 18 aprile 2005, n. 62). Il regolamento della Commissione
n. 2273/2003/CE – in materia di programmi di riacquisto di azioni proprie e
operazioni di stabilizzazione – per sua natura è direttamente applicabile negli
Stati membri ed è in vigore dal 12 ottobre 2004 (termine per l’attuazione della
Direttiva).
Il recepimento della normativa sugli abusi di mercato ha effetti rilevanti sul
mercato finanziario italiano. In particolare risulta modificata la disciplina del
Testo Unico della Finanza (d.lgs. 58/98, di seguito “Tuf”) in materia di
intermediari, emittenti, poteri della Consob e sanzioni. La concreta efficacia
delle nuove disposizioni è peraltro rinviata, in molti casi, alla regolamentazione
attuativa della Consob.6
Si fornisce di seguito una prima lettura delle principali modifiche e
integrazioni apportate agli obblighi informativi degli emittenti dal nuovo testo
degli artt. 114 ss. Tuf, come modificati ed integrati dall’art. 9 della legge
Comunitaria.
riacquisto di azioni proprie e le operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari
possano beneficiare delle deroghe alla disciplina degli abusi di mercato.
6
Nel testo del nuovo art. 114 Tuf, ben cinque commi prevedono una delega
regolamentare alla Consob (cfr. i commi 1, 3, 5, 7 e 9). Si vedano altresì le deleghe
previste negli artt. 115-bis, 132, comma 1, 183, 187-ter,comma 7.
42
2. Gli obblighi di comunicazione al mercato: l’ambito
oggettivo
La Direttiva impone agli Stati membri di far sì che gli emittenti
comunichino al pubblico, al più presto possibile, le informazioni privilegiate
che riguardino direttamente detti emittenti (art. 6, co. 1). La comunicazione
tempestiva di tali informazioni è infatti ritenuta essenziale per prevenire il
pericolo di abusi di mercato.
La previsione comunitaria può avere conseguenze rilevanti sull’attuale
normativa italiana in materia di obblighi di comunicazione: con il nuovo
comma 1 dell’art. 114 Tuf, infatti, l’obbligo informativo in materia di price
sensitive information risulta modificato in relazione all’oggetto e dal fatto
rilevante,7 previsto dall’attuale testo, si passa all’informazione privilegiata.
Quest’ultima nozione, prevista dall’art. 181 Tuf, viene quindi posta alla base
sia degli accennati obblighi di comunicazione al mercato sia di alcune
fattispecie di abuso di mercato.
Il riferimento all’informazione privilegiata potrebbe comportare un anticipo
temporale rispetto agli attuali obblighi di comunicazione ex art. 114, co. 1 Tuf
che, come noto, sorgono solo in presenza di un fatto inteso come evento della
realtà oggettivamente venuto ad esistenza. Una conferma in tal senso si ha nella
relazione della Commissione Europea alla proposta di direttiva sugli abusi di
mercato che, in sede di illustrazione del proposto art. 6, precisava che anche le
“discussioni su una potenziale offerta al pubblico di acquisizione” possono
essere considerate informazioni privilegiate da comunicare al mercato.
Sul punto Assonime, già in sede di commenti alla proposta di direttiva,
aveva segnalato la necessità di circoscrivere gli obblighi di comunicazione ai
soli fatti o eventi già verificati nonché ai fatti che abbiano una ragionevole
probabilità di realizzarsi qualora, in quest’ultimo caso, l’emittente non sia in
grado di mantenerne la riservatezza. In questo modo si sarebbe chiarita
l’esclusione dagli obblighi di comunicazione di fattispecie, quali le trattative
negoziali o lo studio di progetti di acquisizione, che si trovano ancora in una
fase embrionale e la cui comunicazione al mercato potrebbe non contribuire
all’efficienza informativa.
7
Il concetto di fatto rilevante era, da ultimo, previsto nell’art. 68 della direttiva
2001/34/CE, ai sensi del quale la società con azioni quotate deve informare il pubblico
dei soli “fatti nuovi importanti che si sono verificati nella sua sfera di attività, che non
sono di dominio pubblico, ma che possono, data la loro incidenza sulla situazione
patrimoniale o finanziaria o sull’andamento generale degli affari della società,
provocare un’importante variazione del corso delle sue azioni”. Il citato art. 6,
paragrafo 1 della direttiva 2001/34/CE, insieme all’art. 81, paragrafo 1 (riguardante gli
emittenti obbligazioni quotate), sono stati esplicitamente abrogati dalla Direttiva sugli
abusi di mercato (art. 20).
43
Peraltro, la direttiva di secondo livello 2003/124/CE specifica, all’art. 2, co.
2, che gli obblighi che qui interessano sono adempiuti quando “al verificarsi di
un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non ancora formalizzati,
gli emittenti abbiano informato senza indugio il pubblico”. Si potrebbe
interpretare la disposizione ora richiamata nel senso che quest’ultima conceda
di ritardare la comunicazione sino al momento del “verificarsi” del fatto
rilevante; tuttavia rimane da chiarire l’implicazione dell’espressione “non
ancora formalizzati”.8
Rispetto al precedente testo dell’art. 114 Tuf, scompare anche la
delimitazione dell’obbligo di informativa ai fatti che rientrino nella “sfera
d’attività” dell’emittente (o delle controllate): oggetto dell’obbligo saranno le
informazioni che riguardano “direttamente” l’emittente eventualmente anche se
non siano generate all’interno della sfera d’attività di quest’ultimo. Da questa
lettura potrebbe conseguire un’estensione dell’obbligo anche ad informazioni
non facilmente controllabili dall’emittente.
Si auspica che la Consob, nell’esercizio del potere di stabilire con
regolamento le modalità e i termini di comunicazione delle informazioni ex art.
114, co. 1, fornisca chiarimenti, tanto più ove si consideri che l’aver diffuso
notizie su eventi in corso di realizzazione e che, successivamente alla
comunicazione, non siano venuti ad esistenza potrebbe rilevare ai fini di
un’eventuale responsabilità per manipolazione derivante da diffusione di
informazioni “fuorvianti” (cfr. art. 187-ter Tuf).
3. L’ambito soggettivo
Gli obblighi di comunicazione delle informazioni privilegiate continueranno
a gravare, come accade oggi, sugli emittenti quotati e sui soggetti che li
controllano, sebbene la Direttiva non prenda espressamente in considerazione
questi ultimi.
Per emittente quotato si intende, come noto, i soggetti italiani o esteri che
emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati italiani (art. 1,
co. 1, lett. w Tuf). La nozione di controllo, invece, si ricava dall’art. 93 Tuf.
Il nuovo comma 12 dell’art. 114 Tuf estende gli obblighi di comunicazione
anche ai soggetti italiani ed esteri che emettono strumenti finanziari per i quali
sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni nei mercati
regolamentati italiani. La disposizione è conforme all’art. 9 della Direttiva, ove
è altresì previsto che gli obblighi in parola non si applichino agli emittenti che
non abbiano chiesto o approvato l’ammissione dei loro strumenti alla
8
Cfr. le osservazioni di Consob nel recente documento di consultazione sulle
proposte di modifica ai Regolamenti Emittenti e Mercati per tener conto del
recepimento della Direttiva sugli abusi di mercato (maggio 2005).
44
negoziazione su un mercato regolamentato in uno Stato membro (c.d.
ammissione senza consenso).
Come oggi, sono soggetti agli obblighi informativi anche gli emittenti
strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, come individuati
dalla Consob, da ultimo, con la delibera n. 14372 del 23 dicembre 2003.
4. Doveri di riservatezza e ritardo nella comunicazione
La comunicazione tempestiva dell’informazione privilegiata, si è visto, è
volta a prevenire gli abusi di mercato. Ove tuttavia l’emittente sia in grado di
garantire la riservatezza di tale informazione, la Direttiva consente di ritardarne
la comunicazione in presenza di alcune condizioni. In particolare, l’emittente
può ritardare la comunicazione sotto la propria responsabilità, al fine di non
pregiudicare i propri interessi legittimi e sempre che il pubblico non possa
risultarne fuorviato e, come accennato, sia assicurata la riservatezza delle
informazioni (art. 6, co. 2).
Conseguentemente, la disciplina italiana del ritardo nella comunicazione
subisce sostanziali modifiche rispetto ad oggi.9
All’attuale procedura di reclamo ex art. 114, co. 4 Tuf, in base alla quale, su
istanza dell’emittente che lamentava un pericolo di grave danno, la Consob
poteva escludere, limitare o ritardare l’obbligo di comunicazione (sempre che
ciò non potesse indurre in errore il pubblico), si sostituisce un regime che
sancisce la piena responsabilità dell’emittente per la scelta di ritardare la
comunicazione di informazioni privilegiate (cfr. art. 114, co. 3), senza la
possibilità, per quest’ultimo, di richiedere un’autorizzazione all’autorità di
vigilanza. La facoltà di ritardo è espressamente esclusa laddove essa possa
indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali ed è comunque
condizionata al rispetto di obblighi di riservatezza sulle notizie non
comunicate.
Rispetto al testo della Direttiva, la norma italiana non condiziona la facoltà
del ritardo alla finalità di non
pregiudicare i legittimi interessi.10
Un’indicazione in tal senso potrà venire dalla Consob la quale, ai sensi dell’art.
