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Lindita Kasimi
L’effetto sovrastimato
di
alcune erbe medicinali
Una revisione delle informazioni pubblicitarie e scientifiche relative
all’efficacia di alcune piante medicinali comuni.
Ebook Morina Editore
L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Università Popolare di Scienze della Salute Psicologiche e Sociali (UNIPSI)
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Proprietà letteraria riservata.
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Ebook Morina Editore
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Prima edizione: maggio 2015
L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Indice
1. Premessa
2.1 Piante: quando possono essere usati come farmaci?
3.1 Cos’è uno studio scientifico?
3.2 Gli studi scentifici 3.3 La sperimentazione scentifica 3.4 Le fasi della ricerca scentifica 3.5 Esistono diversi tipi di studi scentifici
3.6 Partecipare agli studi scentifici
3.7 La terminologia di studi scentifici
3.8 Criteri di ammissione
4. La valeriana
4.1 Che cos’è la valeriana?
4.2 Quali sono i preparati più diffusi a base di valeriana?
4.3 La valeriana nella storia
4.4 Valeriana (Valeriana officinalis) materiali publicati su siti diversi
4.5 Ricerche sull’uso della valeriana contro i disturbi del sonno
4.6 Primo, secondo e terzo studio
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
4.7 Conclusione della revisione
4.8 Altri studi
4.9 Indicazioni terapeutiche diffuse dalle aziende
5. Citrullus colocynthis
5.1 Caratteristiche generali
5.2 Citrullus colocynthis nella storia
5.3 Come si usa
5.4 Ricerche scientifiche
6. Melissa
6.1 Le proprietà
6.2 Studio scientifico
6.3 Indicazioni terapeutiche diffuse dalle aziende
7. Conclusione
8. Bibliografia- 9. Sitografia
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Premessa
Le proprietà medicinali di molte piante sono tradizionalmente note agli uomini che,
fin dai primordi della civiltà, non avendo a disposizione nessun altro rimedio “terapeutico”, le
hanno utilizzate sulla base di osservazioni, esperienze e coincidenze come erbe
curative, e come tali ci sono state tramandate. Il termine “medicina tradizionale” (o
medicina alternativa, un termine più moderno, del resto), descrive l’insieme di
conoscenze, pratiche, metodi, e credenze di una determinata popolazione, basate su
osservazioni ed esperienze, trasmesse di generazione in generazione, atte a prevenire
ed eliminare squilibri fisici, mentali e sociali per mantenere il benessere dei singoli
individui. Il termine curarsi con le medicine alternative fa pensare che esse possano
agire con efficacia praticamente su tutte le malattie.
Nel corso degli anni le basi
scientifiche (chimiche e biologiche) dell’attività farmacologica di alcune piante/estratti
impiegati nella medicina popolare sono state analizzate da studi di ricerca scientifica e
clinica moderna; inoltre, la ricerca di nuovi composti naturali biologicamente
interessanti è fortemente incentivata da interessi riguardanti i settori della
farmaceutica, della nutraceutica e della cosmetica.
Lo scopo della ricerca era di presentare una panoramica in estrema sintesi della
complessità di questa materia in modo molto prudente di fronte alle troppe
affermazioni, osservazioni e dimostrazioni diffuse dalla medicina alternativa in ordine
a pretesi studi o ricerche scientifiche.
Attraverso l’analisi delle ricerche richiamate a dimostrazione dell’efficacia
di queste medicine, come vedremo nelle pagine seguenti, si evince senza
ombra di dubbio l’effetto sovrastimato delle erbe medicinali utilizzate
solo apparentemente con successo solo nelle malattie meno gravi o
fluctuating (che tengono a guarire da sole).
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Ci troviamo sempre davanti a espressioni tipo: recenti studi, rimedi antichi cinesi, indiani, sin
dall’antichità si usava ecc., senza mai mostrare realmente la fonte di uno studio o di una
ricerca.
Per questi motivi si è voluto studiare più a fondo le cosiddette mille proprietà delle
piante che la medicina alternativa dispone e quella scientifica non usa da tempo.
Nelle pagine seguenti vedremo come le medicine alternative si distinguono in due
gruppi, sotto il profilo dell’oggetto su cui agiscono e dello scopo della loro
divulgazione.
2.1 Piante: quando possono essere usate come
farmaci?
Nel passato la distinzione tra cibo e medicina non era netta come lo è adesso e spesso
la differenza tra medicina e cibo e tra tossicità e non tossicità era solo una questione
legata alle intenzioni d’uso, alle dosi e/o alle modalità di assunzione. Assumiamo
d'altronde regolarmente bevande stimolanti che contengono estratti di piante, come il
caffè, il tè, il guaranà, ecc. anche se ne sono noti gli effetti negativi quando si esagera
e/o in situazioni particolari di salute. La caffeina ci aiuta a “funzionare” meglio ma
causa effetti collaterali di rilievo se ne abusiamo; d’altro canto le stesse vitamine,
nutrienti essenziali, possono essere tossiche se assunte in quantità eccessiva.
Nelle società tradizionali molte piante vengono usate nei cibi, in quantità limitate o
dopo operazioni di parziale eliminazione dei principi attivi, per ottenerne un effetto
tonico-adattogeno, per limitare la carica parassitaria, per migliorare il transito
intestinale, ecc. Le stesse piante vengono assunte anche come vero e proprio
intervento terapeutico in dosi e modalità diverse. Insomma, è concettualmente
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
accettabile ed in linea con la tradizione fitoterapica che la stessa pianta sia inserita in
un integratore alimentare e possa anche essere utilizzata come farmaco. Restano
escluse da questo ragionamento, ovviamente, le piante pericolose perché
potenzialmente tossiche anche a dosaggi molto bassi, o di cui non sono ancora
sufficientemente note le azioni, e che pertanto non sono autorizzate all’utilizzo come
alimenti.
Dal punto di vista regolatorio l’uso delle piante è quindi ammesso anche sotto l’egida
delle leggi sui farmaci. Della pianta si usa la droga vegetale, cioè la parte che contiene
i principi attivi. Le droghe vegetali possono essere usate integralmente, frantumate in
parti più o meno minute sino alla polvere, o sotto forma di estratti, complessivi
(fitocomplesso) o frazionati, ottenuti con varie tecniche. Il fitocomplesso è l’insieme
delle sostanze chimiche che compongono una droga vegetale, e il suo effetto è il
risultato dell’azione integrata della molteplicità di sostanze che lo compongono.
Facendo riferimento esclusivamente alle due direttive principali (Direttiva 2002/46/
EC4 e Direttiva 2001/83/EC come ammendata dalla Direttiva 2004/27/EC5)
possiamo delineare la definizione di farmaco.
Si considera farmaco qualunque sostanza o combinazione di sostanze (anche estratti di piante), che
abbia lo scopo di trattare o prevenire una malattia nell’uomo e che venga usata allo scopo di
ripristinare, correggere o modificare le funzioni fisiologiche esplicando un’azione farmacologica,
immunologica o metabolica, o di diagnosticare una malattia.
Nell’ambito dei farmaci a base di piante si distingue tra farmaco vegetale e farmaco
vegetale tradizionale, prevalentemente sulla base delle possibilità di uso (prescrizione
da parte del medico o auto-prescrizione) e delle differenti modalità di registrazione,
più complesse per il farmaco vegetale, semplificate e sulla base della tradizione per il
farmaco vegetale tradizionale.
