primo piano
Metodo
Stamina
facciamo
chiarezza
Il caso della bambina
affetta da una grave
malattia genetica curata
con le cellule staminali
ha riempito le pagine dei
giornali. Spesso però
ci si lascia sopraffare dalla
commozione e si danno
giudizi senza conoscere
realmente l’intera vicenda.
Proviamo allora a cercare
di capire qualcosa di più
28
Lo
specialista
Il professor Michele De Luca
è ordinario di biochimica all’Università di Modena e Reggio
Emilia, direttore del Centro di
medicina rigenerativa Stefano
Ferrari e del Centro interdipartimentale cellule staminali e
medicina rigenerativa. Considerato il massimo esperto
mondiale nel campo dell’applicazione clinica delle cellule
staminali degli epiteli di rivestimento, ha per primo messo a
punto, assieme alla professoressa Graziella Pellegrini, colture di cellule staminali limbocorneali per la rigenerazione
della cornea, una tecnica oggi
applicata in
tutto il mondo,
in grado di restituire la vista
a malati con
gravi ustioni
della superficie
oculare.
I
l 21 marzo scorso, un de­
creto legge approvato dal
Consiglio dei ministri ha
di fatto concesso di por­
tare a termine la cura con il
cosiddetto metodo Stamina a
chiunque l’avesse cominciata e
non avesse finora subìto gravi
ef­fetti collaterali. Secondo Re­
nato Bal­duzzi, ministro della
salute all’epoca dei fatti, il
provvedimento è sta­to dettato
dal principio etico per cui un
trattamento sanitario già av­
viato, che non sembra presen­
tare controindicazioni, non
deve essere interrotto. Ta­le
presa di posizione ha sca­te­nato
critiche feroci, anche a livel­
lo internazionale, e sospiri di
sollievo in tante altre persone,
soprattutto nei genitori dei
bambini affetti da malattie ra­
re e incurabili che hanno visto
in tale metodo un’ancora di
salvezza a cui aggrappare le
proprie speranze. Per l’ex mi­
nistro Balduzzi, insomma,
questo era un atto dovuto, per
togliere alle aule dei tribunali
e ai giudici il peso di interpre­
tare una legge sul cosiddetto
“uso compassionevole dei
far­maci”, che dava adito a co­
sì tante contraddizioni da con­
sentire ad alcuni malati di
accedere alla cura e ad altri
no. In tale decreto, però, non
sta scrit­to da nessuna parte
che si ri­conosce ufficialmente
la validità del metodo in que­
stione: si af­ferma soltanto che
chi ha cominciato un percorso
terapeuti­co, qualunque esso
sia, lo può portare a termine.
E, per il futuro, si promettono
linee guida e controlli, non si
sa bene però quando e come.
Se da un lato il decreto pare
salvare capra e ca­voli, toglien­
do definitivamente questi e
altri casi dalle mani della giu­
risprudenza, dall’altro apre a
vecchi e nuovi interrogativi,
molti dei quali pesantissimi.
L’inizio
della vicenda
A decisione presa e a caos me­
diatico calato di tono, per gli
spettatori che hanno assistito
confusi all’intera vicenda le
prime questioni sul tavolo sono
scontate: chi sono i veri buoni
e i veri cattivi in tutta questa
storia, se così si può banalizza­
re? Perché il Ministero, almeno
in un primo momento, e tanti
scienziati che lavorano quoti­
dianamente con le staminali
hanno fatto muro contro il me­
todo Stamina? Ma se questi
bambini non hanno più nulla
da perdere, che cosa costava
tentare il tutto per tutto e ali­
mentare per lo meno la speran­
za? Quanta parte ha avuto l’e­
motività e quanta la ragionevo­
lezza e il buonsenso? E adesso,
soprattutto, che cosa succede­
rà? Per dare una risposta a
questi e ad altri quesiti, comin­
ciamo con un veloce riassunto
della faccenda. Da alcuni loca­
li degli Spedali civili di Bre­
scia, il professor Davide
Vannoni, direttore della
Fondazione Stamina, afferma di poter curare numerose malattie, soprattutto quel­
le neurodegenerative* come le
paralisi, le sindromi neurologi­
che e alcune ma­lattie congeni­
te. Appena la notizia si sparge,
aumentano le persone che vor­
rebbero approfittarne per stare
meglio o addirittura guarire.
