Anno III - Numero 137 - Giovedì 12 giugno 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Hotel 5 Stelle Pd nei guai Finanza Grillini in Europa: cara diaria... Mose ed Expo, sinistro binomio Ttip, il nuovo mostro arriva dagli Usa Giuffrida a pag. 2 a pag. 3 Castellino a pag. 6 OLTRE OTTANTAMILA ELETTORI HANNO VOTATO LA PARLAMENTARE SENZA BISOGNO DI CHIEDERE PERMESSO AGLI EUROPEI di Francesco Storace ra Bruxelles e Strasburgo, le due dispendiose sedi del Parlamento europeo, gira una brutta voce. Riguarderebbe Alessandra Mussolini, deputata al Parlamento europeo grazie ad oltre ottantamila nostri connazionali residenti nel Lazio, in Toscana, in Umbria e nelle Marche, le regioni della sola Italia centrale. Ottantaduemila italiani che hanno sovranamente scritto Mussolini sulla scheda e che hanno pieno diritto di rappresentanza secondo il voto che esprimono. E ci mancherebbe altro. Ebbene, Alessandra è stata eletta nelle liste di Forza Italia e anche molti di noi - me compreso - l’abbiamo sostenuta e votata, in una campagna elettorale che ha condotto con la passione che tutti le riconoscono e con la tenacia che le appartiene caratterialmente. Proprio in campagna elettorale, il suo partito - Forza Italia - che è quello che abbiamo sostenuto senza essere iscritti o candidati (anche per le riserve proprio sul Ppe), ha ribadito di far parte del Partito popolare europeo, pur se con una netta volontà di combattere dall’interno una battaglia politica per far capire ad Angela Merkel che non è la proprietaria dell’Europa. Quel Ppe che a noi non piace, ma che vede Forza T SENZA VETI trario nostro... - la potenzialità della candidatura di Alessandra Mussolini e della stessa forza trascinatrice del suo cognome, nessuno di essi ha fatto sapere di considerarla sgradita, al punto di inibirle l’ingresso nel partito europeo scelto dal suo partito italiano. 2) Non può essere qualche circolo europeo a validare il voto dei cittadini italiani. 3) Forza Italia deve difendere una parlamentare eletta nelle sue liste. Sarebbe infatti grave e inquietante che il veto cadesse sul nome Mussolini. Starebbe a dire che chi fa le liste del partito di Berlusconi non è in grado di esercitare il suo mestiere e debba invece chiedere il permesso oltreconfine. E siccome non mi risulta che ci sia stato un solo dissenso rispetto alla candidatura di Alessandra all’interno del suo partito, è bene che Forza Italia non se ne stia zitta. Tanto più che si vocifera anche di contestazioni pronte a Bruxelles il prossimo 24 giugno. Ma c’è un’altra ipotesi ancora più vergognosa. L’eventuale veto sarebbe stato suggerito ai vertici del Ppe da qualche infingardo di casa nostra, e c’è già chi punta l’indice contro quelli del Nuovo Centro Destra. Roba da sganassoni. Spero che le voci rientrino, anche se non c’è da fidarsi. Ad Alessandra mi limito a suggerire fermezza. Lo straniero decida a casa propria. Voci di manovre nel Ppe a Bruxelles, “suggerite” dall’Italia, per contestare Alessandra Mussolini Italia tra i suoi protagonisti, ha al suo interno varie e diverse posizioni: basti pensare a quella “sovranista” di Viktor Orban, premier magiaro. La voce che circola è che inaspettatamente alcuni vorrebbero ne- gare ad Alessandra Mussolini il diritto - garantito invece agli altri eurodeputati eletti con la stessa lista - di far parte del Ppe. Se la notizia è vera sarebbe gravissima. A me del Ppe non frega "SANGUE SPARSO" DA QUESTA SERA ARRIVA NEI CINEMA nulla; ma ci sono alcune cose che vanno dette con grande fermezza. 1) I vertici di quel partito conoscevano benissimo le liste elettorali del nostro Paese. E ora, a meno che abbiano sottovalutato - al con- ERRORI GIUDIZIARI, GOVERNO BATTUTO SULL’EMENDAMENTO PINI, MA IL PD PROMETTE BATTAGLIA Responsabilità civile: primo “sì” col giallo di Federico Colosimo na vittoria parziale, non ancora definitiva, ma storica. Perché se la legge è veramente uguale per tutti, chi sbaglia deve pagare: anche i magistrati. Prima grande sconfitta del governo Renzi, battuto alla Camera sull’emendamento presentato dalla Lega Nord alla legge comunitaria che introduce la responsabilità civile dei giudici. L’esecutivo è andato sotto di 7 voti ed il testo è passato con 187 sì e 180 no. Un successo del centrodestra, una debacle del Rottamatore, che vanta nelle sue schiere ex pm e giudici, magistrati in aspettativa, oggi parlamentari. Dopo anni di battaglie rimaste lettera morta, il principio secondo cui se un togato commette un errore deve risponderne, si rafforza. U NELLE SALE. CON ORGOGLIO Ceccarelli e Capasso a pagina 4 Il Pd spera nel Senato, ma Forza Italia difende il colpo grosso: “E’ stata una vittoria legittima – l’esultanza di Sisto - il voto segreto è protetto dalla Costituzione”. Un emendamento a firma di Gianluca Pini, che riscrive l’articolo 26 della legge Comunitaria sulla responsabilità civile dei magistrati, inasprendone di fatto le pene. La domanda di “eguaglianza” è disattesa dal lontano 1987, quando a favore della responsabilità civile delle toghe si espresse l’80% degli elettori. Ha trionfato il desiderio di giustizia delle vittime degli errori giudiziari e il buon senso. E adesso, se anche il Parlamento approverà, chiamare in causa i magistrati che sbagliano sarà meno complicato. Una norma che si applicherebbe solo in caso di dolo (o colpa grave) e di manifesta violazione del diritto. Necessaria per rendere davvero indipendente il giudice e terzo il togato che valuta i casi. Una legge che potrà servire anche ad eliminare il cosiddetto “fumus persecutionis”, e rendere giustizia (almeno in parte) ad innocenti che finiscono alla sbarra, salvo poi essere assolti dopo 10 anni con un foglio di carta (la sentenza) che sa tanto di “contentino”. I detrattori della responsabilità diretta, che hanno opposto a una legge giusta (che toglie l’immunità ai magistrati) risibili questioni sull’indipendenza dei magistrati, sono serviti. 2 Giovedì 12 giugno 2014 Attualità SVINCOLATI DALL’OBBLIGO, I NEO ELETTI A BRUXELLES NON MOLLANO INDENNITÀ E DIARIA. E ADDIO RESTITUTION DAY In Europa i grillini tengono stretti i portafogli SINDACO DI PARMA VERSO L’ADDIO di Giuseppe Giuffrida noto: della restituzione della diaria, il Movimento Cinque Stelle ne ha fatto la propria bandiera. L’unica, a dire il vero. Ogni qual volta un deputato penta stellato si trova in difficoltà, incalzato dalle domande del giornalista di turno che gli chiede i risultati prodotti dal movimento in termini di provvedimenti, ecco che la restituzione della diaria diventa l’arma per uscire dall’angolino; un piatto pronto per ogni evenienza. Sta di fatto, però, che i colleghi a Cinque Stelle appena trasferitesi a Bruxelles, non la pensano allo stesso modo. Dei 17 grillini in trasferta al Parlamento europeo, infatti, solo 5 sono disposti a rinunciare alla diaria. Come dire, lontano dagli occhi lontano dal portafogli. Che la faccenda prendesse questa piega, lo aveva previsto un iscritto al movimento, Giuseppe Centrone, che già lo scorso aprile puntava l’indice contro molti partecipanti alle europarlamentarie per niente disposti a rinunciare ai piccioli. “Troppi candidati fanno finta di dimenticarsi la rinuncia alla diaria, non votateli!”, aveva dichiarato Centrone. Tant’è. Sia chiaro: la restituzione della diaria non è un obbligo né in Europa né in Italia, e ogni parlamentare, di conseguenza, in tal senso è libero di agire come meglio ritiene. Tuttavia, è chiaro come nei confronti degli eletti oltralpe, il Movimento di Grillo sia meno intransigente. Per averne un’idea Pizzarotti linciato dal ‘cerchio magico’ È uovo attacco nei confronti di Federico Pizzarotti, il sindaco grillino di Parma oramai ad un passo dalla fuoriuscita dal Movimento, per fondarne uno tutto suo e di fatto spaccare i 5 stelle. Pizzarotti ieri è finito nel mirino di Massimo Bugani, consigliere comunale di Bologna, ma soprattutto fedelissimo di Grillo: “Pizzarotti non ha mantenuto le promesse. Non mi piace chi fa il furbo”, ha scritto Bugani sul blog del comico genovese. Il post però non ha raccolto i soliti, entusiasti e telecomandati commenti degli altri fedelissimi di Grillo. Moltissimi infatti si sono detti d’accordo con il sindaco di Parma e lo stesso Pizzarotti poi ha replicato in questo modo: ”Da due anni in prima fila per la mia splendida città. Un lavoro che non concede più vita privata, amici e notti serene. Lo si fa per qualcosa di molto più grande. Alcuni versano fiumi di bile e cattiverie. Io la rivoluzione la faccio col sorriso”. Ma i nervi scoperti dei grillini fedelissimi al capo trasudano dalle altre parole di Bugani: “Sentire poi che oggi, in risposta alla domanda ‘lei sarà il leader dei fuoriusciti?’, invece che dire ‘no, non ci penso nemmeno’, è stato detto ‘ho già molti impegni e il prossimo anno sarò anche presidente della Provincia” è roba da fare accapponare la pelle, almeno la mia. Solo chi ama essere ambiguo, non riesce mai ad essere chiaro”. La rottura, insomma, è sempre più evidente e nel ‘cerchio magico’ di Grillo e Casaleggio non può non far paura un personaggio come Pizzarotti, capace di raccogliere consensi e simpatie. Ig. Tr. N dei due pesi e due misure, basterebbe leggere le “Considerazioni aggiuntive per le elezioni europee” comparse sul blog dell’ex comico lo scorso aprile, in cui veniva specificato: “Ogni candidato potrà liberamente decidere se destinare la sua diaria a un fondo sociale che sarà scelto dal portavoce degli eletti al Parlamento europeo (chi dovesse optare per questa scelta è pregato di inserirla nella propria presentazione)”. Nello specifico, si tratterebbe di restituire l’indennità di soggiorno, pari a 304 euro per ogni giorno di presenza all’Europarlamento. Ecco che all’appello dei “volenterosi” mancano quasi tutti. A parte