LINEE GUIDA PER LA FORMAZIONE CONTINUA E
L’ACCREDITAMENTO DEL MEDICO DEL LAVORO
SOCIETA’ ITALIANA di MEDICINA DEL LAVORO
ed IGIENE INDUSTRIALE
RISCHIO BIOLOGICO PER I
LAVORATORI DELLA SANITA’:
LINEE GUIDA PER LA SORVEGLIANZA
SANITARIA
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
GRUPPO DI LAVORO
Prof. Alessio L.
Cattedra di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Brescia
Coordinatore del Gruppo di Lavoro
Prof. Aparo U.L.
Istituto Dermopatico dell’Immacolata, IRCCS, Roma
Prof. Bassetti D.
Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova
Dott. Beltrame A.
Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova
Prof. Buzzi F.
Dipartimento di Medicina Legale, Università degli Studi di Pavia
Dott. Cipolloni L.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Prof. Germano T.
Cattedra di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Bari
Dott. Lombardi R.
ISPESL, Dipartimento di Igiene del Lavoro, Roma
Dott. Longo F.
SPESAL, ASL di Bari 5
Dr.ssa Palmi S.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Dott. Papaleo B.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Dott. Patacchia L.
Direzione Generale della Prevenzione, Ministero della Salute, Roma
Dr.ssa Pera A.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Dr.ssa Persechino B.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
2
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Dr.ssa Placidi D.
Servizio di Medicina del Lavoro, Spedali Civili di Brescia
Dott. Polato R.
Servizio di Prevenzione Protezione, Azienda Ospedaliera di Padova
Coordinatore del sottogruppo sulla Valutazione del Rischio
Prof. Porru S.
Cattedra di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Brescia
Coordinatore del sottogruppo sulla Sorveglianza Sanitaria - Giudizio di Idoneità
Dott. Puro V.
INMI Spallanzani, IRCCS, Roma
Prof. Saia B.
Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova
Dott. Signorini S.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Dott. Sossai D.
Servizio di Prevenzione e Protezione, Azienda Ospedaliera San Martino di Genova
Dr.ssa Tomao P.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Prof.ssa Verani P.
Istituto Superiore della Sanità, Laboratorio di Virologia, Roma
Dr.ssa Vonesch N.
ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Roma
Dr.ssa Zanetti C.
Servizio di Medicina Preventiva dei Lavoratori Ospedalieri, Azienda Ospedaliera di Padova
PAROLE CHIAVE
Rischio biologico, valutazione del rischio, sorveglianza sanitaria, ipersuscettibilità,
vaccinazioni, giudizio di idoneità, informazione-formazione, HBV, HCV, HIV,
precauzioni standard, dispositivi di protezione individuale, operatori della sanità
3
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
ACRONIMI
AB
Agenti biologici
ACIP
Advisory Committee on Immunization Practices
BCG
Bacillo di Calmette-Guérin
CDC
Centers for Disease Control and Prevention
CIO
Comitato per il controllo delle Infezioni Ospedaliere
DPI
Dispositivi di protezione individuale
EIA
Enzyme Immuno Assay
EPP
Exposure Prone Procedures
HBV
Hepatitis B Virus
HCV
Hepatitis C Virus
HIV
Human Immunodeficiency Virus
ICOH
International Commission on Occupational Health
ILO
International Labour Office
IRB
Infortuni a rischio biologico
LG
Linee Guida
MC
Medico del Lavoro-Competente
OS
Operatori della sanità
PPD
Purified Protein Derivative
PPE
Profilassi post-esposizione
RB
Rischio Biologico
RIBA
Recombinant Immuno Blot Assay
RLS
Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza
RSPP
Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
SIROH Studio Italiano Rischio Occupazionale da HIV/HBV/HCV
SS
Sorveglianza Sanitaria
TB
Tubercolosi
VdR
Valutazione del rischio
VZV
Varicella -zoster virus
4
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
GLOSSARIO
Agente infettante: microrganismo in grado di penetrare in un organismo ospite provocandovi
un’infezione o una malattia infettiva.
Carica infettante: quantità minima di agente biologico che penetra nell’organismo, in grado di
innescare il processo patogeno; è variabile sia in funzione delle caratteristiche di patogenicità
dell’agente infettante, sia in funzione della capacità di difesa immunitaria dell’organismo ospite.
Contaminazione: presenza di un agente infettivo su una superficie corporea, su indumenti,
effetti letterecci, strumenti ed altri oggetti inanimati, oppure su sostanze alimentari.
Counselling: attività di consulenza offerta dal MC, eventualmente in collaborazione con un
infettivologo ed uno psicologo, al lavoratore portatore di infezione da virus emotrasmessi, riguardo
principalmente al significato del giudizio d’idoneità ed ad aspetti quali i rischi per i familiari, la
comunità, gli accertamenti post-esposizione, i comportamenti igienico-sanitari.
Cuticonversione: sviluppo di una risposta anticorpale nei confronti di un agente biologico o di un
vaccino, evidenziabile con prove cutanee
Disinfezione: distruzione di germi patogeni, ad esclusione delle spore batteriche, presenti in un
determinato ambiente o substrato o in un distretto dell’organismo.
Dispositivi sicuri: presidi medici e chirurgici dotati di sistemi di sicurezza intrinseci
Dispositivi di Protezione Individuale: qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e
tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la
sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale
scopo, rispondenti alle norme tecniche EN.
Epidemia: manifestazione a carattere episodico di una malattia che si diffonde con frequenza
elevata (aumento dell’incidenza rispetto ai casi attesi) in vasti strati di una popolazione di una
definita area, in un periodo di tempo limitato.
HBV-DNA: genoma del Virus dell’epatite B, costituito da acido desossiribonucleico, ricercato in
diagnostica quale marcatore diretto di infezione.
HCV-RNA: genoma del Virus dell’epatite C, costituito da acido ribonucleico, ricercato in
diagnostica quale marcatore diretto di infezione.
Immunoprofilassi attiva e passiva: misure preventive e protettive che comportano il
potenziamento delle difese organiche, ovvero l’immunizzazione nei confronti di una determinata
patologia infettiva ottenuta attraverso la somministrazione di vaccini e immunoglobuline.
Infettività: capacità di un microrganismo di penetrare e moltiplicarsi nell’ospite.
5
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Infezione: penetrazione, moltiplicazione e diffusione di un microrganismo in un ospite (uomo o
animale), seguita da una sintomatologia clinica, da uno stato di infezione asintomatico o da uno
stato di infezione inapparente.
Operatore Sanitario: soggetto la cui attività comporta il contatto con i pazienti, o con il loro
sangue o altri liquidi organici, all’interno delle strutture sanitarie e anche al di fuori di esse.
Patogenicità: capacità di produrre malattia a seguito di infezione
Profilassi: insieme delle misure preventive idonee a limitare o eradicare le malattie, in particolare
quelle infettive.
Profilassi diretta: l’insieme dei provvedimenti che si adottano in caso di malattia infettiva, al fine
di evitarne la propagazione.
Profilassi indiretta: la modifica di condizioni ambientali che favoriscono la diffusione dei
microrganismi patogeni (igiene del suolo e dell’abitato, dell’alimentazione, approvvigionamento
idrico, dello smaltimento dei rifiuti).
Profilassi post-esposizione: insieme dei provvedimenti adottati per ridurre il rischio di
trasmissione dopo esposizione occupazionale ad agenti biologici.
Sieroconversione: sviluppo di una risposta anticorpale nei confronti di una malattia o di un
vaccino evidenziabile con test sierologici.
Sieropositività: indica positività ai test sierologici.
Sterilizzazione: processo di distruzione completa di tutti i microrganismi, comprese le spore
batteriche, mediante esposizione ad agenti fisici e chimici.
Trasmissibilità: possibilità di trasmissione dell’agente biologico da soggetto infetto a soggetto
suscettibile. Sinonimo di “infettività” e “contagiosità”
Trasmissione degli agenti infettivi: modalità attraverso la quale avviene il contagio, distinta in:
• trasmissione da operatore infetto a paziente
• trasmissione nosocomiale: da paziente infetto a paziente,
• trasmissione occupazionale: da paziente infetto a operatore
Vaccinazione: inoculazione di vaccini, in modo da indurre una risposta immunitaria attiva analoga
a quella che si verifica nell’infezione naturale, ma senza esporre l’organismo ai pericoli di
quest’ultima.
6
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
INDICE
1. RAZIONALE
2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO
2.1 INTRODUZIONE
2.2 STIMA DEL RISCHIO DI INFEZIONE DA VIRUS TRASMESSI PER VIA EMATOGENA
2.2.1 PREVALENZA DI SIEROPOSITIVITÀ PER HBV, HCV, HIV IN ITALIA
2.2.2 INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO - TASSI DI ESPOSIZIONE
2.2.3 SOTTOSTIMA DELLA NOTIFICA DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO
2.2.4 STIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA PAZIENTE AD OPERATORE SANITARIO
2.2.5 STIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA OPERATORE SANITARIO A PAZIENTE
2.3 METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
2.3.1 A TTIVITÀ CHE COMPORTANO ASSISTENZA DIRETTA A PAZIENTI
2.3.2 A TTIVITÀ A MAGGIOR RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO
2.3.3 PROCEDURE INVASIVE A RISCHIO DI ESPOSIZIONE
2.3.4 FATTORI CHE POSSONO CONDIZIONARE IL RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO
2.3.4.1 Fattori di tipo edilizio / ambientale
2.3.4.2 Fattori di tipo organizzativo/amministrativo
2.3.4.3 Fattori legati a procedure di lavoro
2.3.4.4 Fattori legati all’uso di Dispositivi di protezione individuale e
collettiva
2.3.4.5 Fattori legati all’uso di dispositivi sicuri
2.3.4.6 Fattori legati alla informazione/formazione
2.3.5 INCIDENZA DEGLI INFORTUNI
2.4 MALATTIE TRASMESSE PER VIA AEREA
2.5 RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
3. SORVEGLIANZA SANITARIA NEGLI OPERATORI SANITARI ESPOSTI A RISCHIO
BIOLOGICO
3.1 INTRODUZIONE
3.2 ACCERTAMENTI SANITARI PREVENTIVI
3.2.1 VISITA MEDICA
3.2.1.1 Anamnesi
3.2.1.2 Esame obiettivo
3.2.2 ESAMI DI LABORATORIO
7
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.2.2.1 Epatite A
3.2.2.2 Epatite B
3.2.2.3 Epatite C
3.2.2.4 Epatite D
3.2.2.5 HIV
3.2.2.6 Morbillo, Parotite, Varicella, Rosolia
3.2.3 ESAMI STRUMENTALI
3.3 ACCERTAMENTI SANITARI PERIODICI
3.4 ACCERTAMENTI SANITARI STRAORDINARI
3.5 PROFILASSI POST- ESPOSIZIONE
3.5.1 PROFILASSI POST- ESPOSIZIONE (PPE) PER HBV
3.5.2 PROFILASSI POST- ESPOSIZIONE PER HCV
3.5.3 PROFILASSI POST- ESPOSIZIONE PER HIV
3.5.3.1 Proble matiche organizzative
3.6 TUBERCOLOSI
3.7 SORVEGLIANZA SANITARIA DEL PERSONALE IN FORMAZIONE
3.7.1 SCOPO DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA PER IL PERSONALE IN FORMAZIONE ESPOSTO A
RISCHIO BIOLOGICO
3.7.1.1 Accertamenti Sanitari
4. LE VACCINAZIONI PER GLI OPERATORI SANITARI
4.1 PREMESSA
4.2 LE VACCINAZIONI PER GLI OPERATORI SANITA RI
4.2.1
LINEE GUIDA NAZIONALI ED INTERNAZIONALI
4.2.1.1 Vaccinazione antiHAV
4.2.1.2 Vaccinazione antiHBV
4.2.1.3 Vaccinazione antivaricella
4.2.1.4 Vaccinazione antirosolia, parotite, morbillo
4.2.1.5 Vaccinazione antiinfluenza
4.2.1.6 Vaccinazione antitubercolosi
4.2.1.7 Vaccinazione antitifo
4.2.1.8 Vaccinazione antitetanica
4.2.2 INDICAZIONI OPERATIVE PER LA VACCINAZIONE DEGLI OPERATORI SANITARI
4.2.2.1 Programmi vaccinali
4.2.2.2 Effettuazione delle vaccinazioni
4.2.2.3 Adempimenti preliminari e successivi alla vaccinazione
4.2.2.4 Soggetti non responder nei confronti della vaccinazione anti- HBV
8
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
4.2.2.5 Rifiuto di sottoporsi a vaccinazione
4.2.2.6 Controindicazioni alle vaccinazione e reazioni avverse
4.3 SINOPSI CONCLUSIVA
5. IL GIUDIZIO DI IDONEITÀ ALLA MANSIONE SPECIFICA
5.1 PREMESSA
5.2
LA FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO
INFEZIONE DA HBV, HCV, HIV
DI
IDONEITÀ
OPERATORI
SANITARI
CON
5.3 GIUDIZIO DI IDONEITÀ PER ALTRE MALATTIE O INFEZIONI
5.4 PROPOSTA DI MODALITÀ DI FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITÀ
5.5 LA GESTIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITÀ
5.6 CONSENSO INFORMATO. FLUSSI INFORMATIVI
6. L’INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE SUL RISCHIO BIOLOGICO
6.1 PREMESSA
6.2 L’INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE
6.2.1 L’ INFORMAZIONE
6.2.2 LA FORMAZIONE
6.2.2.1 Analisi del contesto
6.2.2.2 Progettazione dell’intervento
6.2.2.2.1 Definizione degli obiettivi
6.2.2.2.2 Definizione dei contenuti
6.2.2.2.3 Definizione della metodologia didattica
6.3 VALUTAZIONE E VERIFICA D’EFFICACIA
6.4 ESEMPIO DI CORSO FORMAZIONE PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
7. PRECAUZIONI STANDARD
BIBLIOGRAFIA
TABELLE
FIGURE
ALLEGATI
9
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
1.
RAZIONALE
La tematica del Rischio biologico (RB) negli ambienti di lavoro è oggi di notevole attualità,
per varie ragioni, tra cui principalmente:
- il miglioramento delle conoscenze in campo microbiologico, immunologico ed
infettivologico
- la promulgazione, in Italia, dal 1994, di Decreti legislativi ad hoc, nonché
l’emanazione nel 2000 di una specifica Direttiva dell’Unione Europea
- la maggiore consapevolezza circa il RB da parte delle varie figure professionali
preposte alle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro
- la maggiore percezione del RB da parte dei lavoratori e, più in generale, degli
utenti dei servizi sanitari
- l’elevato numero di lavoratori potenzialmente esposti al RB in varie attività
lavorative, quali il settore sanitario e le biotecnologie, le attività agricole e forestali,
i settori zootecnico, alimentare, veterinario, il trattamento e smaltimento di rifiuti,
nonché gli studenti di alcuni corsi di laurea e di specializzazione, in particolare
delle Facoltà mediche e veterinarie, gli addetti al primo soccorso ed alle emergenze
negli ambienti di lavoro, nuove figure identificate dal D.Lgs 626/94.
È generalmente noto che la prevalenza e/o l’incidenza di alcune malattie infettive o la
dimostrazione di una avvenuta infezione (sieroconversioni o cuticonversioni), per alcuni
agenti biologici (AB), possono essere più elevate in alcune categorie di lavoratori rispetto
alla popolazione generale, quali i lavoratori della sanità (OS), gli addetti ai laboratori
biomedici, il personale addetto al trattamento di acque reflue o in genere di rifiuti.
Tuttavia, le valutazioni cliniche ed epidemiologiche oggi disponibili, nonché l’esperienza
comune, nel complesso, consentono di affermare che il SETTORE SANITARIO presenta
le maggiori problematiche in tema di prevenzione del RB.
In particolare, sono di rilevante importanza:
- le tematiche della valutazione del rischio (VdR), con la identificazione del ruolo del
Medico del Lavoro-Competente (MC);
- le modalità di effettuazione ed i contenuti della sorveglianza sanitaria (SS);
- il tema delle vaccinazioni obbligatorie e di quelle consigliate o opportune;
10
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
le problematiche relative al personale sanitario in formazione;
la formulazione del giudizio di idoneità, con riferimento sia alla protezione della
salute del lavoratore, sia alla prevenzione dei rischi per i pazienti assistiti derivanti
dal lavoratore affetto da infezioni e malattie trasmissibili, in particolare quelle per
via ematogena;
- le modalità di raccolta di dati ai fini epidemiologici;
- il rispetto della riservatezza dei dati sanitari;
- la gestione del RB nell’ambiente di lavoro sanitario, con l’identificazione dei ruoli di
altre figure, ad esempio della Direzione Sanitaria.
Di rilievo significativo è inoltre il tema degli infortuni a RB ed il conseguente rischio di
infezione, per le problematiche relative al follow-up, per i rilevanti costi complessivi,
sanitari e non sanitari, derivanti dalla gestione dell’infortunio.
-
Per tali ragioni, le presenti Linee Guida (LG) si riferiscono all’ambiente di
lavoro sanitario ed in particolare sia ai lavoratori (dipendenti, liberi professionisti)
che agli studenti in formazione; inoltre, per le tematiche della VdR, ci si riferisce in
particolare agli agenti trasmissibili per via ematogena, per i quali oggi è maggiore
l’esigenza di risolvere alcune problematiche sia di tipo clinico che di formulazione e di
gestione del giudizio di idoneità.
Aggiornamenti successivi di tale documento potranno in futuro considerare più
approfonditamente altre tematiche, quali quella del RB per via aerogena, nonché le
problematiche relative agli altri ambienti di lavoro non sanitari dove è presente un RB.
OBIETTIVO delle LG è trattare gli aspetti relativi alla valutazione e gestione del RB
nonché della SS per i lavoratori che operano in ambienti sanitari e di fornire indicazioni
operative – in particolare per il MC - alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, delle
indicazioni normative e dei principi di etica e deontologia medica, nonché dell’esperienza
dei componenti del gruppo di lavoro, con l’intento fondamentale da un lato di evitare
un’eccessiva medicalizzazione della gestione del RB, dall’altro di non sottostimare il rischio,
di non effettuare accertamenti sanitari aspecifici, non mirati alla problematica, di
formulare giudizi di idoneità che non tengano in debito conto della situazione di rischio e
dello stato di salute del lavoratore.
Questo documento è stato redatto da un gruppo di lavoro multidisciplinare,
che include Medici del Lavoro, Responsabili di Servizi di Prevenzione e Protezione, Medici
Legali, Giuristi, Direttori Sanitari, Infettivologi, Virologi, Biologi, di varia estrazione e
provenienza.
Esso è indirizzato prevalentemente ai Medici Competenti, ma verrà fatto
riferimento, laddove ritenuto appropriato, al ruolo ed alle prerogative, nell’ambito delle
rispettive competenze, del Servizio di Prevenzione e Protezione, della Direzione Sanitaria,
del Datore di lavoro, dei Lavoratori e dei loro Rappresentanti, o - di volta in volta – di
eventuali altre figure professionali.
11
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
2.1 – INTRODUZIONE
______________________________________________________
Per le attività di Medicina del Lavoro finalizzate alla prevenzione, sorveglianza, controllo dei
rischi per la salute degli OS che svolgono attività di assistenza, è di primaria importanza l’attività di
VdR, che consiste nell’esame del luogo di lavoro, nell’identificazione dei fattori di rischio e nella
stima del rischio occupazionale associato all’esposizione agli AB, considerando circostanze, eventi,
procedure (Health Canada, 2002).
I dati rilevati sull’incidenza di infortuni a rischio biologico (IRB) in relazione al numero di addetti,
evidenziano che il rischio di IRB è sostanzialmente diffuso, documentato per tutte le figure
professionali maggiormente presenti nelle attività di assistenza e identificato nei reparti più
rappresentati (Puro e coll., 2001).
Pertanto, sulla base delle considerazioni su espresse, non appare rilevante il fattore “aree a
maggior rischio” ai fini della VdR, ma è più utile indirizzare l’attenzione sul fatto che vengano
eseguite o meno le procedure a maggior rischio di esposizione, quali le exposure prone procedures
(EPP) (Commissione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS, 1995; Coggiola e Meliga, 2000; UK
Department of Health, 2002c).
Le fasi della VdR prevedono:
1) l’identificazione dei fattori di rischio presenti all’interno della realtà
lavorativa , in relazione ai quali si può ipotizzare la comparsa di eventi indesiderati;
2) la determinazione dell’entità dell’esposizione, in funzione della quale può
variare l’entità del rischio. In tal senso, è da ricordare che nell’ambito del RB non
esistono limiti di esposizione utilizzabili come valori soglia, soprattuto in quanto
molteplici sono i fattori che inducono l’instaurarsi di un processo infettivo.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
12
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.2 – STIMA DEL RISCHIO DI INFEZIONE DA VIRUS TRASMESSI PER
VIA EMATOGENA
______________________________________________________
In ambiente sanitario tre sono le modalità attraverso le quali tali AB possono
trasmettersi:
q nosocomiale (da paziente infetto a paziente, da ambiente a paziente)
q occupazionale (da paziente infetto ad operatore)
q da operatore infetto a paziente.
L’osservanza delle precauzioni standard limita il contatto col sangue e con altri liquidi
biologici; inoltre, anche l’utilizzo di strumenti più sicuri e l’adozione di particolari procedure
lavorative (ad esempio tecniche che riducano la diretta manipolazione e l’uso di taglienti o
strumenti dotati di punta) possono ridurre il numero di ferite percutanee, che rappresentano
l’infortunio più frequente.
La stima del rischio di infezione è determinata dal prodotto fra:
o prevalenza di sieropositività per una data infezione fra i pazienti
o probabilità di trasmissione (tasso di sieroconversione)
o frequenza di Infortuni a Rischio Biologico.
Essa inoltre dipende anche da:
− stato di immunizzazione della popolazione esposta
− esistenza ed efficacia di misure di profilassi postesposizione.
Infatti, eventuali misure di profilassi post-esposizione possono ridurre la probabilità di infezione,
mentre il rischio individuale dipende anche dallo stato di immunità del soggetto esposto (Pietrabissa
e coll., ’97; Health Canada, 1997, 1998).
2.2.1 – PREVALENZA DI SIEROPOSITIVITA ’ PER HBV, HCV, HIV IN I TALIA
In Italia, la prevalenza di HBV, HCV e HIV nella popolazione generale varia in base all’area
geografica, alle diverse fasce di età, alle condizioni socioeconomiche ed alla presenza
o meno di specifici fattori di rischio.
Nella revisione dei dati effettuata in occasione di una Conferenza di Consenso organizzata da
Istituto Superiore di Sanità, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “L. Spallanzani” di Roma
ed Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (Consensus Conference, 2000), sono state
presentate alcune stime di prevalenza nella popolazione generale: 1% per HBsAg, 3% per
HCV e 0,1% per HIV. La prevalenza di anti-HCV è compresa tra l’1% nei giovani (0,5% nelle
reclute) ed il 40% negli anziani (>60 anni). Studi condotti su donatori di sangue hanno
evidenziato tassi di prevalenza di HCV di circa l’1% (0,7% al Nord e 1,4% al Sud).
I risultati del progetto Dionysos dimostrano una prevalenza dell’1.3% per HBsAg, del 3,2% per
anti-HCV e del 2.3% per HCV RNA in un campione di circa 7000 soggetti adulti arruolati nel
1994 nel Nord Italia (Bellentani e coll., 1999).
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
13
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Per l’anti-HCV, stime sovrapponibili (3.3%) sono state documentate nel Nord-Est Italia nel 2002
su 2154 soggetti adulti, il 2.4% dei quali era positivo per HCV RNA (Campello e coll., 2002). La
prevalenza per anti-HCV era del 2.4% in un campione di 3884 soggetti adulti osservati nel 2002
nell’Italia Centrale; prevalenze prossime al 15% sono state riportate nel Sud del Paese
(Guadagnino e coll., 1997). Recentemente, uno studio condotto nel Nord Est su 4820 lavoratori
di una società di telecomunicazioni, “apparentemente sani”, ha evidenziato una prevalenza
media per anti-HCV pari al 2,4% (1,8% per HCV RNA), in particolare 0,7% nella fascia di età
16-30 anni, 1,4% tra 31 e 45 anni di età e 2,4 tra 46 e 60 (Alberti e coll., 2002). Tassi di
prevalenza di HBV, HCV e HIV sensibilmente maggiori sono stati osservati nella popolazione
dedita all’uso di sostanze stupefacenti per via venosa.
All’inizio degli anni ‘90, su un campione di 1142 donne in gravidanza osservate in un
ospedale romano, la prevalenza di HBsAg e di anti-HCV era rispettivamente pari a 1,6% e 0,9%
(Puro e coll., 1992). Su oltre 2000 donne gravide osservate nella Regione Veneto nel 1996,
l’1,9% risultava anti-HCV positiva, 1% HBsAg positiva e 0,3% anti-HIV positiva (Baldo e coll.,
2000); la prevalenza di anti-HIV era 0,6% nella sola Padova, su 4.396 gravide osservate nel
’95-‘97 (Menegon e coll., 2000). Nel 2000, su un totale di oltre 15.000 gravide, a Milano, il
2,4% risultava anti-HCV positiva e tra queste, il 72% risultava HCV RNA positiva (Conte e coll.,
2000). Globalmente, la prevalenza dell’infezione da HIV nelle gravide (1990-98, oltre 1 milione
di test distribuiti su tutto il territorio nazionale, con randomizzazione) è di poco inferiore all’1%
(Girardi e coll., 2001).
In generale, la prevalenza di infezioni da HBV, HCV e HIV nella popolazione afferente alle
strutture sanitarie è stimata, in media, rispettivamente del 2%, 4% e 1%.
Anche in questo caso, le stime variano a seconda delle aree geografiche e, soprattutto, della
tipologia di pazienti afferenti alle strutture sanitarie (Polito e coll., 2000). Ad esempio, la
prevalenza di infezione da HIV è di circa il 30% (con punte del 70%) nei reparti di malattie
infettive, mentre quella di HBsAg e HCV sono in media rispettivamente del 5-10% e del 2540%, con punte del 60% nei reparti di emodialisi (Petrosillo e coll., 2001). Una prevalenza di
HBsAg e HCV, rispettivamente pari a 1% e 4%, è stata osservata in 911 pazienti ricoverati nei
reparti ortopedici e traumatologici dell’Università di Roma nel 1998-99 (Villani e coll., 2001); le
prevalenze erano 0,8 e 2,4 in 677 pazienti dermatologici in Sicilia (Bongiorno e coll., 2002).
Pazienti portatori di una o più di queste infezioni possono essere ricoverati in qualsiasi reparto
ed appartengono a tutte le fasce di età, come dimostrato in uno studio condotto nel 1991 che
ha evidenziato una prevalenza media di 1,2% di anticorpi anti-HIV su 22590 sieri di pazienti
afferenti a laboratori d’analisi di 18 ospedali Italiani (Puro e coll., 1994).
Numerosi studi di prevalenza di HBV e HCV e, in minor misura, di HIV, sono stati condotti tra
il personale sanitario . In generale, la prevalenza di infezione è stimata in media,
rispettivamente del 2% per HBsAg e HCV e inferiore allo 0,1% per l’HIV (Ippolito, 1996, 1999).
Per quanto riguarda l’HBV, i tassi variano in base alla diffusione geografica dell’infezione, ma
risultano comunque più elevati rispetto alla popolazione generale, suggerendo un’associazione
tra fattore di rischio occupazionale ed infezione da HBV. Tale associazione era particolarmente
evidente in era pre-vaccinale.
In uno studio di sieroprevalenza condotto su 5813 operatori sanitari di 5 ospedali del Lazio nel
1985, il tasso di prevalenza di HBV (HBsAg e HBsAb) è risultato pari al 23,3% (19,3% nei
chirurghi). Nella stessa popolazione, la prevalenza di HCV era pari al 2% (1,3% nei chirurghi) e
quella da HIV allo 0,07% e non risultavano associate con i fattori di rischio occupazionale
considerati (Petrosillo e coll., 1995).
A conferma della minore diffusione “occupazionale” di HCV e ’HIV rispetto ad HBV, altri studi di
sieroprevalenza tra il personale sanitario hanno mostrato tassi variabili dall’1% al 2%, per HCV
e dello 0,1% per HIV, praticamente sovrapponibili a quelli della popolazione generale. In uno
studio condotto nel 1992 su 3073 OS di 16 ospedali, il tasso di prevalenza di epatite C è
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
14
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
risultato pari al 2,2% (2,6% in area chirurgica, 2,1% in ostetricia e 0,9% nei medici chirurghi)
e non risultava associato con i fattori di rischio occupazionale considerati (Puro e coll., 1995).
2.2.2 – INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO – TASSI DI ESPOSIZIONE
Nella tabella 1 sono riportati i tassi di esposizione (calcolati per 100 anni- lavoro-persona,
cioè 100 individui in un anno), specifici per categoria professionale e area di lavoro,
valutati nel periodo 1994-1998 in 18 ospedali partecipanti allo Studio Italiano sul Rischio
Occupazionale da HIV/HCV/HBV, denominato SIROH (Puro e coll., 2001).
Lo studio SIROH ha raccolto le segnalazioni relative a circa 35000 esposizioni a rischio in
operatori sanitari di circa 100 ospedali, relativamente agli anni 1990-2002. Circa 1/3 di tutte le
esposizioni riguardavano una fonte di infezione nota. In totale, sono state osservate:
- 3 sieroconversioni per HIV (0.14%), 14 per HCV (0,45%; 10 delle quali hanno avuto come
seguito una epatite C acuta clinicamente manifesta), dopo esposizione percutanea;
- 2 sieroconversioni per HIV (0.43%) e 2 per HCV (0.36%), per contaminazione
congiuntivale con sangue.
E’ stata osservata 1 sieroconversione per l'HBV (0.55%, l’OS non era vaccinato; il tasso e’
calcolato su OS non vaccinati e non immuni), dopo esposizione percutanea (SIROH, 2003).
Dati storici hanno dimostrato che il tasso di trasmissione per HBV a seguito di una
singola esposizione occupazionale, in assenza di interventi di profilassi post-esposizione,
varia tra il 5 e il 40%, dipendendo dalla modalità di esposizione e dalla viremia della fonte;
i tassi maggiori si osservavano in caso di fonte HBeAg positiva. Attualmente, l’uso del
vaccino associato o meno alle immunoglobuline specifiche nei soggetti non protetti che
dovessero avere un IRB, ha drasticamente ridotto tale tasso.
La stima media che deriva dalla somma dei risultati dei principali studi di incidenza
dell’infezione occupazionale da HIV è di 0,3% per le esposizioni percutanee e 0,1% per le
mucose.
Il tasso di trasmissione è stimato mediamente pari a 0,5-1,8% per HCV; non sono
stati osservati casi di contaminazione cutanea.
2.2.3 – S OTTOSTIMA DELLA NOTIFICA DI INFORTUNI RISCHIO
BIOLOGICO
Gli IRB segnalati dagli OS rappresentano notoriamente solo una parte di quelli
effettivamente verificatisi, configurandosi quindi una sottonotifica (underreporting).
Ad esempio, negli Stati Uniti, un tasso di sottonotifica del 75% delle punture accidentali fu
documentato in un ospedale universitario nel 1983 e confermato, per i medici, in un altro
ospedale universitario circa 10 anni dopo. In uno studio più recente in un dipartimento
d’emergenza, il tasso di sottonotifica era dell’87% tra i medici e del 33% tra il resto del
personale (Health Canada, 2002).
I dati disponibili, per quanto scarsi e talora contrastanti, dimostrerebbero che in Italia il
tasso di sottonotifica è minore di quello osservato in altri Paesi (Consensus Conference,
2000).
Il tasso di notifica, dichiarato in questionari anonimi e individuali somministrati agli OS era del
35% in 68 ospedali del Lazio nel 1985-86, aumentando al 50% per il personale dei reparti di
malattie infettive della stessa Regione nel 1992 (Alberoni e coll., 1992). Il tasso risultava del
40% in un campione di infermieri professionali di un ospedale universitario (Consensus
Conference, 2000). L’indagine più estesa è stata effettuata nel 1993 tra gli infermieri di 82
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
15
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
ospedali distribuiti sul territorio nazionale che hanno dichiarato un tasso di notifica del 70%
(Puro e coll., 1995).
Probabilmente, le disposizioni di legge che rendono obbligatoria la segnalazione,
garantiscono la riservatezza, il mantenimento del posto di lavoro e la compensazione per chi
contrae un’infezione, possono giustificare il minore tasso di sottonotifica rispetto ad altri
paesi, quali ad esempio gli Stati Uniti. Non è stato ancora valutato se l’impulso derivante dal
D.Lgs 626/94 sui servizi di prevenzione e sorveglianza degli incidenti abbia contribuito a
migliorare ulteriormente la frequenza di segnalazioni degli IRB.
Tuttavia, deve essere sottolineato il dato che emerge da uno studio basato su questionari
somministrati ad un campione, peraltro selezionato, di circa 2200 operatori degli ospedali
partecipanti al SIROH: non appare notificato circa il 56% delle punture, l’85% dei tagli, il 78%
dei contatti mucosi, l’88% dei contatti con cute lesa (SIROH, 2003).
2.2.4 – S TIMA DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA PAZIENTE AD OPERATORE SANITARIO
La stima del rischio di contagio da parte di paziente infetto ad OS recettivo viene calcolata
sulla base di un modello matematico (Pietrabissa e coll., 1997; Yazdanpanah e coll., 1999;
Ross e coll., 2000b) che prevede la conoscenza dei seguenti fattori:
• P1:
Prevalenza di sieropositività fra i pazienti
• P2:
Tasso di sieroconversione
• P3p:
Incidenza di infortuni per intervento/per EPP
• P3a:
Incidenza di IRB per anno
• Exp:
Anni di attività per incidenza di infortuni/EPP per anno
Utilizzando la formula seguente: 1-[1-(P1 x P 2 x P3)](exp)
Se ad esempio un chirurgo esegue 250 interventi chirurgici all’anno per 30 anni:
1-[1-(P1 x P 2 x P3p)](250 x 30)
Invece nel caso di OS in cui si calcoli l’incidenza di IRB per anno:
1-[1-(P1 x P 2 x P3a )](30)
Il modello dovrebbe inoltre essere corretto per i seguenti fattori di correzione:
− nel caso dei chirurghi, l’infortunio avviene nella maggior parte dei casi usando aghi da
sutura; l’effetto “pulizia” che l’ago da sutura subisce passando attraverso i guanti, se
adoperati, riduce la quantità di inoculo e quindi la possibilità di determinare
sieroconversione; tale effetto è in grado di ridurre il rischio di un fattore da 6 a 10 a
seconda degli autori (Yazdanpanah e coll.,1999; UK Department of Health, 1998; Mast e
coll., 1993). E’ da rilevare che secondo la review di letteratura “Cochrane” (Tanner e
Parkinson, 2003) sono necessari studi randomizzati e con metodologia specifica per
verificare se, ed in quale misura, l’uso del guanto di spessore variabile o del doppio guanto,
riduca la possibilità di sieroconversione (sia da pazienti a chirurghi che da chirurghi a
pazienti).
− nel caso degli infermieri, il dato di incidenza di IRB viene corretto per il tasso di
sottonotifica, che è del 72%.
Inoltre, esistono alcuni limiti quali:
o non considerare il contatto mucoso o cute non integra
o non considerare con sufficiente dettaglio l’attività in reparti in cui la prevalenza di pazienti
sieropositivi sia significativamente elevata (malattie infettive, emodialisi, trapianti di fegato,
etc.)
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
16
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
o
o
DRAFT
non considerare la concentrazione dei virus nel fluido contaminante, la loro eventuale
variazione di infettività nel trasferimento dell’inoculo
non considerare la maggiore o minore esperienza e capacità dell’operatore come fattore
influente sulla probabilità di infortunio.
Secondo questo modello, tra i circa 10.000 Chirurghi Italiani (fonte Società Italiana di
Chirurgia), ci si può attendere che un numero di Chirurghi compreso fra 3 e 9 acquisisca, in un
anno, un’ infezione occupazionale da HCV (tabella 2).
Analogamente, secondo questo modello, tra i circa 300.000 Infermieri Professionali Italiani
(fonte Associazione Infermieri Professionali Assistenti Sanitari Vigilatrici d’Infanzia), ci si può
attendere che un numero di Infermieri Professionali compreso fra 28 e 131 acquisisca, in 1
anno, una infezione occupazionale da HCV (tabella 3). Va sottolineato che per gli infermieri non
si applica il fattore di correzione per guanti, in quanto essi utilizzano aghi cavi.
Con la stessa metodologia, a partire dai dati italiani così come riportati nei paragrafi 2.2.1 e
2.2.2 è stata costruita la tabella 4 relativa alla stima del rischio di acquisire una delle
malattie elencate, dopo 30 anni di attività lavorativa.
Va sottolineato che per l’HBV il rischio è attribuibile solo ad OS eventualmente non immuni e
non sottoposti a misure di profilassi post-esposizione. Per l’HIV, la problematica appare in
ridimensionamento, sia perché le stime non tengono conto della profilassi post-esposizione, sia
perché si sta osservando una riduzione dell’incidenza di IRB con pazienti HIV-infetti,
verosimilmente dovuta al fatto che i pazienti HIV trattati con le attuali efficaci terapie
antiretrovirali necessitano di minori interventi sanitari che espongono a rischio di IRB.
2.2.5 – S TIMA DEL RISCHIO DI
CONTAGIO DA
OPERATORE SANITARIO A PAZIENTE
La revisione dei casi di trasmissione di HIV, HBV e HCV da OS a paziente segnalati in
letteratura evidenzia che dal 1972 sono stati riportati 50 casi di trasmissione di HBV da parte
di OS infetti (la maggior parte chirurghi), che hanno trasmesso l'infezione a circa 500
pazienti. Ad oggi, sono stati segnalati tre casi di lavoratori che hanno trasmesso l’HIV (8
pazienti infettati) e otto casi di HCV (18 pazienti infettati).
L'analisi dei casi ha mostrato in generale che il rischio di trasmissione di HIV, HBV e HCV da
OS a paziente è soprattutto associato con alcuni tipi di procedure chirurgiche
(cardiochirurgia, chirurgia ginecologica/ostetrica, ortopedica ed addominale), durante le
quali il paziente può essere esposto al sangue dell'OS.
Le difficoltà di definire, attraverso studi epidemiologici di coorte, stime precise di
rischio di trasmissione da operatore a paziente, hanno indotto i ricercatori a sviluppare
modelli matematici di stima di rischio basati sui seguenti parametri:
1. probabilità che il chirurgo riporti un’esposizione percutanea nel corso di una procedura;
2. probabilità che il paziente sia esposto al sangue dell’operatore dopo l’infortunio;
3. probabilità di trasmissione dei virus per singolo incidente (efficacia di trasmissione).
Le probabilità 1 e 2 sono state calcolate usando i dati di uno studio prospettico condotto negli
Stati Uniti dai Centres for Disease Control di Atlanta (CDC) nel 1992, attraverso l’osservazione di
1382 interventi di 5 specializzazioni chirurgiche (Tokars e coll., 1992).
Per la probabilità 3 è stato utilizzato il tasso di trasmissione occupazionale negli OS in caso di
esposizione percutanea (Ippolito e coll., 1993). In considerazione del fatto che gli aghi solidi che
attraversano un guanto, a confronto di quelli cavi che feriscono direttamente la cute, potrebbero
trasferire una minore quantità di sangue, tale valore è stato anche ridotto di dieci volte.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
17
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Moltiplicando le tre probabilità, il rischio sarebbe compreso tra 0,024% e 0,24% per HBV e
tra 0,00024 e 0,0024 per HIV. Applicando la stessa metodologia all’HCV, il rischio sarebbe
compreso tra 0,00036 a 0,0036% basandosi su un tasso di trasmissione per singolo
incidente occupazionale dello 0,5% (stima dei dati cumulativi derivanti dagli studi pubblicati) e
tra 0,0144 a 0,144% se si considera un tasso di trasmissione dell’1,8% per singolo incidente
occupazionale, secondo la stima dei CDC (Birrel e Cooke, 1998; Health Canada, 1998; CDC,
1998a).
Tali calcoli non tengono però conto del fatto che la probabilità di trasmissione può
essere fortemente influenzata da altre variabili, quali ad esempio la contagiosità dell’OS, la
gravità della ferita che precede il contatto, la prolungata o ripetuta esposizione del
paziente al sangue dell’OS o ad uno strumento da questo contaminato, la diversa
permeabilità delle mucose viscerali rispetto alla cute, etc.
Tra i fattori che influenzano maggiormente la trasmissibilità di HBV, ad esempio, sono compresi
il tipo di procedure eseguite, le tecniche chirurgiche, le misure di controllo di infezione adottate,
lo stato clinico-sierologico e viremia dell’OS infetto, nonché la suscettibilità del paziente
all’infezione.
Considerando come denominatore le EPP, secondo Health Canada (1998) vengono fatte le
seguenti stime:
Ø ogni 1.000.000 di procedure a maggior rischio di IRB eseguite da un OS infetto,
si stimano
o 240 – 2400 trasmissioni di HBV ai pazienti
o 50 – 500 trasmissioni di HCV ai pazienti
o 2,4 – 24 trasmissioni di HIV ai pazienti (considerato rischio
trascurabile).
Ross e coll.(2000b), relativamente al HCV, considerando gli stessi fattori e la stessa
metodologia di calcolo di cui al punto precedente, aggiungendo come fattore moltiplicativo
la probabilità che oggetti taglienti contaminati dal sangue del chirurgo contaminino il
paziente (probabilità compresa fra 1 e 9,2%) costruisce le seguenti probabilità di contagio
sia nel caso che non si conosca la sieropositività del chirurgo che nel caso il chirurgo sia
HCVRNA positivo:
Ø ogni 1.000.000 di procedure a maggior rischio di IRB eseguite da un chirurgo si
stimano:
o 1,8 trasmissioni di HCV (se il chirurgo non conosce il proprio stato
HCV) a pazienti;
o 140 trasmissioni di HCV (se il chirurgo è HCVRNA positivo) a pazienti.
Quest’ultima probabilità è riferita dagli autori essere comparabile a quella di acquisire una
infezione da HCV per trasfusione di sangue da donatore alla prima donazione negativo per anti
HCV (50/106 in Germania) ed a quella della mortalità associata ad anestesia (100/106).
Considerando 7.500 procedure a maggior rischio di IRB in 30 anni di attività lavorativa (250
interventi anno per 30 anni come nel caso simulato nel precedente paragrafo), un chirurgo
HCVRNA positivo per tutti i 30 anni ha una probabilità pari al 61% di infettare almeno un
paziente nel corso di tali procedure.
Bell e coll. (1995), relativamente all’ HBV ed HIV formulano le seguenti stime:
Ø ogni 1.000.000 di procedure a maggior rischio di IRB eseguite da un chirurgo
sieropositivo (valore medio):
o 2400 possibili trasmissioni di HBV a pazienti;
o 24 possibili trasmissioni di HIV a pazienti.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
18
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.3 – METODOLOGIA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
______________________________________________________
Pur essendo stata presa in considerazione la problematica, non sono noti dati di
letteratura che giustifichino l’esecuzione della misura quantitativa/qualitativa degli
agenti considerati in aria o su superfici di lavoro (Alessio e Porru, 1999; Grignano e coll.,
2000; Beltrami e coll., 2000). A nostra conoscenza non sono disponibili dati di letteratura
che indichino per gli agenti considerati, dosi soglia o relazioni dose/effetto.
Come riportato nei precedenti paragrafi, la stima del rischio di infezione relativo agli AB
considerati è determinata dal prodotto fra prevalenza di sieropositività per una data infezione fra i
pazienti, il tasso di sieroconversione, la frequenza di IRB; essa dipende anche dallo stato di
immunità della popolazione esposta e dall’efficacia delle misure di profilassi postesposizione
(Papacchino e coll., 1999). Poichè né la prevalenza di sieropositività nei pazienti, né il tasso di
sieroconversione sono modificabili nell’ambito delle attività di assistenza a pazienti nelle strutture
sanitarie pubbliche e private, ne consegue che il rischio di infezione è determinato
principalmente dai fattori che condizionano il rischio di IRB (Pietrabissa e coll., 1997).