Farmaco vegetale: qualunque farmaco che contenga come principi attivi una o più
sostanze vegetali o uno o più preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in
associazione ad uno o più preparati vegetali.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Farmaco vegetale tradizionale: farmaco vegetale con registrazione fondata
sull'impiego tradizionale, destinato ad essere utilizzato senza l'intervento di un medico
a fini diagnostici, di prescrizione o controllo del trattamento (auto prescrizione), di cui
è trascorso il periodo di impiego tradizionale (il prodotto deve essere stato disponibile
nella Comunità da almeno 30 anni o da almeno 15 anni, se si forniscono le prove
dell'impiego medico di tale prodotto per un periodo di tempo che completa i 30 anni
previsti, in una o più aree specifiche al di fuori della Comunità).
La Corte Europea di Giustizia ha demandato alle autorità nazionali il compito di
definire per ogni prodotto (caso per caso), quando si tratta di un farmaco. La decisione
va presa sulla base delle attività dei componenti, allo stato attuale delle conoscenze
scientifiche e degli studi clinici, delle modalità con cui ne viene suggerito l’uso, delle
intenzioni con cui il prodotto è stato formulato e ne viene richiesta l’autorizzazione al
commercio (intended use), del fatto che gli ingredienti siano di uso comune per il
consumatore e che non comportino rischi.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
3. Cos’è uno studio scientifico
3.1 Gli studi scentifici sono ricerche condotte su soggetti umani volontari allo scopo di dare una risposta ad
alcuni quesiti scientifici. Nella ricerca, la sperimentazione scientifica tenta di sciogliere
alcuni nodi relativi alla prevenzione, alla diagnosi e allo sviluppo di nuove terapie con
l’intento di curare diversi tipi di patologie.
3.2 La sperimentazione scientifica è una delle ultime tappe del lungo processo di sviluppo di un nuovo farmaco, che
inizia in laboratorio, prosegue attraverso la fase delle prove pre-cliniche sugli animali e
successivamente, una volta che il farmaco è stato dimostrato sicuro ed efficace sugli
animali, passa alla fase clinica. Gli studi clinici sono una tappa essenziale nello
sviluppo di nuove terapie, poiché consentono ai ricercatori di stabilire il corretto
dosaggio e il metodo di somministrazione più adeguato di un nuovo farmaco,
forniscono un metodo per confermarne l’efficacia sull’uomo e consentendo di
individuarne eventuali effetti indesiderati. Inoltre, sulla base di questi dati, le autorità
sanitarie possono verificare che le nuove terapie siano almeno tanto sicure ed efficaci,
o più sicure ed efficaci, di quelle già esistenti. L’approccio utilizzato nella conduzione degli studi clinici è simile in tutti i paesi del
mondo, in particolare negli studi internazionali e multicentrici, come molti degli studi
clinici di oggi. Le persone affette da malattie che mettono a rischio la vita e per le
quali esistono opzioni di trattamento limitate, sono spesso alla ricerca della terapia
più efficace tra quelle disponibili. Partecipare ad uno studio scentifico può consentire
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
di accedere a terapie nuove ed efficaci, prima che esse possano essere
commercializzate. Chi decide di partecipare ad uno studio scientifico lo fa per diversi motivi. Alcuni
pazienti sono interessati alla maggiore attenzione medica e scientifica dedicata al loro
caso, per altri si tratta di un’occasione per ricevere le cure più recenti disponibili o per
assumere un ruolo più attivo nelle scelte terapeutiche che influenzeranno la loro vita.
Anche se partecipare ad uno studio clinico non garantisce un esito positivo e non è
possibile sapere se al paziente sarà somministrato il farmaco sperimentato, tutti i
pazienti svolgono un ruolo determinante nello sviluppo di nuove cure per altri pazienti
in futuro. Il successo di uno studio scientifico dipende dalla dedizione e dall’impegno di medici,
ricercatori e pazienti. Ecco perché è importante capire il processo in base al quale si
svolge uno studio clinico, i benefici e i rischi della partecipazione alla sperimentazione
e gli strumenti a disposizione di medici e pazienti per individuare gli studi clinici di
loro interesse.
3.3 Le fasi della ricerca scentifica Negli studi di Fase I, i ricercatori stabiliscono il dosaggio e il metodo di
somministrazione più idonei per il farmaco (pillola, capsula, liquido, iniezione, ecc.),
di solito in un piccolo numero di pazienti (a volte anche solo 12). In questa fase, i
ricercatori stabiliscono la tollerabilità del farmaco e verificano attentamente qualsiasi
effetto indesiderato dannoso.
Gli studi di Fase II continuano a studiare la sicurezza del nuovo farmaco, valutandone
al contempo l’efficacia. Durante questa fase, i ricercatori studiano come agisce il
farmaco e le reazioni dell’organismo. Ai pazienti vengono somministrate le più alte
dosi tollerabili. Gli studi di Fase II si effettuano su gruppi di pazienti che includono tra
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le 25 e le 100 persone. Generalmente i gruppi sono omogenei per età, sesso e stadio
della malattia.
Gli studi di Fase III vengono effettuati per raccogliere informazioni più approfondite
sulla sicurezza e sull’efficacia di un nuovo farmaco rispetto ai trattamenti standard
esistenti e/o a placebo. Generalmente i pazienti degli studi di Fase III vengono
assegnati in maniera casuale ad almeno tre gruppi:
1. Gruppo di trattamento – A questo gruppo viene somministrato il farmaco
sperimentale
2. Gruppo di controllo – A questo gruppo viene somministrato il trattamento standard
3. Gruppo placebo – A questo gruppo viene somministrato acqua e zucchero.
Gli studi di fase III possono includere centinaia, anche migliaia di pazienti, a seconda
della malattia presa in esame e del disegno dello studio. Gli studi di fase III hanno lo
scopo di fornire dati clinici statisticamente significativi perché il farmaco possa passare
alla fase successiva o perché i dati possano essere presentati alle autorità sanitarie
internazionali ai fini di richiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio
Gli studi di Fase IV vengono effettuati quando una casa farmaceutica o un centro di
ricerca indipendente vuole testare l’efficacia del farmaco in una condizione medica
diversa.
Gli studi di Fase V sono continuativi per un periodo più lungo seguendo il follow up
dopo il trattamento.
3.4 Esistono diversi tipi di studi scientifici:
Gli studi di trattamento hanno lo scopo di testare nuove terapie. Gli studi di qualità della vita studiano come migliorare la qualità della vita. Università Popolare di Scienze della Salute Psicologiche e Sociali (UNIPSI)
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Gli studi di prevenzione studiano come ridurre il rischio, o la probabilità di sviluppare
le malattie, e sono generalmente condotti su soggetti sani. Gli studi diagnostici studiano esami o procedure che potrebbero essere utilizzate per
individuare le malattie con maggiore precisione e in fase precoce. 3.5 Partecipare agli studi clinici
Gli studi clinici sono generalmente finanziati da enti governativi, organizzazioni senza
scopo di lucro o società farmaceutiche
Naturalmente, il paziente non ha la garanzia di essere curato con il nuovo farmaco,
anche quando partecipa ad uno studio clinico. A seconda del tipo di studio, il paziente
potrebbe assumere un placebo o il trattamento standard. 3.6 La terminologia negli studi scientifici
Doppio-cieco: Metodo usato per evitare errori o distorsioni in uno studio scientifico.