Ma come mai un privato può
usufruire di una struttura pub­
blica per somministrare la sua
cura, fra l’altro brevettata?
Cure
compassionevoli?
L’appiglio è dato proprio dalla
legge italiana che, con il de­
creto ministeriale 8 maggio
2003 “Uso terapeutico di me­
dicinale sottoposto a speri­
mentazione clinica”, prevede
che farmaci sperimentali ita­
liani o stranieri possano es­
sere somministrati ad amma­
lati che non han­no altre risor­
se, sempre che le probabilità
rischio/beneficio appaiano
Una storia
esemplare
A chi pensa che nel nostro
Paese non esista una ricerca seria, che non promette
ciò che non può mantenere ma che, quando cura,
cura davvero, basterebbe
questa storia. Sebastian è
un bambino statunitense
nato con una forma di immunodeficienza ereditaria
gravissima, l’Ada-Scid*. La
sua malattia non gli permetteva di uscire all’aria
aperta e di giocare con gli
altri bambini, perché anche un minimo contatto
con l’esterno sarebbe stato
per lui letale. Grazie alla
ricerca Telethon, ora Sebastian ha nove anni e vive
una vita normale. Dopo
aver superato con successo l’intervento di terapia
genica condotto in Italia
all’Istituto Telethon di Milano, il bimbo ha potuto per
la prima volta andare al
cinema, fare una passeggiata in un parco, organizzare con i genitori un picnic all’aperto. «Sebastian
adesso è felice» racconta
la mamma. «È un bambino come tutti gli altri e fa
tantissime cose che prima
non poteva fare». La vera
ricerca resta molto importante per le persone come
Sebastian, che aspettano
ancora una cura autentica.
29
metodo stamina: facciamo chiarezza
favorevoli. «Ma il metodo Van­
noni non dovrebbe essere in
alcun modo considerato una
cura compassionevole sempli­
cemente perché è una noncura, a base di cellule non
identificate né caratterizzate,
coltivate in laboratori non
qualificati e somministrate in
malattie per le quali non esiste
neanche una motivazione per
una cura con le stesse» afferma
il professor Michele De Luca,
che si occupa da oltre 25 anni
di terapie cellulari per malattie
rare. «Per rientrare nella cate­
goria di cura compassionevole,
un qualsiasi farmaco (inclusa
la coltura di cellule), ancorché
non formalmente autorizzato,
deve aver intrapreso un iter
regolatorio e autorizzativo
ben preciso, che prevede stu­
di preclinici e sperimentazioni
cliniche di Fase I/II*, che dia
già indicazioni sia sulla sua
sicurezza sia sulla sua effica­
cia. Questa cosiddetta cura non
solo non è sostenuta da alcuna evidenza di efficacia
per le patologie per le quali è
proposta, ma non ha dato alcu­
na evidenza di essere sicura. In
sostanza, non si ha alcun dato
sul rapporto rischio/beneficio
di questa pseudoterapia».
I
primi dubbi:
parte l’inchiesta
E, in effetti, su tale cura co­
mincia anche a sorgere qual­
che interrogativo già dal 2009,
quando i familiari di alcune
persone prese in cura da Van­
noni non vedono alcun miglioramento nel decorso della
malattia, nonostante le migliaia di euro sborsate. Anche
sulla figura del professore c’è
qual­che ombra. Perché Davide
Vannoni è sì docente, ma di
Scienze cognitive alla Facoltà
di lingue e letterature stra-
dell’Università di Udine
e la sua attività scientifica si
limita a tre pubblicazioni nel
medesimo ambito scientifico.
Che c’en­trerebbe, quindi, con
queste cose? Anche l’Istituto
niere
superiore di sanità esprime
su
questo metodo, in cui non vede
alcuna base scientifica. Parte
così l’in­chiesta del pm Antonio
Gua­riniello, che muoverà i Nas
(Nuclei antisofisticazione dei
Carabinieri) e l’Aifa (l’Agenzia
italiana del farmaco) che, a lo­
ro volta, scopriranno numerose irregolarità, non solo dal
punto di vista amministrativo.