Questi ultimi sono fattori modificabili in ambito lavorativo e condizionano il rischio per ogni qualif ica
ed area di lavoro.
Nel caso del rischio di infezione da OS a paziente un ulteriore fattore, modificabile, è costituito dalla
probabilità che uno strumento contaminato dal sangue dell’OS sia riutilizzato, con successivo
contatto parenterale per il pazie nte.
La VdR potrà quindi essere effettuata considerando l’insieme di tali fattori ricavabili dalla
seguente griglia di valutazione:
A. svolgimento di attività che comportino assistenza diretta a pazienti, con
possibilità di entrare in contatto con sangue o altri fluidi corporei a rischio di
trasmissione degli AB considerati. I dati di letteratura indicano che in tali attività il rischio
di esposizione agli AB considerati si identifica nell’incidente occupazionale con rischio di
infezione percutaneo e/o mucoso (IRB) (vedi paragrafi 2.3.1, 2.3.2).
B. svolgimento di Procedure Invasive a Rischio di Esposizione (EPP) (vedi
paragrafo 2.3.3).
C. possibilita’ o meno di adottare soluzioni atte a limitare fattori condizionanti
sfavorevolmente lo svolgimento delle attività lavorative, in quanto possono incidere sul
rischio da IRB. Per tali fattori possono essere individuate misure di prevenzione. Una
volta che il maggior numero possibile di misure di prevenzione efficaci nel contrastare i
fattori di rischio noti è stato adottato, residua un rischio. Questo rischio è proprio di ogni
struttura e per ognuna va valutato (vedi paragrafo 2.3.4).
D. incidenza di infortuni (vedi paragrafo 2.3.5).
La tabella 5 suggerisce alcune semplici linee operative per delineare una VdR di carattere
semiquantitativo, da utilizzare anche tenendo conto delle indicazioni riportate nei paragrafi
successivi e del contributo del MC (paragrafo 2.5).
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
19
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.3.1 – ATTIVITÀ CHE COMPORTANO ASSISTENZA DIRETTA A PAZIENTI
Tali attività includono, in sostanza, quelle che comportano contatto con pazienti, con
conseguente possibilità di esposizione a sangue o altri fluidi corporei.
Non vanno considerate:
• attività amministrativa
• forniture alberghiere
• pulizie ambienti
• trasporto alimenti
(Bolyard, 1998; Beltrami e coll., 2000; Update U.S., 2001).
2.3.2 – ATTIVITÀ A MAGGIOR RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO BIOLOGICO
Il Decreto del Ministero della Sanità del 4.10.91, relativo all’offerta gratuita della
vaccinazione per epatite B, elencava alcune aree a maggior rischio di contagio:
o Sale operatorie
o Sale parto
o Reparti di chirurgia, ostetricia, ginecologia
o Rianimazioni
o Ambulatori odontoiatrici
o Emodialisi
o Ematologia
o Immunoematologia e Centro trasfusionale
o Pronto soccorso
o Oncologia
o Medicina Legale e sale autoptiche
o Malattie infettive
o Laboratori di analisi.
Sulla base di quanto riportato in letteratura, le aree di lavoro che comportano un rischio
maggiore di IRB sono le degenze mediche, le sale operatorie (in particolare ginecologia,
ortopedia e chirurgia toracica) e le degenze chirurgiche.
Tuttavia, dai dati dell’incidenza di IRB sul numero di addetti per area, si evidenzia che il
rischio da IRB è sostanzialmente un rischio diffuso. Su questa base, ai fini della VdR, si
ritiene non rilevante il fattore “aree a maggior rischio” (Puro e coll., 2001; Health
Canada, 2002; Denis e coll., 2003).
2.3.3 – PROCEDURE INVASIVE A RISCHIO DI ESPOSIZIONE
La Commissione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS (1995) considera procedure
invasive le seguenti:
− penetrazione chirurgica in tessuti, cavità, organi o la sutura di ferite traumatiche
maggiori effettuate in sala operatoria o sala parto, pronto soccorso o ambulatorio sia
medico che chirurgico
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
20
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
−
−
cateterizzazione cardiaca e procedure angiografiche
parto naturale o cesareo o altre operazioni ostetriche durante le quali possono verificarsi
sanguinamenti
− manipolazione, sutura o rimozione di ogni tessuto orale o periorale, inclusi i denti,
manovre durante le quali si verificano sanguinamenti o esiste il rischio che il
sanguinamento avvenga.
La Commissione medesima definisce Procedure invasive che determinano un rischio
di esposizione per il paziente (EPP):
− procedure in cui vi è una reale possibilità che si verifichi accidentalmente una ferita
dell’OS e che , in tal caso, il sangue dell’OS venga a contatto con le cavità corporee
del paziente con i tessuti sottocutanei e/o le mucose
− procedure in cui si effettua il controllo digitale della punta di un ago nelle cavità
corporee
− procedure in cui c’è la presenza simultanea di dita ed aghi o altri taglienti in un
campo anatomico scarsamente visibile o molto ristretto (Commissione Nazionale per
la Lotta contro l’AIDS, 1995).
Il Dipartimento della Salute del Regno Unito (UK Department of Health, 2002c) ha
individuato quali procedure invasive a rischio di esposizione (EPP, exposure prone
procedures) quelle in cui vi è rischio che un infortunio dell’OS possa causare l’esposizione
dei tessuti aperti del paziente al sangue dell’OS:
• procedure in cui le mani dell’OS, anche se indossa i guanti, possono venire a contatto
con strumenti affilati o appuntiti oppure con tessuti taglienti (quali spicole ossee o
dentarie) all’interno di una cavità corporea aperta, in una ferita o in uno spazio
anatomico confinato dove possono non essere completamente visibili le mani e le
estremita’ delle dita in ogni momento
• trattamento di traumatizzati, in emergenza, prima del ricovero in ospedale
• assistenza a pazienti psicotici, epilettici in episodio critico.
La tabella 6 riporta esempi di EPP e di procedure non a rischio di esposizione per varie figure di
OS in varie aree lavorative.
2.3.4 – FATTORI
CHE POSSONO CONDIZIONARE IL RISCHIO DI INFORTUNI A RISCHIO
BIOLOGICO
2.3.4.1 Fattori di tipo edilizio/ambientale
Alcune caratteristiche edilizio-ambientali possono condizionare il rischio di IRB, in particolare
spogliatoi con armadietti doppi, lavandini opportunamente attrezzati per il lavaggio delle mani
(comando a leva o pedale, asciugamani in carta, detergente liquido, disinfettante liquido, istruzioni),
lavaocchi di sicurezza o attrezzatura equivalente, doccia di emergenza (in casi di rischio di
imbrattamento massivo).
2.3.4.2 Fattori di tipo organizzativo/amministrativo
Va sottolineata l’importanza del Comitato per il controllo delle infezioni ospedaliere (CIO).
Una recente indagine ha tuttavia evidenziato come la diffusione dei programmi di sorveglianza e
controllo delle infezioni ospedaliere sia tuttora carente in Italia, essendo stati attivati solo un numero
limitato di programmi all’interno di presidi ospedalieri (Moro e coll., 2001). Già la Circolare del
Ministero della Sanità n. 52/1985, nonché la Circolare del Ministero della Sanità n.8/1988 avevano
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
21
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
indicato la necessità di istituire un CIO con compiti di coordinamento, sorveglianza ed indirizzo delle
attività preventive.
In tal senso, il CIO ha il compito di elaborare un piano per la gestione di eventuali episodi di epidemia
e di definire periodicamente programmi di intervento per il controllo delle infezioni contratte dai
pazienti in ambito ospedaliero. Nel programma devono essere indicati obiettivi, azioni da adottare per
raggiungerli, indicatori per la relativa misura. Allo scopo di assicurare un’operatività continua in
materia di infezioni ospedaliere è prevista una Commissione Tecnica responsabile della lotta contro le
Infezioni Ospedaliere. Tali comitati sono impegnati a definire le strategie di lotta (organizzazione del
sistema di sorveglianza, misure di prevenzione, coinvolgimento dei servizi di laboratorio, metodi e
mezzi per informare il personale sull’andamento delle infezioni), verificare l’effettiva applicazione dei
programmi di sorveglianza e di controllo e la loro efficacia, nonché curare la formazione culturale e
tecnica del personale.
Il CIO assume la funzione di Unità di epidemiologia infettiva ospedaliera, che acquisisce dati anche
sugli IRB e sulle malattie infettive correlate al lavoro e si coordina con le altre strutture essenziali per
una efficace gestione della prevenzione.
MC e Servizio di Prevenzione e Protezione devono operare in connessione con il CIO. I principali
ambiti di collaborazione sono l’attuazione di programmi di sorveglianza delle infezioni ospedaliere,
la formazione del personale, l’organizzazione del lavoro, il corretto uso dei dispositivi di protezione
individuale (DPI), la razionalizzazione degli accertamenti sanitari eseguiti sul personale, il riesame
della valutazione del RB.
I piani di sorveglianza delle infezioni ospedaliere devono prevedere la raccolta continua delle
informazioni, l’uso di schede di rilevazione, specifiche per area, l’analisi dei dati, le indagini di
prevalenza, l’adozione di protocolli di studio, l’applicazione di misure di controllo e la valutazione
dell’efficacia delle stesse, le responsabilità dell’autorità sanitaria regionale per gli interventi di
prevenzione. La scelta del sistema di sorveglianza è funzionale alla realtà sanitaria specifica e in
particolar modo rispetto al laboratorio di microbiologia, alla dimensione dell’ospedale e al tipo di
reparti, alle risorse disponibili, al grado di integrazione raggiunto tra le diverse figure professionali,
alla raccolta delle informazioni.
La formazione professionale è rivolta al personale coinvolto nell’assistenza diretta al malato, ma,
a livello informativo, non deve escludere nessuna delle componenti ospedaliere.
2.3.4.3 Fattori legati a procedure di lavoro
La predisposizione condivisa di procedure di lavoro può influenzare in modo positivo il rischio di IRB
a) Presenza, presso ogni unità operativa, di disposizioni scritte e rese note a tutti gli operatori
(norme di lavoro sicuro), relativamente a procedure di lavoro, comportamenti da adottare in caso
di IRB, norme generali di comportamento (precauzioni standard e misure di isolamento).
b) Presenza, a livello Aziendale, di disposizioni scritte e rese note a tutti gli operatori, relativamente a
procedure per l’igienizzazione, la disinfezione, la sterilizzazione.
c) Attuazione, a livello Aziendale, delle attività di Medicina Preventiva compresi, oltre agli
accertamenti sanitari, le vaccinazioni, il registro degli esposti per l’uso deliberato degli agenti
biologici di gruppo 3 e 4, il registro degli eventi accidentali.
d) Presenza, a livello Aziendale, di indicazioni per la tutela delle lavoratrici madri con compiti,
responsabilità, procedure.
e) Attuazione di misure procedurali in sala operatoria quali:
• creazione di zona neutra fra strumentista e chirurgo
• procedure per la disinfezione degli strumenti usati, preventivamente alle operazioni di
manipolazione (sanificazione, inserimento nelle lavatrici, trasporto, o altro)
• indirizzo all’uso di cucitrici, strisce adesive, cerotti di tessuto per le suture cutanee
• uso di doppi guanti in lattice o DPI certificati secondo le norme tecniche EN, soprattutto nelle
procedure ad aumentato rischio di IRB
• uso regolare dello schermo o protezione degli occhi.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
22
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.3.4.4 Fattori legati all’uso di Dispositivi di protezione individuale e collettiva
a) Dotazione di Dispositivi con significato di Protezione Collettiva: contenitori rigidi per taglienti,
rispondenti alla norma British Standard 7320, opportunamente distribuiti, astucci calamitati per
gli aghi chirurgici di scarto, accessori per la rimozione delle lame dei bisturi.
b) Dotazione dei Dispositivi di Protezione Individuale, rispondenti alle norme tecniche EN, anche con
la presenza in ogni unità operativa di un deposito, opportunamente segnalato: guanti protettivi in
lattice, schermi/occhiali, sovracamici antisplash, guanti antitaglio, filtranti facciali.
2.3.4.5 Fattori legati all’uso di dispositivi sicuri
Gli aghi a scomparsa o protetti sono delle soluzioni tecniche finalizzate a proteggere, per
quanto possibile, gli operatori dal rischio da punture accidentali. Con la definizione “aghi sicuri” in
realtà si usa definire presidi molto differenziati come sarà meglio presentato in seguito, tutti finalizzati
a proteggere il personale sanitario dalle punture accidentali.
Alcune ricerche dimostrano che almeno l’83% delle punture accidentali potrebbero essere eliminate
con una attenta politica nella scelta e nelle modalità di impiego degli aghi. L’impiego improprio di aghi
al posto di adeguati raccordi nelle linee intravenose fa accrescere sensibilmente il rischio da puntura
accidentale (Jagger, 1988).
Uno studio sugli aghi di sutura con punta arrotondata impiegati in chirurgia ginecologica dimostrava
una riduzione delle punture accidentali dell’86% in otto presidi ospedalieri di tre diverse città
americane. L’impiego di aghi sicuri nei prelievi di sangue riduceva dal 76% al 27% il rischio da
punture accidentali (CDC 1997c, CDC 1997d).
L’esperienza effettuata presso un grande nosocomio dell’area genovese ha evidenziato che in
taluni casi subentra una reazione di rifiuto da parte del personale il quale si trova ad usare strumenti
che impongono una nuova manualità; processi di sperimentazione con l’impiego misto di strumenti di
sicurezza e strumenti tradizionali hanno indotto i lavoratori al rifiuto verso i nuovi presidi. Tale
esperienza è riportata anche in uno studio del 1992 dove veniva evidenziato che l’introduzione dei
nuovi presidi deve essere accompagnata da un adeguato supporto formativo e una attenta
organizzazione del personale diversamente si incorre nel rifiuto totale (Chiarello, 1995).
La Food and Drug Administration (FDA, 1992, 1995) suggerisce che, per proteggere
efficacemente il lavoratore:
- un dispositivo deve determinare una barriera tra le mani e l’ago dopo l’impiego;
- la forma del dispositivo deve costringere l’operatore a mantenere la posizione delle mani
sempre posteriormente rispetto alla punta dell’ago
- il sistema di sicurezza deve essere parte integrante del dispositivo;
- il dispositivo deve garantire la protezione dell’operatore dopo l’impiego e comunque avere una
confezione che impedisca l’incidente al momento dell’apertura della confezione stessa;
- il dispositivo deve essere di facile impiego e richiedere solo un breve periodo di addestramento.
I dispositivi possono essere ripartiti in grandi gruppi principali a seconda della soluzione tecnica
di protezione impiegata (Chiarello, 1995).
- Sicurezza passiva: il sistema di sicurezza è sempre presente prima, durante e dopo l’impiego.
L’operatore non deve attivare il sistema di sicurezza; si tratta quindi dei dispositivi che
garantiscono la massima protezione del lavoratore.
- Sicurezza attiva: sono quei dispositivi che richiedono un intervento diretto dell’operatore per
attivare la sicurezza. Se non sono attivati, l’operatore non è protetto; l’efficacia quindi è
strettamente legata all’utilizzo di corrette procedure da parte del lavoratore.
- Sicurezza direttamente integrata nel design: gli aspetti di sicurezza sono parte integrante
del dispositivo e non possono essere rimossi.
- Dispositivi di sicurezza come accessori: lasciano alla discrezionalità dell’operatore la
possibilità di impiegarli o meno. Si tratta quindi di sistemi esterni al dispositivo stesso. Sono
decisamente sconsigliati.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
23
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Oggi è possibile reperire un’ampia gamma di prodotti di sicurezza; ciò è di particolare importanza
perché si è visto che le reazioni dei lavoratori a questi dispositivi variano molto a seconda degli
specifici contesti d’impiego.
L’obiettivo nella scelta dei singoli dispositivi deve prevedere:
Efficacia clinica
Accettabilità da parte dei lavoratori
Riduzione sensibile del numero di punture accidentali in quella
specifica attività (Chiarello, 1995).
L’introduzione dei Dispositivi sicuri dovrebbe prevedere:
- l’istituzione di un gruppo di lavoro aziendale multidisciplinare che, oltre a MC, Responsabili dei
Servizi di Protezione e Prevenzione (RSPP) e Rappresentanti del lavoratori per la Sicurezza (RLS),
preveda ad esempio la presenza di componenti sia mediche che infermieristiche delle diverse
tipologie di reparto, la Farmacia aziendale, il responsabile dei laboratori di analisi (poiché alcuni
dispositivi possono influire sulla qualità di specifiche analisi chimiche)
- la definizione delle aree prioritarie di intervento e la tipologia di dispositivi da introdurre,
attraverso la valutazione del fenomeno infortunistico
- l’adozione di schede tecniche che rispettino i criteri di sicurezza e l’attenzione verso l’efficacia
della pratica clinica.
2.3.4.6 Fattori legati alla Informazione/formazione
Attuazione a livello aziendale di programmi di informazione e formazione relativamente al RB
sia all’atto dell’immissione al lavoro di tutti gli operatori (compresi quelli temporanei), sia
periodicamente (vedi capitolo 6).
2.3.5 – INCIDENZA DEGLI INFORTUNI
E’ opportuno che ciascuna struttura sanitaria produca le proprie stime di rischio,
basandosi sui dati effettivi rilevati sui propri dipendenti, attraverso il calcolo dei comuni indici
infortunistici (ad esempio seguendo le norme UNI-EN), valutandoli alla luce delle specifiche
procedure aziendali nonché delle specifiche mansioni o aree lavorative.
In alternativa ci si può riferire alle stime di rischio disponibili in letteratura, siano esse
generate da casistiche simili oppure derivate dall’applicazione di modelli matematici (vedi
capitolo 2.2).
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
24
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.4 – MALATTIE TRASMESSE PER VIA AEREA
______________________________________________________
Si tratta di malattie causate da:
q microrganismi trasmessi da nuclei di goccioline aerodisperse, provenienti da:
piccoli residui di particelle, del diametro di 5 µm o meno, provenienti da goccioline
evaporate, contenenti microrganismi che rimangono sospesi in aria e che possono
essere dispersi dovunque dalle correnti d’aria all’interno di una stanza o attraverso
grandi distanze.
Ai fini della prevenzione, in ambito ospedaliero oltre alle precauzioni standard si applicano le
precauzioni per la trasmissione aerea (Garner, 1996) (si veda capitolo 7).
Esempi di tali malattie sono: morbillo, varicella (incluso zooster disseminato), tubercolosi.
q
microorganismi trasmessi da goccioline di “grandi” dimensioni del diametro
maggiore di 5 µm che possono essere generate da un paziente durante la tosse, gli
starnuti, la conversazione o l’esecuzione di procedure diagnostiche o terapeutiche.
Ai fini della prevenzione, in ambito ospedaliero oltre alle precauzioni standard si applicano le
precauzione per la trasmissione attraverso gocciol ine (Garner, 1996) (si veda
capitolo 7).
Esempi di tali malattie sono: malattia da Haemophilus influenzae compresa meningite,
polmonite, epiglottidite e sepsi; malattia da Neisseria meningitidis compresa meningite,
polmonite e sepsi; difterite (faringea); polmonite da Mycoplasma; pertosse; peste
polmonare; faringite o polmonite streptococcica o scarlattina in neonati e bambini piccoli;
adenovirus; influenza; parotite epidemica; parvovirus B19 ; rosolia.
Per quanto concerne la problematica delle gravi malattie trasmissibili in ambito nosocomiale,
fra le malattie trasmesse per via aerea si prende in considerazione particolare la malattia
tubercolare. Si rimanda al paragrafo 3.6 per gli elementi essenziali di valutazione del rischio e di
sorveglianza sanitaria, strettamente connessi tra loro.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
25
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2.5 – RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE NELLA VALUTAZIONE DEL
RISCHIO
______________________________________________________
Il MC è determinante nel processo di VdR non solo nella fase finale, quando il rischio
viene caratterizzato e le misure di prevenzione definite, ma anche nelle prime fasi di
identificazione e di analisi dei rischi, dove può portare un contributo significativo sulla base
delle attività di sorveglianza sanitaria. Infatti, la specifica competenza sanitaria del MC
in particolare nella conoscenza delle caratteristiche degli AB, delle relative malattie
infettive, nonché dello stato di salute dei lavoratori, è necessaria al completamento della
valutazione del rischio per la salute.
In particolare:
- il MC collabora al mantenimento del registro degli esposti, secondo quanto disposto dal
D.Lgs. 626/94;
- la partecipazione alla istituzione, analisi e gestione del registro degli eventi accidentali
da parte del MC può contribuire ad una migliore e più organica interpretazione del
fenomeno degli IRB, a diminuire il fenomeno della sottonotifica, a stimare il rischio più
specificatamente per le aree e le mansioni con conseguente migliore classificazione del
livello di RB, a valutare il fattore umano, ad identificare le aree con priorità di intervento
tecnico, organizzativo, procedurale e sanitario, ad identificare le priorità e gli obiettivi per gli
interventi di informazione e formazione;
- nella scelta dei DPI, il MC può fornire indicazioni utili, sia per l’appropria tezza del DPI, sia
riguardo alla tollerabilità o adattabilità per particolari condizioni fisiopatologiche;
- attraverso la sorveglianza sanitaria, il MC è in grado di contribuire alla stima del rischio,
in quanto dispone ad esempio dei dati clinici e sierologici degli OS, nonché dei dati di
copertura vaccinale, suddivisi per area o mansione; inoltre, i dati clinici collettivi possono
essere utilmente trasferiti sia al CIO che al SPP, come elemento di validazione del processo
di VdR.
Infine, la partecipazione attiva del MC alla VdR può consentire una adeguata tutela dei
lavoratori, in particolare quelli ipersuscettibili, attraverso una migliore formulazione e
gestione del giudizio di idoneità.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
26
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.
SORVEGLIANZA SANITARIA NEGLI OPERATORI SANITARI ESPOSTI
A RISCHIO BIOLOGICO
3.1 – INTRODUZIONE
___________________________________________________
La sorveglianza sanitaria (SS) è uno dei principali elementi che, unitamente alla
valutazione del rischio, concorrono al controllo del RB negli ambienti di lavoro sanitari.
Prima del D.Lgs. 626/94, le problematiche della SS riguardo al RB nelle attività
lavorative erano già state considerate da alcune normative, che peraltro affrontavano il
problema con provvedimenti indirizzati a singole situazioni o specifici agenti biologici, come
ad esempio riportato nel DPR 303/56 relativamente ai lavoratori esposti al rischio di
contrarre leptospirosi, anchilostomiasi, morva, tubercolosi e sifilide, che, essenzialmente,
dovevano essere visitati al presentarsi della sintomatologia.
Il D.Lgs. 626/94 (Titolo VIII, Capo III, Art. 86) prevede che tutti i lavoratori addetti
alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute siano
sottoposti a SS. Non viene quindi effettuata una distinzione tra esposizione deliberata o
potenziale all’agente biologico. Non ci sono inoltre indirizzi legislativi che indichino criteri e
metodi per l’effettuazione della SS. Ciò è un pregio, in quanto garantisce un elevato livello di
autonomia per il MC - cui spetta ogni decisione nell’ambito della scelta dei programmi di SS con la conseguenza che egli può scegliere, di volta in volta e sulla base di una effettiva
valutazione e non presunzione del rischio, la migliore strategia ed il più efficace ed efficiente
programma sanitario.
È opportuno ricordare anche la Direttiva 2000/54/CE del Parlamento Europeo e del
Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad
agenti biologici durante il lavoro, che dovrà essere recepita in Italia prossimamente. Essa
riporta alcune modifiche del D.Lgs. 626/94, che attengono anche alla SS. Infatti, la Direttiva
specifica che il lavoratore – sulla base della valutazione del rischio - deve essere sottoposto
a SS prima dell’esposizione e, successivamente, ad intervalli regolari. Deve essere istituita
una cartella sanitaria, da conservare per almeno 10 anni dalla fine dell’esposizione, salvo
casi particolari, in cui va tenuta fino a 40 anni. Qualora un lavoratore sia affetto da infezione
e/o malattia imputabili all’esposizione, viene proposta SS anche ad altri lavoratori esposti in
SORVEGLIANZA SANITARIA
27
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
modo analogo. Vengono infine fornite raccomandazioni pratiche per la SS dei lavoratori: fra
queste, è da rilevare il fatto che la Direttiva indica che essa deve essere effettuata secondo i
principi e la prassi della Medicina del Lavoro e che deve comprendere almeno una
valutazione dello stato di salute dei lavoratori, la tenuta della documentazione relativa ai
precedenti sanitari e professionali del lavoratore, il controllo biologico e l’accertamento degli
effetti precoci e reversibili. Tutte le analisi da effettuare sono scelte in base alle più recenti
conoscenze disponibili in materia di Medicina del Lavoro. Alla luce di quest’ultimo principio
fondamentale, si richiama quindi la necessità per il MC di acquisire tutti i dati clinici, di
laboratorio e strumentali più aggiornati (ad esempio, la ricerca di HCVRNA o HBVDNA con le
metodiche di ultima generazione) al fine di formulare un giudizio diagnostico il più preciso
possibile, fatto che condiziona evidentemente la formulazione del giudizio di idoneità
lavorativa (Porru e coll., 2001).
Va inoltre ricordata la normativa specifica (pur da interpretare alla luce della
Sentenza della Corte Costituzionale 218/94, commentata nel capitolo sull’idoneità lavorativa)
riguardante il divieto dell’accertamento dell’infezione da HIV nella SS preventiva e periodica
dei lavoratori, che comunque devono esprimere il loro previo consenso; d’altra parte, sono
consentite analisi nell’ambito di programmi epidemiologici se i risultati sono resi anonimi
(Legge n°135 del 5/6/90, D.M. del 28/09/90).
In generale, la SS dei lavoratori deve essere organizzata in modo tale da rispettare
gli obiettivi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, tenendo conto della natura dei rischi
lavorativi, dello stato di salute della popolazione lavorativa, delle risorse disponibili, della
conoscenza e consapevolezza di lavoratori e datore di lavoro di obiettivi e modalità
operative della SS stessa, nonché di leggi, regolamenti o indicazioni deontologiche rilevanti
per la sorveglianza (ICOH, 1994; ILO, 1998; ANAMT, 2003).
La SS negli operatori sanitari esposti a RB ha diversi obiettivi:
- clinico-preventivi
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
-
contribuire alla protezione e mantenimento dello stato di salute e di sicurezza dei
lavoratori
valutare lo stato di salute generale e gli effetti sulla salute (sia patologie da lavoro o
lavoro-correlate, sia patologie che, pur non essendo correlate alle attività lavorative,
possono condizionare l’idoneità lavorativa)
programmare gli accertamenti clinici mirati ai rischi
identificare i soggetti ipersuscettibili
identificare necessità o opportunità per appropriate vaccinazioni
formulare una diagnosi clinica
formulare una diagnosi etiologica
indirizzare il lavoratore verso un appropriato specialista per eventuali follow up e terapia
comunicare individualmente i risultati della SS e counselling del lavoratore
individuare patologie professionali
gestire gli infortuni lavorativi
gestire focolai epidemici
medico-legali
o
certificazione, denuncia, referto per malattie professionali e infortuni sul lavoro
SORVEGLIANZA SANITARIA
28
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
o
o
o
-
o
o
o
o
raccogliere ed elaborare in forma consultabile i dati sanitari individuali e di gruppo, per
la costituzione di un osservatorio epidemiologico ad hoc
monitorare la prevalenza ed incidenza di infortuni e patologie da lavoro
identificare e valutare eventi sentinella
valutare l’adeguatezza della VdR
valutare l’efficacia ed il costo/beneficio della SS
valutazione del rischio
o
o
-
in fase di assunzione, cambio mansione, accertamenti periodici e straordinari
reinserimento/ricollocazione lavorativa (in relazione a stato di patologia, condizione di
portatore, effettuazione di chemioprofilassi o terapia), in collaborazione con il datore di
lavoro o suoi delegati
epidemiologici
o
-
costituzione di una base di dati sanitari come riferimento (al “tempo zero”, ad esempio
in occasione di accertamenti preventivi), per valutare o interpretare situazioni future
rispetto di confidenzialità e riservatezza
rapporti con autorità sanitarie locali e nazionali, autorità giudiziarie, istituti assicuratori
formulazione e gestione del giudizio di idoneità lavorativa
o
o
-
DRAFT
coadiuvare nell’identificazione e caratterizzazione dei fattori di rischio
valutare gli effetti dell’esposizione ai fini della stima del rischio
informazione e formazione
organizzazione delle attività di informazione e formazione, prima dell’esposizione al
fattore di rischio e con richiami periodici
o educazione generale sui rischi per la salute e sulla loro prevenzione
o informazione e formazione mirata ai rischi nel singolo ambiente di lavoro
o stabilire un adeguato rapporto di fiducia con il lavoratore
o valutare la compliance verso le misure tecniche, organizzative e procedurali di carattere
preventivo
o comunicazione sui rischi e sul significato e risultati della SS per lavoratori, datore di
lavoro e delegati (individuale o per gruppi)
o counselling post-infortunio, post-infezione/malattia, post-esposizione a RB
(Halperin e coll., 1986; Samuels, 1986; Mullan e Murthy, 1991; Saia e coll.,1992; WHO,
2000; Hofmann,1998; ILO, 1998; Alessio e Porru, 1999; Alessio e Farina, 2001; Atti
Congresso Nazionale ANMELP, 2001; Pratt e coll., 2001).
o
La scelta delle modalità e degli strumenti con cui effettuare gli accertamenti
sanitari deve essere guidata innanzitutto dal rigore scientifico e da una valutazione
costi/benefici, che coniughi l’applicabilità pratica con l’efficacia nel raggiungimento degli
obiettivi di prevenzione, nel rispetto delle leggi vigenti, considerando le Linee guida
nazionali ed internazionali e la letteratura disponibile sull’argomento (Baker e coll.,1989;
Ehrenberg e Sniezek, 1989; Conway e coll., 1993;Margonari e coll., 1993; Cesana e coll.,
1998; Markowitz, 1998; Negro e coll., 1998; Bisio e coll., 1999; Franco e coll., 1999; Poole
e coll., 2002).
Modalità e strumenti possono risultare differenti in funzione del variare delle condizioni
ambientali e di organizzazione del lavoro, nonché della particolare situazione infettivologica
SORVEGLIANZA SANITARIA
29
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
della popolazione generale da cui provengono gli OS, delle peculiari variabilità individuali e
di gruppo dei lavoratori da sottoporre a SS. Pertanto, non è possibile utilizzare un protocollo
che si adatti a qualsiasi condizione lavorativa che espone a RB.
Ad esempio, per quanto riguarda i protocolli sanitari, di volta in volta, sarà chiara
responsabilità del MC disporre accertamenti più completi (visite mediche approfondite o più
frequenti, test di laboratorio più numerosi o più ravvicinati nel tempo) oppure più sintetici
(visite mediche con ampio utilizzo di questionari – l’health inventory degli anglosassoni esami di laboratorio selezionati, accertamenti più distanziati nel tempo).
Un’attenzione particolare dovrà comunque essere rivolta ad evitare una eccessiva
medicalizzazione delle attività di prevenzione, dando nel contempo particolare rilevanza alle
attività di informazione-formazione ed agli aspetti gestionali.
La valutazione dell’efficacia della SS, momento fondamentale di verifica delle
modalità operative, è sicuramente di complessa effettuazione poiché può dipendere da
molteplici parametri, condizionati a loro volta da un numero elevato di variabili, legate
all’individuo, al gruppo di lavoratori, all’organizzazione dello specifico ambiente di lavoro,
variabili talvolta non agevolmente misurabili.
In generale, la valutazione dell’efficacia deve avere come scopo la verifica del
raggiungimento degli obiettivi in ordine di priorità e talvolta può essere utile anche per la
messa a punto dell’organizzazione. La scelta della metodologia di valutazione e dei fattori
più rilevanti da considerare è molto discussa. D’altro canto, non è possibile prescindere dalla
creazione di un osservatorio epidemiologico, fondamentale per l’identificazione e l’analisi di
rischi e di problematiche sanitarie e per la verifica dell’utilità delle informazioni raccolte
(Conway e coll., 1993; Hathaway, 1993; Bisio e coll., 1999).
Non è obiettivo di queste LG proporre un sistema di verifica dell’efficacia della SS. Sarà
eventualmente facoltà della singola azienda sanitaria o del singolo MC disporre le attività in
modo da poter valutare specifici aspetti della SS.
Di seguito riportiamo alcuni parametri che, a seconda di specifiche esigenze e priorità
dei singoli ambienti di lavoro, possono essere utilizzati come strumento di valutazione
dell’efficacia:
- la diagnosi precoce di effetti sulla salute dei lavoratori;
- l’individuazione di eventi sentinella ;
- la diminuzione dell’assenteismo, degli infortuni lavorativi, delle malattie professionali;
- la diminuzione del numero degli OS per cui sono stati formulati giudizi di idoneità con
limitazioni/prescrizioni
- il gradimento delle attività di SS da parte dei lavoratori, valutabile ad esempio con
l’aumento della compliance alle procedure tecniche e organizzative, il miglioramento
delle relazioni con i lavoratori oppure l’aumento delle segnalazioni di problemi in una
fase iniziale, seguita da una riduzione delle stesse;
- l’aumento della produttività, il miglioramento nell’assistenza ai pazienti,
nell’organizzazione del lavoro;
- la riduzione dei tempi di attesa di effettuazione degli accertamenti preventivi e periodici;
- il risparmio del Sistema Sanitario Nazionale sui costi derivanti dalla gestione di alcuni
problemi del lavoratore, dovuto all’azione preventiva del MC in luogo del medico
curante.
SORVEGLIANZA SANITARIA
30
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
L’informatizzazione, che rappresenta un aspetto molto importante delle attività di
SS in generale, è essenziale per quelle riguardanti il RB.
Software appositamente elaborati consentono ad esempio di avere a disposizione l’archivio
dei lavoratori esposti, la programmazione degli accertamenti medici e delle profilassi
immunitarie, la redazione di cartelle cliniche nonché di relazioni individuali e collettive.
Soprattutto, l’informatizzazione rende possibile l’elaborazione dei dati sanitari, sia individuali
che di gruppo, ai fini epidemiologici, consentendo, ad esempio, l’interpretazione del
fenomeno infortunistico, la misura dell’incidenza nella popolazione lavorativa di indicatori
quali l’infezione e la malattia, il monitoraggio dello stato immunitario nei confronti di agenti
biologici specifici, il controllo delle condizioni di ipersuscettibilità dei lavoratori, l’incidenza
delle sieroconversioni a seguito della contaminazione biologica, il risultato dei test
tubercolinici periodici, l’andamento delle cause di servizio, la prevalenza di soggetti non
vaccinati (Alessio e Porru, 1999) .
Perché la SS possa poi essere gestita con efficacia ed efficienza, il MC deve
coordinare le proprie attività con gli appropriati servizi e professionalità
disponibili nell’azienda sanitaria (ad esempio, Servizio di Prevenzione e Protezione,
Direzione Sanitaria, Comitato per il Controllo delle Infezioni Ospedaliere, Laboratorio di
Analisi quali quello di Microbiologia, Datore di Lavoro, Dirigenti e Preposti, altri Specialisti) e
deve considerare le opportunità offerte dalle infrastrutture di cui dispone (Papaleo e coll.,
2001; Health Canada, 2002).
Nella Figura 1 è rappresentato un algoritmo esemplificativo di ruoli e responsabilità del MC,
di figure gestionali aziendali e degli OS nell’ambito della gestione del RB, tratto da linee
guida canadesi (Health Canada, 2002).
Le presenti LG propongono modalità e strumenti per l’effettuazione della SS,
essenzialmente generati dalle disposizioni legislative vigenti in Italia, dall’esame di
autorevoli LG nazionali ed internazionali, dalla valutazione della letteratura nazionale ed
internazionale, dall’esperienza poliennale di MC presso aziende sanitarie di alcuni autori
delle LG, dal dialogo con alcuni MC operanti in varie Regioni Italiane, dalla discussione di
alcune disposizioni in materia di RB emanate da alcune Regioni Italiane.
SORVEGLIANZA SANITARIA
31
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.2 – ACCERTAMENTI SANITARI PREVENTIVI
___________________________________________________
Devono essere necessariamente effettuati prima dell’inizio dell’attività
lavorativa o del cambio di mansione (Saia e coll., 1992; Franco e coll., 1999).
Fondamentale è pertanto la conoscenza della destinazione lavorativa e della relativa VdR.
Idealmente, gli accertamenti dovrebbero essere specificatamente indirizzati ad una
mansione svolta in una precisa area di lavoro; nella pratica, la destinazione lavorativa non
sempre è nota con tempestività, soprattutto in fase di assunzione, oppure può essere
suscettibile di variazioni, condizione molto comune per gli OS e specie per il personale non
medico. In linea generale, qualora non sia disponibile la destinazione lavorativa, sara’
opportuno che il MC effettui gli accertamenti sanitari preventivi previsti per le situazioni a
maggior rischio. Comunque, il MC deve adoperarsi al fine di evitare che problematiche
organizzative non consentano di ottenere informazioni a priori sull’ambiente di lavoro e sulle
caratteristiche della mansione specifica, redigendo, in collaborazione con il datore di lavoro,
specifiche procedure.
Gli accertamenti preventivi rappresentano un momento molto importante ai fini della
prevenzione, ideale per impostare le attività di SS ed individuare le priorità di intervento
(Franco e coll., 1999).
Tali accertamenti sono inoltre fondamentali per la caratterizzazione della popolazione
lavorativa: ad esempio, attraverso la raccolta di informazioni demografiche, la
determinazione della prevalenza di fattori di rischio, di condizioni di ipersuscettibilità, dello
stato di immunizzazione, la conoscenza di patologie infettive, la valutazione delle
conoscenze di base per la informazione e formazione sul RB.
Essi costituiscono la base per un efficace osservatorio epidemiologico ed hanno valenza
medico-legale in quanto rappresentano le condizioni preesistenti all’esposizione al fattore di
rischio (il “tempo zero”) (Petrosillo e coll., 1994; Atti Congresso Nazionale di Medicina
Preventiva dei Lavoratori della Sanità, 1994 e 1998; AIDS/TB Committee, SHEA, 1997;
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, 1999; Atti Congresso
Nazionale ANMELP, 2001; Papaleo e coll., 2001; UK Department of Health, 2001; Verso e
coll., 2001).
Essi rappresentano inoltre un momento importante per l’educazione sanitaria, nel quale
termine sono comprese le attività di informazione e formazione e di counselling (OSHA,
2001).
Per contribuire al raggiungimento degli obiettivi della SS citati in premessa, in questa
fase è opportuno effettuare accertamenti approfonditi. Essi devono includere:
- visita medica, momento fondamentale per la raccolta delle informazioni, attraverso
l’anamnesi e l’esame obiettivo. Il MC deve valorizzare tale momento, stabilendo un
rapporto di fiducia con il lavoratore, che diventa essenz iale per la conoscenza reciproca,
molto utile anche quando dovrà essere formulato e gestito il giudizio di idoneità o
quando dovranno essere effettuate le attività di informazione/formazione o di
comunicazione sui rischi o sui risultati della SS;
SORVEGLIANZA SANITARIA
32
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
-
-
DRAFT
esami di laboratorio;
esami strumentali.
Di seguito viene descritta la metodologia di tali accertamenti.
3.2.1 – VISITA MEDICA
3.2.1.1 – Anamnesi
Gli accertamenti medici iniziano con l’anamnesi mirata, che integra le informazioni
già raccolte nell’ambito della cartella sanitaria generale del lavoratore.
Scopo dell’anamnesi è la registrazione sistematica di tutte le informazioni utili a
valutare il rischio individuale, ricercando nell’anamnesi familiare, fisiologica, lavorativa e
patologica fattori di rischio e condizioni di suscettibilità per il RB (Alessio e Porru, 1999;
Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome, 1999; Franco e coll., 1999).
L’anamnesi può essere condotta attraverso l’ausilio di questionari, eventualmente
disegnati ad hoc.
L’utilizzo di questionari è raccomandato da numerosi autori per agevolare la completezza della
raccolta dei dati, per archiviare in modo codificabile le informazioni per una loro successiva
informatizzazione, per consentire il facile accesso alla consultazione dei dati, ad esempio in caso
di epidemia o infortunio a RB. In letteratura non abbiamo reperito questionari standardizzati
utilizzabili ai nostri fini e pertanto in allegato riportiamo un possibile questionario appositamente
disegnato (Allegato 1). Esso non sostituisce la cartella clinica ma deve esserne considerato parte
integrante.
Per risparmiare tempo nella raccolta dell’anamnesi, è opportuno evitare le ripetizioni delle
informazioni nei due documenti: il questionario, che per alcuni aspetti deve essere
necessariamente sintetico, può contenere rimandi alla cartella clinica per i dettagli. Riteniamo che
in questo contesto sia un utile strumento per la standardizzazione dell’anamnesi e per aumentare
il numero di informazioni raccolte. È opportuno sottolineare infine che deve essere somministrato
nel corso della visita medica, nell’ambito di un’intervista diretta e compilato dal MC o da
personale sanitario, sotto sua sorveglianza diretta.
La ANAMNESI LAVORATIVA deve essere raccolta in modo da fornire informazioni
riguardo al rischio infettivo dovuto a precedenti attività lavorative ed eventuale
informazione/formazione specifica.
Pertanto, è importante rilevare
caratterizzandole in base a:
le
mansioni
o
attività
lavorative
a
RB
svolte,
frequenza (occasionali: non programmabili, incidentali o casuali ed impreviste; frequenti: svolte
ripetutamente e programmabili; continuative: prioritarie per la propria professionalità e svolte
assiduamente per periodi prolungati), durata, e, soprattutto per quelle che espongono a rischio
elevato, alle modalità di esecuzione (in emergenza, in collaborazione con altro personale, in
sostituzione di altro personale).
Per agevolare la raccolta delle informazioni è utile disporre di un elenco (quale quello riportato
nell’allegato 1) delle manovre comportanti RB, che può essere opportunamente adattato a
situazioni specifiche ed integrato con attività peculiari di un singolo ambiente di lavoro (ad
esempio, applicazione di elettrodi transcutanei per elettroencefalogramma in neonati), oppure
snellito di voci non applicabili a quel contesto (ad esempio, in un laboratorio di ricerca, la visita
SORVEGLIANZA SANITARIA
33
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
medica o l’assistenza generica al paziente). Il MC, in collaborazione con il servizio di prevenzione
e protezione, dovrà valutare se l’elenco proposto si adatta alla specifica situazione ed
eventualmente disporne la necessaria modifica. Una compilazione analitica del questionario
consente di individuare con precisione le mansioni effettivamente svolte dall’OS,
indipendentemente da quanto è previsto per lo specifico profilo professionale o per la qualifica
del lavoratore.
È infine importante indagare le modalità di lavoro in relazione all’utilizzo di dispositivi di
protezione individuale (ad esempio, uso costante di visiera o occhiali durante interventi
odontoiatrici).
E’ utile verificare eventuali precedenti attività di informazione/formazione
specificatamente rivolta al RB e la conoscenza delle Precauzioni Standard.
È necessario inoltre annotare eventuali altre attività lavorative (ad esempio, prestazioni
chirurgiche libero-professionali, attività infermieristiche domiciliari) ed attività extralavorative
esponenti a RB (ad esempio, volontariato del soccorso, attività venatoria, allevamento,
agricoltura).
Nel corso della ANAMNESI FAMILIARE , è opportuno indagare circa la presenza di
familiari conviventi affetti da patologie infettive potenzialmente trasmissibili (ad
esempio epatiti virali di tipo B e C); nella letteratura anglosassone tale indicazione è
frequentemente riportata soprattutto per il corretto counselling del lavoratore (CDC, 1998a;
Health Canada, 1999).
Tra le ABITUDINI DI VITA , è utile annotare l’eventuale attività di donazione volontaria di
sangue, emoderivati, midollo osseo, il periodo e le cause dell’eventuale cessazione. Tali informazioni
possono infatti rappresentare un’utile indicazione dello “stato di salute” del soggetto nel periodo
corrispondente alle donazioni, per le quali è previsto uno screening generale ed infettivologico.
