15. ECONOMIC VALUE ADDED di Andrea Melis, Silvia Gaia, Giulia Leoni, Simone Aresu Economic Value Added Introduzione 15. 15.1. Obiettivi di apprendimento: comprendere i benefici dell’utilizzo dell’Economic Value Added (EVA) quale strumento di misurazione delle performance aziendali ed acquisire la capacità di implementarne il calcolo a partire dai dati di bilancio, al fine di esprimere un giudizio di valore sull’azienda, una sua divisione o un singolo investimento. Sintesi dei contenuti: dopo aver introdotto il concetto e i principi generali dell’EVA, nonché i vantaggi dell’utilizzo di tale indicatore rispetto agli indicatori di performance tradizionali (ROI, ROE, etc.), si illustrano le principali rettifiche da apportare a specifiche voci di bilancio, al fine di recuperare una logica economica, solitamente offuscata da politiche contabili e/o fiscali, e determinare cosı̀ gli elementi necessari al calcolo dell’EVA. Una volta illustrate le rettifiche ai fini del calcolo dell’EVA, si procede all’esame della stima del calcolo del costo del capitale. Successivamente, si propone un caso esemplificativo in cui si calcola l’EVA di due aziende al fine di confrontarne le performance in termini di creazione di valore. Infine, si presentano, in via conclusiva, i principali benefici e limiti dell’indicatore EVA. Parole chiave: Economic Value Added, EVA, creazione di valore, misura di performance, calcolo dell’EVA, reddito residuale, giudizio di valore, indicatore di performance, logica economica, rettifiche ai fini EVA, vantaggi e limiti dell’EVA. 15.1. INTRODUZIONE 1 Gestire un’azienda senza essere in grado di misurare correttamente i risultati della gestione è compito arduo. Il sistema contabile e gli indicatori di performance di tipo tradizionale calcolati sui dati di bilancio (ROI, ROE, Utile per azione, etc.), per limiti intrinseci alla loro natura, sono in grado di rappresentare solo in maniera parziale la creazione di valore ottenuta con il processo di produzione economica 2. Operare secondo un’ottica di creazione di valore significa programmare e gestire tutte le risorse aziendali, oltre che coordinare i comportamenti dei soggetti nell’attività aziendale, in modo da perseguire, in ogni attività, la massima creazione di valore economico conseguibile nel medio-lungo periodo. Il presupposto è che la gestione aziendale debba ricercare, creare ed usufruire di ogni opportunità per creare valore economico 3. L’obiettivo del presente capitolo è quello d’illustrare i principi generali alla base dell’utilizzo dell’Economic Value Added (EVA) come misura delle performance aziendali, 1 Sebbene il presente capitolo sia frutto del lavoro congiunto degli autori, il prof. Andrea Melis è autore dei paragrafi 15.1, 15.2, 15.3, 15.4, 15.7, la dott.ssa Silvia Gaia dei paragrafi 15.4.2, 15.4.4, 15.4.8, 15.4.9, 15.6, la dott.ssa Giulia Leoni dei paragrafi 15.4.1, 15.4.5, 15.5 e il dott. Simone Aresu dei paragrafi 15.4.3, 15.4.6, 15.4.7. Il lavoro è parte di un più ampio progetto di ricerca sul tema ‘‘Variabili endogene ed esogene per il miglioramento delle performance economico-sociali delle imprese: le relazioni tra gli strumenti manageriali e la produttività dei contributi pubblici’’ finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna L.R. 7. 2 Tali limiti sono maggiori quando la base per il calcolo degli indicatori di performance menzionati sono le voci di bilancio, senza che queste siano state oggetto di un’integrazione economica. Per un approfondimento, su tutti, si veda: Melis (2013). 3 Per un approfondimento, su tutti, si veda: Guatri (1991). IPSOA - Il controllo di gestione 569 15. 15.2. Economic Value Added Economic Value Added: concetto e principi generali le sue modalità di calcolo e la sua utilità nel processo decisionale. Il capitolo è organizzato come segue. Nel paragrafo successivo si descriverà il concetto ed i principi generali alla base dell’EVA. Saranno, quindi, oggetto di trattazione l’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda e le principali leve identificate dall’EVA per la creazione di valore economico. Successivamente, si illustreranno le principali rettifiche da operare sulle voci di bilancio ai fini del calcolo dell’EVA. Terminata la descrizione analitica di tali rettifiche, sarà oggetto di illustrazione la modalità di calcolo del costo medio ponderato del capitale ai fini EVA e, successivamente, la presentazione di un caso applicativo. I limiti dell’EVA sono illustrati nell’ultimo paragrafo assieme a delle osservazioni conclusive. 