Triennale Internazionale degli Strumenti ad Arco Cremonaliutaria XI Concorso Colpi d’Arco di Roberto Codazzi L a prendo un po’ alla larga: un cronista dell’epoca di Nerone racconta che mentre Roma stava ancora bruciando, in città risuonavano già cetre e lire (contrariamente al luogo comune il musicista non era l’imperatore, che cafone qual era non pensava certo a suonare). Premessa anacronistica ma necessaria per far capire che l’arte in ogni epoca è stata la prima espressione di vita, la prima testimonianza della voglia di ricominciare, di rinascere dopo gli orrori della guerra, della tragedia, della morte. Della voglia di avere un futuro. L’arte in sé ha la vita. Di più: l’arte è vita. Passiamo a mezzo secolo fa: Antonio Greppi, il mitico sindaco della Milano del dopoguerra, nel ’46 ricostruì la Scala prima di case e ospedali. Le critiche furono pesantissime, ma oggi sono tutti concordi nel riconoscere la lungimiranza di quella scelta. Quanto ha reso, in termini economici oltre che di cultura, il teatro del Piermarini alla città della Madonnina? Nel paradigma meneghino sta proprio il nocciolo della questione: l’arte può portare ricchezza economica a una comunità, oltre all’evidente arricchimento culturale. Cogliere questo passaggio significa uscire da una visione qualunquistica del problema. Ve n i a - mo a n o i : Cremona ha in musica e liuteria il proprio volano turistico. La collezione Gli Archi di Palazzo Comunale è, con i suoi circa 30 mila visitatori all’anno, l’indiscussa calamita della città di Stradivari. Quest’anno al Cremonese 1715 e agli altri capolavori raccolti dal 1961 a Bow Strokes oggi si sono aggiunti il violino Vesuvio 1727 e il violoncello Cristiani 1700 (nella foto), entrambi di Stradivari. Il primo è stato lasciato in eredità dal violinista italo-inglese Remo Lauricella e una colletta popolare ha consentito di pagarne la tassa di successione, quindi di portarlo a casa; l’altro è stato acquistato dalla Fondazione Stauffer a una cifra molto impegnativa (circa 4,5 milioni di euro) e offerto in comodato al Comune. L’appeal della collezione è dunque aumentato, anche se la sede del museo e i suoi sussidi cominciano a essere inadeguati (ma di ciò eventualmente tratteremo in un’altra occasione). La sottoscrizione per il Vesuvio ha fatto riaprire il dibattito se valga la pena spendere soldi per un “pezzo di legno”. Sì, un “pezzo di legno” ma che può portare ricchezza, benessere, vita, futuro alla nostra città. I ’ll start from afar: a writer from Nero’s time tells us that even as Rome was burning, in the streets you could hear the sound of cithers and lyres (contrary to what the legend says, the musician was not the emperor, who was definitely too ignorant to bother with playing). This premise might be anachronistic, but it is necessary to show how in every era art has been the primary expression of life, the primary testament to the will to start anew, to be reborn after the horrors of war, of tragedy, of death – and to the will to have a future. Art has life. Even more: art is life. Let’s skip to half a century ago: the famous mayor of Milan in the years after World War II, Antonio Geppi, rebuilt the Scala theater in 1946 before rebuilding houses and hospitals. At the time he faced harsh criticism, but now everybody agrees with the foresight of that decision. How much wealth has that theater brought to the city of Milan, not only in terms of culture, but in economic terms as well? The Milan example lies at the heart of the issue: art can bring economic wealth in addition to its evident cultural benefits. Understanding this point means going beyond a superficial vision of the issue. Let’s turn to us: music and violinmaking are the tourist engines of Cremona. The Violin Collection at City Hall is the major draw of the city of Stradivarius, attracting roughly 30,000 visitors every year. This year the Vesuvio violin from 1727 and the Cristiani cello from 1700 (see photo), both by Stradivarius, have been added to the 1715 Cremonese and to the other masterpieces of the collection. The former was left to Cremona by the Italian-British violinist Remo Lauricella, and a public collection of money allowed the city to pay the estate tax and bring it home. The latter was purchased by the Stauffer Foundation for a considerable amount of money (roughly 4,5 million Euros) and offered to the city. The collection is now even more attractive, even though the facilities of the museum and its funding are becoming inadequate (but we’ll discuss this elsewhere). The fundraising effort for the Vesuvio raised the issue of whether it is worth spending money for a “piece of wood”. It might very well be a “piece of wood”, but one that can bring wealth, wellbeing, life and future to our city. LETTERE AL GIORNALE LETTERS TO THE EDITORS Quei violini blu cobalto… C aro Codazzi, ho letto con particolare interesse il suo articolo nella rubrica “Colpi d’arco” a pag. 7 di Cremonaliutaria n°1/2005 e mi permetto di intervenire in merito ad alcuni passaggi dello stesso, fornendo alcune precisazioni. Quando lei cita il suo primo contatto con la liuteria di Cremona il mio pensiero va immediatamente a quel periodo tra la fine degli anni ’70 inizio ‘80, dove, in un contesto di feroce rivalità tra vere e proprie correnti di pensiero (e politiche), alcuni personaggi mai dimenticati dominavano la scena della liuteria. Il Concorso Triennale era alla sua terza edizione (la prima dell’allora neo-costituito Ente Triennale) ed era apertamente osteggiato, così come l’Ente stesso, da una campagna di stampa sul giornale locale a firma di Elia Santoro, giornalista molto