114, co. 3, è tenuta ad individuare con regolamento le ipotesi e le condizioni
9
La procedura di reclamo come oggi prevista sopravvive nelle ipotesi in cui
l’emittente si opponga alla comunicazione di notizie e documenti – diversi
dall’informazione privilegiata – che la Consob abbia richiesto, anche in via generale, ai
sensi dell’art. 114, co. 5 (cfr. art. 114, co. 6).
10
Si noti che anche il riferimento al “grave danno” contenuto nella precedente
versione dell’art. 114, co. 4 era diverso rispetto al testo dell’art. 68, co. 1 della Direttiva
2001/34/CE (abrogato dalla Direttiva sugli abusi di mercato), che subordinava la
facoltà di ritardo alla sussistenza di un “pregiudizio agli interessi legittimi”.
45
del ritardo. In tale sede regolamentare la Commissione potrebbe, quindi,
inserire un riferimento ai legittimi interessi come presupposto del ritardo. Ove
intendesse, poi, elencare ipotesi di legittimi interessi, potrà avere riguardo alla
direttiva di secondo livello 2003/124/CE che specifica un elenco non esaustivo
di circostanze cui possono riferirsi gli interessi legittimi presupposto del ritardo
nella comunicazione. Si tratta, nello specifico, delle negoziazioni in corso,
nell’evenienza in cui la comunicazione possa comprometterne l’esito, e delle
decisioni adottate o dei contratti conclusi dall’organo direttivo di un emittente,
la cui efficacia sia subordinata all’approvazione di un altro organo sociale, a
condizione che la comunicazione al pubblico dell’informazione prima
dell’approvazione, combinata con il simultaneo annuncio che l’approvazione è
ancora in corso, possa compromettere la corretta valutazione dell’informazione
da parte del pubblico.
Avvalendosi dell’opzione prevista dalla Direttiva (art. 6, co. 2), il nuovo art.
114, co. 3 prevede che la Consob possa stabilire che l’emittente la informi,
senza indugio, della decisione di ritardare la divulgazione al pubblico di
informazioni privilegiate e possa individuare le misure necessarie a garantire
che il pubblico sia correttamente informato. L’autorità di vigilanza è qui
chiamata al delicato compito di decidere se essere informata o meno del
ritardo, e tale decisione è complicata dal fatto che non emerge chiaramente, dal
testo della norma, se la Consob debba essere informata della notizia, completa
di tutti gli elementi essenziali, che si intende ritardare ovvero se sia sufficiente
comunicare la generica “decisione” di ritardare una (non meglio specificata)
notizia. In quest’ultimo caso, particolarmente arduo appare individuare “le
misure necessarie a garantire che il pubblico sia correttamente informato”,
presupponendo, queste, che la notizia sia in qualche modo processata
all’interno della Commissione.11
5. Misure preventive
Si è visto che la gestione dell’informazione privilegiata impone agli
emittenti di assicurarne la riservatezza e, conseguentemente, controllare
l’accesso a tali informazioni. A tal fine, la direttiva di secondo livello 2003/124
impone l’adozione di meccanismi efficaci per impedire l’accesso alle persone
non autorizzate e l’obbligo di adottare misure necessarie affinché le persone
11
Nel recente documento di consultazione sulle proposte di modifica ai
Regolamenti Emittenti e Mercati, la Consob propende per la soluzione di essere
informata del ritardo nonché di tutte le circostanze connesse. La stessa Consob
specifica, peraltro, che la comunicazione dovrà avvenire solo nei casi in cui si verifichi
un effettivo ritardo, che potrà maturare solo a partire dal momento in cui si sia
verificato un complesso di circostanze o un evento rilevante ai sensi dell’art. 114 Tuf e
in tal senso dovrebbe costituire un “evento sporadico, la cui frequenza potrebbe
risultare equivalente a quella riscontrata nel vigore della precedente disciplina”.
46
che abbiano accesso a tali informazioni riconoscano i doveri giuridici che ne
derivino e siano a conoscenza delle possibili sanzioni. Nel caso in cui non siano
in grado di assicurare la riservatezza, gli emittenti devono comunicare
immediatamente al pubblico l’informazione privilegiata (art. 3, co. 2).
Per il corretto adempimento degli obblighi di comunicazione e dei doveri di
riservatezza volti a prevenire gli abusi di mercato, la Direttiva impone
specifiche “misure preventive” contro gli abusi, quali gli obblighi di
comunicazione delle operazioni poste in essere da persone rilevanti (c.d.
internal dealing) e i registri degli insiders. Queste misure sono state attuate,
in Italia, nel comma 7 dell’art. 114 e nell’art. 115-bis Tuf.
Quanto all’internal dealing, la ratio della normativa è quella di diffondere
informazioni utili, in quanto aventi valore segnaletico, per i partecipanti al
mercato che potranno, così, valutare le stime dei managers sulle prospettive
della società. Nel presupposto che si tratti di operazioni lecite (altrimenti si
rientrerebbe nella diversa ipotesi di abuso di mercato), la conoscenza di tali
operazioni può costituire, altresì, un mezzo a disposizione delle autorità
competenti per vigilare sul mercato e, in questo senso, essa costituirebbe una
misura preventiva contro gli abusi di mercato (considerando 7, direttiva
2004/72/CE).
In Italia, la disciplina degli obblighi di comunicazione delle operazioni
poste in essere da persone rilevanti sino ad oggi trovava la propria fonte, di
natura contrattuale, nel Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa
Italiana S.p.A. e nelle relative Istruzioni.
Ai sensi della nuova norma di cui al comma 7 dell’art. 114 Tuf, devono
essere comunicate alla Consob le operazioni aventi ad oggetto azioni emesse
dall’emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati effettuate, anche per
interposta persona da soggetti rilevanti, tra i quali rientrano i soggetti che
svolgono funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un
emittente quotato, i dirigenti che abbiano regolare accesso alle informazioni
privilegiate, chiunque controlli l’emittente quotato o ne detenga azioni in
misura almeno pari al 10% (quest’ultima ipotesi è assente nel testo
comunitario). Nel recepimento della Direttiva si è esteso l’obbligo di
segnalazione anche ad una serie di soggetti “strettamente legati” a quelli già
citati (stretti familiari) – laddove la Direttiva lasciava un’opzione in tal senso
(cfr. art. 6, co. 4, ove l’obbligo si applica “se del caso” alle persone
strettamente legate) – nonché negli altri casi individuati dalla Consob con
regolamento, in attuazione della direttiva 2004/72/CE.
La norma affida inoltre alla Consob di individuare, con regolamento, i casi
in cui gli obblighi si applicano anche con riferimento “ad ogni altro ente nel
quale i soggetti sopra indicati svolgono le funzioni” di amministrazione, di
controllo o di direzione. Nell’individuare tali soggetti occorrerà verosimilmente
47
guardare all’effettivo potere di influenzare le decisioni di investimento
dell’ente, perché solo in tal modo il mercato riceverà un’informazione di valore
segnaletico analogo al caso in cui la persona rilevante abbia operato
direttamente.12 Con lo stesso regolamento, la Consob individuerà le operazioni,
le modalità e i termini per la comunicazione alla stessa autorità, nonché
modalità e termini (anche differenti) per la diffusione al pubblico.
La soglia minima di rilevanza per il dovere di comunicazione è già fissata
nella normativa comunitaria (art 6, dir. 2004/72/CE) in cinquemila euro su base
annua (limite da calcolarsi sommando le operazioni compiute dai soggetti
aventi responsabilità di direzione con quelle effettuate dalle persone ad essi
strettamente legate). Nel caso in cui tale limite non sia oltrepassato, lo Stato
membro potrà decidere di non richiedere alcuna notifica o, alternativamente, di
permetterne il rinvio al 31 gennaio dell’anno successivo.13
Come accennato, un’altra misura preventiva contro gli abusi di mercato
riguarda l’obbligo di istituire e aggiornare i registri delle persone che hanno
accesso ad informazioni privilegiate, previsto all’art. 6, co. 3 della Direttiva.
Siffatta misura può infatti consentire agli emittenti di controllare il flusso delle
informazioni privilegiate e gestire, in tal modo, gli obblighi di riservatezza
(considerando 6 della direttiva 2004/72). Resta inteso che l’accesso alle
informazioni privilegiate da parte delle persone iscritte nel registro non esenta
tali persone dall’astenersi dall’abuso di informazioni privilegiate.
La direttiva di secondo livello n. 2004/72 specifica che l’emittente abbia
l’obbligo di istituire un unico registro – da aggiornarsi regolarmente – che
includa tutti coloro che abbiano accesso, sia su base regolare che occasionale, a
informazioni privilegiate: è così superato l’iniziale dubbio del Cesr
sull’opportunità di istituire più registri distinti a seconda delle informazioni
privilegiate.
Il nuovo art. 115-bis Tuf introduce in Italia, conseguentemente, un obbligo
di istituire i registri e lo estende, rispetto alla previsione comunitaria, anche ai
soggetti in rapporto di controllo con gli emittenti quotati (o a coloro che
agiscono in loro nome o per loro conto). Non sfugge che la previsione potrà
rivelarsi di particolare rilievo per le società a controllo statale, relativamente
12
Cfr. il “Feedback Statement” del Cesr (Ref: CESR/03-213b), paragrafo 85.