15.2. ECONOMIC VALUE ADDED: CONCETTO E PRINCIPI GENERALI L’EVA è un indicatore che stima la creazione di valore (cosiddetto extra-profitto) normalizzata 1 che un’azienda è in grado di generare in un periodo, dopo che sono stati remunerati tutti i fattori produttivi ed è stata attribuita una congrua remunerazione al capitale investito nell’attività operativa 2. Può essere calcolato a livello di gruppo aziendale, di singola azienda, di suo sottoinsieme (divisione, area strategica di affari, etc.) o anche di singolo investimento. L’equazione alla base del calcolo dell’EVA è la seguente: EVA ¼ NOPAT ðWACC CIÞ Dove: NOPAT = reddito operativo netto normalizzato (Net Operating Profit After Taxes). È un risultato operativo calcolato al netto dell’onere fiscale ad esso relativo. Il suo calcolo ha come base di partenza il reddito operativo, opportunamente rettificato per neutralizzare l’effetto delle politiche fiscali e dei principi contabili volti ad assicurare l’utente del bilancio in merito alla prudenza ed all’attendibilità dei valori contenuti in esso 3. A tale valore si sottraggono le imposte di competenza, cioè quelle derivanti dalla sola gestione operativa, opportunamente corrette per tener conto degli effetti delle rettifiche sul NOPAT 4. 1 Con il termine normalizzata si intende la creazione di valore che esclude i riflessi derivanti da situazioni straordinarie. 2 In merito si veda, su tutti, Steward III (2000). 3 Per effetto dei principi valutativi propri del bilancio d’esercizio, orientati alla prudenza ed al costo storico, il reddito d’esercizio non esprime compiutamente il risultato economico del periodo, inteso come variazione del valore economico del capitale d’impresa prodottasi con l’attività gestionale durante l’esercizio (Melis, 2013). Si fa riferimento, in particolare, a tutti quei costi, imputati a Conto Economico con una valutazione effettuata in modo eccessivamente prudenziale e/o iscritti a Stato Patrimoniale per un valore non prossimo a quello corrente, poiché la stima di quest’ultimo è stata ritenuta meno attendibile rispetto a quella del costo storico. Per un ulteriore approfondimento si rinvia ai paragrafi successivi. 4 In un’ottica di analista interno all’azienda non si ritiene corretto considerare nel calcolo la voce 570 IPSOA - Il controllo di gestione Economic Value Added Economic Value Added: concetto e principi generali 15. 15.2. WACC = costo medio del capitale (ponderato tenuto conto del rapporto fra capitale proprio e di terzi) investito nell’attività operativa 1. CI = capitale investito nell’attività operativa. Il suo calcolo ha come base di partenza il capitale proprio, investito dai soci, quello apportato a titolo oneroso da terzi finanziatori ed altre fonti di capitale ad onerosità esplicita. Tali valori sono opportunamente rettificati per neutralizzare l’effetto delle politiche fiscali e dei principi contabili volti ad assicurare l’utente del bilancio in merito alla prudenza ed all’attendibilità dei valori contenuti in esso. Il prodotto fra il costo del capitale (WACC) ed il capitale investito (CI) rappresenta il costo connesso con la remunerazione attesa dai portatori di capitale. Il principio generale alla base dell’uso dell’EVA come indicatore di performance è che un’azienda non crea valore economico tramite la produzione operativa a meno che il capitale investito non abbia una redditività superiore al suo costo, tenuto conto non solo degli interessi che gravano sul capitale di terzi, ma anche del costo opportunità del capitale proprio 2. Esplicitare il costo del capitale proprio permette di verificare la capacità di remunerare congruamente il capitale proprio fornito dai soci e/o prodotto tramite