famoso per le ricerche storiche su Stradivari e la pubblicazione di importanti libri sulla liuteria cremonese del passato. La sua grande competenza, come storico e ricercatore, non sempre coincideva con una visione a 360° della liuteria contemporanea e inevitabilmente la sua vena polemica “contro l’innovazione” emergeva dai numerosi articoli. Tra l’altro desidero sottolineare che a distanza di anni da quegli episodi e, purtroppo, dalla morte di Santoro si avverte la mancanza della sua opinione, della sua capacità critica e del suo spessore culturale, a prescindere dal fatto che si condividessero le sue idee. In quel contesto di conflittualità vennero lanciati attacchi al Concorso in fase di organizzazione così che durante l’arrivo degli strumenti partecipanti, gli articoli del giornalista riferivano della partecipa- zione di strumenti ad arco non in linea con la liuteria classica e cioè violini, viole, violoncelli con forme strane, di plexiglass, colorati di verde e di blu e altre amenità del genere, mettendo in cattiva luce, all’opinione pubblica e non solo, lo sforzo da parte dell’Ente di riunire tanti strumenti provenienti da 26 paesi del mondo. Lo staff della ricezione strumenti di quel Concorso era composto dal sottoscritto, allora venticinquenne, e da altri due colleghi che con grande impegno cercavano di sistemare al meglio gli oltre 350 strumenti (tutti rigorosamente in legno...). La lettura di quell’ennesimo articolo non contribuì certo a rilassare il clima, ma solo l’idea di una goliardata stemperò la tensione. Allo staff della ricezione strumenti si unirono altre persone che contribuirono alla realizzazione dell’impresa: un liutaio di origine scandinava mise a disposizione un suo violinaccio da studio, un disegnatore svizzero procurò due bombolette spray e il sottoscritto realizzò il cartello con la scritta, tutto nella notte precedente all’inaugurazione. La mattina del 2 Ottobre 1982, giorno dell’inaugurazione della III Triennale, a chi si avvicinava all’ingresso di Santa Maria della Pietà non sfuggiva che appeso al palazzo di fronte c’era un cartello sormontato da un violino colore blu cobalto; sul cartello si leggeva chiaramente “creato da Elia Santoro”. Ai più, soprattutto stranieri, quel cartello suscitò ilarità e divertimento e naturalmente solo alcuni cremonesi addetti ai lavori furono in grado di comprendere il gesto. Comunque fu il violino più fotografato e filmato di quella Triennale. Primo Pistoni, liutaio Violins in cobalt blue… D ear Codazzi, I read your article in the “Bow Strokes” column on page 7 of Cremonaliutaria n°1/2005 with particular interest and I would like to comment on a few passages to provide some clarification. When you mention your first contact with Cremonese violinmaking, my thoughts turn immediately to the period between the late 70s and early 80s when, in a context of fierce rivalry between opposing currents of thought (and political views), some unforgettable individuals dominated the violinmaking scene. The Triennial Contest was in its third edition (the first for the newly created Triennial Board) and it was opposed, as was the Board itself, by a print campaign in the local newspaper by Elia Santoro, a journalist famous for his historical research on Stradivarius and for the publication of important books about Cremonese violinmaking of the past. His talent as a historian and researcher did not always coincide with a 360° view of modern violinmaking and inevitably his position “against innovation” emerged from his many columns. Further, I’d like to underscore that, with the passing of years after that time, and unfortunately after the death of Santoro, the absence of his opinions, his critical capacity and his competence are sorely missed, regardless of whether one agreed with him or not. In that context of hostility there was an attack launched at the Contest during the organizing phase: as participating instruments began to arrive, newspaper articles described the participation of stringed instruments not in line with classic violinmaking, meaning violins, violas, and cellos with strange forms, made of Plexiglas, in shades of green and blue, and with other features of this nature. This cast a negative light, not only in eyes of the public, on the efforts of the Board to bring together so many instruments coming from 26 countries around the world. The instrument reception staff for that Contest was composed of myself (25 years old at the time) along with two other colleagues who, with great care, did our best to arrange the over 350 instruments we received (all strictly made of wood…). The reading of yet another article certainly did nothing to improve the atmosphere; only the idea of a practical joke helped ease the tension. Others joined the reception staff in the implementation of the idea: a Scandinavian violinmaker made one of his cheap practice violins available, a Swiss designer procured two cans of spray paint and I made the sign, all during the night before the inauguration of the contest. The morning of October 2, 1982, the first day of the 3rd Triennial, no one who approached the entrance of Santa Maria della Pietà could miss the sign hanging from the building across the street under a cobalt blue violin, with text that clearly read, “Made by Elia Santoro”. This sign envoked laughter and lightheartedness for most people, especially the foreigners, and naturally only a few Cremonese experts understood the real meaning of the act. In any case, it became the most filmed and photographed violin of that Triennial. That’s how the events unfolded. Primo Pistoni, violinmaker 7