L’attuale regolamentazione di Borsa Italiana prevede soglie maggiori, nel
presupposto che soltanto transazioni rilevanti possano assumere il valore segnaletico
che costituisce la ratio della disciplina. Si contempla, infatti, la trasmissione
dell’informativa trimestrale allorché l’importo cumulativo delle operazioni sia
superiore a 50.000 € e l’informativa immediata in caso di operazioni che, anche
cumulativamente, superino l’ammontare di 250.000 € (cfr. gli artt. 2.6.3 e ss. e
IA.2.16.1 rispettivamente del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa
Italiana S.p.A. e delle relative Istruzioni).
13
48
alle quali occorrerà valutare con attenzione le modalità di istituzione dei
registri da parte del controllante.
L’informazione da includere nel registro ai sensi della normativa italiana è
quella che riguarda “direttamente” l’emittente mentre nella direttiva di secondo
livello n. 2004/72 si fa riferimento anche all’informazione che tale emittente
riguardi in maniera indiretta.
Anche in questo caso la disciplina attuativa sarà dettata dalla Consob.
6. Violazione degli obblighi e sanzioni
Il mancato rispetto degli obblighi descritti, in materia di comunicazioni al
mercato, riservatezza e misure preventive, è sanzionato in via amministrativa
con sanzioni pecuniarie il cui importo massimo è stato aumentato in misura
rilevante rispetto alle originarie previsioni dell’art. 193 Tuf.14
I poteri istruttori della Consob risultano rafforzati dal rinvio, nell’art. 115,
co. 1, c-bis) all’art. 187-octies: l’autorità di vigilanza potrà, infatti, nei
confronti di chiunque possa essere informato sui fatti, richiedere notizie,
documenti, registrazioni telefoniche, procedere ad audizione personale ed
ispezioni, procedere al sequestro dei beni che possono formare oggetto di
confisca e a perquisizioni (previa autorizzazione del procuratore della
Repubblica nei casi previsti al comma 5 dell’art. 187-octies). La sfera di
persone soggette al potere di vigilanza della Consob risulta quindi ampliata,
basti pensare alle persone strettamente legate ai soggetti rilevanti ai sensi
dell’art. 114, co. 7 Tuf.
Anche il procedimento sanzionatorio è modificato, attraverso l’attribuzione
alla Consob del potere di irrogazione diretta delle sanzioni amministrative
(nuovo art. 195 Tuf) a fronte dell’attuale potere di proposta al Ministero
dell’Economia. Tra gli aspetti maggiormente innovativi è l’introduzione, per il
procedimento sanzionatorio, dei principi del contradditorio, della conoscenza
degli atti istruttori, della verbalizzazione e, soprattutto, della distinzione tra
funzioni istruttorie e funzioni decisorie (art. 195, co. 2).
Oltre alle violazioni degli obblighi di comunicazione rilevano, per le società
quotate, i reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione (Capo
II del Titolo Ibis del Tuf): alla responsabilità penale personale dell’autore
dell’illecito si aggiunge infatti, ove ne ricorrano i presupposti, la responsabilità
amministrativa dell’ente. Il d.lgs. 231/2001 è conseguentemente modificato
14
Il nuovo testo prevede sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila a
cinquecentomila euro a fronte delle previsioni originarie di sanzioni amministrative
pecuniarie da lire dieci milioni a lire duecento milioni.
49
attraverso l’introduzione, all’art. 25-sexies, delle nuove fattispecie di reati
societari legati ai fenomeni di abuso di mercato.
Con riferimento invece alle ipotesi in cui l’abuso di informazioni
privilegiate e la manipolazione di mercato configurano illeciti amministrativi
(Capo III del Titolo Ibis del Tuf), si introduce una specifica e peculiare
previsione di responsabilità dell’ente (187-quinquies Tuf) modellata sulla base
del criterio della “colpa dell’organizzazione” e dei corrispondenti principi di
cui al d.lgs. 231/2001.
50
La tutela penalistica nel quadro della
riforma del risparmio
Elio Palombi
1. La Direttiva sull’abuso di mercato.
La Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’abuso
di mercato può essere annoverata tra le iniziative prese per contrastare gli
scandali finanziari quali i casi Enron e Worldcom, derivati da frodi contabili,
conseguenti a pratiche manipolatorie, che hanno avuto effetti devastanti sui
mercati finanziari. Alle stesse esigenze risponde la riforma in atto in Italia del
sistema di tutela del risparmio, resa attuale ed urgente a causa dai recenti
scandali dei casi Cirio e Parmalat. Da qui la necessità di analizzare il tema del
recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato nel contesto della
riforma sulla vigilanza e la tutela del risparmio, di cui al disegno di legge
recentemente approvato dalla Camera in data 3 marzo 2005.
L’esigenza di assicurare la trasparenza della gestione finanziaria, di
garantire la tutela dei diversi soggetti coinvolti e di evitare conflitti d’interessi,
posta a base della riforma della tutela del risparmio, rappresenta, allo stesso
modo, la ratio della Direttiva sull’abuso di mercato, come risulta dalla
giustificazione offerta nel 2° Considerando: “Un mercato finanziario integrato
ed efficiente non può esistere senza che se ne tuteli l’integrità. Il regolare
funzionamento dei mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati
costituiscono fattori essenziali di crescita e di benessere economico. Gli abusi
di mercato ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia
del pubblico nei valori mobiliari e negli strumenti derivati”. Gli abusi di
mercato, si legge nel 15° Considerando, “sono di ostacolo alla reale e piena
trasparenza del mercato, che è requisito fondamentale perché tutti gli operatori
economici siano in grado di operare su mercati finanziari integrati”.
Questa fondamentale esigenza di trasparenza, che si impone a livello
transnazionale, data la continua interferenza fra i comportamenti di soggetti
operanti globalmente sui mercati finanziari, corrisponde alla stessa esigenza
avvertita nel tema generale della riforma della tutela del risparmio. Nella
“Indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati
51
finanziari e la tutela del risparmio”, approvato dalle Commissioni riunite nella
seduta del 18 marzo 2004, si mette bene a fuoco questa necessità, là dove si
afferma che “La sempre più sofisticata articolazione delle piramidi societarie e
l’operatività internazionale dei grandi gruppi industriali e dei conglomerati
finanziari polifunzionali, impostata su logiche di pianificazione tributaria e di
convenienza fiscale e legale (i cosiddetti paradisi fiscali), hanno evidenziato in
particolare, l’esigenza di rafforzare e coordinare il sistema dei controlli a
presidio della stabilità, della trasparenza e della concorrenzialità del mercato
medesimo”.
Allo stesso modo, le condotte di abuso di mercato, per la loro dimensione
transnazionale, possono interessare diversi Stati ed i protagonisti coinvolti
possono operare in differenti paesi. La necessità della Direttiva nasce dal fatto
che la disciplina delle manipolazioni di mercato non si presenta omogenea
negli Stati membri, alcuni dei quali, si legge nell’11° Considerando, non
possiedono “alcuna normativa in materia di manipolazione dei prezzi e
diffusione di informazioni ingannevoli”. Da qui l’esigenza di disciplinare la
cooperazione tra i diversi Stati membri e di coordinarne la risposta punitiva.
2. I controlli nella riforma della tutela del risparmio e nel
disegno di legge sugli abusi di mercato. L’inasprimento
del sistema sanzionatorio.
Nei progetti di riforma della tutela del risparmio l’impegno comune, a
seguito degli scandali finanziari che avevano scosso tutti i risparmiatori, era
diretto per un verso a rafforzare le funzioni di vigilanza e per l’altro ad
inasprire le sanzioni penali. Sul fronte dei controlli si prendeva atto che il
sistema predisposto non aveva funzionato: “nessuno dei presidi a tutela della
legalità, della correttezza e della trasparenza ha funzionato”. Tutti, pertanto,
erano concordi sulla necessità di rafforzare la tutela del risparmio attraverso
una più penetrante attività di vigilanza. Nelle conclusioni della “Indagine
conoscitiva” sopra indicata, si legge: “le vicende degli ultimi anni – dalla bolla
speculativa sui mercati dei titoli azionari del 1999-2000, alle crisi delle società
americane Enron e Worldcom, fino ai recenti avvenimenti italiani –
suggeriscono… di rafforzare i presidi a tutela degli investitori e dei
risparmiatori, ampliando proprio l’operatività di tale modello e rafforzando le
regole, le procedure e i controlli, ancora più necessari in un’ottica globalizzata
e con scenari internazionali aperti”.
Sulla base di questa precisa indicazione si sperava di rendere unitaria la
materia della tutela della vigilanza, razionalizzando gli interventi in un settore
che nella disorganicità normativa trova la ragione della inefficacia applicativa.
L’intento del legislatore di coordinare ed armonizzare le ipotesi sanzionatorie
in materia di ostacolo allo svolgimento delle funzioni di vigilanza sembra,
però, che debba essere ulteriormente intralciato proprio nella materia degli
52
abusi di mercato. Nel recepimento della Direttiva 2003/6/CE, infatti, il disegno
di legge approvato dalla Camera il 2 dicembre 2004 relativo, al Testo Unico
delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d. lgs. 24
febbraio 1998, n. 58, nella parte V, titolo I, capo I, dopo l’art. 170 inserisce
l’art. 170-bis, dedicato all’Ostacolo alle funzioni di vigilanza della CONSOB.
