Volume realizzato grazie al contributo straordinario della Regione Veneto, L.R. 16.3.2006 n. 6 © 2012 Ateneo Veneto onlus © 2012 lineadacqua edizioni Progetto grafico e impaginazione Camuffo Lab Editing Omar Favaro Salani Referenze fotografiche © Archivio fotografico Ateneo Veneto © Archivio fotografico Fondazione Musei Civici di Venezia © Archivio Graziano Arici © Cameraphoto Arte Venezia © KiKo Trivellato Venezia © Giacomo Cosua, Venezia-Berlino Si ringraziano la Fondazione Musei Civici di Venezia e Graziano Arici per la gentile concessione delle immagini ISBN 978–88-95598-10-9 Finito di stampare nel novembre 2012 Grafiche Antiga - Crocetta del Montello ATENEO VENETO 1812-2012 UN’ISTITUZIONE PER LA CITTÀ a cura di Michele Gottardi Marina Niero Camillo Tonini Venezia 2012 COMITATO REGIONALE PER IL BICENTENARIO 1812-2012 COMITATO D’ONORE Michele Gottardi Presidente Luca Zaia Presidente Regione Veneto Tiziana Agostini Assessore Attività Culturali Comune di Venezia Clodovaldo Ruffato Presidente Consiglio Regionale del Veneto Raffaele Speranzon Assessore alla Cultura Provincia di Venezia Roberto Cecchi Sottosegretario di Stato MiBAC Giovanni Sammartini Presidente Cassa di Risparmio di Venezia Silvio Chiari Vicepresidente Camillo Tonini Alfredo Bianchini Giovanni Castellani Cristiano Chiarot Sergio Perosa Philip Rylands Antonio Alberto Semi Nereo Laroni Vittorio Cenci Andrea Causin Maria Teresa De Gregorio Segreteria Giorgio Orsoni Sindaco di Venezia Domenico Cuttaia Prefetto di Venezia Francesca Zaccariotto Presidente Provincia di Venezia Marino Zorzato Vicepresidente Regione del Veneto Carlo Carraro Rettore Università Ca’ Foscari, Venezia Amerigo Restucci Rettore IUAV Massimo Contiero Direttore del Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia Andrea Erri Presidente Università Internazionale dell’Arte Roberto Turetta Presidente Consiglio Comunale di Venezia Marina Balleello Presidente Consiglio Provinciale di Venezia Vincenzo Roca Questore di Venezia ATENEO VENETO DI SCIENZE, LETTERE E ARTI Michele Gottardi Presidente Silvio Chiari Vicepresidente Camillo Tonini Segretario accademico Shaul Bassi Delegato agli Affari Speciali Tito Faotto Tesoriere Consiglio accademico Giovanni Alliata di Montereale Roberto Crosta Ilaria Crotti Giovanni Diaz John Leopoldo Fiorilla di Santa Croce Letizia Michielon Francesco Miggiani Leopoldo Pietragnoli Massimo Ongaro Maria Luisa Semi Alberto Toso Fei Guido Zucconi Revisori dei Conti Giovanni Anfodillo Adriana Lotto Mario Novarini Roberto Querci della Rovere Edda Serra Conservatore delle Collezioni d’Arte Ileana Chiappini di Sorio Proto della Fabrica Alberto Ongaro Rivista “Ateneo Veneto” Marino Zorzi Direttore scientifico Marina Niero Segreteria redazionale Referente agli Affari di Etica e Statuto Antonella Magaraggia Presidente Commissione Premio Torta Guido Zucconi Bibliotecario Dorit Raines Conservatore dell’Archivio Michela Dal Borgo Biblioteca e Archivio Marina Niero (coordinatrice) Daria Albanese Silvia Ferronato Segreteria Clara Bordignon Elena Rossetto Comunicazione e Relazioni Esterne Silva Menetto e la collaborazione di Studio Systema Servizi tecnici Valerio Memo INDICE L’ISTITUZIONE 3 Michele Gottardi L’Ateneo e la città. Intersezioni 39 Filippo Maria Paladini Civilizzazione europea, storia italiana e rigenerazione di Venezia in Samuele Romanin 47 Dorit Raines La storiografia patriottica: il corso di storia veneta 1848-1915 59 Marina Niero Il “censimento” del 1938 e la discriminazione culturale 67 Nadia Maria Filippini La presenza femminile nell’Ateneo Veneto: un percorso emblematico LE COLLEZIONI LIBRARIE 77 Dorit Raines Il fondo antico della biblioteca dell’Ateneo Veneto 83 Marina Niero Gabinetto di lettura 89 Letizia Tombesi La raccolta libraria di Giovanni Battista Giustinian, primo sindaco di Venezia 93 Beatrice Lucchese La biblioteca circolante dell’Ateneo Veneto 99 Daria Albanese I necrologi. La fortuna di un genere e la conservazione della memoria 111 Daria Albanese Le donazioni dei soci L’ARCHIVIO 121 Marina Niero L’archivio dell’Ateneo Veneto 125 Silvia Ferronato Una donazione speciale: il fondo del “Vajont” LE IMMAGINI 129 Graziano Arici Le ombre e il futuro LA FABRICA 161 Thedore K. Rabb Il complesso monumentale 167 Guido Zucconi La Scuola di San Fantin: l’architettura 173 Camillo Tonini La problematica prospettiva: la facciata dell’Ateneo Veneto LE COLLEZIONI PITTORICHE 187 Ileana Chiappini di Sorio Fatti e misfatti all’Ateneo 211 Meryl Faith Bailey La devozione delle confraternite, la Riforma cattolica e il ciclo del Purgatorio di San Fantin 243 Valentina Sapienza Note sulle “Storie della Passione” di Leonardo Corona all’Ateneo Veneto 251 Pietro Zampetti Le storie della Vergine di Paolo Veronese e aiuti 261 Pietro Zampetti L’arte a San Fantin tra Manierismo e Barocco 267 Loredana Luisa Pavanello Il buon uso del denaro e l’esercizio della pietà. Ideologia dell’assistenza nei dipinti di Antonio Zanchi in Ateneo Veneto 279 Marina Magrini Francesco Fontebasso: «La Madalena che lava di lacrime e ungie con balssimo presioso li piedi al Salvatore mentre pransava in casa del Fariseo» IL LOGO DELL’ATENEO E IL MEDAGLIERE 291 Massimo Favilla, Ruggero Rugolo Lo «stemma particolare» dell’Ateneo Veneto: Bartolomeo Gamba e Francesco Novelli, con una nota sul monumento a Francesco Aglietti di Bartolomeo e Luigi Ferrari 303 Leonardo Mezzaroba Le medaglie celebrative dell’Ateneo 315 APPENDICI LE COLLEZIONI PITTORICHE LE COLLEZIONI PITTORICHE Meryl Faith Bailey La devozione delle confraternite, la Riforma cattolica e il ciclo del Purgatorio di San Fantin* Nei primi anni del Seicento, la Scuola di San Fantin commissionò a Jacopo Palma il Giovane l’esecuzione di un ciclo di tredici dipinti sul tema del Purgatorio1. Fondata nel quindicesimo secolo, la Scuola di San Fantin era la conforteria di Venezia, l’unica confraternita laica autorizzata dallo stato ad offrire conforto spirituale ai condannati a morte2. Nelle ore che precedevano l’esecuzione, i confratelli operavano per assicurare la salvezza eterna del prigioniero: lo esortavano a pentirsi e a imitare Cristo, che accolse nella propria morte violenta la volontà di Dio. Visitavano il prigioniero in cella, lo accompagnavano nel suo * Il presente articolo è un capitolo riveduto della mia tesi di dottorato (MERYL FAITH BAILEY, More Catholic than Rome: Art and Lay Spirituality at Venice’s Scuola di S. Fantin, 1562-1605, tesi di dottorato, Berkeley, University of California, 2011), coordinata dal prof. Loren Partridge, e sovvenzionata da generose borse di studio assegnatemi dalla Fondazione Gladys Krieble Delmas e dalla Fondazione Charlotte W. Newcombe. Esprimo inoltre la mia gratitudine ai membri del Comitato editoriale dell’Ateneo Veneto per i loro commenti e suggerimenti. 1. Precedenti lavori accademici sul ciclo del Purgatorio includono: NICOLA IVANOFF, Il ciclo pittorico della Scuola di San Fantin, «Ateneo Veneto», fascicolo speciale per il 150° anniversario (1812-1962), 1962, pp. 71-73; PIETRO ZAMPETTI, Guida alle opere d’arte della Scuola di San Fantin Ateneo Veneto, ristampa dell’edizione del 1973 con aggiornamenti a cura di Ileana Chiappini di Sorio, Venezia, Ateneo Veneto, 2003, pp. 34-47; STEFANIA MASON RINALDI, Palma il Giovane: l’opera completa, Milano, Alfieri, Electa, 1984, cat. 574-586; JURGEN SCHULZ, Venetian Painted Ceilings of the Renaissance, Los Angeles, University of California Press, 1968, pp. 82-83. 2. I più importanti studi storici sulla Scuola di San Fantin sono: GIUSEPPE PAVANELLO, La Scuola di San Fantin ora Ateneo, Venezia, Callegari, 1914; ristampa, pubblicato originariamente in «L’Ateneo Veneto», XXXVII (1914), vol. I, fasc. 1-2; CHIARA TRAVERSO, La Scuola di San Fantin o dei «Picai». Carità e giustizia a Venezia, Venezia, Marsilio, 2000. 212 LE COLLEZIONI PITTORICHE cammino verso il patibolo e l’esecuzione, pregavano per la sua anima e, a partire dal 1614, provvedevano a dargli una sepoltura dignitosa3. Il ciclo del Purgatorio fu ideato per il soffitto dell’oratorio della Scuola, un’ampia cappella decorata situata al pianterreno della sua sede di Campo San Fantin (Diagramma 1). Sei dei tredici dipinti raffigurano coppie di Santi e Dottori della Chiesa. Quattro mostrano delle anime che si contorcono nel fuoco purgatoriale (fig. 1). Le tre tele maggiori, che si succedono lungo l’asse centrale da ovest a est, raffigurano i suffragi dei defunti: le Elemosine, le Indulgenze e la Celebrazione della Messa (figg. 2-4). Negli ultimi due secoli l’edificio è diventato sede dell’Ateneo Veneto, che utilizza l’oratorio come aula Magna. Grazie all’attenta gestione e alle cure dell’Ateneo, il ciclo del Purgatorio rimane in situ sul soffitto a lacunari della sala per cui fu commissionato. I trattati della prima età moderna sulla pena capitale indicano che scopo primario delle conforterie nelle città italiane era assicurare che il condannato accettasse la propria morte e l’accogliesse in stato di grazia4. In tal modo, anziché sprofondare in eterno nei tormenti infernali, la sua anima avrebbe conosciuto la condizione transitoria del Purgatorio. Ma oltre a riguardare i condannati a morte, il Purgatorio costituiva una questione centrale nella vita di ogni cristiano praticante nell’Italia della prima età moderna. Poiché erano in pochi a espiare le loro colpe terrene e a meritare l’accesso diretto al Paradiso, raggiungere il Purgatorio costituiva l’obiettivo dei riti legati al trapasso incombente, descritti nella 3. VENEZIA, Archivio di Stato (d’ora in poi ASVe), Scuola Grande di Santa Maria della Consolazione, reg. 2, Mariegola (1562-1756), cc. 40v-41r, 13 luglio 1614; ibid., b. 2, Compendio, p. 82r-v. Si veda inoltre TRAVERSO, La Scuola di San Fantin, pp. 70-74. 4. Per quanto riguarda le ricerche più recenti sulle conforterie italiane, si vedano i saggi raccolti in Misericordie, Conversioni sotto il patibolo tra Medioevo ed età moderna, a cura di Adriano Prosperi, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2007, e The Art of Executing Well: Rituals of Execution in Renaissance Italy, a cura di Nicholas Terpstra, Kirksville, Truman State University Press, 2008. Nell’Italia della prima età moderna, membri del clero e di conforterie laiche pubblicarono numerose guide sull’assistenza spirituale ai condannati. Quelle consultate per il presente articolo includono ZANOBI DE’ MEDICI, Trattato utilissimo in conforto de condennati a morte per via di giustizia, Roma, Valerio Dorico, 1565; inoltre GIOVANNI BATTISTA GARGIARIA, Conforto de gli afflitti condannati a morte…, 3 voll., Piacenza, G. Bazachi, 1650. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE tradizione dell’ars moriendi5. Tale obiettivo spronava inoltre molti ad aderire alle confraternite e ad altre forme di devozione di gruppo6. Attraverso i loro atti di carità, i membri delle confraternite accumulavano meriti atti a ridurre il loro debito spirituale e ad assistere le anime dei loro confratelli e familiari defunti, già sottoposti ai patimenti del Purgatorio. Alla fine del Cinquecento, Palma era uno dei pittori più richiesti a Venezia. Il ciclo del Purgatorio fu la terza commissione importante che egli realizzò per la Scuola di San Fantin. Le precedenti, eseguite negli anni ottanta per l’Albergo Grande (oggi Biblioteca dell’Ateneo Veneto), includevano una grande Assunzione della Vergine, collocata nel soffitto, e un esteso ciclo sulla vita di San Girolamo7. Queste prime opere erano piuttosto conservatrici, per quel che riguardava sia il soggetto che la scelta iconografica. Al contrario, quella commissionata per il soffitto dell’oratorio produsse qualcosa di profondamente innovativo e originale nell’arte delle scuole veneziane. Scegliendo come tema centrale una dottrina astratta 5. Sull’ars moriendi si vedano: ALBERTO TENENTI, Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinascimento, Torino, Einaudi, 1957, pp. 62-120; PHILIPPE ARIÈS, Western Attitudes towards Death, Baltimora, The Johns Hopkins Press, 1975, pp. 36-37; VINCENZO PAGLIA, La morte confortata: riti della paura e mentalità religiosa a Roma nell’età moderna, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1982, pp. 101-135; e MARY CATHERINE O’CONNOR, The Art of Dying Well: The Development of the Ars moriendi, New York, AMS Press Inc., 1966. 6. Si vedano: BRIAN S. PULLAN, Rich and Poor in Renaissance Venice: The Social Institutions of a Catholic State, to 1620, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1971, pp. 37, 42; e CHRISTOPHER BLACK, Italian Confraternities in the Sixteenth Century, Cambridge, Cambridge University Press, 1989, pp. 13-14. 7. RAFFAELLO BORGHINI, Il riposo di Raffaello Borghini, Firenze, Giorgio Marescotti, 1584, ristampa di edizione facsimile, Georg Olms Verlagsbuchhandlung, Hildesheim, 1969, pp. 560-561; FRANCESCO SANSOVINO e GIOVANNI STRINGA, Venetia città nobilissima et singolare, Venetia, presso Altobello Salicato, 1604, p. 92, e CARLO RIDOLFI, Le maraviglie dell’arte: ovvero Le vite degli illustri pittori veneti e dello stato, Venetia, presso Gio. Battista Sgaua all’insegna della Toscana, 1648; Fonti per la storia dell’arte, a cura di Detlev Freiherr von Hadeln Roma, Società Multigrafica Editrice SOMU, 1965, vol. II, pp. 177-178. Ricerche moderne su opere commissionate in precedenza includono: STEFANIA MASON RINALDI, Palma il Giovane, l’opera completa [Venezia] Milano, Alfieri-Electa, 1984 cat. 125, pp. 145, 269-272, 403-406 e 558, e TRAVERSO, La Scuola di San Fantin, pp. 148-150. 213 LE COLLEZIONI PITTORICHE fig. 1 fig. 2 fig. 3 fig. 4 216 LE COLLEZIONI PITTORICHE e controversa, anziché la vita di un Santo, illustrata in modo convenzionale, il ciclo del Purgatorio era puntiglioso nella sua ortodossia e conteneva riferimenti insolitamente espliciti a trattati di eminenti teologi contemporanei, incorporando un gran numero di scritte desunte da una vasta gamma di testi patristici. Queste scritte, e il programma decorativo nel suo complesso, illustravano la dottrina della Chiesa riguardo ad alcune fondamentali controversie religiose. Malgrado la complessità della dottrina del Purgatorio, il percorso iconografico del soffitto offriva agli osservatori un mezzo semplice e diretto per rapportarne l’importanza alle loro vite quotidiane. Il seguito del presente saggio, che colloca il ciclo del Purgatorio in modo più diretto nell’atmosfera religiosa veneziana all’epoca della Riforma cattolica, propone un’interpretazione che sottolinea il rapporto del Ciclo con la teologia post-Tridentina, l’ideologia delle confraternite e la linea politica veneziana in un decennio segnato dalla crisi. Il restauro dell’oratorio e la datazione del Ciclo A differenza degli altri locali della Scuola, l’oratorio era regolarmente aperto al pubblico. Il venerdì pomeriggio, i fedeli erano invitati ad assistere alla messa, a pregare per i defunti, e a lasciare offerte presso gli altari della sala. Questa pratica era particolarmente diffusa tra le donne, «che per loro divotione fanno dir molte Messe per conseguir la grazia che chiedono»8. In questo modo, l’oratorio diventava un luogo di devozione di grande visibilità e un’importante fonte di finanziamento per le opere caritatevoli della Scuola. Si sa poco del piano iconografico della sala prima del 1604. L’edizione del 1581 di Venetia città nobilissima di Sansovino testimonia la presenza di un altare con una pala raffigurante san Girolamo, opera di Marco del Moro; il soffitto, ora perduto ad eccezione di due piccoli frammenti ridotti, era stato realizzato da Jacopo Tintoretto9. La sala ospitava inoltre un secondo altare, dove la Scuola esponeva un crocifisso ligneo 8. SANSOVINO e STRINGA, Venetia città nobilissima, p. 92. 9. FRANCESCO SANSOVINO, Venetia città nobilissima et singolare, descritta in XIIII libri da M. Francesco Sansovino, Venezia, Iacomo Sansovino, 1581, p. 51. Due frammenti del soffitto dipinto dal Tintoretto, S. Marco e S. Giovanni Evangelista, si trovano nella biblioteca dell’Ateneo Veneto. PIETRO ZAMPETTI, Guida alla Scuola di San Fantin, pp. 105-106; RODOLFO PALLUCCHINI e PAOLA ROSSI, Tintoretto, Le opere sacre e profane, 2 voll., Venezia, Alfieri, 1982, 1:182 e cat. 234-235. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE assai venerato, portato in testa alla processione con cui i confratelli accompagnavano al patibolo i condannati10. Oltre a far rimuovere e a sostituire il soffitto del Tintoretto, la Scuola intraprese un ampio restauro dell’oratorio tra la fine del sedicesimo e l’inizio del diciassettesimo secolo. Lo scultore e architetto Alessandro Vittoria, che aveva disegnato la facciata dell’edificio, sostituì quelli esistenti con dei nuovi altari in pietra, di grandi dimensioni11. Per le pareti, Leonardo Corona e la sua bottega eseguirono nove grandi episodi della Passione di Cristo12. Cominciando con l’Agonia nell’Orto degli Ulivi e terminando con la Deposizione, il ciclo della Passione illustrava esplicitamente ogni straziante passo di Cristo nell’ascesa al Calvario. La scelta degli episodi doveva rivestire un significato particolare per i consolatori della Scuola, che esortavano i condannati, diretti al patibolo attraverso la città, a imitare Cristo e i martiri. Il 10 agosto 1600 la Scuola stanziò la somma di duecento ducati per il completamento del soffitto dell’oratorio; ad altri trecento ducati aveva provveduto la banca, e le elemosine ne avevano raccolti altri cento13. Il totale, seicento ducati, doveva probabilmente coprire le spese dei dipinti e dell’elaborato sistema di lacunari sul soffitto. Una scritta, dipinta sopra la porta affacciata su calle della Verona, recita “MDC/MENs/DEC.s” [dicembre 1600]14. Alcuni studiosi l’hanno interpretata come la data di ultimazione dei dipinti, ma è più probabile che si riferisca solo a quella dei lacunari15. Nell’edizione di Venetia 10. L’altare è menzionato in ASVe, Scuola Grande di Santa Maria della Consolazione, reg. 2, Mariegola, 1562-1756, c. 25r, 28 maggio 1569. Il Crocifisso si trova attualmente nella chiesa di Santa Maria Assunta a Codroipo (UD). TRAVERSO, La Scuola di San Fantin, pp. 156-158. 11. La datazione degli altari di Alessandro Vittoria è incerta. La pubblicazione di Sansovino del 1581 non ne fa menzione; sono però descritti come “novamente fabricati” in SANSOVINO e STRINGA, Venetia città nobilissima, p. 91. 12. Ibid., p. 92; RIDOLFI, Le maraviglie dell’arte, vol. II, pp. 106-107. Si veda inoltre ZAMPETTI, Guida alla Scuola di San Fantin, pp. 50-58. 13. ASVe, Scuola Grande di Santa Maria della Consolazione, reg. 3, capitolare A, (1599-1620), Parti, c. 5v, 10 agosto 1600; ibid., b. 2, c. 94v, 10 agosto 1600. Si veda anche TRAVERSO, La Scuola di San Fantin, p. 106. 14. Altre scritte dipinte sui comparti indicano date di restauri nel 1752 e 1913. Un precedente restauro risale al 1695, quando la Scuola stanziò cinquanta scudi per «rinfrescar le pitture del soffitto della chiesa con suoi cornisoni». ASVe, Scuola Grande di Santa Maria della Consolazione, b. 2, Compendio, cc. 127v-128r. 15. MASON RINALDI, Palma il Giovane, cat. 574-586, e ZAMPETTI, Guida alla Scuola di San Fantin, p. 37, collocano il completamento del Ciclo nel 1600. 217 218 LE COLLEZIONI PITTORICHE città nobilissima del Sansovino, curata da Giovanni Stringa nel 1604, si trova la seguente descrizione: Il soffitto poscia è anch’egli vaghissimamente lavorato; egli è finto d’ebano, & è quasi tutto in bella maniera indorato; forma egli diversi vani, e grandi, e piccioli in bel modo; ne i grandi dipinte in varie maniere si veggono di mano del Palma le pene, che patiscono nel luogo del Purgatorio le anime dei fedeli Christiani; & nei piccioli dodici Dottori di Santa Chiesa; cioé i Quattro principali S. Gregorio, S. Girolamo, Sant’Ambrogio, e S. Agostino nel mezzo; & da un de i capi, Sant’Atanagio, S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno, & S. Giovanni Grisostomo; e dall’altro S. Bernardo, S. Beda, S. Hilario, e Sant’Anselmo, i quali hanno di queste penne scritto ottimamente16. Stringa non menziona il fatto che le tre scene centrali raffigurano la distribuzione delle elemosine, la messa e le indulgenze. Tuttavia, egli identifica ciascuno dei dodici santi e dottori della Chiesa nei dipinti a lato delle tele maggiori. Il contrario avviene nell’edizione curata e ampliata da Giustiniano Martinioni nel 1663, che specifica il soggetto delle scene centrali ma si riferisce collettivamente ai dodici dottori della Chiesa senza nominarli uno a uno17. L’approccio di Martinioni è adottato da tutti gli altri commentatori seicenteschi, compresi Carlo Ridolfi nel 1648 e Marco Boschini nel 167418. L’omissione da parte di Stringa del soggetto delle scene principali costituisce un’anomalia degna di nota. Suggerisco quindi che le tre tele centrali del ciclo del Purgatorio siano state completate solo dopo il 1603, anno in cui fu redatto il testo di Stringa19. Questo SCHULZ, Venetian Painted Ceilings, pp. 82-83, al contrario, indica come data il periodo tra il 1600 e il 1603. 