Massimo Cataldo, Dario Tamburrano, Rosa D’Amato, Ignazio Corrao e Marco Valli, tutti gli altri si sono dati alla macchia. Appare difficile, con questi numeri, celebrare la farsa del “Restitution day”, con tanto di assegno formato gigante e i volti fintamente sorridenti dei parlamentari. Dunque un autogol per Beppe Grillo, che adesso dovrà inventarsi qualcosa di nuovo affinché la stampa si occupi dei suoi parlamentari europei; con buona pace della libertà e… del portafogli. IL PONTEFICE: “NESSUNO PORTERÀ NELL’ALDILÀ LE RICCHEZZE ACCUMULATE IN VITA” Anatema di Bergoglio contro i corrotti Il Papa è tornato in pubblico dopo due giorni di ‘indisposizione’ non meglio chiarita di Igor Traboni apa Bergoglio ha lanciato ieri un vero e proprio anatema nei confronti dei corrotti, estendendo poi l’accusa ai trafficanti di armi e di schiavi e agli sfruttatori di bambini. Nel corso dell’udienza generale del mercoledì, il pontefice ha anche invocato l'inferno per chi pensa sia possibile portarsi nell'aldila' le ricchezze accumulate in vita. "Il timore di Dio è anche un allarme di fronte alla pertinacia del peccato: nessuno porta con se' dall'altra parte soldi, potere, vanita' e orgoglio. Penso alle persone che hanno responsabilita' sugli altri e si lasciano corrompere; penso a coloro che vivono P della tratta delle persone e del lavoro schiavo, penso ai fabbricanti di armi che sono mercanti di morte. Ce ne sono qui? No. Nessuno, nessuno di questi e' qui, non vengono a sentire la parola di Dio" ha aggiunto papa Francesco, che poi è tornato a sottolineare: "Un giorno tutto finisce e nessuno puo' portarsi dall'altra parte il frutto della sua corruzione. "Che il timore di Dio - ha invocato Francesco ad alta voce - faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio. Quando una persona vive nel male, quando bestemmia contro Dio, quando sfrutta gli altri, quando li tiranneggia, quando vive soltanto per i soldi, la vanita', il potere, l'orgoglio, allora il santo timore di Dio ci mette in allerta: attenzione! Cosi' non sarai felice". Papa Francesco ha quindi mostrato, ai presenti e alla tv della diretta dell’udienza, un piccolo cartello con lo slogan: "Tutti insieme contro il lavoro minorile". "Decine di milioni di bambini sono costretti a lavorare in condizioni degradanti, esposti a schiavitu' abusi, maltrattamenti e discriminazione", ha denunciato ricordando che domani si celebra la Giornata contro il lavoro minorile. Auspico vivamente che la comunita' internazionale possa estendere la protezione sociale dei minori per debellare questa piaga. Rinnoviamo tutti il nostro impegno, in particolare le famiglie, per garantire ad ogni bambino e bambina la salvaguardia della sua dignita' e la possibilita' di una crescita sana". "Una fanciullezza serena permette ai bambini di guardare con fiducia alla vita e al futuro", ha concluso Bergoglio. L’udienza di ieri arriva dopo due giorni in cui il Papa aveva di molto rallentato la sua attività pubblica, a causa di una non meglio precisata ‘indisposizione’,un particolare che ha ridato la stura a voci su condizioni di salute non proprio ottimali del pontefice, ieri apparso comunque in discreta forma. PUNTO E A CAPO – IL PICCOLO GRANDE INSEGNAMENTO DEI BALLOTTAGGI Nominati e cortigiani non servono più di Biagio Cacciola ome più volte avevamo sostenuto i populismi si nutrono del, e nel legame diretto tra masse e leader. Quando questo viene meno scema anche il consenso. Lo abbiamo visto al ballottaggio delle amministrative. L’effetto Renzi non c’è stato. Laddove il pd era in netto vantaggio al primo turno ha vinto, ma dove c’era da convincere settori di voto indecisi o che, magari alle europee avevano votato Renzi, ‘la macchina da guerra’ di Renzi e company non ha funzionato. Clamorosi i casi di Livorno, Potenza, Foggia, Padova. Nella città tirrenica ha vinto il candidato 5 stelle, che ha coagulato consensi da tutte le parti. Oltre naturalmente a chi dal centrodestra C voleva dare uno schiaffo alla storia comunista di quella città, c’è stato il voto dell’ala sinistra dei democratici. Di quell’area che aveva dovuto mandare giù alle europee il boccone amaro della vittoria di Renzi, considerato dal nocciolo duro dell’ex pds, un ‘prodotto’ del berlusconismo. Senza il link diretto tra Renzi e l’elettore, dunque, tutto è possibile. Infatti il centrodestra ne ha approfittato, proprio in quelle zone che avevano avuto gestioni di centrosinistra. A Padova, nel Veneto, un leghista intelligente come Bitonci, ha convogliato sulla sua persona una buona fetta d’elettorato che alle europee aveva votato per Renzi. Per non parlare di Perugia dove un volto nuovo e preparato, Andrea Romizi, ha conquistato una città da sempre governata dal centrosinistra. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Romizi ha coagulato tutto il centrodestra dietro di se. Che lo ha seguito perché ha individuato nel professionista umbro, nel suo piccolo, un politico che sa parlare alla gente preferendola alla macchina obsoleta dei partiti. Così a Potenza, dove Dino De Luca,candidato da popolari per l’Italia, ha vinto a furor di popolo, visto che dovrà governare con l’anatra zoppa, cioè un consiglio comunale a maggioranza di centrosinistra. Questo significa, per tutto il centrodestra, che senza persone che escono dalla selezione della ‘polis ‘, non si va da nessuna parte. I nominati e i cortigiani possono anche far sentire meno solo il ‘capo’ , ma sono proprio loro a distruggerlo. Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Giovedì 12 giugno 2014 Attualità DAGLI INTERROGATORI EMERGONO ANCHE COLLEGAMENTI CON L’INCHIESTA MILANESE SULL’EXPO Il Mose scuote la sinistra Dopo le dichiarazioni di Pravatà, Enrico Letta si difende su twitter: “Leggo falsità sul mio conto” di Giuseppe Giuffrida ia chiaro: nessuno dei citati è indagato, tuttavia, i nomi di cui si parla in seguito alle dichiarazioni rese ai magistrati dai principali protagonisti della vicenda giudiziaria, imbarazzano e non poco la sinistra italiana. A scuotere il Partito Democratico sono, in particolare, le dichiarazioni di Giovanni Mazzacurati, per lungo tempo presidente del Consorzio Venezia Nuova, il gruppo composto da grandi imprese di costruzioni cui sono affidati la costruzione del MOSE e tutti gli altri interventi necessari per tutelare la città dal problema ricorrente S dell’acqua alta, e di Roberto Pravatà, ex vicedirettore generale del Consorzio Venezia Nuova, nonché colui che avrebbe tenuto i conti in una sorta di diario, secretato dai magistrati, del presunto sistema di tangenti. Tra i tanti nomi citati nelle dichiarazioni ancora da verificare, ecco che troviamo anche l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, e l’ex sindaco della città lagunare Massimo Cacciari. A tirare in ballo l’ex premier sarebbe stato Roberto Pravatà, che a luglio 2013 riferì ai magistrati di avere ricevuto da Mazzacurati la richiesta di partecipare tramite il Consorzio alle “spese elettorali dell’onorevole Enrico Letta, che si candidava per un turno elettorale attorno al 2007”. Si parlò di attivare un finanziamento intorno ai 150mila euro, da ottenere tramite l’assegnazione di un incarico fittizio legato all’arsenale di Venezia. La reazione dell’ex premier non si fa attendere, e arriva tramite twitter: “Leggo falsità sul mio conto legate al #Mose. Smentisco con sdegno e nel modo più categorico. Non lascerò che mi si infanghi così!”. Fanno discutere anche le dichiarazioni fatte da Giovanni Mazzacurati, che ha sostenuto di avere avuto contatti anche con l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari: “Mentre era sindaco mi ha chiesto di aiutare un’impresa che si chiamava Mari- nese. Cacciari mi ha chiesto una sponsorizzazione di 300mila euro per la squadra di calcio, però, insomma, una roba così”. Dal canto suo, l’ex sindaco ha dichiarato di avere avuto contatti con Mazzacurati decine di volte, durante le quali ha chiesto “molto spesso interventi e non favori” al Consorzio, per aiutare “imprese in difficoltà ed evitare licenziamenti”. “Non l’ho fatto due, tre o quattro volte –ha dichiarato l’ex sindaco-, ma decine di volte al giorno e per cose che ritenevo utili per la città”. Intanto, emerge anche un collegamento tra l’inchiesta sul Mose e quella milanese sull’Expo 2015. A fare da collegamento, sarebbe un rappresentante della cordata Mantovani (coinvolta nelle tangenti a Venezia) che, secondo l’accusa, nel luglio 2012 fece visita ad Antonio Rognoni (gran capo di Infrastrutture Lombarde), cinque giorni prima che la gara per le infrastrutture di Expo venisse vinta proprio dal gruppo di Sebastiano Baita, con un clamoroso ribasso del 41,80%. A spiegare il legame tra la Mantovani e Infrastrutture Lombarde, è stato lo stesso presidente della società Piergiogio Baita: l’ingresso nella propria cordata della società romano Socostramo del costruttore Erasmo Cinque. Proprio quest’ultimo, infatti, avrebbe favorito i “rapporti amichevoli” tra i dirigenti della Mantovani e Rognoni. ‘Appaltopoli’: Paris collabora e va ai domiciliari l gip di Milano Fabio Antezza ha concesso gli arresti domiciliari all’ex manager di Expo, Angelo Paris, arrestato l’8 maggio nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta “cupola degli appalti” in Lombardia. Secondo il giudice, l’ex manager “ha iniziato un percorso di rivisitazione della propria condotta” alla luce delle dichiarazioni rese durante i suoi interrogatori. L’ex manager di Expo Angelo Paris, si legge nell’ordinanza, “risulta idoneo a garantire le esigenze cautelari” degli arresti domiciliari “anche grazie all’intrapreso percorso di rivisitazione del proprio operato, l’attivazione dei necessari freni inibitori rispetto alla consumazione di ulteriori reati, anche della stessa specie