La norma recita testualmente: “Fuori dai casi previsti dall’art. 2638 del codice
civile, chiunque ostacola le funzioni di vigilanza attribuite alla CONSOB è
punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro diecimila ad
euro duecentomila”. Non si comprende il motivo della introduzione di una
ulteriore ipotesi criminosa nella materia della vigilanza, in cui il legislatore nel
formulare l’art. 2638 c. c. aveva intenzione di sanzionare l’ostacolo alla
vigilanza con una norma omnicomprensiva.
Per altro verso, nell’affrontare il tema dell’apparato sanzionatorio è
ricorrente l’opinione che la disciplina vigente difetta di efficacia deterrente. La
crisi in cui è caduto il sistema bancario non è dovuta soltanto alla carenza dei
controlli, ma anche alla scarsa efficacia delle sanzioni. Nell’auspicare, pertanto,
un inasprimento delle sanzioni, si sostiene nella sopra indicata “Indagine
conoscitiva” che “la modesta entità delle pene attuali, in un contesto
ordinamentale che si caratterizza per l’estrema lentezza dei procedimenti
penali, contribuisce, fra l’altro, ad abbassare la soglia di rilevanza dei termini di
prescrizione”.
A tal fine, l’art 37 del testo approvato dalla Camera in data 3 marzo 2005,
prevede il raddoppio delle pene previste dal Tulb, dal Tumf, dalla l. 12 agosto
1982, n. 576 e dal d. lgs. n. 124/93. Inoltre, le pene previste, tra l’altro dall’art.
2638 c. c. sono raddoppiate se si tratta di violazioni commesse in relazione a
società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati
dell’Unione europea. Il generalizzato inasprimento sanzionatorio si
accompagna alla previsione di sanzioni accessorie di tipo interdittivo, oltre alla
introduzione di nuove fattispecie incriminatrici.
3. L’abuso di informazioni privilegiate.
L’attività di recepimento della Direttiva 2003/6/CE in Italia va, quindi,
inquadrata nella riforma in atto relativa alla tutela del risparmio e alla disciplina
dei mercati finanziari, per stabilire se le proposte di riforma in Italia in tema di
abusi di mercato sono in linea con quella più generale sul risparmio.
Preliminarmente occorre analizzare l’attuale disciplina esistente nel nostro
paese in tema di abusi di mercato, iniziando dal tema dell’abuso di
informazione privilegiata, attraverso un raffronto con le definizioni e le
indicazioni dettate dalla Direttiva.
L’art. 180 commi 1 e 2 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 punisce con la
reclusione fino a due anni e con la multa da 10.329 a 309.874 euro chiunque,
53
essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della partecipazione
al capitale di una società ovvero dell’esercizio di una funzione, anche pubblica,
di una professione o di un ufficio: a) acquista, vende o compie altre operazioni,
anche per interposta persona, su strumenti finanziari avvalendosi delle
informazioni medesime; b) senza giustificato motivo, dà comunicazione delle
informazioni, ovvero consiglia ad altri, sulla base di esse, il compimento di
taluna delle operazioni indicate nella lettera a). Con la stessa pena è altresì
punito chiunque, avendo ottenuto direttamente o indirettamente, informazioni
privilegiate dai soggetti indicati al comma 1, compie taluno dei fatti descritti
nella lettera a) del medesimo comma.
Il reato è posto a tutela del bene della trasparenza e del corretto
funzionamento dei mercati finanziari, inconciliabile con lo sfruttamento di
informazioni riservate da parte di chi ne è entrato in possesso esclusivamente
in virtù di una posizione di privilegio. La condotta criminosa rappresenta un
fattore disincentivante che allontana i risparmiatori, orientandoli verso altre
forme di investimento e determinando in tal guisa effetti negativi sulla liquidità
e sull’efficacia allocativa del mercato finanziario. Non è richiesto un dolo
specifico di sfruttamento speculativo dell’informazione, né è necessario che
dalla transazione l’agente abbia ricavato un profitto, attesa la configurazione
del delitto quale reato di pericolo. Il requisito dell’idoneità dell’informazione
privilegiata, se resa pubblica, ad influenzare sensibilmente il prezzo dei titoli
cui si riferisce, secondo lo schema tipico dei reati di pericolo, va valutato in
concreto ed ex ante, prescindendo da tutte le circostanze conosciute a
posteriori e tenendo, invece, conto solo di quelle conoscibili nel momento in
cui l’operazione viene posta in essere.
Il comma 3 dell’art. 180 definisce l’informazione privilegiata
un’informazione specifica di contenuto determinato, di cui il pubblico non
dispone, concernente strumenti finanziari emittenti di strumenti finanziari che
se resa pubblica sarebbe idonea a influenzarne sensibilmente il prezzo.
L’art. 1 della Direttiva 2003/6 definisce l’informazione privilegiata
un’informazione che ha un carattere preciso, che non è stata resa pubblica e che
concerne, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti di strumenti
finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe
influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui
prezzi di strumenti finanziari derivati connessi.
Secondo la Direttiva, quindi, l’informazione deve avere carattere preciso,
nel senso che la situazione o l’evento a cui l’informazione si riferisce sono veri
o esiste una ragionevole aspettativa che diventino veri in futuro. Per la loro
genericità i rumours non sono compresi, per cui l’informazione deve essere
abbastanza specifica a tal punto da consentire di trarre conclusioni sul suo
impatto sui prezzi. Inoltre l’informazione non deve essere stata resa pubblica,
vale a dire che non è stata comunicata al pubblico. Deve riferirsi, in maniera
54
diretta o indiretta ad uno o più strumenti finanziari. Infine deve essere
probabile che l’informazione, se resa pubblica, influisca in modo sensibile sul
prezzo degli strumenti finanziari interessati.
La Direttiva ribadisce la distinzione tra insiders primari e secondari e, cioè,
tra i soggetti che hanno un accesso diretto alla informazione a causa della
propria professione e quelli che dispongono della stessa in via mediata per
averla ricevuta dai primi o in quanto frutto di attività illecita. La nozione di
insider secondario è simile a quella di tippee presente nella legge statunitense,
anche se non è richiesto un tip (cioè una soffiata) da parte dell’insider primario.
4. La manipolazione del mercato.
Il recepimento della Direttiva in tema di manipolazioni del mercato, allo
stesso modo, non può prescindere dall’analisi dell’attuale stato della normativa
italiana che prevede il reato di aggiotaggio. Secondo l’art. 2637 c.c., come
modificato dall’art. 1 d. lgs. 11 aprile 2002 n. 61, “chiunque diffonde notizie
false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente
idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari,
quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo
significativo
sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o
di gruppi bancari è punito con la reclusione da 1 a cinque anni”.
In questa norma sono stati accorpati, per esigenze di razionalizzazione, i
vari delitti di aggiotaggio previsti in precedenza da diverse norme: l’art. 2628 c.
c., l’art. 181, aggiotaggio su strumenti finanziari, di cui al d. lgs. 24 febbraio
1998, n. 58, contenente il testo unico sui mercati finanziari, e l’art. 138,
aggiotaggio bancario, di cui al d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, relativo al
testo unico delle leggi bancarie. Resta in vigore l’art. 501 c.p. che disciplina la
figura generale del delitto di aggiotaggio, indicato, nella rubrica dell’articolo,
come “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse
di commercio”.
E’ necessario inquadrare, sia pur sinteticamente, il contenuto della
fattispecie attualmente in vigore per stabilire come sulla stessa possa e debba
incidere la Direttiva sulle manipolazioni di mercato nella sua azione di
recepimento nel nostro ordinamento.
Nella attuale norma di cui all’art. 2637 c. c. sono indicate, in via alternativa,
due forme di manifestazione dell’illecito: la diffusione di notizie false e la
realizzazione di operazioni simulate o di altri artifici. Quanto alla diffusione di
notizie si allude alla propalazione in qualsiasi modo, con dichiarazioni o
comunicati ufficiali, a mezzo stampa o altro, della notizia presso un numero
indeterminato di persone.
In ordine alla seconda forma la condotta richiede il compimento di
operazioni simulate o, alternativamente, l’utilizzo di altri artifici. Premesso che
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la condotta di aggiotaggio deve essere intrinsecamente dotata di capacità
fraudolenta, sono state ritenute penalmente rilevanti le condotte di 1)
information based manipulation, consistente nella diffusione di notizie false ma
dotate di particolare credibilità e perciò idonee a condizionare il valore di un
titolo azionario; 2) action based manipulation, in cui si simula il compimento di
una serie di operazioni, dando così l’apparenza di un mercato attivo; 3) wash
sales, ovvero le compravendite di titoli a fiduciari, cui non si accompagna un
reale trasferimento della proprietà, ma che all’apparenza vengono presentate
come transazioni effettive a determinati prezzi; 4) matched orders, ovvero gli
acquisti e le vendite contestuali fatti attraverso diversi agenti di cambio.
Ad integrare il reato si richiede che la condotta sia idonea a provocare una
sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati,
ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico
ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari. Il requisito
dell’alterazione sensibile introduce all’interno della fattispecie un elemento di
indeterminatezza che va riempito, per un verso, considerando la concreta
situazione del mercato all’interno del quale si pone la vicenda, mentre, per altro
verso, occorre valutare l’autorevolezza e la posizione rivestita dal soggetto
agente, nonché i mezzi adoperati.