Mentre l’inchiesta fa il suo cor­
so, la cura Stamina continua a
parecchie perplessità
Che cosa
sono le
staminali?
Le staminali sono cel­lule
im­mature, non ancora specializzate e senza una funzione specifica, pre­senti
nel­l’organismo. So­no in
gra­do di proliferare, dando origine a diversi ti­pi di
cel­lu­le. Si de­fi­niscono totipotenti le cellule staminali
che possono dar luogo a
tut­ti i tessuti, multipotenti
quel­le che possono dar
luo­go ad alcuni tipi di cellule o tessuti, unipotenti
quelle che possono dar
luo­­go soltanto a un tipo
cel­lulare. Le staminali embrionali sono totipotenti e
so­no quel­le che costituiscono l’embrione nelle primissime fasi di sviluppo. Quelle adulte sono invece multi­
po­tenti (come quelle ema­
to­­poietiche e mesenchimali) o unipotenti (come ­­le
epiteliali) e si trovano nel
midollo osseo, nel cor­done
ombelicale e, in genere,
nei tessuti dell’organismo
già formato. Le embrionali hanno alte capacità di
pro­liferazione, perciò sono
mol­to richieste per uso terapeutico. Le cellule staminali adulte provvedono
in­vece al mantenimento
dei tes­suti e alla loro eventuale riparazione, ma le
lo­ro capacità sono limitate.
essere somministrata su ordine
dei tribunali, con provvedimen­
to d’urgenza. La motivazione è
la medesima che permetteva la
pratica nell’ospedale bresciano:
l’interpretazione della legge
sulle “cure compassionevoli”.
Dall’ispezione al laboratorio di
Vannoni, però, emergono fatti
gravissimi: i campioni di cellu­
le sono conservati in modo
approssimativo e inquinati,
le cellule staminali usate han­
no tutte provenienza diversa
(alcune giungono persino da
altri ammalati, con possibile
trasmissione di gravi malattie),
non sembra esistere alcun
protocollo medico, non ci
sono studi preclinici e, soprat­
tutto, nes­suno vuole spiegare in che co­sa consistano
queste cure e per quali moti­
vi debbano essere ritenute effi­
caci. Oltretutto, seb­bene la
Fondazione si dichiari onlus,
per curarsi da lo­ro occorre
spendere decine di mi­gliaia di
euro. Davanti a tut­to ciò, la ma­
gistratura non ha che una scel­
ta: bloccare tutto.
Il seguito:
l’appello e lo sdegno
Se la storia finisse qui, si trat­
terebbe dell’ennesimo ciarlata­
Troppa gente è
indotta a credere
che queste cellule
oggi possano
curare ogni tipo
di malattia. Ma
purtroppo questa
non è la verità
30
no che vuole curare i tumori
sfruttando l’emotività di perso­
ne che soffrono e che, però, la
legge riesce a fermare prima
che faccia troppi danni, sebbe­
ne quest’attività vada avanti
dal 2009, anno in cui parte
l’inchiesta. E varrebbe la pena
rileggere le pagine dei giorna­
li di allora per trovare toni ben
diversi da quelli prudenti di
oggi. Perché oggi, appunto,
non solo la storia prosegue ma,
anzi, può dirsi appena comin­
ciata. Per contrastare il veto
delle istituzioni, infatti, parto­
no i ricorsi in tribunale. Qual­
cuno vince la causa, qualcuno
la perde... In mezzo a questa
confusione di sentenze contraddittorie, entra a gamba
tesa Giulio Golia, inviato de
Le Iene, con un paio di servizi
strappalacrime. Soprattutto
quello della piccola Sofia, af­
fetta da una rara malattia ge­
netica neurodegenerativa, la
leucodistrofia metacromatica,
che ha esito letale entro cinque
anni dai primi sintomi. E Sofia
ne ha già tre e mezzo. «Perché
ad altri bambini sì e a nostra
figlia no?» si chiedono sconvol­
ti i genitori della piccola, che si
sono visti rifiutare dal giudice
il proseguimento della cura
Vannoni. E, in effetti, la do­
manda è più che lecita: se la
bontà o meno di una cura è
alla fine decisa dalla libera in­
terpretazione di una legge, che
può variare da giudice a giudi­
ce, che tipo di giustizia reale si
ottiene? Ma l’interrogativo per­
de importanza di fronte all’opi­
nione pubblica, che in questa
vicenda sbarra gli occhi su una
sola cosa: c’è una cura per la
piccola Sofia, mentre Stato e
magistrati vogliono impedire
che la bimba possa guarire! E
così si scatena il caos.