16. SANSOVINO e STRINGA, Venetia città nobilissima, p. 92r. 17. FRANCESCO SANSOVINO e GIUSTINIANO MARTINIONI, Venetia città nobilissima et singolare, Venezia, Steffano Curti, 1663, p. 136. 18. RIDOLFI, Le maraviglie dell’arte, vol. II, p. 188; MARCO BOSCHINI, Le Minere della Pittura, Venezia, Francesco Nicolini, 1664, pp. 97-98. 19. Come ha fatto notare Schulz, la data di pubblicazione dell’edizione di Sansovino curata da Stringa è il 1604; tuttavia la dedica è datata 1603, perciò il testo poteva già essere completo per quella data. SCHULZ, Venetian Painted Ceilings, pp. 62, 82-83, 84. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE spiegherebbe perché esse non fossero descritte singolarmente nell’edizione del 1604 di Venetia città nobilissima. Analogamente, il ciclo della Passione di Corona è menzionato dallo Stringa, ma sembra essere stato anch’esso incompleto al momento della stesura del testo20. È quindi probabile che i dipinti che adornano la sala siano stati ultimati a pochi anni di distanza dall’Interdetto contro la Repubblica Veneta del 1606-1607, evento culminante delle tensioni accumulatesi tra Venezia e il Papato nei decenni precedenti21. Il ciclo del Purgatorio dimostra chiaramente l’intensità della fede e l’ortodossia dei confratelli di San Fantin in quegli anni di incertezza politica e religiosa. Il Purgatorio in un’epoca di riforma religiosa Per i protestanti, che credevano nella giustificazione per sola fede, il Purgatorio e l’accumulo di meriti spirituali costituivano nozioni problematiche. Nel corso del sedicesimo secolo, riformatori come Lutero e Calvino avevano contrastato con battagliera intransigenza il concetto dell’esistenza del Purgatorio22. Tra le 20. RIDOLFI, Le maraviglie dell’arte, vol. II, pp. 106-107. Su esempio di Ridolfi, molti studiosi sostengono che alcuni episodi del ciclo della Passione furono completati da assistenti di Leonardo Corona dopo la sua morte nel 1605, ma Stringa non menziona il fatto che il Ciclo fosse incompleto. IVANOFF, Il ciclo pittorico, pp. 73-75; ZAMPETTI, Guida alla Scuola di San Fantin, pp. 50-51; inoltre TRAVERSO, La Scuola di San Fantin, pp. 126-127. 21. Si noti, ad esempio, la resistenza veneziana alla visita apostolica del 1581 (SILVIO TRAMONTIN, La visita apostolica del 1581 a Venezia, «Studi Veneziani», IX (1967), pp. 453-533), oltre al contrasto tra Venezia e il Papato in merito al giuramento dei librai del 1596 (HORATIO F. BROWN, The Venetian Printing Press. An historical study based upon documents for the most part hitherto unpublished, Londra, John C. Nimmo, 1891, pp. 144-156); PAUL GRENDLER, The Roman Inquisition and the Venetian Press, 1540-1605, Princeton, Princeton University Press, 1977, pp. 261-280; MANFREDO TAFURI, Venice and the Renaissance, (trad. Jessica Levin), Cambridge-Londra, MIT Press, 1995, pp. 177-178; e WILLIAM J. BOUWSMA, Venice and the Defense of Republican Liberty: Renaissance Values in the Age of the Counter Reformation, Berkeley, University of California Press, 1968, pp. 251252). Senza dubbio le dispute territoriali e politiche tra Venezia e la Chiesa risalivano a periodi precedenti le riforme religiose del tardo Cinquecento. 22. Il testo fondamentale sullo sviluppo della dottrina del Purgatorio è JACQUES LE GOFF, The Birth of Purgatory, (trad. Arthur Goldhammer), Chicago, University of Chicago Press, 1986 (I ed., Paris, Gallimard, 1981: trad. it., Torino, Einaudi, 1982). Sulla posizione di Martin Lutero riguardo 219 220 LE COLLEZIONI PITTORICHE loro più solide argomentazioni essi adducevano il fatto che le Scritture non lo menzionassero. La Chiesa Cattolica espresse una risposta ufficiale agli attacchi protestanti con i canoni e i decreti promulgati dopo la venticinquesima sessione del Concilio di Trento, nel 1563. Il Concilio difendeva la dottrina, riaffermava la validità delle preghiere per i defunti per coloro che, pur morti in stato di grazia, non avevano espiato completamente i loro peccati, e ribadiva che gli scritti degli antichi padri della Chiesa e i sacri concili suffragavano l’esistenza del Purgatorio23. I Decreti tridentini non analizzavano nel dettaglio la natura o l’ubicazione del Purgatorio. Tuttavia, sulla base della prima lettera ai Corinzi 3:13-15, la maggior parte dei teologi cattolici asseriva che nel Purgatorio vi fossero delle fiamme24. Si riteneva che vi si soffrissero terribili tormenti, più strazianti di qualsiasi sofferenza terrena25. Allo stesso tempo, le anime del Purgatorio erano liete e prive di affanno perché pervase dall’amore divino, e perché la loro volontà era tutt’uno con quella di Dio26. Questa paradossale commistione di gioia e tormento, in cui il cardinale Federico Borromeo individuava quella che doveva costituire la principale caratteristica del Purgatorio nelle rappresenal Purgatorio e i suoi sviluppi, si veda RICHARD MARIUS, Martin Luther: The Christian between God and Death, Cambridge-Londra, Belknap Press, 1999, pp. 141-147. 23. Canons and Decrees of the Council of Trent, (trad. O.P. Rev. H. J. Schroeder), Rockford, Tan Books and Publishers, Inc., 1978, ventiduesima sessione, cap. 1, pp. 144-145 e venticinquesima sessione, Decreto sul Purgatorio, p. 214. 24. «L’opera di ciascuno si renderà manifesta qual è; difatti il giorno del Signore la farà conoscere, poiché si rivelerà nel fuoco: e il fuoco proverà quel che vale l’opera di ciascuno. Se l’opera che ciascuno ha costruito sul fondamento resterà, egli ne riceverà la ricompensa. Colui invece la cui opera prenderà fuoco, ne soffrirà danno, però si salverà; ma come attraverso il fuoco». SAN PAOLO, Prima Epistola ai Corinzi, 3: 13-15. 25. Si vedano, ad esempio, MATTIA BELLINTANI, Prattica dell’oratione mentale, Terza parte, Sopra la Morte, il Purgatorio, & il Giudicio universale, Venezia, Pietro Dusinelli, 1607, p. 332, e LUIGI DI GRANATA, Della guida ouero Scorta de’ peccatori, libro primo, Venezia, Giorgio Angelieri, 1581, p. 238v. 26. ANDREA GELSOMINI, Tesoro celeste della divozione di Maria Vergine Madre di Dio, Padova, Pietro Paolo Tozzi, 1618, p. 147; SANTA CATERINA DA GENOVA, Trattato del Purgatorio. Della detta Beata Madonna Caterinetta Adorna, in Vita mirabile, Et dotrina santa della Beata Caterina da Genova, Nella quale si contiene una utile, e cattolica dimostratione, & dichiaratione del Purgatorio, edita da Cattaneo Marabotto, Firenze, Giunti, 1580, pp. 213-214 e 222-223. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE tazioni visive più corrette, è espressa nei quattro grandi dipinti delle anime del Purgatorio sul soffitto dell’oratorio27. Nonostante si stiano contorcendo tra le fiamme del Purgatorio, i corpi raffigurati sono integri e perfetti. Non mostrano alcuna lesione esterna. Le loro espressioni serene ne indicano la gioia spirituale, mentre la bellezza dei loro corpi muscolosi suggerisce l’efficacia dei suffragi implorati per loro dai fedeli. Queste anime hanno quasi completato il loro processo di purificazione, al cui termine saranno pronte per la visione di Dio. La posizione cattolica sul Purgatorio venne rafforzata da una varietà di fonti scritte, nelle quali veniva esposto in modo più esteso il complesso delle prove a favore dell’esistenza di esso. Tra le opere più influenti, volte a refutare l’eresia protestante, ci furono Confirmatione et stabilimento di tutti li dogmi catholici, del cardinale Luigi Lippomano, e Disputationes de Controversiis Christianæ Fidei, del cardinale Roberto Bellarmino, il cui secondo volume includeva una lunga dissertazione sul Purgatorio (d’ora innanzi qui indicata come De purgatorio)28. Questi trattati riunivano le prove a cui avrebbero attinto opere successive, come Prattica dell’oration mentale, di Mattia Bellintani, rivolte ai laici e al clero29. I laici apprendevano nozioni sul Purgatorio anche da sermoni, pronunciati o stampati, da versioni aggiornate della letteratura sull’ars moriendi, da nuove edizioni delle agiografie popolari e trattati dedicati a specifiche questioni religiose, come le elemosine e le preghiere di suffragio. Molte di queste opere furono stampate a Venezia, sede di una fiorente industria editoriale. Ma nonostante la rinnova27. FEDERICO BORROMEO, Sacred Painting [De pictura sacra], trad. e a cura di Kenneth S. Rothwell Jr., Cambridge (Mass.)-Londra, Harvard University Press, 2010, 2.123. 28. LUIGI LIPPOMANO, Confirmatione et stabilimento di tutti li dogmi catholici, con la subversione di tutti i fondamenti, motivi, & ragioni delli Moderni Heretici sino al numero 482, Venezia, Contra’ de Santa Maria Formosa, 1553, p. 129ss. Il secondo volume delle Disputationes di Bellarmino fu pubblicato in origine nel 1588. L’edizione qui citata è ROBERTO BELLARMINO, Tertia controversia generalis, de ecclesia quae est in purgatorio. Duobus libris explicata in Disputationum Roberti Bellarmini Politiani e Societate Iesu S. R. E. Cardinalis. De controversiis christianæ fidei, adversus huius temporis hæreticos; Tomus Secundus, Parigi, Tri-Adelphorum Bibliopolarum, 1609. 29. Riguardo a Bellintani (1534-1611), si veda ROBERTO CUVATO, Mattia Bellintani da Salò (1534-1611): un cappuccino tra il pulpito e la strada, Roma, Collegio San Lorenzo da Brindisi, Laurentianum, 1999, pp. 5588. In questo contesto è di particolare importanza la parte III del trattato di Bellintani, citata poco sopra. 