In uno studio in doppio cieco, né i pazienti, né gli sperimentatori sanno a quali
partecipanti viene somministrato il farmaco testato e a quali il trattamento standard. Multicentrico: Studio in cui lo stesso protocollo di ricerca viene utilizzato in molteplici
centri di ricerca o siti dello studio. Multinazionale: Studio scientifico condotto in vari paesi. Aperto: Studio in cui sia il medico sia il paziente sanno quale trattamento viene
somministrato al paziente. Randomizzato: studio in cui i partecipanti vengono assegnati al gruppo di trattamento
o al gruppo di confronto in maniera casuale. Cieco: Negli studi in cieco i medici sanno a quale gruppo sono stati assegnati i loro
pazienti, mentre i pazienti vengono informati solo alla fine dello studio.
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3.7 Criteri di ammissione
Per partecipare ad uno studio scientifico i pazienti devono soddisfare alcuni criteri.
Generalmente i partecipanti devono avere caratteristiche simili in termini di:
• Tipo e fase della malattia
• Età • Sesso • Precedenti trattamenti • Risultati di alcuni esami di laboratorio L’arruolamento di gruppi di pazienti omogenei serve ad assicurare che i risultati dello
studio siano dovuti al trattamento piuttosto che ad altri fattori. In Europa, tutti gli studi scientifici devono essere approvati da un IRB, detto anche
comitato etico. Questo comitato esamina il protocollo dello studio e vigila sullo studio
per garantire la tutela e la sicurezza dei pazienti. In Europa la sperimentazione clinica
viene effettuata nel rispetto degli standard etici definiti nella Dichiarazione di Helsinki,
successivamente recepiti nelle Buone Pratiche Cliniche dell’OMS nella Conferenza
Internazionale. L’IRB dell’ospedale verifica il protocollo ed esercita un attento
controllo dello studio. Gli sponsor degli studi clinici sono generalmente istituzioni o individui interessati a
sviluppare trattamenti o metodi diagnostici migliori per la cura del cancro. Università Popolare di Scienze della Salute Psicologiche e Sociali (UNIPSI)
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
4. Studi scientifici su alcune erbe medicinali
4.1 Valeriana
Che cos’è la valeriana?
La valeriana (Valeriana officinalis) fa parte della famiglia delle Valerianaceae: è una
pianta perenne che cresce in Europa e in Asia ed è stata naturalizzata nel Nord
America. Ha un odore caratteristico che molti considerano sgradevole.
4.2 Quali sono i preparati più diffusi a base di
valeriana?
I preparati in commercio come integratori alimentari contengono le radici, i rizomi (i
fusti sotterranei) e gli stoloni (rami lunghi e sottili alla base del fusto). Le radici secche
vengono preparate sotto forma di infusi o di tinture (gocce), mentre le varie parti della
pianta e gli estratti entrano a far parte delle capsule o delle compresse.
I ricercatori non hanno identificato il principio attivo chiave. L’effetto di questo
estratto vegetale probabilmente deriva dall’interazione di diversi costituenti anziché da
un solo composto o da una classe di composti. Il contenuto di oli essenziali, tra cui gli
acidi valerenici, i sesquiterpeni (sostanze meno volatili) o i valepotriati (esteri lipofili
degli acidi grassi a catena corta) viene talvolta usato per standardizzarne gli estratti.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
4.3 La valeriana nella storia
La pianta era usata come erba medicinale già nell’antica Grecia e nell’antica Roma. I
suoi usi terapeutici furono descritti da Ippocrate e, nel II secolo d.C. Galeno la
prescriveva per combattere l’insonnia. Nel Cinquecento era usata per curare il
nervosismo, i tremori, il mal di testa e le palpitazioni cardiache. A metà Ottocento era
considerata uno stimolante e si pensava che non solo non curasse i sintomi, ma
contribuisse ad aggravarli, quindi era tenuta in scarsa considerazione come erba
medicinale. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu usata in Inghilterra per alleviare
lo stress dovuto ai bombardamenti tedeschi.
Oltre che per i disturbi del sonno, la valeriana è usata per curare gli spasmi e lo stress
gastrointestinale, per le convulsioni epilettiche e per la sindrome da deficit di
attenzione e iperattività, tuttavia non ci sono prove scientifiche che ne
sostengano l’uso per queste patologie.
4.4 Valeriana (Valeriana officinalis) materiali pubblicati
su siti diversi
Dal 1977 numerosi studi clinici hanno valutato l’attività della valeriana sul sonno
(Poyares, 2002); dai loro dati risulterebbe che la valeriana sia in grado di migliorare i
parametri di misurazione soggettiva della qualità del sonno e del tempo di
addormentamento se usata per periodi di 4-8 settimane. I soggetti che lamentano un
sonno di scarsa qualità e che dormono meno sembrano giovarsi di più dell’assunzione
di valeriana. I migliori effetti sembrano ottenersi con l’uso prolungato, infatti l’effetto
migliora progressivamente con il tempo (Ulbricht, 2005) 41. Sia le revisioni sia i trial
clinici concordano nell’affermare la sicurezza d’uso della valeriana in considerazione
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degli scarsi effetti collaterali rilevati nell’uso sull’uomo e della plurimillenaria
esperienza di uso di questa pianta medicinale (Upton, 2001) 42.
Due recenti revisioni (Bent, 200643; Taibi 200744) prendono in visione una buona
parte dei trial clinici condotti sino al 2007 e confermano che la valeriana ha un effetto
benefico sulla qualità soggettiva del sonno (ci si sente soggettivamente più riposati, si
dorme più tempo, si è meno stanchi e confusi al mattino, ecc.) e non determina effetti
collaterali di rilievo, anche se auspicano ulteriori studi di migliore qualità
metodologica per giungere a conclusioni certe sulle attività complessive di questa
pianta.
Ricerche sull’uso della valeriana contro i disturbi del sonno
Una revisione sistematica della letteratura scientifica identifica nove esperimenti clinici
randomizzati e in doppio cieco per lo studio sugli effetti sui disturbi del sonno. Queste
ricerche studiano l’efficacia della valeriana come terapia per l’insonnia e sono valutate
con un sistema di punteggi standardizzato che quantifica la probabilità di distorsioni
nella loro progettazione. Tutti e nove gli esperimenti hanno qualche difetto di
progettazione, ma tre di essi hanno ottenuto il punteggio massimo (5 in una scala da 1
a 5) e sono descritti nel seguito. Diversamente dagli altri sei che hanno ottenuto
punteggi inferiori, questi tre descrivono la procedura di randomizzazione e i metodi di
progettazione dell’esperimento in cieco e riportano il numero di partecipanti che si
sono ritirati (tasso di abbandono).
4.6 Primo studio
La prima ricerca è realizzata con misurazione ripetuta. A 128 volontari sono stati
somministrati 400 mg di estratto acquoso di valeriana, un preparato commerciale
contenente 60 mg di valeriana e 30 mg di luppolo e un placebo.
I partecipanti hanno assunto uno dei tre preparati in ordine casuale per nove notti
consecutive e hanno compilato un questionario la mattina successiva.
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Paragonato al placebo, l’estratto di valeriana ha fatto registrare un miglioramento
soggettivo statisticamente significativo nel tempo impiegato per addormentarsi (più o
meno lungo del normale), nella qualità del sonno (migliore o peggiore del normale) e
nel numero di risvegli notturni (più o meno numerosi del normale). Questo risultato è
stato più pronunciato nel gruppo di 61 pazienti che all’inizio della ricerca avevano
dichiarato di dormire poco e male. Il preparato commerciale non ha invece fatto
registrare un miglioramento statisticamente significativo in nessuna di queste tre
misurazioni. La significatività clinica dell’uso della valeriana contro l’insonnia non può
tuttavia essere determinata con questo esperimento, perché tra i requisiti per la
partecipazione non figurava il soffrire di insonnia; inoltre, lo studio ha avuto un tasso
di abbandono del 22,9%, che potrebbe aver influito sui risultati.