autofinanziamento. L’EVA è una tipologia di reddito residuale 3 che riconosce esplicitamente il costo opportunità del capitale proprio e la necessità di una sua congrua remunerazione. A differenza degli indicatori di redditività come il ROI (o il ROE, etc.), l’EVA stima la performance economica al netto sia del costo diretto del capitale di terzi sia dell’onere figurativo della congrua remunerazione del capitale proprio 4. Un valore positivo dell’EVA indica un rendimento del capitale investito superiore a quello che i finanziatori (soci e creditori) si attendono, e viceversa. (continua) imposte presente nel Conto Economico, in quanto il valore indicato in bilancio comprende sia le imposte derivanti dalla gestione operativa sia quelle causate dalle altre gestioni (finanziaria e straordinaria) (Pisoni, Devalle, 2013: 352). Si noti che le imposte da sottrarre non sono quelle effettive derivanti dall’attività operativa, ma quelle corrispondenti al NOPAT, cioè quelle che l’azienda avrebbe sostenuto se avesse conseguito un risultato ante imposte pari al NOP, al netto anche degli effetti derivanti dalla gestione finanziaria e straordinaria. Per un ulteriore approfondimento si rinvia a quanto scritto nel paragrafo 15.4. 1 Sul metodo di calcolo si rinvia al paragrafo 15.5 del presente capitolo. 2 Sebbene la remunerazione del capitale proprio sia di tipo residuale rispetto a quella degli altri fattori produttivi (ivi compreso il capitale di terzi), in presenza di potenziali utilizzi alternativi, tale capitale non ha un costo nullo, ma un costo derivante dal suo costo opportunità, ossia dai benefici a cui si rinuncia decidendo di investirlo in un dato investimento in luogo di un altro. 3 Il concetto di reddito residuale non è nuovo nella dottrina accademica e nella prassi aziendale. Fra i primi a promuoverlo negli studi di ragioneria vi furono Solomons (1965), il quale prese ispirazione dalla prassi aziendale della General Electric, e Mauriel ed Anthony (1966). 4 Si noti che, fra gli oneri figurativi di cui tener conto, l’EVA considera esplicitamente solo il costo opportunità del capitale proprio. Tuttavia, fra di essi, specie nelle entità aziendali di minore dimensione, potrebbero essere ricompresi anche i fitti figurativi ed il salario direzionale. Qualora di importo rilevante, i primi potrebbero dar luogo ad una rettifica in diminuzione del NOPAT, se connessi con IPSOA - Il controllo di gestione 571 15. Economic Value Added 15.3. L’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda La Tavola 15.1 illustra tre situazioni utili a comprendere la logica alla base dell’EVA: Tavola 15.1 - La logica alla base dell’EVA Situazione n. 1: Ricavi ¼ Costi. L’azienda distrugge valore. Situazione n. 2: Ricavi ¼ Costi þ Oneri figurativi. L’azienda non crea né distrugge valore. Situazione n. 3: Ricavi > Costi þ Oneri figurativi. L’azienda crea valore. Nella situazione n. 1, sebbene l’azienda sembri essere in pareggio, secondo la logica EVA essa distrugge valore, poiché con i ricavi copre solo i costi iscritti in bilancio, ma non quelli figurativi (il costo opportunità del capitale proprio, su tutti). In tale logica, l’effettivo pareggio si ottiene solo quando l’azienda riesce a coprire, con i propri componenti ordinari di reddito, sia i costi ordinari iscritti in bilancio sia quelli figurativi (situazione n. 2), mentre l’azienda crea valore solo quando i ricavi operativi sono maggiori di tali costi (situazione n. 3). In particolare, tenere conto esplicitamente dell’onere, figurativo ma rilevante ai fini delle decisioni - dato dal costo opportunità del capitale proprio - risulta utile affinché chi gestisce l’azienda non consideri il capitale apportato dai soci (e/o quello derivante da autofinanziamento) come capitale a costo nullo, in assenza di oneri espliciti come gli interessi passivi che gravano sul capitale di terzi. 