221 Calle della Verona Campo San Fantin Diagramma 1 Schema “secondo il punto di vista di Dio” della disposizione dei dipinti sul soffitto dell’oratorio, Scuola di San Fantin: A) I santi Anselmo e Ilario; B) Le Elemosine; C) San Bernardo e Beda il Venerabile; D) Le anime del Purgatorio; E) Le anime del Purgatorio; F) I santi Gregorio Magno e Girolamo; G) Le Indulgenze; H) I santi Agostino e Ambrogio; I) Le anime del Purgatorio; L) Le anime del Purgatorio; K) I santi Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno; L) La Celebrazione della Messa; M) I santi Atanasio e Basilio LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE ta attenzione al Purgatorio durante la Riforma cattolica, il soggetto non venne rappresentato con particolare frequenza nell’arte italiana nel cinquantennio che seguì il Concilio di Trento. Quando viene raffigurato, il Purgatorio appare nelle pale d’altare e nelle immagini che onorano la Vergine Maria, san Gregorio Magno e altri santi noti per la loro intercessione a favore delle anime30. A questo proposito, il programma iconografico del soffitto di San Fantin è eccezionale, perché non solo affronta il tema del Purgatorio, ma dedica un intero grande ciclo di dipinti a spiegare e comprovare i punti salienti della dottrina. Il ciclo del Purgatorio: santi e fonti I dodici santi e dottori della Chiesa inclusi nel ciclo del Purgatorio sono rappresentati nel ruolo di maestri piuttosto che come intercessori. Anziché fare appello a Cristo, essi si rivolgono all’osservatore per offrirgli prove della veridicità della posizione cattolica sul Purgatorio. La disposizione sul soffitto dei dodici teologi, vissuti tra il quarto e l’undicesimo secolo, riflette i loro luoghi d’origine e la loro posizione nella gerarchia degli antichi teologi (Diagramma 1). Ecco quindi che i quattro padri orientali sono collocati lungo la parete orientale della sala, quelli occidentali sulla parte occidentale e i quattro più eminenti Dottori latini della Chiesa al centro. Ogni individuo è raffigurato in abiti consoni al suo rango o ordine religioso. A tutti fa da sfondo un paesaggio architettonico appena accennato (forse colonne o portali ad arco) e le nuvole si rigonfiano negli spazi che li dividono. L’ambientazione nel cielo e la natura anacronistica di molti degli accostamenti delle coppie suggerisce che si trovino in Paradiso, nella corte celeste ove gli eletti giungeranno al momento dell’uscita dal Purgatorio. L’identità di ciascuna figura è riconoscibile dai libri che reca in mano, poiché ciascun testo riporta nome dell’autore e titolo di una delle sue opere. Durante la Riforma cattolica, l’uso di scritte nelle arti visive fu spesso incoraggiato dagli autori, per far sì che gli osservatori non fraintendessero i dipinti a soggetto religioso. Sia nel trattato del cardinale Borromeo del 1577 sulla forma e gli ornamenti delle chiese, sia in quello del cardinale Gabriele Paleotti del 1582 sull’arte religiosa, gli autori raccomandavano di utilizzare scritte per identificare i 30. EMILE MALE, L’art religieux de la fin du XVIe siècle, du XVIIe siècle et du XVIIIe siècle; étude sur l’iconographie après le Concile de Trente, Italie-FranceEspagne-Flandres, Parigi, A. Colin, 1972, pp. 58-65. 223 224 fig. 5 fig. 6 LE COLLEZIONI PITTORICHE soggetti, chiarire o sottolineare il significato dell’episodio rappresentato31. Malgrado simili raccomandazioni, il ciclo del Purgatorio mostra un’attenzione alla specificazione dei titoli dei testi piuttosto insolita per l’arte veneziana del periodo. Le scritte si possono capire meglio alla luce delle strategie adottate nei testi cattolici sul Purgatorio, stesi durante la Riforma cattolica. Mentre la scelta e la disposizione dei Padri della Chiesa sul soffitto dell’oratorio sottolineavano l’estensione geografica e temporale del sostegno alla posizione romana, le scritte fungevano da parallelo visivo alla citazione dei testi patristici nelle apologie della dottrina. Dei dodici tomi raffigurati, nove possono essere associati a noti testi patristici sulla base delle scritte. Si potrebbe dedurre, dall’ampiezza e numero dei libri rappresentati nel ciclo del Purgatorio, che il suo ideatore fosse un dotto teologo, esperto nella tradizione scolastica e conoscitore di greco e latino. In realtà non è detto che sia questo il caso perché, per la scelta di queste particolari figure e scritte, l’ideatore sembra essersi basato prevalentemente sul libro I, capitolo X del De purgatorio di Bellarmino32. Questo capitolo contiene prove a sostegno tratte da opere scritte da ciascuno dei dodici teologi raffigurati nell’oratorio, accanto a quelle di altri importanti Padri della Chiesa. Undici delle iscrizioni si riferiscono a testi in esso citati. La tabella 1 riporta tutte le dodici scritte, accanto al titolo completo di ciascuna opera, e le citazioni attinenti al capitolo di Bellarmino. Il ricorso a De purgatorio I.X indica che la confraternita non avrebbe avuto bisogno di coinvolgere un teologo esterno per pianificare il soffitto. Al contrario, il programma sarebbe stato sicuramente alla portata di un confratello in grado di leggere il latino, come senza dubbio erano molti degli amministratori. Tuttavia, è probabile che i membri laici istruiti avessero una diretta consuetudine con molti dei testi rappresentati, e per alcuni osservatori le scritte dovevano evocare nessi e conclusioni che andavano al di là delle citazioni tratte dal breve capitolo di Bellarmino. Per esempio, i tomi retti da tre dei quattro dottori della Chiesa (i santi Agostino, Ambrogio e Gregorio Magno), che si trovano a fianco della tela raffigurante le Indulgenze nel comparto centrale, erano disponibili in diverse edizioni a stampa, ed erano citati spesso negli scritti sul Purgatorio (figg. 5-6). 31. SAN CARLO BORROMEO, Arte sacra (De fabrica ecclesiae), trad. Carlo Castiglioni e Don Carlo Marcora, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 1952, p. 56; GABRIELE PALEOTTI, Discorso intorno alle imagini sacre e profane, Bologna, Alessandro Benacci, 1582, p. 212. 32. BELLARMINO, De purgatorio, coll. 593-598. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE Sant’Agostino, illuminato da un’aura dorata che segnala il suo posto speciale tra i grandi teologi della Chiesa, tiene il libro aperto in modo da rendere facilmente leggibile la scritta “AVG:s DE CVRA PRO MORTVIS”33. Invocato più volte nel De purgatorio I.X, il De cura pro mortuis affronta la questione del se e come le azioni dei vivi possano aiutare le anime dei defunti. Sant’Agostino sostiene che le anime del Purgatorio si possano aiutare con preghiere ed elemosine, ma ricorda al lettore che le anime relegate all’Inferno si trovano al di là della possibilità di intervento da parte dei vivi. Il tema implicito nella sua argomentazione, quindi, è l’importanza di assicurarsi nel corso dell’esistenza terrena che la destinazione immediata dell’anima dopo la morte sia il Purgatorio e non l’Inferno. Per i confratelli di San Fantin, questo e altri argomenti avanzati nel De cura pro mortuis potevano essere d’aiuto nell’affrontare questioni sollevate di frequente durante la loro opera di conforto. Per esempio, Agostino asserisce che i cristiani, i cui corpi sono stati mutilati o lasciati insepolti, saranno comunque integri e completi al momento della resurrezione. L’affermazione che la condizione fisica del proprio cadavere non avrebbe avuto peso nella salvezza eterna era un argomento importante per chi doveva mitigare i timori dei condannati, i corpi di molti dei quali venivano smembrati in adempimento alle sentenze. La mutilazione del corpo angosciava i condannati, che temevano sia il dolore della tortura, sia l’umiliazione associata all’esecuzione pubblica e allo smembramento del corpo dopo la morte. La credenza che il destino dell’anima non dipendesse da quello del corpo era rassicurante: offriva sia un motivo di consolazione sia uno sprone a prepararsi a quella buona, salvifica morte che costituiva l’obiettivo finale della confraternita. A fianco di san Agostino, sant’Ambrogio regge il suo commento al Salmo 3634. Facendo riferimento a Corinzi 1, 3:15, Ambrogio afferma che ognuno alla fine dovrà superare la prova del fuoco. Nel passo citato da Bellarmino, il santo scrive che i fedeli saranno salvati da un fuoco che non li consumerà. Senza dubbio Bellarmino scelse questo passo non solo perché prometteva la salvezza eterna ai fedeli, ma anche perché la profezia di Ambrogio che «i sacrileghi verranno get- 33. Patrologiae cursus completus: series latina, Parigi, Migne et al., 1844-1902 (d’ora innanzi indicata come PL), t. 14, coll. 965-1010. 34. SANCTI AMBROSII MEDIOLANENSIS EPISCOPI, Enarrationes in XII Psalmos Davidicos. In Psalmum XXXVI Enarratio, PL, t. 14, coll. 965-1010, in particolare 981. 225 226 fig. 7 fig. 8 LE COLLEZIONI PITTORICHE tati in un lago infuocato» poteva essere interpretata come monito delle terribili conseguenze che attendevano coloro che accoglievano l’eresia protestante. All’altro lato dello stesso comparto, san Girolamo si staglia nei vividi panni cardinalizi scarlatti; il suo leone è accovacciato ai suoi piedi. La Scuola, va ricordato, era dedicata congiuntamente a san Girolamo e alla Vergine Maria. L’importanza di Girolamo per la confraternita era sottolineata dalla presenza di una statua del santo a grandezza naturale, opera di Alessandro Vittoria, statua che un tempo si trovava sull’altare sotto la tela. Solo parzialmente leggibile, la scritta del testo retto da san Girolamo include le parole «IN CAP VII». In De purgatorio I.X Bellarmino cita diverse opere del santo ma, a causa della natura parziale della scritta, non se ne può identificare la fonte con certezza. Seduto accanto a Girolamo è san Gregorio Magno papa, che regge un altro dei testi più citati a favore del Purgatorio: il quarto libro dei suoi Dialoghi35. Una citazione dai Dialoghi, selezionata da Bellarmino, assicura che il Purgatorio offre il mezzo per la redenzione dai peccati veniali. Un’altra afferma che la celebrazione della messa aiuta le anime dei defunti36. I quattro santi d’occidente fiancheggiano le Elemosine nel comparto più a ovest del soffitto (figg. 7-8). San Bernardo regge il suo sermone sulla morte dell’abate Umberto37. In questo sermone il santo discute la natura transitoria della vita mortale e l’immortalità dell’anima. Ricordando quanto Umberto fosse dedito all’imitazione di Cristo, egli esorta gli ascoltatori a fare lo stesso e a concentrarsi sull’aldilà. A sottolineare ulteriormente l’importanza di questa esortazione, Bellarmino cita il paragrafo conclusivo, che ricorda ai fedeli quanto l’obbedienza a regole severe, ancorché difficile e molesta, sia preferibile ai tormenti del Purgatorio. Di fronte a lui, nello stesso comparto, sant’Ilario regge il suo commento al Salmo 11838. Il passo incluso nel De purgatorio I.X allude all’ineluttabilità della punizione del fuoco, ma offre la speranza che i peccati vi possano essere purificati. 