La registrazione di abitudini o situazioni a RB deve includere la tossicodipendenza
endovenosa e l’effettuazione di piercing o tatuaggi artistici, che rappresentano fattori di
rischio per le patologie emotrasmesse (CDC, 1998a; Health Canada, 1999; Weinbaun, 2003). È
discussa l’opportunità di registrare la dipendenza di droghe con diverse modalità di assunzione,
che in alcuni documenti internazionali è riportata essere comunque correlata ad un incrementato
rischio individuale di contrarre epatiti virali o HIV; tra le motivazioni di tale incremento è riportato
lo stile generale di vita del soggetto e l’eventuale condizione di depressione dell’immunità
determinato dall’abuso di sostanze stupefacenti (CDC, 1998a; Weinbaun e coll., 2003). Per
un’anamnesi esauriente e’ opportuno documentare tutte le sostanze d’abuso ed il periodo di
tossicodipendenza. Dal momento che in letteratura è riportata una correlazione diretta tra
numero di piercing o estensione dell’area tatuata e rischio di contrarre patologie emotrasmesse,
può essere utile che in cartella, nell’anamnesi e poi nell’esame obiettivo, venga registrato questo
dato.
È necessario infine riportare eventuali soggiorni in zone note per elevato RB (periodo e
durata), sia per poter considerare la possibilità di aver contratto patologie infettive in zone
d’endemia (ad esempio tubercolosi o AIDS in alcuni paesi africani), che per rilevare
chemioprofilassi o vaccinoprofilassi effettuate ad hoc (Beltrami e coll., 2000; Liang e coll., 2000;
Murphy, 2000).
La ANAMNESI PATOLOGICA, già raccolta nel corso della compilazione della cartella
generale, deve essere integrata soprattutto ai fini della ricerca di condizioni di
ipersuscettibilità al RB.
A tal fine, devono essere individuate tutte le condizioni che determinano una riduzione
temporanea o permanente dell’efficienza del sistema immunitario del soggetto:
o le flogosi in atto,
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
o
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DRAFT
i deficit immunologici congeniti,
patologie acquisite che comportano deficit immunologici,
trattamenti farmacologici,
esposizione significativa a radiazioni ionizzanti,
dialisi,
trapianti (che determinano deficit immunologici acquisiti),
l’esposizione ad agenti chimici immunomodulanti.
Particolare attenzione deve essere rivolta alle patologie che possono modificare o ridurre le
proprietà di barriera della cute, tra cui le dermopatie che determinano soluzione di continuità in
aree esposte (mani, arto superiore, capo), tutte le affezioni che si manifestano con lesioni
eczematose, quali, ad esempio, dermatiti da contatto, disidrosi, psoriasi, eczema atopico, forme
gravi di dermatite seborroica, esposizione ad irritanti (ad esempio, applicazioni di
disinfettanti), microtraumatismi ripetuti. Deve essere attentamente considerata anche la
possibilità di periodiche riacutizzazioni di alcune dermopatie che per lunghi periodi possono
essere quiescenti.
Devono essere registrate tutte le condizioni che possono determinare limitazioni all’utilizzo di
DPI per il RB o che richiedano l’utilizzo di specifici dispositivi (ad esempio, dermopatie alle mani,
sensibilizzazione verso latice, intolleranze, alterazioni del visus che richiedano occhiali da vista,
divise a manica lunga per coloro che sono affetti da psoriasi ai gomiti).
Poiché è possibile contrarre patologie emotrasmesse (soprattutto epatite B e C) a seguito di
emotrasfusioni, interventi chirurgici o procedure diagnostiche invasive, cure odontoiatriche,
trattamenti di agopuntura, ripetute terapie per via endovenosa o intramuscolare, tali condizioni
devono essere accuratamente registrate (Prati e coll., 1997; Bolyard e coll., 1998; Health Canada,
2002; Weinbaun e coll., 2003).
L’anamnesi infettivologica consente la puntuale verifica delle patologie infettive
pregresse, che possano aver determinato una immunizzazione del soggetto o aver cronicizzato.
È utile prevedere l’utilizzo di un elenco di patologie che agevola la raccolta esauriente delle
informazioni (si veda allegato 1).
La valutazione dello stato di immunizzazione deve inoltre prevedere la registrazione
(preferibilmente consultando la documentazione fornita dal lavoratore, certificati vaccinali, libretto
sanitario) delle vaccinazioni effettuate, di chemioprofilassi ed immunoprofilassi e di
eventuali controindicazioni, reazioni avverse od allergie verso vaccini o loro componenti.
3.2.1.2 – Esame obiettivo
L’esame obiettivo deve essere rivolto alla valutazione dello stato di salute generale ,
alla ricerca di alterazioni a carico di organi ed apparati bersaglio degli agenti biologici (ad es.
cute, mucose, apparato respiratorio, fegato, occhi), all’individuazione di segni clinici di
ipersuscettibilità.
Pur presentando una scarsa sensibilità e specificità per la evidenziazione di alterazioni precoci
dello stato di salute, esso è indispensabile e pertanto deve essere sempre effettuato
contestualmente all’anamnesi (Alessio e Porru, 1999; Conferenza dei Presidenti delle Regioni e
delle Province Autonome, 1999; Franco e coll., 1999).
Ricordiamo, ad esempio, l’importanza del rilievo delle condizioni generali del lavoratore, di
linfoadenomegalia, di epatomegalia, dell’accurato esame di cute e mucose, della
documentazione di cicatrici dovute a pregresse vaccinazioni.
SORVEGLIANZA SANITARIA
35
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.2.2 – ESAMI DI LABORATORIO
Gli esami di laboratorio devono principalmente essere rivolti all’accertamento della
condizione di suscettibilità del soggetto e alla valutazione dell’immunizzazione nei
confronti degli AB per i quali è disponibile un vaccino efficace.
Come già evidenziato in precedenza, è necessario stabilire protocolli mirati alla VdR, per
mansione e per reparto, nonché considerare attentamente le informazioni fornite dall’esame in
relazione ai costi (Alessio e Farina, 2001; Irving, 2002).
Deve essere qui specificato che ulteriori esami di laboratorio volti a valutare lo stato di salute
generale del lavoratore (quali glicemia, creatininemia, esame urine) possono essere richiesti dal
MC ma non saranno qui discussi né riportati nei protocolli, in quanto non specificatamente mirati
al RB.
L’anamnesi e l’esame obiettivo devono precedere l’effettuazione degli eventuali prelievi
ematici, che potranno essere infatti utilmente indirizzati – per il singolo lavoratore – a seguito
delle informazioni scaturite dall’anamnesi stessa. Qualora per motivi organizzativi non sia
possibile l’esame clinico prima dell’effettuazione del prelievo di sangue, è opportuno che prima di
esso vengano sinteticamente raccolte almeno le informazioni relative allo stato immunologico del
soggetto ed alle vaccinazioni eseguite.
Il MC deve prestare particolare cura alla scelta del laboratorio (ad esempio,
verificando che sia sottoposto a controlli di qualità) e deve possedere sufficienti conoscenze
per poter valutare in modo critico i risultati degli esami. Deve inoltre porre particolare
attenzione al proprio aggiornamento in tema di nuove e più sofisticate metodiche
diagnostiche, critiche per la precisione della diagnosi.
Per il dosaggio di alcuni anticorpi (ad esempio per HIV, HCV e HBV) è necessario considerare
che i laboratori spesso adottano automatismi ed algoritmi determinati dai macchinari o da kit
diagnostici, che possono consentire di ottimizzare le richieste ed i prelievi di sangue al soggetto,
ed aumentare la precisione del dato (ad esempio con utilizzo di due differenti metodiche).
In fase di accertamenti preventivi, è proponibile l’effettuazione di esami che
consentano una prima valutazione della competenza del sistema immunitario attraverso la
conta dei globuli bianchi e la formula leucocitaria; accertamenti più approfonditi
potranno essere riservati per un secondo livello diagnostico, in casi selezionati.
In considerazione soprattutto del fatto che il fegato è l’organo bersaglio di numerosi
agenti biologici, sarà utile effettuare la determinazione di AST, ALT, γGT e colinesterasi.
A completamento degli accertamenti, utile l’esecuzione dell’elettroforesi delle proteine
sieriche, che aggiunge informazioni sia riguardo all’immunità umorale che alla funzionalità
epatica (Alessio e Porru, 1999).
I programmi di controllo nei confronti di virus dell’epatite A, B e C, HIV, morbillo,
parotite, varicella, rosolia vengono esaminati nel dettaglio di seguito. La sorveglianza
sanitaria della tubercolosi è trattata nel paragrafo 3.6.
Per quanto riguarda i marcatori dei virus dell’epatite B e C, nel complesso i protocolli
reperiti e comunemente utilizzati nella SS sono risultati simili tra loro e le similitudini sono
determinate spesso dall’opportunità di seguire algoritmi diagnostici dei laboratori di analisi, dettati
sia dalla strumentazione automatica che da indicazioni standardizzate a livello internazionale. In
alcuni protocolli sanitari è stato inserito un follow up degli operatori in cui è stato riscontrata
un’epatite cronica B o C, con la periodica determinazione di AST-ALT ed effettuazione di ecografia
epatica (AIDS/TB Committee, SHEA, 1997; Lodi e coll., 1998; SEIEVA, 2001; Coggiola e Meliga,
2000; Consensus Conference, 2000; NHS Executive, 2000; NIH Consensus Statements, 2002;
Hales e coll., 2002).
SORVEGLIANZA SANITARIA
36
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Nei protocolli di alcuni ospedali italiani ed in alcune linee guida regionali, in aggiunta agli
accertamenti di laboratorio sopra elencati, viene proposta la coprocoltura in neonatologia,
pediatria, nido ed il tampone faringeo in ostetricia e neonatologia. A questo proposito, va però
sottolineato che al fine della valutazione del RB dei lavoratori da tempo non è più ritenuta utile
l’esecuzione di tamponi faringei o coprocolture, volti ad accertare lo stato di portatore
asintomatico di batteri, in considerazione del rapporto costo/beneficio sfavorevole e del fatto che
la condizione di portatore non indica necessariamente un rischio per se stessi o per gli altri o la
necessità di terapia (Cesana e coll., 1998; Coordinamento delle Regioni e delle Province
Autonome, 1999; GIS GILMaPP, 2001). Analogamente, non si ritiene utile il controllo anticorpale
per malattie trasmesse da altri AB non espressamente discussi nel presente documento, a meno
che la valutazione del rischio nella specifica situazione locale ne abbia identificato la necessità.
Infine, non si ritiene utile proporre l’effettuazione di controlli anticorpali nei confronti di
malattie infettive, pur diffuse nella popolazione (ad es. mononucleosi, citomegalovirus, etc.), in
quanto da un lato vi è assenza di vaccini e dall’altro i risultati non influenzerebbero né il giudizio
di idoneità né eventuali altri provvedimenti preventivi.
La tabella 7 riporta una sintesi della proposta di accertamenti sanitari preventivi per i
lavoratori della sanità.
3.2.2.1 – Epatite A
Dal momento che l’epatite A riconosce solamente la via di trasmissione oro-fecale, che
modalità operative corrette sono in grado di proteggere l’OS dal contagio in condizione di
normale operatività, che è disponibile un vaccino efficace per la popolazione adulta, si ritiene che
il controllo per l’epatite A sia utile per i soggetti addetti a mansioni a rischio, quali
assistenza nei reparti di malattie infettive, pediatria, gastroenterologia, o che ricoverano persone
con deficit intellettivi o psichici, lavoratori che manipolano il virus in laboratori di ricerca (Smith e
coll., 1997; Bolyard e coll., 1998; CDC, 1999c; Clinical Effectiveness Group, 2000; SEIEVA, 2001;
Chodick e coll., 2002).
3.2.2.2 – Epatite B
La tabella 8 riporta i marcatori sierologici per HBV in differenti condizioni di infezione o
convalescenza.
La presenza dell’HBeAg nel siero è indicativa di una attiva replicazione del virus ed è
correlata all’infettività del soggetto. Soggetti con HBeAg positivo tipicamente hanno 108-109
particelle di HBV/mL di sangue. Esistono soggetti affetti da infezione cronica da HBV con una
mutazione nella regione pre-core del genoma che impedisce l’espressione di HBeAg, che
mostrano comunque alto titolo di HBsAg e conseguente infettività.
Gli anticorpi verso l’antigene di superficie sono titolabili nei soggetti immuni. L’anticorpo verso
l’antigene del core (HBcAb) indica un’avvenuta infezione e persiste per tutta la vita del soggetto.
Numerosi protocolli per lo screening dell’epatite B sono stati valutati nella letteratura
(Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS, 1995; Kao e coll., 1999; NHS Executive,
2000).
Algoritmi diagnostici molto diffusi nei laboratori propongono l’esecuzione automatica di 3
marcatori (HBsAg, Anti-HBs, Anti-HBc), ed eventualmente, a seconda della positività dell’antigene
o degli anticorpi, nello stesso campione di sangue aggiungono la determinazione di HBeAb,
HBeAg.
Un programma di screening clinico suggerito da una recente revisione sistematica della
letteratura (Clinical Effectiveness Group, 2000) indica per soggetti non vaccinati e con stato
infettivo sconosciuto, due opzioni iniziando con 1 solo test, HBsAg oppure HBcAb (figura 2);
seguendo questo approccio, per formulare una diagnosi sono necessari in alcuni casi due prelievi
di sangue (Harpaz e coll., 1996; Ristinen e Mamtani, 1998; Ross e coll., 1999; Gutierrez e coll.,
1999; Allain e coll., 1999; Murphy, 2000).
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Dal momento che il controllo per l’epatite B negli OS, con il minor numero possibile di prelievi
di sangue e di test deve fornire informazioni circa lo stato di immunizzazione (positività di HBsAb)
o di infettività (positività di HBsAg e HBeAg) del soggetto, riteniamo utile differenziare
soggetti vaccinati dai soggetti non vaccinati.
Nei vaccinati che non dispongono di documentazione di titolo anticorpale protettivo(HBsAb titolo
≥10 U/mL), oppure nei soggetti che hanno effettuato un ciclo vaccinale incompleto (< 3 dosi),
proponiamo di eseguire HbsAb. Se HBsAb e’ ≥10 U/mL, il soggetto deve essere considerato
immune in via definitiva e non devono essere programmati ulteriori interventi; se HBsAb <10
U/mL, il soggetto deve eseguire dose di richiamo con ulteriore valutazione del titolo di HbsAb a
distanza di 1-2 mesi. Se HBsAb <10 U/mL, non sono indicate ulteriori somministrazioni di
vaccino, mentre è consigliabile procedere alla ricerca di HBsAg; se HBsAg e’ negativo, il soggetto
deve essere considerato suscettibile all’infezione del virus B e deve essere informato circa la
necessità, in caso di esposizione accidentale al virus, di profilassi post-esposizione basata sulla
somministrazione di immunoglobuline specifiche.
Il soggetto non vaccinato deve essere sottoposto alla ricerca dell’HBsAg; se HBsAg e’ negativo,
deve essere avviato al ciclo vaccinale di base ed al successivo controllo del titolo HBsAb.
Va sottolineato che nei casi di positività di HBsAg, è opportuno approfondire la diagnosi
effettuando il dosaggio di HBeAg e HBVDNA (Harpaz e coll., 1997).
Il dosaggio di HBVDNA non è necessario al fine di formulare un giudizio di idoneità in soggetti
HBeAg positivi, in quanto essi sono sicuramente viremici (Ristinen e Mamtani, 1998; UK
Department of Health, 1998a; Ross e coll., 1999; US Department of Health and Human Services,
2001).
Una volta accertato lo stato di HBVDNA positività (oppure di HBeAg positività oppure di
HDVAb positività), è opportuno indirizzare il paziente verso uno specialista infettivologo che
potrà disporre l’adeguata periodicità dei controlli della funzionalità epatica, dei marcatori tumorali
e dell’ecografia e formulare le indicazioni terapeutiche. Inoltre è necessario che il MC insieme allo
specialista infettivologo effettuino un appropriato counselling per informare il lavoratore della
patologia di cui è affetto, della prognosi, delle possibilità terapeutiche e degli effetti collaterali,
dello stato di infettività verso terzi (pazienti, familiari), sulle modalità di trasmissione del virus,
della necessità di follow up.
In caso di terapia con interferone, sarà cura del MC informare il lavoratore circa la possibilità
dell’insorgenza di alcuni effetti collaterali che possono condizionare l’idoneità lavorativa (ad es.
disturbi psichiatrici, patologie autoimmuni) e pertanto raccomandare la richiesta di accertamento
straordinario. La terapia dell’epatite cronica da virus B si avvale oggi anche della lamivudina,
farmaco molto ben tollerato, con effetti collaterali trascurabili (Clinical Effectiveness Group, 2000;
Liang e coll., 2000) .
3.2.2.3 – Epatite C
Riteniamo utile formulare alcune precisazioni riguardo al significato dei marcatori virali
disponibili.
È da sottolineare innanzitutto che nessun test di laboratorio può discriminare tra
infezione acuta o cronica, a meno di non individuare la sieroconversione in una raccolta
seriale di campioni, ad esempio, durante il follow up post-esposizione a sangue infetto (CDC,
1997a; Prati e coll., 1997).
Per il dosaggio degli anticorpi anti- HCV, in prima istanza deve essere utilizzato un test
immunoenzimatico: il test EIA di III generazione garantisce sia una sensibilità che specificità pari
al 99% in soggetti immunocompetenti. Cionondimeno, va rilevato che la quota di falsi positivi può
essere maggiore dell’1% se le valutazioni vengono condotte in gruppi di soggetti a basso rischio
di infezione. La falsa negatività può invece dipendere da patologie autoimmunitarie e, in
generale, da condizioni che determinano immunodepressione. Nel corso di programmi di
screening tra gli OS con la metodica EIA, è stato stimato che orientativamente 3-5% è la quota di
lavoratori con infezione da HCV clinicamente non evidente che non viene identificata (CDC,
1998a; Clinical Effectiveness Group, 2000; Alter e coll., 2003).
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Gli algoritmi diagnostici prevedono test supplementari di conferma, spesso già sul medesimo
campione di siero, quali il RIBA, EIA di altra marca, ricerca degli acidi nucleici.In sintesi, Anti-HCV
è definito
o “positivo” quando sono positivi il test EIA di III generazione e un test di conferma;
o “negativo” quando il test EIA è negativo o positivo e il test di conferma è negativo;
o
“indeterminato” quando il test EIA è negativo o positivo e il test supplementare è
indeterminato (così definito quando una sola reattività antigenica è positiva) (CDC,
1998a; Health Canada, 1999).
Un test negativo è considerato sufficiente per escludere la diagnosi di infezione da HCV in
soggetti immunocompetenti, con malattia epatica clinicamente evidente o con fattori di rischio
individuali per HCV.
La specificità della ricerca di HCVRNA qualitativo è 98%: falsi negativi per questo test
possono derivare da impropria manipolazione, stoccaggio o per contaminazione dei campioni.
D’altro canto, la presenza di RNA nel siero di soggetti infettati può essere intermittente: un
singolo test positivo conferma la attiva replicazione virale ma un singolo test negativo non
esclude la viremia (Alter e coll., 2003).
Le indicazioni all’effettuazione del dosaggio di HCVRNA qualitativo reperite in letteratura
sono:
conferma in caso di antiHCV indeterminato;
determinazione di infezione da HCV in soggetti immunodepressi con antiHCV negativo, per i
quali esiste il sospetto di infezione (fonti di rischio individuali, incremento di ALT non
altrimenti giustificato);
monitoraggio dell’evolutività dell’infezione e determinazione della risposta a terapie antivirali
(interferone peghilato, ribavirina) e del perdurare della risposta (su indicazioni
dell’infettivologo); riteniamo pertanto che la determinazione del HCVRNA qualitativo sia
indicata in caso di antiHCV positività nel corso della sorveglianza degli OS.
Il virus dell’epatite C presenta almeno 6 genotipi e più di 50 sottotipi. È possibile determinare
l’HCV genotipo e HCVRNA quantitativo mediante amplificazione del segnale.
Poiché non è stata documentata relazione tra viremia e contagiosità del soggetto, la
determinazione dell’HCVRNA quantitativo non è raccomandata per la valutazione degli OS;
essa è tuttavia utile all’infettivologo per monitorare l’evolutività dell’infezione e l’efficacia della
terapia (interferone peghilato, ribavirina); recenti studi infatti indicano che bassi livelli di HCVRNA
possono essere predittivi di una migliore risposta alla terapia (AIDS/TB Committee of the SHEA,
1997; Lodi e coll., 1998; Health Canada, 1999; Liang, 2000; US Department of Veteran Affairs,
2001; Hales e coll., 2002; NIH Consensus Statements, 2002; Pawlotsky, 2002).
La determinazione del genotipo di HCV può invece essere indicata nel corso della
sorveglianza epidemiologica degli OS, soprattutto per un giudizio sulla prognosi (per la differente
risposta alla terapia antivirale, per la maggiore evolutività verso epatite cronica ed
epatocarcinoma per il genotipo 1b o per coinfezione di più genotipi) e per motivi medico-legali; è
infatti utile identificare il genotipo negli OS infetti e nei pazienti infetti al fine di confrontarli nel
caso di infortuni (Esteban e coll., 1996; CDC, 1998a; Ramsay, 1999; Ross e coll., 2000a; Hales e
coll., 2002). È necessario infine considerare l’opportunità della determinazione del genotipo
dell’HCV nei rari casi di test Anti-HCV indeterminati, negativi alla determinazione di HCVRNA
qualitativo, laddove esiste comunque un fondato sospetto di infezione (persistente incremento di
ALT non altrimenti giustificato, associato a noti fattori di rischio, in soggetti immunodepressi)
(Pawlotsky, 2002; Alter, 2003).
Una volta accertato lo stato di HCVAb positività ed aver effettuato il dosaggio di HCVRNA
qualitativo e la determinazione del genotipo, è opportuno indirizzare il paziente verso uno
specialista infettivologo che potrà disporre l’adeguata periodicità dei controlli della funzionalità
epatica, dei marcatori virali e dei marcatori tumorali, dell’ecografia, la necessità della biopsia,
nonché verificare le indicazioni cliniche per la terapia. Inoltre è necessario che il MC insieme allo
specialista infettivologo, effettuino un appropriato counselling per informare il lavoratore della
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
prognosi della patologia da cui è affetto, delle possibilità terapeutiche e degli effetti collaterali,
dello stato di infettività verso terzi (pazienti, familiari), sulle modalità di trasmissione del virus,
della necessità di follow up.
Sarà cura del MC informare il lavoratore circa la possibilità dell’insorgenza di alcuni effetti
collaterali della terapia che possono condizionare l’idoneità lavorativa (disturbi psichiatrici,
patologie autoimmuni) e pertanto raccomandare la richiesta di accertamento straordinario
all’occorrenza.
3.2.2.4 – Epatite D
Per quanto riguarda l’epatite D, il dosaggio degli anticorpi nel soggetto HBsAg positivo è utile
per la valutazione della prognosi e, di conseguenza, per meglio formulare il giudizio di idoneità
(Clinical Effectiveness Group, 2000).
3.2.2.5 – HIV
In fase di assunzione, in considerazione della Legge n.135/90, della Sentenza della Corte
Costituzionale n.218/94 (vedasi capitolo su idoneità lavorativa), delle Linee Guida del Ministero
della Sanità del 1994 e delle linee guida del Department of Health del Regno Unito (2003) sui
lavoratori della sanità in fase di assunzione, nonché in considerazione del fatto che il soggetto
HIV positivo è da un lato da considerare maggiormente suscettibile alle infezioni, in particolare
alla tubercolosi, e dall’altro può porre un rischio verso terzi, nel caso effettui manovre invasive a
rischio di esposizione, il MC può proporre, previo consenso informato, l’effettuazione del test HIV
(Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS, 1995; Freedman e coll., 2000; CDC, 2001; UK
Department of Health, 2003).
3.2.2.6 – Morbillo, Parotite, Varicella, Rosolia
In considerazione della diffusione epidemiologica di morbillo, parotite, varicella, rosolia, della
percentuale non trascurabile di OS non immuni rilevata nei vari Paesi, della modalità di
trasmissione (via aerogena), dei bassi costi del controllo anticorpale, della disponibilità di vaccini
efficaci anche per la popolazione adulta, della mobilita’ degli OS, si ritiene opportuno proporre il
controllo sierologico in fase di assunzione a tutti gli OS (Wharton e coll., 1990; Schwarcz e coll.,
1992; Vegna e coll., 1994; Lane e coll., 1997; Lussier e coll., 1999; Zotti e coll., 2000; UK
Department of Health, 2001).
3.2.3 – ESAMI STRUMENTALI
Dai dati di letteratura emerge che nessun esame strumentale è proponibile per un
primo livello diagnostico in fase di accertamenti preventivi per la valutazione del RB. La
radiografia del torace nei recenti protocolli di screening per la tubercolosi è riservata a
casi particolari in cui anamnesi e intradermoreazione secondo Mantoux indicano la necessità
di un approfondimento diagnostico (si veda anche paragrafo 3.6). (CDC, 1994, 1995; Health
Canada, 1996; Bugiani e Gruppo di studio AIPO, 1997; Conferenza delle Regioni e delle
Province Autonome, 1999; Nicas, 1998 e 2000; ACOEM, 1998; Cristofolini e coll., 1998;
Franchi e coll., 1999).
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.3 – ACCERTAMENTI SANITARI PERIODICI
Il D.Lgs. 626/94 non ha previsto una specifica periodicità per gli esposti a RB. Sia la
periodicità che lo specifico protocollo sanitario dovranno quindi essere stabiliti dal MC,
naturalmente sulla base della VdR e delle caratteristiche del singolo lavoratore (Alessio e
Porru, 1999; Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, 1999; Franco e coll.,
1999).
Gli accertamenti dovranno essere condotti orientativamente con le stesse modalità
adoperate per gli accertamenti preventivi. Quindi, verrà programmata una visita medica
con la relativa anamnesi standardizzata e l’esame obiettivo, rivalutato lo stato di
immunizzazione (in particolare per epatite B, C, D e la tubercolosi; tali accertamenti non
dovranno evidentemente essere ripetuti qualora il lavoratore sia già stato sottoposto ad
accertamenti ad esempio per sorveglianza sanitaria post esposizione), al fine di monitorare
eventuali sieroconversioni asintomatiche, o per controllo del livello di protettività di titoli
anticorpali a seguito di immunoprofilassi specifica. È infine opportuno eseguire alcuni esami
di laboratorio di controllo quali quelli indicati nella tabella 9.
Orientativamente, se la valutazione del rischio non ha evidenziato situazioni
particolarmente complesse, se lo stato immunologico non desta preoccupazioni, se le
vaccinazioni sono state eseguite e gli accertamenti precedenti non hanno evidenziato
particolari problemi di salute, la periodicità indicata per la visita medica può essere
triennale per gli operatori che effettuano procedure invasive a rischio di esposizione.
Periodicità più ravvicinate (annuali-biennali) potranno essere evidentemente disposte
qualora vi siano condizioni di rischio più elevate o ipersuscettibilità individuali significative.
Non esiste un consenso circa la più adeguata periodicità di un controllo dei marcatori
dell’epatite C e B (non vaccinati o non responders alla vaccinazione) o dell’HIV nei lavoratori
della sanità; le indicazioni da noi reperite sono variabili (AIDS/TB Committee of the SHEA,
1997; Bolyard e coll., 1998; NHS Executive, 2000; US Department of Health and Human
Services, 2001; Health Canada, 2002; UK Department of Health, 1995, 1998a, 1998b,
2002a, 2002c).
Tenendo conto della variabilità delle mansioni, delle problematiche medico-legali, della
sottostima degli IRB particolarmente nel personale medico-chirurgico, di esigenze logistiche,
di considerazioni epidemiologiche, la periodicità di controllo di tali marcatori indicata nella
tabella 9 appare la più consona, in linea generale, per coloro che effettuano procedure
invasive a rischio di esposizione.
Dopo aver eseguito tali programmi di controllo per almeno due volte, il MC potrà avere più
chiara la situazione epidemiologica della propria popolazione lavorativa e di conseguenza
decidere per modificare la periodicità, eseguendo ad esempio i marcatori ogni anno per chi
effettua procedure invasive, oppure disponendo il test solo dopo infortunio a RB.
Utile infine un controllo annuale dell’HDVAb e dell’HBVDNA quantitativo nei lavoratori HBsAg
positivi che operano in reparti con alta prevalenza di pazienti HBsAg positivi.
Per i lavoratori che sono addetti all’assistenza diretta del paziente e/o che
manipolano campioni biologici, è possibile prevedere una periodicità della visita medica più
diluita (orientativamente 6 anni, salvo diversa specifica valutazione del rischio individuale o
considerazioni di carattere logistico, quali quelle di far coincidere la visita con altri
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
accertamenti programmati). I marcatori dei virus a trasmissione ematogena non debbono
invece essere controllati periodicamente ma ogniqualvolta vi sia un infortunio a RB.
Per gli OS che non prestano assistenza diretta al paziente e non manipolano
campioni biologici, non è raccomandato nessun accertamento periodico per il RB.
Per quanto riguarda epatite A, morbillo, rosolia, parotite e varicella, se a seguito del
primo screening una rilevante quota dei lavoratori non immunizzati si sottopone alla
vaccinazione e per i non immunizzati è stata appropriatamente formulata l’idoneità
lavorativa (si veda anche capitolo su vaccinazione e giudizio di idoneità), può non essere
necessario un accertamento periodico.
La tubercolosi è specificatamente trattata nel paragrafo 3.6.
La tabella 9 riporta una proposta di accertamenti periodici per gli operatori della
sanità.
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.4 – ACCERTAMENTI SANITARI STRAORDINARI
Nel campo del RB, le richieste che pervengono al MC di visite mediche o di
accertamenti straordinari, al di fuori degli accertamenti preventivi e periodici è tutt’altro che
infrequente ed attengono principalmente ad eventi infortunistici, all’insorgenza di disturbi o
patologie varie, alla comunicazione dello stato di gravidanza, a quesiti circa i DPI, situazioni
che determinano una maggiore percezione del RB da parte del lavoratore (ad esempio, casi
sporadici di malattie particolari, epidemie). In tali occasioni, il ruolo e la disponibilità del MC
sono di fondamentale importanza ed il Servizio di Medicina Preventiva deve essere
organizzato in modo da garantire una attività di consulenza qualificata e rapida.
Particolari fattispecie riguardano:
- stretti contatti per tubercolosi, per cui si rimanda al paragrafo 3.6 e alle linee guida
nazionali (Bugiani e Gruppo di Studio AIPO, 1997; Provvedimento 17/12/’98; Bugiani,
2000);
- casi di stretto contatto o esposizione rilevante a AB altamente trasmissibili o
epidemiologicamente importanti, per cui è opportuno che il MC, in collaborazione
con la Direzione Sanitaria e gli infettivologi, organizzi specifiche procedure di assistenza
e di counselling.
Ad esempio, in caso di assistenza a pazienti affetti da meningite sospetta o accertata, se
l’OS ha adottato idonee misure di protezione (appropriata maschera respiratoria), non è
necessaria alcuna sorveglianza; viceversa, la consulenza infettivologica stabilirà la necessità
o meno di profilassi.
In caso di scabbia, il lavoratore che abbia fornito, senza idonei DPI, assistenza diretta e
prolungata ad un paziente affetto da scabbia accertata o sospetta, e che riferisca prurito,
deve essere valutato dal Dermatologo. L’allontanamento del lavoratore si potrà protrarre
fino al giorno successivo al termine del trattamento farmacologico (si veda anche capitolo
giudizio di idoneità);
-
casi di infortunio a rischio di trasmissione di virus ematogeni (HBV, HCV, HIV)
(definito sulla base del tipo/modalità di esposizione, del tipo e della quantità di
materiale biologico, dello stato di infettività del “paziente fonte”, della suscettibilità
individuale del lavoratore esposto) deve essere attivata una apposita procedura di
sorveglianza.
Le indicazioni presenti in linee guida nazionali ed internazionali sono sostanzialmente simili e
con lievi differenze solo nella periodicità di alcuni accertamenti (Petrosillo e coll., 1994; Health
Canada, 1997; Ramsey, 1999; Beltrami e coll., 2000; CDC, 2001).
Il protocollo può prevedere una serie di accertamenti dal “tempo zero” fino a 180 giorni
dall’infortunio. In tabella 10 è presentato uno schema di SS dell’OS post-infortunio, differenziata
sulla base dello stato di infettività del “paziente fonte” (in caso di “paziente fonte” affetto da più
patologie, è necessario combinare gli accertamenti riferiti alla singola affezione).
Per la determinazione dello stato di infettività del paziente fonte, si possono presentare le
seguenti circostanze:
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
il paziente è conosciuto e disponibile : è necessario dosare HBsAg (se positivo, anche
antiHDV), anti-HCV e antiHIV (per quest’ultimo, a giudizio del MC, considerare l’utilizzo
di un test rapido), in osservanza della tutela della privacy; non è raccomandato come
screening iniziale, il dosaggio della carica virale di HBV, HCV, HIV. Se i test risultano
negativi per i virus emotrasmessi, non sono necessari ulteriori accertamenti sul paziente
fonte;
- il paziente è conosciuto ma non disponibile al dosaggio dei marcatori virali oppure non è
conosciuto: il MC deve esaminare i dati clinici disponibili (anamnesi, diagnosi,
sintomatologia, comportamenti a rischio) e deve considerare con attenzione le modalità
dell’infortunio, al fine di stimare la probabilità di infezione con virus emotrasmessi; non è
raccomandato effettuare test su aghi o strumenti taglienti;
- il paziente è conosciuto ed è già nota la positività per HBsAg, anti-HCV oppure anti-HIV:
il MC può considerare l’opportunità di testare rispettivamente HBeAg, HCVRNA
quantitativo oppure HCV genotipo, HIV carica virale.
È necessario dosare anti-HCV e anti-HIV nel lavoratore infortunato, preferibilmente entro
72 ore dall’infortunio; HBsAg e HBsAb solamente se non è vaccinato per HBV oppure è
risultato non responder. Nella sorveglianza post-infortunio del lavoratore, per i marcatori di
HCV, valgono le considerazioni espresse nel paragrafo 3.2.2.3 riguardo alla necessità di
confermare con indagini supplementari la positività di antiHCV.
Se il paziente fonte è risultato sieronegativo per HBV, HCV e HIV, il MC, eventualmente in
collaborazione con l’infettivologo, deve valutare l’opportunità di non sottoporre il lavoratore
infortunato alla sorveglianza post-infortunio, considerando i dati clinici del paziente fonte
(anamnesi, diagnosi, sintomatologia, comportamenti a rischio) e le modalità dell’infortunio.
Se il paziente fonte è coinfettato da HIV e HCV ed è stata evidenziata una sieroconversione
del lavoratore infortunato per HCV, è raccomandato prolungare il periodo di sorveglianza
per l’infezione da HIV fino a 12 mesi.
Può essere utile conservare per 2 anni dall’infortunio, campioni di siero e di plasma
prelevati al tempo zero sia al lavoratore che al paziente fonte, per eventuali ulteriori futuri
accertamenti, anche a fini medico-legali.
Il MC deve essere disponibile ad offrire al lavoratore infortunato un counselling
appropriato, eventualmente in collaborazione con il medico infettivologo: corrette
informazioni sugli obiettivi e sulle procedure post-infortunio, sull’eventuale indicazione di
chemioprofilassi e sugli effetti collaterali, sull’eventuale indicazione di vaccinoprofilassi, sui
comportamenti da adottare durante il periodo di sorveglianza (ad esempio, astenersi da
donazioni di sangue, tessuti, organi o emoderivati, astensione da comportamenti a rischio di
trasmissione di virus ematogeni), sui risultati della sorveglianza ed eventuali problematiche
medico-legali. A tal fine, è raccomandato che il MC effettui un colloquio con il lavoratore al
momento di iniziare la sorveglianza post-infortunio e, in casi selezionati, al termine di tale
sorveglianza.
Il MC deve considerare la richiesta di una consulenza infettivologica per la corretta
indicazione alla chemioprofilassi per HIV, in particolare nei seguenti casi:
- il lavoratore riferisce l’infortunio a distanza di più di 24-36 ore dall’accaduto;
- paziente fonte non noto;
- lavoratrice infortunata in stato di gravidanza accertata o presunta;
- paziente fonte affetto da HIV resistente alle terapie antiretrovirali;
- comparsa di effetti collaterali;
- utilizzo di regimi terapeutici con più farmaci.
-
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
È da sottolineare che l’INAIL da alcuni anni ha predisposto una “scheda di indagine
diagnostica” da allegare alla denuncia di infortunio per patologie virali a trasmissione
parenterale (Circolare n° 74 del 23/11/’95) e in un documento di “Linee Guida per la
trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie”, edito dalla Direzione Generale INAIL
(non si dispone dell’anno di pubblicazione, verosimilmente nel 1999) per agevolare il
riconoscimento assicurativo delle patologie infettive di origine occupazionale, ha evidenziato
l’opportunità di denunciare tutti gli IRB subito dopo l’accaduto, anche qualora non
comportino assenza dal lavoro o abbiano una prognosi non superiore a 3 giorni. In tal caso,
l’Istituto assicuratore, valutando le singole situazioni, potrebbe assumersi l’onere di
effettuare accertamenti integrativi (esami di laboratorio).
Riteniamo che il MC debba considerare con attenzione, caso per caso, le indicazioni alla
segnalazione all’Istituto assicuratore degli IRB, poiché presenta problematiche di tutela
della riservatezza dei dati (l’INAIL indica l’opportunità di consegnare al lavoratore il
certificato) e di possibili sovrapposizioni di indagini cliniche ed epidemiologiche.
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.5 – PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE
Sebbene la prevenzione delle esposizioni occupazionali a virus emotrasmessi (HIV,
HBV e HCV) rappresenti il principale mezzo di difesa dall'infezione, un'appropriata gestione
post-esposizione costituisce un elemento importante della sicurezza sul luogo di lavoro.
Il presente capitolo deve essere considerato una proposta per il MC per la gestione degli
OS che riportino un incidente a rischio, elaborato sulla base di documenti e linee guida
prodotte dagli organi istituzionali nazionali ed internazionali, nonché sulla base delle attuali
conoscenze scientifiche.
3.5.1 – PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE (PPE) PER HBV
Per le indicazioni riportate di seguito si fa riferimento al DM 20 novembre 2000
(Protocollo per l'esecuzione della vaccinazione contro l'epatite virale B), nella quale sono
contenuti gli elementi procedurali per quanto concerne la profilassi post-esposizione. Lo
schema di trattamento è diverso a seconda che le persone siano state o meno vaccinate in
precedenza per l'epatite B.
Nei soggetti non vaccinati si segue lo schema accelerato di immunizzazione con
somministrazione di 1 dose di vaccino a distanza di 0, 1, 2 mesi dall’IRB e successivamente
1 dose di rinforzo a distanza di 6-12 mesi dalla terza. Contemporaneamente alla
somministrazione della 1^ dose di vaccino è opportuna la somministrazione di
immunoglobuline specifiche, in sede corporea diversa da quella utilizzata per l'inoculazione
del vaccino. Le immunoglobuline specifiche vanno somministrate entro il 7° giorno ed il ciclo
di vaccinazione per il trattamento PPE va iniziato entro il 14° giorno dal contatto
potenzialmente infettante.
Nei soggetti vaccinati in precedenza con risposta anticorpale sconosciuta
al ciclo di immunizzazione primaria si consiglia la somministrazione di immunoglobuline
specifiche insieme con 1 dose di vaccino e la ricerca di anti-HBs a distanza di almeno 1
mese.
3.5.2 – PROFILASSI POST-ESPOSIZIONE PER HCV
Protocolli non recenti prevedono la profilassi passiva con somministrazione di
immunoglobuline standard (aspecifiche, normali) per via intramuscolare entro 24 ore
dall'esposizione (Petrosillo e coll., 1994). Di fatto non esistono prove sulla loro reale efficacia
protettiva, non sono prive di effetti collaterali e di possibili rischi legati alla loro
somministrazione, e pertanto, tale profilassi non è raccomandata.
Anche la somministrazione di agenti antivirali (interferone peghilato e
ribavirina) non è raccomandata, dal momento che non esiste la certezza della
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
cronicizzazione dopo infezione da HCV, per cui l'uso di questi due farmaci, che possono
causare alcuni importanti effetti avversi, va limitato alla terapia dell'infezione cronica, in
attesa di studi scientifici attendibili (CDC, 2001).
Per la gestione post-esposizione dell'OS esposto lo stato HCV del paziente fonte e
dell'esposto deve essere determinato. Raccomandazioni per la gestione post-esposizione
devono mirare ad una tempestiva identificazione della comparsa dell'infezione cronica per
iniziare le necessarie terapie.
3.5.3 – PROFILASSI POST- ESPOSIZIONE PER HIV
La Commissione Nazionale per la Lotta contro l'AIDS (2002) e le malattie infettive
emergenti e riemergenti ha fornito le seguenti raccomandazioni da adottare in caso di
esposizione occupazionale a seguito di procedura sanitaria in ambiente sanitario; tali
raccomandazioni riguardano il personale dipendente e non, i volontari e il personale in
formazione, l'assistenza domiciliare, il primo soccorso e le missioni all'estero.
La decisione di iniziare la PPE spetta unicamente al lavoratore esposto, al quale
devono essere spiegate in dettaglio le conoscenze attuali su efficacia, sicurezza e tossicità
del trattamento (counselling post-esposizione). L'esposto deve sottoscrivere il consenso o
il rifiuto alla PPE su un apposito modulo di consenso informato. L'esposto può rifiutare
uno o più farmaci previsti.
La PPE per HIV deve essere iniziata il più presto possibile, preferibilmente entro 1-4 ore. È
sconsigliata quando sono trascorse oltre 72 ore dall'esposizione. In generale, è raccomandato
iniziare la PPE per HIV con un regime a 3 farmaci. Un regime a 2 farmaci può essere considerato
sulla base di una valutazione caso per caso in presenza di specifiche controindicazioni o di
mancato consenso dell'esposto.
Il regime di prima scelta o standard consigliato nei casi in cui non siano disponibili indicazioni
o controindicazioni specifiche è: azidotimidina + lamivudina + inibitore di proteasi (ad esempio,
nelfinavir) o NNRTI (ad esempio, efavirenz). In seconda battuta potranno essere impiegati tutti i
farmaci disponibili in commercio.
La durata ottimale della PPE non è nota. Sulla base di studi effettuati su animali è stabilito che
deve essere somministrata per 4 settimane, se tollerata.
Coloro che si sottopongono a PPE devono ricevere appropriato counselling ed il test per la
ricerca di anticorpi anti- HIV deve essere effettuato a 0, 6 settimane, 3 e 6 mesi
dall’infortunio. In considerazione della significativa falsa positività nell'utilizzo diagnostico dei
test biomolecolari in popolazioni a bassa prevalenza ed incidenza, oltre che del loro costo, il
ricorso routinario a questi test per la diagnosi "precoce" di infezione da HIV è sconsigliato.
3.5.3.1 Problematiche organizzative
Le aziende sanitarie dovranno:
§ individuare al loro interno o in strutture poste nelle immediate vicinanze, raggiungibili
entro il tempo raccomandato per l'inizio della profilassi, la struttura ed il personale
sanitario responsabile dell'avvio alla PPE
§ stilare un protocollo di collaborazione e di supporto di consulenza per il MC con i
reparti di malattie infettive che dispongano dei farmaci antiretrovirali, al fine di assicurare
l'eventuale somministrazione della prima dose di PPE secondo quanto previsto dalle
presenti linee guida.
Dopo che all'OS esposto sia stato garantito il primo intervento, questi dovrà essere avviato
al centro specializzato identificato per il proseguimento del counselling, del follow-up e per la
somministrazione successiva dei farmaci della PPE.
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
In tutti i casi di esposizione occupazionale a rischio con materiale proveniente da paziente
fonte disponibile, questo deve essere informato dell'avvenuto incidente e deve essergli richiesto
il consenso all'esecuzione confidenziale del test. I risultati del test devono essere disponibili nel
minor tempo possibile, in quanto se disponibili entro 4 ore, possono fornire un criterio di giudizio
dirimente riguardo all'intraprendere la PPE.
Gli oneri economici della PPE per gli OS (counselling, farmaci e monitoraggio) sono a carico
della struttura sanitaria cui esso afferisce, ai sensi del D.Lgs. 626/94 e successive modifiche ed
integrazioni.