Fra
compromessi
e capitolazione
Il Ministero della salute cerca
compromessi e accordi per ten­
tare di restare nei limiti della
legalità e della ragionevolezza,
ma i genitori di Sofia non ci
stanno: vogliono solo e soltanto
il metodo Vannoni, niente di
più, niente di meno. La gente
comincia a protestare a ogni
livello, pensando che esista
davvero una cura, da qualche
parte, che per qualche stupido
impedimento burocratico le au­
to­rità non vogliono sia usata.
Una lettera aperta di 13 scienziati, inviata al Ministero della
salute, tenta di riportare la vi­
cenda su ragionamenti più
scientifici e razionali, ma ha il
difetto di esprimersi in manie­
ra troppo algida su una questione che ormai pare gestita dalla pura emozione. Alla
fine, insomma, il Ministero
cede e produce il decreto legge
che permette di proseguire la
cura. In una trasmissione de
Le Iene successiva al decreto
liberatorio, dopo che il tribuna­
le di Livorno aveva consentito
ai genitori di Sofia di prosegui­
re la cura, Giulio Golia afferma
testualmente che i genitori di
Sofia «hanno dato scacco alla
burocrazia» e, ancora una volta
parlando del metodo Vannoni,
che è «una cura non sperimen­
tata a sufficienza, ma consenti­
ta dalla legge, poiché non esi­
stono altre cure possibili» deli­
neando in due parole quanto
dai media è stato espresso su
questa vicenda. «Il problema,
però» ribadisce ancora il pro­
fessor De Luca, che compare
anche fra i 13 firmatari della
famosa lettera all’ex ministro
Balduzzi «è che non è affatto
così. E qui forse dobbiamo tut­
ti fare un po’ un mea culpa,
soprattutto noi scienziati che
lavoriamo con le staminali,
perché non siamo riusciti a far
passare la verità: che il metodo Stamina non è in alcun
modo una cura».
Che cosa curano
davvero
«Quando si parla di cellule
me­senchimali, cioè tratte dal
tessuto connettivo embrionale
(ad­dirittura non necessaria­
mente le staminali mesenchi­
mali), la gente è portata a rite­
nerle la panacea di tutti i
ma­li» dice il professore. «Per
la gente, ormai, curano tutto.
Così, quando è emersa questa
vicenda, tutti hanno pensato
che Vannoni avesse davvero
u­na cura, magari non ortodos­
sa, magari non sicura, ma co­
munque una cura a base di
mi­racolose staminali che desse
almeno una fle­bi­le speranza.