35. Dialogorum Libri IV, De Vita et Miraculis Patrum Italicorum, et de Aeternitate Animarum. Liber Quartus, PL, t. 77, coll. 149-430. Sull’importanza del Libro IV dei Dialoghi a sostegno dell’esistenza del Purgatorio, si veda LE GOFF, The Birth of Purgatory, pp. 90-95. 36. PL, t. 77, coll. 412, 416-417. 37. In Obitu Domini Humberti, Monachi Claraevallensis Sermo, PL, t. 183, coll. 513-518. 38. Sancti Hilarii Pictaviensis Episcopi Tractatus Super Psalmos. Tract. Psalmi CXVIII (sul Salmo 118), PL, t. 9, coll. 500-645, in particolare 522-523. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE 227 I testi identificati nelle iscrizioni dei libri in mano ai due rimanenti padri occidentali, san Anselmo e Beda il Venerabile, non compaiono nelle moderne raccolte delle loro opere. Tuttavia, in entrambi i casi il De Purgatorio I.X presenta una citazione da un testo il cui titolo corrisponde all’iscrizione nell’oratorio. Nel caso di san Anselmo l’iscrizione si riferisce al commento alle lettere di san Paolo ai Corinzi. La citazione di Bellarmino è nello specifico riferita a Corinzi 1, 3, e spiega che il Purgatorio è lo strumento per redimersi dai peccati minori. Il tomo retto da Beda riporta «BEDA IN PSAL XXXVII». Anche De purgatorio I.X include un passo attribuito a Beda sul Salmo 37, che sottolinea il fatto che chi commette peccati veniali deve soffrire nel fuoco purgatoriale. Uno dei sette Salmi Penitenziali, il Salmo 37, implora l’aiuto di Dio di fronte alle tentazioni del male. In molti testi dell’ars moriendi la recitazione dei Salmi Penitenziali era prescritta per i momenti finali dell’esistenza, a imitazione di sant’Agostino39. Il fatto che queste due iscrizioni sul soffitto e il De purgatorio si riferiscano agli stessi, più oscuri testi patristici, offre un solido sostegno alla teoria che l’ideatore del ciclo del Purgatorio si fosse basato sul capitolo di Bellarmino. Nella parte più orientale del comparto si trovano i santi Atanasio e Basilio (fig. 9). L’iscrizione sul tomo di Atanasio, per quanto leggibile solo parzialmente, sembra essere un passo che termina con il numero «4» tratto dalle Quæstiones ad Antiochum Ducem40. Anziché una citazione, Bellarmino offre una parafrasi tratta dalla Questione 34 delle Quæstiones, assicurando i fedeli che le anime percepiscono l’efficacia di ogni preghiera recitata a loro favore. San Basilio regge il capitolo 9 del suo Commento a Isaia nella Bibbia dei Settanta41. In questa fig. 9 39. PIETRO DA LUCA, Dottrina del ben morire, Venezia, Domenico Imborti, 1585, p. 36; BARTOLOMEO D’ANGELO, Ricordo del ben morire, Vincenzo Sabbio, ad instantia di Thomaso Bozzola, Brescia, 1574, pp. 192, 226; inoltre GIOVANNI DI GIESU MARIA, Arte di ben morire del R. P. F. Giovanni di Giesu Maria Carmelitano Scalzo, Roma, Guglielmo Facciotto, 1618, p. 233. 40. Patrologiae cursus completus: series greca, Parigi, J.P. Migne, 1857-1866 (d’ora in avanti indicata come PG), t. 28, coll. 597-709. Questo testo, Quaestiones ad Antiochum Ducem, un tempo attribuito ad Atanasio, è ora assegnato al monaco del settimo secolo Anastasio Sinaita. Si veda GILBERT DAGRON, Holy Images and Likeness, «Dumbarton Oaks Papers», 45 (1991), p. 32. 41. PL, t. 30, coll. 505-524. La paternità di Basilio del Commento ad Isaia è variamente disputata. Si veda NIKOLAI A. LIPATOV, The Problem of the Authorship of the Commentary on Isaiah Attributed to St. Basil the Great, «Studia Patristica», 27 (1993). 228 fig. 10 LE COLLEZIONI PITTORICHE versione, Isaia 9:1 inizia così: «Bevete dunque questo, affrettatevi […] o voi, che camminate nelle tenebre, guardate questa grande luce: voi che vivete nella terra all’ombra della morte, una luce splenderà su di voi.»42. San Basilio interpreta questo passo quale espressione di un’impellente necessità di redenzione, ma ben si addice anche al soggetto eucaristico dell’episodio della Celebrazione della Messa, che si trova accanto, nello stesso comparto. Nelle citazioni scelte in De purgatorio I.X, Basilio afferma che la profezia di Isaia circa la terra in fiamme sia in realtà un’offerta di salvezza attraverso la purificazione. Dall’altra parte dello stesso comparto, san Giovanni Crisostomo regge le sue Omelie sulle Epistole di s. Paolo ai Corinzi (fig. 10)43. L’omelia a cui si fa particolare riferimento non appare chiaramente dalla scritta, ma l’Omelia 41, citata in De purgatorio I.X, è senz’altro pertinente al soggetto principale del soffitto dell’oratorio. Nella citazione di Bellarmino da quest’omelia, il santo esorta i presenti a non smettere mai di aiutare i defunti con elemosine, preghiere e suppliche. Accanto a san Giovanni Crisostomo, san Gregorio Nazianzeno tiene la sua orazione In sancta lumina, (o Per le solennità battesimali)44. Questo testo contrappone il battesimo, che purifica i fedeli dal peccato originale, ai sanguinari riti di iniziazione delle religioni pagane. Il santo effettua un parallelo tra la purificazione del battesimo e le fiamme di Purgatorio e Inferno. Nel passo citato da Bellarmino il santo osserva che coloro che non seguono la via di Cristo verranno battezzati col fuoco. Il De purgatorio di Bellarmino costituì la difesa ufficiale della dottrina del Purgatorio e insieme l’argomentazione più nota, completa ed erudita a favore di esso pubblicata nell’Italia del Cinquecento. Usando Bellarmino come struttura portante del ciclo del Purgatorio, la Scuola affermava la propria devozione e mostrava la propria conoscenza e adesione agli insegnamenti della Chiesa. I testi delle scritte affermano la verità della dottrina: la loro specificità, unita alla profusione, ne attestava l’autorità. Carità veneziana e suffragi per i defunti Nella Prattica dell’oration mentale di Mattia Bellintani, Cristo spiega che l’esistenza del Purgatorio offre ai viventi un mezzo per procurare benefici spirituali sia 42. PL, t. 30, col. 505. 43. Ibid., t. 61, coll. 9-382. 44. Ibid., t. 36, coll. 335-360. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE a se stessi sia ai defunti. Mentre le anime del Purgatorio non hanno il potere di abbreviare la loro espiazione, i vivi possono farlo per loro attraverso opere di misericordia, che accresceranno il loro stesso merito spirituale45. Egli prosegue presentando i tre modi con cui i vivi possono aiutare i morti, ovverosia «con le opere vostre, col mio sacrificio, & con le Indulgenze»46. Questi sono i soggetti delle tre tele principali del ciclo del Purgatorio. La più vicina alla porta occidentale è la scena delle Elemosine (fig. 2). Sul lato sinistro della tela, una figura si gira con grazia per posare una moneta sulla mano tesa di un uomo con la barba. La bellezza idealizzata suggerisce che rappresenti una personificazione della Carità47. Ella è vestito coi colori delle virtù teologali: il verde della speranza, il bianco della fede, il rosso dell’amore, o caritas. Sulla destra, due angeli sollevano le anime verso il Paradiso. Uno, afferrando un’anima per un polso, indica con la mano libera l’atto di carità compiuto sull’altro lato della tela. Più in basso, il torso nudo di una figura femminile emerge dalle fiamme purgatoriali e guarda verso l’alto nella speranza della liberazione. La prospettiva dal sotto in su della scena rivela la massima efficacia visiva se osservata entrando nella sala da calle della Verona, attraverso la porta occidentale. È opportuno ricordare che l’oratorio era aperto al pubblico per le messe settimanali48. A un livello diretto e letterale, la tela delle Elemosine di Palma ricorda esplicitamente a colui che entra l’importanza dell’amor proximi sotto forma di elemosine per i poveri. L’effetto salvifico dell’elemosina è reso immediato e visibile: non appena la Carità fa cadere le monete nelle mani del mendicante, le anime sono istantaneamente liberate dal fuoco del Purgatorio. Il temine elemosina veniva usato anche per significare il concetto di carità in un’accezione più ampia, che abbracciava le opere di misericordia sia spirituali che corporali49. La carità era intesa come transazione tra due parti, ciascuna 45. BELLINTANI, Prattica dell’oratione mentale III, pp. 345-346. 46. Ibid., p. 347 («con le opere vostre, col mio sacrificio, & con le Indulgenze»). 47. Sull’evoluzione della raffigurazione della Carità in Italia, si vedano: ROBERT FREYHAN, The Evolution of the Caritas Figure in the Thirteenth and Fourteenth Centuries, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 11 (1948); EDGAR WIND, Charity: The Case History of a Pattern, «Journal of the Warburg Institute», 1 (1938) n. 4; in particolare sull’esperienza veneziana: BERNARD AIKEMA, L’immagine della ‘Carità Veneziana’, in Nel regno dei poveri: Arte e storia dei grandi ospedali veneziani in età moderna, 1474-1797, a cura di Bernard Aikema e Dulcia Meijers, Venezia, Arsenale, 1989. 48. SANSOVINO e STRINGA, Venetia città nobilissima, p. 92r. 49. Si veda GIROLAMO GRATIANI, Il suffragio dell’anime del Purgatorio, Venezia, Lucio Spineda, 1625, p. 82. 229 230 LE COLLEZIONI PITTORICHE delle quali dotata di qualcosa di prezioso da offrire all’altra. Il capitale del povero era la preghiera; si supponeva che chi riceveva la carità materiale pregasse a favore delle anime di coloro che lo avevano aiutato, e queste preghiere erano considerate altamente benefiche per la salvezza dell’anima50. Tuttavia, spettava al donatore determinare se il ricevente fosse veramente degno di assistenza. Donare a un mendicante non bisognoso era uno spreco, mentre fingere uno stato di bisogno era un peccato grave51. Le preoccupazioni riguardo ai mendicanti fraudolenti erano in aumento nel Cinquecento, poiché i periodi di carestia spingevano i poveri verso le aree cittadine, rendendo la povertà sempre più visibile nelle strade52. A Venezia come altrove in Europa la legislazione incoraggiava a distinguere tra i ranghi degli indigenti. Coloro che non erano in grado di lavorare a causa dell’età o di impedimenti fisici venivano privilegiati rispetto a chi era sano, da cui ci si aspettava che si guadagnasse da vivere53. Palma raffigurò il suo mendicante basandosi su una lunga tradizione iconografica e su una serie di elementi che individuano la genuinità della sua povertà e il suo carattere meritevole54. Col corpo a malapena coperto dagli stracci, egli evoca immediatamente l’imperativo espresso da Matteo 25:36 di vestire gli ignudi. I capelli bianchi e la caviglia fasciata, segni di età avanzata e di un’infermità fisica, richiamano le categorie dei bisognosi favorite dalle leggi veneziane. Un bastone, poggiato ac50. Si veda PAOLO DE ANGELIS, Della limosina, o vero opere che ci assicurano nel giorno del final giuditio, Roma, Giacomo Mascardi, 1611, p. 37. 