Come riportato nel seguente schema, l'esposizione a rischio può essere schematizzata a
seconda della modalità di accadimento, materiale biologico, paziente fonte.
Modalità
PPE
Ferita o Puntura con Ago, Strumenti dotati di punta e/o di tagliente
Raccomandata
Contaminazione Congiuntivale
Raccomandata
Contaminazione di Cute Lesa o Altre Mucose
Considerata
Ferita Da Morso
Considerata
Contaminazione Di Cute Integra
Non
consigliata
Materiale Biologico
Sangue, Altro Materiale biologico visibilmente contenente sangue; Liquido
Cerebrospinale, Materiale ad elevata concentrazione virale (ad esempio Raccomandata
Colture)
Liquido Amniotico, Sinoviale, Pleurico, Pericardico, Peritoneale, Tessuti;
Considerata
Materiale di Laboratorio; Sperma, Secrezioni Genitali Femminili
Non
consigliata
Urine, Vomito, Saliva, Feci
Paziente Fonte
Infezione da HIV Nota
Raccomandata
(1)
Stato sierologico per HIV non noto o riferisce di essere sieronegativo
Non Noto o Non Disponibile
Negativo
(3)
(2)
Considerata
Considerata
Non
consigliata
(4)
(1) per la gestione della PPE è importante acquisire informazioni su stato clinico, virologico ed immunitario,
storia farmacologica ed eventuale test di resistenza disponibili o coinfezioni con agenti emotrasmissibili.
La raccolta delle informazioni dovrebbe essere effettuata entro le 4 ore da un infettivologo. Se tali
informazioni non sono disponibili, si inizia la PPE con il regime standard e si modifica successivamente
in caso di necessità.
(2) se il paziente fonte non acconsente di sottoporsi al test, è opportuno considerarlo come se fosse infetto.
(3) PPE da considerare e discutere con il lavoratore esposto tenendo conto dell'indagine epidemiologica
(prevalenze di infezione in pazienti afferenti al servizio in cui il presidio è stato ritrovato), della presenza
o meno di sangue visibile sulla ferita e della profondità della stessa. In caso di ferita o puntura con
presidi abbandonati la ricerca dell'HIV sul materiale ematico residuo non sono raccomandati.
(4) PPE può essere considerata in caso di paziente fonte risultato sieronegativo ma ritenuto ad alto rischio
di infezione e/o in periodo "finestra".
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
3.6 – TUBERCOLOSI
La tubercolosi (TB) costituisce tuttora un rilevante problema di Sanità Pubblica e di
riflesso impone attenzione nella VdR e nella SS nei lavoratori della Sanità.
Indicazioni per la SS della TB negli operatori sanitari sono contenute in recenti
disposizioni di legge (DPR 465/2001), linee guida nazionali (Bugiani, 1997 e 2000;
Provvedimento 17/12/98) ed internazionali (CDC, 1994 e 1995; ACOEM, 1998; Health
Canada, 1996; Joint Tuberculosis Committee of the British Thoracic Society, 1994). Tali
documenti non mostrano differenze di rilievo per quanto riguarda lo screening preventivo e
periodico e le procedure di follow up dopo esposizione al contagio.
Lo screening per la TB è effettuato mediante accertamento tubercolinico.
Le modalità dell’esecuzione dell’accertamento tubercolinico sono dettagliatamente descritte
in un recente decreto legislativo (DPR 465/2001, art 2) e vengono sinteticamente di seguito
riportate:
1. deve essere effettuato mediante intradermoreazione secondo Mantoux con 5UI di PPD-S
oppure 1-2 UI di PPD-RT23;
2. la lettura della risposta deve essere eseguita a distanza di 48-72 ore.
I test multipuntura, meno specifici della intradermoreazione secondo Mantoux , non devono
essere utilizzati per lo screening (Provvedimento 17/12/98, Documento di Linee Guida per il
controllo della malattia tubercolare, su proposta del Ministero della Sanità).
Le linee-guida italiane (Provvedimento 17/12/98) propongono uno screening
tubercolinico al momento dell’assunzione per tutti gli OS (indipendentemente
dalla collocazione lavorativa), includendo i soggetti già precedentemente vaccinati con
BCG ed escludendo coloro che hanno una cutipositività documentata da un test
effettuato da non oltre 30 giorni o una storia documentata di malattia tubercolare
adeguatamente trattata con farmaci antitubercolari.
I risultati dello screening preventivo devono essere interpretati come segue.
- Gli OS che risultano cutipositivi devono essere sottoposti a radiografia del torace, per
ricercare l’eventuale presenza di esiti fibrotici polmonari di TB;
o se la radiografia risulta negativa, il lavoratore non deve essere sottoposto a
screening periodico e non è più indicato ripetere la radiografia del torace, a meno
che non riferisca sintomatologia compatibile con TB attiva;
o se la radiografia mostra esiti fibrotici polmonari compatibili con TB, il lavoratore
deve essere sottoposto a visita di consulenza pneumologica o infettivologica, al fine
di stabilire una eventuale indicazione alla chemioprofilassi.
- Al lavoratore cutinegativo deve essere proposta la vaccinazione se rientra nelle condizioni
indicate nella legge (si veda capitolo vaccinazioni); in caso non rientri nelle indicazioni della
legge per la vaccinazione oppure rifiuti il vaccino od esistano controindicazioni alla
effettuazione della vaccinazione, il lavoratore cutinegativo deve essere sottoposto a
sorveglianza periodica, sulla base della valutazione dei rischi.
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Per la sorveglianza periodica degli OS o per il personale in formazione risultato
cutinegativo al momento dell'assunzione, è proposto un controllo con intervalli di
frequenza diversi a seconda della VdR dell’ambiente di lavoro, espressa in 5 livelli (tabella
11).
La periodicità della sorveglianza tubercolinica sarà
- biennale se il rischio è stato classificato come limitato
- annuale se il rischio è medio
- semestrale se è alto.
- superiore o uguale a 3 anni per lo screening degli OS degli ambienti a rischio molto
limitato e minimo, a discrezione del MC. Per definire la periodicità del controllo in
quest’ultimo gruppo di lavoratori è opportuno che vengano attentamente considerate le
caratteristiche degli ambienti di lavoro, la prevalenza della TB nella popolazione
generale, fattori di rischio individuali. E’ opportuno proporre la ripetizione del controllo
ogni 5-6 anni, eventualmente in corrispondenza degli accertamenti periodici (Davis e
coll., 1997; Provvedimento 17/12/98; Hallak e coll., 1999; Nicas, 1998 e 2000).
Le linee guida italiane (Provvedimento 17/12/98) indicano che, indipendentemente dai risultati
della VdR, devono essere classificati almeno a rischio medio i reparti di malattie infettive, di
terapia intensiva, l’anatomia patologica, la microbiologia, la broncoscopia ; pertanto per gli OS
cutinegativi di questi reparti la sorveglianza tubercolinica deve avere una periodicità almeno
annuale.
Le linee guida per la prevenzione del contagio della TB ai pazienti con infezione da HIV
raccomandano per i lavoratori che operano in reparti che assistono pazienti con infezione da
HIV, la ripetizione dell’accertamento tubercolinico almeno ogni anno (Provvedimento 17/12/98).
Un test tubercolinico almeno annuale è suggerito inoltre per i lavoratori cutinegativi
all’assunzione, appartenenti a gruppi ad alta prevalenza di TB (immigrati da meno di 3 anni da
aree endemiche; soggetti HIV positivi) o ad alto rischio (diabete, immunodepressi).
In caso di cuticonversione, dovrà essere effettuata una radiografia del torace; se la
radiografia mostra esiti fibrotici polmonari compatibili con TB, il lavoratore deve essere
sottoposto a visita di consulenza pneumologica al fine di stabilire una corretta indicazione alla
chemioprofilassi.
I risultati dello screening tubercolinico devono essere utilizzati per la periodica valutazione
dei rischi (tabella 11).
Tutti gli OS, inclusi coloro che sono risultati cutipositivi allo screening effettuato
all’assunzione, devono essere periodicamente “riesaminati” per evidenziare la eventuale
comparsa di sintomi compatibili con TB. Le linee guida esaminate indicano che a tal fine non è
indicato effettuare un esame obiettivo, in considerazione della scarsa sensibilità, ma è
necessario effettuare un’anamnesi. In letteratura non è fornita alcuna indicazione circa la
periodicità di tali accertamenti e pertanto riteniamo appropriato che vengano effettuati in
corrispondenza della visita medica periodica.
Si segnala infine che l’OSHA dispone l’esecuzione di uno screening tubercolinico al termine
del rapporto di lavoro (OSHA, 2001); tale indicazione non è stata reperita nei documenti italiani
e non viene suggerita nel presente documento.
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
I la+voratori devono essere opportunamente informati riguardo al rischio di contrarre
TB nell’ambiente di lavoro ed opportunamente istruiti per la richiesta di accertamenti
straordinari qualora compaiono sintomi suggestivi per TB polmonare.
Uno screening tubercolinico straordinario deve essere disposto, sia per i cutipositivi che per i
cutinegativi, qualora si realizzi una situazione di “stretto contatto” (definibile come aver
condiviso lo stesso spazio confinato per numerose ore al giorno, in assenza di protezione
adeguata per le vie respiratorie) con pazienti affetti da TB attiva oppure HIV positivi, senza
osservare le appropriate precauzioni (Provvedimento 17/12/98; CDC, 1994).
L’accertamento tubercolinico è praticato al tempo zero e, per coloro che risultano
cutinegativi, a distanza di 2 mesi dal contatto: il MC deve considerare l’opportunità di disporre
l’esecuzione della radiografia del torace nei soggetti cuticonvertiti, indicare l’esecuzione della
chemioprofilassi e disporre una visita di consulenza pneumologica, secondo quanto indicato
nelle linee guida nazionali (Bugiani, 1997 e 2000; Provvedimento 17/12/98).
Per i soggetti che risultano cutinegativi dopo lo screening straordinario, la periodicità della
sorveglianza tubercolinica torna ad essere quella determinata dalla VdR.
Il rifiuto di chemioterapia preventiva da parte del lavoratore non è considerato
causa di non idoneità; l’effettuazione di chemioprofilassi in genere non rappresenta
un’indicazione alla limitazione delle attività lavorative (Davis e coll., 1997).
Infine è da rimarcare che gli accertamenti preventivi, periodici e straordinari devono
essere effettuati con analoga metodologia per il personale in formazione.
L’interpretazione del risultato dell’accertamento tubercolinico è un momento
fondamentale per lo screening che indirizza le strategie di prevenzione, diagnosi e profilassi.
La sensibilità della intradermoreazione secondo Mantoux effettuata in soggetti con diagnosi di TB
polmonare è pari a circa 80%; risultati falsi negativi possono essere ottenuti in soggetti
immunodepressi o anergici. La specificità del test è difficilmente stimabile dal momento che non
esiste un gold standard; un risultato falso positivo può essere ottenuto in soggetti esposti ad altri
micobatteri. Il valore predittivo del test presenta notevoli variazioni in relazione alla prevalenza
dell’infezione tubercolare e al tasso di trasmissione dell’infezione nella popolazione che è
sottoposta allo screening. Ad esempio, nella popolazione adulta degli USA, dove la prevalenza
della infezione tubercolare è 5-10%, lo screening ha un valore predittivo positivo pari a 50-67%;
tale valore scende a 16% in una popolazione selezionata con una prevalenza di TB pari a 1%
(CDC, 1995; Davis e coll., 1997; Prezant e coll., 1998; Hallak e coll., 1999; Field, 2001).
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, è necessario interpretare la dimensione
dell’indurimento dermico (misurata in millimetri) in rapporto alla diversa probabilità di
contrarre l’infezione, determinata dalla suscettibilità del soggetto, dalla prevalenza dell’infezione
nella popolazione sottoposta allo screening o dal precedente contatto con il micobatterio a
seguito di vaccinazione.
In sintesi, lo screening effettuato tra OS deve essere interpretato come segue:
1) in fase di assunzione è definito cutipositivo il soggetto che presenta indurimento dermico ≥
5 mm
2) in fase di accertamenti periodici effettuati in soggetti cutinegativi in assunzione,
a) in lavoratori in ambienti classificati a rischio minimo o molto limitato, è definita
cuticonversione la comparsa di indurimento dermico =15 mm
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
b) in lavoratori in ambienti classificati a rischio limitato, medio, alto, è definita
cuticonversione la comparsa di indurimento dermico =10 mm
c) è opportuno evidenziare alcune situazioni particolari:
§ in caso di lavoratori che provengano da aree geografiche ad alta prevalenza
di TB o affetti da condizioni o patologie (quali quelle che comportano un
deficit immunologico) che aumentano il rischio di progressione di una TB
latente, è definita cuticonversione la comparsa di indurimento dermico:
• =10 mm se operano in ambienti classificati a rischio minimo o molto
limitato;
• =5 mm se operano in ambienti classificati a rischio limitato, medio, alto;
§ in caso di lavoratori con infezione da HIV, severa immunodepressione o Rx
torace che mostra esiti fibrotici polmonari compatibili con TB , è definita
cuticonversione la comparsa di indurimento dermico =5 mm;
3) in fase di accertamenti straordinari disposti in seguito a stretto contatto
a) in lavoratori cutinegativi ai precedenti screening, è definita cuticonversione la
comparsa di indurimento dermico =5 mm
b) in lavoratori cutipositivi, è considerato attribuibile al recente contatto con la TB un
incremento dell’indurimento dermico =10 mm per soggetti con meno di 35 anni
d’età e =15 mm per soggetti con età =35 anni, rilevato entro 2 anni dallo
stretto contatto (CDC, 1994 e 1995; Provvedimento 17/12/98).
SORVEGLIANZA SANITARIA
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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3.7 – SORVEGLIANZA SANITARIA DEL PERSONALE IN FORMAZIONE
3.7.1 – S COPO DELLA SORVEGLIA NZA SANITARIA PER IL
PERSONALE IN FORMAZIONE ESPOSTO
A RISCHIO BIOLOGICO
Al personale in formazione appartengono coloro che svolgono, presso strutture dove
viene effettuata assistenza sanitaria a pazienti, il tirocinio pratico previsto da Corsi di
Laurea in Medicina e Chirurgia , Odontoiatria e Protesi dentaria , da varie Scuole di
Specializzazione di Medicina e Chirurgia, dai Corsi di Laurea triennale delle professioni
sanitarie quali quelli per Fisioterapista, Ostetrica, Tecnico di Laboratorio Biomedico, Tecnico
di Radiologia Medica per immagini e radioterapia , Infermiere, Igienista Dentale.
Secondo l’art.2 del D.Lgs 626/94, sono equiparati ai lavoratori gli allievi degli istituti di
istruzione ed universitari ed i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia
uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e
biologici. Pertanto, l’applicazione delle disposizioni del decreto legislativo relativamente al RB è
prevista chiaramente per le sopraccitate categorie di studenti.
Inoltre, il Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica del
24.7.1996, riguardante gli ordinamenti didattici dei corsi di diploma universitario dell’area
sanitaria, dispone che l’ammissione ai corsi (ora trasformati in Corsi di Laurea triennale) avvenga
previo accertamento medico di idoneità psico-fisica per lo svolgimento delle funzioni specifiche
del singolo profilo professionale.
A titolo di esempio, nel Regno Unito controlli sanitari preventivi sono disposti per tutti coloro
che iniziano un tirocinio come igienista o infermiere dentale, ostetrica, paramedico in ambulanza,
pedicure; in particolare, tali controlli sono finalizzati ad escludere condizioni patologiche
trasmissibili per via aerea (tubercolosi) o ematologica (HBV, HCV, HIV). Il giudizio di idoneità
viene formulato tenendo conto delle stesse considerazioni riportate nel capitolo 5 (UK
Department of Health, 2002b, 2003).
Alla luce di tali considerazioni, appare necessario che il personale in formazione venga
sottoposto ad accertamenti sanitari, sulla base della VdR, volti a raggiungere
sostanzialmente gli stessi obiettivi che si pone la SS negli operatori sanitari esposti a RB,
descritti nel capitolo 3.1.
Devono essere sottolineati in particolare, tra gli obiettivi clinico-preventivi, la necessità di
identificare condizioni di ipersuscettibilità in fase molto precoce.
Infatti, la possibilità di valutare il soggetto in età generalmente giovane ed agli inizi del percorso
formativo professionale, consente di indirizzare l’allievo portatore di una particolare condizione di
suscettibilità verso altre professioni che non comportino controindicazioni sanitarie, prima che egli
abbia compiuto il corso di studi e si presenti sul “mercato del lavoro”, quindi con minori
opportunità di cambiare orientamento professionale.
Gli accertamenti possono inoltre costituire una eccellente base di dati sanitari come riferimento
al tempo zero, per valutare o interpretare situazioni future.
Nell’esperienza personale di alcuni degli autori delle presenti LG, l’effettuazione di accertamenti
sanitari preventivi agli studenti dei Corsi di Laurea triennale si è rivelata molto utile non solo per
formulare diagnosi di patologie, in particolare di carattere infettivologico, ma anche per formulare
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giudizi di idoneità (in particolare per il tirocinio pratico) che tenessero conto delle condizioni di
ipersuscettibilità individuale e del particolare tirocinio pratico di volta in volta previsto, nonché, in
casi particolari, per orientare le scelte di carriera, discutendole con l’allievo.
Nella fase di accertamenti preventivi è poi utile porre le basi per le attività di informazione e
formazione sul RB, che potrebbe essere effettuata in una fase precoce e teoricamente più
fertile dell’avviamento professionale e la cui efficacia - tra l’altro - può essere più facilmente
verificata, in considerazione delle attività di didattica strutturata effettuate regolarmente dagli
allievi.
Un fattore importante che condiziona la scelta di metodi e strumenti per effettuare la SS
è la previsione o meno dell’effettuazione di manovre invasive a rischio di
esposizione.
In generale, nell’ordinamento didattico italiano manovre invasive a rischio di esposizione sono
previste nei tirocini pratici di varie Scuole di Specializzazione dell’area chirurgica e di qualcuna
dell’area medica, nonché per la Laurea in Odontoiatra e nei Corsi di laurea triennali dell’Igienista
dentale ed Ostetrica.
Tali manovre non sono di norma previste nei tirocini pratici degli altri Corsi di Laurea triennale e
per gli studenti di Medicina e Chirurgia.
Tuttavia, specifici programmi di tirocinio attivati in specifiche Scuole potranno includerle e
pertanto la tipologia degli accertamenti dovrà essere opportunamente rivalutata.
3.7.1.1 Accertamenti Sanitari
Da un punto di vista della tipologia, gli accertamenti per il personale in formazione non
presentano differenze rispetto a quella indicata nel presente documento riferita al personale già
dipendente delle strutture sanitarie (paragrafo 3.2 e seguenti).
Gli accertamenti preventivi debbono essere effettuati prima dell’inizio del corso di studi (tabella
7).
Gli accertamenti periodici, verranno effettuati al termine del corso di studi. Inoltre, sulla base
della VdR e dell’effettuazione di procedure invasive a rischio di esposizione, potranno prevedere
visite mediche, esami ematochimici con dosaggio di marcatori per virus trasmessi per via
ematogena o i controlli per la TB, secondo la periodicità indicata per il personale già dipendente
(tabella 9).
Anche per gli accertamenti straordinari la metodologia è quella prevista nel paragrafo 3.4.
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4.
LE VACCINAZIONI PER GLI OPERATORI SANITARI
4.1 – PREMESSA
______________________________________________________
Gli ambienti di vita sono potenzialmente contaminati da microrganismi patogeni e le persone
possono in determinati momenti essere contagiose per una o un'altra malattia infettiva, cosicché è
insito nel fatto di vivere in comunità il rischio di contrarre una malattia infettiva (rischio
generico). All'interno di una struttura sanitaria, in determinate aree e nel corso di definite attività,
a causa della concentrazione di soggetti infetti e materiali contaminati e delle peculiari
caratteristiche dei compiti svolti, tale rischio può essere maggiore (rischio generico aggravato).
Inoltre, in seguito al contatto non protetto con un paziente contagioso o con materiali infetti, il
rischio di contagio diviene ancora maggiore (rischio specifico).
Una malattia infettiva causata dal lavoro può verificarsi essenzialmente in presenza di due
condizioni: da un lato una esposizione efficace, dall'altro la recettività della persona esposta
all'agente infettante in causa. La possibilità che si verifichi una esposizione efficace dipende dalla
natura e dalle modalità dell'attività svolta (tipologia pazienti e manovre assistenziali, mezzi di
protezione collettivi ed individuali, caratteristiche delle attrezzature e degli ambienti, organizzazione
del lavoro con particolare riferimento alle procedure operative ed ai carichi di lavoro, formazione
degli OS).
L'analisi di questi fattori rappresenta il nucleo fondamentale della VdR. Dal rischio
individuato dipende l’adozione delle misure di prevenzione, compresa la vaccinazione.
I vaccini sono preparati ad elevato potere antigenico in grado di indurre immunità attiva nei
riguardi di determinati patogeni, al fine di proteggere dalle rispettive infezioni o dalla malattia.
Esistono diversi tipi di preparazioni (Tabella 12). È importante sottolineare che la vaccinazione deve
essere considerata come una misura di sicurezza ulteriore, e non un modo per evitare, o
considerare meno stringente, la necessità di adottare efficaci misure di contenimento primario, in
particolare procedure di lavoro sicure.
Gli AB per i quali è disponibile un vaccino efficace vengono indicati nell’allegato XI del D.Lgs.
626/94, integrato con il Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 12.11.1999.
L’individuazione, prescrizione e somministrazione delle vaccinazioni sono affidate esclusivamente
alla responsabilità del MC dall'art. 86, c. 2., lett. a) del predetto Decreto. Tale norma traccia precisi
indirizzi per le scelte operative del MC, infatti precisa che il vaccino deve essere efficace, il
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lavoratore non immune e l'AB presente nella lavorazione. Il medesimo articolo riporta che il vaccino
deve essere messo a disposizione dal Datore di Lavoro.
In modo più esplicito, la Direttiva Comunitaria 2000/54 (non ancora formalmente recepita
dall'Italia) all’allegato VII riporta il “Codice di condotta raccomandato per la vaccinazione”:
- qualora la valutazione di cui all'art.3, par.2, riscontri un rischio per la salute e la sicurezza
dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini
efficaci, i datori di lavoro dovrebbero offrire la vaccinazione ai lavoratori;
- la vaccinazione dovrebbe aver luogo conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;
- la vaccinazione offerta ai lavoratori non deve comportare oneri finanziari per questi ultimi;
- può essere redatto un certificato di vaccinazione, che è rilasciato al lavoratore interessato e,
se lo richiedono, alle autorità competenti.
VACCINAZIONI
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4.2 – LE VACCINAZIONI PER GLI OPERATORI SANITARI
______________________________________________________
4.2.1 LINEE GUIDA NAZIONALI ED INTERNAZIONALI
Numerosi vaccini sono attualmente disponibili (tabella 13); essi tuttavia differiscono quanto
a sicurezza, efficacia ed indicazione alla somministrazione (Collins e Kennedy, 1999).
In molti Paesi, le autorità sanitarie, o autorevoli istituzioni scientifiche, hanno adottato
norme o elaborato linee guida che rendono obbligatorie o più spesso raccomandano
determinate vaccinazioni per gli OS, o per alcune particolari categorie di essi. Nella Tabella
14 sono riportate alcuni esempi di queste indicazioni.
Particolarmente interessanti sono le indicazioni fornite dai CDC: i programmi di
vaccinoprofilassi vengono identificati tra le misure generali di controllo delle infezioni a
miglior rapporto costo-efficacia rispetto alla gestione clinica dei singoli casi ed al controllo
degli eventi epidemici (Bolyard e coll., 1998). I CDC dividono le vaccinazioni per gli OS in:
- fortemente raccomandate: HBV, influenza, morbillo, parotite, rosolia, varicella;
- indicate in circostanze particolari: tetano e difterite, TB, HAV, tifo, Neisseria meningitidis ,
rabbia, vaiolo, antipolio. Una traduzione delle indicazioni vaccinali per gli OS in
particolari condizioni sanitarie è riportata nella tabella 15.
Nell'attuale ordinamento legislativo italiano, ad eccezione della tubercolosi, per cui si
rimanda al paragrafo 4.2.1.6, per il personale sanitario non è prevista alcuna
vaccinazione obbligatoria estesa a tutta la categoria.
La vaccinazione antitetanica è obbligatoria tra gli altri anche per gli addetti alla
manipolazione di immondizia (L.292 del 5/3/1963), quindi per gli addetti al trasporto dei
rifiuti all'interno delle Aziende Sanitarie: questi dipendenti peraltro generalmente sono
individuati tra gli appartenenti al ruolo tecnico, piuttosto che tra gli OS.
Non è razionale prendere in considerazione un programma di vaccinazione di massa,
sia pure su base volontaria, degli OS contro tutti i possibili AB per i quali esiste un
vaccino. La scelta si basa essenzialmente sulle seguenti considerazioni:
a) la frequenza con cui si può venire a contatto con l'AB nel corso dell'attività
lavorativa;
b) l'incidenza del contagio nota per quel dato AB;
c) la gravità della malattia che ne può derivare;
d) i lavoratori che possono venire a contatto con l'AB;
e) sicurezza ed efficacia del vaccino.
4.2.1.1 VACCINAZIONE ANTIHAV
Riguardo alla vaccinazione antiepatite A, la Circolare n.4 del 13.3.1998 individua i lavoratori
della sanità esposti tra le categorie per le quali è consigliata la vaccinazione, qualora esposti ad
HAV. Risultano maggiormente esposti gli addetti ai reparti di pediatria, malattie infettive,
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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gastroenterologia, nonché gli addetti alla manipolazione degli alimenti e alla manutenzione dei
sistemi idraulici.
Nel 1995, un documento di indirizzo generato da una conferenza di consenso tenutasi presso
l’Istituto Superiore di Sanità sul possibile utilizzo del vaccino antiHAV e l’utilità di una strategia
di vaccinazione di massa o di gruppi ritenuti a rischio, ribadisce che gli studi di sieroprevalenza
non dimostrano che il personale sanitario sia a maggior rischio di infezione rispetto alla
popolazione generale. Epidemie di epatite A segnalate in ambito ospedaliero sono causate dalla
mancata osservanza di comuni norme igieniche. Pertanto, la vaccinazione non è suggerita per il
personale sanitario in generale.
Il vaccino attualmente impiegato è una sospensione sterile contenente il virus dell’epatite A
coltivato in cellule diploidi umane, inattivato con formaldeide ed adsorbito con idrossido di
alluminio.
I dati acquisiti fino ad oggi depongono per una assoluta sicurezza del preparato, elevata
immunogenicità ed efficacia protettiva, assenza di reazioni avverse particolari, immunità
durevole nel tempo e possibilità di combinazione con antigeni di altri virus.
È controindicato per soggetti con una storia di reazione anafilattica all’allume o al 2fenossietanolo (conservante); la sicurezza durante la gravidanza non è stata valutata, anche se
il rischio per il feto è probabilmente basso.
Una singola dose assicura una protezione di lunga durata in oltre il 95% dei soggetti
immunizzati. Si ritiene che la persistenza degli anticorpi conferita dal vaccino possa durare 20
anni o più.
La vaccinazione in persone già immunizzate per via naturale non comporta un aumentato
rischio di reazioni avverse (Stroffolini e coll., 2002).
4.2.1.2 VACCINAZIONE ANTIHBV
Dopo circa 10 anni di profilassi obbligatoria per l'epatite B sono 10 milioni gli Italiani che
risultano essere stati vaccinati. Questo è il risultato della campagna della vaccinazione, partita
grazie alla L. 165/91, che rende la profilassi obbligatoria per tutti i nuovi nati nel corso del
primo anno di vita e, fino al 2003, per gli adolescenti nel corso del dodicesimo anno di età.
Grazie a questa campagna, l'incidenza di nuovi casi notificati di epatite B è scesa da 12/100
mila nel 1985 a 2/100 mila nel 2000.
Con il D.M. 22.12.1988 la vaccinazione anti-epatite B veniva offerta gratuitamente alle
categorie a rischio, tra cui al personale sanitario del Servizio Sanitario Nazionale di nuova
assunzione o già impegnato in attività a maggior rischio di contagio (emodialisi, rianimazione,
oncologia, chirurgia generale e specialistica, ostetricia e ginecologia, malattie infettive,
ematologia, laboratori di analisi, centri trasfusionali, sale operatorie, studi dentistici, medicina
legale e sale autoptiche, pronto soccorso), ai soggetti con attività di lavoro, studio e
volontariato nel settore della sanità, al personale di istituti per ritardati mentali e al personale
addetto alla lavorazione degli emoderivati.
Il DM 4.10.1991 estendeva l'offerta gratuita della vaccinazione anche agli addetti ai servizi di
raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti. Il Decreto 22.12.1997 stabilisce il protocollo per
l'esecuzione della vaccinazione: per gli adulti si segue lo schema di somministrazione a 0, 1 e 6
mesi.
Il Decreto 20.11.2000 del Ministero della Sanità e la Circolare del 30.11. 2000, n.19,
aggiornano il protocollo per l'esecuzione della vaccinazione, con alcune puntualizzazioni per
quanto concerne la somministrazione delle dosi di richiamo e la valutazione della risposta
immunitaria dopo vaccinazione.
In particolare, viene specificato come non sia necessario procedere alla
somministrazione di dosi di richiamo una volta che sia stato completato il ciclo
vaccinale di base e sia stata documentata l'avvenuta risposta anticorpale protettiva.
La valutazione della risposta anticorpale è suggerita a distanza di 1-2 mesi dall'ultima dose del
ciclo vaccinale di base negli OS che abbiano contatto con pazienti o con materiale ematico ed
altri fluidi biologici e che siano esposti continuamente al rischio di lesioni con aghi o con
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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strumenti taglienti, e negli OS al momento dell'assunzione anche ai fini medico-legali e di
valutazione dell'idoneità lavorativa specifica. In caso di negatività è indicata la
somministrazione di una 4^ dose di vaccino con ulteriore valutazione del titolo anticorpale a
distanza di 1-2 mesi. In caso di persistenza di negatività, non sono indicate ulteriori
somministrazioni di vaccino, ma l'operatore sanitario deve essere informato sulla necessità di
effettuare la profilassi post-esposizione con immunoglobuline specifiche in caso di esposizione
accidentale al virus. Viene inoltre consigliato, in questo caso, di procedere alla ricerca della
presenza dell'HBsAg.
Lo schema di comportamento suggerito è, in sintesi:
- ciclo primario a 0, 1, 6 mesi; dopo 1 mese dal termine ciclo, effettuare il dosaggio di antiHBs;
se antiHBs risulta positivo, non è più necessario effettuare altri accertamenti né altre
vaccinazioni;
- se antiHBs risulta negativo, somministrare una 4^ dose di vaccino e dosare nuovamente
antiHBs a distanza di 1 mese;
- se antiHBs risulta positivo, non è più necessario effettuare altri accertamenti né altre
vaccinazioni;
- se antiHBs risulta negativo, il soggetto è suscettibile, deve essere dosato HBsAg, deve essere
effettuata profilassi postesposizione con immunoglobuline.
Attualmente sono impiegati vaccini contenenti HBsAg ottenuto da cellule di Saccharomyces
cerevisiae nel cui DNA è stato inserito il gene S dell’HBV. La sola controindicazione è
rappresentata da ipersensibilità nota a componenti del vaccino. La vaccinazione di soggetti
immunocompromessi o in gravidanza non è controindicata. Sebbene l’efficacia del vaccino sia
elevata (risposta positiva del 90-95% dei vaccinati immunocompetenti), vi sono alcuni soggetti
che non rispondono (non-responders: non hanno mai prodotto alcun livello di anticorpi antiHBs) o rispondono poco (ipo-responders: hanno prodotto un livello di anti-HBs inferiore alle
10mU/ml) (Petrosillo, 1997). Da un'indagine effettuata sulla persistenza dell'immunizzazione
contro l'epatite B in due gruppi di OS (in totale 403 soggetti) vaccinati, rispettivamente, con
vaccino emoderivato e con vaccino a DNA ricombinante, il 98% ha risposto alle tre dosi di
vaccino con titolo anticorpale superiore a 10 mUI/ml, mentre il 2% non ha mostrato alcuna
risposta anticorpale, neanche dopo la somministrazione di tre dosi a distanza di un mese l'una
dall'altra (Stroffolini e coll., 1998; Papaleo e coll., 2000).
Va segnalato che in Asia, Africa, Brasile, USA, Germania, Gran Bretagna, etc., sono stati
individuati degli HBV mutanti nei cui confronti il vaccino è inefficace. In particolare il virus
mutante HBV S-145 è caratterizzato dalla sostituzione glicina con arginina al codone 145 del
gene S (mutante escape). Ciò consente la replicazione del virus anche in soggetti vaccinati,
poiché gli anticorpi neutralizzanti indotti dalla vaccinazione sono diretti soprattutto verso gli
epitopi della regione che comprende gli aminoacidi 124-147 della proteina S (Zuckerman,
2000). Vi è inoltre evidenza che i virus mutanti per la proteina S potrebbero non venire
riconosciuti da tutti i test di screening attualmente in uso sui donatori di sangue e dai reattivi
diagnostici esistenti. Tali varianti potrebbero quindi diffondersi attraverso le trasfusioni o altre
vie. Secondo un modello matematico è stato stimato che nei prossimi 100 anni potrebbe
verificarsi la progressiva eliminazione del wild-type a favore del mutante G145R (Romanò e
coll., 2002).
Sono in fase di realizzazione numerosi studi per migliorare l’immunogenicità ed efficacia
dell'attuale vaccino, attraverso l’introduzione della regione pre-S1 e pre-S2 (Jilg, 1998).
Recentemente è stato sollevato il problema della pericolosità del tiomersale, conservante
contenuto nei vaccini anti-HBV. I dati della letteratura internazionale dimostrano che non ci
sono sufficienti evidenze né per confermare né per smentire una relazione causale tra
l'esposizione a tale sostanza e disordini dello sviluppo neurologico dei bambini quali autismo,
VACCINAZIONI
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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deficit dell'attenzione e iperattività e ritardo del linguaggio (Frankish, 2001). Il tiomersale è
stato utilizzato come additivo a farmaci e vaccini sin dal 1930 perché molto efficace nel
prevenire la contaminazione batterica. La sospetta pericolosità deriva dal suo metabolita
etilmercurio, il quale è strettamente correlato con il metilmercurio di cui sono noti gli effetti
neurotossici. Attualmente negli Stati Uniti non è più permesso l'utilizzo di tiomersale in nessun
vaccino ad uso pediatrico. Nella nostra legislazione, il decreto 13.11.2001 impone l'eliminazione
del mertiolato o degli altri conservanti organomercuriali dai vaccini monodose iniettabili. I lotti
delle confezioni contenenti tali sostanze devono essere ritirati dal commercio entro il 30.6.2003.
Dopo la decisione del Ministero della Sanità francese di sospendere l'attuazione delle campagne
di vaccinazione degli adolescenti in ambito scolastico, la problematica delle possibili correlazioni
tra la vaccinazione contro l'epatite virale B e l'insorgenza di malattie ad andamento
demielinizzante è stata presa in esame anche dalla Commissione di Esperti in tema di
vaccinazione, istituita dal Ministero della Sanità italiano con D.M. del 20.10.1997.
La Commissione ha elaborato un documento contenente, oltre alle posizioni dell'Organizzazione
Mondiale di Sanità (OMS) e dell'Agenzia Europea per la Valutazione dei Medicinali, una analisi
sul presunto legame del vaccino antiepatite B con malattie neurologiche demielinizzanti,
trasmesso agli Assessorati regionali alla sanità con nota del 1.9.1999, n. 400.3/4V/3174. Il
documento riporta come i dati elaborati dai gruppi di esperti interdisciplinari nominati dai CDC
di Atlanta e dall'OMS indichino che non esiste alcuna evidenza scientifica che la vaccinazione
anti-epatite B possa causare l'insorgenza di malattie demielinizzanti del sistema nervoso
centrale, inclusa la sclerosi multipla.
Studi condotti in Francia, negli Stati Uniti e nel Regno Unito non hanno evidenziato alcun
aumento significativo di notifiche per malattie demielinizzanti, compresa la sclerosi multipla, nei
soggetti vaccinati contro l'epatite B rispetto a quelli non vaccinati. Inoltre, nella stessa Francia,
è stato dimostrato che la distribuzione dei casi di sclerosi multipla per età e sesso nei soggetti
vaccinati presenta un andamento del tutto analogo a quello riscontrato nel resto della
popolazione generale. Anche la teoria di biologia molecolare del "mimetismo molecolare",
secondo cui se la struttura terziaria dell'HBsAg contenuto nel vaccino fosse simile a quella della
mielina questo potrebbe, una volta inoculato, provocare la produzione di anticorpi anti-mielina
e indurre quindi la sclerosi multipla, non trova supporti scientificamente validi. In particolare il
confronto delle sequenze nucleotidiche ed amminoacidiche dell'HBsAg e della mielina non ha
dimostrato alcuna analogia strutturale tra le due proteine.
Pertanto dall'insieme dei dati attualmente disponibili e tenuto conto che, a fronte di un ipotetico
e scientificamente non provato rischio, la vaccinazione contro l'epatite virale B si è dimostrata
altamente efficace nel prevenire l'epatite acuta B, l'insorgenza dello stato di portatore di HBsAg
e delle sue più gravi conseguenze come la cirrosi e il carcinoma epatocellulare, gli esperti della
Commissione italiana sono concordi nel raccomandare che la vaccinazione antiepatite B, mirata
alla immunizzazione fra l'altro delle persone a rischio per motivi professionali, continui su scala
globale secondo i programmi stabiliti.
4.2.1.3 VACCINAZIONE ANTI ROSOLIA , PAROTITE, MORBILLO
Sono esposti al rischio di contrarre queste infezioni, tipiche dell’età infantile, soprattutto gli OS
e gli addetti alle comunità infantili. La maggioranza degli adulti è immune nei confronti di questi
virus, che tuttavia non vanno sottovalutati per le conseguenze che le forme morbose possono
talvolta portare, specialmente se contratte in età adulta. Il rischio di patologie gravi correlate
all’infezione da rubeovirus è legato allo stato di gravidanza; il morbillo può dar luogo a
complicanze neurologiche anche gravi (circa 1/1000 casi sono complicati da encefalite); la
parotite può portare infiammazione meningea ed orchite (circa il 40% dei maschi adulti)
(Galazka, 1999).
Dati internazionali indicano che il 4.8% dei casi di morbillo è contratto in occasione di pratiche
sanitarie e, di questi, il 37.4% è a carico degli OS. Riguardo alla rosolia, circa il 9% delle donne
con età uguale o superiore ai 29 anni è ancora suscettibile al virus (CDC, 1997b).
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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La Circolare 13.7.1999, n.12, raccomanda la vaccinazione contro la rosolia alle bambine in età
puberale (11-14 anni) ed alle donne in età fertile professionalmente esposte al contagio, o che
ne facciano richiesta, indipendentemente dallo stato vaccinale. È consigliata per il personale
sanitario non immune per evitare la trasmissione a particolari gruppi di pazienti
(immunocompromessi, gestanti) in cui l’infezione può avere gravi conseguenze.
I CDC degli Stati Uniti raccomandano la vaccinazione del personale sanitario a meno che non
sia soddisfatta una delle seguenti condizioni: per morbillo e parotite, nascita antecedente al
1957, documentazione di pregressa malattia diagnosticata dal medico, documentazione
dell'avvenuta vaccinazione, evidenza sierologica dell'immunità; per rosolia, pregressa
vaccinazione, sierologia positiva o data di nascita antecedente al 1957, ad esclusione delle
donne fertili (CDC 1997b, 1998b).
Come vaccino per la rosolia sono disponibili diversi stipiti di virus vivente attenuato, da
somministrare in un’unica dose per via sottocutanea; una singola dose assicura una protezione
di lunga durata in oltre il 95% dei soggetti immunizzati.
Non va somministrato in soggetti allergici alla gelatina e alla neomicina, negli immunosoppressi
ed in gravidanza, in soggetti che abbiano manifestato reazioni anafilattiche.
Anche il vaccino per il morbillo e quello per la parotite sono costituiti da virus viventi attenuati.
Oltre ad avere le stesse controindicazioni del vaccino per la rosolia, il vaccino anti-morbillo è
controindicato anche per gli allergici alle proteine dell’uovo.
Esiste alternativamente un vaccino combinato (morbillo-parotite-rosolia) da somministrare in
singola dose per via sottocutanea.
L’ incidenza in Italia di rosolia, parotite e morbillo stimata tra il 1990 e 1997 in una popolazione
di età superiore a 14 anni è rispettivamente 28000, 45000 e 41246 casi/anno, pari a 29%, 14%
e 33% della popolazione considerata (Circolare del Ministero della Sanità n° 12/99). Nelle
Tabella 16 sono riportati alcuni dati relativi al numero di soggetti suscettibili tra gli OS in
Europa.
4.2.1.4 VACCINAZIONE ANTIVARICELLA
Gli episodi di varicella si verificano soprattutto in bambini di età compresa tra 2 e 8 anni; alle
latitudini temperate circa il 90% della popolazione è stata infettata all'età di 20 anni. La letalità
della malattia è circa 20 volte maggiore negli adulti, le complicazioni riguardano coinvolgimento
neurologico, polmonite, epatite, infezioni batteriche secondarie (Burgess, 1999). Nel 1998. nella
popolazione italiana di età superiore a 14 anni sono stati stimati 111692 casi di varicella
(Circolare del Ministero della Sanità n° 12/99).
In Italia, l’uso del vaccino è stato finora limitato a pochi casi selezionati. Infatti, secondo la
Circolare n.8 del 10.3.1992 gli unici soggetti per i quali il Ministero riconosce l’indicazione alla
vaccinazione sono i bambini leucemici in remissione.
Tuttavia, gli OS rappresentano gruppi bersaglio per la vaccinazione selettiva, per i quali dunque
la vaccinazione dovrebbe essere fortemente raccomandata, poiché la stessa Circolare focalizza
l'attenzione sulla particolare gravità del decorso con cui l’infezione si può presentare in pazienti
particolari, tra cui candidati a trapianto epatico, midollare e soprattutto renale.
Il vaccino è di tipo vivo e attenuato, costituito da un preparato liofilo ottenuto dal ceppo Oka
propagato in colture di cellule diploidi umane; e’ controindicato in gravidanza, in soggetti
immunocompromessi e in coloro che abbiano manifestato reazioni anafilattiche alla gelatina o
alla neomicina.
Negli Stati Uniti, un nuovo vaccino è in uso da diversi anni; in Europa è stato registrato da circa
1 anno, in Italia dal novembre 2001 ed ha caratteristiche leggermente diverse rispetto a quello
già in uso da circa 20 anni. È il primo va ccino ad Herpesvirus ad essere stato approvato.
L’impiego di un tale vaccino ha posto due problemi: 1) il possibile potere oncogeno del Virus
della varicella-Zoster (VZV) in quanto alla famiglia Herpesviridae appartengono virus con
potenziale oncogeno; tuttavia, a tutt’oggi, VZV non è stato mai associato ad alcuna forma di
VACCINAZIONI
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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tumore; 2) la possibilità che il virus vivo attenuato vaccinale possa indurre latenza e
successivamente lo sviluppo dello zoster. Da studi effettuati risulta tuttavia che la riattivazione,
se pur avviene, è lieve in soggetti sia immunocompetenti che immunocompromessi (Mills,
2000).
È raccomandata la somministrazione di una dose per via sottocutanea. Il controllo dell’avvenuta
sieroconversione può essere effettuato a distanza di 4 settimane dalla somministrazione. Una
seconda dose potrebbe essere somministrata nei casi di mancata sieroconversione. Il vaccino si
è dimostrato in grado di evocare, con una sola dose somministrata, una risposta anticorpale nel
95% dei bambini vaccinati. Lo stesso tipo di sieroconversione si ottiene nell’adulto con 2 dosi.
Qualora a distanza di tempo (5-10 anni) venga messa in evidenza la scomparsa del titolo
anticorpale, è indicata una dose di richiamo. È in grado di fornire il 70% di protezione contro
l’infezione e circa il 95% di protezione contro la forma severa da 7 a 10 anni dopo la
somministrazione (Verani e Ciufolini, 2002; Principi, 2002; Germinario e coll., 2002).