Non è così. Come si può solo
pensare una co­sa di questo ge­
nere?». Detto questo elen­
chiamo che cosa si cura dav­
vero con queste cellule. «Con
le embrionali, per adesso, non
si sta curando nulla: so­no an­
cora in fase di sperimentazione clinica di Fase I/II e limi­
tatamente a malattie re­tiniche»
31
metodo stamina: facciamo chiarezza
prosegue il professore. «Le
staminali indotte sono an­cora
in fase di ri­cerca di base e
preclinica: non siamo ancora
ben certi di come funzionino e
se siano davvero in tutto e per
tutto simili a quel­le embriona­
li. Le uniche cure vere e pro­
prie le stiamo rea­lizzando con
le staminali adulte, in parti­
colare con quel­le ematopoieti­
che (del sangue) per la terapia delle leucemie e con
quelle epiteliali (per esempio
della pelle e di al­tri tessuti co­
me la cornea), usate anch’esse
in tutto il mondo, per le terapie
delle grandi ustioni della cute e della cornea». Ciò che
oggi si cura con queste ultime
cellule può sembrare poco, ma
è molto importante. Si usa il
trapianto del mi­dollo osseo o
di cellule del cordone ombelicale (nei bambini) per le
malattie del sangue e alcuni
tumori. Esiste l’au­totrapianto
di cornea generata in vitro da
cellule del limbus dell’occhio
controlaterale nelle ustioni del­
la cornea; l’autotrapianto di
epidermide coltivata nei grandi
ustionati; la te­rapia delle im­
munodeficienze con­genite con
l’autotrapianto di cel­lule ema­
topoietiche, geneticamente cor­
rette; in­fine, è in fase di speri­
mentazione la terapia genica
dell’epidermolisi bollosa*
con autotrapianto di cellule
staminali epi­der­miche geneti­
camente corrette. In questa li­
sta non c’è la malattia di Sofia,
che però è in fase avanzata di
studi preclinici per un approc­
cio basato sulla terapia genica
con cellule ematopoietiche.
Ossa,
cartilagine
e midollo
Ma, forse, il metodo Vannoni è
il colpo di genio di un singolo,
32
che è riuscito a trovare una
stra­da dove tutti gli altri ricer­
catori non sono arrivati. «Cer­
chiamo di capirci» dice il pro­
fessor De Luca «in natura esi­
stono cose possibili e cose im­
possibili, che non si possono
pro­prio fare, a meno che non si
vo­glia credere ai miracoli.
Quel­lo che non siamo riusciti a
comunicare è che la cosiddetta
cura Stamina vorrebbe fare
u­na di quelle cose impossibili.
Perché? Perché è contraria
per­sino alle nozioni base
del­la biologia. Per questo non
ci sono ma e non ci sono forse.
Fa parte di quello che io e altri
miei colleghi definiamo il mercato della speranza. Vanno­
ni usa cellule staminali adulte
me­senchimali, ossia staminali
che si trovano soprattutto nel
mi­dollo osseo. Ora, queste cel­
lule non fan­no miracoli solo
per il fatto che si chiamano
staminali: pos­sono tutt’al più
generare cartilagine, osso e
midollo osseo. Se Vannoni le
inietta alla piccola Sofia e agli
altri malati affetti dalle svaria­
te malattie che si propone di
curare, la più rosea delle ipote­
si è che si trasformino appunto
in quei tessuti per i quali han­
no la loro ragion d’essere. Ma,
in realtà, non arrivano nep­pure
Chi pro e
chi contro
Che sia dalle pagine di
Na­ture, la più importante
rivista al mondo di ricerche
biomediche, che sia dalla
voce del dottor Shinya Yamanaka, premio Nobel
per la riprogrammazione
di cellule staminali adulte
in staminali pluripotenti,
non c’è scienziato che non
si sia scagliato contro il
me­todo Stamina e la decisione del governo italiano
di far proseguire agli ammalati questa cura. Il muro
compatto d’opposizione
da parte della scienza internazionale dovrebbe far
sorgere qualche dubbio,
dunque, in chi è a favore.
Ma chi è a favore di questo metodo? Per lo più personaggi dello spettacolo,
della Tv e della politica,
che hanno seguito l’onda
e­motiva scatenata dai servizi delle Iene e dalla lettera aperta pubblicata sul
Cor­riere del­la Sera da
Adriano Celentano. Questi
pareri favorevoli, però, si
ba­sano su un’errata convinzione: che ci sia davvero una cura e che qualcuno
la voglia impedire. Purtroppo, che il metodo Sta­mina
serva davvero a qualcosa,
in mancanza di prove
scientifiche, lo afferma soltanto il dottor Vannoni.
Anche Adriano
Celentano, sull’onda
emotiva, ha rivolto un
appello alle istituzioni
perché concedessero
il trattamento
Stamina alla
piccola Sofia
a tanto: finiscono nel flusso
sanguigno e, verosimilmente,
si fermano nei polmoni, il pri­
mo filtro che incontrano, dove
restano a degenerarsi, spe­
rando che non facciano danni».