15.3. L’EVA COME STRUMENTO PER PRENDERE DECISIONI IN AZIENDA L’EVA, stimando la redditività residuale, in luogo di quella assoluta, è in grado di fornire informazioni particolarmente utili ai seguenti fini: decisionali, poiché favorisce un migliore controllo sulla gestione, rendendo esplicito il ruolo del costo del capitale nella valutazione delle scelte aziendali; motivazionali, poiché incentiva chi gestisce l’azienda (o una parte di essa) ad investire in attività operative che «creano valore», ossia che producono un risultato economico operativo superiore al costo del capitale impiegato nelle stesse. In tale maniera, l’EVA fornisce informazioni (ed incentivi) che favoriscono scelte aziendali coerenti con il perseguimento dell’equilibrio economico (concetto che include la congrua remunerazione del capitale proprio) e, quindi, il rispetto del principio di economicità aziendale. Viceversa, con l’uso di indicatori di performance come il ROI (o analoghi: ROE, ROA, Utile per azione, ecc.), l’amministratore di un’azienda (o il responsabile di una divisione aziendale o di un’area di affari) può prendere delle decisioni non convenienti in termini di valore creato: (continua) l’attività operativa; il secondo potrebbe essere considerato nella stima della congrua remunerazione del socio oppure, analogamente ai fitti figurativi, essere imputato in diminuzione al NOPAT. In merito si rinvia al paragrafo 15.4. 572 IPSOA - Il controllo di gestione Economic Value Added L’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda 15. 15.3. investendo in progetti che distruggono valore (caso 1 - Tavola 15.2) non investendo (o disinvestendo, se già in essere) in attività che creano valore economico (caso 2 - Tavola 15.3). Tavola 15.2 - Caso 1: investire in un progetto che distrugge valore: ROI ed EVA a confronto Si consideri un’azienda con un reddito operativo pari a E 100.000 ed un capitale investito nell’attività operativa pari a E 1.000.000. Per semplicità si assuma che non vi sia attività operativa atipica e che, quindi, l’intera attività operativa sia di tipo caratteristico. Il suo ROI e` pari a 10%: ROI ¼ Reddito operativo caratteristico 100 ¼ ¼ 0;10 ¼ 10% Cap: investito attività operativa caratteristica 1:000:000 Supponiamo che il costo medio ponderato del capitale sia pari al 13% e che si presenti una nuova opportunità d’investimento, che richiede un capitale pari a E 100.000 con la prospettiva di generare stabilmente un reddito pari a E 11.000. Il rendimento atteso del nuovo investimento sarebbe, pertanto, pari all’11% (11.000 / 100.000), ossia minore rispetto al costo del capitale. Tuttavia, tale rendimento atteso e` superiore rispetto al ROI attuale dell’azienda (11% > 10%). Pertanto, se il progetto d’investimento fosse finanziato, il nuovo ROI sarebbe superiore al precedente: ROI ¼ Reddito operativo caratteristico 10:000 þ 11:000 111:000 ¼ ¼ ¼ 10; 09% Cap: investito attività operativa caratteristica 1:000:000 þ 100:000 1:100:000 Se il progetto d‘investimento fosse valutato sulla base del ROI, l’azienda deciderebbe di intraprendere l’investimento poiche´ aumenterebbe (þ 0,09%) il ROI dell’azienda. Tuttavia, poiche´ il suo rendimento atteso e` inferiore al costo del capitale (11% < 13%), la decisione di effettuare l’investimento comporta, ceteris paribus, la distruzione di valore economico ed un conseguente danno per i soci. Il valore economico distrutto sarebbe pari a: E 11:000 ð100:000 13%Þ ¼ E 2:000 Gli esempi presentati nei casi 1 e 2 permettono di illustrare il comportamento decisionale, non coerente rispetto alla logica di creazione di valore, di un soggetto che utilizza il ROI (o indicatori simili) per stimare la performance. Quanto evidenziato in tali esempi può accadere sia a causa delle informazioni potenzialmente fuorvianti che derivano dall’uso di tali indicatori di performance, sia per l’incentivo, non coerente con l’obiettivo della creazione di valore, che si origina qualora il responsabile sia valutato secondo tale metrica. In particolare, tale soggetto può decidere di: investire in un progetto il cui ROI atteso sia superiore al ROI (o ROE, ROA, ecc.) attuale dell’azienda (o divisione), anche qualora esso sia inferiore al costo del capitale da sostenere per porre in essere l’investimento (caso 1); 1 non investire in un progetto il cui ROI atteso sia inferiore al ROI (o ROE, ROA, ecc.) 1 Indicatori