Il vaccino è indicato per la prevenzione primaria della varicella in soggetti di età superiore ad 1
anno e può anche essere usato nella PPE purché somministrato entro 3-5 giorni
dall’esposizione a contatti infettanti (CDC, 1999a).
4.2.1.5 VACCINAZIONE ANTIINFLUENZA
In Italia l'influenza rappresenta la terza causa di morte per patologie infettive dopo AIDS e
Tubercolosi. Nel corso di epidemie estese il tasso di attacco dell'infezione può variare dal 5 al
30%.
Oltre ad essere indicata per il personale sanitario che, per patologie croniche o per età
avanzata, necessiti di protezione individuale, la vaccinazione antiinfluenzale trova la sua
motivazione soprattutto per evitare il verificarsi del contagio da OS a paziente.
Annualmente, il Ministero della Salute diffonde circolari che stabiliscono le categorie di soggetti
ai quali i servizi territoriali di prevenzione dovranno offrire la vaccinazione. Tali categorie
includono: soggetti al di sopra di 64 anni, soggetti in età infantile ed adulta affetti da alcune
patologie, soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo, personale di
assistenza o familiari di soggetti ad alto rischio e bambini reumatici con ripetuti episodi di
patologia disreattiva.
Sono disponibili preparati costituiti da virus interi inattivi (uccisi) e vaccini sub-virionici, con o
senza adiuvanti. Il periodo ottimale di somministrazione viene suggerito di anno in anno sulla
base dei dati epidemiologici. Tutti i tipi di vaccino devono essere somministrati una sola volta
all’anno in dose singola per via intramuscolare e sono controindicati nei soggetti che abbiano
manifestato ipersensibilità di tipo anafilattico alle uova o sindromi neurologiche dopo una
precedente somministrazione. Non ci sono evidenze di rischio per la madre o per il feto se
somministrati in gravidanza. L'efficacia protettiva del vaccino è buona, stimata intorno al 75%
dei vaccinati.
La diffusione della vaccinazione in Italia è ancora lontana dagli standard ottimali. I dati
disponibili riguardo alle attitudini nei confronti della vaccinazione in OS non sono molti. Nel
1997 sono stati pubblicati i risultati di un'indagine condotta su 750 OS provenienti da 12 centri
dislocati in 5 regioni, dalla quale risulta un'adesione alla vaccinazione di circa il 15%
(D'Alessandro, 1997). In uno studio effettuato nel 1998 è stata indagata la diffusione della
pratica vaccinale e gli atteggiamenti nei confronti della vaccinazione anti-influenzale dei
dipendenti (medici e non) sanitari e non dell'Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento.
Il 22.9% di coloro che hanno risposto al questionario ha dichiarato di essere stato vaccinato in
passato contro l'influenza; il 30,5 la disponibilità a vaccinarsi in futuro (Piffer e coll., 2000). Si
stima che nel Veneto nella campagna 1999-2000 sia stato vaccinato il 28,5% del personale
sanitario (Marchiori e coll., 2000). Presso l'Azienda Ospedaliera di Padova nella campagna
2002-2003 si sono sottoposti a vaccinazione 550 dipendenti, pari al 10% del totale (Zanetti,
2003, comunicazione personale).
VACCINAZIONI
62
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
4.2.1.6 VACCINAZIONE ANTITUBERCOLOSI
Il problema della trasmissione nosocomiale della tubercolosi (TB) è noto da lungo tempo,
tuttavia la ripresa dell’endemia della malattia,il verificarsi di una serie di episodi epidemici,
legati in gran parte all’infezione da HIV, la diffusione di micobatteri dotati di multiresistenza
farmacologia, hanno reso questo problema di attualità a partire dalla fine degli anni ‘80. .
Tra gli OS sono tradizionalmente considerati esposti soprattutto coloro che lavorano in reparti
di malattie infettive, pneumologia, anatomia patologica, microbiologia. Tuttavia l'esperienza di
alcune grandi strutture sanitarie indica come attualmente gli operatori di questi reparti, grazie
alla diffusione delle conoscenze sul rischio e sulle modalità di prevenzione (isolamento del
paziente in ambienti strutturalmente idonei, tecniche di lavoro corrette con i necessari mezzi di
protezione collettivi ed individuali) siano concretamente a minor rischio rispetto al passato.
Invece, risultano maggiormente esposti gli operatori di unità operative diverse, soprattutto
chirurgiche e di terapia intensiva, in cui vengono ricoverati, spesso in situazioni d'urgenza,
pazienti in condizioni critiche per patologie di tutt'altra natura, che solo successivamente,
parecchi giorni dopo il ricovero, sono riconosciuti affetti anche da tubercolosi, essendo stati nel
frattempo assistiti senza rispettare le procedure di isolamento respiratorio. Anche per gli
operatori del Pronto Soccorso si possono verificare piuttosto frequentemente esposizioni non
riconosciute e non protette, tanto che alcune Aziende Sanitarie si sono dotate di appositi
protocolli da adottare nel triage per identificare immediatamente i possibili soggetti a rischio,
da separare in ambiente apposito o almeno da dotare di mascherina, fino a ulteriori
accertamenti.
La legge n.1088 del 14.12.1970 istituiva la vaccinazione antiTB obbligatoria per i soggetti
cutinegativi, addetti ad ospedali, cliniche ed ospedali psichiatrici e per gli studenti in medicina,
cutinegativi, all’atto della loro iscrizione all’Università. Nel DPR 447/75 venivano enunciati i
criteri di definizione di tubercolino-positività ed era inoltre previsto di rivaccinare le persone che
non fossero divenute cutipositive dopo una prima vaccinazione.
Attualmente, a seguito dell’emanazione del DPR 465/01, l’indicazione dell’obbligo vaccinale è
limitata a quelle rare situazioni in cui non si possa ricorrere alla terapia preventiva in caso di
infezione, in applicazione a quanto disposto nelle "Linee-guida per il controllo della tubercolosi",
approvate dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
Autonome di Trento e Bolzano, proposte dal Ministero della Sanità ai sensi dell’art.115 del DL
31/10/98 n.112 (Provvedimento del 17 dicembre 1998). In particolare il DPR 465/01, riguardo
all'ambito occupazionale, sancisce che la vaccinazione antitubercolare è obbligatoria per…b)
personale sanitario, studenti in medicina, allievi infermieri e per chiunque, a qualunque titolo,
con test tubercolinico negativo, operi in ambienti sanitari ad alto rischio di esposizione a ceppi
multifarmacoresistenti oppure che operi in ambienti ad alto rischio e non possa, in caso di
cuticonversione, essere sottoposto a terapia preventiva, perché presenta controindicazioni
cliniche all'uso di farmaci specifici (art.1). L'esecuzione della vaccinazione è subordinata alla
verifica della negatività dell'accertamento tubercolinico effettuato da non oltre 30 giorni (art.
3). I risultati della vaccinazione nei soggetti professionalmente esposti devono essere controllati
a distanza di 3 mesi dall'inoculazione del vaccino mediante nuovo accertamento tubercolinico.
Non deve essere effettuata la rivaccinazione per coloro che risultino cutinegativi, che
continueranno ad essere inclusi in programmi di sorveglianza periodica dell'infezione
tubercolare (art. 4). Sono abrogate le norme del DPR 447/75, in quanto incompatibili con le
disposizioni contenute nel presente regolamento (art. 5).
Le Linee guida ministeriali sulla tubercolosi individuano le seguenti controindicazioni alla
chemioprofilassi:
a) soggetti che abbiano presentato epatite da isoniazide o reazioni da ipersensibilità a questo
farmaco;
VACCINAZIONI
63
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
b) presenza di una grave epatopatia o comunque di una elevazione di ALT maggiore di 3 volte
rispetto al valore normale;
c) gravidanza, a meno che non esistano indicazioni che rendano rischioso posporre l'inizio
della chemioterapia.
Particolare cautela andrà inoltre prestata nelle seguenti condizioni:
a) persone di età superiore a 35 anni;
b) coloro che assumono elevate quantità di alcolici;
c) pazienti con preesistente epatopatia;
d) pazienti che assumono farmaci quali fenitoina, disulfiram, carbamazepina, anticoagulanti
orali, benzodiazepine e vitamina D;
e) pazienti con malnutrizione, diabete, insufficienza renale cronica o sono in terapia con
anticonvulsivanti.
Infatti, le condizioni di cui ai punti a), b) e c) comportano un aumentato rischio di epatite
fulminante da isoniazide; i farmaci di cui al punto d) interferiscono con il metabolismo
dell'isoniazide; le condizioni di cui al punto b) ed e) sono associate ad un rischio aumentato di
neuropatia periferica da isoniazide.
Il vaccino BCG attualmente impiegato proviene da un ceppo di M. bovis attenuato. Viene
iniettato per via intradermica in un’unica somministrazione ed è controindicato in soggetti
immunocompromessi per deficit congeniti o acquisiti (infezione da HIV, leucemie, linfoma,
neoplasie generalizzate), soggetti in trattamento immunosoppressore con steroidi, citostatici,
agenti alchilanti, antimetaboliti, radiazioni ionizzanti e in gravidanza. L’efficacia di questo
vaccino è posta in dubbio da diversi esperti di sanità pubblica (CDC, 1996; Bolyard e coll.,
1998).
4.2.1.7 VACCINAZIONE ANTITIFO
La vaccinazione antitifica era obbligatoria per gli addetti ai servizi di approvvigionamento idrico,
ai servizi di raccolta e distribuzione del latte, ai servizi di lavanderia, pulizia e disinfezione degli
ospedali, per le reclute, e per altri lavoratori, ma tale obbligo è cessato con l’abrogazione del
Decreto 2.12.1926 e dell’art. 38 del DPR 26.3.1980, n.327, ad opera rispettivamente dell’art.32
della Legge 27.12.1997, n.449, e dell’art.93 della Legge 27.12.2000, n.388. L’art.93 della Legge
388/2000, comunque, conferisce alle regioni, in casi di riconosciuta necessità e sulla base della
situazione epidemiologica locale, la possibilità di disporre l’esecuzione della vaccinazione
antitifica in specifiche categorie professionali.
Nella Circolare n. 4 del 13.3.1998 la vaccinazione antitifica viene consigliata per alcune
categorie a rischio: addetti alla raccolta, allontanamento e smaltimento dei liquami; personale
di laboratorio con possibilità di contatti frequenti con S.typhi.
Il primo vaccino antitifico utilizzato era rappresentato da una sospensione di S.typhi inattivata
con calore ed agenti chimici. Da allora sono stati allestiti nuovi vaccini, sempre più efficaci e
meno reattogeni. Il vaccino inattivato a cellule intere, assume oggi un valore limitato.
Formulazioni più recenti sono composte da una sospensione di S.typhi inattivata con calorefenolo o con acetone, somministrata per via sottocutanea in 2 dosi a distanza di 1 mese l’una
dall’altra. La frequenza di effetti collaterali locali e generali è piuttosto elevata.
La messa a punto di un vaccino orale ha rappresentato una grande conquista. È costituito da
un ceppo di S.typhi identificato dalla sigla Ty 21a (ceppo mutante del Ty 2). L’assenza di
virulenza è legata alla mancanza dell’antigene Vi e ad altri difetti enzimatici. La
somministrazione avviene mediante ingestione di capsule gastroresistenti o, nella formulazione
liquida, di un preparato liofilizzato da ricostituire in acqua. Sono previste 3 somministrazioni con
1 dose al giorno a giorni alterni. Una quarta dose sembra conferire una protezione di più lunga
durata.
L’efficacia protettiva dopo 3 dosi è stata valutata in numerosi studi. La durata della protezione
individuale è assicurata per 3 anni a partire dal decimo giorno dopo assunzione della 3^ dose.
Le reazioni avverse sono pressoché trascurabili. Trattandosi di un vaccino vivo attenuato, è
controindicato in pazienti immunocompromessi e in gravidanza.
VACCINAZIONI
64
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Il vaccino parenterale polisaccaridico è allestito partendo da un ceppo di S. typhi Ty 2 mediante
estrazione dell’antigene Vi con bromuro di cetrimonio. La formulazione finale contiene 25 mg di
polisaccaride Vi in 0.5 ml di soluzione tamponata. Lo schema vaccinale prevede un’unica
somministrazione per via intramuscolare.
L’efficacia protettiva misurata in vari studi clinici varia tra 55 e 75%.
La durata della protezione individuale è stimata di circa 3 anni a partire dalla seconda
settimana dopo somministrazione della dose. Le reazioni avverse sono generalmente lievi
(Lopalco e coll., 2002).
4.2.1.8
VACCINAZIONE ANTITETANICA
Benchè gli OS non sembrino avere un rischio maggiore di tetano rispetto alla popolazione
generale, in varie Linee guida internazionali si raccomanda anche a questi soggetti di sottoporsi
alla vaccinazione secondo quanto consigliato alla popolazione generale adulta.
4.2.2 – INDICAZIONI OPERATIVE PER LA VACCINAZIONE
DEGLI OPERATORI SANITARI
Nella Tabella 17 viene riportato un quadro riassuntivo delle caratteristiche dei principali
vaccini.
4.2.2.1 Programmi vaccinali
Il programma vaccinale individuato dal MC di una Azienda Sanitaria (tabella 18) dovrà
comprendere:
a) Vaccinazioni raccomandate per tutti gli OS, indipendentemente dall'Unità Operativa di
appartenenza e dalle mansioni svolte. Questo orientamento riguarda le vaccinazioni di
comprovate sicurezza ed efficacia e relative ad AB che per la loro diffusione possono
essere incontrati in diverse aree dell'Azienda Sanitaria. E’ giustificato fra l’altro anche
dall'elevata mobilità interna del personale e dalle veloci evoluzioni dell'attività assistenziale
delle varie Unità Operative che caratterizza oggi le strutture sanitarie, che possono rendere
difficoltosa la gestione di protocolli vaccinali mansione-specifici.
b) Vaccinazioni indicate solo per gli addetti a determinate Unità Operative e mansioni,
individuate dalla Valutazione del Rischio. Questo orientamento riguarda le vaccinazioni n
cui la valutazione del profilo beneficio-rischio deve avvenire caso per caso e relative ad AB
che generalmente sono incontrati solo in situazioni lavorative molto specifiche (Anzelmo e
coll.,2002; CDC, 2002).
A proposito della vaccinazione antitetanica, non è mai stato segnalato un rischio specifico di
contrarre il tetano associato alle mansioni sanitarie. Tuttavia e’ importante ridurre il rischio
generale di malattia in questa popolazione di adulti, facilmente raggiungibile. Pertanto, laddove
le condizioni organizzative lo consentano, può essere utile che il MC prenda in considerazione
anche questa vaccinazione, per cui si suggerisce questa scala di interventi:
a) Acquisire documentazione attestante la somministrazione all'OS di almeno 3 dosi, in
qualunque epoca precedente; oppure
b) Accertare una tantum la presenza di anticorpi anti-tossina tetanica nel siero dell'OS;
c) Nel caso l'OS risulti non protetto, invitarlo a sottoporsi a vaccinazione fino a concludere un
ciclo di tre dosi.
Benchè la cadenza ottimale fra le dosi sia quella indicata nella Tabella 17, possono risultare
adeguatamente immunogene anche somministrazioni fatte con intervalli diversi.
In caso di interruzione del ciclo vaccinale la Circolare del Ministero della Sanità n. 52 del
9.8.1982 raccomanda che:
VACCINAZIONI
65
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
• si riprenda il ciclo dall'inizio quando l'intervallo di tempo trascorso da un'unica
somministrazione è > 1 anno;
• si riprenda il ciclo dall'inizio quando l'intervallo di tempo trascorso dalla seconda di 2
somministrazioni (effettuate a qualunque distanza di tempo fra loro) è > 5 anni;
• non si riprenda il ciclo dall'inizio, ma lo si completi fino alla terza dose, negli altri casi.
Nel caso degli OS non si ritiene necessario raccomandare booster decennali, sia perché non
espressamente previsto dalle norme vigenti, sia soprattutto per le considerazioni vantaggirischi.
A proposito della Tabella 18 si precisa quanto segue.
La vaccinazione antitubercolare può essere indicata come obbligatoria dal MC come misura di
contenimento estrema in situazioni specifiche evidenziate dal Documento di Valutazione del
Rischio, quando sussistano contemporaneamente le seguenti condizioni:
q
situazione di rischio da tubercolosi multifarmaco-resistente, o situazione di rischio
per tubercolosi e presenza di controindicazioni individuali alla chemioprofilassi.
q
impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni o ad ambienti a rischio limitato, ai
sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 277/91.
La presenza di controindicazioni individuali all’uso di farmaci per la chemioprofilassi viene
valutata dal MC in sede di visita preventiva o periodica, eventualmente avvalendosi di
opportuna consulenza specialistica.
La vaccinazione contro l'epatite A non è consigliata per tutti gli OS e dovrebbe essere ritenuta
superflua nel caso in cui si osservino le comuni norme igieniche, in particolare il lavaggio delle
mani prima di portarle alla bocca. Tuttavia, anche in considerazione del fatto che si tratta di
una vaccinazione sicura, efficace ed economica, nelle situazioni in cui la Valutazione del Rischio
evidenzi che vi è frequente presenza del virus nell'Unità Operativa essa può essere consigliata
al personale quale ulteriore misura di protezione.
Analogamente, corrette procedure nell'attività di laboratorio dovrebbero rendere superflua la
vaccinazione antitifica anche qualora l'agente biologico fosse presente nei campioni biologici
trattati. Considerazioni analoghe a quelle appena espresse per l'anti-HAV possono suggerire di
proporre il vaccino antitifico agli addetti a determinate attività di laboratorio.
4.2.2.2 Effettuazione delle vaccinazioni
Fermo restando che l'art. 86, c. 2., lett. a) del D.Lgs. 626/94 affida esclusivamente al MC la
individuazione, prescrizione e somministrazione delle vaccinazioni, in molte realtà operative
l'esecuzione materiale può essere delegata ad altra Unità Operativa (ad esempio Servizio
Vaccinazioni della ASL, unità operative di Malattie Infettive, Servizio di Medicina Preventiva),
anche ai fini della razionalizzazione delle risorse.
4.2.2.3 Adempimenti preliminari e successivi alla vaccinazione
Prima di procedere a qualunque vaccinazione il MC deve:
a) accertare lo stato immunitario dell'operatore sanitario nei confronti dello specifico agente
biologico, o la risposta all’intradermoreazione secondo Mantoux nel caso della tubercolosi
(certificati vaccinali, esami sierologici).
b) accertare l’assenza di controindicazioni generali e specifiche alla vaccinazione (vedi
paragrafo 4.2.2.6). A tale scopo può essere utile predisporre un modulo per la raccolta
standardizzata dell'anamnesi pertinente. In alcuni casi per il MC può essere opportuno
avvalersi di consulenza specialistica. Quest'ultima è da considerare necessaria per
confermare la presenza di controindicazioni assolute alla vaccinazione, a causa delle quali
pertanto il lavoratore non sarà vaccinato.
A conclusione del ciclo vaccinale di base il MC:
a) rilascia al lavoratore una certificazione dell'avvenuta vaccinazione, eventualmente dopo
averla acquisita dall'Unità Operativa che materialmente l'abbia effettuata su sua delega, ed
VACCINAZIONI
66
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
informa il Servizio Vaccinazioni della ASL territoriale dell'avvenuta vaccinazione, o si accerta
che lo stesso sia informato dall'Unità Operativa che materialmente l'abbia effettuata su sua
delega.
b) dopo un intervallo di tempo opportuno (in genere 1-2 mesi, 3 mesi dopo la vaccinazione
antitubercolare) accerta l’avvenuta risposta anticorpale (non nel caso delle vaccinazioni
contro influenza, tifo), e verifica la risposta all’intradermoreazione secondo Mantoux nel
caso della tubercolosi.
Per quanto riguarda l'informazione dell'avvenuta vaccinazione al Servizio Vaccinazioni della ASL
competente per territorio, si ricorda che essa è prevista dalla legge solo nel caso delle
vaccinazioni obbligatorie; per tutte le altre vaccinazioni l'informazione alla ASL non è
obbligatoria, ma è raccomandabile, per ragioni di carattere epidemiologico.
Nel caso di mancata risposta anticorpale dopo l’avvenuta vaccinazione, il MC deve tenerne
conto in sede di formulazione del giudizio di idoneità, ed informare l’operatore, anche
attraverso specifica certificazione, sul suo stato di suscettibilità nei confronti dell’agente
biologico in causa e sul significato di tale situazione.
Nel caso si verificassero reazioni avverse al vaccino, il MC deve:
a) segnalare il fatto al sistema di farmacovigilanza comune a tutti i farmaci nel caso abbia lui
stesso somministrato il vaccino;
b) segnalare il fatto al Sistema di Sorveglianza degli eventi avversi a vaccino
c) rilasciare al lavoratore idonea certificazione, ove richiesto, affinché lo stesso possa avviare
la richiesta di indennizzo alla Regione.
Gli adempimenti di cui ai precedenti punti a) e b) sono effettuati dal medico vaccinatore,
qualora diverso dal MC.
4.2.2.4 Soggetti non responder nei confronti della vaccinazione anti- HBV
Nel caso in cui l'OS presenti negatività degli anticorpi anti-HBs dopo che è stato completato il
ciclo vaccinale di base, la legislazione italiana prescrive che esso deve ricevere una 4^ dose di
vaccino, con ulteriore valutazione del titolo anticorpale a distanza di 1-2 mesi. Un recente
Documento di Consenso riporta che "dovrebbe essere fatto ogni sforzo, attraverso la
somministrazione di dosi addizionali di vaccino, per assicurare che i soggetti che non
raggiungono un livello di anticorpi anti-HBs di almeno 10 mUI/ml dopo il ciclo di base possano
conseguirlo" (European Consensus Group on Hepatitis B Immunity, 2000).
Nello stesso documento viene anche riportata la possibilità che alcuni apparenti non responders
siano in realtà attivati immunologicamente dopo un ciclo di vaccinazione anche in assenza di un
titolo anticorpale dosabile, poiché alcuni soggetti possono sviluppare una risposta anticorpale
anti-HBs in seguito alla somministrazione di una dose di richiamo anni dopo. Alcuni autori
hanno ipotizzato che questi apparenti non responders possano sviluppare una immunità cellulomediata senza risposta umorale dopo la vaccinazione primaria, e una risposta anticorpale solo
dopo una vaccinazione di richiamo (Chiaramonte e coll., 1995). Numerosi studi peraltro
dimostrano che periodici richiami della vaccinazione rendono la percentuale di non responders
sempre più esigua (European Consensus Group on Hepatitis B Immunity, 2000; Clinical
Effectiveness Group, 2000).
Va infine sottolineato che a tutt'oggi vi sono solamente segnalazioni sporadiche che risalgono
alla fine degli anni ’80 di casi di epatite B contratta, peraltro in forma molto lieve, da OS non
responders (Chiaramente e coll., 1995), né vi sono Linee Guida che suggeriscono di allontanare
questi soggetti da particolari mansioni lavorative.
Allo stato attuale delle conoscenze quindi non si ritiene opportuno esprimere un giudizio di non
idoneità dell'OS non responder per determinate mansioni, ma, come indicato dal Ministero della
Sanità, questi deve essere informato, eventualmente anche per iscritto, sulla necessità di
effettuare la profilassi post-esposizione con immunoglobuline specifiche in caso di esposizione
accidentale al virus.
VACCINAZIONI
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
4.2.2.5 Rifiuto di sottoporsi a vaccinazione
Il D. Lgs. 626/94 non consente al lavoratore di rinunciare alle misure di protezione, ma al
contrario gli impone di adempiere agli “obblighi imposti dall’autorità competente o comunque
necessari per tutelare la sicurezza e la salute…durante il lavoro” (art. 5), sanzionando
specificamente le inosservanze (art. 93).
Il consenso all’atto medico rappresenta una condizione opportuna anche nella pratica della
Medicina del Lavoro e, anche in questo contesto, l’ottenimento del consenso è subordinato ad
una adeguata informazione sugli obiettivi, sui metodi e sui benefici che si intendono
raggiungere.
Se il lavoratore, una volta correttamente informato su tali aspetti, insiste nel proprio rifiuto, che
comunque dovrà essere inserito in forma sottoscritta nel suo documento sanitario personale, il
MC in sede di formulazione del giudizio di idoneità potrà a seconda dei casi:
a) stabilire che il lavoratore può continuare comunque a svolgere le medesime mansioni, nel
caso in cui il rischio di contagio con l’agente biologico nei cui confronti è suscettibile sia
considerato nell’attuale inserimento lavorativo concretamente trascurabile (Giudizio di
idoneità alle mansioni specifiche)
b) stabilire che il lavoratore può continuare a svolgere le medesime mansioni con la
prescrizione di effettuare la vaccinazione necessaria (Giudizio di idoneità con prescrizione).
Non appare invece razionale prescrivere misure di protezione alternative alla vaccinazione (ad
esempio uso costante di DPI o mezzi di barriera), posto che quest’ultima deve essere
considerata misura di contenimento ulteriore, e non alternativa, rispetto alle obbligatorie
modalità di lavoro sicuro.
4.2.2.6 Controindicazioni alle vaccinazione e reazioni avverse
Molti vaccini hanno controindicazioni assolute o relative all'uso, che devono sempre essere
scrupolosamente escluse prima di inviare un soggetto alla vaccinazione.
In generale, la vaccinazione dovrebbe essere posticipata in presenza di una malattia acuta;
non vi è controindicazione nel caso di una malattia infettiva minore, senza febbre o sintomi
sistemici.
Una reazione grave a una somministrazione precedente dello stesso vaccino è una chiara
controindicazione a ulteriori somministrazioni.
In genere, i vaccini viventi e attenuati non dovrebbero essere somministrati in gravidanza
perché possono danneggiare il feto (tabella 15).
I vaccini viventi e attenuati non dovrebbero essere somministrati a soggetti immunodepressi,
sia per malattie concomitanti, fra cui patologie neoplastiche o malattie del sistema reticoloendoteliale, sia perché sottoposti a radioterapia o trattamento con alte dosi di corticosteroidi o
altri immunodepressori. A tale proposito, i vaccini vivi possono essere somministrati non prima
di 3 mesi dalla sospensione di una terapia corticosteroidea e di 6 mesi dalla sospensione di
chemioterapia.
La via intramuscolare di somministrazione è sconsigliata in soggetti con disturbi della
coagulazione.
Alcuni vaccini antivirali contengono piccole quantità di antibiotico (streptomicina, neomicina o
polimixina B, ad esempio), pertanto la loro somministrazione a soggetti con anamnesi di
allergia ad antibiotici va attentamente valutata.
L'ipersensibilità all'uovo è una controindicazione ai vaccini antinfluenzali, che contengono
residui di proteine dell'uovo, a quello per il morbillo e per la febbre gialla.
Considerando in maniera congiunta le raccomandazioni del Department of Health della Gran
Bretagna e le Linee guida dell'ACIP (Advisory Committee on Immunization Practices) riprese dai
Centers for Diseases Control di Atlanta (Bolyard e coll., 1998), risulta che per gli OS HIV
VACCINAZIONI
68
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
positivi, sia in assenza che in presenza di sintomatologia clinica, sono raccomandati i seguenti
vaccini: epatite B, influenza; Pneumococco e tetano-difterite (in relazione allo stato di salute,
più che alla professione sanitaria); morbillo-parotite-rosolia (controindicato in caso di
immunodepressione severa). Sono consentiti qualora indicato i seguenti vaccini: epatite A,
pertosse, Haemophilus influenzae tipo B, meningococco, tifo (inattivato intramuscolare), colera
(inattivato), rabbia, poliomielite (inattivato intramuscolare). Ai soggetti HIV positivi non
possono essere somministrati: vaccino BCG, vaccino contro il tifo (vivo attenuato orale),
varicella, poliomielite (vivo attenuato orale), vaccini contro la febbre gialla e il vaiolo.
I vaccini possono essere responsabili di reazioni avverse, attese o inattese.
Le reazioni inattese possono essere legate ad uno qualsiasi dei componenti del vaccino,
dall'antigene immunizzante agli eccipienti, agli stabilizzanti, ai conservanti. Le sospette reazioni
avverse vanno segnalate, oltre che al Sistema di Farmacovigilanza comune a tutti i farmaci
(Legge 29 dicembre 1987, n. 531; D.Lgs. 18 febbraio 1997, n. 44), al Sistema di Sorveglianza
degli eventi avversi a vaccino, secondo le modalità descritte nella lettera circolare
n.400.2/26V/1961 del 23 marzo 1995.
La legge 25.2.1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di
tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati), modificata ed integrata con la legge 25 luglio 1997, n. 238, è rivolta a cittadini
sottoposti a vaccinazione obbligatoria che abbiano riportato un danno permanente.
La Corte Costituzionale (Sentenza 9, 16.10.2000) ha recentemente esteso il diritto
all'indennizzo anche per le vaccinazioni non obbligatorie, includendo tra l'altro cittadini a rischio
operanti in strutture sanitarie ospedaliere che siano sottoposti a vaccinazioni anche non
obbligatorie riportandone un danno irreversibile.
Le sospette reazioni avverse, sia locali che sistemiche, devono essere notificate mediante
compilazione della specifica scheda di sospetta reazione avversa vaccino. Nel caso di eventi
avversi severi che impongano riserve sul giudizio prognostico o che richiedono
l’ospedalizzazione,, la notifica deve essere fatta da parte del medico vaccinatore o che li abbia
comunque osservati, entro 48 ore dall’insorgenza, al Ministero della Salute – Ufficio III –
Malattie infettive e profilassi internazionale. Nel caso di eventi lievi o di media severità, la
notifica deve essere inviata alla Azienda USL di riferimento del medico vaccinatore, la quale
provvederà ad inoltrarla al Servizio Regionale competente (Ministero della Sanità - Direzione
Generale Servizi Igiene Pubblica - Divisione II. Linee guida per la compilazione della scheda di
sorveglianza degli eventi avversi a vaccinazione e relativo flusso informativo. Allegato al
Documento: Revisione delle schede di rilevazione connesse alla sorveglianza delle attività
vaccinali del 23 marzo 1995, Prot. n.400.2/26V/1961).
Per gli OS che non effettuano la vaccinazione disposta dal MC a causa di controindicazioni,
possono configurarsi le seguenti ipotesi in sede di formulazione del giudizio di idoneità:
a) il lavoratore può continuare comunque a svolgere le medesime mansioni, nel caso in cui il
rischio di contagio con l’agente biologico nei cui confronti è suscettibile sia considerato
nell’attuale inserimento lavorativo concretamente trascurabile (Giudizio di idoneità alle
mansioni specifiche);
b) il lavoratore non è idoneo alla mansione specifica.
VACCINAZIONI
69
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
4.3 – SINOPSI CONCLUSIVA
______________________________________________________
Di seguito riportiamo il diagramma di flusso relativo agli adempimenti del MC in materia di
vaccinazione degli OS.
Raccomandazioni/Linee guida
Valutazione del Rischio
Programma vaccinale
Certificazione vaccinazioni pregresse
Esclusione controindicazioni
Esami sierologici
(Informazione alla ASL)
Vaccinazione
Certificazione
(soggetto protetto/
soggetto non protetto)
Verifica titolo anticorpale specifico
VACCINAZIONI
Complicanze
(Informazione M. Salute/Regione)
(Relazione sanitaria per l'OS)
Giudizio di Idoneità
70
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
5.
IL GIUDIZIO DI IDONEITA’ ALLA MANSIONE SPECIFICA
5.1 – PREMESSA
______________________________________________________
Nel campo del RB in ambienti di lavoro sanitari, la formulazione del giudizio di idoneità alla
mansione specifica riveste un interesse particolare, poichè numerosi sono i lavoratori
potenzialmente o deliberatamente esposti, rilevanti sono le tematiche relative alla valutazione
clinica del singolo caso, critici sono gli aspetti relativi alle modalità di formulazione del giudiz io, alle
implicazioni circa il rischio per il lavoratore ed il rischio determinato dall’operatore sanitario verso il
paziente o la comunità, il reinserimento lavorativo, le condizioni di ipersuscettibilità, gli adempimenti
medico-legali, il coinvolgimento di altre figure professionali quali, ad esempio, i responsabili
dell’organizzazione del lavoro e la Direzione Sanitaria (Alessio e Porru, 1999).
Il giudizio di idoneità deve tradizionalmente tenere conto della protezione dello stato di salute del
lavoratore in relazione all’attività lavorativa svolta. Tuttavia, nella particolare professione
dell’operatore sanitario, è necessario considerare anche la tutela del paziente, oggetto della
particolare prestazione sanitaria del lavoratore che puo’ trasmettere malattie infettive. È infatti ben
documentato che, seppur in casi rari, l’OS puo’ essere fonte di infezione per il singolo paziente
assistito, in particolare per le malattie trasmesse per via ematogena (Esteban e coll., 1996;
Gerberding, 1996; The Incident Investigation Teams and Others, 1997; Ristinen e Mamtani, 1998;
Birrel e Cooke, 1998; Ross e coll., 1999, 2000a, 2000b, 2002).
Sulla base delle conoscenze attuali, si puo’ affermare che tale rischio è determinato esclusivamente
da coloro che effettuano procedure invasive a rischio di esposizione e che sono
contemporaneamente portatori di infezione da HIV, HBV o HCV trasmissibile (MacKinney e Young,
1990; AIDS/TB Committee of the SHEA, 1997; CDC, 1998a; Lot e coll., 1999; NHS Executive, 2000;
Montecalvo e coll.,1995; Stevens e Coyle, 2000; Health Canada, 2002; Ross e coll.,2002).
Nella pratica della Medicina del Lavoro, viene dibattuto se il MC debba occuparsi della salute di terzi
o della collettività, oltre a tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore in funzione dei rischi
specifici lavorativi (Boroni e coll., 1992).
Tuttavia, molte sono le argomentazioni a favore del fatto che il MC deve necessariamente occuparsi
anche della tutela della salute e della sicurezza delle collettività, nell’esercizio delle sue funzioni di
Medico Competente.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
71
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
L’art. 4 del D.Lgs 626/94, al comma 5, lettera c, prevede che il Datore di lavoro, nell’affidare i
compiti ai lavoratori tenga conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e sicurezza.
La gestione della sicurezza puo’ così intendersi in senso lato, includendo anche l’azienda, la
collettività, gli altri lavoratori.
Anche il concetto stesso di idoneità alla mansione specifica, da formularsi ex art.17 D.Lgs 626/94,
puo’ intendersi in maniera molto ampia, includendo qualsiasi fattore che puo’ condizionare l’idoneità,
compreso il mettere a rischio la salute di terzi, che includono sia i colleghi di lavoro che la restante
collettività. Il MC, così, per tutelare la sicurezza, deve verificare l’assenza di condizioni capaci di
comprometterla.
L’applicazione di questi principi porta significative conseguenze per la formulazione del giudizio di
idoneità dell’operatore sanitario, nel campo del RB in generale e delle malattie trasmissibili per via
ematogena in particolare.
L’art.5 della stessa legge dispone che ciascun lavoratore debba prendersi cura della propria sicurezza
e salute e di quella di altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti
delle sue azioni od omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni ed ai mezzi forniti
dal datore di lavoro. Inoltre, il lavoratore ha l’obbligo, sanzionato, di segnalare al datore di lavoro,
dirigente o preposto, condizioni di pericolo di cui venga a conoscenza.
L’Art. 32 della Costituzione pone la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività; inoltre, l’Art.2087 del Codice Civile fa obbligo all’imprenditore di adottare
le misure che secondo il particolare lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare
l’integrità fisica e morale dei lavoratori.
Altra normative che appare utile citare quale “precedente” a proposito del rischio verso terzi è la
legge n.125/01, legge quadro in materia di alcol e di problemi ad esso correlati, che, all’art.15,
prevede per il MC la possibilità di eseguire controlli alcolimetrici nei lavoratori addetti ad attività che
comportino elevato rischio di infortuni o elevato rischio per la sicurezza, incolumità o la salute di terzi.
Analoghe considerazioni possono essere fatte per la normative che riguardano i conducenti di mezzi
di trasporto pubblici quali autobus o aerei (Decreto del Ministero dei trasporti; n.88, 23/2/1999.
Regolamento recante norme concernenti l’accertamento ed il controllo dell’idoneità fisica e
psicoattitudinale del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto ai sensi dell’articolo 9, commi 3
e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.753), o gli accertamenti sanitari –
da effettuare prima dell’assunzione e periodicamente per evidenziare l’assenza di
tossicodipendenza per gli appartenenti a categorie di lavoratori destinati a mansioni che
comportano rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi (DPR 309/90; inoltre, in tale
norma è previsto, in caso di positività dei suddetti accertamenti, di far cessare il lavoratore
dall’espletamento di mansioni che comportino rischi per la sicurezza, incolumità e la salute di terzi.
Va inoltre sottolineato che permane l’obbligo, che grava su ciascun medico, di segnalazione di
malattie infettive attraverso apposita scheda di notifica da inviare al Servizio di Igiene Pubblica
delle ASL, al fine di tutela della salute della collettività (DM 5.7.75, art.254 T.U. leggi sanit arie
(RD n.1265/34), Decreto Ministeriale 15.12.90).
La pratica stessa di alcune vaccinazioni (ad esempio antitubercolare, antitifo-paratifica),
obbligatoria per legge per alcune categorie di lavoratori, appare diretta a prevenire il rischio verso
terzi, piuttosto che per il lavoratore (Bolyard e coll. 1998; Murphy, 2000; NHS Executive, 2000; UK
Department of Health, 2003).
È da commentare poi una importante Sentenza della Corte Costituzionale (218/94) che dichiara
illegittimo il fatto di non poter accertare l’assenza di sieropositività da HIV come condizione per
l’effettuazione di attività che comportano rischi per la salute di terzi. Tale sentenza pone in evidenza il
dovere dell’individuo di non ledere nè porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, e
sottolinea che, per rispettare l’art.32 della Costituzione nel caso delle malattie infettive e contagiose,
l’interesse per la salute collettiva e l’esigenza di proteggere la salute di terzi consente e puo’ rendere
GIUDIZIO DI IDONEITA’
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
obbligatorio l’esecuzione di accertamenti sanitari previsti dalla legislazione e diretti a stabilire se chi è
chiamato a svolgere determinati lavori in cui vi sia serio rischio di contagio, sia affetto da malattie
trasmissibili in ragione dei lavori stessi. Pertanto, le attività che rischiano di mettere in pericolo la
salute di terzi possono essere espletate solo da chi si sottoponga agli accertamenti necessari per
escludere la presenza di quelle malattie infettive o contagiose, che siano tali da porre in pericolo la
salute dei destinatari delle attività stesse. L’effettuazione degli accertamenti deve comunque
salvaguardare la dignità della persona e, a tale proposito, esige il rispetto della riservatezza ed il
mantenimento della vita lavorativa e di relazione.
Inoltre il Garante per la Protezione dei Dati Personali autorizza il trattamento dei dati sensibili di cui
alla L 675/96, anche nell’ambito dell’attività svolta dal Medico Competente in materia di Igiene e
Sicurezza del Lavoro. Il trattamento dei dati sensibili deve essere necessario per adempiere o per
esigere l’adempimento di specifici obblighi previsti da leggi, regolamenti, contratti collettivi anche
aziendali, ovvero dalla normativa comunitaria, nonché per il perseguimento delle finalità di
salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica dell’interessato o di un terzo.
Il garante autorizza a trattare i dati idonei a rivelare lo stato di salute, qualora i dati e le operazioni
siano indispensabili per tutelare l’incolumità fisica della salute di un terzo o della collettività, e
l’interessato non abbia prestato il proprio consenso per iscritto o non possa prestarlo per irreperibilità,
impossibilità fisica incapacità di agire o di intendere o di volere (Garante per la protezione dei dati
personali, Autorizzazione N° 1/97 e N° 2/97).
Non possono essere trascurati naturalmente gli obblighi giuridici, etici e deontologici di tutela
della salute, in capo a ciascun medico indipendentemente dalla sua specializzazione; egli deve
comunque agire secondo scienza e coscienza, diligenza, perizia e prudenza, e non puo’ considerare il
lavoratore come il solo oggetto di tutela di rischi per la salute e per la sicurezza in accordo con le
leggi vigenti; ma, dal momento che il lavoratore è un individuo posto sotto la sua tutela,il MC ha
l’obbligo – in quanto semplicemente medico - di esperire tutte le possibili azioni per tutelare
l’integrità sia del lavoratore che della collettività, qualora tale lavoratore sia portatore di condizioni
patologiche che possano interessare la salute pubblica, bene costituzionalmente tutelato (ICOH,
1993; WHO, 2000; ILO, 1998; ANAMT, 2003).
Oltretutto, è difficilmente sostenibile - nella pratica quotidiana - che un MC, nell’esercizio delle sue
funzioni, interrompa il suo diritto-dovere di tutelare la salute dell’individuo solo dopo aver eseguito
quanto disposto dal D.Lgs 626/94 per la tutela della salute del lavoratore, poichè risulta impossibile
determinare dove finisce il compito del MC e dove inizia quello di qualsiasi medico che ha l’obbligo di
tutelare anche la salute della collettività.
Appare quindi più consono ed efficace l’intervento del MC nel più ampio contesto di protezione e
promozione della salute come bene costituzionalmente tutelato.
Inoltre, va sottolineato che gli accertamenti che vengono predisposti per il controllo preventivo e
periodico nell’ambito del RB, sono tali, in genere, da considerare e proteggere la salute del
lavoratore ed allo stesso tempo essere utili per eventualmente prendere provvedimenti per la tutela
di terzi.
Il codice etico dell’International Commission on Occupational Health (ICOH) prevede inoltre
che “qualora le condizioni di salute del lavoratore o la natura del lavoro svolto siano tali da metter in
pericolo la sicurezza di altri, il lavoratore deve essere chiaramente informato della situazione. Nel
caso di circostanze particolarmente pericolose, anche la direzione aziendale, e, se richiesto da
regolamenti nazionali, l’autorità competente, devono essere informati sulle misure necessarie a
salvaguardare i terzi” (ICOH, 1993).
Disposizioni simili sono contenute nel codice etico dell’Associazione Nazionale Medici d’Azienda
italiani, laddove prevede di segnalare al datore di lavoro e agli organi di vigilanza ove previsto dalla
legge, ogni situazione di rischio per il singolo lavoratore o la comunità (www.ANMA.it).
Le Linee guida tecniche ed etiche per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, pubblicate nel 1998
dall’International Labour Office (ILO), cui ciascun health professional dovrebbe comunque
GIUDIZIO DI IDONEITA’
73
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
attenersi, indicano che le attività di sorveglianza sanitaria sono finalizzate alla protezione della salute
dei lavoratori ma anche della collettività.
Infine, vi è esplicito riferimento alla condizione in cui la sorveglianza sanitaria riveli che la salute del
lavoratore e la natura della sua mansione possono compromettere la sicurezza di altri; in tal caso, la
decisione circa le idoneità è più difficile da prendere, tuttavia l’ILO indica di informare chiaramente il
lavoratore e la direzione aziendale al fine di prendere appropriate decisioni per la protezione della
collettività (ILO, 1998).
Espresso riferimento all’effettuazione di sorveglianza sanitaria nelle attività dove è previsto rischio
anche verso terzi è riportato anche nella Raccomandazione n.171 del 1985 dell’ILO.
Nella formulazione del giudizio di idoneità deve essere considerata la particolare professionalità
acquisita da un lavoratore della sanità, la cui nuova destinazione, nel caso di non idoneità, non è
certamente facilmente individuabile, particolarmente per colui che abbia acquisito elevata
specializzazione e possegga elevate abilità tecniche per procedure particolarmente complesse (quali
ad esempio alcune specializzazioni della chirurgia, infermieri professionali pediatrici, radiologi o
cardiologi interventisti, etc.).
Da sottolineare ancora è naturalmente l’aspetto fondamentale della tutela della riservatezza
(Privacy), nei suoi molteplici aspetti (vedi apposito paragrafo) che, nel caso di operatore infetto,
deve essere tutelata verso il datore di lavoro, verso i colleghi, verso i pazienti assistiti.