51. Ibid., p. 40. 52. Sulle vedute/tendenze/opinioni teologiche, culturali e politiche che influirono sulla raffigurazione dei mendicanti nell’arte del sedicesimo secolo, si veda TOM NICHOLS, The Art of Poverty: Irony and Ideal in the Sixteenth-Century Beggar Image, Manchester, Manchester University Press, 2007. 53. Sulle leggi veneziane sull’accattonaggio e gli atteggiamenti nei confronti dei mendicanti meritevoli e indegni, si veda PULLAN, Rich and Poor, capp. 3-4, in particolare pp. 239-240; inoltre DENNIS ROMANO, L’assistenza e la beneficenza, in Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, vol. V, Il Rinascimento, società ed economia, a cura di Alberto Tenenti e Ugo Tucci, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1996, pp. 355-358. 54. La figura deriva direttamente dall’uomo con la barba che riceve le monete da san Giovanni Elemosinario nella pala d’altare di Tiziano della chiesa di San Giovanni Elemosinario. Un altro precedente si ha nel misero che tende una ciotola nella pala d’altare nota come La Madonna dei Sarti di Bonifacio de’ Pitati (1533). Sui dipinti di Tiziano e de’ Pitati si veda AIKEMA, Carità Veneziana, p. 88, e NICHOLS, The Art of Poverty, pp. 143-144, 158-159. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE canto al vecchio, a conferma del suo impedimento fisico, sembra avvicinarlo alla figura dei fedeli pellegrini. Allo sguardo di un osservatore contemporaneo, il bastone segnalava la devozione del mendicante, a garanzia del fatto che avrebbe svolto il suo ruolo nella transazione benefica. La Celebrazione della Messa è il soggetto della tela collocata sulla parte opposta del soffitto, nel lato est della stanza (fig. 4). Nella Prattica dell’oration mentale, Bellintani evoca vividamente la celebrazione della messa come mezzo per liberare le anime, e paragona le preghiere per i defunti alla carità sacrificale di Cristo stesso: Il sacrificio mio, il quale nella Messa continuo si fa nella mia Chiesa, ho voluto & ho ordinato, che specialmente s’ indrizzi & offerisca per quelle povere anime, per ampliar così la misericordia mia: & perche esiendo elle à me congiunte per viva fede, non è il dovere, che della efficacia del mio sangue, & del mio spirito siano esenti: anzi quanto più indissolubilmente meco legate sono, tanto più strettamente & intimamente sentano il caldo della mia carità, & l’effetto della mia virtù. Et questo è un sicuro suffragio, imperoche sicuramente sempre vale. Dalche insegno a voi ad essere liberali a quei poveri bisognosi del suffragio vostro, posciache tanto gliene son anch’io del mio55. Qui un prete con la tonsura sta in piedi davanti a un altare bianco; è illuminato dalla parte superiore destra, e le braccia alzate, il mantello cremisi e la gamba sinistra leggermente protesa all’indietro formano una forte diagonale, che guida l’occhio in direzione di un crocifisso sull’altare di fronte a lui. Il momento rappresentato è quello dell’elevazione del vino consacrato al culmine della Messa, dopo che l’ostia e il vino sono stati miracolosamente trasformati nel corpo e sangue di Cristo. Mentre gli angeli discendono a recuperare le anime dai guizzi delle fiamme arancioni, il sacerdote leva il calice, giustapponendolo al crocifisso davanti a sé. Nell’angolo inferiore sinistro, inginocchiato sui gradini, un accolito che regge un cero suona un campanello fissando il calice, il corpo teso nello stupore. Così come per l’episodio delle Elemosine, la collocazione della Celebrazione della Messa all’estremità orientale della sala si collegava alle funzioni che si svolgevano al di sotto. In questo caso, la tela era collocata sopra l’altare del Crocifisso del55. BELLINTANI, Prattica dell’oratione mentale, pp. 348-349. 231 232 LE COLLEZIONI PITTORICHE la sala (Diagramma 1). L’altare rappresentato nel dipinto echeggia l’altare reale che un tempo si trovava sotto di esso, e i fedeli che partecipavano alla Messa potevano alzare lo sguardo e contemplare l’effetto salvifico dei loro atti di devozione, materializzato nella tela in alto. Il legame tra la messa e il sacrificio di Cristo veniva ulteriormente sottolineato dalla presenza dell’Agonia nell’Orto degli Ulivi di Corona, posto lì accanto sulla parete sud della sala. In questa scena, la prima del ciclo della Passione di Corona, l’angelo offre a Cristo il calice, che simboleggia il suo sacrificio e richiama il vino eucaristico. In tal modo, sia il dipinto sul soffitto sia quello sulla parete attiravano l’attenzione dell’osservatore sull’altare e sottolineavano tematicamente la relazione tra la Crocifissione, la Messa e la condizione delle anime del Purgatorio. L’immagine centrale del ciclo del Purgatorio ha il suo fulcro nella facoltà del Papa di concedere le indulgenze, una delle ragioni principali del conflitto tra i protestanti e la Chiesa cattolica (fig. 3). Per le confraternite ed altre istituzioni religiose, le indulgenze costituivano uno stimolo potente. I benefici spirituali che ne derivavano erano molteplici, e gli altari cui era concesso il privilegio di indulgenza attiravano i fedeli in massa. Quando la Scuola di San Fantin si fuse con l’Arciconfraternita di San Giovanni Decollato nel 1613, i suoi membri poterono avvantaggiarsi delle indulgenze concesse alla confraternita romana nel 1608 da Papa Paolo V56. Nel 1618, proprio l’altare del Crocifisso della Scuola ricevette direttamente il privilegio dell’Indulgenza plenaria a beneficio delle anime per il cui suffragio si potevano offrire messe in determinati giorni festivi. Fu la prima di molte indulgenze direttamente legate alla devozione e alle elemosine degli altari della Scuola di San Fantin, un gradito sollievo alle sofferenze purgatoriali dei suoi membri e devoti. La posizione della Chiesa in merito alle indulgenze fu riassunta in modo semplice e diretto a beneficio dei laici nella Prattica di Bellintani, in cui Cristo spiega di aver affidato le chiavi di Paradiso ed Inferno al suo vicario terreno, che può usarle per aiutare sia i morti che i vivi57. Nella scena dipinta dal Palma, un Papa con barba e triregno siede su un trono posto sulla sommità di una scalinata, sovrastato da un baldacchino rosso58. Alle sue spalle sta un uomo ammantato di 56. ASVe, Scuola Grande di Santa Maria della Consolazione, b. 2, Compendio, Indulgenze e Privileggii Spirituali, cc. 158v-160v. 57. BELLINTANI, Prattica dell’oratione mentale III, p. 348. 58. Diversi studiosi hanno ipotizzato che il Papa della tela abbia i tratti di Pio V (Antonio Ghislieri, 1504-1572, pontefice dal 1566 al 1572): IVANOFF, Il ciclo pittorico, p. 73, TRAVERSO, La Scuola di San Fantin, p. 132, e LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE rosso, con indosso il copricapo cardinalizio e tra le mani i grani di un rosario. Il Papa tende una delle mani verso gli angeli e le anime che si levano sul lato sinistro della tela. Nell’altra mano egli porge dei rosari luccicanti e un decreto di Indulgenza ai supplicanti in ginocchio. I grani del rosario suggeriscono che le indulgenze si possono guadagnare con le preghiere dei supplicanti; i rosari che il Papa stringe assieme al decreto d’Indulgenza, possono simboleggiare nel loro complesso i preziosi tesori spirituali offerti ai postulanti dalla Chiesa. Il legame tra le indulgenze e la salvezza delle anime del Purgatorio è reso esplicito dalla presenza degli angeli che, sul lato sinistro del dipinto, sollevano le anime verso l’alto. Come nelle Elemosine e nella Celebrazione della Messa, lo schema prospettico è volto soprattutto all’osservatore che si muova lungo l’asse centrale dell’edificio, da ovest a est. In questo caso, tuttavia, la scena è anche orientata verso l’entrata principale, sul lato sud della sala. Il Papa in trono sembra volgersi verso queste porte, che si aprono su campo San Fantin, e l’Indulgenza che tiene in mano è tesa verso coloro che entrano attraverso di esse. Con la folta barba scura, lo sguardo volitivo e il naso prominente, il Cardinale rivela una somiglianza coi ritratti di Gasparo Contarini (1483-1542), il patrizio veneziano, diplomatico e Cardinale, che ricoprì l’incarico di legato papale alla Dieta di Ratisbona del 154159. Sebbene questa identificazione sia solo un’ipoZAMPETTI, Guida alla Scuola di San Fantin, p. 36. Una simile identificazione, se basata sulla somiglianza con i ritratti di Pio V a noi noti, risulta poco convincente. Tuttavia è coerente con la devozione mariana di Pio V, oltre al fatto che fu lui a istituire la solennità del Santo Rosario per commemorare la vittoria della Santa Lega nella Battaglia di Lepanto del 1571. La stessa identificazione fu postulata dal prof. Antonio Manno in una sua conferenza dal titolo Carità, giustizia e devozione a Venezia: i cicli pittorici nell’aula terrena della scuola dei ‘Picai’, ora aula magna dell’Ateneo Veneto, tenutasi nel 2007 all’Ateneo Veneto (abstract recuperato il 30 settembre 2011 tramite l’URL: sites.google.com/site/antoniomanno/ abstracts-1/cicli-pittorici-ateneo-veneto). 