di performance simili al ROI, come ad esempio il ROE, soffrono delle medesime limitazioni causando distorsioni analoghe nel processo decisionale. In aggiunta, rispetto al ROI, il ROE può causare un’ulteriore distorsione: il suo valore può aumentare, ceteris paribus, al crescere dell’indebi- IPSOA - Il controllo di gestione 573 15. Economic Value Added 15.3. L’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda attuale dell’azienda, anche qualora esso sia superiore al costo del capitale da sostenere per effettuare l’investimento (caso 2) 1. Tavola 15.3 - Caso 2: non investire in un progetto che crea valore: ROI ed EVA a confronto Si consideri un’azienda con un reddito operativo pari a E 120.000 ed un capitale investito nell’attività operativa pari a E 1.000.000. Per semplicità si assuma che non vi sia attività operativa atipica e che, quindi, l’intera attività operativa sia di tipo caratteristico. Il suo ROI e` pari a 12%: ROI ¼ Reddito operativo caratteristico 120:000 ¼ ¼ 0;12 ¼ 12% Cap: investito attività operativa caratteristica 1:000:000 Supponiamo che il costo medio ponderato del capitale sia pari al 9% e che si presenti una nuova opportunità d’investimento, che richiede un capitale pari a E 100.000, con la prospettiva di generare stabilmente un reddito pari a E 11.000. Il rendimento atteso del nuovo investimento sarebbe, pertanto, pari all’11% (11.000 / 100.000), ossia maggiore rispetto al costo del capitale. Tuttavia, tale rendimento atteso e` inferiore rispetto al ROI attuale dell’azienda (11% < 12%). Pertanto, se il progetto d’investimento fosse finanziato, il nuovo ROI sarebbe inferiore al precedente: ROI ¼ Reddito operativo caratteristico 120:000 þ 11:000 131:000 ¼ ¼ ¼ 11; 91% Cap: investito attività operativa caratteristica 1:000:000 þ 100:000 1:100:000 Se il progetto di investimento fosse valutato sulla base del ROI, l’azienda deciderebbe di non intraprendere l’investimento poiche´ diminuirebbe (0,09%) il ROI dell’azienda. Tuttavia, poiche´ il suo rendimento atteso e`superiore al costo del capitale (11% > 9%), la decisione di non effettuare l’investimento comporta, ceteris paribus, la mancata creazione di valore economico ed un conseguente danno per i soci. Il valore economico a cui si rinuncerebbe e` pari a: E 11:000 ð100:000 9%Þ ¼ E 2:000 Tali decisioni, sebbene non coerenti con la logica della creazione del valore, sono prese perché il messaggio di base offerto dal ROI 2 è il seguente: perseguire la massimizzazione del proprio tasso di rendimento percentuale (ossia il ROI), senza considerare adeguatamente l’intero costo del capitale utilizzato per l’investimento stesso. L’utilizzo dell’EVA contribuisce a superare tali limiti, poiché fornisce informazioni più complete ed incentiva a preferire investimenti il cui rendimento atteso sia superiore al costo del capitale investito. (continua) tamento. Tale scelta tende ad innalzare il livello di rischio finanziario dell’azienda, comportando, come conseguenza, un innalzamento del costo del capitale. L’effetto netto (maggior rendimento – maggiore costo del capitale) sul processo di creazione di valore può essere negativo. 1 Analogo problema può porsi nel caso di eliminazione di un’attività il cui rendimento è superiore al costo del capitale investito, ma inferiore al ROI medio preso come riferimento. 2 Si noti che tale problematica non è peculiare del ROI, ma di tutti gli indicatori che stimino la performance senza considerare il costo del capitale investito. 574 IPSOA - Il controllo di gestione Economic Value Added L’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda 15. 