Naturalmente, la gestione finale del giudizio deve attenersi alla multidisciplinarietà, con il
coinvolgimento del Servizio di Prevenzione e Protezione e della Direzione Sanitaria, quest’ultima in
particolare nel campo della valutazione del rischio verso terzi, soprattutto in considerazione dei
riverberi che una limitazione dell’idoneità, o la privazione di risorse umane altamente qualificate,
potrebbe avere sull’organizzazione del lavoro.
Il processo che porta alla formulazione di tali giudizi complessi dovrebbe essere comunque inserito
nell’ambito di una politica aziendale condivisa e portata a conoscenza degli operatori interessati.
Si deve infine riconoscere che la formulazione di un giudizio di idoneità per un lavoratore della
sanità affetto da patologie trasmissibili è comunque un terreno impegnativo, non solo da un punto
di vista tecnico-scientifico, ma anche da un punto di vista medico -legale, sociale,
dell’organizzazione del lavoro, in cui è necessario, per il MC in particolare, mantenere un giusto
equilibrio, per il complesso e difficile bilancio tra dati scientifici e incertezza del dato stesso, diritto
del paziente e del lavoratore, responsabilità aziendali e del MC, rispetto della deontologia
professionale e legislazione vigente (Alessio e Farina, 2001; Porru e coll., 2001; Saia e Zanetti,
2001; Atti Congresso ANMELP, 2001 e 2002).
GIUDIZIO DI IDONEITA’
74
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
5.2 – LA FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITA’. OPERATORI
SANITARI CON INFEZIONE DA HBV, HCV, HIV
______________________________________________________
L’iter per la formulazione del giudizio passa attraverso i momenti fondamentali della
valutazione del rischio da un lato e, dall’altro lato, dello stato di salute dell’operatore, che dovrà
eventualmente portare ad una corretta diagnosi clinica.
In particolare, la valutazione del rischio puo’ offrire sufficienti indicazioni di cui si deve tenere
conto e non si possono oggi trascurare i rischi sia per la salute del lavoratore che per la salute di
terzi, conseguenti ad esempio ad una condizione di positività del lavoratore per HCVRNA,
HBVDNA, HIVAb (AIDS/TB Committee of the SHEA, 1997; Bolyard e coll., 1998; Lodi e coll., 1998;
Health Canada, 1998; Coggiola e Meliga, 2000; Verso e coll., 2001; UK Health Departments, 1998,
1998b, 2002b, 2002c).
Inoltre, nell’ambito della valutazione del rischio, particolarmente importante è la definizione più
precisa possibile delle cosiddette procedure invasive a rischio di esposizione per il paziente (EPP).
È noto infatti dai dati disponibili sulla valutazione del rischio che le procedure invasive eseguite in
prima persona sono quelle che possono determinare un rischio sia per l’operatore che per il
paziente assistito; pertanto, solo ad esse dovrà, in linea di principio, rivolgersi una eventuale
limitazione/prescrizione nel giudizio di idoneità, relativamente a coloro che sono portatori di HIV,
HBV o HCV in forma trasmissibile.
Diagnosi clinica: è il punto fondamentale, in cui il contributo del MC puo’ risultare essenziale. Non
è deontologicamente accettabile, particolarmente nel campo delle malattie trasmesse per via
ematica, non esperire tutti gli accertamenti disponibili atti a formulare una diagnosi clinicolaboratoristica accurata, che oggi si puo’ raggiungere in modo relativamente facile; infatti, in campo
microbiologico-virologico sono stati standardizzati vari test che identificano e quantificano il grado di
infettività dell’operatore sanitario.
Il MC puo’ e deve richiedere l’effettuazione di tali accertamenti (ad es, HCVRNA nell’operatore
HCVAb positivo, l’HBVDNA nel caso dell’operatore HBsAg positivo) ai fini diagnostici (vedi capitolo
su sorveglianza sanitaria), oppure per considerare la proposta di vaccinazione, o per valutare
eventuali rischi di sovrainfezione.
Dalla diagnosi discende, in considerazione del tipo di attività svolta dall’operatore, la formulazione
del giudizio di idoneità (NHS Executive, 2000; Puro e coll., 2001; OSHA, 2001; UK Department of
Health, 2003).
Va inoltre sottolineato che il lavoratore portatore di infezione da HBV, HCV o HIV puo’ essere
maggiormente suscettibile all’azione di altri fattori di rischio lavorativi quali l’esposizione rilevante a
possibili agenti epatotossici quali ad esempio taluni gas anestetici, farmaci o solventi, stress indotto
da varie condizioni quali turnazioni non adeguate, orari di lavoro molto prolungati, esecuzione o
assistenza in lunghi e complessi interventi chirurgici, significativa movimentazione manuale di
pazienti o carichi, sovrainfezione da altri virus epatotropi o da genotipi diversi dello stesso virus, o
nel caso in particolare del soggetto HIV positivo portatore di immunodepressione, in cui è da
rilevare la suscettibilità a vari tipi di infezione (Porru e coll., 1990; UK Department of Health, 1995,
1998a, 1998b; Bolyard e coll., 1998; Alessio e Porru, 1999;Coggiola e Meliga, 2000).
GIUDIZIO DI IDONEITA’
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tali condizioni, per le quali tuttavia non sempre esistono dati di evidenza scientifica, di volta in
volta, sulla base della valutazione del rischio, dovranno essere considerate nella formulazione del
giudizio di idoneità.
La Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS nel 1995 ha redatto le “Linee guida per
prevenire la trasmissione dell’HIV e dell’HBV dagli operatori infetti ai pazienti durante le procedure
invasive che determinano un rischio di esposizione”.
Tali Linee guida contengono raccomandazioni, che, in sintesi, propongono di escludere dalle
procedure invasive che determinano un rischio di esposizione per il paziente l’operatore sanitario
HBsAg positivo-HBeAg positivo e quello HBsAg positivo ed HBVDNA positivo; per questi lavoratori,
viene indicata una procedura di counselling e di riqualificazione, nonchè di controllo periodico
clinico-sierologico.
Il soggetto HIV positivo viene anch’esso escluso dalle procedure invasive come definite nelle Linee
guida; per il soggetto HIV positivo che non effettui procedure invasive, viene proposta una
valutazione caso per caso da parte di un comitato di esperti (costituito almeno da Infettivologo, un
membro della Direzione Sanitaria, da un operatore sanitario appartenente alla stessa disciplina
dell’operatore, eventualmente un medico di fiducia dell’operatore).
A commento di queste Linee Guida, per le parti che riguardano il giudizio di idoneità, va sottolineata
da un lato la raccomandazione di eseguire l’accertamento sierologico per HBV per tutti gli operatori
che eseguono procedure invasive.
Pero’ è da rilevare l’assenza di riferimenti ad un coinvolgimento del MC, l’assenza di riferimenti
all’HCV (che, come è noto, si colloca in posizione intermedia tra HIV e HBV, come rischio verso
terzi), la non chiarezza ed esaustività delle definizioni delle procedure invasive e delle procedure di
segnalazione dell’infezione alla struttura di appartenenza, l’assenza di indirizzi circa la periodicità
degli accertamenti.
Dall’altro lato, va sottolineato che la Commissione raccomanda di notificare lo stato di infezione da
HIV al preposto della struttura in cui opera, la necessità di eseguirne l’accertamento sierologico
anche ai fini medico-legali, la garanzia di confidenzialità, la necessità di non discriminazione e di
tutela del posto di lavoro. Inoltre, viene suggerito, a seguito di valutazione caso per caso ed in
considerazione di rapporto rischio -beneficio, di effettuare segnala zione, contatto e follow up dei
pazienti sottoposti a procedure invasive da operatori HIV o HBeAg positivi, dopo consultazione
dell’Autorità sanitaria e del comitato di esperti previsto per l’operatore HIV positivo ed approvazione
del protocollo di indagine dal comitato etico. Tale indicazione puo’ avere notevoli conseguenze sia
sul piano pratico che sul piano scientifico-epidemiologico (Commissione Nazionale per la Lotta
contro l’AIDS, 1995).
La Consensus Conference organizzata dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Istituto Spallanzani e
dall’Associazione Italiana per lo studio del fegato nel 1999, circa la gestione intraospedaliera del
personale HBsAg o HCVAb positivo, ha formulato varie raccomandazioni circa l’idoneità lavorativa
degli OS. In particolare, l’operatore sanitario portatore di HBsAg e HBVDNA positivo, oppure HBeAg
ed HBsAg positivo, oppure HCVAb e HCVRNA positivo, deve essere escluso da attività che
comportino esecuzione di procedure invasive come primo operatore. In tali condizioni, il datore di
lavoro deve assicurare nuove mansioni il più possibile affini, anche attraverso riqualificazione,
tutelando la retribuzione acquisita. Il lavoratore deve essere controllato periodicamente per
verificare l’andamento dell’infezione e la risposta all’eventuale trattamento, a seguito del quale puo’
essere anche riammesso alle mansioni precedenti.
Raccomandazioni, quindi, per quanto riguarda l’idoneità lavorativa in senso stretto, sostanzialmente
simili a quelle delle linee guida Ministeriali.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Una parte rilevante è poi dedicata alla gestione del paziente esposto al sangue di un operatore
sanitario infetto, con garanzie di counselling, profilassi e follow up e di riservatezza circa la fonte del
contagio. Non viene suggerito di eseguire un’indagine retrospettiva da operatore infetto a pazienti
assistiti.
Inoltre, da sottolineare che tali disposizioni si estendono al personale in formazione (scuole di
specializzazione, scuole mediche sanitarie).
Nella parte relativa alla tutela della riservatezza ed alla informazione e formazione, vengono altresì
formulate disposizioni per la struttura sanitaria (Consensus Conference, 2000)
La letteratura italiana riporta vari lavori o contributi in atti di congressi; sostanzialmente, emerge
la posizione che il soggetto HBsAg positivo, HBVDNA positivo, così come il lavoratore HBeAg
positivo, debba essere considerato non idoneo alle procedure invasive.
Per l’HCVAb positivo RNA negativo, non viene prevista nessuna prescrizione; per l’HCVRNA positivo,
emergono posizioni contrastanti, con pareri sia favorevoli sia contrari alla esclusione dalle procedure
invasive. Sono inoltre riportate indicazioni circa l’opportunità di considerare maggiormente
suscettibile il lavoratore positivo per HBV, HCV o HIV nei confronti delle sovrainfezioni da altri virus
epatotropi, con indicazioni circa l’esclusione da attività che comportino esecuzione di procedure
invasive su pazienti non noti da un punto di vista sierologico ed appartenenti a categoria a rischio,
così come da soggetti positivi per i virus sopraccitati (Atti II Congresso Nazionale di Medicina
Preventiva dei Lavoratori della Sanità, 1994; Coggiola e Meliga, 2000; Atti Congresso ANMELP,
2001; Verso e coll., 2001; Magnavita, 2002).
In ambito internazionale, deve essere sottolineata, nel campo della protezione dai virus a
trasmissione ematogena, la posizione del Regno Unito riportata nelle Linee guida per i lavoratori
della Sanità, in particolare il documento redatto dal Department of Health nel 1998.
In tale documento vengono formulate raccomandazioni la cui osservanza è volta a proteggere il
lavoratore della sanità da infezioni occupazionali dai virus HIV, HBV ed HCV, ma comportano anche
la protezione di pazienti o terzi presenti nell’ambiente sanitario.
Viene evidenzia to il ruolo del servizio di salute occupazionale circa l’indirizzo per le vaccinazioni.
Viene stabilito che coloro che effettuano procedure invasive a rischio di esposizione siano
immunizzati contro l’epatite B e che lo stato di immunizzazione dell’operatore deve essere noto
prima dell’esecuzione di tali procedure.
Viene indicato di ricorrere ad un apposito comitato di valutazione istituito nel Regno Unito, qualora
vi siano operatori infetti da tali virus e che eseguano procedure invasive, al fine di verif icare la
necessità di evitare tali manovre o di modificare le attività lavorative.
Altre Linee guida sono state formulate, nel Regno Unito, per quanto concerne le epatiti e l’HIV,
valide per il settore pubblico e privato, nonchè per il personale in formazione (UK Health
Departments, 2002a,b,c, 2003).
Specificatamente, il lavoratore HIV positivo non deve effettuare procedure invasive a rischio di
esposizione; procedure per la ricollocazione lavorativa devono essere opportunamente sviluppate.
Sono inoltre riportate disposizioni circa il diritto di informazione e di assistenza medica per il
paziente sottoposto a procedure invasive da parte di un operatore sieropositivo HIV. Tale lavoratore
– indipendentemente dall’esecuzione o meno di procedure invasive - deve inoltre prontamente
consultare il Medico del Lavoro ed essere sottoposto a sorveglianza sanitaria regolare. Anche la
Direzione Sanitaria dovrebbe essere informata. Vengono poi fornite indicazioni sulla confidenzialità
e sull’opportunità di evitare che il nome del lavoratore HIV positivo venga rivelato.
La decisione finale circa le procedure che un lavoratore infetto puo’ intraprendere deve essere
presa dal Medico del Lavoro, su base individuale.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Infine, interessanti linee guida del National Health Serv ice sempre nel Regno Unito sono state
pubblicate nel 2000, circa l’operatore HBV positivo, definito come colui che è positivo per HBsAg
(NHS Executive, 2000). In tale documento, valido per tutti coloro che eseguono procedure invasive
a rischio di esposizione, inclusi studenti, frequentatori, ostetriche, liberi professionisti e loro staff,
viene stabilito di determinare sistematicamente l’HBVDNA in tutti coloro che eseguono procedure
invasive a rischio di esposizione e sono HBsAg positivi ed HBeAg negativi; le procedure invasive
(nonchè il lavoro nelle dialisi) sono proibite per coloro che abbiano un titolo di HBV DNA superiore
di 103 genomi equivalenti/mL. Coloro che hanno un livello inferiore possono eseguire le procedure
invasive ma debbono essere valutati dal Medico del lavoro e controllati per il titolo di HBVDNA ogni
12 mesi; qualora tale lavoratore dovesse essere affetto da condizioni di immunosoppressione di
qualunque origine o presentasse sintomi suggestivi per riattivazione della malattia, deve essere
ritestato immediatamente per l’HBVDNA. La possibile evidenza epidemiologica di trasmissione
dell’HBV da operatore ad un paziente impone di allontanare immediatamente l’operatore dalla
procedure invasive.
L’operatore HBeAg positivo viene escluso anch’egli da tali procedure.
È da notare che il prelievo per il controllo dell’HBVDNA dovrebbe essere eseguito dal Servizio di
Medicina del Lavoro. Altra interessante indicazione riguarda il fatto che coloro che sono in
trattamento con interferone non dovrebbero eseguire procedure invasive e che al termine del
trattamento devono comunque controllare l’HBVDNA prima di essere riammessi a tali procedure.
Coloro che rifiutano il test non dovrebbero essere ammessi all’effettuazione delle procedure
invasive.
Viene evidenziato il ruolo chiave nella gestione di tali lavoratori da parte del Medico del lavoro.
Anche in questo caso, è sottolineato il fatto che il datore di lavoro dovrebbe essere informato
confidenzialmente, quando è a rischio la salute di terzi.
Infine, sono di recentissima pubblicazione le Linee guida del Department of Health del Regno Unito,
riguardanti malattie trasmissibili quali TB, HIV, HBV, HCV, nonchè specifiche Linee guida per il
lavoratore della sanità infetto da HCV. In sintesi, viene ribadito che per tutti gli operatori che
effettuano procedure invasive a rischio di esposizione è obbligatorio documentare, in fase di
assunzione, lo stato immunologico nei confronti di TB, HIV, HCV, HBV e che coloro che sono
positivi per HCVRNA, HBVDNA o HIV dovrebbero essere esentati dall’eseguire manovre invasive a
rischio di esposizione (UK Department of Health, 2001, 2002a e b, 2003).
È necessario che il lavoratore venga preventivamente informato delle implicazioni che la positività
per i marcatori sopraccitati puo’ avere sulla carriera futura e che egli acconsenta al test. Se si
rifiuta di eseguire i test sierologici, il lavoratore viene trattato come se fosse portatore di infezione e
quindi escluso dalle manovre a rischio di esposizione.
In Canada, le linee guida per la prevenzione della trasmissione dei virus ematogeni pubblicate dal
Ministero della Sanità, indicano come principio etico fondamentale che il lavoratore della sanità
infetto e che possa porre a rischio i pazienti, ricerchi assistenza medica qualificata e che faccia
conoscere tale stato al proprio ordine professionale o, in subordine, all’autorità pubblica locale o al
Servizio di Medicina del Lavoro; inoltre, tutti coloro che eseguono procedure invasive hanno il
dovere etico di venire a conoscenza del proprio stato sierologico. I criteri utilizzati per valutare
l’idoneità sono la valutazione clinica, la conoscenza ed applicazione delle misure di prevenzione e
controllo delle infezioni, il rischio di infortunio nella specifica attività svolta, tenendo conto della
capacità e competenza dell’operatore, non solo della sieropositività.
Sono inoltre riportate specifiche disposizioni per non rivelare – in linea generale – l’identità
dell’operatore infetto.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
78
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Viene stabilito l’obbligo di vaccinarsi per l’epatite B anche per gli studenti che eseguono procedure
invasive.
I lavoratori HBeAg positivi non eseguono procedure invasive, almeno fino a decisione di un
apposito comitato provinciale -regionale di consultazione e di decisione, costituito da un Medico del
Lavoro, un infettivologo, un esperto di controllo di infezioni, un igienista, un esperto in risk
assessment ed un medico della stessa disciplina dell’operatore infetto. Il responsabile finale
dell’assistenza medica dell’operatore è il suo medico curante (Health Canada 1997, 1998, 1999,
2002).
Per quanto concerne l’HCV, va peraltro notato come in altri Paesi vi siano posizioni che non
controindicano le procedure invasive per lavoratori HCV o anche HIV positivi, a meno che non vi sia
stata evidenza che l’operatore sia stato causa di trasmissione (AIDS/TB Committee of the SHEA,
1997; Bolyard e coll., 1998; CDC, 2001). Tale posizione, è da sottolineare, ha carattere
scarsamente preventivo, poichè presuppone che si manifesti un danno, piuttosto che anticiparlo.
Inoltre, tali OS devono essere indirizzati al Medico del Lavoro, ricevere adeguata formazione e
counselling circa le disposizioni da osservare per i pazienti esposti al loro sangue.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
79
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
5.3 – GIUDIZIO DI IDONEITA’ PER ALTRE MALATTIE O INFEZIONI
______________________________________________________
I Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta degli Stati Uniti (CDC) hanno da tempo
formulato alcune raccomandazioni circa le “restrizioni” delle attività lavorative per lavoratori affetti
da condizioni che pongono un rischio infettivologico per se stessi o per terzi (Bolyard e coll., 1998).
Anche il Centre for Infectious Disease Prevention and Control, istituzione pubblica nel Canada, ha
prodotto Linee guida sul controllo delle infezioni nei lavoratori della sanità, che hanno anche il
pregio di essere molto recenti (Health Canada, 2002).
Tali Centri sono le uniche istituzioni che – al meglio delle nostre conoscenze – risultano aver
affrontato in maniera sistematica il tema delle limitazioni lavorative nel campo del RB; inoltre, tali
indicazioni sono state pubblicate nella letteratura scientifica, nell’ambito di Linee guida per il
controllo infettivologico nei lavoratori della sanità. La tabella 19 riporta la traduzione in italiano, con
qualche modifica minore, delle prescrizioni contenute in tali sinopsi.
Le prescrizioni sulle idoneità lavorative riportate nelle Linee guida canadesi sono sostanzialmente
sovrapponibili, salvo che per i virus emotrasmessi.
Infatti, il CDC canadese riporta, per coloro che sono infetti dal virus dell’epatite C, B o HIV,
indicazioni circa eventuali limitazioni o modificazioni delle attività lavorative nei lavoratori con
dermatosi significative o per coloro che eseguono procedure invasive a rischio di esposizione,
invece i CDC degli Stati Uniti formulano raccomandazioni per l’esclusione da procedure invasive solo
per HIV e HBV, non per HCV, e non considerano il caso particolare del lavoratore affetto da
dermatosi.
Inoltre, i canadesi considerano il soggetto HIV positivo come immunodepresso e propongono la
limitazione all’assistenza di alcuni tipi di pazienti affetti da malattie infettive trasmissibili per via
respiratoria (tubercolosi, varicella -zoster, influenza). I canadesi includono nel loro documento altre
condizioni per cui il lavoratore può essere esposto, portatore, infetto o malato, quali l’epatite di tipo
E, le cui indicazioni per le idoneità sono simili a quelle per l’epatite A; la malattia di Creutzfeld
Jacobs, il Virus di Epstein Barr e la Malaria, per cui non sono previste limitazioni particolari. Sono
inoltre considerate limitazioni per il virus dell’influenza (escludere da attività lavorativa per 7 giorni
dopo l’inizio della sintomatologia, a meno di aver iniziato terapia antivirale) e per la tinea (evitare
assistenza diretta a pazienti se le lesioni non possono essere coperte) (Bolyard e coll., 1998; Health
Canada, 2002).
A nostro parere, le limitazioni o prescrizioni indicate da tali CDC possono utilmente essere
considerate anche dai Medici del la voro in Italia, in quanto sono complessivamente equilibrate
nonchè abbastanza facilmente applicabili da un punto di vista pratico.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
80
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
5.1 – PROPOSTA DI MODALITA’ DI FORMULAZIONE DEL GIUDIZIO
DI IDONEITA’
______________________________________________________
Naturalmente, non è possibile applicare automatismi, poichè ad una data malattia non
corrisponde immediatamente un determinato giudizio di idoneità, e, particolarmente per il RB e per
le molte possibili situazioni cliniche e di rischio che possono condizionare la formulazione del
giudizio, è necessario procedere ad una valutazione caso per caso.
Le procedure invasive eseguite in prima persona determinano da un lato un rischio per l’operatore
sanitario di acquisire infezioni da pazienti affetti da malattie trasmissibili per via ematogena;
dall’altro lato, contemporaneamente, condizionano un rischio di trasmissione di virus ematogeni da
operatore a paziente.
Altro punto essenziale è che gli operatori sanitari che non eseguono in prima persona
procedure invasive a rischio di esposizione non rappresentano un rischio rilevante di
trasmissione di HIV, HCV, HBV, pertanto non è necessario procedere ad alcuna
limitazione nel giudizio di idoneità.
Qualora sia necessario indicare prescrizioni, in particolare per i virus trasmessi per via ematogena,
potrà essere utile specificare, nel giudizio di idoneità, la necessità del rispetto delle precauzioni
standard per il RB.
Esse infatti – qualora seguite correttamente - contribuiscono a ridurre in modo molto significativo il
rischio di trasmissione di patogeni per via ematica in particolare, con riferimento sia alla via
operatore - paziente, che alla via paziente-operatore, oltre che tra pazienti stessi.
Inoltre, poichè tali precauzioni dipendono sia dall’organizzazione del lavoro e dalle procedure
previste, sia dal comportamento dell’operatore, sia dai mezzi messi a disposizione degli operatori,
tale specificazione consente di rendere più cogenti le disposizioni sia per l’operatore che per il
datore di lavoro. Tale suggerimento, infine, è riportato anche da autorevoli istituzioni, per varie
malattie e condizioni infettivologiche (Bolyard e coll., 1998; Health Canada, 2002).
Sulla base di quanto sopra riportato, si formulano, a titolo di esempio, alcune indicazioni circa la
formulazione del giudizio di idoneità per i lavoratori portatori di infezione da virus trasmessi per via
ematica:
1) HBeAg positivo:
a) Non idoneo alla effettuazione in prima persona di procedure invasive a rischio di
esposizione. Necessario il rispetto delle precauzioni standard.
b) idoneo. Necessario l’uso costante di doppi guanti durante l’esecuzione in prima
persona di procedure invasive a rischio di esposizione. Necessario il rispetto delle
precauzioni standard.
In particolari situazioni (ad es. trattamento politraumatizzati, sternotomie, interventi
su fratture esposte, potra’ essere necessario prescrivere l’uso di guanti antitaglio).
2) HBsAg positivo, HBV DNA positivo:
a) Non idoneo alla effettuazione in prima persona di procedure invasive a rischio di
esposizione. Necessario il rispetto delle precauzioni standard.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
81
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
b) idoneo. Necessario l’uso costante di doppi guanti durante l’esecuzione in prima
persona di procedure invasive a rischio di esposizione. Necessario il rispetto delle
precauzioni standard.
In particolari situazioni (ad es. trattamento politraumatizzati, sternotomie, interventi
su fratture esposte, potra’ essere necessario prescrivere l’uso di guanti antitaglio).
3) HCV Ab positivo, RNA positivo:
a) Non idoneo alla effettuazione in prima persona di procedure invasive a rischio di
esposizione. Necessario il rispetto delle precauzioni standard.
b) idoneo. Necessario l’uso costante di doppi guanti durante l’esecuzione in prima
persona di procedure invasive a rischio di esposizione. Necessario il rispetto delle
precauzioni standard.
In particolari situazioni (ad es. trattamento politraumatizzati, sternotomie, interventi
su fratture esposte, potra’ essere necessario prescrivere l’uso di guanti antitaglio).
4) HCVAb positivo, HCV RNA negativo:
idoneo.
5) HIV Positivo
a) Non idoneo alla effettuazione in prima persona di procedure invasive a rischio di
esposizione. Necessario il rispetto delle precauzioni standard.
b) idoneo. Necessario l’uso costante di doppi guanti durante l’esecuzione in prima
persona di procedure invasive a rischio di esposizione. Necessario il rispetto delle
precauzioni standard.
In particolari situazioni (ad es. trattamento politraumatizzati, sternotomie, interventi
su fratture esposte, potra’ essere necessario prescrivere l’uso di guanti antitaglio).
Per poter decidere tra le ipotesi a o b, eventualmente in commissione esperti (vedi anche paragrafo
5.5), dovranno essere sottoposte ad attenta valutazione: tipologia delle procedure invasive a rischio
di esposizione, organizzazione del lavoro, disponibilità e caratteristiche dei DPI, tecniche
chirurgiche, tipologia dei pazienti assistiti, precedenti eventi lesivi intraoperatori, evidenze di
precedenti trasmissioni. Se tutto cio’ porta ad una valutazione del rischio tale da concludere per
rischio trascurabile, si puo’ formulare l’ipotesi b. In caso contrario, formulare ipotesi a.
6) Lavoratore in terapia antivirale (interferone, ribavirina, anti HIV)
Non idoneo alla effettuazione in prima persona di procedure invasive a rischio di
esposizione. Necessario il rispetto delle precauzioni standard.
Nota: Il MC deve indicare nel giudizio di idoneita’ dopo quanto tempo intende rivalutare il caso (si
intende durante o dopo l’effettuazione della terapia antivirale ).
Nota: Se la terapia antivirale (B,C) ha successo (HCVRNA negativo, HBVDNA negativo, per almeno
6 mesi dopo la cessazione della terapia), il lavoratore è idoneo senza limitazioni.
I controlli periodici successivi sono analoghi a quelli predisposti per gli altri lavoratori.
7) Lavoratore che rifiuta il test di screening per HBV, HCV
Non idoneo alla effettuazione in prima persona di procedure invasive a rischio di
esposizione. Necessario il rispetto delle precauzioni standard.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
82
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
8) RIFIUTO DEL LAVORATORE DI EFFETTUARE GLI ACCERTAMENTI SANITARI
DISPOSTI DAL MEDICO COMPETENTE
Il MC, a seguito della VdR, propone, in scienza e coscienza, l’effettuazione di accertamenti sanitari
mirati al rischio; nella fattispecie, ad esempio, la ricerca di marcatori atti a valutare lo stato
immunitario del lavoratore nei confronti di particolari AB, al fine di proporre l’esecuzione di
vaccinazione raccomandata nel soggetto non immune (art.86, D.Lgs 626/94).
Secondo la Costituzione (art.32), nessuno puo’ essere obbligato ad un determinato trattamento
sanitario (quali prelievi ed analisi) se non per disposizioni di legge.
Qualora un lavoratore, dopo adeguata informazione specifica da parte del MC, rifiutasse di
sottoporsi ad una particolare analisi volta a valutare lo stato immunitario per un AB per il quale sia
disponibile un vaccino efficace e raccomandato, si ritiene che cio’ costituirebbe una valida
motivazione a formulare un giudizio di non idoneità alla specifica mansione a rischio. Tale posizione
è riportata anche in Linee Guida internazionali (UK Health Department, 2002a, 2002b; 2003;
Health Canada, 2002).
Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti deve essere sottoscritto dal lavoratore nel proprio
documento sanitario.
9) RIFIUTO DEL LAVORATORE DI SOTTOPORSI A VACCINAZIONE DISPOSTA DAL
MEDICO COMPETENTE. SOGGETTI NON RESPONDERS O CON CONTROINDICAZIONI
ASSOLUTE ALLA VACCINAZIONE.
Si rimanda al capitolo sulle vaccinazioni.
10) ALTRE IDONEITÀ PER LAVORATORI IPERSUSCETTIBILI
(ad es. dermatosi secernenti, lesioni cutanee essudative in atto, deficit immunologici)
Non idoneo all’assistenza diretta del paziente.
Non idoneo alla manipolazione di strumenti o presidi o apparecchiature in precedenza impiegati per
procedure invasive.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
83
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
5.5 – LA GESTIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITA’
______________________________________________________
La formulazione di un giudizio di idoneità è specifica responsabilità del MC.
Il giudizio di idoneità puo’ comportare limitazioni delle attività lavorative (ad esempio nei soggetti
HBVDNA, HCVRNA o HIV positivi) e puo’ determinare significative conseguenze sia a livello
individuale per il lavoratore, sia di carattere organizzativo in senso lato.
È responsabilità dell’Azienda Sanitaria la disposizione e l’attuazione di misure che prevengano la
trasmissione di infezioni a terzi; cio’ puo’ comportare l’adozione di provvedimenti restrittivi, che si
basano naturalmente sulle caratteristiche epidemiologiche dell’agente infettivo.
Per una gestione più efficace ed efficiente di tale problematica, per la valutazione dei casi singoli
appare utile avvalersi di una Commissione di esperti, che potrà essere attivata in ambito aziendale
(con nomine formulate dal Direttore Generale) o, preferibilmente, in ambito territoriale (ad esempio
interaziendale o regionale).
La composizione della commissione è la seguente: il Direttore Sanitario con funzioni di Presidente,
su delega del Datore di Lavoro, un Medico del Lavoro, un Medico Legale, un infettivologo, un
medico o un operatore sanitario almeno di pari livello professionale appartenente alla stessa
disciplina dell’operatore oggetto delle possibili limitazioni dell’idoneità lavorativa.
I componenti della commissione – di norma – non possono rilasciare deleghe.
Il MC dell’Azienda sanitaria in cui si è verificato il caso illustra e discute il caso stesso in
Commissione.
Qualora il MC venga a conoscenza - nell’ambito della sorveglianza sanitaria o allorquando venga
informato specificatamente dal lavoratore – che un operatore sanitario che esegue procedure
invasive a rischio di esposizione è infetto da HBV, HCV o HIV in forma trasmissibile, oppure se un
lavoratore rifiuta lo screening virale, oppure, ogniqualvolta a giudizio del MC sussistano condizioni
tali da dover eventualmente porre delle limitazioni per procedure invasive a rischio di esposizione
per il paziente, si possono presentare le due alternative:
- il MC esprime il giudizio di idoneità
- il MC informa per iscritto tempestivamente la Direzione Sanitaria aziendale della necessità di
richiedere il parere della Commissione.
Tale posizione e’ inoltre giustificata da quanto previsto dalle gia’ citate Autorizzazioni n.1 e 2 del
Garante per la protezione dei dati personali.
L’attivazione della Commissione quindi non è necessaria in tutti i casi, ma avviene su richiesta del
MC, ogniqualvolta egli ritenga opportuna l’acquisizione di un parere multidisciplinare di esperti ai fini
di una migliore formulazione del giudizio di idoneità.
Compiti della Commissione sono, a titolo di esempio, riesaminare il caso da un punto di vista
clinico, valutare le attività lavorative specifiche nel dettaglio, considerare eventuali evidenze
epidemiologiche di precedenti casi di trasmissione da parte del lavoratore, esaminare le condizioni
organizzative dell’attività lavorativa, quali disponibilità e caratteristiche dei DPI e dei presidi di
sicurezza, il rispetto delle precauzioni standard, le tecniche chirurgiche, la tipologia dei pazienti
assistiti, l’eventuale evidenza di precedenti infortuni a rischio di contagio per il paziente.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Possono essere acquisiti pareri formali dal Servizio di Prevenzione e Protezione.
La Commissione ha l’incarico di identificare e gestire i percorsi per l’applicazione del giudizio di
idoneità con limitazioni e di fornire indicazioni specifiche su quali procedure o quali fasi di procedure
deve eventualmente evitare l’operatore sanitario, unitamente ad indicazioni di carattere
organizzativo (uso di specifici DPI, apparecchiature, tecniche chirurgiche, etc.).
La Commissione formula un parere, che viene indirizzato al MC, che redigerà il giudizio di idoneità.
Una procedura aziendale, predisposta a priori, dovrebbe definire le procedure per una eventuale
riqualificazione temporanea o permanente del lavoratore, che dovrebbe mantenere mansioni affini
alle precedenti, identificando i relativi percorsi formativi.
Al lavoratore sono garantiti la conservazione del posto di lavoro nonchè il livello retributivo
raggiunto.
L’Azienda Sanitaria provvede affinchè una equipe costituita almeno da MC, infettivologo, assistente
sanitario ed eventualmente psicologo sia specificatamente addestrata e disponibile per il counselling
infettivologico occupazionale, nonchè per un eventuale supporto medico-psicologico e per
counselling di carattere generale (ad es. rischi per familiari, la comunità, accertamenti post
esposizione); tale equipe è di norma gestita dalla Direzione Sanitaria .
Il rispetto della riservatezza dei dati è essenziale: la Commissione stabilisce procedure per la tutela
della riservatezza del nome del lavoratore infetto (ad esempio, trasmissione dei dati sanitari
attraverso un codice identificativo), poichè non è necessario che il nome del sanitario venga portato
a conoscenza dei membri della Commissione.
Circa la necessità di effettuare un’indagine retrospettiva sui pazienti (cosiddetti trace back e look
back), attualmente le posizioni della letteratura internazionale sono variabili. Le Linee guida
Canadesi sostanzialmente la raccomandano, nel Regno Unito è considerata possibile, le linee Guida
del Ministero suggeriscono di valutare caso per caso, la Consensus Conference “Spallanzani” non la
raccomanda (Health Canada, 1997, 1998; Commissione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS, 1995;
Consensus Conference, 2000; UK Health Department, 2003).
Considerazioni complessive di costo/beneficio suggeriscono di non effettuare, se non in situazioni
particolari adeguatamente motivate, tale attività retrospettiva.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
5.6 – CONSENSO INFORMATO. FLUSSI INFORMATIVI
_____________________________________________________
Al fine di ottemperare all’obbligo di informare il paziente su tutti i rischi della specifica procedura
diagnostica-terapeutica, è opportuno che la Direzione Sanitaria predisponga un modello di
Consenso informato alla particolare procedura invasiva a rischio di esposizione, che includa anche il
rischio di trasmissione di infezioni.
Un operatore sanitario infetto che durante una procedura invasiva a rischio di esposizione rilevi
una possibile contaminazione di un paziente, ha l’obbligo di segnalare il fatto alla Direzione
Sanitaria. Il paziente oggetto della procedura invasiva a rischio di esposizione non deve essere
informato circa il nome del lavoratore infetto o delle circostanze cui ricondurre l’esposizione; ha
naturalmente il diritto di essere informato circa il virus cui è stato esposto al fine di accedere alle
appropriate misure di counselling, terapeutiche, profilattiche.
La Direzione Sanitaria gestisce la comunicazione con il paziente, indicativamente attraverso la
stessa equipe che gestisce l’informazione per il lavoratore e predispone un apposito modulo da
sottoporre al paziente.
La Direzione Sanitaria diffonde ai lavoratori le linee guida aziendali sulla tematica del RB in generale
e la gestione del giudizio di idoneità in particolare. Tale informazione dovrebbe essere effettuata
all’atto dell’assunzione o del cambio di mansione.
Il MC è tenuto al segreto professionale, secondo quanto previsto dall’art.622 del Codice Penale
nonche’ dalla L.675/96. Tuttavia, esistono alcune condizioni di “giusta causa” di rivelazione, quali la
necessità di denuncia, referto, notifica, certificazione obbligatoria, la richiesta specifica da parte
della persona o del suo legale rappresentante, previa specifica informazione sulle conseguenze o
sull’opportunità delle rivelazione, l’urgenza di salvaguardare la vita o la salute dell’interessato o di
terzi sia nel caso che l’interessato non sia in grado di prestare il proprio consenso per impossibilità
fisica, incapacità di agire o di intendere e volere, sia nel caso di diniego dell’interessato.
Pertanto, qualora il MC debba affrontare il caso di un operatore sanitario portatore di una
condizione infettiva che pone a rischio la salute di terzi, ad esempio attraverso manovre chirurgiche
invasive, egli deve eventualmente procedere alla denuncia di malattia infettiva, informare il
lavoratore sui rischi cui espone i pazienti da lui assistiti , richiedere un consenso informato
per procedere all’eventuale rivelazione del segreto professionale nelle sedi opportune.
Tuttavia qualora l’interessato non abbia prestato il proprio consenso, si ribadisce che il MC è
autorizzato, ai sensi delle autorizzazioni n. 1/1997 e 2/1997 del Garante per la Protezione dei dati
personali, a trattare i dati idonei a rivelare lo stato di salute al fine di tutelare l’incolumità fisica e la
salute di terzi.
GIUDIZIO DI IDONEITA’
86
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
6.
L’INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE SUL RISCHIO BIOLOGICO
6.1 – PREMESSA
___________________________________________________
Obiettivo di questo capitolo è quello di fornire al MC elementi utili per la realizzazione
di un percorso informativo/formativo sul RB rivolto agli OS, in un contesto complesso quale
quello delle organizzazioni sanitarie.
6.2 – L’INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE
___________________________________________________
Il D.Lgs. 626/94 indica l’informazione, la formazione, la consultazione e la
partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti tra le misure generali di tutela.
L’informazione e la formazione costituiscono strumenti importanti per la gestione del
rischio, sono processi dinamici, complessi che mirano a trasferire a tutti i soggetti interessati
conoscenze e strumenti che inducano una modifica dei comportamenti, al fine di eliminare o
ridurre il rischio (Guerra, 2000).
6.2.1 L’INFORMAZIONE
L’informazione intesa come comunicazione del rischio riguarda le diverse figure
dell’organizzazione con differenti livelli di responsabilità.
L’obbligo principale attiene al datore di lavoro e i destinatari privilegiati sono i
lavoratori. Tuttavia anche altri flussi sono definiti dalla norma da e verso il datore di
lavoro, il MC, i lavoratori e l’RLS.
Al MC spetta l’obbligo di informare:
INFORMAZIONE- FORMAZIONE
87
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
-
-
-
DRAFT
Datore di lavoro, riguardo all’inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore
e all’esistenza di anomalie imputabili all’esposizione ad AB in lavoratori esposti in modo
analogo;
Lavoratori, sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e sulla
necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività
che comporta il rischio di esposizione ad AB; tale informazione è fornita
specificatamente ad ogni lavoratore, associata a quella su vantaggi ed inconvenienti
della vaccinazione e non vaccinazione e sulla eventuale inidoneità parziale o
temporanea o totale;
RLS, riguardo ai risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali
effettuati e sul loro significato.
Oltre i compiti di legge, spettano al MC, in relazione a quanto proposto nelle presenti
linee-guida (paragrafo 5.5), due importanti atti informativi: l’informazione alla Direzione
Sanitaria aziendale, circa la necessità di richiedere il parere della prevista Commissione di
esperti per l’acquisizione di un parere multidisciplinare ai fini di una migliore formulazione
del giudizio di idoneità, nonche’ il counselling infettivologico. Questo, gestito in
collaborazione con l’infettivologo ed eventualmente con lo psicologo, può riguardare
l’aspetto occupazionale ed è relativo agli esiti del giudizio d’idoneità o ad aspetti generali
come rischi per i familiari, la comunità, accertamenti post-esposizione, comportamenti
igienico-sanitari.
6.2.2 LA FORMAZIONE
Nell’ambito della tutela degli OS dal RB, la formazione gioca un ruolo
particolarmente importante (Porru e coll., 1994; Lucchini e coll., 1994).
Alcune semplici precauzioni come il lavaggio accurato delle mani, l’uso corretto dei
guanti, la rimozione e smaltimento corretto di aghi e taglienti rappresentano modalità
efficaci nel contrastare la diffusione delle infezioni; diverse esperienze sottolineano il
ruolo strategico della formazione nell’acquisizione di comportamenti corretti (Rosenthal
e coll., 2003), nonostante la compliance dei lavoratori verso tali procedure sia bassa
(Roy e Robillard, 1994).
I riferimenti legislativi d’interesse che modulano l’attività formativa
nella struttura sanitaria sono due: il DPR 14.1.97, riguardante i requisiti minimi
per l’autorizzazione all’esercizio delle attività sanitarie, ed il D.Lgs. 626/94.
Il DPR 14.1.97 prevede per ciascuna struttura sanitaria la definizione di un
programma di formazione e l’individuazione di un responsabile che ne curi il progetto.
In tal modo la formazione diviene attività irrinunciabile e prioritaria all’interno
dell’organizzazione. Le iniziative formative per la sicurezza dei lavoratori devono essere
parte integrante di tale programma.
Il D.Lgs. 626/94 individua i lavoratori e i loro rappresentanti come unici soggetti della
formazione riguardo alla sicurezza ed alla salute sul luogo di lavoro. Tale impostazione
rende parziale l’intervento formativo, poiche’ agisce solo su una delle parti in causa.
Il datore di lavoro, attraverso l’RSPP, è responsabile della formazione; il MC è tuttavia il
principale collaboratore sia nella fase di analisi del contesto, che nella progettazione
degli eventi, cui può partecipare in qualità di formatore.
INFORMAZIONE- FORMAZIONE
88
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Gli artt. 21 e 22 individuano i momenti fondamentali della formazione definendone i
contenuti generali, le modalità e la periodicità.
L’intervento
formativo
non
può
prescindere
dalla
conoscenza
dell’organizzazione, in particolare degli obiettivi, del suo funzionamento, delle
interazioni con l’ambiente, delle risorse e dei vincoli presenti.
Punti fondamentali della formazione sono: la definizione e la programmazione degli
interventi con la destinazione di risorse vincolate, la pianificazione di un sistema di
valutazione, l’adozione di strumenti formativi di alta efficacia (Kaneklin, 1990; Guerra,
1992).
La formazione deve essere inserita in un progetto nel quale siano definiti i
bisogni formativi, i destinatari, gli obiettivi, i contenuti, la metodologia
didattica, gli indicatori di valutazione e di verifica di efficacia.
Si possono distinguere tre fasi: l’analisi del contesto, la progettazione dell’intervento, la
valutazione e verifica d’efficacia .
Il MC può essere chiamato a intervenire in una o più fasi del progetto, potendo
ricoprire anche il ruolo di docente; pertanto è necessario che sviluppi le proprie
competenze formative acquisendo strumenti e metodologie appropriate.
6.2.2.1 - A NALISI DEL CONTESTO
L’analisi riconosce tre momenti fondamentali: conoscenza del contesto organizzativo,
individuazione dei destinatari, analisi dei bisogni formativi.
L’analisi del contesto non può prescindere dal documento di VdR. Attraverso tale
documento e’ possibile l’individuazione dei bisogni formativi, i possibili destinatari, le
questioni che si vogliono affrontare, l’esistenza di risorse, i vincoli che l’organizzazione
generale pone, i problemi esistenti.
Il MC deve comprendere la realtà organizzativa, utilizzando lo strumento che la stessa
norma gli fornisce (ad es. dati epidemiologici della struttura, in particolare gli IRB,
caratteristiche delle mansioni, modalità e tecniche di lavoro, procedure invasive a rischio di
esposizione, misure di prevenzione già adottate, etc.).