ed indole di quelli per i quali si procede, oltre che in merito a condotte pregiudizievoli per le indagini”. Insomma, Paris sta collaborando con gli inquirenti ed è probabile che le confessioni dell’esponente socialista portino a nuovi sviluppi dell’inchiesta. Il gip ha invece rigettato la richiesta di arresti domiciliari presentata dai legali di Enrico Maltauro. L’imprenditore vicentino resta quindi nel carcere milanese di Opera, anche perché, secondo il gip non sarebbero stati indicati eventuali familiari in grado di provvedere alle sue necessità domestiche. I INDAGATI PER RIVELAZIONI DI SEGRETO D’UFFICIO 3 MAGISTRATI. SONO LORO LE TALPE CHE INFORMAVANO BERNESCHI? L’APP STIMATA 18 MILIARDI DI DOLLARI La bufera Carige si abbatte sulle toghe Uber, i tassisti d’Europa si fermano per protesta di Marcello Calvo di Giorgio Musumeci a resa di un impero, la caduta dei “potenti”. Terremoto Carige, indagati 3 giudici. “Rivelazione di segreti d’ufficio”. Avvisi di garanzia per l’ex procuratore reggente (oggi vice) di La Spezia Maurizio Caporuscio, per Pasqualina Fortunato (magistrato del lavoro) e per il capo dei pm savonesi Francantonio Granero. La procura di Torino, competente sui togati del capoluogo ligure, ha serrato le fila. Forse non si trattava di millanterie, probabilmente il potente della Lanterna dirigeva veramente un comitato d’affari che poteva avvalersi della compiacenza di professionisti e inquirenti. E’ un’inchiesta sconvolgente quella su Carige, che rischia di travolgere due procure di grido della Liguria e che potrebbe presto abbattersi anche su quella di Genova… Nel mirino finisce in primis Caporuscio. Un colloquio telefonico tra l’avvocato spezzino Andrea Baldini (già componente Cda di Carige e marito della Fortunato) e l’ex padre padrone dell’istituto di credito ligure, rivelerebbe proprio come l’alto magistrato fece in modo che fosse fornita al potente banchiere la copia di una denuncia riservata. Una querela che l’imprenditore Gianfranco Poli sporse proprio contro il ras di Carige per truffa. Pratica che si concluderà poi con un’archiviazione, grazie - sostengono gli inquirenti anche all’interessamento della Fortunato, che in un’intercettazione telefonica spiega di non essere riuscita a convincere una segretaria ad ottenere informazioni, indirizzando il L er tutta la giornata di ieri, i tassisti di Roma, Milano, Napoli, Stoccolma, Parigi, Berlino, Barcellona, Londra e Bruxelles, si sono fermati per protestare contro l’abusivismo. Bersaglio unico, l’applicazione sempre più diffusa “Uber”, che consente ai clienti di connettersi, attraverso uno smartphone, direttamente con il servizio di Ncc, che possono prelevare passeggeri solo con precedente prenotazione. Un servizio, questo, considerato dai tassisti di mezza Europa “illegale”. Per questo, hanno deciso di far sentire la propria voce lasciando le auto di servizio parcheggiate. Si quantifica che a Londra, la protesta di ieri, con gli storici black cab fermi a Trafalgar Square, è costata all’economia inglese 125 milioni di sterline, oltre alla perdita da parte degli autisti dei minicab di 2,4 milioni di sterline. Tuttavia, lo stop dei tassisti è finito per favorire lo stesso Uber, che in tutte le città dove si è scioperato, ha raccolto la P marito da Caporuscio: “Vacci a parlare direttamente”. Un incontro che sarebbe avvenuto pochi giorni dopo, come testimoniato da una telefonata captata dagli inquirenti tra l’avvocato e Berneschi: “Sono andato da lui e gli ho spiegato che ero lì per un amico carissimo. ‘Vediamo subito, mi ha risposto. Ha aperto il computer e mi ha fatto vedere la querela, solo a me, perché sono io…’”. Sotto inchiesta anche Granero, ma la sua posizione potrebbe presto essere archiviata. Berneschi, discutendo al cellulare con il manager di Carige Antonio Cipollina, di un interrogatorio che avrebbe dovuto sostenere a Savona (dove è indagato per la bancarotta del costruttore Andrea Nucera), afferma che il procuratore capo gli avrebbe suggerito di non rispondere. E ribadisce di aver parlato con lui del figlio Luigi, membro del Cda di Carisa (controllata della Carige) ed esponente di spicco delle cooperative rosse. “Tutto falso, sporgerò querela”, rilanciava Granero. Bocche cucite da parte della Procura di Torino, ma fonti giudiziarie sostengono che fra gli inquirenti si è fatta largo l’ipotesi che le frasi sul suo conto fossero state pronunciate da Berneschi “per comprometterlo in una fase embrionale degli accertamenti”. In Piemonte sono finiti pure gli atti che chiamano in causa Vincenzo Scolastico, vice del Procuratore capo della Repubblica di Genova Michele Di Lecce. Il suo nome non viene mai citato direttamente e infatti il magistrato non è indagato. E’ un’inchiesta imbarazzante, quella su Carige, che mina la credibilità di due importantissime procure liguri. Il Csm non commenta, ma presto potrebbe prendere provvedimenti. Caporuscio rischia quantomeno una sospensione, Granero, probabilmente, le scuse. Ma l’indagine si allarga ad altri capitoli. Berneschi non ha più nulla da perdere, la sua posizione ormai è compromessa. Ed è per tutti questi motivi che vuole rovesciare il vaso di Pandora. Nel secondo interrogatorio – secretato – il potente avrebbe rivelato dettagli, retroscena e segreti di un elenco quasi infinito di politici, amministratori, imprenditori e manager presumibilmente coinvolti. E adesso sono in tanti a rischiare… sfida offrendo anche ai clienti uno sconto del 20% sulle tariffe. In tal senso, si sono organizzati di conseguenza i tassisti di Roma, che anziché lasciare le auto parcheggiate, hanno deciso di lavorare ma senza alcun vincolo di turno. “Uno sciopero alla rovescia - ha spiegato il tassista Marco Morana perché abbiamo capito che se non lavoriamo facciamo gli interessi dei nostri concorrenti, gli Ncc e gli abusivi. Dunque adottiamo anche noi il sistema degli abusivi: lavoriamo senza regole, per tutto il tempo che vogliamo, turni liberi”. Differente la scelta dei tassisti di Milano e Napoli, che hanno deciso infatti di restare con le braccia incrociate. Nel capoluogo campano, in 150 hanno sfilato per il centro della città, durante il quale non sono mancati momenti di tensione contro i taxi che non hanno aderito alla protesta. Dal canto suo, l’applicazione inventata in California continua a prendere piede arrivando ad essere valutata ben 18,2 miliardi di dollari. 4 Giovedì 12 giugno 2014 Focus UN PARTERRE D’ECCEZIONE PER L’ANTEPRIMA DEL FILM DI EMMA MORICONI Sangue Sparso, sulla memoria dell’Italia Molte le personalità presenti all’appuntamento al cinema Barberini di Francesca Ceccarelli E alla fine il tempo del debutto ufficiale arrivò: un anteprima privata al multisala cinema Barberini per il film Sangue Sparso, opera prima di Emma Moriconi. Nella calda serata romana un evento unico ha contribuito a ridare respiro a una parte di storia caduta nell’oblio, quella della strage di Acca Larentia e degli anni di piombo. La sala 1 del Barberini, la più grande, gremita di spettatori chiamati a visionare un film che vuole rendere onore non solo ai caduti i destra, ma anche a tutte quelle innocenti vite che sono state spezzate fagli impeti di violenza scoppiati nella Capitale a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Per l’occasione molti i personaggi di lustro presenti: dall’onorevole Francesco Storace a Roberto Buonasorte, da Giorgia Meloni a Maurizio Gasparri, da Ignazio La Russa a Luca Marcotti, ex dirigente della sezione Trieste- Salario. In sala anche Daniela Santanchè e Alessandro Sallusti, Gianni Alemanno, Gianni Buontempo, figlio del compianto Teodoro, Marcello e Germana De Angelis. Oltre allo straordinario cast di attori non professionisti, numerosi i rappresentanti della stampa nazionale ed estera, come testate straniere con sede in Italia, rimaste incuriosite dall’uscita di un docufilm su anni così contorti per il Paese. Uno scroscio di applausi e un’atmosfera di commozione sono scattati alla visione di anteprima: una conferma che quella della strage di Acca Larentia e degli anni che seguirono sono ancora una ferita aperta nella memoria degli italiani, sia di destra che di sinistra. Oggi il grande debutto al cinema Lux n uomo passeggia per le vie adiacenti ad Acca Larentia, nel quartiere romano del Tuscolano. Riflette e ricorda gli eventi drammatici che ha vissuto durante la sua giovinezza, quando militava nel Fronte della Gioventù, inizia così il film “Sangue sparso” che racconta i tragici eventi di Acca Larentia. Uun docu-film che espone fatti di cronaca che costituiscono un pezzo della storia del nostro Paese: in “Sangue Sparso” gli anni di piombo sono visti con gli occhi di un “sopravvissuto”, raccontati da chi li ha vissuti e sofferti in prima persona, da chi ha perso i propri amici durante una guerra assurda, inutile, senza senso. “Sangue Sparso” non si propone di raccontare i fatti più eclatanti di quegli anni. La pellicola vuole raccon- U tare le storie “dimenticate”, i destini di tutte quelle famiglie e di quelle comunità che ancora oggi subiscono il dolore per le perdite subite, le cui ferite sono ancora aperte, ma di cui la tv e le grandi testate giornalistiche hanno cessato di parlare tanto tempo fa. Opera prima della regista Emma Moriconi, distribuito da Flavia Entertainment in uscita oggi nelle Sale del Cinema Lux Multiscreen, via Massaciuccoli, 31, nel quartiere Trieste-Salario dove è ambientato parte del film. Verrà proiettato anche nelle seguenti sale: il Fulgor a Firenze; l’Alkestis a Cagliari; al Mancini di Monterotondo (Roma); allo Splendor di Massa. Ma è solo l’inizio: di settimana in settimana terremo informati i lettori sulla programmazione. Chantal Capasso Foto di Adriano Lazzarini 5 Giovedì 12 giugno 2014 Storia L’ASSASSINIO PREORDINATO