Approfondimento di italiano: - Gargioni Luigi - Sala Luca Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863. Studia in una delle scuole italiane più prestigiose del tempo, dove consegue nel 1881 la licenza liceale classica. Dopo la lettura di un ode di Carducci, rimane estasiato e inizia a scrivere poesie. Alla fine del 1880 entra in contatto con gli ambienti giornalistici romani e conquista immediatamente il successo letterario. All'inizio degli anni Novanta, D'Annunzio scopre la filosofia di Nietzsche e le sue tesi sul "superuomo", convincendosi della necessità di agire e di incidere sul mondo reale, abbandona l'estetica e passiva contemplazione del bello. Egli infatti, si presenta come uno scrittore attivo in campi molto diversi: poeta, romanziere, tragediografo, saggista, oratore, si dedicò al cinema, fu volontario nella prima guerra mondiale. Muore per emorragia cerebrale l’1 marzo 1938 I temi di fondo dell'opera dannunziana si possono sintetizzare in tre parole-chiave: - L'ESTETISMO -IL SUPEROMISMO - IL PANISMO L'opera dannunziana è caratterizzata da un continuo sperimentalismo: nelle sue opere egli adotta strutture classiche e originali .sul piano stilistico, egli passa da uno stile gonfio, sublime e spesso retorico, a uno stile apparentemente semplice e colloquiale. A fronte di questo sperimentalismo, è però presente un forte elemento di continuità nella ricerca di uno stile musicale chiamato amor sensuale della parola, esso si manifesta a tutti i livelli: -Fonetico -Lessicale - Retorico D'Annunzio sceglie sempre uno stile lontano dal linguaggio comune e un registro alto. Il lessico è aulico, spesso sostituisce alla parola più comune un sinonimo alto. Il tema è la pioggia estiva, che cade mentre il poeta e la donna amata varcano le soglie della pineta e vi si inoltrano. La prima impressione che si ricava leggendola è quella di una straordinaria abilità letteraria del poeta, capace di percepire con l’acutezza dei sensi, e di riprodurre con l’armonia delle parole, i suoni diversi che la pioggia suscita cadendo sulla fitta vegetazione. Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove sui mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, sui ginestri folti di coccole aulenti, piove sui nostri volti silvani, piove sulle nostre mani ignude, sui nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, nè il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come un foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancora trema, si spegne, risorge, treme, si spegne. Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta; ma la figlia del limo lontane, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alvèoli con come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione. Questa poesia è formata da due terzine di endecasillabi e da un distico a rima baciata. Su la docile sabbia il vento scrive con le penne dell'ala; e in sua favella parlano i segni per le bianche rive. Ma, quando il sol declina, d'ogni nota ombra lene si crea, d'ogni ondicella, quasi di ciglia su soave gota. E par che nell'immenso arido viso della pioggia s'immilli il tuo sorriso.