Secondo studio
Nella seconda ricerca 8 volontari affetti da insonnia lieve (che avevano cioè
abitualmente problemi ad addormentarsi) sono stati valutati per scoprire l’effetto della
valeriana sulla latenza del sonno (il tempo che intercorre tra il momento in cui si va a
dormire e i primi cinque minuti di immobilità durante il sonno). I risultati erano
basati sui movimenti notturni, registrati da sensori posti sul polso e sulle risposte a un
questionario (compilato alla mattina successiva) relativo alla qualità del sonno, alla
latenza, alla profondità del sonno e alla sonnolenza mattutina.
Le sostanze somministrate durante il test erano 450 o 900 mg di estratto acquoso di
valeriana e un placebo. A ogni volontario è stata assegnata casualmente una di queste
tre alternative, nelle notti dal lunedì al giovedì, per tre settimane, per un totale di 12
notti. L’estratto di valeriana da 450 mg ha fatto diminuire la latenza media da 16 a 9
minuti, un risultato simile a quello delle benzodiazepine (farmaci con obbligo di
prescrizione, usati come sedativi o tranquillanti). Non è invece stata rilevata una
diminuzione della latenza con l’estratto di valeriana da 900 mg.
Su una scala da 1 a 9, i partecipanti hanno valutato con 4.3 punti la latenza dopo la
dose di 450 mg, e con 4.9 punti quella dopo il placebo. La dose da 900 mg ha
migliorato il sonno, ma i partecipanti, la mattina successiva, hanno riferito un
aumento della sonnolenza.
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Anche se sono statisticamente significativi, la riduzione di 7 minuti della latenza e il
miglioramento della qualità del sonno rilevato soggettivamente forse non sono
clinicamente significativi. La scarsa numerosità del campione non consente di
generalizzare con sicurezza i risultati a una popolazione più ampia.
Terzo studio
La terza ricerca ha esaminato gli effetti di lungo termine in 121 partecipanti affetti da
insonnia primaria (o non organica) diagnosticata da un medico.
Ai partecipanti sono stati somministrati 600 mg di un preparato commerciale
standardizzato di radice di valeriana essiccata oppure il placebo per 28 giorni. Per
valutare l’efficacia e la tolleranza delle due alternative sono state usate diverse tecniche
di rilevazione, compresi i questionari sull’efficacia terapeutica (somministrati il
quattordicesimo e il ventottesimo giorno), sulle modifiche delle abitudini del sonno
(somministrato il ventottesimo giorno) e sui cambiamenti della qualità del sonno e
dello stato di benessere generale (somministrati prima dell’inizio della ricerca, il
quattordicesimo e il ventottesimo giorno).
Dopo 28 giorni, il gruppo che ha ricevuto l’estratto di valeriana ha registrato una
diminuzione dei sintomi dell’insonnia con tutti gli strumenti di valutazione rispetto al
gruppo di controllo. Le differenze tra il gruppo della valeriana e quello di controllo
sono diventate sempre più marcate nei questionari somministrati a metà esperimento
e alla fine dell’esperimento.
4.7 Conclusione della revisione
La revisione conclude che le nove ricerche non sono sufficienti a determinare
l’efficacia della valeriana per la cura dei disturbi del sonno; ad esempio
nessuna delle ricerche ha controllato l’efficacia del doppio cieco, nessuna ha
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calcolato la caratteristica del campione necessaria a ottenere un effetto
statisticamente rilevante, soltanto una ha controllato le variabili che
influiscono sul riposo e soltanto una ha validato le misure risultanti.
Altri studi
Nel seguito si presentano due altri studi randomizzati e controllati, pubblicati dopo la
revisione sistematica descritta in precedenza.
In uno studio randomizzato e in doppio cieco, 75 partecipanti con diagnosi di
insonnia non organica sono stati assegnati casualmente o a 600 mg di estratto di
valeriana standard disponibile in commercio o a 10 mg di oxazepam (farmaco della
famiglia delle benzodiazepine) per 28 giorni. Gli strumenti di valutazione dell’efficacia
e della tolleranza comprendevano una scala di valutazione del sonno, una scala di
valutazione dell’umore e questionari standard per la valutazione dell’ansia, ma anche
la valutazione del sonno effettuata da un medico (nei giorni 0, 14 e 28). Il risultato
della terapia è stato determinato con una scala di valutazione a 4 step alla fine della
ricerca (giorno 28). Entrambi i gruppi hanno fatto registrare un miglioramento simile
nella qualità del sonno, ma il gruppo della valeriana ha riportato meno effetti
collaterali rispetto a quello dell’oxazepam. Questa ricerca, però, mirava a dimostrare
la superiorità della valeriana rispetto all’oxazepam, quindi i suoi risultati non possono essere
usati per dimostrare che le due sostanze sono equivalenti.
In uno studio randomizzato a doppio cieco e con gruppo di controllo, i ricercatori
hanno valutato i parametri del sonno con tecniche di polisonnografia che misuravano
obiettivamente gli stadi del sonno, la latenza e il tempo di sonno totale. Per la
misurazione soggettiva dei parametri del sonno sono stati usati diversi questionari.
Sedici partecipanti con diagnosi di insonnia non organica sono stati assegnati
casualmente a una dose singola e a una somministrazione di 14 giorni di 600 mg di
preparato standardizzato di valeriana oppure al placebo.
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La valeriana non ha avuto alcun effetto su nessuno dei 15 parametri oggettivi e soggettivi, tranne che
sulla diminuzione del tempo di comparsa del sonno ad onde lente (13,5 minuti, contro i 21,3 minuti
del placebo).
Durante il sonno ad onde lente diminuivano: l’eccitabilità, il tono muscolo-scheletrico,
la frequenza cardiaca, la pressione e la frequenza respiratoria. L’aumento del sonno
ad onde lente probabilmente allevia i sintomi dell’insonnia, tuttavia soltanto in 1 delle
15 variabili c’era differenza tra il placebo e la valeriana, quindi la diversità potrebbe anche
essere imputabile al caso. Il gruppo della valeriana ha riferito meno effetti collaterali rispetto a quello
del placebo.
I risultati di alcune ricerche indicano che la valeriana potrebbe essere utile per l’insonnia e altri disturbi
del sonno, ma sono smentiti da altre ricerche. L’interpretazione degli studi è complicata dal
fatto che i campioni sono piccoli, i diversi studi usano diverse quantità e diverse
sorgenti di valeriana, misurano risultati diversi o non considerano le potenziali
distorsioni dovute all’alto tasso di abbandono dei partecipanti. Nel complesso queste
ricerche non dimostrano che la valeriana sia efficace per migliorare la qualità del sonno.
Come agisce la valeriana?
Sono stati identificate diverse sostanze chimiche che compongono la valeriana, ma
non si sa con esattezza quale sia responsabile del suo effetto sonnifero negli animali e
negli studi in vitro. È probabile che il principio attivo non sia uno solo e che gli effetti
della valeriana derivino da diversi componenti che agiscono indipendentemente o in
modo sinergico.
