UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno MOLLUSCHI E CROSTACEI NELLA PIANA DI FIRENZE: IL PASSATO E IL PRESENTE Simone CIANFANELLI1, Elisabetta LORI1, Gianna INNOCENTI1, Elena TRICARICO2 & Francesca GHERARDI2 1 Museo di Storia Naturale, sezione di zoologia “La Specola”, Università di Firenze, via Romana 17, 50125 Firenze Dipartimento di Biologia Evoluzionistica “Leo Pardi”, Università di Firenze, Via Romana 17, 50125 Firenze 2 Introduzione La Piana fiorentina si sviluppa ad ovest di Firenze e comprende interamente i territori comunali di Campi Bisenzio e Signa e parzialmente i comuni di Sesto Fiorentino, Poggio a Caiano, Firenze, Lastra a Signa, Scandicci e Calenzano (Fig. 1). Questa area, fino ai primi decenni del secolo scorso, aveva risentito solo marginalmente dei drastici cambiamenti prodotti dall’uomo e aveva mantenuto una buona qualità ambientale, non essendo ancora soggetta alla pressione delle industrie e dell’agricoltura intensiva che avrebbero poi causato l’inquinamento e l’alterazione delle aree naturali. Con l’industrializzazione, si innescò un diffuso processo di urbanizzazione che vide un continuo e massiccio trasferimento di forza lavoro dalle montagne e dalle aree rurali verso i centri urbani e industriali. All’urbanizzazione si accompagnò ovviamente una forte espansione dell’edilizia e delle infrastrutture, con la conseguente alterazione e riduzione degli habitat planiziari. Questi cambiamenti, sempre più incisivi dopo la prima metà del 1900, ebbero effetti sulla fauna eteroterma locale? Abbiamo dati capaci di provare un’effettiva modificazione della fauna della Piana fiorentina nel tempo? Risposte a questi interrogativi possono essere fornite dai dati zoologici delle collezioni storiche del Museo di Storia Naturale di Firenze e dalle rare pubblicazioni scientifiche antiche. L’interesse degli zoologi della prima metà dell’Ottocento era soprattutto diretto agli animali “superiori” e spesso alla fauna esotica. Un impulso allo studio della fauna italiana e locale si ebbe sull’onda dell’unità d’Italia, che spinse molti scienziati a cercare di redigere faune regionali o nazionali al fine di sostenere le convinzioni patriottiche attraverso la scienza (Innocenti & Cianfanelli, 2008). Così furono create importanti collezioni zoologiche, anche relative a invertebrati, che costituiscono adesso reperti utili per la comprensione delle modifiche ambientali attraverso il confronto con la fauna attuale. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 1 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Nel Museo di Storia Naturale di Firenze, nella sezione Zoologica conosciuta con il nome di “La Specola”, sono conservati alcuni reperti ottocenteschi di Crostacei e molti di Molluschi terrestri e d’acqua dolce toscani. Esaminando questo materiale, è stato possibile ricavare una lista di specie di molluschi gasteropodi e bivalvi presenti allora nella Piana fiorentina. Tale lista è stata redatta rilevando i “dati di cartellino”, cioè le informazioni che i naturalisti trascrivevano assieme al nome scientifico della specie. Spesso, però, questi dati erano sintetici e mancavano di precisione. In quel periodo, infatti, non si dava molta importanza all’esatta località di raccolta: talvolta era sufficiente un’indicazione generica e ampia dell’area del campionamento. Si è deciso, perciò, di considerare anche alcuni campioni con diciture difficilmente georeferenziabili, ma che possono essere comunque indicativi per ricostruire la componente malacologica del Val d’Arno medio. Fig. 1. Piana fiorentina: delimitata in giallo la zona pianeggiante ad ovest di Firenze, entro i limiti blu la pianura compresa nei comuni di Signa, Campi e Sesto. Analisi della fauna indigena di Molluschi e Crostacei della Piana di Firenze Il medio Val d’Arno era, nei tempi antichi, un territorio paludoso continuamente soggetto alle inondazioni e al ristagno delle acque piovane e fino agli anni 40 del secolo scorso era caratterizzato da una fitta rete di canali a scacchiera. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 2 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno In tale ambiente, la fauna indigena era abbondante e diversificata; la fauna malacologica era caratterizzata da specie di gasteropodi e bivalvi di acque stagnanti o terrestri ma legate agli ambienti umidi e ripariali. Nelle collezioni storiche del Museo troviamo esemplari di 21 specie di gasteropodi, di acque lotiche e lentiche, e 8 di bivalvi (vedi Tabella) raccolti nella Piana fiorentina. Alcune di queste sono oggi assai rare, se non addirittura estinte, non solo nella Piana ma forse nell’intera Toscana. Per questo motivo, sono incluse nelle liste di attenzione della L.R. 56/2000 e considerate entità da tutelare, la cui presenza può essere motivo sufficiente per l’istituzione di un’area protetta. Varie specie di molluschi di acque palustri erano probabilmente molto comuni negli stagni e nei canali della Piana; in particolare, Physa fontinalis (Linnaeus, 1758) in quel periodo si poteva considerare un’entità banale, tanto che oltre a popolare gli acquitrini intorno a Firenze si poteva raccogliere nelle vasche dei parchi cittadini come in quelle del Giardino di Boboli (Fig. 2). Fig. 2. Campione di Physa fontinalis conservato nelle collezioni storiche della sezione di Zoologia “La Specola” del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze (Foto S. Cianfanelli). I dati museali sono significativi perché testimoniano la progressiva scomparsa di questa specie autoctona, per cause in parte ancora da accertare, e il contemporaneo insediamento di un mollusco alloctono invasivo, Haitia acuta (Draparnaud, 1805), che, trovando una nicchia ecologica parzialmente libera e forse entrando in competizione con la specie indigena, è stato probabilmente corresponsabile della sua estinzione (Fig. 3). P. fontinalis è una specie oggi protetta dalla L.R. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 3 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno 56/2000 ed è inclusa nel Repertorio Naturalistico Toscano (Re.Na.To.), dove compare con solo tre segnalazioni dal 1960. Dopo il 1985 mancano segnalazioni di questa specie, a dimostrazione che nell’arco di un secolo la situazione ambientale è mutata drasticamente. I dati delle collezioni storiche del Museo di Storia Naturale di Firenze (31 campioni provenienti da 4 province toscane: Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia) sono una prova certa di questi mutamenti. Fig. 3. A sinistra Haitia acuta, mollusco alloctono, e a destra Physa fontinalis, specie in via di estinzione (Foto S. Bambi & S. Cianfanelli). Il più grosso gasteropode basommatoforo italiano, Lymnaea stagnalis (Linnaeus, 1758) (Fig. 4), come indica il nome specifico, è legato agli ambienti di acque lentiche (stagni, paludi, laghi). Anche questo mollusco era molto comune negli acquitrini della pianura fiorentina (12 dei 42 campioni storici della Toscana conservati a La Specola), ma non si hanno segnalazioni recenti, perciò è stato aggiunto alle liste di attenzione dell’archivio Re.Na.To. Anche Planorbis carinatus (O.F. Müller, 1774), specie tutelata dalla legislazione regionale, sembra oggi assente nelle acque 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 4 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno della Piana, mentre dai dati storici di collezione risulta che fosse ampiamente e abbondantemente diffuso. Fig. 4. Lymnaea stagnalis (Foto S. Cianfanelli). Disponiamo invece di notizie relativamente recenti di un’altra specie protetta dalla L.R. 56/2000, Planorbarius corneus (Linnaeus, 1758). Nel 1988 era ancora presente negli Stagni di Focognano; da Re.Na.To. è comunque evidente che la sua distribuzione in Toscana stia subendo una contrazione, poiché i siti segnalati recentemente sono 11 (AA.VV., 2003-2008), mentre dalle collezioni storiche del Museo si deduce che questo basommatoforo fosse comune nella Piana fiorentina, così come nel resto della Toscana (21 località nelle province di Firenze, Lucca, Pisa, Prato, Pistoia). Sempre nel 1988, negli stagni di Focognano fu individuata un altro mollusco acquatico protetto, Viviparus contectus (Millet, 1813) (Fig. 5). Meno raro della specie precedentemente trattata, è comunque soggetto ad una drastica riduzione demografica dovuta alla scomparsa degli habitat lacustri nei quali vive. Segnalato recentemente in Toscana in 13 stazioni (AA.VV., 20032008), molti sono i campioni ottocenteschi che ne dimostrano una distribuzione più ampia. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 5 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Fig. 5. Viviparus contectus, gasteropode prosobranchio d’acqua dolce di notevoli dimensioni (Foto S. Cianfanelli). Dalla comparazione dei dati storici con quelli recenti appare, dunque, evidente la variazione della componente malacologica legata agli ambienti palustri: le specie un tempo comuni e abbondanti sul territorio sono oggi, in molti casi, già estinte o da proteggere per la loro rarità. E lo stesso discorso deve essere fatto per la malacofauna di acque correnti. Ad esempio, Theodoxus fluviatilis (Linnaeus, 1758), gasteropode bentonico che predilige fiumi e torrenti con acque pulite, era comune nella Piana fiorentina alla fine del 1800 e viveva, in abbondanti popolazioni, nel Fiume Arno e nei torrenti e canali della Piana (numerosi sono i reperti presenti nella collezione malacologica storica de La Specola), ma oggi è localmente estinto. Anche Belgrandia thermalis (Linnaeus, 1767), che esige torrenti e canali con acque pulite di origine sorgentizia, è segnalata storicamente in varie stazioni anche nella Piana; oggi nelle province di Firenze, Prato e Pistoia, sopravvive un'unica popolazione relegata in una sorgente alle falde della Calvana pratese (Lori & Cianfanelli, 2005), che versa in uno stato assai critico. In conclusione, il raffronto tra la fauna della Piana fiorentina all’inizio del secolo scorso con l’odierno conduce a interessanti considerazioni. Il numero attuale delle specie è simile a quello dell’inizio del 1900, ma la composizione faunistica è diversa: tre specie (B. thermalis, L. stagnalis, P. fontinalis) sono localmente estinte e tre delle specie “nuove” sono alloctone. Le collezioni 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 6 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno presentano ovvie lacune, anche perché sia i dati storici sia quelli recenti non sono stati raccolti appositamente per determinare la malacofauna dell’area esaminata: nelle collezioni storiche mancano le specie di piccole dimensioni per individuare le quali occorrono metodi più sofisticati di ricerca; non troviamo infatti taxa della famiglia dei Planorbidae (Gyraulus, Anisus) e specie crenobionti e stigobionti (Islamia, Avenionia) che erano quasi sconosciute alla fine dell’Ottocento, anche se vivono da sempre nella Piana. Inoltre, come facilmente deducibile dai cambiamenti morfologici, idrografici e dell’uso del suolo verificatisi nella Piana, la densità di molte specie palustri è diminuita drasticamente negli ultimi 50 anni. Fino alla metà del secolo scorso anche la carcinofauna autoctona probabilmente doveva essere abbondante e diversificata. I crostacei, nelle acque superficiali lotiche e lentiche, erano componenti importanti di plancton, necton e benthos. Dovevano essere diffuse dafnie (Daphnia sp.), copepodi ciclopoidi (Megacyclops sp.), anfipodi (Synurella ambulans (O.F. Müller, 1846), Gammarus sp.) e isopodi (Asellus aquaticus (Linnaeus, 1758)), mentre nelle acque di falda venivano spesso raccolti anfipodi ciechi del genere Niphargus, ancora oggi presenti nella fauna stigobionte, come risulta dai campionamenti effettuati nei pozzi del complesso de La Specola (Vigna Taglianti, 1968; Ruffo & Vigna Taglianti, 1968; Messana, 1971, Vanni et al., 1987). Nel caso dei crostacei decapodi, i granchi (Potamon fluviatile (Herbst, 1785)), in epoche risalenti almeno alla fine della seconda guerra mondiale, erano abbondanti nei fossi ai piedi della collina di Monte Morello (Piero Parigi Bini, Ricerche su una particolare industria sestese: l’allevamento dei granchi di acqua dolce. Raccolta fedelissima delle notizie avute dagli allevatori stessi. Relazione inedita manoscritta, Sesto Fiorentino 23 febbraio 1946, 7 pp.), mentre i gamberi di fiume (Austropotamobius italicus (Faxon, 1914)) erano storicamente assenti nella Piana, ma presenti nel torrente Carzola, a est della Piana, ad una altitudine maggiore rispetto ai corsi d’acqua occupati dai granchi. La citazione della presenza nel fiume Arno nel comune di Firenze del gamberetto di fiume Palaemonetes antennarius non è confermata da campionamenti recenti (Vanni et al., 1987). È dimostrata la presenza di Atyaephyra desmarestii (Millet, 1831), un piccolo e trasparente gamberetto di fiume, individuato nei “lavaroni” d’Arno nel 1886, che recentemente non è stato più raccolto nell’area. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 7 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Fig. 6. Alcuni stralci del manoscritto inedito di Piero Parigi Bini (1946). In alto: parte della prima pagina, al centro: le località di raccolta citate, in basso: la firma autografa dell’autore (dall’archivio storico del Museo La Specola). Tra gli abitanti di San Martino a Sesto, sicuramente fino agli anni 50 del secolo scorso, era diffusa l’attività di raccolta dei granchi di fiume a fini alimentari. Gli animali erano catturati nei 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 8 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno fossi di Rimaggio e del Chiosina (Ettore Granchi, com. pers.), sul Monte Morello (Ghigi, 1915; AA.VV., 1996) e a Signa, Legri, le Croci di Calenzano e Cornocchio (Piero Parigi Bini, 1946, relazione inedita) (Fig. 6). L’antico mestiere di “granchiaio”, attività unica del territorio di Sesto (testimoniato anche dalla frequenza del cognome “Granchi” nella popolazione sestese), era intrapresa a livello familiare e costituiva una fonte di reddito stagionale (Fig. 7). I granchi erano allevati singolarmente in caratteristici cocci che erano impilati uno sull’altro e conservati al caldo in apposite stanze o in angoli dell’orto di casa, fino a quando i granchi non mutavano e potevano così essere venduti come “granchi teneri” al mercato di Sesto o di Firenze (AA.VV., 1996) (Fig. 8). Fig. 7. Immagine di “granchiaio” estratta dall’articolo di Ghigi (1915). 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 9 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno I granchi che non mutavano e che quindi non erano utilizzabili per il commercio erano usati come medicamento per le affezioni alla gola oppure come concime per la coltivazione dei fagioli. L’allevatore utilizzava così interamente la risorsa “granchio”, non sprecando alcun esemplare. Fig. 8. I caratteristici “cocci” impilati dove erano allevati i granchi. A lato, due granchi nei contenitori, e due esemplari di “granchi teneri” con la loro muta (foto dell’archivio storico del Museo La Specola). Le specie oggi dominanti nella Piana sono le alloctone La fauna carcinologica (e non solo) della Piana è dominata oggi dal gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii (Girard 1852), noto in Italia come il “gambero killer” (Fig. 9). A partire dagli anni ’60, questa specie, originaria degli Stati Uniti centro-meridionali e del Messico nord-orientale, è stato introdotta in tutti i continenti (eccetto l’Australia e l’Antartide) in quanto specie elettiva per l’asticicoltura (Gherardi & Holdich, 1999). Come spesso accade, la fuga (o il rilascio volontario) di animali dagli stabilimenti di acquacoltura ha causato lo stabilizzarsi di popolazioni riproduttive negli ambienti naturali. In effetti, alcuni aspetti della biologia della specie che ne favoriscono l’allevamento sono anche prerequisiti della sua elevata capacità di adattamento ad ambienti diversificati e quindi del suo comportamento invasivo: P. clarkii è altamente resistente alle malattie, è generalista e opportunista nelle sue abitudini trofiche (Gherardi & Barbaresi, 2007), 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 10 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno ha un’elevata plasticità, è altamente fecondo e manifesta una forte tolleranza a condizioni ambientali estreme (Gherardi, 2006). Inoltre, è capace di sopravvivere a lungo in condizioni asfittiche o addirittura in assenza di acqua (Gherardi et al., 1999) e si diffonde attivamente, percorrendo lunghi tratti in ambiente sub-aereo (Gherardi & Barbaresi, 2000). Fig. 9. Procambarus clarkii, comunemente conosciuto come gambero killer o gambero rosso della Louisiana (Foto S. Bambi). L’impatto ecologico che questa specie esercita sulle aree invase è ben documentato (Gherardi, 2007). La sua comparsa negli ambienti naturali è, infatti, sempre associata ad una drastica riduzione della biodiversità. Preda macrofite, molluschi, insetti, anfibi e pesci (Gherardi et al., 2001; Renai & Gherardi, 2004; Gherardi & Acquistapace, 2007), modifica in modo drammatico la rete trofica (Gherardi, 2007) e determina per via diretta o indiretta l’estinzione locale di specie, come nel caso del tritone Taricha torosa della California. Compete con successo con le popolazioni del gambero indigeno Austropotamobius italicus nell’aggressione diretta per l’occupazione dei rifugi (Gherardi & Cioni, 2004). Contribuisce anche per via indiretta alla drastica riduzione a cui sono oggi soggette le popolazioni del gambero autoctono, in quanto vettore “sano” dell’oomicete Aphanomyces astaci, agente eziologico della “peste del gambero”. Anche quando le due specie non sono in sintopia, le spore di A. astaci possono diffondersi perché aderiscono alle attrezzature di pesca, alle scaglie dei pesci o alle penne degli uccelli. Inoltre, a causa della sua intensa attività di scavo, P. clarkii provoca 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 11 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno danni strutturali agli argini e incrementa la torbidità dell’acqua, riducendo la produttività primaria delle piante bentoniche. Infine, questa specie accumula concentrazioni relativamente elevate di metalli pesanti nell’epatopancreas (Gherardi et al., 2002) e di tossine prodotte da microalghe di cui si nutre (Gherardi & Lazzara, 2006) soprattutto nell’intestino (Tricarico et al., 2006), costituendo una seria minaccia per la salute dei suoi consumatori, incluso l’uomo. La presenza di questa specie invasiva nella Piana risale alla metà degli anni ’90. A partire dal 1996, le popolazioni di P. clarkii nella Piana sono state oggetto di studio da parte di ricercatori del Dipartimento di Biologia Animale e Genetica (oggi Dipartimento di Biologia Evoluzionistica) dell’Università di Firenze in collaborazione con il Museo di Storia Naturale della stessa Università. Questa ricerca ha chiarito la struttura e la dinamica delle popolazioni del gambero (Gherardi et al., 1999) e i ritmi di attività (Barbaresi et al., 2004a). In particolare, si è osservato che la sua intensa attività di scavo (Barbaresi et al., 2004b; Fig. 10) è il risultato dell’uso consumistico che questa specie fa delle tane. Infatti, i gamberi, alla fine della fase di foraggiamento, anziché occupare la tana originaria, ne costruiscono una nuova. Le tane, una volta abbandonate, presto collassano, favorendo il crollo degli argini. Fig. 10. Vari tipi di tane di Procambarus clarkii (Foto F. Gherardi & S. Cianfanelli). 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 12 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Fino a poco tempo fa si pensava che l’area “donatrice” della popolazione di P. clarkii della Piana fosse il Lago di Massaciuccoli. Questo lago, infatti, è il primo ambiente acquatico della Toscana ad essere stato colonizzato dalla specie, nel 1993, quando vi si riversarono animali fuggiti da un allevamento di Massarosa (Barbaresi & Gherardi, 2000). In realtà, uno studio recentemente condotto (Barbaresi et al., 2003, 2007) ha mostrato differenze significative nella struttura genetica tra la popolazione della Piana e le altre popolazioni analizzate, facendo dunque pensare a un’introduzione da altre aree donatrici. I gamberi della Piana potrebbero provenire dalla Repubblica Popolare Cinese, dove l’allevamento di questa specie è praticato dal 1990. Questa ipotesi sembra essere confermata dall’elevato numero di immigrati cinesi presenti nell’area, in particolare all’Osmannoro, e dal fatto che, come da noi documentato, la pesca dei gamberi costituisce