15.3. In un’ottica di creazione di valore, il tasso di rendimento minimo per accettare nuovi progetti d’investimento dovrebbe essere il costo del capitale e non il livello corrente di redditività 1. L’aumento dell’EVA è solitamente da ritenersi più importante dell’incremento del rendimento del ritorno sugli investimenti. Inoltre, utilizzando il ROI, il metro di valutazione di un progetto di investimento cambia a seconda di quale sia l’attuale redditività di una data divisione aziendale 2. Al contrario, l’uso dell’EVA favorisce un maggiore allineamento nel sistema di valutazione fra le diverse unità in cui è suddivisa l’azienda (divisioni, aree strategiche d’affari, ecc.). Esse non sono valutate (e conseguentemente incentivate) differentemente a seconda della loro redditività, ma hanno gli stessi obiettivi di creazione di valore e lo stesso parametro - il costo del capitale impiegato - per l’accettazione di nuovi progetti d’investimento o la rinuncia a quelli in essere. L’esempio presentato nel caso 3 nella Tavola 15.4 permette di illustrare l’importanza di tale aspetto. Tavola 15.4 - Caso 3: la valutazione di due divisioni aziendali: ROI ed EVA a confronto Si consideri un’azienda costituita da due divisioni, A e B. Per l’azienda, e ciascuna delle due divisioni, il costo medio ponderato del capitale (WACC) e` pari al 10%. L’amministratore delegato pone come obiettivo strategico l’aumento della redditività operativa e decide di misurarlo con il ROI. Il ROI attuale della divisione A e` pari al 15 % e quello della divisione B e` pari al 6%. In tale situazione, al fine di aumentare il ROI della propria divisione, il responsabile della divisione A avrà interesse a non effettuare progetti d’investimento il cui ROI atteso e` inferiore al 15%, mentre il collega della divisione B accetterà qualsiasi progetto d’investimento con un ROI atteso almeno pari al 6%. Entrambe le decisioni, però, potrebbero non essere convenienti in un’ottica di creazione di valore economico. Ad esempio, il responsabile della divisione A rifiuterà un progetto d’investimento che richiede E 10.000 di capitale investito ed il cui rendimento annuo atteso e` pari a E 1.300. Tale decisione comporterà una mancata creazione di valore pari a E 300, come si evince dal calcolo seguente: EVAA ¼ 1:300 ð0;10 10:000Þ ¼ E 300 Analogamente, il responsabile della divisione B accetterà un progetto d’investimento che richiede E 20.000 di investimento ed il cui rendimento annuo atteso e` pari a E 1.600. Tale decisione comporterà una distruzione di valore pari a E 400, come si evince dal calcolo seguente: EVAB ¼ 1:600 ð0;10 20:000Þ ¼ E 400 Entrambi i responsabili dovrebbero accettare progetti d’investimento il cui rendimento atteso e` superiore al 10% (costo del capitale). In caso contrario, finirebbero per rifiutare progetti in grado di creare valore (caso della divisione A) oppure accettare progetti che distruggono valore (caso della divisione B). 1 2 Per un eventuale approfondimento in merito, si rinvia a Steward III (2000). In merito si veda anche Anthony, Govindarajan, Macrı̀ (2006: 211-214). IPSOA - Il controllo di gestione 575 15. 15.3. Economic Value Added L’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda Nell’analisi della creazione di valore, tuttavia, occorre considerare che, se si tiene conto solo del valore totale dell’EVA si favoriscono situazioni aziendali in cui è investito un maggior ammontare di capitale nell’attività operativa (CI). Ciò può avvenire a discapito di entità aziendali sottocapitalizzate, le quali potrebbero essere in grado di creare un maggiore valore qualora il capitale investito fosse maggiore. Al fine di tener conto di tale eventualità, è importante analizzare il cosiddetto r, ossia il rapporto fra NOPAT e capitale investito nell’attività operativa (CI), utilizzando una formula alternativa per il calcolo dell’EVA. La seguente formula, matematicamente equivalente alla precedente 1, permette di analizzare meglio alcuni aspetti della stima del valore economico creato: Dove: r = NOPAT / CI EVA ¼ ðr WACCÞ CI Tale formulazione permette di evidenziare l’EVA che si otterrebbe con un euro d’investimento (r – WACC). Indica chiaramente come la creazione di valore avvenga sempre quando si effettuano investimenti il cui rendimento (stimato con r) sia maggiore del costo del capitale (WACC) oppure quando si eliminano attività che abbiano un rendimento r inferiore al costo del capitale investito in esse. Compiere la scelta d’investimento considerando solo il valore assoluto dell’EVA non è da ritenersi corretto in quanto può portare a non scegliere l’alternativa più conveniente in