DI UN UOMO CORAGGIOSO, UN ALTRO EROE DIMENTICATO DALLA STORIA DI QUESTA ITALIA SENZA MEMORIA Aldo Resega, “necessità di dolore”/1 “La tragedia dell’Italia vorrà forse il mio sangue? Io l’offro con l’impeto della mia fede. Lasciate che sgorghi senza equivalente, senza rappresaglie e senza vendetta” di Emma Moriconi Se dovessi cadere lasciate che il mio sacrificio, come quello di tanti altri Martiri, rappresenti semplicemente il pegno della nostra rinascita. La tragedia dell’Italia vorrà forse il mio sangue? Io l’offro con l’impeto della mia fede. Lasciate che sgorghi senza equivalente, senza rappresaglie e senza vendetta. Così soltanto sarà caro e fecondo per la mia patria: dono e non danno, atto d’amore e non fomite d’odio, necessità di dolore e non veicolo di disunione maggiore”. È il testamento spirituale di Aldo Resega, un altro eroe dimenticato della nostra storia. Ufficiale di fanteria degli Arditi, fascista, comandante di una compagnia di Arditi della divisione Tevere in Etiopia, in prima linea nel corso della seconda guerra mondiale sul fronte greco – albanese, in Croazia, in Dalmazia e sul fronte occidentale. Invalido di guerra, cinque volte decorato, federale della sezione milanese del Partito Fascista Repubblicano dopo il tradimento dell’8 settembre. Il 18 dicembre 1943, Resega viene ucciso da un comando dei Gruppo di Azione Patriottica. A lui fu intitolata una Brigata Nera. Aldo Resega è un uomo pacifico, non permette mai che si at- “ tuino rappresaglie, non vuole rendere il clima ancora più incandescente. Ecco perché su di lui arriva una condanna a morte inappellabile. Quando esce dalla sua casa, alla mattina di quel 18 dicembre, per prendere il tram, i gappisti eseguono una sentenza mai emessa da nessun tribunale. «La mattina del 17 dicembre 1943, secondo gli ordini ricevuti, ci siamo recati sul posto – dice su L’Unità del 25 aprile uno dei due gappisti che ha partecipato alla missione - Due di noi hanno preso il tram, altri due la bicicletta. Con loro c'era la ragazza che doveva indicarci l'uomo. Anche lei era in bicicletta. A una fermata del tram l'abbiamo vista, ferma con i nostri due compagni; lei non poteva vedere noi. C'era molta nebbia e faceva molto freddo. Ma quella mattina lui non è comparso. Lo abbiamo aspettato fino alle 9, come ci era stato ordinato, poi ce ne siamo andati. Noi non sapevamo ancora di chi si trattasse, sapevamo solo che era un'azione molto importante. La mattina dopo siamo ritornati sul posto, io e "Bar- bison" in tram, gli altri due in bicicletta con la ragazza. Siamo scesi dal tram a Porta Vittoria – continua il racconto - e alle 7,30 eravamo sul posto. L'uomo doveva uscire da un portone di via Bronzetti per andare a prendere il tram. Davanti al portone la ragazza e il nostro comandante si sono messi a chiacchierare: quando l'uomo usciva, dovevano fare come se si salutassero, e dividersi. Io e "Barbison" ci mettemmo dietro l'edicola che c'è di faccia al Verziere: lui doveva attraversare la strada davanti a noi. Il quarto compagno stava sull'angolo di corso XXII Marzo, di copertura. lo e "Barbison" abbiamo comperato anche un giornale. lo ho comprato il Corriere, però non leggevo: primo perché guardavo il portone, secondo perché non avrei visto nemmeno i titoli più grossi. Pensavo solo all'azione che dovevamo fare. A poca distanza da noi era fermo un tipo. Io e " Barbison" abbiamo avuto lo stesso pensiero: che fosse un poliziotto in borghese. Il comandante e il compagno di copertura avevano lasciato le loro biciclette vicino all'edicola, appoggiate al marciapiede col pedale; dovevano servire a me e a " Barbison " per la ritirata. Siamo rimasti molto tempo ad aspettare. Alle 8,25 un signore è uscito dal portone. La ragazza ha dato la mano al compagno, che si è tolto il cappello: abbiamo capito che era lui. Mi sono sentito come scattare sull'attenti. Sempre con il giornale in mano ci siamo staccati dall'edicola." Barbison" aveva la rivoltella sotto il giornale, io ce l'avevo in tasca. Il signore si stava infilando i guanti attraversando la strada. Noi siamo scesi dal marciapiede e in pochi passi gli abbiamo tagliato la strada, ci siamo posti uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Aveva finito di infilare un guanto e cominciava a infilare l’altro, quando è giunto sull’angolo del corso. Noi eravamo a un passo da lui. Abbiamo sparato quattro colpi ciascuno; è caduto con le mani in avanti. Un attimo prima di sparare ho dato ancora un’occhiata al tipo che mi era sembrato un poliziotto, ma non si era mosso di un passo. Con due salti siamo stati in sella. La giornalaia ha poi detto che avevamo rubato due biciclette per scappare. Abbiamo pedalato in fretta per un mezzo chilometro. Poi non ce n'era più bisogno, però non abbiamo rallentato molto. Poco dopo le nove eravamo a casa del comandante. Lui e l'altro compagno di copertura erano rimasti qualche minuto a vedere come si mettevano le cose, ma non avevano certo aspettato che arrivasse la polizia. Alle dieci abbiamo saputo il nome del fascista ucciso: era Aldo Resega, il federale dei repubblichini di Milano. Allora ci siamo abbracciati quasi piangendo. L'azione era andata perfettamente». Questo lungo resoconto, necessario per l’esatta comprensione dei fatti, chiarisce che stiamo parlando di un bieco, vergognoso assassinio. (…continua…) [email protected] FLAVIA ENTERTAINMENT PRESENTA un film di emma moriconi film ammesso a UN FILM PER LA PACE A FILM FOR PEACE festival 2014 Film di interesse culturale patrocinato da con il patrocinio gratuito della al cinema dal 12 giugno 6 Giovedì 12 giugno 2014 Esteri NON SOLO ERF E FISCAL COMPACT: NUOVI MOSTRI SI MUOVONO ALL’ORIZZONTE DEL VECCHIO CONTINENTE Ttip: arriva la “Nato finanziaria” Il trattato di libero scambio tra economia statunitense ed europea va avanti a fari spenti: giornalisti e opinioni pubbliche tenute all’oscuro di un accordo pieno di rischi per la sovranità di Giuliano Castellino l TTIP non è questione di discussione solo da parte da sovranisti o da oppositori della globalizzazione, ma trova forte critiche addirittura negli States e in giro per il mondo. "Se la trasparenza conducesse ad una diffusa opposizione pubblica nei confronti di un accordo commerciale, allora tale accordo non dovrebbe essere la politica degli Stati Uniti.” Questa la posizione di Elizabeth Warren, senatrice democratica dello stato del Massachusetts, che in una lettera indirizzata a Michael Froman, "l’uomo di Obama” alla guida del US Trade Representative’s office, esprime così la propria perplessità su uno degli accordi commerciali più grandi, e meno noti al pubblico, ad oggi in via di realizzazione: il TTIP. Il trattato di libero scambio stipulato tra Stati Uniti ed Unione Europea, che prevede la creazione di una “free zone” di merci e servizi, non solo attraverso la rimozione dei dazi doganali, ma anche tramite il supe- I ramento delle cosiddette “barriere non tariffarie”, ossia delle divergenze strutturali caratterizzanti le normative vigenti sulle due sponde dell’Atlantico, lascia poco convinta la senatrice americana. L’accordo prevedrà, in sostanza, un'intesa per interi settori economici, dalla sicurezza e la sanità, ai servizi pubblici, l’agricoltura, l’energia e le materie prime. Una sorta di NATO economica. Secondo il Centre for Economic Policy Research (CEPR), un centro studi indipendente con base a Londra, a cui è stato affidata la redazione del report “a giustificazione economica del trattato”, questo trattato comporterebbe una crescita stimata di 90 miliardi di euro per l’economia statunitense e di 120 miliardi, pari allo 0,5% del Pil, per quella europea. Cifre enormi, in parte già sgonfiate da Alan Winters, professore dell’Università di Sussex e collaboratore dello stesso CEPR, il quale considera più “plausibile” un incremento dello 0,025% del prodotto interno continentale. Tuttavia, se da una parte il dibattito è andato concentrandosi sui rischi economici ed istituzionali di tale operazione, nonché sulle evidenti difficoltà d’integrazione delle normative europee con quelle americane, è stata l’assenza di un principio di trasparenza nella conduzione delle trattative ad attrarre maggiormente i dubbi dell’opinione pubblica. Lori Wallach, direttrice del Public Citizen’s Global Trade Watch, un prestigioso osservatorio indipendente di Washington, commenta così sul quotidiano francese “Le Monde Diplomatique” l’imperiosa volontà di sottrarre il cantiere del trattato all’attenzione del pubblico: “Nulla deve sfuggire. Sono state date istruzioni di lasciare giornalisti e cittadini ai margini delle discussioni: essi saranno informati in tempo utile, alla firma del trattato, quando sarà troppo tardi per reagire”. Una decisione pericolosamente razionale per la Wallach, dettata dalla necessità di “prendere tempo prima di annunciare al paese gli effetti che esso produrrà a tutti i livelli”. Allo stesso modo si è esposta la senatrice democratica Elizabeth Warren, che, secondo quanto riportato da The Nation, ha recentemente dichiarato che “Wall Street, aziende farmaceutiche, telecom, grandi inquinatori stanno sbavando” in attesa della ratificazione del trattato, i cui dettagli rimangono ancora oscuri per le grandi opposizioni che quest’ultimo sarebbe costretto a fronteggiare qualora maggiori informazioni diventassero di dominio pubblico. “Un accordo negoziato senza alcun esame democratico non dovrebbe mai essere firmato”, conclude la Warren chiedendo al Congresso la pubblicazione dei documenti riguardanti la trattativa. E mentre le negoziazioni, iniziate in sordina almeno un anno fa, arrivano al quinto round, l’ultimo tenutosi a Arlington, in Virginia, nei giorni scorsi, in Europa si continua con la retorica del recupero della competitività