Una blanda azione
antinfiammatoria
Quella di Sofia è una malattia
neurodegenerativa di origine
genetica. Ciò significa che, an­
che se venissero iniettate me­
senchimali autologhe (ossia del
paziente stesso) e queste riu­
scissero ipoteticamente a so­
stituire un tessuto nervoso di­
strutto, quello nuovo continue­
rebbe a subire l’attacco della
malattia, che è appunto scrit­ta
nei geni della piccola. In o­gni
caso, quindi, non riuscirebbero
mai a risolvere la malattia né a
impedirne il decorso. Può capitare, al massimo, che alcuni sintomi possano es­sere
dalle cellule me­
senchimali, perché a volte
sem­brano avere azione antin­
fiammatoria, e i nervi sono co­
stan­temente infiammati, a cau­
sa dell’attacco della malattia.
Le staminali da donatore, inve­
ce, sarebbero rigettate e avreb­
bero quindi una vita limitata. I
miglioramenti visti dai genitori
della piccola, insomma, sareb­
mitigati
metodo stamina: facciamo chiarezza
bero soltanto gli effetti di que­
sta blanda attività antinfiammatoria, la stessa su cui
tante aziende straniere, soprat­
tutto cinesi, hanno montato la
lo­ro fama di guaritrici, spingen­
do migliaia di persone a costo­
sissimi quanto inutili viaggi
del­la speranza, nel tentativo di
guarire da tali malattie. Pur­
troppo questi effetti spariscono rapidamente e non
so­no segnali di guar­igione. La
malattia avanza e il metodo
Van­noni non la può curare,
perché la causa sta da un’altra
parte. Nei geni di Sofia, appun­
to. «Ci hanno pro­vato anche in
Germania, con la Xcell, un’a­
zienda simile alla Stamina. La
differenza è che il governo te­
desco ha chiuso la Xcell» com­
menta l’esperto.
Una
questione
di buonsenso
Si potrebbe obiettare che ognu­
no dovrebbe avere il diritto di
fare ciò che vuole, senza che
nessuno intervenga. «Per cari­
tà» continua il professore
«O­gnuno può fare ciò che vuo­
le, ci mancherebbe. Ma da qui
al fatto che uno Stato autorizzi
la somministrazione di cure
staminali improprie, la cui ef­
In che cosa
consiste
In un’intervista a Repubblica, il professor Davide
Van­­noni spiega così il suo
metodo di cura: «Utilizziamo le cellule staminali prelevandole dalla parte spugnosa dell’osso, dal bacino, e le lavoriamo in modo che abbiano una gran­
de quantità di cellule progenitrici. Chiunque può
donarle perché non c’è
alcun rigetto. Ogni coltura
ha cin­que differenti tipi di
cellule, ognuna con la sua
funzione: le progenitrici
sono le più importanti perché rigenerano i tessuti
danneggiati, poi ci sono le
immunoregolatrici che regolano il sistema immunitario, quelle che ricreano i
vasi sanguigni, quelle che
difendono dal sistema immunitario, e quelle antinfettive che combattono le
infezioni. Le cellule sono
testate cinque volte prima
di essere iniettate, per verificare che non ci siano
funghi, batteri e contaminazioni». Come tutto ciò
sia possibile, però, non si
sa, poiché il professore
non ha alcuna intenzione
di svelare i dettagli del
me­todo, sul cui mistero
pro­fondo con­tribui­sce anche la totale assenza di
pubblicazioni scientifiche.
ficacia e la cui sicurezza non
sono dimostrate in alcun modo
e da nessuna parte, ce ne vuo­
le. Non credo sia neppure etico.