un’attività assai diffusa da parte di questi cittadini. I gamberai cinesi di oggi sembrano dunque avere sostituito i granchiai sestesi del secolo passato. Ma cosa dire della sicurezza alimentare di gamberi che vivono in un ambiente soggetto a svariate forme di inquinamento? Sarebbe auspicabile una regolamentazione dell’attività di pesca del gambero in quest’area e sarebbe necessario un controllo attento dell’uso di tale prodotto. I molluschi alloctoni accertati nella Piana fiorentina sono 4 (vedi Tabella), pari al 13% della componente malacologica di recente rilevamento. A parte Haitia acuta, il primo mollusco d’acqua dolce introdotto in Italia fin dalla seconda metà dell’Ottocento dal Nord America (Cianfanelli et al., 2007), gli studi sull’impatto di molti molluschi introdotti sono ancora insufficienti. Per esempio, non si conoscono gli effetti sulla fauna bentonica autoctona di Ferrissia wautieri Mirolli, 1960, un piccolo gasteropode estremamente mimetico, segnalato per gli stagni di Focognano già negli anni ‘80 (Talenti & Cianfanelli, 1989). Potamopyrgus antipodarum (Gray, 1843) e Anodonta woodiana (Lea, 1834) hanno una più alta invasività potenziale. Il primo, originario della Nuova Zelanda, può costituire colonie composte da miliardi di individui e la modalità riproduttiva per partenogenesi facilita la sua diffusione (Favilli et al., 1998). A. woodiana, grosso bivalve (30 cm) proveniente dalla Cina, è ormai presente in buona parte della penisola italiana (Cianfanelli et al., 2007). Caratterizzato da un’elevata valenza ecologica e da un’ottima resistenza agli inquinanti, presenta tutte quelle caratteristiche che fanno di una specie un ottimo invasore. Sicuramente, a causa di fenomeni di competizione, la sua presenza può portare alla progressiva riduzione numerica di altri unionidi autoctoni, tra cui U. mancus, protetto dalla legislazione europea, italiana e regionale. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 13 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Fig. 11. Canali presso Focognano, dove volatili come aironi e anatre convivono con specie alloctone come il gambero killer e la nutria (Foto S. Cianfanelli). Ipotesi di mitigazione del fenomeno invasivo Per essere contrastato, il fenomeno invasivo deve essere conosciuto; devono dunque essere chiariti la tassonomia delle specie alloctone presenti sul territorio, la loro provenienza e il loro eventuale impatto (Gherardi et al., 2008). La conoscenza scientifica della biologia della specie su cui si opera è infatti indispensabile per approntare qualsiasi forma di intervento. Nonostante l’ovvietà di questa affermazione, abbiamo assistito di recente ad azioni che non sembrano essere state supportate da adeguate competenze scientifiche e che potrebbero quindi risultare rischiose per l’ambiente, quali l’inserimento da parte della Regione Toscana di una specie alloctona e ad elevata potenzialità invasiva, come Micropterus salmoides Lacépède, 1802, nell’elenco delle specie di fauna ittica “a rischio o meritevoli di tutela” (L.R. 7/2005). È invece raccomandabile usare particolare attenzione nella gestione di specie alloctone per evitare gravi errori, quali l’introduzione volontaria in tratti di corsi d’acqua ancora indenni, come successo nella Pianura Padana con il bivalve Dreissena polymorpha (Pallas, 1771) utilizzato come bioindicatore. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 14 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Tra le cause più frequenti dell’introduzione di molluschi non indigeni ci sono i ripopolamenti ittici (Gherardi et al., 2008). Gli Unionidi come A. woodiana presentano uno stadio larvale, il glochidio, che parassita le branchie dei pesci. Una volta che questi sono rilasciati in un nuovo bacino, la larva, trasportata passivamente, può dare origine ad una nuova popolazione. Anche P. antipodarum è spesso veicolato insieme ai pesci da semina, a dimostrazione di quanto l’uomo possa essere responsabile, direttamente o indirettamente, dei cambiamenti ambientali che possono condurre alla perdita di biodiversità locale. Il metodo che si decide