59. Si veda, ad esempio, il ritratto di Contarini eseguito da Cristoforo dell’Altissimo, ora al Museo degli Uffizi. Il ritratto degli Uffizi faceva parte di un gruppo di copie, commissionate da Cosimo de’ Medici, dei ritratti della collezione di Paolo Giovio, un contemporaneo del Contarini. La commissione e realizzazione dei ritratti è riferita in GIORGIO VASARI, Le vite de’ più eccelenti pittori scultori ed architetti, a cura di Gaetano Milanesi, Firenze, G.C. Sansoni, 1878, t. 7, coll. 608-609. Altri ritratti di Contarini nella veste cardinalizia includono una stampa nel Museo Correr e un busto di marmo, variamente attribuito ad Alessandro Vittoria o a Danese Cattaneo, situato 233 234 LE COLLEZIONI PITTORICHE tesi, val la pena di considerarne brevemente le potenziali implicazioni. In ambito politico, Contarini è noto per la sua analisi delle istituzioni e della struttura della Repubblica Veneta, De magistratibus et republica Venetorum, opera pubblicata postuma. Uomo di profonda religiosità, egli fu fortemente combattuto tra la scelta di una vita attiva al servizio dello stato veneziano e la dedizione alla fede60. Inizialmente scelse la prima e divenne Cardinale solo dopo una carriera di diplomatico e uomo di stato. Come ambasciatore veneziano alla corte di papa Clemente VII, Contarini propugnò un’autorità papale più limitata, concentrata nella Cappella Contarini nella chiesa della Madonna dell’Orto a Venezia. Questi ritratti sono entrambi riprodotti in ELISABETH G. GLEASON, Gasparo Contarini: Venice, Rome, and Reform, Berkeley-Los Angeles-Oxford, University of California Press, 1993. Per quanto riguarda l’attribuzione a Danese Cattaneo, si veda MICHAEL DOUGLAS-SCOTT, Jacopo Tintoretto’s Altarpiece of St. Agnes at the Madonna dell’Orto in Venice and the Memorialization of Cardinal Contarini, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 60 (1997), pp. 130-163; vi si discute il programma della cappella alla luce degli sforzi della famiglia Contarini di riabilitare la reputazione di Gasparo dopo la sua morte. Sono grata a Dorit Raines per aver portato alla mia attenzione la somiglianza tra la raffigurazione di Palma e Contarini. Si noti che anche Manno sostiene che il cardinale dipinto da Palma sia Contarini, identificando inoltre un altro personaggio del dipinto con Girolamo Miani. Miani, un patrizio e ufficiale veneziano, fondò l’ordine Somasco in seguito alla sua conversione religiosa. Dopo l’espulsione dei gesuiti da Venezia, i padri somaschi ricoprirono un ruolo centrale nell’istruzione religiosa. Sulla figura di Miani si veda ANTONIO NIERO, Per l’iconographia veneziana di San Girolamo Miani, in San Girolamo Miani nel V centenario della nascita, a cura di Giovanni Scarabello, Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1989, pp. 101-121. Riguardo all’ordine Somasco e sul suo ruolo nell’istruzione veneziana, si veda ANTONELLA BARZAZI, Gli affanni dell’erudizione: studi e organizzazione culturale degli ordini religiosi a Venezia tra Sei e Settecento, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2004, pp. 73-196. Per un’interessante discussione sui piani del governo veneziano per Santa Maria della Salute e la sua decisione di affidare la nuova chiesa all’ordine Somasco, con le implicazioni politiche del caso, si veda ANDREW HOPKINS, Plans and Planning for S. Maria della Salute, Venice, «Art Bulletin», 79 (1997), n. 3, pp. 440-465. 60. Si veda FELIX GILBERT, Religion and Politics in the Thought of Gasparo Contarini, in Action and Conviction in Early Modern Europe: Essays in memory of E. H. Harbison, a cura di Theodore K. Rabb e Jerrold E. Seigel, Princeton, Princeton University Press, 1969, pp. 90-116. Sugli inizi della carriera di Contarini, si veda inoltre JAMES BRUCE ROSS, The Emergence of Gasparo Contarini: A Bibliographical Essay, «Church History», 41 (1972), n. 1, pp. 22-45. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE su questioni spirituali piuttosto che temporali. Continuò a sostenere una riforma e un ritorno agli ideali della Chiesa delle origini anche quando fu elevato al rango di Cardinale61. Malgrado alcuni dei suoi principi spirituali fossero molto vicini alle posizioni protestanti, comprese le sue idee sulla giustificazione, egli fu inviato a Ratisbona nel 1541 per rappresentare la Chiesa nei negoziati con Carlo V e i luterani62. I suoi sforzi alla fine fallirono, e Contarini morì a Bologna l’anno seguente. Negli anni di crescente intolleranza del Concilio di Trento, le sue opinioni religiose furono considerate sospette e la sua reputazione messa in discussione63. Nel contesto del ciclo del Purgatorio, un ritratto di Contarini avrebbe aggiunto un ulteriore, ancorché sottile strato ai vari significati sovrapposti. Posto dietro al Papa e con il rosario in mano, egli simboleggia la gerarchia ecclesiastica e afferma l’autorità papale in materia di indulgenze. Tuttavia, la sua presenza avrebbe potuto ricordare all’osservatore il suo famoso trattato sull’eccezionalità dello stato veneziano e i suoi sforzi di riformare la Chiesa, arginando le ambizioni mondane del Papato. La devozione laica veneziana e la Chiesa di Roma Durante la Riforma cattolica, la Chiesa pretese e impose un rispetto assoluto del proprio dettato. Alla luce della protratta posizione di sfida di Venezia e della sua relativa tolleranza religiosa, la religiosità del suo popolo veniva messa periodicamente in discussione64. Ma per i veneziani un fermo attaccamento alla 61. Sulla carriera diplomatica di Contarini per la Repubblica di Venezia e il suo desiderio di limitare l’autorità del papato nelle questioni temporali, si veda BOUWSMA, Venice, pp. 123-132, e GLEASON, Contarini, pp. 29-61. 62. Ibid., pp. 186-256, e HEINZ MACKENSEN, The Diplomatic Role of Gasparo Cardinal Contarini at the Colloquy of Ratisbon of 1541, «Church History», 27 (1958), n. 4, pp. 312-337. Contarini fu a lungo della convinzione che la giustificazione fosse un dono liberamente elargito da Dio all’uomo; tuttavia, nei suoi scritti si sottolinea l’importanza dell’amor proximi e dell’amor dei, due aspetti della carità a cui erano dedite le confraternite veneziane. Si vedano, ad esempio, le sue istruzioni ai predicatori di Belluno, trattate in WILLIAM V. HUDON, Two Instructions to Preachers from the Tridentine Reformation, «Sixteenth Century Journal», 20 (1989), n. 3, pp. 457-570. 63. GLEASON, Contarini, pp. 195, 300-301. 64. Nel 1596, ad esempio, papa Clemente VIII accusò la città di offrire terreno fertile all’eresia protestante e a movimenti riformatori non autorizzati. GRENDLER, The Roman Inquisition, p. 278, cita una lettera dell’ambasciatore Dolfin al Senato veneziano. Nel periodo dell’Interdetto, il cardinale 235 fig. 11 LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE fede non comportava una stretta obbedienza a un Papa troppo potente, e i loro governanti sostenevano coerentemente che la devozione cittadina non aveva rivali. Durante l’Interdetto imposto due anni dopo il completamento del ciclo del Purgatorio, il doge Leonardo Donà rintuzzò puntigliosamente i gesuiti (che stava facendo espellere dalla città) dichiarando che i veneziani avevano sempre protetto la vera religione, avrebbero dato la vita per essa, ed erano più cattolici dei romani stessi65. Se il modo in cui il ciclo del Purgatorio esprime visivamente l’autorità papale sembra difficile da conciliare con queste circostanze storiche, va ricordato che la sua scena centrale si focalizza sul dominio spirituale del Papa. Dal punto di vista veneziano, all’origine del conflitto sempre più aspro tra il Papato e la Serenissima vi era il rifiuto di mantenere distinte la sfera spirituale e quella politica. Se il Ciclo esalta l’autorità papale nel concedere le indulgenze e illustra l’efficacia di queste ultime per le anime del Purgatorio, esso esprime anche il desiderio di Venezia di un ritorno agli ideali e alle aspirazioni di una Chiesa meno mondana. Val la pena di osservare qui che il programma del soffitto di Palma celebrava una forma di devozione diretta e attiva, portatrice di un significato particolare nel panorama delle confraternite veneziane. Ciò si può meglio dimostrare con un confronto tra il ciclo del Purgatorio e un altro programma iconografico a esso collegato: la cappella Grimani nella chiesa teatina di San Nicolò dei Tolentini. Opera anch’essa di Palma, la volta della cappella Grimani fu probabilmente eseguita un decennio dopo il ciclo del Purgatorio di San Fantin66. Come la Scuola di San Fantin, la cappella Grimani è dedicata alla Vergine, cui si attribuiva generalmente la più efficace opera di intercessione a favore delle anime del Purgatorio67. I dipinti sulla volta della cappella, che rappresentano le Elemosine, la gesuita Roberto Bellarmino lasciò intendere a un corrispondente che molti veneziani avevano preso a seguire la messa più frequentemente in segno di disprezzo verso il Papa. BOUWSMA, Venice, pp. 388-389. 65. La replica del Doge è riferita dal gesuita Bernardino Castorio in un documento trascritto in PIETRO PIRRI, L’interdetto di Venezia del 1606 e i gesuiti. Silloge di documenti con introduzione, Roma, Institutum Historicum S.I., 1959, p. 108. 66. La cappella è sommariamente descritta in RIDOLFI, Le maraviglie dell’arte, vol. II, p. 185. Si vedano inoltre MASON RINALDI, Palma il Giovane, cat. 451-460; NICOLA IVANOFF e PIETRO ZAMPETTI, Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, estratto da I pittori bergamaschi, vol, III, Il Cinquecento, Bergamo, Poligrafiche Bolis, 1980, p. 582. 67. La devozione alla Vergine costituiva senza dubbio un fattore determinante nella scelta del Purgatorio quale soggetto del programma iconografico del soffitto 237 238 fig. 12 fig. 13 LE COLLEZIONI PITTORICHE Messa e le Indulgenze, riprendono i temi del soffitto dell’oratorio di San Fantin (figg. 11-12). Tuttavia, mentre le anime che si contorcono appaiono in evidenza nelle scene corrispondenti di San Fantin, esse non figurano nei dipinti della volta dei Tolentini. Le anime del Purgatorio appaiono solo nella pala d’altare della cappella, in cui la Vergine e san Pietro intercedono presso Cristo in loro favore (fig. 13). La pala è incentrata sull’intercessione divina, e sottolinea il potere dei santi di alleviare le sofferenze delle anime nel Purgatorio. La presenza di san Pietro, con le caratteristiche chiavi, inclina il significato del ciclo più decisamente verso una celebrazione dell’autorità papale. I dipinti del ciclo del Purgatorio di San Fantin, dal carattere dinamico e narrativo, pongono l’accento più sull’intervento umano che sull’intercessione dei santi. In altre parole, il soffitto dell’oratorio mette in rilievo ciò che i vivi possono fare per alleviare le sofferenze delle proprie anime e di quelle dei defunti. Mentre le preghiere dei vivi avevano lo scopo di stimolare e incoraggiare l’intervento divino a favore delle anime, il legame diretto, presente in ciascuna tela, tra carità individuale e salvezza delle anime sottolinea l’efficacia delle preghiere e delle opere di bene. Tale impostazione si attagliava perfettamente alla Scuola di San Fantin, istituzione fondata sul principio che voleva i laici direttamente coinvolti in opere volte ad assicurare la salvezza della propria anima. Nella pesante atmosfera religiosa che pervadeva Venezia al volgere del secolo, sembra che la Scuola di San Fantin desiderasse una cappella al passo con i tempi, sia in senso estetico che in senso teologico68. Data la natura altamente visibile dell’oratorio, questo obiettivo era di primaria importanza. Con i due grandi altari di pietra di Alessandro Vittoria, il ciclo del Purgatorio del Palma sul soffitto, e il ciclo della Passione di Leonardo Corona alle pareti, l’oratorio venne trasformato in un luogo sacro perfettamente in linea con le questioni spirituali del nell’oratorio di San Fantin. Sul ruolo di Maria nella difesa dei condannati e la sua intercessione a favore delle anime del Purgatorio si vedano: GARGIARIA, Conforto de gli afflitti condannati a morte, vol. I, p. 58; GELSOMINI, Tesoro celeste, pp. 138-161, e GRATIANI, Suffragio dell’anime, pp. 123-139. Si vedano inoltre MARINA WARNER, Alone of All Her Sex: The Myth and Cult of the Virgin Mary, New York, Vintage Books, 1983, pp. 315-331, in particolare p. 317, e GOLDA BALASS, Five Hierarchies of Intercessors for Salvation: The Decoration of the Angels’ Chapel in the Gesù, «Artibus et Historiae», 24 ( 2003), n. 47, pp. 182-183. 