post-crisi, l’Euroscetticismo, ed il superamento delle politiche di austerity. Oltre che la crisi ucraina ed i rapporti con la Russia. Anche qui continua a valere il principio “chi non ha niente da nascondere non ha niente da temere”. Ma i mondialisti non solo nascondono tutto, ma tutto manipolano e gestiscono. Usano il mondo come un Risiko. Almeno una volta erano costretti a spostare i carri armati e seppur in maniera infame erano visibili, oggi muovono azioni, trattati, mercati. Dopo la Nato militare avremo quella finanziaria. Quello che mancherà sempre di più è l'Europa. LA SCHEDA Su banche, assicurazioni e lavoro il patto aggirerà le norme nazionali M entre gli Stati Uniti, grazie alla guerra in Ucraina, piazzano nuovi basi, soldati, carri armati e navi, continuano nella realizzazione del TTIP. Questa sigla, ai più sconosciuta, dai media sottaciuta, sarà la tomba finale dei popoli europei, definitivamente "strozzati" dalla finanza internazionale e allontanati da Mosca, l'unica alternativa e salvezza per l'Europa. Il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (in inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership, abbreviato TTIP; altrimenti conosciuto come Transatlantic Free Trade Area) è un proposto accordo di libero scambio tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. I proponenti sostengono che l'accordo sarà causa di crescita economica per i paesi partecipanti, in realtà sarà un accordo che darà pieno potere alle multinazionali e renderà ai governi impossibile il controllo dei mercati per massimizzare il benessere collettivo. Dopo i vari trattati e accordi internazionali passati sopra la testa dei popoli, questo sarà l'incoronazione della finanza sul trono del nuovo ordine mondiale ed un passo importante verso quegli Stati Uniti Atlantici tanto sognati da Washington. Il governo statunitense considera il TTIP come un accordo che accompagna un altro proposto trattato, conosciuto come Trans-Pacific Partnership. Dopo la divulgazione di una bozza della proposta della primavera passata la Commissione Europea ha lanciato un giro di pubbliche consultazioni su una serie limitata di clausole. La bozza divulgata contiene una serie di limitazioni sulle leggi che i governi partecipanti potrebbero adottare per regolamentare diversi settori economici, in particolare banche, assicurazioni, telecomunicazioni e servizi postali. Tutti i settori strategici di uno Stato. Qualsiasi entità economica privata, se espropriata dei suoi attuali investimenti, avrebbe diritto a compensazioni a valore di mercato, aumentate di interesse composto. Sarà ammessa la libera circolazione dei lavoratori in tutte le nazioni firmatarie, ed è stato proposta l'ammissibilità, per le entità economiche private, di muovere azioni legali contro i governi in presenza di violazione dei diritti. Il TTIP è un trattato che segue il Multilateral Agreement on Investment, potrebbe essere finalizzato entro la fine del 2014 e sarebbe la spallata definitiva contro la libertà e la sovranità dei popoli d'Europa. Certo, che se l'Europa guardava a Mosca tutto questo non sarebbe stato facile. 7 Giovedì 12 giugno 2014 Da Roma PERPLESSITÀ SULLE SCELTE DELLA GIUNTA CAPITOLINA A DIFFERENZA DEL LEADER DEL PCI, IL SEGRETARIO DEL MSI RESTA ANCORA “SENZA CASA”... A Roma affonda pure la cultura Ecco “Largo Enrico Berlinguer” A Giorgio Almirante invece? Sergio Marchi (La Destra) sprona l’amministrazione: “Giusto, ora si realizzi la proposta presentata da Storace” di Giuseppe Sarra N L a cultura che non c’è. Nella capitale non se ne parla molto, ma stando alle iniziative del Comune non si intravede minimamente un progetto che rimetta al centro dell’azione politica l’immenso patrimonio dell’antica Roma. A perdere pezzi, oltre al posto vuoto in cabina di regia visto l’addio dell’assessore Flavia Barca, pure le tante attività che hanno da sempre arricchito la programmazione culturale dell’amministrazione comunale. I tagli della giunta di centrosinistra hanno interessato pure i bandi relativi ai festival ed all’Estate romana. Dopo 19 anni, infatti, Roma Capitale non intende più realizzare storiche manifestazioni: da “I grandi festival… Cannes, Venezia e Locarno a Roma” e “Notti di cinema a piazza Vittorio”, ad esempio. Una decisione, quella giunta Marino, che sta scatenando tantissime polemiche. Su tutti, quella dell’Anec-Agis. “Appare chiaro – si legge nel comunicato diffuso alla stampa che nei casi in cui conta apparire il governo capitolino è in prima fila, mentre latita quando si tratta di supportare concretamente tali progetti”. E’ il monito dell’associazione generale dello spettacolo e dell’associazione nazionale esercenti cinema, le quali chiedono delucidazioni sulle “motivazioni che hanno portato a tale decisione e, pur non volendo entrare nel merito, siamo sorpresi e stupiti dal fatto che coloro a cui è affidata la guida ed il governo di Roma Capitale cadano dalle nuvole e siano loro stessi sbalorditi dall’esito dei bandi, come provenisG.S sero da un altro pianeta”. el 30° anniversario dalla morte del leader del Partito comunista italiano, Roma Capitale ha intitolato, a due passi di via delle Botteghe Oscure, sede storica del Pci, il “Largo Enrico Berlinguer”. Il primo atto concreto, dal giorno del suo insediamento, della giunta presieduta da Ignazio Marino. Oltre alla famiglia Berlinguer, tra i presenti il primo cittadino, accompagnato dalla presidente del Municipio Sabrina Alfonsi, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il viceministro dell'Economia Enrico Morando, l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, autore del recente docufilm “Quando c'era Berlinguer”, l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, Armando Cossutta, Cesare Salvi, Gavino Angius, Livia Turco, tra gli altri. La dedica è arrivata dopo il parere positivo della commissione Toponomastica del Comune lo scorso 5 maggio, alla proposta avanzata il 9 aprile dal sindaco Marino e dell’allora assessore alla Cultura Flavia Barca. Iter a rilento, invece, per Giorgio Almirante. Anche per colpa di chi non ha avuto il coraggio di riconoscere, quando era alla guida dell’amministrazione ca- pitolina, una strada, una piazza o uno slargo al leader del Movimento sociale italiano. A stimolare Marino e compagni, ieri mattina, ci ha pensato l’ex assessore alla Mobilità e capogruppo de La Destra nel Municipio I, Sergio Marchi, che non ha dubbi sulla giusta intitolazione del “Largo Enrico Berlinguer”: “Ora aspettiamo – ha scritto Marchi sul suo profilo Facebook - che si realizzi anche la proposta di intitolare una via o una piazza di Roma a Giorgio Almirante, presentata anni fa da Francesco Storace in Campidoglio. Non è questione di reciprocità, ma semplicemente di rispetto per la storia di tutti”. Vedremo se la faziosità, almeno questa volta, non la spunterà. IL CASO BLITZ DEI CARABINIERI SUI MEZZI PUBBLICI E NEI LUOGHI FREQUENTATI DAI TURISTI Antiborseggio: diciassette stranieri arrestati In manette sono finiti tredici romeni, due rom e un tunisino C A ltri diciassette stranieri arrestati nel corso dei controlli antiborseggio nella capitale. Un fenomeno che dovrebbe far riflettere sull’alto tasso di microcriminalità diffuso nella Città eterna, principalmente praticato sui mezzi pubblici e nei luoghi maggiormente frequentati dai turisti. Nell’operazione condotta dai militari del comando provinciale di Roma, i primi a finire in manette sono stati tre romeni, con precedenti, rispettivamente di 25, 26 e 32 anni, sorpresi dai carabinieri della stazione Roma Vittorio Veneto, all’interno della fermata metro “Repubblica”, subito dopo aver sfilato il portafogli dalla borsa di una turista francese. Stessa tecnica, stesso luogo. In azione altri tre romeni, rispettivamente di 35, 36 e 38 anni, “pizzicati” nella fermata metro “Spagna”, arrestati dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia Roma San Pietro. I tre avevano alleggerito del portafogli con 400 euro una turista americana. Poi, è stata la volta di un tunisino di 24 anni che, all’altezza di via San Giovanni in Laterano, ha sfilato lo smartphone del valore di 500 euro ad una turista italiana. L’uomo è stato immediatamente bloccato dagli uomini del 112 della compagnia Roma Piazza Dante. E ancora: sempre gli stessi militari hanno arrestato un altro romeno, di 20 anni, che aveva appena rubato il portafogli con 150 euro ad un cittadino belga nei pressi di piazza Vittorio Emanuele II. A bordo del bus 40, a pochi passi da corso Vittorio Emanuele, invece i carabinieri della compagnia Roma San Pietro hanno assicurato alla giustizia due romeni di 40 e 41 anni, che hanno sfilato il portafogli con 100 euro ad un turista straniero. Ma non è finita qui: tre romeni, due uomini ed Marino contro i giornalisti del Comune una donna, di 25, 37 e 23 anni, sono stati sorpresi dai carabinieri della stazione Roma Vittorio Veneto, a due passi dal Colosseo, subito dopo aver sfilato il portafogli ad un turista giapponese. Nel mirino degli uomini del 112 anche due nomadi di 24 e 30 anni, in via Bocca di Leone, nei pressi di un albergo, mentre rubavano il trolley ad un turista argentino. I militari della stazione Roma San Paolo - inoltre, durante i controlli a bordo di un vagone della linea “A” della metropolitana - hanno bloccato una 20enne romena mentre sfilava il portafogli ad un turisti. Infine, in via Nazionale, i carabinieri della compagnia Roma Centro hanno arrestato un romeno di 33 anni, che a bordo del bus 64, ha alleggerito dello smartphone un cittadino francese. Un’altra giornata all’insegna della criminalità… Marco Compagnoni e la sta mettendo tutta Ignazio Marino per farsi odiare dai dipendenti comunali. E così, dopo il lungo braccio di ferro tra amministrativi e il sindaco sul