Trattasi di reato di pericolo che si ritiene consumato nel momento in cui
risulti tenuta la condotta descritta dalla fattispecie incriminata. Secondo
l’orientamento prevalente l’illecito assume natura di pericolo concreto, essendo
affidato al giudice il compito di valutare caso per caso l’idoneità della condotta
a produrre l’evento temuto.
L’art. 1 n. 2 della Direttiva definisce la manipolazione di mercato
distinguendone due tipi: la condotta che si esplica nel compiere transazioni e
quella che avviene divulgando al pubblico informazioni. Il primo caso
esplicitato dalla Direttiva è quello delle “operazioni o ordini di compravendita
che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false ovvero
fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo degli strumenti
finanziari, ovvero che consentano, tramite l’azione di una o più persone che
agiscono in collaborazione, di fissare il prezzo di mercato di uno o più
strumenti finanziari ad un livello anormale o artificiale”. Si tratta di
manipolazioni che integrano la frode, come nell’acquisizione di “una posizione
dominante sulla offerta o sulla domanda di uno strumento finanziario che abbia
l’effetto di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di
vendita o altre condizioni commerciali non corrette”. In tal caso il soggetto
manipolatore assume una posizione dominante, esercitando un potere di
mercato sopra un titolo, mettendo in un angolo (corner) e spremendo (squeeze).
Altra ipotesi comprende le “operazioni o ordini di compravendita che
utilizzino artifici o ogni altro tipo di inganno o espediente”. Si fa il caso di
condotta riferita a “l’acquisto o la vendita di strumenti finanziari alla chiusura
56
del mercato con l’effetto di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei
prezzi di chiusura”.
L’art. 1 n. 2 lett. c) della Direttiva si riferisce alla “diffusione di
informazioni tramite i mezzi di informazione, compreso Internet, o tramite ogni
altro mezzo, che forniscano, o siano suscettibili di fornire, indicazioni false
ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari”. Ad esempio viene
indicato “l’avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di
informazione tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno
strumento finanziario dopo aver precedentemente preso posizione su quello
strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell’impatto della
valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo
comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l’esistenza di tale
conflitto di interessi”. E’ il caso dello scalping, che consiste nell’acquisto di
uno strumento finanziario prima di raccomandarlo ad altri e, quindi, nella sua
cessione con un guadagno per l’incremento di prezzo provocato dalla
raccomandazione.
5. Il sistema sanzionatorio delineato dalla Direttiva.
L’art. 14 della Direttiva 2003/6/CE, dopo aver “Fatto salvo il diritto degli
Stati membri di imporre sanzioni penali”, stabilisce che gli stessi “sono tenuti a
garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che possano essere
adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni
amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle
disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva”. Aggiunge anche
che gli Stati membri “sono tenuti a garantire che tali misure siano efficaci,
proporzionate e dissuasive”. Nei Considerando della Direttiva si legge che le
sanzioni dovrebbero essere, tra l’altro, proporzionate alla gravità della
violazione e agli utili realizzati e dovrebbero essere applicate coerentemente,
tenendo conto della necessità di garantire una certa omogeneità di
regolamentazione da uno Stato membro all’altro.
La Direttiva, è stato osservato, “si muove nella giusta direzione prevedendo
un sistema di sanzioni amministrative (civil penalties) per l’abuso di mercato,
in linea con le tendenze internazionali”. Questo sistema permetterebbe “un più
efficiente enforcement delle relative norme ed una migliore cooperazione tra i
regolatori, presumibilmente preposti al sistema sanzionatorio” (Ferrarini G., La
nuova disciplina europea dell’abuso di mercato, Rivista delle società, 2004,
75).
Seguendo queste indicazioni l’Italia dovrebbe, innovando profondamente
l’attuale sistema, prevedere per le fattispecie di abuso di mercato sanzioni di
tipo amministrativo, aggiungendo, nei casi di maggiore gravità, sanzioni penali.
Si imporrebbe, quindi, una completa riscrittura del regime sanzionatorio degli
abusi di mercato previsto in Italia, uniformandolo alla regolamentazione
57
prevista dalla Direttiva per gli Stati membri. Si dovrebbe puntare, pertanto,
decisamente sulle sanzioni amministrative, che dovrebbero costituire lo
strumento principale per la repressione degli illeciti, con la possibilità di
prevedere anche sanzioni penali per le violazioni di maggiore gravità.
6. Il recepimento della Direttiva. Il testo varato dal
Senato.
Nel recepimento della Direttiva relativa all’abuso di informazioni
privilegiate e alla manipolazione del mercato, è stata varata la legge 31 ottobre
2003 n. 306, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003”,
che delegava il Governo ad emanare, entro diciotto mesi dalla sua entrata in
vigore, un decreto legislativo per l’attuazione del Direttiva, senza, però,
esplicitare principi e criteri direttivi.
In data 20 luglio 2004 il Senato, pertanto, approvava un disegno di legge
per fissare i principi e i criteri direttivi specifici per il recepimento della
Direttiva, sulla base dei quali il Governo avrebbe poi dovuto adottare un
decreto legislativo attuativo. L’art. 6 del testo approvato dal Senato n. 2742
segue l’impostazione che, secondo la comune opinione, sarebbe data dalla
Direttiva, puntando sulle sanzioni amministrative e prevedendo nei casi più
gravi la sanzione penale.
Con l’art. 6 lett. g) del disegno di legge, approvato dal Senato, si punta,
infatti, decisamente sulle sanzioni amministrative, che vengono applicate, si
dice espressamente, “tenendo conto dei principi indicati nella legge 24
novembre 1981, n. 689”. Per l’abuso di informazioni privilegiate e per la
manipolazione di mercato vengono previste sanzioni amministrative pecuniarie
non inferiori nel minimo a 20.000 euro e non superiori nel massimo ad
1.000.000 di euro, da aumentare fino al triplo quando, in relazione all’entità del
profitto conseguito o conseguibile ovvero per gli effetti prodotti sul mercato,
esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.
Nei casi di maggiore gravità, “da individuare sulla base di criteri
quantitativi, in relazione alle variazioni dei valori di mercato che ne sono
derivate, e qualitativi, in relazione al soggetto che ha posto in essere il
comportamento”, vengono previste le pene della reclusione non inferiore nel
minimo a un anno e non superiore nel massimo a sei anni, oltre alla multa
indicata per le sanzioni amministrative.
Nello stabilire “l’autonomia reciproca dei procedimenti sanzionatori
amministrativo e penale”, la previsione sembra ispirarsi all’orientamento
generale secondo cui andrebbe data priorità alla sanzione amministrativa, per
poi aggiungere la sanzione penale nei casi più gravi. Questa impostazione,
però, non solo urta contro i principi fissati dalla 689/81, ma crea enormi
58
problemi nella individuazione dei casi di maggiore gravità, per i quali dovrebbe
scattare la sanzione penale, dal momento che, come si è detto, la fattispecie
criminosa prevede reati di pericolo concreto per i quali è sufficiente la verifica
della idoneità della condotta a procurare l’evento temuto. Senza contare che
nella individuazione dei criteri quantitativi, relazionati alle variazioni di
mercato che ne sono derivate, si fa riferimento, al fine di integrare i casi di
maggiore gravità che farebbero emergere la fattispecie criminosa, a quegli
stessi criteri indicati per giustificare l’aumento fino al triplo della sanzione
amministrativa.
7. Il testo licenziato dalla Camera dei Deputati. –
In data 12 ottobre 2004 scadeva il termine per il recepimento della Direttiva,
per cui il Parlamento decideva di accelerare i tempi di attuazione, optando non
più per la delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo, bensì per
il recepimento diretto del contenuto della suddetta Direttiva.
Le palesi ambiguità ed incertezze insite nel sistema di cui al testo approvato
dal Senato, difficilmente assimilabile al nostro attuale apparato sanzionatorio
penale, si sono riproposte alla Camera, che con il testo licenziato nella seduta
del 2 dicembre 2004, ha cercato di raccordare la normativa di recepimento alla
più ampia materia della intermediazione finanziaria di cui al d. lgs. 24 febbraio
1998, n. 58. Veniva in tal modo introdotto il nuovo titolo I bis al suddetto
decreto legislativo, dedicato all’abuso di informazioni privilegiate e
manipolazioni del mercato, stralciando questa specifica materia dalla ampia
formulazione delle disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee di cui alla legge 31 ottobre
2003, n. 306.
Questo mutamento di rotta della Camera, oltre che ad esigenze di rapida
attuazione della Direttiva, in una materia che richiede risposte immediate per la
tutela dei mercati finanziari, risponde alla necessità di accorpare la materia
degli abusi di mercato alla più ampia riforma del Testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia, di cui al d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, e del
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui
al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.
Gli scandali finanziari che avevano spinto il legislatore ad intervenire nella
materia degli abusi di mercato, sono alla base di una convulsa attività svolta
nella materia dalle Commissioni parlamentari, che hanno cercato di incidere sul
sistema dei rapporti tra le imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio.
Si è iniziato con il Disegno di legge n. 4705, “Interventi per la tutela del
risparmio”, presentato alla Camera il 16 febbraio 2004, primo firmatario
Tremonti, per poi passare al Testo unificato dei progetti di legge, Camera n.