termini di creazione di valore. L’esempio presentato nel caso 4, riportato nella Tavola 15.5, illustra tale problematica. Tavola 15.5 - Caso 4: limiti dell’uso dell’EVA come valore assoluto nelle scelte aziendali Si considerino due aziende del medesimo gruppo. L’amministratore della capogruppo deve decidere in quale azienda effettuare un nuovo investimento di E 10.000 con un reddito operativo dopo le imposte (NOPAT) atteso pari a E 1.500. Prima dell’investimento, l’EVA dell’azienda A è pari a E 100.000, mentre quello dell’azienda B a E 20.000. L’azienda A sembra capace di creare maggior valore economico rispetto all’azienda B. Pertanto, sembrerebbe maggiormente meritevole di essere ulteriormente finanziata. Tale scelta sembra la più conveniente, tuttavia si analizzino i seguenti dati: EVA NOPAT Capitale investito (CI) WACC Azienda A E 100.000 E 190.000 E 1.000.000 9% Azienda B E 20.000 E 27.000 E 100.000 7% (segue) 1 Il procedimento è il seguente: dall’equazione EVA = NOPAT – (WACC CI), si moltiplica e divide il primo e secondo membro per CI, ottenendo EVA = (NOPAT/CI – WACC) CI. Da qui, definito r = NOPAT/CI, si ottiene la formula in esame. 576 IPSOA - Il controllo di gestione Economic Value Added L’EVA come strumento per prendere decisioni in azienda 15. 15.3. Dall’analisi di tali dati si evince che, assumendo che il nuovo progetto d’investimento non modifichi il costo del capitale impiegato (WACC), e` più conveniente attuare il nuovo investimento nell’azienda B. L’EVA aggiuntivo generato dall’investimento sarà, infatti, maggiore nell’azienda B rispetto all’azienda A (E 800 > E 600), come dimostrato dai seguenti calcoli: EVAA ¼ NOPAT ðWACCA CIÞ ¼ 1:500 0; 09 10:000 ¼ E 600 EVAB ¼ NOPAT ðWACCB CIÞ ¼ 1:500 0; 07 10:000 ¼ E 800 Ritornando all’esempio presentato nel caso 4, diviene chiaro che l’azienda A presenta un r pari a 19% (E 190.000/1.000.000) ed un differenziale fra r e costo del capitale pari a 10% (19% 9%). Sebbene l’azienda A crei un maggior valore economico in termini di EVA rispetto all’azienda B (E 100.000 > E 40.000), quest’ultima, il cui r è pari a 27% (E 27.000/100.000), presenta un differenziale fra r e costo del capitale pari a 20% (27% 7%), significativamente migliore rispetto alla prima. Il minor valore creato, in termini assoluti, dall’azienda B dipende sostanzialmente dal minore investimento di capitale (CI) in tale azienda rispetto all’azienda A e non dalla sua minore capacità di creare valore. Utilizzare la formulazione dell’EVA come prodotto (r – WACC) CI contribuisce anche ad evidenziare le leve a disposizione di chi gestisce l’azienda (o parte di essa o, più, in generale, un investimento) per creare valore economico tramite l’attività operativa. In particolare, per perseguire tale scopo le leve principali sono le seguenti 1: incrementare l’efficienza operativa, migliorando il livello di profittabilità del capitale investito, misurato dal rapporto NOPAT/CI (ossia r), aumentando il reddito operativo netto normalizzato (NOPAT) a parità, o comunque senza un proporzionale aumento, di capitale investito (CI); 2 crescere, per vie interne od esterne, in modo profittevole, cioè mediante nuovi investimenti o acquisizione di aziende (o rami d’azienda), il cui rendimento è maggiore rispetto al costo ponderato del capitale impiegato (r > WACC); razionalizzare gli investimenti, disinvestendo in attività che distruggono valore, ossia quelle attività operative il cui rendimento è minore rispetto al costo ponderato del capitale impiegato (r < WACC); incrementare l’efficienza dal lato delle fonti di finanziamento, in modo da ridurre il costo del capitale (WACC), orientando il rapporto fra capitale di terzi e capitale proprio, tenendo in considerazione sia la rispettiva onerosità (esplicita nel caso degli interessi su capitale di terzi ed implicita nel caso del costo opportunità del capitale proprio) sia la deducibilità fiscale degli interessi passivi. 