salario accessorio, meglio conosciuto come produttività, è la volta degli addetti stampa del Comune di Roma. Cinque colleghi giornalisti, infatti, sono stati raggiunti da un provvedimento illegittimo che li sposta dall’ufficio stampa a quello del personale per assolvere a compiti meramente amministrativi. A denunciare quanto accaduto è l’associazione stampa romana che in una nota, oltre a ricostruire la dinamica dei fatti, striglia il chirurgo genovese. Si tratta comunque di giornalisti a cui “l’amministrazione non ha mai provveduto a dare il corretto inquadramento – si legge nel comunicato - nonostante le numerose sollecitazioni da parte del Cdr di Roma Capitale e del sindacato di categoria”. Inutili si sono rivelati fin qui gli incontri tra il vicesindaco Luigi Nieri e l’Asr, denuncia ancora l’associazione. Chissà se, almeno questa volta, tornerà sui suoi passi… A.T. 8 Giovedì 12 giugno 2014 Dall’Italia L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI NAPOLI: SOLDI PER EVITARE VERIFICHE E ACCERTAMENTI FISCALI Ombre lunghe sulle Fiamme Gialle Indagato il generale Vito Bardi. Arrestato il comandante della sede di Livorno Massimo Mendella di Barbara Fruch T ira aria di tempesta sulle Fiamme Gialle. Il generale Vito Bardi, comandante in seconda della Guardia di finanza, risulta iscritto nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta che ha portato ieri mattina all’arresto per concussione del comandante della Gdf di Livorno, Massimo Mendella. Bardi risulta indagato, per una ipotesi di corruzione in vicende collaterali a quella finita al centro dell’indagine coordinata dai pm napoletani Henry John Woodocock e Vincenzo Piscitelli e relativa a presunte tangenti pagate da due imprenditori per ottenere verifiche fiscali addomesticate. Allo scopo di verificare l’ipotesi accusatoria e raccogliere materiale utile agli accertamenti investigativi, gli inquirenti hanno disposto la perquisizione della casa e degli uffici del generale Bardi. Il comandante provinciale della Finanza di Livorno, il colonnello Fabio Massimo Mendella, è stato invece arrestato insieme al commercialista napoletano Pietro De Riu, con l’accusa di concorso in concussione per induzione e rivelazione del segreto d'ufficio. Secondo la procura di Napoli, Mendella tra il 2006 e il 2012 (quando era responsabile del settore verifiche al comando provinciale della Gdf di Napoli) tramite De Riu A sinistra, il generale Vito Berdi; a destra (al centro) il comandante della sede di Livorno Massimo Mendella avrebbe incassato insieme ad altre persone oltre un milione di euro da vari imprenditori napoletani come “compenso” per evitare verifiche e accertamenti fiscali. In particolare il filone investigativo condotto dalla Digos di Napoli e dalla polizia tributaria di Roma punta i riflettori an- che sulla holding Gotha SPA, che sarebbe stata oggetto di accertamenti pilotati da parte della sezione guidata dal colonnello Mennella. Un legame stretto - secondo l'accusa tra la Gotha Spa e il colonnello Mendella, al punto tale che quando l'ufficiale venne trasferito via da Napoli a Roma, anche la sede della società cambiò approdando nella capitale. Le indagini, tuttora in corso, sono state svolte sotto il coordinamento della seconda sezione dei reati contro la Pubblica amministrazione, condotte dalla Digos della questura di Napoli con l'aiuto della Direzione centrale di polizia criminale e del comando provinciale e della guardia di finanza di Roma. Nei guai dopo il colonnello Mendella è dunque finito anche il generale di Corpo d’Armata, Vito Bardi, diventato comandante in seconda della Guardia di Finanza (in pratica, il numero due del Corpo) il 5 settembre 2013. Bardi è subentrato al Generale di Corpo d’Armata Emilio Spaziante che è andato in pensione ed è stato arrestato con l’accusa corruzione nell`ambito della maxi inchiesta sulle tangenti del Mose. Bardi, 63 anni, è originario di Potenza. Ha ricoperto, tra l’altro, l’incarico di comandante interregionale dell’Italia Meridionale. Non è la prima volta che il colonnello si trova a fare i conti con la giustizia. Nel 2011 Bardi era stato indagato con le accuse di favoreggiamento e rivelazione di segreto nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P4. L’anno successivo, tuttavia, la sua posizione fu archiviata dal gip su richiesta dello stesso pm Henry John Woodcock. Al centro dell’inchiesta era l’ex deputato del Pdl Alfonso Papa, per il quale ora è in corso il processo. Secondo l’ipotesi accusatoria, l’ex parlamentare riceveva notizie coperte da segreto su indagini in corso e se ne serviva per ricattare alcuni imprenditori dai quali riceveva così denaro o altre utilità. 9 Giovedì 12 giugno 2014 Dall’Italia MOBILITAZIONE IN TUTTA EUROPA CONTRO LA START UP STATUNITENSE CHE STA RIVOLUZIONANDO IL MERCATO DEL TRASPORTO Tassisti in rivolta: l’app Uber nel mirino Proteste in tutta Italia: a partire da Milano, Roma, Napoli, Firenze, Verona e Bologna di Antonio Testa T assisti in rivolta in tutta Europa. Al centro della mobilitazione, oltre al problema degli abusivi, la questione Uber, una start up statunitense accusata di concorrenza sleale. Quest’ultima, comunque, fornisce un servizio per reperire a noleggio auto con conducente e può contare sull’utilizzo dell’app chiamata, la cosiddetta “UberPop”. Secondo i tassisti, però, tale strumento consentirebbe ai privati di trasportare passeggeri a pagamento. Uno sciopero che ha interessato tutte le sigle sindacali, a braccia conserte anche gli autonomi, dal Nord al Sud, passando per il Centro della penisola. Tra i più agguerriti i tassisti milanesi, epicentro della protesta italiana. L’Uber, dal canto suo, proprio nel giorno dello sciopero, ha abbassato le tariffe del ben 20%. Una giornata, quella di ieri, ricca di tensioni. Fin dal mattino, a partire dalla stazione centrale tra i tassisti e i presunti abusivi. Rispedisce al mittente le accuse della numero uno di Uber Italia, Benedetta Arese Lucini: “Continuiamo a far muovere Milano, dando a utenti, pendolari, turisti e driver la possibilità di spostarsi in città in modo sicuro e il più rapido possibile”. Oltre a dirsi convita che a Milano ci sia spazio per una pluralità di servizi di trasporto, “c’è l’intenzione di aprire la piattaforma Uber – ha rivelato - ai tas- sisti, con l’obiettivo di offrire alle persone una scelta sempre più ampia e contribuire a far crescere il mercato”. E ancora. “Ci dispiace – ha aggiunto - vedere che le logiche corporative del vecchio sistema dei taxi stanno fermando la città. Noi vogliamo continuare a far muovere le persone nel miglior modo possibile”. La manager di Uber Italia si è detta soddisfatta dell’annuncio di un dialogo e di un tavolo rivolto dal ministro ai Trasporti, Maurizio Lupi, “in cui possiamo tutti parte- cipare e parlare – ha spiegato - di queste regole. Lo sciopero dei taxi non è contro Uber ma in generale, anche nel resto d'Europa, contro questo nuovo mercato”. Il mercato, ha sottolineato la general manager della piattaforma informatica statunitense, “non lo facciamo solo noi, è un mercato di app che è nato in America ma che si sta espandendo in tutto il mondo e che è dato dalle nuove esigenze dei cittadini che cercano alternative al trasporto”. Strano caso nella città della Ma- donnina, dove la digos ha fatto rimuovere il nome di Pisapia dagli striscioni dei manifestanti. Non da meno, comunque, la problematica degli abusivi: a Roma, ad esempio, un gruppo nutrito di autonomi ha manifestato contro il dilagare del fenomeno; una protesta diversa dal solito poiché non ha coinvolto i sindacati ma tassisti “stanchi e soffocati dall’abusivismo” del settore. In circa 150, invece, si sono dati appuntamento a Napoli dove hanno sfilato in corteo da Piazza Mancini, a ridosso della stazione centrale, fino a Piazza Plebiscito all’esterno del palazzo della Prefettura. Una delegazione ha incontrato anche il capo gabinetto del prefetto, ricevendo rassicurazioni sui controlli sugli abusivi, le auto Ncc e interrompendo così la protesta alla quale hanno aderito Usb, Fasi-Conflavoratori, Ugl Taxi, Alt e Assotaxi. Qui, tuttavia, l’adesione allo sciopero ha raggiunto quasi il 40%. Mobilitazione anche a Verona, con uno sciopero di un’ora in segno di solidarietà. Volantinaggio a Firenze: “No all’abusivismo, scegli la legalità”. A Bologna una delegazione dei rappresentanti di categoria è stata ricevuta in Regione, mentre una quarantina di tassisti e conducenti Ncc aspettavano in presidio sotto alle finestre di viale Aldo Moro, suonando il clacson e spiegando le proprie ragioni al megafono. La delegazione ha ottenuto l’impegno a essere convocati entro un mese per aprire una discussione formale sulla legge. “Speriamo che la politica sia conseguente a questo impegno – ha spiegato Riccardo Carboni, presidente Cotabo e vicepresidente Cna Bologna - e speriamo di chiudere entro la fine del mandato, ma sarà difficile”. ULTIMA PAGINA PER UN LUNGO CONTENZIOSO SU UN INCANTEVOLE FAZZOLETTO DI TERRA AL LARGO DELLA COSTA Il Comune “espugna” l’Isola di Dino Fu comprata dagli Agnelli, ora ritorna pubblica: soddisfazione del sindaco di Praia a Mare N on solo isole in vendita: anche isole che tornano sotto il demanio, la proprietà comunale. Poveglia, perla della Laguna di Venezia, al momento è ancora in fase d’asta e trattenuta da un comitato che sta effettuando una colletta per tentare di “strapparla” ai privati: invece l’Isola di Dino, la maggiore delle sole due isole che appartengono (geograficamente) alla Calabria. Da ieri invece quel fazzoletto di terra appartiene, nel senso legale del termine, al Comune di Praia a Mare. È il risultato di una lunghissima battaglia giudiziaria, combattuta addirittura con la famiglia Agnelli. L’Isola di Dino è poco più che uno