2436 e altri, “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati
finanziari”, presentato il 5 maggio 2004 dai relatori delle Commissioni riunite
59
VI e X del Senato e della Camera. Si è, infine, arrivati al Testo unificato dei
progetti di legge nn. 2436, 4543, 4551, 4586, 4622, 4639, 4705, 4746 e 4747,
“Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”,
approvato dalle Commissioni riunite il 25 novembre 2004.
Con l’ultimo testo unificato, di cui al disegno di legge recentemente
approvato dalla Camera in data 3 marzo 2005, tra l’altro, si incide
profondamente sul d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, allo stesso modo del testo
varato dalla Camera nella seduta del 2 dicembre 2004, in tema di abusi di
mercato, che come si è visto, ha raccordato la normativa di recepimento della
Direttiva alla materia della intermediazione finanziaria di cui al d. lgs. 24
febbraio 1998, n. 58.
L’art. 9 del Disegno di legge approvato dalla Camera è interamente dedicato
al recepimento della Direttiva 2003/6/CE, relativa all’abuso di informazioni
privilegiate e alla manipolazione del mercato, nonché delle Direttive della
Commissione di attuazione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2003/72/CE.
L’articolo detta un’analitica ed elaborata normativa di attuazione delle citate
Direttive, apportando al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 sostanziali modifiche.
Si avverte viva l’esigenza di creare una disciplina capace di assicurare il
buon funzionamento e l’integrità del mercato finanziario e, a tal fine, vengono
disciplinati gli obblighi di comunicazione al pubblico, da parte degli emittenti
finanziari, delle informazioni finanziarie che li riguardano; vengono obbligati i
soggetti che producono o diffondono ricerche e valutazioni a presentare le
informazioni in modo corretto e ad informare dell’esistenza di conflitti
d’interesse; viene istituito il registro delle persone che hanno accesso ad
informazioni privilegiate; viene demandata alla Consob la determinazione delle
modalità di acquisto di azioni proprie sul mercato.
Molto significativa è l’introduzione del nuovo Titolo I bis al Testo unico di
cui al d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, interamente dedicato all’abuso di
informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato. Dopo aver dettato
nel capo I, le disposizioni generali, tra cui, il concetto di informazione
privilegiata, il capo II, riferito alle sanzioni penali, reca la definizione del reato
di abuso di informazione (art. 184), per il quale è prevista la pena della
reclusione da uno a sei anni, oltre alla multa da euro ventimila a euro tre
milioni. Ai sensi del n. 3 dello stesso articolo, il giudice può aumentare la
multa fino al triplo o fino al maggior importo di dieci volte il prodotto o il
profitto conseguito dal reato quando per la rilevante offensività del fatto, per le
qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto
conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.
L’art. 185 è dedicato al reato di manipolazione del mercato, prevedendo le
stesse pene, con l’unica differenza che la pena pecuniaria è elevata nel
massimo a euro cinque milioni. Gli artt. 186 e 187 prevedono le pene
accessorie conseguenti alla condanna per i reati previsti nel capo II, nonché la
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confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per
commetterli.
Il capo III è dedicato alle sanzioni amministrative, che vengono applicate
facendo “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”. L’art. 187bis punisce l’abuso di informazioni privilegiate con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro ventimila a euro tre milioni, mentre l’art. 187-ter punisce la
manipolazione del mercato con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
ventimila a euro cinque milioni. Dette sanzioni sono aumentate fino al triplo o
fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito
dall’illecito quando, per le qualità personali del colpevole, per l’entità del
prodotto o del profitto conseguito dall’illecito, esse appaiono inadeguate anche
se applicate nel massimo. Detto aggravamento della sanzione viene applicato,
solo però nel caso della manipolazione del mercato, quando la pena appaia
inadeguata per gli effetti prodotti sul mercato.
8. La scelta tra sanzione penale e sanzione
amministrativa.
Questo complesso ed articolato sistema sanzionatorio degli abusi di mercato
rappresenta una soluzione di compromesso seguita dal nostro legislatore per
cercare di adattare il nostro sistema penale alle esigenze imposte dalla Direttiva
2003/6/CE, che si ritiene essere decisamente orientata verso l’applicazione
delle sanzioni amministrative per reprimere gli abusi di mercato.
Il sistema delineato non sembra, però, essere in linea con la legge 24
novembre 1981, n. 689, contenente i principi generali sulle sanzioni
amministrative, pur espressamente richiamata nei criteri direttivi enunciati dal
testo approvato dal Senato in data 20 luglio 2004, ma principalmente non tiene
conto della circolare 19 dicembre 1983, dedicata ai “criteri orientativi per la
scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative”, che traeva origine proprio
dalla situazione normativa che si andava profilando a partire dalla data di
entrata in vigore della 689/81. I parametri fondamentali indicati per la scelta tra
sanzione penale e sanzione amministrativa vengono individuati, nella citata
circolare, nella proporzionalità tra illecito e risposta punitiva e nella
sussidiarietà dell’intervento repressivo penale. Secondo i più moderni
orientamenti di politica criminale, il ricorso alla sanzione penale dovrebbe aver
luogo soltanto quando difettino strumenti repressivi di diversa natura e la
valutazione sulla sussidiarietà del suo intervento costituisce un criterio
fondamentale per arginarne un indiscriminato abuso in sede legislativa.
La scelta in favore della sanzione penale, secondo la circolare, non può
prescindere dal cumulo dei due parametri fondamentali della proporzione e
della sussidiarietà, entrambi relazionati al bene della libertà personale quale
bene colpito dalla sanzione penale. La proporzione viene richiamata per elevare
a reato soltanto quelle offese capaci di incidere su quel bene per l’importanza
61
dell’interesse e per intensità aggressiva, mentre la sussidiarietà giustifica la
limitazione della libertà personale nei soli casi in cui difettino tecniche di
controllo dotate di pari grado di efficacia. Il ricorso alla sanzione
amministrativa si giustifica nei casi in cui la risposta penale non risulti
proporzionata o non appaia assolutamente indispensabile.
L’obiettivo è quello di coordinare i sistemi sanzionatori penale e
amministrativo, al fine di assicurare risposte punitive coerenti e concretamente
dissuasive. Alla sanzione amministrativa si fa ricorso al fine di alleggerire il
sistema penale e conferirgli effettività nel rispetto del principio della estrema
ratio, per la tutela di beni giuridici essenziali per l’esistenza e lo sviluppo della
comunità statale.
Non sembra che il Disegno di legge approvato dalla Camera in tema di
abusi di mercato abbia tenuto conto di queste indicazioni, dal momento che ha
creato un sistema in cui le sanzioni penali si aggiungono a quelle
amministrative in una materia in cui senza dubbio la rilevanza dei beni tutelati
è tale da giustificare il ricorso all’intervento repressivo penale. Invertendo
l’impostazione data dal testo varato dal Senato che aveva puntato sulle sanzioni
amministrative ed aveva riservato il ricorso all’intervento penale nei casi di
maggiore gravità, nel testo di recepimento diretto della Camera gli abusi di
mercato vengono colpiti dalla sanzione amministrativa pecuniaria, “salve le
sanzioni penali quando il fatto costituisce reato”.
A ben vedere, nel caso di specie non si tratta di una clausola di riserva,
come quella relativamente determinata a cui il legislatore, fa ricorso con
l’inciso “se il fatto non costituisce un più grave reato”, dal momento che la
materia in esame esula dall’ambito delle fattispecie poste in relazione di
specialità reciproca. Nel caso degli abusi di mercato è lo stesso fatto che viene
punito con la sanzione amministrativa, facendo in ogni caso “salve le sanzioni
penali quando il fatto costituisce reato”.
9.La sostanziale identità delle condotte rispettivamente
punite con sanzione penale e con sanzione
amministrativa.
Occorre, a tal punto, stabilire se nel testo approvato dalla Camera per gli
abusi di mercato le sanzioni penali, previste dagli artt. 184 e 185, e quelle
amministrative, previste dagli artt. 187-bis e 187-ter, si riferiscono allo stesso
fatto o a condotte diverse. Dalla dizione usata, “Salve le sanzioni penali quando
il fatto costituisce reato”, sembrerebbe che le sanzioni penali dovrebbero
applicarsi solo nel caso in cui il fatto costituisca reato, con un’espressione dal
significato estremamente equivoco, dal momento che non si comprende se la
sanzione amministrativa si cumuli a quella penale ovvero se questa escluda la
prima. Qualora, infatti, il legislatore avesse voluto optare per l’applicazione
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della sola sanzione penale avrebbe dovuto impiegare l’espressione “Salvo che
il fatto costituisca reato”.
L’espressione usata dall’art. 187-bis, “Salve le sanzioni penali quando il
fatto costituisce reato”, in relazione all’abuso di informazioni privilegiate, crea
enormi difficoltà interpretative, dal momento che le condotte illecite descritte
dall’art. 184, per l’applicazione della sanzione penale, sono specularmente
identiche a quelle descritte dall’art. 187-bis per l’applicazione delle sanzioni
amministrative.