Come fonte principale degli effetti sedativi della valeriana sono state proposte due
categorie di componenti. La prima comprende i costituenti maggiori dell’olio volatile,
tra cui l’acido valerenico e i suoi derivati, che hanno dimostrato di avere proprietà
sedative negli studi compiuti sugli animali. Tuttavia anche gli estratti di valeriana con
quantità minime di questi componenti hanno proprietà sedative, e quindi è probabile
che altri componenti siano responsabili di questi effetti o che essi siano causati da
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!17
L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
diverse sostanze contemporaneamente. La seconda categoria comprende gli iridoidi,
tra cui i valepotriati. I valepotriati e i loro derivati funzionano come sedativi in vivo,
ma sono instabili e si degradano se conservati o in ambiente umido, e quindi la loro attività è difficile
da valutare.
Un meccanismo probabile con cui l’estratto di valeriana esplica il suo effetto sedativo
potrebbe essere l’aumento del GABA (acido gamma-aminobutirrico), un
neurotrasmettitore inibitorio disponibile nelle sinapsi. I risultati di una ricerca in vitro
sui sinaptosomi indicano che l’estratto di valeriana può far rilasciare il GABA alle
terminazioni nervose e poi impedire che venga riassorbito dalle cellule. L’acido
valerenico, inoltre, inibisce un enzima che distrugge il GABA. L’estratto di valeriana
contiene una quantità di GABA sufficiente a causare un effetto sedativo, ma non si sa
con certezza se il GABA sia in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e
contribuisca quindi all’effetto sedativo della valeriana. La glutamina, presente negli
estratti acquosi ma non in quelli alcolici, può attraversare tale barriera ed essere
convertita in GABA. La concentrazione di questi componenti varia in modo significativo tra i vari
esemplari della pianta, a seconda del luogo di raccolta, quindi variano molto le quantità presenti nelle
preparazioni a base di valeriana.
"
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Estratto di radice di valeriana (Valeriana officinalis L.) rispetto al placebo nel
trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo: uno studio randomizzato in
doppio cieco.
Pakseresht S1, Boostani H, Sayyah
Obiettivo
Disturbo ossessivo-compulsivo (OCD): è una condizione neuropsichiatrica comune. Esistono molte
erbe con effetti psicotropi che possono avere meno effetti collaterali rispetto ai farmaci più
convenzionali. Valeriana Officinalis L. è una pianta medicinale ben noto con una lunga storia di
utilizzo in tutto il mondo, con un effetto sul GABA. Questa pianta è segnalata per essere sicura sugli
esseri umani. Il nostro obiettivo in questo studio è stato quello di confrontare l'efficacia dell'estratto di
Valeriana Officinalis L. con placebo nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo.
METODI:
Lo studio è stato concepito come uno studio clinico randomizzato in doppio cieco. Per otto settimane
31 pazienti adulti che rispondevano ai criteri del DSM-IV-TR per OCD basato sul colloquio clinico
hanno partecipato alla sperimentazione. In questo studio in doppio cieco e randomizzato, i pazienti
sono stati assegnati in modo casuale a ricevere o capsule di estratto (765 mg / die) o placebo (30
mg / die) per 8 settimane.
Risultato
I risultati hanno mostrato una differenza significativa tra l'estratto e placebo alla fine del trattamento
(P = 0,000). La sonnolenza era l'unica differenza significativa tra i due gruppi in termini di effetti
collaterali osservati (P = 0,02).
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Conclusione
I risultati suggeriscono che Valeriana Officinalis ha alcuni effetti antiossessivi e compulsivi. Tuttavia,
sono necessari ulteriori studi per confermare questi risultati. Gli psichiatri hanno ritenuto che molti
pazienti spesso non possono tollerare gli effetti collaterali della medicina psichiatria Valeriana
Officinalis
Non c'era alcuna differenza significativa tra i due gruppi in termini di effetti collaterali osservati.
Quali controlli subisce la valeriana prima di entrare in commercio?
Negli Stati Uniti la valeriana è in commercio come integratore alimentare. Gli
integratori alimentari sono regolati come alimenti, e non come farmaci, quindi non
sono necessarie la valutazione e l’approvazione da parte della Food and Drug
Administration prima della messa in commercio, a meno che siano richieste per la
prevenzione o la terapia di patologie specifiche. Gli integratori alimentari non sono
sempre sottoposti a test al momento della produzione, quindi la loro composizione
può variare considerevolmente a seconda del lotto.
(In Italia la situazione è molto simile, in quanto la maggior parte degli integratori sono
commercializzati come parafarmaci).
Effetti collaterali
I partecipanti agli studi clinici hanno riferito rari casi di effetti collaterali attribuibili
alla valeriana.
•
Mal di testa, capogiro, prurito, disturbi gastrointestinali
sono gli effetti collaterali riferiti con maggior frequenza negli esperimenti clinici, ma
effetti simili sono anche stati riscontrati nei gruppi di controllo.
In una delle ricerche è stato riportato un aumento della sonnolenza il mattino
successivo all’assunzione di 900 mg di valeriana. Un’altra ricerca invece ha concluso
che 600 mg di valeriana non hanno un effetto clinico significativo sul tempo di
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!20
L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
reazione, sulla vigilanza e sulla concentrazione il mattino successivo all’assunzione.
Diverse segnalazioni hanno descritto effetti collaterali, ma nell’unico caso in cui è stato
tentato il suicidio mediante overdose non è possibile attribuire con sicurezza i sintomi
alla valeriana.
Controindicazioni
Durante la gravidanza o l’allattamento non bisogna assumere la valeriana
se non su consiglio del medico, perché i rischi sul feto o sul neonato non
sono ancora stati valutati.
1) I bambini di età inferiore ai 3 anni non dovrebbero assumere la valeriana,
perché i rischi per i bambini in questa fascia d’età non sono ancora ben chiari.
2) Chi assume la valeriana deve essere consapevole del rischio di aumento della
sedazione dovuto agli alcolici o ai sedativi, ad esempio:
benzodiazepine come Xanax, Valium, Tavor.
barbiturici o farmaci con effetto depressivo sul sistema nervoso centrale
(SNC), come il fenobarbitale (Luminale),
integratori alimentari come l’iperico e melatonina (spesso usata in
associazione, a dosi controllate).
Non si registrano casi in cui la valeriana abbia influenzato i risultati
degli esami di laboratorio, ma quest’aspetto non è mai stato
studiato rigorosamente.
Anche se tutti questi studi scientifici hanno mostrato l’inefficacia della valeriana
vediamo di seguito le Indicazioni terapeutiche diffuse dalle aziende che
producono il rimedio erboristico di valeriana sia in gocce che in
capsule
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Erbamea
Sedativa, ipnotica, spasmotica, ipotensiva. Insonnia,Stati di stress, Ansia, tensione nervosa,
Palpitazioni nervose, Stati di ipereccitabilità, Crampi e coliche intestinali
Erbalium salute e benessere
Nevrastenia; nevrosi, stati d'ansia; ipereccitabilità fisica e sensoriale; insonnia; tachicardia, turbe della
menopausa (vampate di calore); spasmi gastrointestinali di origine nervosa.
Il CENTRO ALOE Salute e Bellezza
Eccellente rilassante, sedante, tranquillizzante. Elimina e/o tratta la tensione nervosa, insonnia,
ansietà, depressione, stress, angustia, cefalee, asma, problemi cardiaci. Si raccomanda anche per
trattare il mal di pancia, dismenorree. E' antispasmodica e ipnotica. Il suo principale utilizzo è come
sedativo per il sistema nervoso.