di adottare per la mitigazione dei danni delle specie invasive deve essere sicuro per l’ambiente e per la salute dell’uomo e degli animali domestici; deve essere giustificabile dal punto di vista etico; deve essere economico e facilmente gestibile; deve infine essere dotato di un’elevata probabilità di successo. Al successo ovviamente contribuisce l’educazione di tutti coloro che fruiscono dell’ambiente, incluso il largo pubblico dei “non addetti ai lavori”. In Italia, le proposte di intervento nei confronti di P. clarkii sono state numerose ma, soprattutto a causa delle risorse finanziarie esigue e della durata limitata di ogni singolo progetto, si sono ad oggi limitate alla sperimentazione, spesso in laboratorio, di tecniche per la riduzione numerica delle popolazioni invasive. I metodi investigati comprendono il trappolaggio (Patrizia Acquistapace, com. pers.) e l’uso di biocidi (Morolli et al., 2006), di feromoni sessuali (Aquiloni, 2008) e di predatori indigeni quali l’anguilla (Laura Aquiloni, com. pers.), ma fino ad oggi le promesse di successo sono apparse ancora limitate. Un metodo da noi recentemente investigato che ha prodotto risultati promettenti è la “Sterile Male Release Technique” (SMRT). Questa tecnica, ampiamente utilizzata in campo entomologico, si basa sul rilascio in natura di maschi sterili o parzialmente fertili, ma ancora in grado di competere sessualmente con i maschi selvatici interferendo con il successo riproduttivo di questi ultimi. Recentemente, è stata valutata la possibilità di ottenere maschi sterili attraverso l’esposizione a radiazioni ionizzanti: i risultati mostrano una riduzione media della fertilità pari al 43% senza che vitalità, competitività ed attrazione sessuale dei maschi risultassero compromesse (Aquiloni et al., 2008). Concludendo, per impedire nuove introduzioni di specie non indigene e per ostacolare la loro ulteriore diffusione l’intervento più efficace è quello preventivo (Genovesi & Shine, 2004), che deve essere accompagnato da una buona educazione ambientale e dall’implementazione e dal rispetto delle normative. Nei confronti delle specie già presenti sul territorio, sono necessari interventi di mitigazione dei danni che devono comunque essere sempre supportati dalla conoscenza scientifica della biologia e dell’ecologia della specie oggetto dell’intervento. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 15 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Conclusioni La Piana Fiorentina è assai compromessa da un punto di vista ambientale: poche sono le aree che mantengono qualche vestigia di integrità, erosa anno dopo anno da nuove opere infrastrutturali e di edilizia alle quali si aggiungono inquinamenti di vario tipo e l’introduzione e diffusione di fauna alloctona (Fig. 11). La scommessa è quello di un effettivo recupero che migliori ed estenda l’esperienza dell’ANPIL di Focognano (Fig. 12) e che preveda investimenti e ricerche per permettere di intervenire in azioni atte ad una effettiva riqualificazione di alcuni ambienti. Fig. 12. Ambienti palustri alla base della collina artificiale della discarica di Case Passerini nella Piana fiorentina (Foto S. Cianfanelli). Ringraziamenti Ringraziamo Ettore Granchi che ci ha fornito le preziose informazioni storiche sulla fauna carcinologica della piana sestese. 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 16 UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO Atti del Convegno Bibliografia AA.VV., 1996. Possidenti Contadini Artigiani: la popolazione tra ‘700 e ‘800 nei documenti degli archivi storici comunali, P. Benigni e G. Todros (a cura di), Manent, Campi Bisenzio, 127 pp. AA.VV., 2003-2008. Repertorio Naturalistico Toscano Re.Na.To. Banca dati delle specie, habitat e fitocenosi di interesse conservazionistico, http://web.rete.toscana.it/renato/benvenuto.htm (data di accesso 31/03/2008). Aquiloni L., 2008. 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X X X X X X X X X X X X X X 14 X 31 X X X X 5 X 9 4 9-10 maggio 2008 – Polo Scientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino, Università di Firenze 20