scoglio, eppure è di incomparabile bellezza. Si eleva sul Tirreno, proprio davanti alla costa, in uno scenario che ne fa cartolina invidiabile per i tramonti. Ha però una storia alle spalle, particolarmente travagliata negli ultimi cinquanta anni. Nel 1956 fu data in concessione per 99 anni: ma nel 1962 l’isola viene venduta per 50 milioni di lire (allora, un patrimonio) alla società amministrata dal commendator Bottani e Gianni Agnelli. Il fine ufficiale dell’operazione era quello di portare uno sviluppo turistico di livello internazionale sull’intero territorio di quell’angolo di costa calabra, litorale compreso. La realizzazione di alcune strutture servì allo scopo, ma la verità è che turismo capace di cambiare la vita ai residenti di quelle zone non arrivò mai: troppo forte la concorrenza di altre mete, anche vicine, troppo difficili i collegamenti, non solo per l’odissea della Salerno-Reggio Calabria ma anche per il traghettamento. I terreni furono però oggetto anche di un contratto di compravendita negli anni ’90, la gestione delle strutture passò ad un gruppo di imprenditori che davanti alle difficoltà, tuttavia, abbandonò progressivamente l’isola a se stessa. Ovviamente,quindi i sogni tramontarono giorno dopo giorno insieme al sole in quello splendido mare, mentre montava invece la marea dell’indignazione: l’isola doveva tornare sotto il controllo del Comune. E il lungo contenzioso è stato interrotto ieri proprio con questo epilogo. A stabilirlo è stata una sentenza della sezione staccata di Scalea del Tribunale di Paola. Dopo 20 anni di contenzioso giudiziario, ad essere annullato, è stato il contratto di compravendita. Soddisfazione per il ritorno alla proprietà del Comune dell'isola è stata espressa dal sindaco di Praia a Mare, Antonio Praticò. Certamente, però, ora il Comune, magari aiutato da altre istituzioni, dovrà dimostrare di essere in grado di vincere anche la partita più difficile, quella laddove gli Agnelli hanno fallito: la partita dello sviluppo. Robert Vignola 10 Giovedì 12 giugno 2014 PIACENZA - FRA LE ACCUSE ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE TARANTO Doping in palestra dieci in manette Scovata un’organizzazione criminale. 65 perquisizioni I carabinieri del Nas di Taranto hanno eseguito dieci misure cautelari e 65 perquisizioni nei confronti di atleti professionisti, semiprofessionisti e dilettanti del mondo del body building . L'operazione, denominata 'Belzebù' ha scovato un'organizzazione criminale dedita all'esercizio abusivo delle professioni sanitarie di medico, farmacista e dietista oltre all'importazione e commercializzazione illecite di medicinali e sostanze a effetto dopante derivanti da importazioni clandestine e da furti in depositi farmaceutici di distribuzione, corrieri e da false ricette mediche. L’indagine è stata coordinata dal pm Milto Stefano De Nozza della procura di Brindisi. Sono in corso perquisizioni e sequestri. Per l’esecuzione dell’operazione, che ha interessato diverse Provincie della Penisola, sono stati impiegati circa 350 Carabinieri dei Nas dell’Italia Meridionale e Centrale e dei Comandi Provinciali dell’Arma di Brindisi, Bari, Taranto, Dall’Italia Maxi truffa alle assicurazioni: venti arresti e settanta indagati Un sistema truffaldino con tanto di “comparse” per simulare sinistri, portando cospicui risarcimenti dai 10 ai 15 mila euro S Lecce, Roma, Napoli, Palermo, Catania, Messina, Parma, Reggio Emilia e Ascoli Piceno. Dalle indagini è emerso che l’organizzazione criminale era articolata su tre livelli: il primo consisteva nel reperimento dei medicinali, il secondo nella loro gestione, il terzo nella distribuzione al dettaglio. I capi d’accusa sono: associazione per delinquere finalizzata alla vendita illegale di farmaci, ricettazione e in alcuni casi anche esercizio abusivo della professione. Le attività investigative sono state avviate nel 2011 e sono andate avanti fino al 2013. Nelle numerose intercettazioni e attività di riscontro è finito anche un body builder morto a 33 anni, a Taranto, C.C. per infarto. ventato un consolidato sistema truffaldino ai danni delle assicurazioni in quel di Piacenza. Un’organizzazione attenta al dettaglio, con tanto di “comparse” che simulavano per strada i sinistri. Cospicui risarcimenti tra i 10 e i 15mila euro, i cui pochi spiccioli andavano nelle tasche degli attori improvvisati, mentre la maggior parte del denaro veniva intascato dai capi dell’organizzazione: avvocati, periti e medici che a Piacenza gestivano, a vari livelli, da almeno quattro anni una radicata attività di truffa alle assicurazioni. Le indagini dirette dal capo procuratore locale Salvatore Cappelleri hanno portato all’esecuzione una ventina di ordinanze di custodia cautelare (metà delle quali in carcere) e a una settantina di indagati. Per cinque arrestati è stata contestata anche il reato l'associazione a delinquere finalizzata alla truffa alle assicurazioni. I dettagli dell’inchiesta sono stati direttamente svelati dalla Procura. Gli inquirenti hanno scoperto che il centro nevralgico del sistema a delinquere era un’agenzia di pratiche infortunistiche in pieno centro piacentino i cui maggiori proventi derivavano dai rimborsi dei finti sinistri: una media di un paio a settimana,questo quanto dedotto dal pm Emilio Pisante che ha coordinato le indagini dei carabinieri della Compagnia di Bobbio (Piacenza). Dalle attività investigative è emerso che il tutto veniva programmato a tavolino compilando delle finte constatazioni amichevoli. In seguito le assicurazioni abbastanza scettiche nel concedere esborsi hanno reso il tutto più complicato per i malfattori che si sono visti costretti ad inscenare “veri” incidenti per strada. Da qui il reclutamento degli “attori”: il testimone, l'investito o l'investitore. Tutta gente che veniva reperita tra gli sbandati e i tossici piacentini, che per trascorrere un pomeriggio al pronto soccorso si intasca- vano mille euro. Inoltre per rendere la messinscena più credibile sul luogo dello pseudo-sinistro venivano fatti intervenire sia i vigili urbani per i rilievi, sia le ambulanze del 118 che portavano il ferito ( che si procurava le lesioni da solo preventivamente) all'ospedale per essere medicato. Il tutto avveniva all’insaputa dei vigili e sanitari, mentre i carabinieri appostati sono riusciti, in qualche caso, a riprendere anche i finti incidenti. Chantal Capasso TRAGEDIA IN PUGLIA DRAMMA A TORINO Scivola mentre cerca di farsi un selfie: morta una 16enne Soffriva di anoressia giovane si suicida Isabella Fracchiolla voleva scattarsi una foto sul lungomare Poi il volo, le condizioni sono risultate subito gravissime Si è lanciata dall'ultimo piazzale di un parcheggio multipiano di Moncalieri alto più di dieci metri È morta a causa di un selfie Isabella Fracchiolla, la sedicenne del rione San Paolo di Bari caduta dal parapetto della Rotonda del Lungomare di Taranto il 6 giugno. Alcuni giorni di agonia e poi ieri la notizia: la 16enne non ce l’ha fatta. Ad ucciderla è stata la nuova moda di fotografarsi col cellulare per poi pubblicare l’immagine sui social network. La ragazza con un gruppo di altre coetanee in gita scolastica a Taranto. Erano sulla rotonda, stavano ammirando la rada di Mar Grande davanti alla città, quando la 16enne desiderosa di fare uno di quegli scatti divenuti ormai una moda - i selfie appunto - ha scavalcato la ringhiera. Dietro di lei il mare. È bastato un momento di distrazione. La 16enne ha perso l’equilibrio, facendo un volo di venti metri davanti allo sguardo impietrito delle amiche. La sua unica colpa è stata quella di voler immortalare quel paesaggio e quel ricordo della gita di classe. Un frammento di felicità, che forse, Isabella Fracchiola, avrebbe condiviso su Facebook o Instagram. La ragazza era stata soccorsa da militari della capitaneria di porto e portata a terra. Gli D operatori del 118 l’avevano intubata e trasportata d’urgenza in ospedale. Già dal suo arrivo i dottori avevano capito subito che ci sarebbe stato poco da fare. Il lungo intervento chirurgico a cui Isabella era stata sottoposta rappresentava l’ultima carta. Non è bastato nemmeno quello. Troppo gravi le lesioni al cranio, al femore e al bacino. Oggi i medici hanno dichiarato concluso il tempo di osservazione per l’accertamento della morte cerebrale. I genitori hanno già autorizzato l’espianto degli organi. Isabella frequentava un corso regionale di formazione grafica a Bari. Un insegnante e una tutor sono stati indagati per omessa vigilanza. Carlotta Bravo ieci metri che l’hanno separata per l’ultima volta dalla morte. Poi l’estremo gesto. Così, lanciandosi nel vuoto, ha posto fine alla sua esistenza, una ragazza di 28 anni. Il tragico fatto si è consumato in un parcheggio multipiano di Moncalieri, in strada a Torino, intorno alle 19.30. Nessun movente apparente, “solo” una male nascosto, difficile da comprendere, chiamato disturbo alimentare. Pochi ancora lo riconoscono e hanno la sensibilità di affrontarlo, altri, preferiscono chiudere gli occhi e lasciare che passi da solo. Ma non sono capricci adolescenziali: il disturbo alimentare è una malattia e va curata. Così forse sentitasi completamente abbandonata dal mondo circostante, unica a combattere contro il “sintomo” ha deciso di farla finita. Un buon lavoro, un’ottima famiglia, una vita appagante: molto spesso non basta. C’è qualcosa di più profondo che ferisce, che consuma la persona portandola a diventare solo automi succubi della malattia. Tutto perde di senso e di valore: l’unico punto fermo sembra essere il calcolo delle calorie, il resto è pronto a svanire, a sfuggire al controllo da un momento all’altro. Gli altri non esistono più, non c’è amor proprio, non è più vita. Il vuoto inghiotte tutto. Questo scenario apocalittico deve essere stata la mano invisibile che ha spinto la ragazzo giù per un volo di dieci metri. Nella borsa abbandonata a fianco del parapetto da cui la ragazza si è lanciata, i carabinieri hanno trovato una lettera d'addio, indirizzata ai genitori: “Scusate, non è colpa vostra”. L’ultima preghiera, nessun senso di colpa. La società chiude gli occhi, ancora F.Ce. una volta. 