Phytoitalia Srl
Come evidenziato da numerosi studi scientifici la pianta medicinale contiene olio essenziale, iridoidi ed
alcaloidi. Ha proprietà sedative e rilassanti. La valeriana è utilizzata nei casi di ansia, insonnia,
manifestazioni somatiche legate a stress (tremori, palpitazioni, sudorazione). L'attività sedativa è
dovuta agli iridoidi, che esercitano la loro azione a livello del sistema nervoso centrale. Favorendo il
rilascio delle fibre muscolari striate, la pianta medicinale si può usare per gli spasmi muscolari legati a
stress. L'olio essenziale sembra agire a livello delle arterie coronariche, favorendo l'aumento del flusso
sanguigno.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
5. Citrullus colocynthis
5.1 Caratteristiche generali
Originaria delle regioni calde del bacino del Mediterraneo e dell'Africa;
in Italia cresce spontanea a Pantelleria e nelle Isole Eolie. Cresce in terreni sabbiosi e
aridi. Assomiglia in tutte le sue parti ad un cocomero in miniatura. Ha fusti striscianti,
lunghi circa mezzo metro, più o meno ramificati, muniti di cirri. La radice è
fittonante, grossa e carnosa. Tutta la pianta risulta pelosa e ruvida. Le foglie sono
palmatopartite, scabre, con 3-5 profonde divisioni lobate. I lobi possono essere
laciniati o dentati con base cordata o reniforme. I fiori sono monoici, ascellari, solitari,
portati da brevi peduncoli di colore giallo-verdastri con corolla sub campanulata.
5.2 Citrullus colocynthis nella storia
Questa pianta conosciuta dagli egizi, veniva menzionata già nel 1500 a.C. Il suo
utilizzo era prevalentemente come purgante drastico. Il suo utilizzo è declinato nella
farmacopea fin dalla metà del diciannovesimo secolo a causa della associazione a casi
di intossicazione e ad alcune morti sospette.
Da sempre, l’utilizzo di piante da parte delle popolazioni che vivono in ambienti
desertici comprende la maggior parte delle specie reperibili sul territorio, incluse
quelle considerate “tossiche”, e oggigiorno queste conoscenze costituiscono fonte di
interesse per la possibilità di ottenere conferme e nuove informazioni sulla validità del
loro uso farmacologico e alimentare. La coloquintide (Citrullus colocynthis) è una
pianta erbacea che cresce spontanea su substrati sabbiosi di aree desertiche e semidesertiche, in tutto il Sahara, nelle regioni subtropicali e nel bacino mediterraneo, fino
a raggiungere il Medio Oriente, Iran, India e Asia meridionale. Questa pianta, citata
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
nella Bibbia e nei papiri di Ebers (c. 1550 a.C.) per le sue proprietà curative e per la
sua pericolosità è ancora oggi utilizzata tradizionalmente. I caratteristici semi di
Citrullus colocynthis sono stati ritrovati in diversi siti archeologici sahariani, a
testimonianza di un uso antico e radicato nelle tradizioni locali.
Come si usa
Veniva utilizzato in fitoterapia, con proprietà purg anti drastiche,
come emagogo e abortivo. È una pianta velenosa con esiti anche mortali, in persone
sensibili i principi tossici possono essere assimilati anche per via respiratoria causando
lievi intossicazioni che possono essere trasmessi dalle nutrici ai propri lattanti tramite
latte materno. L'intossicazione causa nausea, vomito, intensa gastroenterite con forti
dolori colici, con scariche sanguigne e dolorose, anuria, crampi, convulsioni e poi
morte. In Libia e nella zona del Sahara per problemi di costipazione ostinata si usava
scavare il frutto asportandone buona parte della polpa, riempirlo di latte e lasciato
riposare una notte veniva bevuto al mattino accompagnato da olio d’oliva; questo
rimedio è di azione sicura. Inoltre il succo riscaldato veniva impiegato per curare
la rogna dei cammelli.
l coloquintide (Citrullus colocynthis), anche detto cocomero o cetriolo amaro, è una
pianta erbacea del Mediterraneo, il rimedio si ricava dal frutto che ha le dimensioni di
una piccola arancia.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Da Repubblica.it supplemento salute
La rivista scientifica Phytotherapy Research (gennaio 2009) pubblica una
sperimentazione scientifica di ricercatori iraniani (Dipartimento di Farmacologia e
Medicina Applicata, Istituto delle Piante Medicinali di Teheran) sulle proprietà
antidiabetiche del Citrullus colocynthis. I frutti di questa pianta sono da tempo
utilizzati dai guaritori tradizionali nella cura del diabete. Scopo della ricerca era quello di verificare essenzialmente due cose: efficacia e
sicurezza (e quindi tossicologia) dell'utilizzo dei frutti. Gli studiosi hanno quindi
"arruolato" cinquanta persone affette da diabete di tipo 2, cioè insulino-dipendente,
sulle quali è stata condotta la sperimentazione clinica per due mesi. Suddivisi in
due gruppi di venticinque persone (ognuna delle quali seguiva una terapia
antidiabetica), a uno vennero somministrate, quotidianamente, tre capsule
contenenti 100 milligrammi di Citrullus colocynthis; l'altro invece ricevette
semplicemente un placebo.
Manca come possiamo notare un altro farmaco che permetta di fare il
confronto
Al secondo mese si effettuarono diverse analisi cliniche (fatte anche all'inizio della
sperimentazione) e, tra queste: colesterolo, trigliceridi, prove di funzionalità epatica,
glicemia e emoglobina glicosilata. Quest'ultima analisi (HbA1c) è molto importante
in quanto dà una precisa valutazione che indica se il controllo dei livelli della
glicemia sia accettabile o meno. Alla fine della sperimentazione risultò che nelle
persone che avevano assunto Citrullus colocynthis c'era stata una diminuzione
della glicemia e dell'emoglobina glicosilata. Le altre analisi (colesterolo,
transaminasi, etc.) non mostrarono significativi cambiamenti. Pur raccomandando ulteriori studi, a più lungo termine, gli studiosi iraniani non
poterono non constatare gli effetti benefici della pianta e il miglioramento del
"profilo" glicemico senza che si verificassero effetti avversi degni di rilievo.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Ricerche scientifiche
Pubblicato il 20 Marzo 2015
Heydari M, Homayouni K, Hashempur MH, Shams M.
"
Topica Citrullus Colocynthis nella neuropatia diabetica dolorosa: uno studio
randomizzato in doppio cieco controllato clinicamente con l’effetto placebo .
Obiettivo :
Esaminare la sicurezza e l'efficacia di Colocynthis Citrullus (C. colocynthis ) nei pazienti con
neuropatia diabetica dolorosa .
Metodo :
Lo studio è stato concepito come uno studio clinico controllato con placebo a due gruppi , in doppio
cieco, randomizzati con un disegno parallelo.A 60 pazienti con polineuropatia diabetica dolorosa
( PDPN ) sono stati assegnati in modo casuale a ricevere la formulazione topica per C. colocynthis
( rapporto 1: 1 ) oppure il placebo per tre mesi . I pazienti sono stati valutati prima e dopo l'intervento
in termini di scale di dolore neuropatico , reperti elettrodiagnostici, punteggi della qualità della vita di
World Health Organization BREF e gli eventi avversi riportati .