O, perlomeno, non risponde ai
miei canoni di eticità. Non si
vuole negare alle persone di
fare ciò che vogliono della loro
vita. Si vuole dire: attenti, se
cominciamo ad allentare la
sorveglianza scientifica su cure
e medicine, presto o tardi tutti
potranno affermare di avere in
tasca la cura miracolosa, senza uno straccio di prova che
questa funzioni. Un approccio
del genere credo sia addirittura
lesivo della dignità dei pazienti. Se ci sono delle regole,
se ci sono delle leggi, se ci sono
dei protocolli e delle metodolo­
gie nella vera ricerca scienti­fi­
ca non è per puro amore della
bu­rocrazia. Ecco, questo è un
al­tro messaggio che non è pas­
sato. Tutto questo esiste, infatti,
per garantire la sicurezza
delle persone che si affidano a queste cure e per creare
dei farmaci efficaci. In caso
contrario, come faccio a capire
se chi mi sta curando è un vero
medico o un ciarlatano, se non
esiste più alcuna differenza, se
posso permettermi di aggirare
regole, procedure, sperimenta­
La ricerca scientifica
risponde a protocolli
e metodologie che
garantiscono la
sicurezza del paziente
e permettono di
distinguere il ciarlatano
dal vero medico
34
zioni, tanto basta una trasmis­
sione televisiva per muovere a
favore un intero governo? Cre­
do sia una questione di buon­
senso».
Bando alle illusioni
«Ci abbiamo messo un secolo
a differenziare l’alchimia
dalla medicina» prosegue il
professor De Luca «a operare
secondo quel concetto di evidence-based-medicine (me­
dicina basata sull’evidenza) che
ci ha permesso di proporre ri­
medi di provata efficacia. A
elaborare procedure che potes­
sero assicurare non solo l’effi­
cacia, ma anche la sicurezza
dei farmaci e delle terapie nuo­
ve. Chi ha la mia età si ricorda
la storia dei bambini nati con
la focomelia* per colpa della
talidomide che la mamma
prendeva come sedativo antie­
metico. È per questo che sono
nate agenzie come la Fda sta­
tunitense, l’Ema eu­ro­pea o
l’Aifa italiana. È per vi­gilare
sulle sperimentazioni cli­niche
che esistono Istituzioni come
l’Nih negli Usa o l’Iss nel no­
stro Paese. Questa storia ci fa
tornare indietro di un secolo,
forse più. E anche gli scienzia­
ti devono farsi un esame di
coscienza. Perché, per fini che
non sono del tutto chiari, anche
scienziati “ufficiali” hanno le
loro colpe nella genesi di que­
sto mercato della (falsa) spe­
ranza». È anche vero che,
quando ci sono di mezzo casi
così tragici, è difficile negare
alle persone almeno un po’ di
speranza... «Da quasi 30 anni
lavoro con malati gravi, gra­
vissimi, a volte disperati» dice
il professor De Luca. «Mi ha
molto addolorato sentirmi ac­
cusare, assieme ai miei colle­
ghi firmatari, d’insensibilità
metodo stamina: facciamo chiarezza
di fronte alla sofferenza di
questi bambini. Proprio per­
ché conosco il do­lo­re autenti­
co, conosco anche la differenza fra la speranza e l’illusione.
La prima na­sce da
qualcosa magari labile, ma
concreta, come può essere
una cura sperimentale: non
sappiamo se e come funzione­
rà, ma abbiamo dati, esperi­
menti, ricerche, stu­di che ci
indicano un cammino per lo
meno da tentare».
Un
precedente
pericoloso
«A questo punto mi chiedo: ma
un governo, che dovrebbe
pren­dersi cura dei propri citta­
dini, può davvero autorizzare
questo sulla base di u­n’onda
emotiva populista o di u­na
delibera di un giudice? Sem­
bra uno scontro tra i poteri del­
lo Stato. E qui si entra in un
cam­po delicato. Giuristi e ma­
gistrati mi dicono che i criteri
che portano un giudice a deli­
Chi paga
e quanto costa
Il Servizio sanitario nazionale non rimborsa la cura
del professor Vannoni, ma
soltanto eventuali esami e
visite inerenti alla malattia,
non al metodo stesso, che
deve esser pagato di tasca
propria. Un trattamento
consiste in: prelievo di cellule staminali dal midollo
osseo del paziente, moltiplicazione delle stesse in
laboratorio e somministrazione, 15-20 giorni dopo il
prelievo, delle staminali
moltiplicate in tre sedute,
con altrettante punture lombari. Calcolando che un
trattamento costa dai 20 ai
30 mila euro e una singola
puntura 7 mila, si spendono dai 41 ai 51 mila euro.