1 In merito si veda anche Anthony, Govindarajan, Macrı̀ (2006: 211-212). In taluni casi è opportuno accettare una riduzione del NOPAT quando questa consenta una più che proporzionale diminuzione del capitale investito (CI). Tuttavia, tale possibilità non è sempre conveniente: sebbene possa migliorare il valore di r (NOPAT/CI), occorre tenere conto che, diminuendo il denominatore CI, si rende minore anche il fattore moltiplicativo CI, a nocumento, ceteris paribus, del valore complessivo dell’EVA. 2 IPSOA - Il controllo di gestione 577 15. 15.4. Economic Value Added Le principali rettifiche alle voci di bilancio per il calcolo del NOPAT e del CI 15.4. LE PRINCIPALI RETTIFICHE ALLE VOCI DI BILANCIO PER IL CALCOLO DEL NOPAT E DEL CI Ai fini del calcolo del NOPAT e del capitale investito nell’attività operativa (CI), è necessario integrare le voci di bilancio in modo da approssimarle ai valori economici, scevri dalle influenze derivanti dai principi contabili e/o da politiche fiscali 1. Le rettifiche da apportare al NOPAT ed al CI sono da determinarsi caso per caso, a seconda della specifica situazione. Esse dovrebbero essere apportate solo quando hanno un impatto rilevante sul calcolo dell’EVA e quando il costo di reperimento e di utilizzo dei dati ai fini della rettifica è inferiore rispetto al beneficio informativo atteso. Per tale motivo, delle numerose possibili rettifiche individuate da Steward III (2000), nella prassi aziendale se ne effettua un numero sensibilmente inferiore 2. Nei paragrafi successivi saranno illustrate le principali rettifiche che, secondo la prospettiva di un analista interno 3, è solitamente opportuno effettuare per il calcolo del NOPAT e del capitale investito nell’attività operativa (CI), tenuto conto del beneficio informativo atteso e del costo di reperimento ed utilizzazione dei dati necessari ai fini di ogni rettifica. Nell’illustrare le rettifiche, in via principale, si è presa in considerazione un’azienda che redige il bilancio secondo i principi contabili nazionali emanati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC). Secondariamente, a conclusione di ogni spiegazione, sono presentate le eventuali rettifiche che sarebbe opportuno effettuare qualora l’azienda rediga il bilancio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS emanati dall’International Accounting Standards Board (IASB). Poiché il sistema di standards contabili IAS/IFRS è caratterizzato da un principio di prudenza meno forte rispetto ai principi nazionali 4, le valutazioni sono spesso maggiormente coerenti con la logica economica alla base dell’EVA e necessitano di minori rettifiche per il calcolo dell’indicatore. 1 In coerenza con una logica basata su un sistema contabile «reddituale», tipica della cultura ragioneristica italiana, si è scelto di calcolare il capitale investito CI come conseguenza delle rettifiche apportate a livello reddituale. Si è consapevoli che in una cultura «patrimonialistica», come quella anglo-americana, si è soliti iniziare dalle rettifiche da effettuare sul capitale investito CI per poi, come conseguenza, determinare gli effetti rilevanti per il calcolo del NOPAT. In merito si veda, su tutti, Steward III (2000). Il risultato finale è, in ogni caso, immutato. 2 Si veda, fra gli altri: Young (1997). Chi scrive è consapevole che non esista un numero ideale di rettifiche. Partendo da un bilancio in cui le valutazioni sono state effettuate secondo i principi contabili statunitensi emanati dal FASB, Steward III (2000) ha identificato numerose possibili rettifiche, ma ha anche raccomandato che non tutte siano sempre opportune. L’analista deve sempre considerare il beneficio informativo derivante da ciascuna rettifica e confrontarlo con il costo necessario per effettuarla. 3 Ai fini del controllo di gestione, oggetto del lavoro, tale è la prospettiva di analisi. Si è consapevoli che il calcolo dell’EVA possa essere di utilità anche per un soggetto esterno (ad esempio, un potenziale investitore); tuttavia, le rettifiche proposte, qualora basate su informazioni non rese pubbliche dall’azienda, sono di difficile effettuazione da parte di un analista esterno all’azienda. 4 Per un eventuale approfondimento a riguardo, si veda quanto scritto in Melis, Melis, Pili (2007). 578 IPSOA - Il controllo di gestione