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Risultato:
Il cambiamento medio nel punteggio del dolore è risultato significativamente più alto nel gruppo a cui
era somministrato C. Colocynthis ( 3,89 , CI : 3,19-4,60 ) rispetto al gruppo a cui era
somministrato il placebo ( 2.28 , CI : 1.66- 2.90 ) ( valore p <0.001 ) . Le variazioni medie di
velocità di conduzione nervosa del nervo tibiale , la latenza distale del nervo peroneo superficiale e
nervo surale, così come l'ampiezza sensoriale del nervo surale nel gruppo di intervento erano
significativamente più alti rispetto al gruppo placebo ( valore p < 0,001 ) . Non sono state osservate
differenze significative tra i cambiamenti medi di altri valori di conduzione nervosa .Nei diversi settori
di WHOQOL - BREF , solo il cambiamento medio nel punteggio di dominio fisico ha mostrato un
miglioramento significativo
Conclusione :
L’applicazione dell’ estratto di frutta della formulazione topica di C. colocynthis può ridurre il
dolore nei pazienti con PDPN . Si possono anche avere alcuni effetti incerti sulla funzione dei
nervi e sul dominio fisico della qualità della vita , che dovrebbero essere ulteriormente indagati in studi
con campioni più grandi e di più lunga durata . ( ClinicalTrials.gov ID : NCT02155361 ) .
Anche se tutti questi studi scientifici
hanno mostrato l’ineficacia di Citrullus
Colocynthis (solo per il diabete) vediamo in seguito le Indicazioni terapeutiche
diffuse dalle aziende che producono il rimedio erboristico di Citrullus
Colocynthis sia in gocce che in capsule. Si osservi la lunghissima e
improbabile la lista delle patologie per le quali non esistono studi
scientifici.
OLTRE SALUTE
Sintomi e indicazioni terapeutiche
•
Coliche epatiche e biliari, spasmi addominali.
•
Mestruazioni dolorose.
•
Lombosciatalgie che peggiorano con il freddo e l'estensione.
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!27
L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
•
Nevralgie facciali che migliorano con il caldo.
•
Dolori epigastrici, gastrite, ulcere.
•
Infiammazione acuta delle vie biliari anche con febbre e dolori (consultare un
medico).
•
Coliche intestinali anche violente, specialmente nel lattante.
•
Diarrea severa e dolorosa, tenesmo.
•
Dismenorrea.
•
Sciatica che si attenua piegando la gamba.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
6. Melissa
Caratteristiche generali
La melissa, nome scientifico Melissa officinalis L., appartiene alla famiglia delle
Labiatae ed è una pianta molto diffusa anche se non è spontanea in Europa e quelle
che si ritrovano sono tutte "sfuggite" alle coltivazioni. Tutta la pianta emana un
gradevole aroma di limone.
La melissa è una pianta erbacea perenne alta fino a 80 cm a portamento cespuglioso,
provvista di fusto ramificato, a sezione quadrangolare e ricco di peli ed un rizoma a
sviluppo verticale. Le foglie sono grandi, lanceolate, provviste di picciolo, con i
margini dentati e nervature in rilievo. I fiori sono giallini, poi bianchi o rosa e fiorisce
da giugno a settembre. Il frutto è un achenio.
Proprieta’
La melissa contiene olio essenziale formato da citronella, citrale, linalolo e geraniolo.
Contiene inoltre tannino, resina, acido succinico, mucillaggine e amido. Le sue
proprietà sono: antispasmodica, carminativa, stomachica, emmenagoga, tonica. Della
melissa si utilizzano le foglie (raccolte in giugno) e le sommità fiorale (all'inizio della
fioritura). Deve essere essiccata molto rapidamente in un luogo ombroso e ben
ventilato affinché non perda le sue proprietà. L'infuso di Melissa viene utilizzato nei
casi di nervosismo, eccitazione nervosa, vertigini, digestioni difficili e per stimolare
l'appetito. L'infuso aggiunto all'acqua del bagno o usato come tonico per la pelle è un
ottimo stimolante e detergente.
In cucina la melissa viene usata per insaporire le vivande o per aromatizzare vini,
liquori e l’aceto.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Avvertenze
L'essenza pura di Melissa è considerata uno stupefacente ma poco tossica
ed in piccole dosi provoca torpore e rallentamento dei battiti cardiaci.
•
Dolori spasmodici, sotto forma di spasmi.
•
Dolori che insorgono a seguito di una collera violenta, a scatti d'ira.
•
Coliche renali, litiasi, calcolosi alle vie urinarie.
6.2 Studio scientifico
Pubblicato il 11 Febbraio 2015
J Ethnopharmacol.
Alijaniha F, Naseri M, Afsharypuor S, Fallahi F, Noorbala A, Mosaddegh
M, Faghihzadeh S, Sadrai S.
"
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
Studio sul sollievo delle palpitazioni del cuore con estratto di foglie di
Melissa officinalis : in doppio cieco, randomizzato , controllato con l’effetto
placebo di efficacia e sicurezza .
RILEVANZA PHARMACOLOGICA :
In medicina tradizionale iraniana ( TIM ) , Melissa officinalis L. è comunemente considerata come
una terapia efficace per le palpitazioni cardiache .
OBIETTIVO :
Le palpitazioni di cuore sono un disturbo comune che spesso è benigno e associato a un marcato disagio
che rende la condizione difficile da trattare. Le erbe medicinali forniscono un'alternativa ai farmaci
convenzionali per il trattamento di vari tipi di malattie .Questo studio è stato condotto come uno studio
randomizzato in doppio cieco e si è controllato clinicamente in rapporto all’effetto placebo per valutare
l'efficacia e la sicurezza di estratto secco di M. officinalis su adulti affetti da palpitazioni benigne.
MATERIALE E METODO:
Dei volontari sono stati assegnati in modo casuale ad un trattamento di 500 mg di estratto acquoso
liofilizzato di M. officinalis foglie (o placebo) due volte al giorno per 14 giorni. I partecipanti ai test,
medici e ricercatori erano ciechi per le assegnazioni di gruppo . I risultati primari sono stati ottenuti
dalle misure di due parametri : la frequenza degli episodi di palpitazioni a settimana ,derivati dai
diari dei pazienti ,e l'intensità di palpitazioni stimato tramite Visual Analogue Scale ( VAS ) in un
questionario di auto -report media . I sintomi psichiatrici
(somatizzazione, ansia e insonnia ,
disfunzione sociale e depressione grave ) sono stati valutati come risultati secondari da General Health
Questionnaire - 28 ( GHQ - 28 ) , prima e dopo la terapia .
RISULTATI:
55 volontari su 71 soggetti di studio reclutati hanno completato lo studio . I risultati hanno mostrato
che i 14 giorni di trattamento con estratto acquoso liofilizzato di M. officinalis foglie hanno ridotto la
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
frequenza degli episodi delle palpitazioni e significativamente ridotto il numero di pazienti ansiosi
rispetto al placebo ( P = 0,0001 , P = 0,004 risp. ) . Inoltre,M. officinalis estratto non ha mostrato
alcuna indicazione di effetti collaterali gravi .
CONCLUSIONE :
Estratto acquoso liofilizzato di M. officinalis foglie può essere un farmaco a base di erbe corretto e
sicuro per il trattamento di palpitazioni benigne .
6.3 Indicazioni terapeutiche
diffuse dalle aziende che producono il rimedio erboristico di Melissa sia in gocce che
in capsule e tisane. Si osservi la lista delle patologie per le quali non esistono studi
scientifici.