L’art. 184, infatti, punisce chiunque, essendo in possesso di informazioni
privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di
amministrazione, direzione e controllo dell’emittente, della partecipazione al
capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una
professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio: a) acquista,
vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto
proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni
medesime; b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale
esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio; c)
raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle
operazioni indicate nella lettera a). Come si può rilevare dalla lettura della
condotta descritta nell’art. 187-bis, che prevede la sanzione amministrativa
pecuniaria per il reato di abuso di informazioni privilegiate, le fattispecie sono
identiche e perfettamente sovrapponibili.
Per le manipolazioni di mercato la condotta criminosa è descritta dall’art.
185, che punisce chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni
simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile
alterazione del prezzo di strumenti finanziari.
In questo caso, la formula adoperata diverge da quella di cui all’art. 187- ter
che descrive la condotta munita di sanzione amministrativa, perché presenta
connotati più consoni ai caratteri della fattispecie penale. Nella sostanza, però,
la condotta criminosa descritta richiama in sintesi i requisiti della condotta
sancita con sanzione amministrativa, con l’ulteriore elemento che l’azione
manipolativa deve essere “concretamente idonea a provocare una sensibile
alterazione del prezzo di strumenti finanziari”. A prima vista sembrerebbe che
questo effetto dovrebbe marcare di tipicità la fattispecie penale distinguendola
da quella amministrativa. In tal senso, facendo ricorso alla clausola di riserva,
potrebbe trovare giustificazione la tesi secondo cui la sanzione penale verrebbe
applicata nei casi di maggiore gravità, che sarebbero proprio quelli in cui la
condotta presenta la concreta idoneità a provocare una sensibile alterazione del
prezzo di strumenti finanziari.
A ben vedere, però, l’elemento richiesto per integrare il reato, costituito
dalla idoneità della condotta a determinare nelle concrete circostanze di luogo e
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di tempo una rilevante possibilità di verificazione dell’evento, rappresenta un
connotato della condotta, trattandosi, come si è visto, di reato di pericolo
concreto, con la conseguenza che il reato dovrà ritenersi consumato nel
momento in cui risulti tenuta la condotta descritta dalla norma. In altri termini,
l’idoneità della condotta a provocare una sensibile alterazione del prezzo di
strumenti finanziari, non rappresenta un ulteriore elemento posto al di fuori
della condotta, ma è un connotato della condotta che ne evidenzia in concreto
la necessaria lesività.
La sanzione amministrativa, a sua volta, non può essere applicata
prescindendo dagli effetti che in ogni caso la diffusione di notizie false o le
operazioni simulate o gli altri artifizi siano idonei a provocare sulla alterazione
del prezzo di strumenti finanziari. Basterebbe considerare che questi effetti
vengono in ogni caso presi in considerazione nella irrogazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie, che, ai sensi dell’art. 187-ter n. 6, sono aumentate
quando appaiono inadeguate, tra l’altro, “per gli effetti prodotti sul mercato”.
La sostanziale equiparazione delle condotte rispettivamente punite con
sanzione penale ed amministrativa fanno dubitare che il legislatore abbia voluto
far ricorso ad una clausola di riserva, facendo prevalere la sanzione penale nei
casi di maggiore gravità del fatto. Al contrario, la formula “salve le sanzioni
penali quando il fatto costituisce reato”, farebbe propendere per l’accettazione
di un sistema basato sul cumulo delle sanzioni.
10. L’omogeneità di regolamentazione imposto dall’art.
14 della Direttiva.
Non è da escludere, in casi eccezionali, che per lo stesso fatto la legge possa
prevedere il cumulo della sanzione penale e di quella amministrativa, come
avviene in tema di frodi in contributi agricoli comunitari, negli artt. 2 e 3 della
legge 23 dicembre 1986, n. 898 e successive modifiche, dove per la medesima
fattispecie di esposizione fraudolenta di dati è previsto il cumulo materiale fra
sanzioni di diversa specie (Cass. 23 febbraio 1998, n. 1933). A prescindere,
però, da questi casi invero piuttosto rari, vale il principio generale fissato
dall’art. 9 della legge 689/81, che stabilisce che ”quando uno stesso fatto è
punito da una disposizione penale e da una disposizione che preveda una
sanzione amministrativa (…), si applica la disposizione speciale”. Il principio
generale introdotto dal legislatore è, quindi, quello della specialità, con la
conseguenza che deve ammettersi la sostanziale identità di funzioni tra
sanzione penale e sanzione amministrativa là dove vi è convergenza di
disciplina.
Nel caso esaminato le difficoltà nascono dall’idea secondo cui la Direttiva
2003/6/CE avrebbe accordato preferenza alla sanzione amministrativa per
punire gli abusi di mercato, con la conseguenza che essa dovrebbe acquistare
valore specializzante rispetto alla sanzione penale. Ma l’adozione del criterio di
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specialità in tal caso presta il fianco a forti censure sotto il profilo politicocriminale, dal momento che finisce per affievolire l’efficacia deterrente della
sanzione penale nella materia degli abusi di mercato, in cui vengono difesi beni
di fondamentale importanza a tutela della trasparenza dei mercati finanziari.
Ecco perché in settori come questo, dove sono presenti interessi di rango
primario, la prassi legislativa è portata ad inserire nella violazione
amministrativa una clausola di riserva per l’ipotesi che il fatto costituisca reato,
con il risultato di punire con la sanzione amministrativa solo le inosservanze
non suscettibili di costituire illecito penale.
Tale clausola di riserva non sembra essere stata inserita nella materia degli
abusi di mercato, dove il legislatore ha usato una formula estremamente
ambigua ed equivoca: “Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce
reato”. Sembra che il legislatore, posto di fronte all’esigenza di rispettare le
indicazioni della Direttiva, abbia optato per il cumulo delle sanzioni:
all’applicazione delle sanzioni amministrative segue la irrogazione delle
sanzioni penali quando il fatto costituisce reato. Formula questa estremamente
ambigua e di fatto impraticabile dal momento che l’identità del fatto esclude
che l’applicazione della sanzione penale possa costituire soltanto una
eventualità.
A ben vedere, però, occorre esprimere alcuni dubbi sulla interpretazione
comunemente accettata secondo cui la Direttiva avrebbe imposto agli Stati
membri, per esigenze di uniformità, di orientarsi verso la sanzione
amministrativa pecuniaria a preferenza della sanzione penale. In realtà dal
contenuto della Direttiva emerge chiara la volontà di creare strumenti uniformi
di controllo per reprimere gli abusi di mercato, garantendo una certa
omogeneità di regolamentazione da uno Stato membro all’altro. Il tema
dell’abuso delle informazioni privilegiate e quello delle manipolazioni di
mercato ha assunto una dimensione transnazionale, con la necessità di
approntare una risposta omogenea delle autorità di tutti gli Stati membri. “Il
vigente quadro comunitario – si legge nell’11° Considerando – a tutela
dell’integrità del mercato è incompleto. I requisiti giuridici variano da uno
Stato membro all’altro, creando incertezza per gli operatori economici per
quanto attiene ai concetti, alle definizioni e all’applicazione. In alcuni Stati
membri non esiste alcuna normativa in materia di manipolazione dei prezzi e
diffusione di informazioni ingannevoli”. L’intento effettivo della Direttiva
viene evidenziato nell’ultima parte del 12° Considerando, dove si afferma che
“Una direttiva unica garantisce in tutta la Comunità uno stesso quadro in
materia di ripartizione delle competenze, di applicazione e di cooperazione”.
Si legge ancora nel 36° Considerando: “L’esistenza negli Stati membri di
differenti autorità competenti, dotate di responsabilità diverse, può generare
confusione negli operatori economici. In ogni Stato membro dovrebbe essere
designata un’unica autorità competente, cui spetti almeno la responsabilità
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finale di controllare il rispetto delle disposizioni adottate ai sensi della presente
direttiva, nonché la collaborazione internazionale”. La Direttiva, peraltro, non
si preoccupa solo di individuare in ogni Stato membro l’autorità competente
per effettuare i necessari controlli, ma indica anche i poteri adeguati al
raggiungimento del rispetto delle disposizioni in materia. Nel 37°
Considerando si legge, infatti, che “Il conferimento all’autorità competente di
ogni Stato membro di un insieme minimo comune di strumenti e poteri forti
garantirà l’efficacia della sua opera di vigilanza”. Ed infine si afferma nel 38°
Considerando: “Al fine di garantire l’adeguatezza del quadro comunitario di
contrasto agli abusi di mercato, ogni violazione dei divieti o degli obblighi
fissati dalla presente direttiva dovrà essere tempestivamente scoperta e
sanzionata”.
Se appare evidente, pertanto, l’indicazione pregnante relativa ad un
coordinamento generale in ordine alla effettività dei controlli da parte di tutti
gli Stati membri, non sembra che la Direttiva si sia spinta oltre nell’imporre, in
caso di violazione delle disposizioni previste, anche le specifiche sanzioni da
applicare da parte dei singoli Stati membri. Anzi dalla lettura dell’ultima parte
del 38° Considerando sembra emergere il contrario, dal momento che ci si
limita ad affermare che per una efficace opera di vigilanza “le sanzioni
dovrebbero essere sufficientemente dissuasive, proporzionate alla gravità della
violazione e agli utili realizzati e dovrebbero essere applicate coerentemente”.