68. ZAMPETTI, (Guida alla Scuola di San Fantin, p. 104), e IVANOFF, (Il ciclo pittorico, pp. 71-73) sostengono ugualmente che la sostituzione del soffitto di Tintoretto fu dovuta a un rinnovato interesse per il Purgatorio durante la Riforma Cattolica. LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE momento. Vigoroso quanto le apologie scritte dai cardinali Bellarmino e Lippomano, il ciclo del Purgatorio presentava una decisa argomentazione visiva a favore del Purgatorio, meticolosamente fedele alla posizione tridentina e insieme comprensibile quanto bastava per i visitatori laici dell’oratorio. Realizzato in un decennio in cui la devozione della città avrebbe conosciuto fieri attacchi, il suo programma complesso e sfaccettato esprimeva la dedizione dei suoi mecenati alla promulgazione della fede e alla salvezza delle anime dalla dannazione eterna. Ma anche se la scrupolosa ortodossia del ciclo sottolineava la conformità della devozione della Scuola agli obiettivi spirituali della Chiesa, cionondimeno la confraternita sembra aver utilizzato il ciclo del Purgatorio per ribadire in maniera sottile la natura eccezionale della religiosità veneziana e l’opportunità di contenere l’autorità papale. (Traduzione di Shaul Bassi con la collaborazione di Elisabetta Mezzani) 239 240 LE COLLEZIONI PITTORICHE Dottori della Chiesa Scritte Fonte scritta Citazioni o riferimenti in BELLARMINO, De purgatorio, lib. I, cap. X * Fonte della citazione di Bellarmino Sant’Anselmo di Canterbury (1033-1109) ANS AD/ CHORINT Testo ignoto sui Corinzi «Anselmus in 1. Corinth. 3. Nam de quibusdam levibus culpu esse ante corporum resurrectionem, purgatorius ignis credendum est. Et ibidem afferit esse gravissimam pœnam». Ignoto Sant’Ilario di Poitiers (c. 300-368) HILAR:S IN/ PSAL. CXVI I SANCTI HILARII PICTAVIENSIS EPISCOPI TRACTATUS SUPER PSALMOS. TRACT. PSALMI CXVIII. [Sul Salmo118] PL, t. 9, coll. 500-645. «Hilarius in Psalm. 118. in illud: Concupivit anima desiderare iudicia iustitiæ tuæ: Nobis, inquit, est ille indefessus ignis obeundus, in quo subeunda sunt gravia illa expiendæ a peccatis anima supplicia». PL, t. 9, coll. 522-523 San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) BERN:S/ SERMO DE/ OBITV/ HVMBERT I IN OBITU DOMNI HUMBERTI, MONACHI CLARAE-VALLENSIS SERMO [Sermone sulla morte di Umberto], PL, t. 183, coll. 513518 «Bernardus serm. de obitu Humberti: Volat fratres irrevocabile tempus, & dum creditis vos cavere ista pœnam minimam, incurritis ampliorem: illud enim scitote, quia post hanc vitam in purgatoriis locis centupliciter, qua fuerint hic neglecta, reddentur usque ad novissimum quadrantem. Scio ego quam durum est homini dissoluto apprehendere disciplinam, verboso silentium pati, vagari solito stabilem permanere, sed durius, & multo durius erit futuras molestias tolerare». PL, t. 183, col. 518 Il Venerabile Beda (672-735) BEDA IN/ PSAL/ XXXVII Testo ignoto sul Salmo 37. «Beda in Psalm. 37. Quidam, inquit, committunt quadam peccata venialia graviora & leviora, & ideo necesse est, ut hi tales in ira corripiantur, id est, in purgatorio igne: nunc interim ante diem iudicii ponantur, ut qua in eis immunda sunt, perillum exurantur, & sie tandem idonei esse cum his, qui in dextra coronandi sunt, inveniantur». Ignoto San Gregorio Magno Papa (c. 540-604) GREG / IIII DIAL SANCTI GREGORII PAPAE DIALOGORUM LIBRI IV, DE VITA ET MIRACULIS PATRUM ITALICORUM, ET DE AETERNITATE ANIMARUM. LIBER QUARTUS. [Dialoghi in Quattro Libri], PL, t. 77, coll. 149-430. «B. Gregorius lib. 4. Dial. cap. 55. Multum, inquit, solet animas etiam post mortem sacra oblatio hostiæ salutaris adiuvare, ita ut hanc nonnunquam ipsæ defunctorum animæ expetere videantur. Et cap. 50. Quos gravia, inquit, peccata non deprimunt, hoc prodest mortuis, si in ecclesia sepeliantur, quod eorum proximi quoties ad eadem sacra loca conveniunt, suorum, quorum sepulcra conspiciunt, recordantur, et pro eis Domino preces fundunt». «B. Gregorius lib. 4. Dialogorum, cap. 39. De quibusdam, inquit, levibus culpis esse ante iudicium, purgatorius ignis credendus est». Libro IV, c. 39, 50, e 55, PL, t. 77, coll. 393-396, 412, 416-4213 San Girolamo (c. 347-420) HIER. IN/ CAP VII/ Commento ignoto o glossa al capitolo 7 di un testo non identificabile. Probabilmente un richiamo al commento di Girolamo su Michea 7:9 nel suo Commento al profeta Isaia, libro 18, cap. 66, vers. 24, PL, t. 4, coll. 676-678 «B. Hieronymus in fine commentarii in Isaiam: sicut, inquit, Diaboli, & omnium negatorum, atque impiorum, qui dixerunt in corde suo, Non est Deus, credimus æterna tormenta sit peccatorum atque impiorum, & tamen Christianorum, quorum opera in igne probanda sunt, atque purganda, moderatam arbitramur & mixtam clementia sententiam iudiciis». PL, t. 24, coll. 676-678 Sant’Agostino (353-430) AUG:S/DE CVRA/PRO/ MORTVIS DE CURA PRO MORTUIS GERENDA AD PAULINUM [Della cura da riservare ai defunti] PL, t. 40, coll. 591-610. «B. Augustinus de cura pro mortuis, c. 2. In Machabaeorum, inquit, libro legimus oblatum pro mortuis sacrificium, sed & si nusquam in Scripturis veteribus legeretur, non parva est universæ Ecclesiæ, quæ in hac consuetudine claret auctoritas ubi in precibus sacerdotis quæ Domino Deo ad eius altare funduntur, locum suum habet etiam commendatio mortuorum. Et cap. 4. Cum itaque recolit animus ubi sepultum sit charissimi corpus, & occurrit locus nomine Martyris venerabilis, eidem Martyri animam dilectam commendat, recordantis & precantis affectus: qui cum defunctis a fidelibus charissimis exhibetur, eum prodesse non dubium est. Et infra: Non sunt prætermittendæ supplicationes pro spiritibus mortuorum: quas faciendas pro omnibus in christiana, & Catholica societate defunctis, etiam tacitis nominibus quorumque, sub generali commemoratione suscepit Ecclesi, ut quibus ad ista desunt parentes, aut filii, aut quicumque cognati, vel amici, ab una eis exhibeantur pia matre communi». Capp. 2, 4, PL, t. 40, coll. 593, 596 241 LA DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE Dottori della Chiesa Scritte Fonte scritta Citazioni o riferimenti in BELLARMINO, De purgatorio, lib. I, cap. X* Fonte della citazione di Bellarmino San Ambrogio (c. 338-397) AMB_/IN PS/ XXXVI SANCTI AMBROSII MEDIOLANENSIS EPISCOPI ENARRATIONES IN XII PSALMOS DAVIDICOS. IN PSALMUM XXXVI ENARRATIO. [Commento ai Dodici Salmi di Davide, sul Salmo 36], PL, t. 14, coll. 965-1010 «Etsi salvos faciet, inquit, Dominus servos suos salvi erimus per fidem, sic tamen salvi quasi per ignem. Etsi non exuremur, tamen uremur. quomodo tamen alii remaneant in igne, alii pertranseant, alio loco nos doceat Scriptura divina, nempe in mare rubrum demersus populus est Aegyptiorum, transivit autem populus Hebræorum, Moyses pertransivit, præcipitatus est Pharao, quoniam gravia eum peccata merserunt, eo modo præcipitabuntur sacrilegi in lacum ignis ardentis». PL, t. 14, col. 981 San Atanasio di Alessandria (c. 296- 373) ATHAN. QVAST/ IIII AD/ ANTIOCH VM Pseudo-Athanasius, Quaestiones ad Antiochum Ducem [Questioni ad Antioco], PG, t. 28, coll. 597-709 «Athanasius q. 34 ad Antiochum, quærit, num animæ sentiant utilitatem ex orationibus vivorum. Respondet, sentire omnino». PG, t. 28, coll. 618, 624 San Basilio (330-379) BASIL S IN ISAIAM/CAP IX Commentarius in Isaiam prophetam, Caput IX [Commento sul Profeta Isaia, cap. 9] PG, t. 30, coll. 505-524 «Basilius in cap. 9. Isaiæ: sic igitur per confessionem, inquit, detexerimus peccatum, iam succrescens gramen arefecimus, dignum plane quod depascatur ac devoret purgatorius ignis. Et infra: non omnimodam, inquit, interenecionem, iuxta Apostoli sententiam. ipse autem salums erit quasi per ignem». PG, t. 30, coll. 521-522 San Giovanni Crisostomo (c. 347–407) GHRYSOS T. IN/P.AM AD CHORIN Argumentum epistolæ primæ ad Corinthios [Omelie sulla Prima Epistola ai Corinti], PG, t. 61, coll. 9-382 «Chrysostomus hom. 41. in priorem ad Corinthios: Iuvetur, inquit, mortuus non lacrymis, sed precibus, supplicationibus, elemosynit. Et infra: Ne fatigemur mortuis auxilium ferre, preces pro illus offerentes». PG, t. 61, coll. 355-362, in particolare 361 San Gregorio Nazianzeno (329-389) GREG:S NAZIANZ/ IN S. LVMINA Oratio XXXIX. In sancta lumina [Orazione 39, sulle Solennità Battesimali], PG, t. 36, coll. 336360 «Gregorius Nazianzenus oratione in sancta lumina circa finem: In altero æuo, inquit, igni baptizabuntur, qui postremus est Baptismus, nec solum acerbior, sed & diuturnior, qui crassam materiam instar ferri depascitur, vitiique leviatem assumit». PG, t. 36, coll. 357-358 * Roberto Bellarmino, Santo, Tertia controversia generalis, de ecclesia quae est in purgatorio. Duobus libris explicata in, Disputationum Roberti Bellarmini Politiani e Societate Iesu S.R.E. Cardinalis. De controversiis christianae fidei, adversus huius temporis hæreticos; Tomus Secundus, Parisiis (Paris), Tri-Adelphorum Bibliopolarum, 1609, liber I, caput X, 557-656. LE COLLEZIONI PITTORICHE fig. 1