Queste, per lo meno, sono
le informazioni che è riuscita a raccogliere la giornalista Adriana Bazzi del
Corriere della Sera.
berare sono diversi da quel­li
“regolatori” di cui stiamo par­
lando. Che un giudice “deve”
agire con leggi e codici alla
mano e che quindi è la leg­ge
che va modificata. Obietto che
un giudice, che di medicina e
di biologia delle staminali ne
sa come il sottoscritto di fisica
quantistica, forse prima di de­
liberare in un campo così de­
licato dovrebbe sentire anche
un manipolo di consulenti di
provata valenza scientifica nel
campo specifico della questio­
ne. Ed è anche probabile e
verosimile che, a fronte di sen­
tenze di giudici, un ministero
non poteva forse agire diversa­
mente. Io questo non lo so giu­
dicare. So però che andare
con­tro l’evidenza scientifica, contro quel­le regole che
sono state sta­bilite proprio per
arginare que­ste cure garibaldi­
ne, addirittura contro que­gli
enti, che sono stati crea­ti pro­
prio per proteggere le persone
da queste cose e che hanno
preso dei provvedimenti drasti­
ci, anche contro il buon­senso,
è intrinsecamente, sostanzial­
mente sbagliato» sottolinea il
pro­fessore. «E non stupisca che
la comunità scientifica interna­
zionale reagisca con stupore e
sdegno». Nel frattempo, la gen­
te scende in piazza per prote­
stare ancora. La protesta, que­
sta volta, nasce dal fatto che il
de­creto è stato visto come una
toppa parziale, poiché autoriz­
za a questo tipo di cure soltan­
to chi già le ha cominciate, ma
non offre possibilità a chi anco­
ra non le ha iniziate, a meno
che le promesse linee guida
sul­le cure compassionevoli non
le permettano. S’invoca, insom­
ma, una maggiore liberazione, af­finché a tutti sia concesso
di cu­rarsi con tutto. Senza re­
gole. Un atteggiamento davvero pericoloso nei confronti
della salute di tutti, soprattutto
dei bambini.
Giorgio Giorgetti
ABCDizionario
Ada-Scid: rara patologia che appartiene
al gruppo delle immunodeficienze severe
combinate (Scid), malattie in cui il sistema
immunitario è gravemente compromesso, al punto che l’organismo è incapace
di difendersi persino da infezioni comuni
come il raffreddore o la varicella. Si manifesta fin dai primi mesi di vita. In passato questi bambini per sopravvivere erano
costretti a vivere isolati dal mondo e in
ambienti con aria filtrata.
Epidermolisi bollosa: nome generico dato a un gruppo di malattie genetiche in cui la cute e i tessuti di rivestimento (epitelio) delle mucose vanno incontro
a scollamento e formazione di bolle.
Fase I/II: sono le prime due fasi delle tre
che costituiscono un trial clinico, per verificare se un prodotto è idoneo all’uso
nell’uomo. Le prime due fasi valutano la
tollerabilità e la sicurezza del medicinale,
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oltre alla risposta alla cura da parte del
sistema immunitario.
Focomelia: grave malformazione congenita per cui gli arti superiori e/o inferiori non sono sviluppati in parte o in toto.
Può essere mono o bilaterale e interessare porzioni più o meno estese degli ar­
ti interessati. Nei casi più gravi sono presenti solo abbozzi rudimentali di dita al­
l’altezza della spalla. È associata a difetti
cardiaci, mancanza dell’orecchio esterno
o malformazioni intestinali.
Malattia neurodegenerativa:
ma­lattie, come l’Alzheimer, il morbo di
Parkinson, la corea di Huntington e la
scle­rosi laterale amiotrofica (Sla), caratterizzate dalla perdita lenta e progressiva
di una o più funzioni del sistema nervoso.
Si tratta di forme invalidanti, finora trattate con scarsi risultati con la somministrazione di farmaci puramente sintomatici.
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