Si auspica, infine, nel 39° Considerando che “Al momento di definire le misure
e le sanzioni amministrative, gli Stati membri dovrebbero tener presente la
necessità di garantire una certa omogeneità di regolamentazione da uno Stato
membro all’altro”.
La necessità di allineare tutti gli Stati membri nella lotta agli abusi di
mercato non comporta necessariamente la imposizione agli stessi di un identico
sistema repressivo basato, come comunemente si sostiene, sulla sanzione
amministrativa pecuniaria. Anzi dalla lettura dell’art. 14 della Direttiva sembra
emergere il contrario, dal
momento che viene fatta una premessa
sull’autonomo diritto degli Stati membri di ricorrere alla sanzione penale:
“Fatto salvo il diritto degli Stati membri di imporre sanzioni penali”, per poi
aggiungere la possibilità di adottare sanzioni amministrative: “gli Stati membri
sono tenuti a garantire, conformemente al loro ordinamento nazionale, che
possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le
opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del
mancato rispetto delle disposizioni adottate in attuazione della presente
direttiva”.
Quello che interessa evidenziare nell’art. 14 della Direttiva è che ogni Stato
membro assicuri un sistema idoneo a garantire che le misure adottate, siano
esse penali o amministrative, debbono essere “efficaci, proporzionate e
dissuasive”, al fine di evitare condotte di abuso che possono distorcere
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l’efficiente funzionamento dei mercati. Non può la Direttiva andare oltre
imponendo uno stravolgimento degli attuali assetti normativi negli Stati, in cui
la materia degli abusi di mercato è gia disciplinata e sanzionata penalmente,
come avviene in Italia. L’allineamento di disciplina dei diversi Stati membri
deve avvenire attraverso un coordinamento della materia dei controlli, al fine di
renderla effettiva, e, nei casi in cui manchi una repressione in tema di
manipolazione dei mercati, una conseguente armonizzazione del sistema
sanzionatorio.
Il sistema repressivo a cui si ispira il Disegno di legge approvato
recentemente dalla Camera in tema di abusi di mercato non regge alla prova
della sua applicazione pratica, dal momento che prevede una duplicazione della
pena pecuniaria del tutto ingiustificabile. Ove si consideri che per il reato di
abuso di informazioni privilegiate è prevista, oltre alla pena detentiva, la pena
pecuniaria da euro ventimila ad euro tre milioni, in alcuni casi anche
aumentabile, non si comprende perché per lo stesso fatto bisognerebbe irrogare
anche la sanzione amministrativa pecuniaria della medesima entità. Anche per
il reato di manipolazione del mercato, dove la pena pecuniaria, oltre a quella
detentiva, va da euro ventimila ad euro cinque milioni, aumentabili in casi
particolari, vale lo stesso discorso, giacché appare ingiustificato applicare per
lo stesso fatto una seconda volta una sanzione amministrativa pecuniaria della
stessa entità. Ci troviamo in presenza di una duplicazione di pena pecuniaria
che non trova alcuna giustificazione, e ciò solo per un presunto rispetto del
principio della preferenza verso le sanzioni amministrative che sarebbe stato
imposto dalla Direttiva.
In realtà, nel recepimento della Direttiva, il Disegno di legge approvato
dalla Camera, nella parte relativa alla previsione del sistema sanzionatorio,
urta contro l’orientamento generale seguito parallelamente nel corso dei lavori
di riforma della tutela del risparmio, dove risulta evidente la necessità di
rafforzare la repressione attraverso un aggravamento delle pene detentive.Per
rendere effettivo il funzionamento degli istituti di controllo sono necessari
interventi repressivi pronti ed efficaci, ed a tal fine, nell’ “Indagine
conoscitiva” sopra indicata, vengono viste con sfavore le sanzioni
amministrative pecuniarie attualmente previste, che, secondo il Presidente della
CONSOB, si sono rivelate inefficaci per i seguenti motivi: a) ridotta entità; b)
lentezza delle procedure d’irrogazione; c) scarsa pubblicità delle sanzioni (in
caso di oblazione in misura ridotta) e dei risultati degli accertamenti. Tutti,
viceversa, sono orientati verso un rafforzamento della tutela penale, attraverso
un aggravamento delle sanzioni in materia societaria, l’introduzione di sanzioni
accessorie consistenti nella sospensione o decadenza dalle cariche, nella
pubblicità delle misure afflittive e nella confisca dei beni.
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11. La discussione al Senato sul Disegno di legge.
Nella discussione al Senato sul Disegno di legge, (contenente: Disposizioni
per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle
Comunità europee. Legge comunitaria 2004), tutti hanno sottolineato
l’importanza della scelta di non ricorrere per la materia del market abuse ad un
delega, ma di prevederne, saltando tutta la fase della legislazione delegata, la
diretta applicazione nell’ordinamento con disposizioni immediatamente
esecutive. La normativa, si sostiene, deve costituire la prima risposta alla
richiesta di rafforzare la tutela dei risparmiatori dopo gli scandali finanziari che
hanno recentemente colpito grandi gruppi industriali e deve costituire il primo
passaggio di un’azione parlamentare più articolata volta all’approvazione del
disegno di legge sul risparmio. Nonostante la perfettibilità del testo varato dalla
Camera, generale è stato l’accordo sulla necessità di non modificarlo onde
evitare un successivo passaggio alla Camera per l’approvazione definitiva, con
un ulteriore slittamento dei termini.
Nella Relazione della 2° Commissione permanente (Giustizia), l’estensore,
Antonino Caruso, esaminato il provvedimento, ha espresso, in data 25 gennaio
2005, un nulla osta, pur formulando alcune osservazioni critiche. Premettendo
che “In attuazione della direttiva si impone all’Italia di sanzionare le fattispecie
di abuso di mercato con sanzioni amministrative, che non possono quindi
mancare, mentre è lasciata ad una valutazione autonoma la previsione in
aggiunta di sanzioni penali, che in relazione alla loro natura dovrebbero
riguardare le fattispecie di maggiore gravità”, si fa osservare che questa
impostazione dovrebbe innovare profondamente la disciplina vigente in Italia
che prevede solo fattispecie munite di sanzione penale. Si imporrebbe,
pertanto, “una completa riscrittura del regime sanzionatorio degli abusi di
mercato, rispetto al quale le sanzioni amministrative dovrebbero costituire lo
strumento principale per la repressione degli illeciti con la possibilità peraltro
di prevedere anche sanzioni penali che dovrebbero riguardare a rigore le sole
violazioni di maggiore gravità”. Questa impostazione, che sarebbe stata seguita
dalla originaria formulazione dell’art. 9 nel testo approvato dal Senato, non
sembra che abbia trovato seguito in quello licenziato dalla Camera, “essendo –
si sostiene – le sanzioni amministrative poste sullo stesso piano di quelle penali
in quanto riferite in molti casi alle medesime condotte, senza un’articolazione
che tenga conto della diversa gravità e rilevanza delle singole fattispecie”.
Non si nasconde l’estensore il problema relativo all’ambiguità dell’inciso
“Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato” e, partendo dal
criterio di specialità fissato dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981, afferma che
nel nostro ordinamento vige il principio generale secondo cui il medesimo fatto
illecito viene in ogni caso sanzionato una sola volta o sul piano amministrativo
o su quello penale. Seguendo questi principi la clausola sopra riportata
sembrerebbe, quindi, doversi intendere nel senso di escludere l’applicabilità
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delle sanzioni amministrative qualora il fatto costituisca reato. Qualora, però,
questa fosse stata l’intenzione del legislatore sarebbe stata impiegata
l’espressione comunemente usata in questi casi “Salvo che il fatto costituisca
reato”. E l’identità delle condotte di abuso di informazioni privilegiate
penalmente rilevanti rispetto a quelle configurate come illecito amministrativo,
nonché la perfetta equiparabilità delle condotte di manipolazione del mercato,
dovrebbe indurre l’interprete a propendere per l’applicazione del principio di
specialità. Vista, però, la diversa formulazione della clausola adoperata nel
Disegno di legge, occorrerebbe orientarsi, conclude l’estensore, “verso
un’interpretazione nel senso del cumulo delle sanzioni penali ed amministrative
in quanto l’opposta soluzione – che per i motivi già detti appare però
sistematicamente più coerente se non addirittura dovuta – finirebbe per
svuotare quasi del tutto l’ambito di applicazione degli illeciti amministrativi”.
Il Ministro per le politiche comunitarie Buttiglione, nel suo intervento in
Commissione, nella seduta del 19 gennaio 2005, aveva, a sua volta, sostenuto
che “il miglioramento di un testo normativo è sempre auspicabile e fattibile,
purché effettivamente necessario”. A tal fine, invitava le forze parlamentari “ad
un esame responsabile, in considerazione del fatto che motivi di contrasto
insanabile sulla normativa in esame in realtà non ve ne sono”, e, nella seduta
del 3 febbraio 2005, ribadiva che “un nuovo passaggio all’altro ramo del
Parlamento sarebbe difficilmente giustificabile”.
Nonostante l’evidenza della gravità del problema in ordine al sistema
sanzionatorio in tema di abusi di mercato, la fretta di varare il provvedimento
impone di non tener conto di nodi inestricabili, che non vi è dubbio si porranno
nella fase applicativa della normativa sia in tema di abuso di informazioni
privilegiate che di manipolazioni del mercato.
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EU Directive on Market Abuse in the Italian Law