A partire dalla VdR, l’analisi può prevedere l’effettuazione di sopralluoghi conoscitivi per
valutare le caratteristiche tecniche, ambientali e operative al momento della progettazione
dell’intervento formativo, anche attraverso colloqui con capo-sala, preposti o responsabili di
unita’. Inoltre, può essere opportuno valutare il livello delle conoscenze e di percezione del
rischio degli OS attraverso la somministrazione di questionari o interviste (Lucchini e coll.,
1994: Fantini e coll., 1994).
6.2.2.2 PROGETTAZIONE DELL’ INTERVENTO
La progettazione della formazione prevede la pianificazione dell’intervento, la definizione
degli obiettivi, dei contenuti e della metodologia didattica.
Altro requisito per la definizione del progetto di formazione è l’esistenza di un piano formale
per la formazione del personale (McCoy e coll., 2001; Rosenthal e coll., 2003), che sia
condiviso da parte delle figure dirigenziali interessate, in particolare l’RSPP, il responsabile
della formazione aziendale, la Direzione Sanitaria, il servizio infermieristico, i dirigenti
sanitari e i capo-sala o altri preposti interessati, il MC.
All’interno del piano può essere programmata la formazione degli OS esposti a RB,
definendo in primo luogo i flussi informativi tra le diverse figure coinvolte.
È necessario che sia costituito un gruppo per la formazione, di cui il MC faccia parte e
questo sia costituito almeno da: SPP, rappresentanti dei caposala, infettivologo,
rappresentante del servizio infermieristico e della direzione sanitaria.
È inoltre necessario in questa fase precisare a chi è rivolto l’intervento (personale
neoassunto, personale gia’ in attivita’, personale appartenente a reparti che si trovino in
particolari situazioni di RB, personale in formazione, etc.)
INFORMAZIONE- FORMAZIONE
89
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
6.2.2.2.1 Definizione degli obiettivi
Gli obiettivi sono identificabili con ciò che i discenti devono essere capaci di realizzare a
termine di un periodo di insegnamento-apprendimento, che non erano capaci di realizzare
prima. Possono essere distinti in obiettivi generali e specifici.
Obiettivi generali
Sono validi per tutti gli OS e riguardano in generale l’acquisizione di strumenti utili al
riconoscimento e al contenimento del rischio. Alcuni di essi sono riferibili alle condizioni
organizzative. Gli obiettivi principali possono essere, a titolo di esempio:
- la conoscenza e l’applicazione delle precauzioni standard;
- la riduzione del rischio per la salute derivante dall’esposizione ad AB;
- la consapevolezza di tutti i fattori specifici che contribuiscono a determinare
quantitativamente e qualitativamente il rischio (ad es. tecniche di lavoro, dispositivi sicuri,
lavaggio delle mani, uso corretto dei DPI, corretto smaltimento dei rifiuti, etc.)
- l’acquisizione di autonomia nelle scelte di tecniche e modalità procedurali sicure.
- diminuzione degli IRB
- miglioramento dell’organizzazione del lavoro.
Obiettivi specifici
Sono definiti di volta in volta per ciascuna area di lavoro e per ciascuna mansione, tenendo
conto della VdR, delle misure organizzative e di tutela adottate per quella particolare area.
Nella definizione degli obiettivi, il ruolo del MC diventa insostituibile.
6.2.2.2.2 Definizione dei contenuti
Riguardano gli obiettivi del corso, i principi normativi, i dati epidemiogicici, le caratteristiche
delle infezioni più frequentemente trasmissibili agli OS, le strategie per il controllo delle
infezioni, precauzioni standard, DPI, Dispositivi di protezione collettiva, dispositivi medici
sicuri, pulizia, disinfezione e sterilizzazione, gestione e sorveglianza sanitaria del personale
esposto comprese le PPE ed il follow-up post IRB, vaccinazioni, idoneita’ lavorative,
raccomandazioni circa l’uso dei guanti di lattice.
6.2.2.2.3 Definizione della metodologia didattica
La maggiore difficoltà che il formatore si trova ad affrontare in aula è quella di proporre
argomenti che non siano troppo lontani dalla realtà quotidiana. Il problema è avvicinare
l’insegnamento e l’apprendimento alla pratica lavorativa.
Va considerato che ci si rivolge a soggetti professionisti che conoscono i processi di lavoro
e che sono consapevole della difficoltà di inserirvi le innovazioni o i cambiamenti che
vengono loro proposti, anche quando questi siano relativi alla tutela della loro salute e
sicurezza.
Compito del formatore è tutelare gli apprendimenti, per far sì che le informazioni arrivino a
destinazione e siano ben comprese da chi ascolta. Alcuni elementi da tenere presenti nella
costruzione di un percorso didattico-informativo sono:
• Si può fare a molte persone contemporaneamente, anche attraverso documenti,
internet, intranet (cosiddetto e-learning), ma e’ preferibile eseguirla in piccoli gruppi
(orientativamente 15-25 persone) (Lemaire e Greene, 2003)
• E’ efficace in genere solo su chi è motivato
• E’ basata sull’ascolto e l’interazione
• Il messaggio viene interpretato alla luce della cultura locale, dei partecipanti e del
contesto in cui avviene.
• Agisce sugli atteggiamenti, modi di fare, pensare, valori, attraverso il confronto e la
riflessione.
E importante illustrare bene gli obiettivi del corso, fornire il materiale da consultare,
differenziare i contenuti, i linguaggi, i modi a seconda dei ruoli e dei modelli di
INFORMAZIONE- FORMAZIONE
90
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
apprendimento che le persone hanno. Le lezioni devono attivare la riflessione su cosa si fa
quando si lavora.
Dopo la lezione è importante prevedere la discussione, per accogliere obiezioni, domande e
permettere lo scambio di esperienze.
Per modificare i comportamenti la sola didattica non basta; è necessario che vi sia
un’elaborazione delle conoscenze da parte degli OS e che ciò si traduca in interventi
sull’organizzazione. Formazione significa quindi fornire strumenti non solo conoscitivi ma
anche metodologici.
Sono utili le esercitazioni che rendono espliciti modi di fare e di pensare, che possono
mostrare gli aspetti proscrittivi (ciò che non si deve fare) piuttosto che quelli prescrittivi (ciò
che si deve fare), utilizzando esempi concreti (ad es. precauzioni standard, uso di DPI,
tecniche di manovre invasive, etc.).
6.3 – VALUTAZIONE E VERIFICA D’EFFICACIA
___________________________________________________
L’importanza della formazione sulla sicurezza viene genericamente riconosciuta da più
parti, ma le difficoltà legate alla valutazione della sua efficacia in termini di impatto
sull’organizzazione, cambiamento delle prassi lavorative, miglioramento della qualità rendono
ancora difficoltoso un’esatta misura del rapporto costo-beneficio (Roy e Robillard, 1994).
Dalla letteratura emergono tentativi di mettere a punto indicatori di efficacia della formazione
come ad esempio, oltre ai test di apprendimento e gradimento - previsti oggi anche dalle
norme dell’ Educazione Continua in Medicina -, la valutazione a distanza delle modificazioni
comportamentali indotte, la riduzione del numero degli infortuni, l’incidenza di eventuali
patologie, etc. (Porru e coll., 1999).
Tra gli indicatori di risultato possono essere inseriti quelli che danno informazioni sul
cambiamento della cultura dei gruppi e dell’organizzazione, sulle strutture che la compongono.
Ad esempio, possono essere previste azioni di ritorno attraverso:
• Attivazione di progetti o nuove iniziative formative
• Creazioni di reti tra strutture diverse (network) che collaborino alla gestione del
problema
• Creazione di un pool permanente interdisciplinare che lavori sul problema e che
costruisca sedi, tempi, modi (ad es. una riunione periodica di tutto lo staff) per
seguire il percorso, discutere dei risultati della formazione, etc.
• La creazione e il consolidamento di ambiti di comunicazione diversificati (riunioni a vari
livelli e colloqui), precisati rispetto alla periodicità, alla partecipazione, ai materiali da
trattare, alla conduzione
• Messa a punto di strumenti per descrivere ed esporre all’esterno lo svolgimento del
percorso
• Cambiamento della cultura aziendale, attraverso convegni, giornate di studio, seminari,
inserimento dei risultai sulla rete intranet, etc.
INFORMAZIONE- FORMAZIONE
91
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
6.4 – ESEMPIO DI CORSO FORMAZIONE PER LA PREVENZIONE
DEL RISCHIO BIOLOGICO
___________________________________________________
Obiettivi
formativi
generali e
specifici
Riduzione degli infortuni da contaminazione agenti biologici (scegliere gli
indicatori)
Destinatari
Medici, infermieri, ausiliari (n.15-25)
Durata
Moduli di 3 ore
Contenuti
(in relazione agli
obiettivi
Specifici)
• principi normativi
• dati epidemiologici
• caratteristiche delle infezio ni più frequentemente trasmissibili agli OS
• strategie per il controllo delle infezioni:
precauzioni standard, precauzioni d’isolamento, DPI, Dispositivi di protezione
collettiva, dispositivi medici sicuri, disinfezione e sterilizzazione
• gestione e sorveglianza sanitaria del personale esposto comprese PPE,
follow-up post IRB, vaccinazioni, idoneita’ lavorative
Mezzi didattici
Dispense, lucidi, diapositive, videocassette, CD-ROM, internet, intranet
Docenti
MC, infettivologo, infermieri esperti, SPP
Metodologia
didattica
- Lezioni frontali brevi e concise
- Esercitazioni dimostrative
- Momenti di discussione
- Questionario di apprendimento pre e post intervento
- Questionario di valutazione dell’intervento formativo
- Indicatori obiettivi (n. infortuni, etc.)
Valutazione
(indicatori scelti - Valutazione di altri indicatori (creazione di reti, attivazione di nuovi progetti,
costruzione di un pool pluridisciplinare, convegni, seminari, giornate di studio
all’inizio)
etc.)
- Interviste ai lavoratori (gruppi di lavoro, testimoni privilegiati), pre e post
intervento
INFORMAZIONE- FORMAZIONE
92
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
7.
PRECAUZIONI STANDARD
Nell’ambito della prevenzione del RB, accanto agli interventi sull’ambiente e
all’adozione di dispositivi ed attrezzature utilizzate per impedire la trasmissione
delle infezioni, è di fondamentale importanza l’adozione di procedure e di una
organizzazione del lavoro tale da rendere efficaci i sistemi di barriera per gli AB. Le
procedure di lavoro infatti permettono al lavoratore e all’azienda di seguire percorsi
studiati per contenere o eliminare il rischio (ad esempio, corrette pratiche di
laboratorio, isolamento di un paziente infetto contagioso). Il più recente e valido
contributo al controllo delle infezioni in ambito ospedaliero, trasmesse tra pazienti
o da paziente ad OS, è stato apportato dalla pubblicazione nel 1996 da parte dei
CDC di Atlanta (USA), attraverso l’Hospital Infection Control Practices Advisory
Committee, di linee guida per le misure di isolamento destinate a ridurre il rischio
di trasmissione di AB in ambito ospedaliero (Garner, 1996). Il documento è stato
elaborato sulla base di una revisione sistematica della letteratura e delle più recenti
informazioni epidemiologiche sulla trasmissione delle infezioni e sul consenso di
esperti. Le indicazioni contenute nelle linee guida sono destinate a tutti gli OS e
sono state formulate con particolare attenzione alla semplificazione delle procedure
ed al rapporto costo-efficacia.
Le linee guida identificano 2 livelli di precauzioni di isolamento.
Al primo e più importante livello vi sono le precauzioni indicate per l’assistenza di tutti i
pazienti in ospedale, indipendentemente dalla diagnosi o dalla presenza o meno di
infezione. Esse sintetizzano in una singola serie di Precauzioni denominata
“Standard”, le Precauzioni Universali, che riguardavano l’esposizione professionale ai
patogeni trasmessi per via ematica, e l’Isolamento da liquidi biologici, che
consideravano tutte le sostanze biologiche con componente liquida e potenzialmente
infette. Le Precauzioni Standard devono pertanto essere applicate a sangue, tutti i
liquidi corporei, secrezioni, escrezioni escluso il sudore, senza tener conto se
contengono sangue visibile, cute non integra, mucose, e sono rivolte a ridurre il rischio
di trasmissione di AB in ospedale sia da fonti note che da quelle ignote.
Al secondo livello vi sono le precauzioni destinate all’assistenza di pazienti di cui è nota o
sospettata un’infezione da parte di un AB che può essere trasmesso mediante aria,
goccioline o contatto con cute asciutta o con superfici contaminate. Sono state
PRECAUZIONI STANDARD
93
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
pertanto formulati 3 sistemi di Precauzioni basate sulle vie di trasmissione, da
adottare in aggiunta alle Precauzioni Standard, distinti in:
- precauzioni per la trasmissione aerea, per pazienti noti o sospetti di essere affetti da
gravi malattie trasmesse per via aerea veicolate dai nuclei di goccioline (piccoli residui di
particelle, del diametro di 5 µm o meno, provenienti da goccioline evaporate contenenti
microrganismi che rimangono sospesi in aria e che possono essere dispersi dovunque dalle
correnti d'aria all'interno di una stanza o attraverso grandi distanze); esempi di tali
malattie sono: morbillo, varicella (incluso zoster disseminato), tubercolosi;
- precauzioni per la trasmissione attraverso goccioline, per pazienti noti o sospetti di essere
affetti da gravi malattie trasmesse da goccioline di grandi dimensioni (del diametro
superiore a 5 µm, che possono essere generate da un paziente durante la tosse, gli starnuti,
la conversazione o l'esecuzione di procedure); esempi di tali malattie sono: malattia invasiva
da Haemophilus influenzae di tipo B, comprese meningite, polmonite, epiglottidite e sepsi,
malattia invasiva da Neisseria meningitidis , comprese meningite, polmonite, sepsi, difterite
(faringea), polmonite da Mycoplasma, pertosse, peste polmonare, faringite o polmonite
streptococcica o scarlattina in neonati e bambini piccoli, Influenza, parotite epidemica,
rosolia;
- precauzioni da contatto, per pazienti noti o sospetti di essere infetti o colonizzati da
microrganismi che possono essere trasmessi attraverso il contatto diretto (contatto cutecute) o contatti indiretti con superfici o oggetti contaminati dal paziente. Esempi di
malattie trasmesse per contatto sono:
1. Infezioni gastrointestinali, respiratorie, cutanee o di ferite, oppure colonizzazioni con
batteri muitifarmacoresistenti, ritenute di speciale significatività clinica ed epidemiologica
dal programma di controllo infezioni, basato sulle vigenti raccomandazioni locali,
regionali o nazionali;
2. Infezioni enteriche a bassa carica infettante o con prolungata sopravvivenza
ambientale, comprendenti:
a. Clostrdium difficile
b. in pazienti incontinenti: Escherichia coli 0157:H7, Shigella, Virus Epatite A, o
Rotavirus.
3. Virus respiratorio sinciziale, virus parainfluenzale o infezioni da enterovirus in neonati
o bambini piccoli.
4. Infezioni cutanee altamente contagiose o che.possono aver luogo sulla cute,
comprendenti:
a. difterite (cutanea)
b. Herpes simplex virus (neonatale o mucocutanea)
c. impetigine
d. ascessi di grandi dimensioni aperti, cellulite o decubiti
e. pediculosi
f. scabbia
g. foruncolosi stafilococcica in neonati o bambini piccoli
h. Herpes zoster (disseminato o in ospite immunocompromesso) C
5. congiuntivite virale emorragica
6. Infezioni virali emorragiche (Ebola, Lassa o Marburg) A
Le precauzioni basate sulle vie di trasmissione possono essere combinate per patologie
che hanno più di una via di trasmissione.
Le appropriate precauzioni basate sulla trasmissione devono essere applicate in aggiunta
alle Precauzioni Standard, sia ai pazienti già riconosciuti infetti con patogeni altamente
PRECAUZIONI STANDARD
94
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
trasmissibili o epidemiologicamente importanti, che, su base empirica e provvisoria, prima
della formulazione di una diagnosi definitiva in specifiche situazioni che identificano una
sospetta infezione (ad esempio, diarrea, rash cutaneo, tosse, febbre).
Nell’allegato 2 è riportato un testo in lingua italiana che riporta le “Raccomandazioni”
formulate dagli autori delle linee guida; si consiglia tuttavia di consultare le linee guida
originali per ulteriori dettagli (Garner, 1996; Zanni e coll., 1997).
Le Precauzioni Standard costituiscono un fondamentale riferimento per la prevenzione
del RB in sanità. La diffusione e l’applicazione delle precauzioni standard coinvolge
tutta la struttura ospedaliera a vari livelli: dalla Direzione Sanitaria, ai dirigenti, al SPP,
ai preposti, che devono predisporre strumenti e procedure nelle specifica struttura
sanitaria, e al singolo OS, cui spetta la responsabilità di adottare il “comportamento”
più appropriato alla specifica situazione.
Appare pertanto di particolare rilievo il ruolo della informazione e formazione di tutte
le professionalità coinvolte e di una specifica e chiara organizzazione del lavoro.
Infine è da sottolineare e valorizzare il ruolo del MC; egli infatti possiede competenze
circa le malattie infettive, conosce sia l’ambiente di lavoro che i lavoratori ed è
pertanto in grado di apportare un contributo determinante alla diffusione delle
Precauzioni Standard in ospedale. In particolare:
- partecipa attivamente all’organizzazione di specifici programmi di informazione
e formazione, che sulle precauzioni standard trovano particolare indicazione (si
veda anche capitolo 6);
- nel corso della sorveglianza sanitaria (accertamenti preventivi, periodici e
straordinari post-infortunio) e di sopralluoghi degli ambienti di lavoro o di
appositi programmi di informazione e formazione, verifica il livello di
conoscenza ed applicazione della Precauzioni Standard, rinnova le informazioni,
contribuisce ad una adeguata percezione del RB;
- assume un importante ruolo di interlocutore di Direzione Sanitaria, dirigenti
preposti e SPP nella stesura di procedure organizzative per specifiche aree
lavorative.
PRECAUZIONI STANDARD
95
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 1. Tassi di esposizione specifici per categoria professionale, HIV per 100 anni-persona di lavoro. SIROH, ‘94-‘98 (Puro e
coll., 2001).
Categoria professionale
Medico o chirurgo
Infermiere
Ausiliario
Ostetrica
Tecnico
Patologo
∗
∗
Area
FTE
Medicina generale
Malattie infettive
Altre specialità mediche
Chirurgia generale
Specialità chirurgiche
Terapia intensiva
Dialisi
Laboratorio
Medicina generale
Malattie infettive
Altre specialità mediche
Chirurgia generale
Specialità chirurgiche
Terapia intensiva
Dialisi
Laboratorio
Medicina generale
Malattie infettive
Altre specialità mediche
Chirurgia generale
Specialità chirurgiche
Terapia intensiva
Dialisi
Laboratorio
Specialità chirurgiche
Laboratorio
Laboratorio
3044
818
5852
1881
6486
2655
519
2900
6625
2387
12609
5103
15928
4293
2259
660
1796
744
3844
1818
4855
769
417
773
1329
5064
541
Totale
esposizioni
percutanee
1.7
1.1
1.9
9.6
9.0
4.1
4.4
1.0
10.6
6.9
7.8
11.0
8.0
7.1
7.8
3.0
4.2
1.5
3.1
6.3
4.0
3.6
2.6
3.0
6.5
2.8
4.2
HIV
esposizioni
percutanee
0.03
0.9
0.03
0.5
0.4
0.2
0
0.1
0.2
4.3
0.1
0.1
0.1
0.2
0
0
0
0.1
0
0
0
0
0
0
0.1
0.1
0.2
Tasso per 100 FTE
Totale
HIV
esposizioni
esposizioni
mucocutanee mucocutanee
0.4
0.03
2.2
1.0
0.5
0.05
2.2
0.4
1.4
0.1
2.3
0.1
1.5
0
0.2
0
2.0
0.2
4.4
3.5
1.7
0.1
3.1
0.2
2.0
0.2
3.7
0.3
4.7
0.3
0.7
0.1
0.6
0.05
0.7
0.7
0.4
0
0.9
0.05
0.8
0.08
0.6
0.1
0.7
0
2.1
0
5.3
0.4
1.8
0.4
0
0
Totale
HIV
2.1
3.3
2.4
11.8
10.4
6.4
5.9
1.3
12.6
11.3
9.5
14.1
10.0
10.8
12.5
3.7
4.8
2.2
3.5
7.2
4.8
4.2
3.3
5.1
11.8
4.6
4.2
0.06
1.9
0.08
0.9
0.5
0.3
0
0.1
0.4
7.8
0.2
0.3
0.3
0.5
0.3
0.1
0.05
0.8
0
0.06
0.08
0.1
0
0
0.5
0.5
0.2
FTE: full-time equivalents: anni-persona di lavoro (operatori sanitari a tempo pieno per un anno)
111
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 2. Stima del rischio di trasmissione di HCV da paziente a chirurgo (Gruppo di lavoro, presenti Linee Guida).
Probabilita (%) di:
esposizioni
paziente
percutanee per
fonte HCV
intervento chirurgico positivo
A
1,98*
2,00§
* Pietrabissa e coll., 1997
§ Yazdanpanah e coll., 1999
B
3*
10§
Tasso di
sieroconversione x
fattore di correzione
per utilizzo di guanti
(=0,1)
C
0,18
0,18
STIMA (%) del:
rischio di
trasmissione per
intervento
chirurgico
AxBxC
0,00011
0,00036
rischio di
rischio di trasmissione
trasmissione per
per 30 anni di attività
anno (250 interventi
lavorativa
chirurgici)
250
1-[1-(AxBxC)]
1-[1-(AxBxC)] 7500
0,027
0,798
0,090
2,664
112
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 3. Stima del rischio di trasmissione di HCV da paziente a infermiere professionale (Gruppo di lavoro, presenti Linee
Guida).
Range del tasso di incidenza di
Probabilità (%)
infortuni a RB, per anno, per
di paziente fonte
infermiere, corretto per fattore di
HCV positivo
sottostima (1.72)
A
B
17,2
3
24,3
10
Tasso di
sieroconversione
C
1,8
1,8
Stima (%) del:
Rischio di
trasmissione/anno
1-[1-(AxBxC)]
0,0093
0,0437
Rischio di trasmissione
per 30 anni di attività
lavorativa
1-[1-(AxBxC)]30
0,278
1,304
113
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 4. Stima del rischio di infezione con HBV, HCV, HIV dopo 30 anni di attività lavorativa (Gruppo di lavoro, presenti Linee
Guida)
PROFILO
PROFESSIONALE
RANGE %
HBV
HCV
HIV
Medico (non chirurgo)
0,11 – 2,60
0,016 – 0,592
0,001 – 0,010
Chirurgo
0,75 – 11,31
0,798 – 2,664
0,045 – 0,449
Infermiere Professionale
0,52 – 5,70
0,278 – 1,304
0,005 – 0,022
Ostetrica
0,61 – 4,76
0,091 – 1,090
0,006 – 0,018
Tecnico Laboratorio
0,24 – 1,88
0,036 – 0,426
0,002 – 0,007
Ausiliario
0,11 – 2,93
0,017 – 0,667
0,001 – 0,011
114
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 5. Proposta di graduazione dei livelli di rischio biologico a seconda delle attività lavorative (Gruppo di lavoro, presenti
LG).
LIVELLO DI RISCHIO
BIOLOGICO
TRASCURABILE
ATTIVITA’ LAVORATIVE
NON assistenza diretta a pazienti né manipolazione di campioni biologici
LIEVE
Assistenza diretta a pazienti o manipolazione di campioni biologici
MEDIO
Esecuzione di Procedure Invasive a Rischio di Esposizione
ALTO
Esecuzione di attività di assistenza diretta al paziente, manipolazione di campioni biologici o di procedure
invasive a rischio di esposizione in condizioni tecniche, organizzative, procedurali insufficienti o sfavorevoli
(vedi paragrafo 2.3.4)
115
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 6. Esempi di procedure invasive a rischio biologico e di procedure non invasive, suddivisi per categorie professionali (da
UK Health Department, 2002, modificata)
PROFILO PROFESSIONALE
ESEMPI DI PROCEDURA INVASIVA A RISCHIO DI
ESPOSIZIONE
ESEMPI DI PROCEDURA NON INVASIV A
MEDICI (segue)
Procedure versus traumatizzati (anche esame obiettivo)
“gestione/manipolazione” pazienti con tessuti non integri
Esplorazione rettale (ad es. sospetto di fratture pelviche)
MEDICI, ATTIVITA’ DI
PRONTO SOCCORSO
Suture in tessuti profondi (per emorragie)
Massaggio cardiaco interno
Pazienti “violenti”
Crisi epilettiche
Respirazione bocca a bocca
EMATOLOGI
Prelievo di midollo osseo mediante aspirazione pelvica
Inserimento di cateteri ve nosi centrali in succlavia o femorale
La maggioranza delle manovre
Procedure percutanee
ANESTESISTI/RIANIMATORI
Resezione di arterie-tessuti profondi
Skin tunnelling
Intubazione nasotracheale
Maschere laringee
La maggioranza delle procedure di anestesia
“minore” in elezione
RADIOLOGI
CARDIOLOGI
Radiologia interventista
Resezione di arterie-tessuti profondi
Brachiterapia
Resezione di arterie-tessuti profondi
Angiografia
Impianto o rimozione di pacemaker permanenti
Cateterizzazione cardiaca percutanea
116
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 6, continua
PROFILO PROFESSIONAL E
ESEMPI DI PROCEDURA INVASIVA A RISCHIO DI ESPOSIZIONE
ESEMPI DI PROCEDURA
NON INVASIVA
MEDICI (segue)
ORTOPEDICI
UROLOGI
LAPAROSCOPISTI
Chirurgia dei tendini
Riduzione aperta di frattura e fissazione extramidollare
Amputazione
Protesi totale dell’articolazione
Cistectomia parziale
Cistoscopia (per eventualità di intervento a cielo aperto in caso di complicanze)
Nefrectomia
Inserimento di trochar con procedure a cielo aperto
Chirurgia laparoscopic a (per eventualità di intervento a cielo aperto in caso di
complicanze)
Resezione uterina
Interruzione volontaria di
gravidanza
Curettage
GINECOLOGI-OSTETRICI
Chirurgia a cielo aperto
Isterectomia
Salpingectomia
Conizzazioni con sutura dei tessuti
Anestesia locale per episiotomia
Sutura di episiotomia
Dilatazione cervicale
Colposcopia
Introduzione di
contraccettivi intrauterini
Conizzazione mediante
laser (o loop)
Raccolta di ovuli
Parto naturale
Episiotomia
117
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 6, continua
PROFILO PROFESSIONAL E
ESEMPI DI PROCEDURA INVASIVA A RISCHIO DI
ESPOSIZIONE
ESEMPI DI PROCEDURA NON INVASIVA
MEDICI (segue)
OCULISTI
Trattamento di alcuni traumi in pronto soccorso
Chirurgia orbitaria
La maggioranza delle manovre
Endoscopie in pazienti “violenti”
ENDOSCOPISTI
Chirurgia endoscopica (per eventualità di intervento a
cielo aperto in caso di complicanze)
NEFROLOGI
Emodialisi (in urgenza)
MEDICO DI MEDICINA
GENERALE
Chirurgia minore
Ostetricia
La maggioranza delle manovre
“gestione” traumatizzati
Manovre chirurgiche “semplici” su orecchi e naso (dita
sempre visibili)
OTORINOLARINGOIATRI
La maggioranza delle manovre di chirurgia ORL
Endoscopia (sia con strumento flessibile che rigido)
Stapedectomia -stapediotomia
Inserimento di drenaggi o tubi di ventilazione tubarica
Impianto di protesi acustiche in orecchio medio
PSICHIATRI
Assistenza a pazienti che abbiano manifestato notevole
aggressività nei confronti degli operatori sanitari
La maggioranza delle manovre
118
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 6, continua
PROFILO PROFESSIONAL E ESEMPI DI PROCEDURA INVASIVA A RISCHIO DI ESPOSIZIONE
CHIRURGHI (CHIRURGIA
GENERALE, PEDIATRICA,
CARDIOTORACICA,
PLASTICA, MAXILLOFACCIALE,
NEUROCHIRUGHI,
CHIRURGHI VASCOLARI)
Interventi a cielo aperto
Laparotomia
Gastrectomia parziale
Escissione di lesioni gastriche (a cielo aperto)
Anastomosi gastro-digiunale
Intervento per ulcera peptica
Colectomia totale
Emicolectomia con anastomosi termino-terminale
Sigmoido-colectomia
Escissione di retto
Escissione ileo
Escissione perianale di retto
Appendicectomia
Splenectomia
Intervento per adesioni peritoneo
Escissione ghiandola sottomandibolare
Tiroidectomia
Mastectomia parziale o totale
Escissione lipomi-cisti sebacee
Procedure di drenaggio – mammella e colon-retto
Dissezione linfonodo
Biopsia mammaria
Embolectomia arteria femorale a cielo aperto
Ernioraffie (addominali, inguinale, femorale, ombelicale, laparocele)
Chirurgia orbitaria
ESEMPI DI PROCEDURA
NON INVASIVA
sutura minore di superficie
incisione di ascessi
esplorazione rettale o vaginale di
routine
procedure endoscopiche semplici
Apertura e chiusura di sterno
119
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 6, continua
PROFILO PROFESSIONAL E
ODONTOIATRI
ESEMPI DI PROCEDURA INVASIVA A RISCHIO DI
ESPOSIZIONE
La maggioranza parte delle manovre
ESEMPI DI PROCEDURA NON INVASIVA
Esame clinico (con specchio)
Ferristi
INFERMIERI
Pronto soccorso
La maggioranza delle manovre
Assistenza a pazienti che abbiano manifestato notevole
aggressività nei confronti degli operatori sanitari
IGIENISTI DENTALI
Alcune manovre
ORTODONTISTI
Alcune manovre
OSTETRICA
Esame clinico mediante specchio
Anestesia locale per episiotomia
Episiotomia
Sutura dell’episiotomia
Parto naturale semplice
120
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 7. Accertamenti sanitari preventivi (assunzione/cambio mansione) (Gruppo di lavoro, presenti Linee Guida).
PROFILO1
ACCERTAMENTI
I livello
II livello
III livello
Visita medica + Questionario per rischio biologico
Tutti gli operatori sanitari
Esame emocromocitometrico con formula, ALT, AST, colinesterasi, GGT, elettroforesi delle proteine sieriche
Intradermoreazione sec. Mantoux
AntiHCV (EIA III gen. + conferma RIBA)
Operatori addetti all’assistenza diretta
del paziente o che manipolano
campioni biologici
Operatori addetti all’assistenza dei
pazienti
Operatori addetti all’assistenza diretta
del paziente in malattie infettive,
pediatria, gastroenterologia, reparti
che ricoverano soggetti con deficit
intellettivi o psichici, personale che
manipola HAV nei laboratori di ricerca
Operatori non addetti all’assistenza
diretta del paziente e che non
manipolano campioni biologici4
NON VACCINATI per HBV oppure VACCINATI non
responder à HBsAg
negativa à vaccinazione BCG2
AntiHCV positivo o indeterminato oppure
negativo in soggetti immunodepressi o con
noti fattori di rischio e con ALT incrementata
à HCVRNA qualitativo + HCV genotipo
HBsAg positivo à HBeAg, titolo
HBVDNA, AntiHDV
HBsAg negativo à vaccinazione
VACCINATI per HBV senza documentazione di titolo
AntiHBs o vaccinazione incompleta à titolo AntiHBs
AntiHBs<10 U/mLà completare ciclo
vaccinale
considerare la proposta di eseguire AntiHIV previo
consenso informato
Non vaccinati e anamnesi negativa (o dubbia) per
rosolia, morbillo, varicella, parotite à IgG antirosolia, IgG anti-morbillo, IgG anti-varicella,
IgG anti-parotite
AntiHIV positivo à consulenza infettivologica
AntiHAV totali
Negativo à vaccinazione
Marcatori negativi à vaccinazione (non in
gravidanza)
Dopo 1-3 sett. dalla vaccinazione,
intradermoreazione sec. Mantoux3
HCVRNA positivo à consulenza
infettivologica
HBeAg, HBVDNA oppure antiHDV positivi
à consulenza infettivologica
Dosaggio del titolo AntiHBs dopo 1
mese
Dopo 1 mese dalla vaccinazione à
dosaggio marcatori
Nessun ulteriore accertamento oltre a quelli proposti per tutti gli operatori sanitari
1. medici, odontoiatri, infermieri, nurse di anestesia, vigilatrici d’infanzia, ostetriche, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici sanitari di laboratorio biomedico, tecnici di neurofsiopatologia, tecnici di audiologia, ausiliari, ausiliari socioassistenziali,
operatori tecnici addetti all’assistenza, operatori sociosanitari, operatori tecnici assistenziali, operatori sociosanitari, dietisti, fisioterapisti, massofisioterapisti, assistenti sanitari, assistenti sociali, igienisti dentali, biologi, operatori tecnici di
sterilizzazione, operatori sanitari con incarico temporaneo
2. nei non vaccinati con destinazione lavorativa in ambienti sanitari ad alto rischio di esposizione a ceppi multifarmacoresistenti, oppure ambienti sanitari ad alto rischio e soggetti con controindicazioni cliniche all’uso di farmaci specifici in caso di
cuticonversione
3. si veda anche paragrafo 3.6 per approfondimenti
4. ad esempio, nel Servizio di audiofoniatria, Servizio dietetico, Servizi religiosi, Centrale di Sterilizzazione, Direzione Sanitaria, salvo diversa valutazione del rischio
121
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 8. Marcatori sierologici per HBV ed infettività del soggetto in differenti condizioni di infezione (Gruppo di lavoro, presenti
Linee Guida).
DIAGNOSI
HBsAg
HBeAg
HBV-DNA
Anti-HBs
-
-
-
-/+
+
+/-
+/-
-
+
-
-/+
-/+
INFEZIONE DA HBV MUTANTE
+
-
+
EPATITE CON REPLICAZIONE VIRALE
-
+
Anti-HBc§
Anti-HBc IgM§
Anti-HBe
INFETTIVITA’
-/+ (B-M)
+/-
-/+?
+
+/-
++/+++
-/+
+
CONVALESCENZA
INFEZIONE PREGRESSA
+
(B-M)
NON VACCINATI - NON RESPONDERS
EPATITE ACUTA
EPATITE CRONICA ATTIVA
+ (M-A )
(B-A )
CONVALESCENZA INIZIALE
GUARIGIONE INIZIALE
INFEZIONE, HBsAg a basso titolo*
+
(B-M)
-/+ (B)
++
++
* controllo dei marcatori e delle transaminasi nei 6 mesi successivi
§ A: alto titolo, M: medio titolo, B: basso titolo
122
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 9. Accertamenti sanitari periodici (Gruppo di lavoro, presenti Linee Guida).
PROFILO1
ACCERTAMENTI
PERIODICITÀ 2
Visita medica + questionario (versione per visita periodica)
Operatori sanitari che effettuano
procedure invasive a rischio di
esposizione3
Esame emocromocitometrico con formula, ALT, AST, colinesterasi, GGT, elettroforesi delle
proteine sieriche
3 anni
AntiHCV5
3 anni6
Vaccinati non responder à HBsAg 5
1 anno 6
Affetti da epatite cronica da virus B à titolo HBVDNA 5 + antiHDV5
1 anno 6
Cutinegativi à intradermoreazione sec. Mantoux
secondo la valutazione
del rischio 7
Visita medica + questionario (versione per visita periodica)
Esame emocromocitometrico con formula, ALT, AST, colinesterasi, GGT, elettroforesi delle
proteine sieriche
Operatori sanitari che non effettuano
procedure invasive ma sono addetti
all’assistenza diretta del paziente
Marcatori HCV, HBV, HIV
oppure manipolano campioni biologici
Operatori sanitari che non effettuano
procedure invasive, non addetti
all’assistenza diretta del paziente e
che non manipolano campioni
biologici4
6 anni
Post -infortunio a RB,
secondo protocollo
specifico
Cutinegativi à intradermoreazione sec. Mantoux
secondo la valutazione
del rischio 7
Marcatori HCV, HBV, HIV
Post -infortunio a RB,
secondo protocollo
specifico
Cutinegativi à intradermoreazione sec. Mantoux
secondo la valutazione
del rischio 7
1. medici, odontoiatri, infermieri, nurse di anestesia, vigilatrici d’infanzia, ostetriche, tecnici sanitari di radiologia medica, tecnici sanitari di laboratorio biomedico, tecnici di neurofsiopatologia, tecnici di
audiologia, ausiliari, ausiliari socioassistenziali, operatori tecnici addetti all’assistenza, operatori sociosanitari, operatori tecnici assistenziali, operatori sociosanitari, dietisti, fisioterapisti, massofisioterapisti,
assistenti sanitari, assistenti sociali, igienisti dentali, biologi, operatori tecnici di sterilizzazione, operatori sanitari con incarico temporaneo
2. accertamenti di II e III livello come in visita preventiva
3. ad esempio, medici, ostetriche, ferristi, nurse di anestesia, igienisti dentali, infermieri in ginecologia, pronto soccorso-118, nefrologia-servizio dialisi
4. salvo diversa valutazione del rischio
5. vedi anche capitolo “accertamenti periodici” per approfondimenti
6. in caso di infortunio a RB prima della scadenza della periodicità dell’accertamento, seguire il protocollo specifico descritto nel paragrafo 3.4
7. 6 anni rischio minimo o molto limitato, 2 anni limitato, 1 anno medio, 6 mesi alto
123
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 10. Accertamenti sanitari post-infortunio, sulla base dello stato sierologico del paziente fonte.
Caratteristiche del PAZIENTE FONTE
Non noto
Tempo
zero
HBV positivo
HCV positivo
HIV positivo2
HBsAg e HBsAb titolo 3; HDVAb (solo se HBsAg positivo); antiHCV; antiHIV; AST; ALT;
esame emocromocitometrico con formula, funzionalità renale solo se paziente fonte HIV positivo e si intende iniziare la
chemioprofilassi
45
giorni/6se
ttimane
Il MC, eventualmente
in collaborazione con
l’infettivologo, decide
90
per il singolo caso
giorni/12
settimane
180
giorni/24
settimane
Negativo, con
fattori di rischio1
HBsAg e HBcIgM;
HDVAb (solo se
HBsAg positivo);
AST; ALT
Nota:
HCVRNA qualitativo; AST; ALT AntiHIV; AST; ALT
HBsAg e HBcIgM;
HDVAb (solo se
paziente fonte è
AntiHCV; AST; ALT
anche HDV positivo);
AST; ALT
il MC valuta, in
collaborazione con
l’infettivologo,
l’opportunita’ di
proseguire il follow up HBsAg e HBcIgM;
HBsAg e HBcIgM;
HDVAb (solo se
HDVAb (solo se HBsAg
paziente fonte è
AntiHCV; AST; ALT
positivo); antiHCV;
anche HDV positivo);
antiHIV; AST; ALT
AST; ALT
AntiHIV; AST; ALT
AntiHIV; AST; ALT
1. Se il paziente fonte è negativo e non sono stati rilevati fattori di rischio, considerare di non effettuare alcun accertamento
2. Se è stata iniziata la chemioprofilassi per HIV dosare
a 14, 28, 45, 90 e 180 giorni: esame emocromocitometrico con formula, funzionalità epatica e renale; aggiungere esame urine se è somministrato
indinavir;
a 28 giorni antiHIV
3. Solamente nel caso di lavoratore non vaccinato o non responder
124
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 11. La valutazione del rischio per la tubercolosi (da CDC, 1994, modificata).
MINIMO1
MOLTO LIMITATO2
LIMITATO3
MEDIO 4
ALTO5
Misura del rischio base
R
R
R
R
R
Profilo della comunità
R
R
R
R
R
Sorveglianza laboratori e registri
(attiva)
C
C
C
C
R
Vaccinazione con BCG
?
?
?
O
R
Follow up (PPD test)
?
O
biennale
annuale
tri -semestrale
Revisione cartelle pazienti TB
No
O
annuale
semestrale -annuale
tri -semestrale
Procedure di ammissione
No
No
C
R
R
Rivalutazione del rischio
Annuale
annuale
annuale
annuale
annuale
DPI
O
O
R
R
R
Protocollo per aerosol
O
O
R
R
R
Protocollo per la diagnosi di TBC
R
R
R
R
R
Protocollo per il trattamento TBC
No
No
R
R
R
Educazione e addestramento
R
R
R
R
R
Sistema di notifica
R
R
R
R
R
RISCHIO
C=continua; O=opzionale; R=raccomandato; ?=dubbia utilità
1: struttura di ricovero o Servizio ambulatoriale che non assiste malati di TB ed è inserita in una comunità nella quale non è stato diagnosticato alcun caso di TB nell’ultimo anno
2: strutture di ricovero in cui non sono stati ammessi pazienti con TB attiva, ma essi possono essere stati valutati inizialmente o trattati ambulatorialmente in un’area per esterni (ambulatorio o pronto
soccorso) (i pazienti che possono avere una TB attiva e che necessitano di regime di ricovero, vengono trasferiti tempestivamente ad un altro presidio)
3: tasso di cuticonversione degli esposti uguale a quello della popolazione generale dell’area in cui è situato il presidio o a quello osservato in precedenti indagini nella stessa area o gruppo funzionale,
<6 pazienti affetti da TB esaminati o ricoverati in un anno, assenza di trasmissione di TB da persona a persona ed assenza di cluster di cuticonversioni (2 o più cuticonversioni tra gli operatori in un
periodo di 3 mesi)
4: tasso di cuticonversione degli esposti uguale a quella della popolazione generale dell’area in cui è situato il presidio o a quello osservato in precedenti indagini nella stessa area o gruppo funzionale,
≥6 ricoverati affetti da TB/anno, assenza di trasmissione di TB da persona a persona ed assenza di cluster di cuticonversioni (2 o più cuticonversioni tra gli operatori in un periodo di 3 mesi);
lavoratore appartenente a gruppi ad alta prevalenza di TB (immigrati da <3 anni; soggetti HIV+); lavoratori diabetici o immunodepressi; divisioni di infettivologia, tisiologia, geriatria e lungodegenza, anatomia patologica, terapia intensiva, laboratori di microbiologia dove vengono eseguiti esami su secreti ed escreti umani, servizi di broncoscopia
5: tasso di cuticonversione degli esposti maggiore di quella della popolazione generale dell’area in cui è situato il presidio o a quello osservato in precedenti indagini nella stessa area o gruppo funzionale
e la valutazione epidemiologica suggerisce trasmissione sui luoghi di lavoro; casi di trasmissione di TB da persona a persona; cluster di conversione e la valutazione epidemiologica suggerisce
trasmissione sui luoghi di lavoro
125
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 12. Principali categorie di vaccini (Fadda, 2000).
CATEGORIA
CARATTERISTICHE (ESEMPI)
VIRUS E BATTERI ATTENUATI CON MANIPOLAZIONI TECNICHE O BIOLOGICHE (TUBERCOLOSI, MORBILLO,
PAROTITE, ROSOLIA )
VACCINI VIVENTI Sono capaci di moltiplicarsi nell’ospite, penetrano nelle cellule stimolando una risposta immune umorale e cellulare ampia
e di lunga durata, simile a quella causata dell’infezione naturale
VACCINI NON
VIVENTI
•
VIRUS E BATTERI INTERI UCCISI O INATTIVATI (PERTOSSE , INFLUENZA, EPATITE A )
•
SUBUNITÀ ISOLATE E PURIFICATE O OTTENUTE PER INGEGNERIA GENETICA (EPATITE
VACCINI ANTIIDIOTIPO
VACCINI
ETEROLOGHI
EPATITE
A, TETANO,
DIFTERITE)
Non sono capaci di moltiplicarsi nell’ospite, non sono trasmissibili ad altri indiv idui, sono generalmente ben tollerati e
danno origine a una risposta principalmente di tipo umorale
DNA "NUDO"
VACCINI
GENETICI
B,
SPERIMENTALI
O INSERITO IN VETTORE VIRALE O BATTERICO CODIFICANTE PROTEINE ANTIGENICHE PRODOTTE DAL PATOGENO (VACCINI
EPATITE B)
Sono capaci di localizzarsi per breve tempo nel citoplasma di cellule ospiti e stimolare la sintesi di antigeni senza replicarsi,
inducendo una risposta immune umorale e cellulo-mediata
UTILIZZAZIONE DI MOLECOLE ANTICORPALI CHE SIANO LORO STESSE COPIE DELL'ANTIGENE
Hanno il vantaggio di essere proteine sufficientemente grandi da indurre buona stimolazione dei linfociti T, migliorando la
risposta ad antigeni che, di per sé, dovrebbero essere T -indipendenti (polisaccaridi, glicolipidi)
MICRORGANISMI DI ALTRE SPECIE , NON PATOGENI PER L'OSPITE, IN GRADO DI INDURRE BUONA RISPOSTA IMMUNE (VAIOLO)
126
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 13. Vaccini attualmente disponibili.