Proprietà curative: antispasmodica,
coleretica, emmenagoga, antibatterica,
afrodisiaca, antiacida, ansiolitica, sedativa. Recentemente è stato dimostrato che
flavonoidi e triterpeni esercitano anche un’azione antistaminica. L’acido rosmarinico,
presente anche in altre Lamiacee, possiede un’ AZIONE ANTITIROIDEA
impedendo il legame dell’ormone ipofisario stimolante della tiroide (TSH) con i
recettori di membrana specifici. La frazione polifenolica ed alcuni componenti
dell’olio essenziale dimostrano invece una ATTIVITA’ ANTIVIRALE specifica
contro Herpes virus. L’olio essenziale possiede PROPRIETA’ STOMACHICHE E
CARMINATIVE stimolando inoltre la coleresi (secrezione biliare) e la diuresi, utili in
caso di indigestione, crampi addominali e flatulenza.
Indicazioni terapeutiche: 1. Stati neurotonici degli adulti e dei bambini.
2. Sindromi ansiose e ansiose-depressive.
3. Disturbi del sonno di origine nervosa.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
4. Disturbi funzionali gastrointestinali (nevrosi gastrointestinali quali
dispepsia, aerofagia, flatulenza, nausea, vomito, gastrite, ulcera peptica, spasmi
gastrointestinali),
5. piccola insufficienza epatica,
6. discinesie biliari, 7. manifestazioni dolorose di origine nervosa (psicosomatismi cardiaci quali
palpitazioni, extrasistoli, tachicardia),
8. vertigini, ronzii ed acufeni psicogeni originati da stress ed emozioni,
9. emicranie di origine nervosa. 10. distonie neurovegetative della menopausa e della sindrome premestruale
(dismenorrea),
11. forme algiche in genere.
12. Herpes labiale.
13.
Controindicazioni ed effetti collaterali: ipotiroidismo; l’OE in dosi eccessive può
provocare irrigidimento e sonno con rallentamento del respiro, ipotensione.
L’essenza pura di Melissa è considerata uno stupefacente ma poco tossica ed in piccole
dosi provoca torpore e rallentamento dei battiti cardiaci.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
7. Conclusione
Le piante usate come rimedi naturali
tradizione esiste una vasta
sono moltissime. Per quelle di più lunga
letteratura che raccoglie solo le conoscenze derivanti
dall’uso tradizionale e molto parzialmente quelle degli studi farmacologici e clinici.
Secondo Cravotto e colleghi (2009)45, che hanno analizzato la letteratura riguardante
circa un migliaio di piante, 156 di queste avrebbero studi clinici che ne supportano
specifiche attività farmacologiche e applicazioni cliniche e 500 avrebbero studi in vitro
ed in vivo che ne supportano un possibile impiego a scopo terapeutico. Personalmente,
trovare questi 156 studi clinici mi è stato impossibile a dimostrazione del fatto che essi
non sono probabilmente così facilmente disponibili neppure per gli addetti ai lavori .
In realtà, alla prova dei fatti, questi rimedi, presentati come farmaci, non possono
superare i rigidi requisiti di validità e affidabilità che invece sono richiesti e superati da
molto farmaci.
E’ stato praticamente impossibile reperire nelle ricerche effettuate da o per conto delle
aziende produttrici di rimedi alternativi trovare dati che mostrino l’inefficacia, i
fallimenti o gli effetti indesiderati di questi ultimi. I
documenti
della letteratura
medica scientifica sono limitati per gli specifici studi scientifici sulle piante medicinali.
La maggior parte di questi studi sono stati condotti o in vitro o in modelli animali con
iniezioni endovenose, spesso con preparazioni di polisaccaridi purificati e altamente
concentrati, o con polisaccaridi singoli prodotti attraverso colture tissutali. I risultati
non sono quindi estensibili all'utilizzo orale per due ragioni: 1. se anche i polisaccaridi fossero presenti nelle preparazioni idroalcoliche, essi non
potrebbero mai raggiungere la circolazione sistemica, poiché non passerebbero la
barriera dell'epitelio gastrointestinale e l'azione dei succhi gastrici; 2. i polisaccaridi sono presenti nella pianta fresca, nel succo di pianta fresco e nelle
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
tisane; già la loro presenza nel materiale secco è in dubbio, ed essi sono sicuramente
assenti dalle preparazioni idroalcoliche. Per esempio, anche il succo stabilizzato di E.
purpurea Echinacina contiene solo minuscole quantità di polisaccaridi che sono
probabilmente di diversa composizione rispetto a quelli utilizzati nei test. E' chiaro
quindi che i risultati delle ricerche sui polisaccaridi rivestono poco o nessun interesse
per la pratica di utilizzo orale.
Inoltre esistono dei problemi di utilizzo dei dati:
1.
molte ricerche sono in vitro o in modelli animali, con i tipici problemi di
generalizzazione; anche quelli che sono fatti sugli esseri umani non hanno
rispettato la diversità del genere, età e delle patologie di cui possono soffrire.
2.
molti degli studi in vivo o su esseri umani sono stati eseguiti non con un estratto
completo, bensì con le varie frazioni, in particolare con la frazione polisaccaridica,
per di più somministrati per via endovenosa. Anche quando gli studi hanno
utilizzato estratti totali lo hanno spesso fatto attraverso somministrazione
endovenosa. Sarà quindi necessario isolare quei dati che sono rilevanti per la
pratica fitoterapica orale o topica.
3. Qualche volta si può notare un risultato apparentemente positivo, il quale è privo
di significato se non confrontato con quello ottenuto da un gruppo di controllo e
specialmente se manca totalmente la verifica della loro persistenza nel tempo cioè
il follow up.
In campo commerciale il motivo principale per cui queste formulazioni,
illusoriamente indicate come “terapeutiche” resistono sul mercato
dipende a nostro parere dalla capacita suggestiva e dall’effetto placebo
insieme ai processi omeostatici di auto guarigione.
Ovviamente prima di assumere, prescrivere o consigliare un rimedio
naturale è necessario valutare se il ruolo funzionale di quel fitocomplesso
sull’organismo è supportato da una valida letteratura scientifica
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
(Farmacopee europea, Monografie ESCOP, OMS e della Commissione E
tedesca, studi farmacologici, trial clinici, dati epidemiologici, ecc.). Va
valutata accuratamente anche la qualità del prodotto che si decide di
utilizzare. Anche se i prodotti che riportano in etichetta i contenuti esatti
in principi attivi, le posologie e precise modalità di assunzione, si osservi
come le aziende produttrici non scrivono mai che quella attività curativa è
stata osservata solo in laboratorio, in vitro o solamente sui topi.
Una persona che decida di assumere un integratore alimentare dovrebbe
farsi supportare da un professionista della salute se sta già assumendo
altri farmaci, se è affetto da una malattia cronica e/o è in trattamento
polifarmacologico. Non tutto quello che è naturale non nuoce.
Occor re infine concludere che questi rimedi naturali possono
rappresentare un supporto psicologico e simbolico come un
aiuto per
coadiuvare uno stato di benessere dell’organismo, ma non potranno mai
sopperire a carenze legate a una dieta o a uno stile di vita non corretto;
così come non possono curare come un farmaco : è pertanto fondamentale
fare attività fisica, curare una sana alimentazione, variata, ricca in frutta e
vegetali e mantenere regolarmente nel tempo uno stile di vita adeguato e
sopratutto rivolgersi al medico.
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L’effetto sovrastimato di alcune erbe medicinali
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