BATTERI
VIRUS
Tetano
Epatite B
Difterite
Epatite A
Pertosse
Influenza
Tubercolosi
Rosolia
Tifo-paratifo
Morbillo
Malattie da Haemophilus influenzae tipo B
Parotite
Menigite meningococcica A e C
Varicella
Malattie da pneumococco
Poliomielite
Antrace
Rabbia
Botulismo
Febbre gialla
Tularemia
Vaiolo
Colera
Encefalite da puntura di zecca
Peste
Encefalite venezuelana, orientale, occidentale
Febbre Q
Febbre emorragica di Omsk
Febbre della Rift Valley
Febbre della foresta Kyasanur
127
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 14. Alcune raccomandazioni internazionali in tema di vaccinazioni per gli operatori sanitari.
VACCINO
CANADA
FRANCIA
S VIZZERA
Epatite B
Raccomandata
Obbligatoria
Obbligatoria
Influenza
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
TB
Parere Autorità Sanitaria
Parere Medico
Casi particolari
Tetano-Difterite
Raccomandata
Obbligatoria
Epatite A
Casi particolari
Casi particolari
Tifo
Laboratori
Laboratori
Varicella
Raccomandata
Pediatria, Ostetricia, Oncoematologia, Trapianti
Rosolia
Raccomandata
Pediatria, Ostetricia
Morbillo
Raccomandata
Pediatria, Ostetricia
Parotite
Raccomandata
Pediatria, Ostetricia
Pediatria, Laboratori
128
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 15. Sintesi delle raccomandazioni dell'Advisory Commitee on Imunization Practices, modificata dai CDC, sulle
vaccinazioni per gli operatori sanitari con particolari condizioni sanitarie (Bolyard e coll., 1998)
VACCINO
Gravidanza
Infezione
HIV
Immunodepressione grave*
Asplenia
Insufficienza
renale
Diabete
Alcolismo e
cirrosi alcolica
BCG
Se indicato
NO
NO
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Epatite A
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Raccomandata #
Epatite B
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Influenza
Raccomandata^
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Morbillo,parotite
rosolia
NO
Raccomandata §
NO
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Meningococco
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Raccomandata # Se indicato
Se indicato
Se indicato
Poliomielite,
intramuscolare
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Poliomielite, orale
Se indicato
NO
NO
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Pneumococco#
Se indicato
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Tetano-difterite
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Tifo,
intramuscolare
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Tifo, orale
Se indicato
NO
NO
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Varicella
NO
NO
NO
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Vaiolo
Se indicato
NO
NO
Se indicato
Se indicato
Se indicato
Rabbia
#
Se indicato
Se indicato
* Immunodepressione grave: immunodeficienza congenita, leucemia, linfoma, neoplasia diffusa, terapia con agenti alchilanti, antimetaboliti, radiazioni, corticosteroidi ad alte dosi.
#
Raccomandato in base allo stato sanitario del soggetto, più che alla professione sanitaria
^ Donne al secondo o terzo trimestre di gravidanza durante il periodo epidemico
§ Controindicato in persone con infezione HIV e immunodepressione severa
129
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 16. Prevalenza di operatori sanitari suscettibili a rosolia, morbillo, parotite e varicella in PaesI Europei
CITTÀ (PAESE)
Berna (CH)
Ginevra (CH)
Germania
Cork (Ir)
Orleans (F)
Coimbra (P)
Belgio
Padova (I)
% SOGGETTI
SUSCETTIBILI
ANNI
POPOLAZIONE
MALATTIA
1992-1997
studenti medicina
rosolia, morbillo, parotite
13.8-22.7%
143 studenti medicina
rosolia, parotite, varicella
4-6%
rosolia
9.3%
morbillo
6%
parotite
15.1%
1994
1994
allievi e operatori sanitari
1990-1994
970 operatori sanitari
varicella
4.3%
1993
465 operatori sanitari
morbillo
2% dei nati dopo il 1957
rosolia
2.4%
morbillo
1.2%
parotite
17.3%
varicella
3.2%
varicella
1.5%
rosolia
2.4%
morbillo
1.8%
parotite
14.1%
varicella
2.1%
1995
1996-1997
1998-2001
409 operatori sanitari
4923 operatori sanitari, 22 ospedali
333 operatori sanitari, 23-60 anni
130
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 17. Caratteristiche dei principali vaccini raccomandati per gli operatori sanitari
Nome generico
Tipi di vaccino
Somministrazione
Controindicazioni
Anti-epatite B
3 dosi IM ai mesi 0, 1 e 6
Anti-tubercolosi
Non vivente (subunità S clonata in S. cerevisiae)
Non vivente (3 tipi: patogeno intero, virus rotti,
subunità)
Vivente attenuato (bacillo di Calmette-Guerin)
Anti-tetanica
Non vivente (tossina trattata con formolo)
Anti-difterica
Non vivente (tossoide)
Anti-epatite A
Non vivente (ceppo HM175 inattivato con formaldeide)
Reazione anafilattica a lievito di birra
Reazione anafilattica a uova; sindromi
neurologiche
Immunodeficienza; gravidanza
Reazioni neurologiche, ipersensibilità immediata;
inizio gravidanza
Reazioni neurologiche, ipersensibilità immediata;
inizio gravidanza
Reazione anafilattica ad allume e 2fenossietanolo; sicurezza in gravidanza non
valutata
Anti-influenza
1 dose IM/anno
1 dose ID
3 dosi IM ai tempi 0, 1 6-12
mesi*;1 richiamo/ 10 anni
3 dosi IM ai tempi 0, 1 6-12
mesi*; 1 richiamo/ 10 anni
2 dosi IM ai mesi 0, 6-12
•
Anti-rubeola
Non vivente (sospensione di cellule intere di S.typhi
inattivate con calore-fenolo o con acetone)
• 2 dosi SC ai mesi 0 e 1
• Vivente attenuato (ceppo Ty 21a)
• 3 dosi OS (1/die a dì alterni)
• Non vivente (antigene polisaccaridico Vi da ceppo di • 1 dose IM
S.typhi Ty 2)
1 dose SC; eventuale 2° dose a
Vivente attenuato (ceppo OKA)
distanza di 4-8 settimane
1 dose SC
Vivente attenuato
Anti-parotite
Vivente attenuato
1 dose SC
Anti- morbillo
Vivente attenuato
1 dose SC
Anti-tifo
Anti-varicella
zoster
Immunodeficienza, gravidanza
Immunodeficienza; gravidanza; reazione
anailattica a streptomicina e neomicina
Immunodeficienza; gravidanza; reazione
anafilattica a streptomicina e neomicina
Immunodeficienza; gravidanza; reazione
anafilattica a streptomicina, neomicina, gelatina
Immunodeficienza; gravidanza; reazione
anafilattica a streptomicina e neomicina, gelatina,
proteine dell’uovo
ID= intradermica; IM= intramuscolare; OS= somministrazione orale; SC= sottocutanea
* = in caso di stato vaccinale sconosciuto o assenza di vaccinazione
131
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 18. Vaccinazioni raccomandate per gli operatori sanitari (Gruppo di lavoro, presenti Linee Guida)
VACCINO
Epatite B
Raccomandata
Varicella
Raccomandata
Rosolia
Raccomandata
Parotite
Raccomandata
Morbillo
Raccomandata
Influenza
Raccomandata per gli OS con mansioni di assistenza diretta ai pazienti
Tubercolosi
Raccomandata in casi particolari
Raccomandata per addetti a
Epatite A
divisioni di malattie infettive, pediatria, gastroenterologia
luoghi di ricovero per persone con deficit intellettivi o psichici
laboratori di ricerca che lavorano con il virus
Tifo
Raccomandata per personale di laboratorio con possibilità di frequenti contatti con Salmonella Typhi
Tetano
Utile ciclo di base
132
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 19. Sinopsi delle restrizioni delle attività lavorative per operatori sanitari esposti ad agenti biologici o affetti da
patologie infettive (da Bolyard e coll., 1998, modificata)
Patologia
Prescrizioni
Durata
fino a guarigione clinica
Raccoman
dazione*
Cherato-congiuntivite
epidemica
evitare il “contatto” con il paziente e con l’ambiente del
paziente
II
Infezione da Citomegalovirus
Nessuna restrizione delle attività lavorative
Diarrea:
• Fase acuta (diarrea + altri
evitare il “contatto” con il paziente, con l’ambiente del
paziente e la manipolazione di alimenti
fino a risoluzione dei sintomi
IB
evitare il contatto con pazienti ad alto rischio (pazienti
pediatrici, anziani, immunodepressi)
fino a risoluzione dei sintomi
IB
Difterite
Non idoneo (lavoratore infetto o portatore asintomatico)
fino a completamento della terapia
antibiotica e negatività di 2 colture
(tampone naso-faringeo) ottenute a
distanza di 24 ore l’una dall’altra
IB
Infezione enteriche virali
Non idoneo all’assistenza in neonatologia-pediatria,
pazienti Immunodepressi: Evitare l’ambiente di tali
pazienti
fino a risoluzione dei sintomi
II
Epatite A
Evitare il “contatto” con il paziente, l’ambiente del
paziente e la manipolazione di alimenti
Fino a 7 giorni dopo la comparsa
dell’ittero
IB
•Malattia in atto
Non idoneo
Fino a 7 giorni dopo la comparsa
dell’esantema
IA
•Post-esposizione (lavoratori
suscettibili)
Non idoneo
Da 5 giorni dopo la prima
esposizione, fino a 21 giorni
dopo l’ultima esposizione e/o 4
giorni dopo la comparsa
dell’esantema
IB
II
sintomi)
•
Fase di convalescenza
(Salmonella spp.)
Morbillo:
133
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 19, continua
Patologia (segue)
Prescrizioni
Durata
Raccoman
dazione*
Parotite:
•Malattia in atto
Non idoneo
Fino 9 giorni dopo l’inizio della parotite
IB
•Post-esposizione
(lavoratori suscettibili)
Non idoneo
Da 12 giorni dopo la prima esposizione fino a
26 giorni dopo l’ultima esposizione o fino a 9
giorni dopo l’inizio della parotite
II
•Malattia in atto
Non idoneo
Dall’inizio della fase catarrale fino a 3
settimane dopo la comparsa di parossismo o
fino a 5 giorni dopo l’inizio di terapia
antibiotica efficace
IB
•Post-esposizione
(lavoratore asintomatico)
Non limitazioni delle attività lavorative; profilassi
raccomandata
•Post-esposizione
(lavoratore sintomatico)
Non idoneo
Fino a 5 giorni dopo l’inizio di terapia
antibiotica efficace
IB
•Malattia in atto
Non idoneo
Fino a scomparsa di lesioni essudative e alla
comparsa di croste
IA
•Post-esposizione
(lavoratori suscettibili)
Non idoneo
Da 10 giorni dopo la prima esposizione fino al 21
giorni dopo l’ultima esposizione oppure fino a 28
giorni dopo la somministrazione di
immunoglobuline per Varicella Zoster
IA
Infezione virale delle vie
respiratorie, acuta,
febbrile
Considerare l’esclusione dall’assistenza di
pazienti ad alto rischio (ad esempio, pazienti
pediatrici, trapianto di midollo, terapia intensiva,
lungodegenti) oppure il contatto con l’ambiente
del paziente durante epidemie di virus
respiratorio sinciziale e influenza
Fino a risoluzione dei sintomi acuti
IB
Infezione da
meningococco
Non idoneo
Fino a 24 ore dopo l’inizio di terapia efficace
IA
Pertosse:
II
Varicella:
134
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 19, continua
Patologia (segue)
Prescrizioni
Durata
Raccomandazione*
Herpes simplex:
•
Genitale
Nessuna limitazione
•
Mani
Evitare il contatto con il paziente e con l’ambiente del paziente
•
Orofacciale
Valutare caso per caso la necessità di evitare l’assistenza di
paziente ad alto rischio (neonati, paziente. in terapia intensiva,
ustionati, dermatosi, immunodepressi)
II
Fino a risoluzione delle lesioni
IA
II
Pediculosi
Evitare il contatto con il paziente
Fino all’effettuazione di
specifica terapia e fino alla
scomparsa di pidocchi e uova
IB
Rosolia
• Malattia in atto
Non idoneo
IA
• Post-esposizione
(lavoratore
suscettibile
Non idoneo
Fino a 5 giorni dopo la
comparsa di esantema
Da 7 giorni dopo la prima
esposizione fino a 21giorni
dopo l’ultima esposizione
Scabbia
Evitare il contatto con il paziente
Fino a guarigione clinica
IB
Evitare il contatto con il paziente, con il suo ambiente e la
manipolazione di alimenti
Fino a risoluzione delle lesioni
IB
Infezione virale delle
vie respiratorie,
acuta, febbrile
Considerare l’esclusione dall’assistenza di pazienti ad alto rischio (ad
esempio, pazienti pediatrici, trapianto di midollo, terapia intensiva,
lungodegenti) oppure il contatto con l’ambiente del paziente durante
epidemie di virus respiratorio sinciziale e influenza
Fino a risoluzione dei sintomi
acuti
IB
•
Nessuna limitazione, a meno che non sia stata epidemiologicamente
documentata trasmissione del batterio dal lavoratore a pazienti
IB
Infezione da
Stafilococco Aureo
•
Malattia in atto
(lesioni cutanee
essudative)
Portatore
IB
135
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Tabella 19, continua
Patologia (segue)
Infezione da
Streptococco gruppo A
Prescrizioni
Durata
Raccomandazione*
Evitare il contatto con il paziente, con l’ambiente
del paziente o la manipolazione di alimenti
Fino a 24 ore dall’inizio di adeguata terapia
IB
Non idoneo
Fino alla dimostrazione di non infettività
IA
Tubercolosi:
•
Attiva (polmone,
laringe)
•
Cuticonversione
Nessuna limitazione
IA
Herpes Zoster:
•
Localizzato, in
soggetto sano
Coprire le lesioni; evitare il contatto con pazienti
ad alto rischio (ad esempio, gravide, neonati
prematuri, immunodepressi)
Fino a scomparsa delle lesioni essudative e
comparsa di croste
II
•
Generalizzato o
localizzato, in
immunodepresso
Evitare il contatto con paziente
Fino a scomparsa delle lesioni essudative e
comparsa di croste
IB
•
Post-esposizione
(lavoratore
suscettibile)
Evitare il contatto con paziente
Da 10 giorni dopo la prima esposizione fino a 21
giorni dopo l’ultima esposizione oppure fino a 28
giorni dopo la somministrazione di immunoglobuline
per VZ oppure, se insorge varicella, fino alla
scomparsa delle lesioni essudative e comparsa di
croste
IA
Legenda raccomandazioni
Categoria IA
Categoria IB
Categoria II
Tema non risolto
Misure fortemente raccomandate per
tutti gli ospedali e
ben supportate da adeguati studi
sperimentali o epidemiologic
Misure fortemente raccomandate per
tutti gli ospedali e
valutate come efficaci da esperti nel
settore e da
“consensus” di membri dell’”Hospital
Infection Control Practices Advisory
Committee”, sulla base di un forte
razionale ed evidenze suggestive,
sebbene studi scientifici definitivi non
sono stati portati a termine
Misure suggerite per molti ospedali.
Le raccomandazioni possono essere
supportate da studi clinici od
epidemiologici suggestivi,
un forte razionale teorico,
o studi definitivi applicabili ad alcuni
ma non a tutti gli ospedali
No raccomandazioni
Pratica per cui non esiste sufficiente
evidenza o consensus circa l’efficacia
136
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Figura 1.
Schema esemplificativo di ruoli e responsabilità delle principali figure professionali
coinvolte nella strategia di gestione del RB per gli operatori sanitari, con particolare
riferimento al MC (da Health Canada 2002, modificato).
DATORE DI LAVORO
MEDICO DEL LAVORO COMPETENTE
- Risorse
- Allocazione delle risorse
- Strategie/Procedure
- Strategie/Procedure ---------------------------------
- Valutazione del rischio/ Misure - Valutazione del rischio/ Misure di
di controllo del rischio
controllo del rischio
OPERATORI SANITARI
- Informazione e formazione riguardo al
RB, malattie infettive ed al loro controllo
- Adozione di procedure/precauzioni
addizionali
- Valutazione del rischio/ Misure di
controllo del rischio
- Obiettivi del programma di salute
occupazionale
- Comunicazione di situazioni di rischio
- Programmi
- Comunicazione al MdLC di esposizioni,
sintomi, infezioni
- Informazione e formazione
- Valutazione
Gestione dell’esposizione -----------
Operatore sanitario esposto
Valutazione dell’esposizione
circostanze di esposizione
compliance verso le
procedure/precauzioni
Immunizzazione
Gestione dell’operatore sanitario infetto
con patologia manifesta o portatore
asintomatico di infezione
•
Gestione clinica
conferma della diagnosi
indagini di laboratorio
terapia
•
Giudizio di idoneità:
prescrizioni/limitazioni/ricollocamento/rie
ntro al lavoro dopo periodo di assenza
per malattia
•
Comunicazioni/relazioni
•
Informazione e formazione
•
Follow up
In caso di EPIDEMIA contattare l’Autorità
Sanitaria Pubblica e il Comitato per il controllo
delle Infezioni Ospedaliere
• Elenco degli stretti contatti
• Determinazione dello stato di
immunizzazione
• Gestione clinica
conferma della diagnosi
indagini di laboratorio
profilassi/terapia
• Giudizio di idoneità con
prescrizioni/limitazioni oppure giudizio di
idoneità dopo periodo di assenza per
malattia
•Comunicazioni/relazioni
•Informazione e formazione
•Follow up
137
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Figura 2.
Schema esemplificativo di due possibili modalità di screening per HBV (da Clinical
Effectiveness Group, 2000, modificato)
AntiHBc
Positivo à
HBsAg
Negativo à non
esposizione ad HBV
Negativo à Immunità
Positivo à epatite B
naturale per HBV
acuta o cronica
Testare antiHBcIgM
HBeAg/HBeAb
HBVDNA
HBsAg
Negativo à AntiHBc
Positivo à epatite B acuta o cronica. Testare
antiHBcIgM, HBeAg/HbeAb, HBVDNA
Negativo à non
Positivo à Immunità
esposizione ad HBV
naturale per HBV
138
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
ALLEGATO 1.
QUESTIONARIO PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO
COGNOME ____________________ NOME ____________________ Qualifica ______________ Mansione ___________
A) ANAMNESI LAVORATIVA
1) Precedenti attività lavorative in ambiente sanitario (anche per tirocini)? No à passare alla sezione B; Si
Se sì, indicare le attività lavorative con esecuzione di manovre a rischio biologico, la loro frequenza e durata?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
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?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
Manovra
1.Incannulazione/ manipolazione di vie arteriose
2.Incannulazione/ manipolazione di vie venose centrali e/o periferiche
3.Prelievi e/o iniezioni endovenose
4.Angiografia
5.Introduzione sonda di Blackmoore-Sengstaken
6.Interventi di chirurgia maggiore
7.Interventi di chirurgia minore
8.Interventi chirurgici odontoiatrici
9.Interventi odontoiatrici minori
10.Interventi di pronto soccorso
11.Riscontri autoptici
12.Biopsie/agoaspirati
13.Cistoscopia
14.Isteroscopia
15.Broncoscopia
16.Induzione dell’escreato per aerosolizzazione
17.Aspirazioni endo-bronchiali o endotracheali
18.Intubazione naso/oro-tracheale
19.Tracheostomia e/o manipolazione cannule tracheostomiche
20.Puntura lombare
21.Puntura/drenaggio toracico
22.Puntura sternale
23.Artrocentesi
24.Paracentesi
25.Amniocentesi e fetoscopia
26.Dialisi peritoneale
27.Attacco-stacco pazienti in dialisi
28.Pipettaggio non automatico
29.Manipolazione contenitori di materiale biologico per analisi di laboratorio
30.Trasporto campioni biologici
31.Svuotamento/lavaggio contenitori di materiale biologico
32.Pulizia/decontaminazione di superfici/indumenti imbrattate da materiale biologico
33.Smaltimento aghi, taglienti e strumentazione medico-chirurgica
34.Medicazione di ferite/ustioni
35.Tamponamenti nasali
36.Manipolazione stomie
37.Manipolazione drenaggi
38.Cateterismo vescicole
39.Posizionamento sondino nasogastrico
40.Iniezioni intramuscolari
41.Clisteri/clismi
42.Tricotomia
43.Igiene del paziente
44.Assistenza generica al paziente
45.Visita medica
46.Esplorazione rettale/vaginale
Frequenza1
Periodo 2
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
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F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
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O
O
F
F
F
C
C
C
1
1
1
2
2
2
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
F
F
F
C
C
C
1
1
1
2
2
2
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
O
O
O
O
F
F
F
F
C
C
C
C
1
1
1
1
2
2
2
2
3
3
3
3
b) Precedente informazione/formazione sul rischio biologico in ambiente sanitario? No
Si
dove 3 _____
c) Conosce le Precauzioni Standard?
No
Si
d) Utilizza regolarmente dispositivi di protezione individuale durante l’effettuazione delle attività lavorative a rischio biologico?
Guanti à No
Si
Maschera respiratoria à No
Si
Note___________________________ Note __________________________
e) Precedenti infortuni a rischio biologico? No
Data
1.
4
Pz fonte
5
Sorveglianza
Si
•
chemioprofilassi
No
Si
Data
4.
Visiera/occhiali à No
Si
Note _________________________
Pz fonte4
Sorveglianza5 chemioprofilassi
No
Si
1
O=occasionali, non programmabili, accidentali o casuali ed impreviste; F=frequenti, svolte ripetutamente e programmabili; C=continuative, prioritarie per la propria
professionalità e svolte assiduamente per periodi prolungati
2
1==1 anno; 2=>1 e <5 anni; 3==5 anni
3
1=scuola; 2=precedente formazione aziendale; 3=corsi/convegni/congressi
•
consultare la documentazione apposita
4
1=negativo; 2=non noto; 3=HBV positivo; 4=HCV positivo; 5=HIV positivo; 6=HBV-HCV positivo; 7=HBV-HIV positivo; 8=HCV-HIV positivo; 9= HBV, HCV, HIV positivo
5
1=non effettuata; 2=non completata e negativa; 3=non completata e positiva; 4=completata e positiva; 5=completata e negativa
ALLEGATI
139
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
2.
No
DRAFT
5.
Si
No
Si
B) ATTIVITÀ EXTRALAVORATIVE, svolte con regolarità:
Da ___ a ___
Da ___ a ___
1. volontario soccorso
4. attività venatoria
C) STATO VACCINALE
1) Tesserino sanitario vaccinale aggiornato No
Non
ricorda
SI
1. Tetano
?
4. Morbillo
?
7. Pertosse
?
10. Epatite A
?
13. Influenza
?
Intraderm. sec. Mantoux
Non
ricorda
Positivo
Vaccino
No
1.
2.
No
?
?
3.
4.
?
?
3.
4.
4) Viaggi o soggiorni all’estero in zone ritenute a rischio biologico?
Anno
Periodo (N° settimane)
No
Data
Vaccino
Note
Data
Tipo6
Note
Anno
D) DONATORE DI SANGUE
No
Si
(dal _____ al _____)
E) TOSSICODIPENDENZA ENDOVENOSA
No
Si
(dal _____ al _____)
No
Si
Periodo (N° settimane)
Luogo
3.
4.
?
?
F) TATUAGGI /PIERCING
?
?
?
?
?
Si
Luogo
1.
2.
?
?
?
?
?
?
?
Data ultimo
richiamo
Si
Note
1.
2.
?
?
SI
Si
Tipo 6
Data
Non
ricorda
3. Poliomielite
6. Rosolia
9. Tubercolosi
12. Meningococco
15. Altro_________
?
?
?
?
?
Data
Note
3) Immunoprofilassi passive/chemioprofilassi?
Da ___ a ___
Da ___ a ___
Data ultimo
richiamo
SI
2. Difterite
?
5. Parotite
?
8. Tifo
?
11. Epatite B
?
14. Febbre gialla
?
_____ mm
Negativo
2) Controindicazioni/reazioni avverse alle vaccinazioni?
?
?
3. allevamento
6. altro _______
Si
Data ultimo
richiamo
?
?
?
?
?
Data
Da ___ a ___
Da ___ a ___
2. agricoltura
5. altro ________
Non risponde
N° _____
G) ANAMNESI PATOLOGICA
1) Patologie infettive pregresse
DATA
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
DATA
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
1. Parotite
5. Varicella
9. Herpes simplex
13. Pediculosi
17. Meningite
21. Epatite virale C
25. Rickettsiosi
29. Infezione da HIV
33. Scabbia
37. Papillomavirus
2) Patologie oculari infettive (blefaro/cherato/congiuntiviti) No
3) Patologie cutanee
No
4) Diagnostica invasiva No
DATA
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
2. Pertosse
6. Scarlattina
10. Herpes zoster
14. Mononucleosi
18. Tubercolosi
22. Citomegalovirus
26. Leptospirosi
30. Febbre gialla
34. Aspergillosi
Altro________
Si
DATA
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
3. Rosolia
7. Difterite
11. Tifo
15. Toxoplasmosi
19. Epatite virale A
23. Tularemia
27. Listeria
31. Lebbra
35. Candidosi
Altro ________
4. Morbillo
8. Poliomielite
12. Salmonella
16. Brucellosi
20. Epatite virale B
24. Malaria
28. Lue
32. Carbonchio
36. Dermatomicosi
Altro ________
∗
Si *
Si * N° ________
5) Terapie/trattamenti invasivi*
?
?
1.
2.
Cure odontoiatriche rilevanti
Interventi chirurgici
6) Trasfusioni di sangue/emoderivati
Da ____
Da ____ N°____
?
?
3.
4.
Dialisi
Agopuntura
Dal _____
Dal _____ N° sedute ______
N° volte _______
7) Patologie/condizioni immunosopprimenti*
?
?
1. Diabete
6. Trapianti
?
?
2. Emopatie
7. Epatopatie croniche
?
?
3. Asplenia
8. Malassorbimento
?
?
4. Nefropatie croniche
9. Neoplasie
?
?
5. Malattie autoimmunitarie
10. Altro______________
8) Terapia con
?
?
?
?
6
∗
1. Cortisonici
2. Antineoplastici
3. Terapia radiante
7. Altro ________
Da ____ a ____
Da ____ a ____
Da ____ a ____
Da
a____
?
?
?
?
4. FANS (trattementi prolungati)
5. Citostatici/sali d’oro
6. Altra chemioterapici per malattie autoimmunitarie
8. Altro ________
Da ____ a ____
Da ____ a ____
Da ____ a ____
Da
a _____
1. antimalarica; 2. antitetanica; 3. antiepatite B; 4. antiepatite A
si veda cartella clinica
ALLEGATI
140
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
ALLEGATO 2
RACCOMANDAZIONI PER LE MISURE DI ISOLAMENTO NEGLI OSPEDALI (tratto da
Garner, 1996)
Le raccomandazioni sono limitate all'argomento delle precauzioni di isolamento. Perciò,
devono essere completate da norme o procedure ospedaliere per gli altri aspetti del controllo
ambientale e delle infezioni, della medicina preventiva, delle problematiche legali e di altri
argomenti che sono al di fuori del campo d'azione di queste linee-guida.
Tutte le sottoelencate raccomandazioni sono state incluse nella categoria “fortemente
raccomandate per tutti gli ospedali e considerate efficaci dagli esperti nel campo sulla base di
una forte base scientifica e di prove che ne suggeriscono l’efficacia, benché non siano stati
effettuati studi definitivi” (categoria IB nella classificazione utilizzata dai CDC).
I. CONTROLLI AMMINISTRATIVI
A. FORMAZIONE
Sviluppare un sistema per garantire che i pazienti ospedalieri, il personale e i visitatori siano
resi edotti sull'uso delle precauzioni e sulle loro re sponsabilità nel rispettarle.
B. RISPETTO DELLE PRECAUZIONI
Valutare periodicamente il rispetto delle precauzio ni ed impiegare i risultati per raggiungere
miglioramenti.
II.
PRECAUZIONI STANDARD
Utilizzare le precauzioni standard, o l’equivalente, per l’assistenza di tutti i pazienti.
A. Lavaggio delle mani
1) Lavarsi le mani dopo aver toccato sangue, liquidi corporei, secreti, escreti e oggetti
contaminati, sia che siano stati indossati guanti oppure no. Lavarsi le mani
immediatamente dopo la rimozione dei guanti, ogniqualvolta ci siano contatti con un
paziente e quando altrimenti indicato, per prevenire il trasferimento di microrganismi ad
altri pazienti o all'ambiente. Può essere necessario lavarsi le mani ogniqualvolta vengano
effettuate prestazioni o procedure sullo stesso paziente, per prevenire contaminazioni
crociate di differenti zone corporee.
2) Usare un semplice sapone (non antimicrobico) per il lavaggio di routine delle mani.
3) Usare un agente antimicrobico o un agente antisettico senz'acqua per circostanze
particolari (ad esempio, controllo di epidemie o infezioni iperendemiche), come definito
dal programma di controllo delle infezioni (vedi le precauzioni da contatto per le
raccomandazioni aggiuntive sull'uso di agenti antimicrobici ed antisettici).
B. Guanti
Indossare guanti (sono sufficienti guanti puliti non sterili) se si toccano sangue, liquidi
corporei, secreti, escreti ed oggetti contaminati. Indossare guanti puliti subito prima di
toccare mucose e cute non integra. Cambiarsi i guanti nel corso di manovre e procedure
ripetute sullo stesso paziente dopo il contatto con materiale che può contenere una
ALLEGATI
141
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
elevata concentrazione di microrganismi. Rimuovere i guanti prontamente dopo l'uso,
prima di toccare oggetti non contaminati e superfici ambientali e prima di assistere un
altro paziente, e lavarsi le mani immediatamente per prevenire il trasferimento di
microrganismi ad altri pazienti o all'ambiente.
C. Maschere, occhiali protettivi, schermi facciali
Indossate una maschera e occhiali protettivi oppure uno schermo facciale per proteggere le
mucose di occhi, naso e bocca durante le procedure e le attività di assistenza al paziente
che possono generare schizzi o spruzzi di sangue, liquidi corporei, secreti o escreti.
D. Camice
Indossare un camice (è sufficiente un camice pulito non sterile) per proteggere la cute e
per prevenire l'imbrattamento di indumenti durante le procedure e le attività di assistenza
al paziente che possono produrre schizzi e spruzzi di sangue, liquidi corporei, secreti ed
escreti. Scegliere un camice che sia appropriato per le attività e la quantità di liquidi
corporei che si possono produrre accidentalmente. Rimuovere il camice sporco il più
presto possibile e lavarsi le mani per prevenire il trasferimento di microrganismi ad altri
pazienti o all'ambiente.
E. Strumenti per l'assistenza al paziente
Manipolare gli strumenti impiegati per l'assistenza al paziente, sporchi di sangue, liquidi
corporei, secreti ed escreti in modo da prevenire l'esposizio ne di cute e mucose, la
contaminazione di indumenti e il trasferimento di microrganismi ad altri pazienti o
all'ambiente. Assicurarsi che gli strumenti riutilizzabili non vengano impiegati per
l'assistenza ad altri pazienti finché non siano stati puliti e sterilizzati in maniera corretta.
Assicurarsi che gli articoli monouso vengano correttamente eliminati.
F. Controllo ambientale
Assicurarsi che l'ospedale abbia le procedure corrette per assistenza di routine, pulizia e
disinfezione di superfici ambientali, letti, barelle, materiali del posto-letto ed altre superfici
che vengono frequentemente toccate, e che queste procedure vengano eseguite.
G. Biancheria
Maneggiare, trasportare e trattare la biancheria usata, sporca di sangue, liquidi corporei,
secreti ed escreti in modo da prevenire l'esposizione di cute e mucose e la contaminazione
di indumenti e da prevenire il trasferimento di microrganismi ad altri pazienti ed
all'ambiente.
H. Tutela della salute dei lavoratori e patogeni per via ematica
1) Preoccuparsi di prevenire gli incidenti quando si impiegano aghi, bisturi ed altri
strumenti o dispositivi taglienti; quando si manipolano strumenti taglienti dopo le
procedure; quando si puliscono strumenti impiegati; e quando si eliminano aghi usati. Non
incappucciare gli aghi impiegati, o altrimenti non manipolarli usando entrambe le mani, o
non impiegare ogni altra tecnica che comporti volgere la punta di un ago verso una parte
del corpo; piuttosto impiegare o una tecnica "in un sol colpo", usando una sola mano, o
usare uno strumento meccanico progettato per mantenere la protezione dell'ago. Non
rimuovere con le mani gli aghi usati dalle siringhe monouso e non piegare, non rompere o
manipolare in altro modo gli aghi usati servendosi delle mani. Mettere le siringhe e gli aghi
usati monouso, le lame di bisturi e gli altri oggetti taglienti in appositi contenitori resistenti
alla foratura, che vanno sistemati il più praticamente vicini alla zona nella quale i presidi
vengono utilizzati e, per il trasporto alla centrale di sterilizzazione, sistemare gli aghi e le
siringhe riutilizzabili in un contenitore resistente alla foratura.
ALLEGATI
142
LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
2) Impiegare cannule boccali, palloni Ambu per la respirazione artificiale o altri strumenti
per la ventilazione come alternativa alla rianimazione bocca a bocca nelle aree dove é
prevedibile ci sia necessità di manovre di rianimazione.
I. Collocazione del paziente
Collocare un paziente che contamini l'ambiente o che non sia (o non sia possibile
prevedere) in grado di mantenere la corretta igiene personale e ambientale, in una stanza
singola. Se non è disponibile una stanza singola, consultare un esperto addetto al
controllo delle infezioni riguardo alla collocazione del paziente e alle sue alternative.
III. PRECAUZIONI PER LA TRASMISSIONE PER VIA AEREA
A. Collocazione del paziente
Collocare il paziente in una stanza singola che abbia
1) pressione monitorizzata negativa in relazione alle aree circostanti,
2) da 6 a 12 cambi d'aria all'ora,
3) appropriato deflusso di aria all'esterno o filtrazione controllata ad alta efficie nza
dell'aria della stanza prima della ricircolazione dell’aria in altre aree dell'ospedale.
Tenere chiusa la porta della stanza ed il paziente nella stanza.
Se non è disponibile una stanza singola, collocare il paziente in una stanza con un
paziente che abbia una infezione attiva causata dallo stesso microrganismo, a meno che
non ci siano altre raccomandazioni, ma senza altre infezioni.
Se non è disponibile una camera singola e non è desiderabile la destinazione di un'area per
gli infetti (coorte), prima della collocazione del paziente è consigliabile la consultazione con
un esperto addetto al controllo delle infezioni.
B. Protezione respiratoria
Indossare dispositivi di protezione respiratoria quando si entra nella stanza di un paziente con
infezione tubercolare polmonare nota o sospetta. Le persone suscettibili all'infezione non
dovrebbero entrare nella stanza di un paziente con morbillo o varicella note o sospette, se
sono disponibili altri operatori immuni. Se operatori non immuni devono entrare nella stanza di
un paziente con morbillo o varicella note o sospette, essi devono indossare dispositivi di
protezione respiratoria. Per le persone immuni a morbillo o varicella non è necessario
indossare dispositivi di protezione respiratoria.
C. Trasporto de l paziente
Limitare il movimento e il trasporto del paziente dalla stanza ai soli scopi essenziali. Se ciò è
necessario, rendere minima la dispersione di goccioline dal paziente facendogli indossare, se
possibile, una mascherina chirurgica.
D. Precauzioni aggiuntive per la prevenzione della trasmissione della tubercolosi
Per le strategie aggiuntive di prevenzione, consultare le "linee-guida per la prevenzione della
trasmissione della tubercolosi nelle strutture sanitarie” dei CDC.
ALLEGATI
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
IV PRECAUZIONI PER LA TRASMiSSIONE ATTRAVERSO GOCCIOLINE
A. Collocazione del paziente
Collocare il paziente in una stanza singola. Se non è disponibile una stanza singola, collocare il
paziente in una stanza con pazienti che abbiano un’infezione attiva causata dallo stesso
microorganismo, ma senza altre infezioni (coorte). Se non è disponibile una camera singola e
la coorte non è realizzabile, mantenere una separazione spaziale di circa un metro tra il
paziente infetto e altri pazienti o visitatori. Non sono necessari trattamenti dell'aria o una
ventilazione particolari e la porta può rimanere aperta.
B. Maschere
In aggiunta alle Precauzioni Standard, se si lavora a meno di un metro di distanza dal
paziente indossare una mascherina (per motivi logistici alcuni ospedali possono esigere che
venga indossata una mascherina quando si entra nella stanza).
C. Trasporto del paziente
Limitare il movimento e il trasporto del paziente dalla stanza ai soli scopi essenziali. Se
necessari movimento o trasporto, rendere minima la dispersione di goccioline dal paziente
facendogli indossare, se possibile, una mascherina.
V PRECAUZIONI DA CONTATTO
A. Collocazione del paziente
Collocare il paziente in una stanza singola. Se non è disponibile una stanza singola, collocare
il paziente in una stanza con uno o più pazienti affetti da una infezione attiva causata dallo
stesso microrganismo, ma senza altre infezioni (coorte). Se non è disponibile una camera
singola e la coorte non è realizzabile, quando si stabilisce la collocazione del paziente,
considerare l'epidemiologia del microrganismo e la popolazione di pazienti. Prima della
collocazione del paziente, è raccomandata la consultazione con un esperto addetto al
controllo delle infezioni.
B. Guanti e lavaggio delle mani
In aggiunta all'uso di guanti, come sottolineato nelle Precauzioni Standard, indossare guanti
(sono sufficienti guanti puliti non sterili) quando si entra nella stanza. Durante
l'esecuzione di manovre assistenziali ad un paziente, cambiare i guanti dopo contatti con
materiale infetto che può contenere alte concentrazioni di microrganismi (materia le
fecale e essudato da ferite). Togliersi i guanti prima di lasciare l'ambiente; del paziente e
lavarsi le mani immediatamente con un sapone antimicrobico o un agente antisettico
senz'acqua. Dopo la rimozione dei guanti ed il lavaggio delle mani, assicurarsi che le
mani non tocchino superfici ambientali o oggetti usati per l'assistenza, potenzialmente
contaminati, presenti nella stanza del paziente, per evitare il trasferimento di microrganismi ad altri pazienti o all'ambiente.
C. Camice
In aggiunta all'uso del camice, come sottolineato nelle Precauzioni Standard, indossare
un camice (è sufficiente un camice pulito non sterile) quando si entra nella stanza, se si
prevede che gli indumenti vengano contaminati dal paziente, da superfici ambientali o
da oggetti presenti nella stanza, oppure se il paziente é incontinente o presenta diarrea,
ALLEGATI
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
ileostomia, colostomia o il liquido di drenaggio di una ferita non è contenuto in una
medicazione. Rimuovere il camice prima di lasciare la stanza del paziente. Dopo la
rimozione del camice assicurarsi che gli indumenti non abbiano avuto contatti con
superfici ambientali potenzialmente contaminate per evitare il trasferimento di
microrganismi ad altri pazienti o all'ambiente.
D. Trasporto del paziente
Limitare il movimento e il trasporto del paziente dalla stanza ai soli scopi essenziali. Se il
paziente viene trasportato fuori dalla stanza, assicurarsi che vengano mantenute le
precauzioni per rendere minimo il rischio di trasmissione di microrganismi ad altri
pazienti e la contaminazione di superfici ambientali o di attrezzature.
E. Strumenti per l'assistenza al paziente
Quando possibile, dedicare ad un singolo paziente (o ad una coorte di pazienti infetti o
colonizzati con patogeni richiedenti precauzioni) l'impiego di strumenti non critici per
l'assistenza per evitare che più pazienti li usino in comune. Se è inevitabile l’uso di
strumenti o di articoli in comune, pulirli e disinfettarli adeguatamente prima dell'impiego
per un altro paziente. Categoria IB
F. Precauzioni aggiuntive per prevenire la diffusione di resistenze alla
vancomicìna
Consultare la relazione dell'HICPAC sulla prevenzione della diffusione di resistenze alla
vancomicina per le strategie di prevenzione aggiuntive.
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LINEE GUIDA SIMLII – RISCHIO BIOLOGICO
DRAFT
Sindromi o condizioni cliniche che giustificano le precauzioni empiriche aggiuntive per la
prevenzione della trasmissione di patogeni-epidemiologicamente importanti in attesa della
conferma delle diagnosi*
Sindrome o Condizione Clinica A
Diarrea
- diarrea acuta di probabile causa infettiva in un paziente incontinente
o portatore di pannolini
- diarrea in un adulto con una storia di recente terapia antibiotica
Patogeni entericiC
Contatto
Clostridium difficilis
Contatto
Meningite
Neisseria meningitidis
Goccioline
Rash o esantema, generalizzato, eziologia sconosciuta
- petecchie/ecchimosi con febbre
- vescicole
- maculopapule con coriza e febbre - --
Neisseria meningitidis
Varicella
Goccioline
Via aerea e contatto
Morbillo
Via aerea
Mycobacterium tuberculosis
Via aerea
Mycobacterium tubercolosis
Via aerea
Bordetella periussis
Goccioline
Virus respiratorio sinciziale o
Virus parainfluenzale
Contatto
Batteri resistenti
Contatto
Batteri resistenti
Contatto
Staphylococcus.aureus
Streptacocco Gruppo A
Contatto
Infezioni respiratorie
- tosse, febbre, infiltrato polmonare nel lobo superiore in un paziente
negativo per HIV o in un paziente a basso rischio d infezione da HIV
- tosse, febbre, infiltrato polmonare localizzato in qualsiasi sede polmonare in un paziente infetto da HIV o in un paziente ad alto rischio
di infezione da HIV
-tosse parossistica o persistente durante i periodi di attività della pertosse
Infezioni respiratorie, in particolare bronchioliti e croup in neonati o
bambini piccoli
Rischio di microrganismi multifarmacoresistenti
- storia di infezioni o di colonizzazione da microrganismi multifarmacoresistenti D
- ferite o infezioni del tratto urinario in un paziente con una recente ospedalizzazione o assistenza domiciliare presso un servizio
dove sono prevalenti microrganismi multifarmacoresistenti
Infezioni della cute o delle ferite
- ascesso o ferita drenante che non può essere protetta
a.
b.
c.
d.
Passibili Patogeni B
Precauzioni Empiriche
I pazienti con le sindromi o le condizioni qui elencate possono presentarsi con segni e sintomi atipici
(esempio, la pertosse in neonati e adulti può non presentare una tosse parossistica o grave). Gli indici
clinici di sospetto potrebbero essere guidati tanto dalla prevalenza di specifiche condizioni nella collettività,
quanto dal giudizio clinico.
I microrganismi elencati sotto questa colonna "Possibili Patogeni" non solo non sono intesi rappresentare
la diagnosi completa, o anche le più probabili, ma piuttosto i possibili agenti eziologici che richiedono
precauzioni aggiuntive oltre alle precauzioni standard, fino a quando essi possano essere esclusi dalla
diagnosi.
Questi patogeni comprendono I'Escherichia coli 0157:H7 enteroemorragica, Shigella, Virus Epatite A e
Rotavirus.
Batteri resistenti, ritenuti di speciale importanza clinica ed epidemiologica dal programma di controllo
infezioni basato su raccomandazioni vigenti locali, regionali e nazionali.
* Gli esperti addetti al controllo delle infezioni possono modificare o adattare questa tabella secondo le condizioni
locali. Per assicurare che vengano utilizzate sempre le precauzioni empiriche appropriate, gli ospedali devono avere
sistemi impiantati per valutare in modo routinario i pazienti, secondo questi criteri, sia nella fase di
preospedalizzazione che di ricovero.
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Rischio biologico