11 Giovedì 12 giugno 2014 Dall’Italia DOPO L’ARRIVO IN ITALIA PARTONO PER MILANO DA DOVE VOGLIONO SCONFINARE Migliaia di euro a tragitto: ecco gli scafisti su gomma Arrestato nel bergamasco un pluripregiudicato romeno, stava trasportando in Germania dieci siriani in un furgone: per la tratta ha guadagnato 7mila euro E ra la metà di ottobre quando a Rosenheim, in Baviera, la polizia tedesca fermava due tassisti per lo stesso motivo: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono passati diversi mesi ma il fenomeno evidentemente non si è spento. Al contrario pare sia diventato un business su cui puntare, a cui hanno aderito anche gli stranieri. Lo scafista a quattro ruote, arrestato ieri, è un romeno 25 anni, pluripregiudicato e senza fissa dimora. Trasportava, stipati come animali in un furgone, dieci siriani in Germania. Li aveva caricati a Milano, nei pressi della stazione Centrale e, per la “modica” somma di 700 euro a testa li avrebbe portati in Baviera, dove avrebbero potuto chiedere asilo politico. La polstrada ha fermato il furgone lungo l’autostrada nei pressi di Grumello del Monte (Bergamo). Un semplice controllo. Ma nel retro del furgone non cera di certo materiale bensì persone: quando lo hanno aperto, gli agenti della polizia stradale di Seriate hanno trovato 3 donne e 7 uomini, fra loro anche tre bambini di 1, 2 e 13 anni, oltre a un anziano. Secondo gli accertamenti i profughi ap- parterrebbero tutti alla stessa famiglia: sarebbero arrivati a Milano autonomamente e qui, probabilmente indirizzati da qualcuno che li aveva preceduto, si sono rivolti a chi organizza questi viaggi oltre le Alpi. Per lo scafista a quattro ruote sono immediatamente scattate le manette: è finito nel carcere di via Gleno. Prima di lui, il sette maggio, a Clivio (Varese) la guardia di finanza del Gaggiolo, impegnata in un servizio di controllo, verso le quattro del mattino aveva fermato una Kia Carnival, presumibilmente diretta al confine con la Svizzera. All’interno tredici immigrati (in una macchina a sette posti), esseri umani schiacciati sui sedili e persino nel bagagliaio. Alla guida un brasiliano di 34 anni, a sua volta clandestino. Con l’autista, arrestato immediatamente, viaggiavano ben 12 eritrei: dieci uomini, una donna, e un bimbo di appena due anni. Nessun documento, nessuna parola di italiano conosciuta, nessun bagaglio. La situazione in auto era evidente. E l’analisi del gps della Carnival ha svelato il punto di partenza del viaggio: la stazione Centrale di Milano. La stessa stazione che da mesi è al centro di polemiche. Lì, a più ondate, ammassano migliaia di profughi arrivati sulle coste di Sicilia e Puglia, a bordo dei gommoni o delle cosiddette carrette del mare. Immigrati che vedono l’Italia solamente come una terra di passaggio per arrivare in Europa. Così si alimentano le tratte, sia quelle via mare che quelle via terra, e invece di stoppare il business della criminalità che si nasconde dietro ai cosiddetti viaggi della speranza non si fa altro che alimentarlo. Così nel Mediterraneo, come nelle Alpi. Barbara Fruch LA MAREA NON SI ARRESTA, È ALLARME La Sicilia si chiede come fermare Mare Nostrum I gruppi di Forza Italia sull’isola si preparano a una serie di manifestazioni sull’argomento L a Sicilia in ginocchio sotto la marea degli immigrati non intende sopportare in silenzio. L’obiettivo è Mare Nostrum. Come fermarla, soprattutto. Afferma Nunzio Panzarella, di Forza Italia Giovani Palermo: “La situazione è divenuta insostenibile, non solo economicamente (i costi dell'operazione ammontano a oltre 9 milioni di euro al mese), ma anche socialmente. Le politiche comunitarie, totalmente insensibili, e l'ancor più evanescente azione del governo Renzi in politica estera, stanno portando la Sicilia, frontiera dell'Europa (cosa ancora non recepita da molti), al collasso. Che dire, poi, dell'azione del Viminale, presieduto da un siciliano che sembra, adesso, aver abiurato la propria regione? La Sicilia, ormai prossima a un'ecatombe, sembra sprofondare come una moderna Atlantide, guidata da un novello schettino, di nome Crocetta. Di concerto con una decina di “comunità” FI dell'isola, abbiamo deciso che discuteremo ampiamente, tra qualche settimana, di tale fenomeno alla convention di Forza Italia in Puglia, organizzata da Primavera Li- berale, dove saranno protagonisti i giovani forzisti e la classe dirigente azzurra. Inoltre, con determinazione, proveremo a portare avanti questo tema, soprattutto, tra i vertici di San Lorenzo in Lucina, affinché, diventando uno dei nuclei tematici di Forza Italia, possa essere dibattuto a gran voce, anche, in Parlamento”. Per Ylenia Citino, già candidata all’Europarlamento con 13mila preferenze raccolte, “gli sforzi sono oggi sostenuti solo dal Meridione italiano. Quando i 50 mila arrivi dall'inizio di quest'anno si triplicheranno e supereranno i 140 mila migranti della Primavera araba, la crisi non sarà più contenibile. Noi non vogliamo arrivare a questo e quindi chiediamo che venga riformato lo scellerato regolamento di Dublino III, quello che trattiene i migranti sul nostro territorio in attesa degli interminabili tempi della burocrazia del diritto di asilo. Non esiteremo ad utilizzare il diritto di iniziativa legislativa europea per sottoporre all'unica istituzione democratica dell'UE un problema da risolvere col contributo equo di tutti gli Stati R.V. Membri”. 12 Giovedì 12 giugno 2014 Cultura SETTANT’ANNI FA IL BOMBARDAMENTO CHE DISTRUSSE POGGIO MIRTETO E COSTÒ LA VITA A QUINDICI CIVILI L’eccidio britannico attribuito ai tedeschi Cappellari (Comitato Pro 70° anniversario): “Ricordare le vittime senza più speculazioni politiche” di Cristina Di Giorgi L a storia la scrivono i vincitori. Questa frase, di sconosciuta origine ma citata da numerosi grandi del passato, rende perfettamente l’idea di quel che troppo spesso è accaduto quando si è trattato di consegnare alla verità documentale e definitiva periodi tormentati e discussi come la Seconda Guerra mondiale, con tutti i relativi strascichi ideologici. Primo fra tutti l’imperativo dei vincitori, che nel migliore dei casi impone di denigrare e consegnare all’oblio tutto ciò che riguarda i vinti, nel peggiore di attribuire loro colpe che non hanno. Ed è esattamente questo quel che è successo nel caso di Poggio Mirteto, paesino del reatino teatro di una delle purtroppo numerose stragi di civili verificatesi nel corso del secondo conflitto mondiale. Nell’ottica post bellica di furore ideologico “resistenziale”, la vulgata manichea dei vincitori ha attribuito la responsabilità di quell’ennesimo tributo di sangue ad un reparto tedesco in ritirata, che il 10 giugno 1944 avrebbe colpito, con numerosi colpi di mortaio, la piazza principale del piccolo abitato. Secondo tale ricostruzione, i nazisti, per aumentare il potenziale sanguinario dell’eccidio, avrebbero in precedenza diffuso un comunicato che annunciava la distribuzione di cibo, in modo da attirare parecchie persone. Muoiono immediatamente in nove (tra cui tre donne) ed altri sei nei giorni successivi, senza contare i numerosi feriti. Vittime di un atto di guerra come ce ne furono tanti. Vittime che, in quanto tali, meritano il rispetto che solo la verità può dare. Una verità che però non sembra essere quella che il mito dell’antifascismo ha fatto per anni passare per tale: autori dell’eccidio, infatti, non sarebbero stati i tedeschi, ma gli inglesi. “I fascisti e il grosso delle unità tedesche – scrive Claudio Cantelmo in una nota del Comitato Pro 70° anniversario della RSI in provincia di Rieti – avevano già lasciato la zona da alcuni giorni in tutta tranquillità. Quel 10 giugno rimanevano nei paraggi solo alcuni piccoli reparti germanici. Contro queste unità si accanirono l’aviazione anglo-americana e le artiglierie britanniche, intenzionate a radere al suolo qualsiasi cosa fosse d’ostacolo alle truppe in marcia. A tale scopo, prima del loro arrivo, fu compiuta un’ultima azione di ‘bonifica’a suon di mortai”. Un’azione di guerra in piena regola quindi, motivata anche dal fatto che proprio a Poggio Mirteto fino a poco tempo prima era presente un efficiente presidio della Guardia Nazionale Repubblicana. Per evitare problemi, nella paventata ipotesi in cui una parte di tali unità fosse rimasta a presidiare la zona, gli inglesi decisero di farla oggetto, prima dell’arrivo della propria fanteria, di un fitto lancio di mortai. A farne le spese gli abitanti del paese, che al momento del bombardamento si trovavano in piazza per prelevare viveri da un magazzino abbandonato. “L’eccidio – scrive ancora Cantelmo – fu un trauma per tutti coloro che credevano che la guerra e le sofferenze fossero finalmente finite. Una beffa mostruosa, che pregiudicava anche la mitologia della Liberazione”. Si tentò quindi di trasformare quanto avvenne realmente in qualcosa da utilizzare in favore dei liberatori i quali – va comunque precisato - distrussero un paese supponendo soltanto che fosse ancora pieno di militari tedeschi e fascisti. Il loro fu quindi un atto di guerra, alla base del quale però c’è stato, nel UNA PAGINA DIMENTICATA SUL D-DAY: CÉZEMBRE E LA PIOGGIA DI BOMBE E NAPALM migliore dei casi, un grosso errore di valutazione. Che è costato la vita alla gente di Poggio Mirteto. E che è stato artatamente trasformato in un “eccidio nazi-fascista, con tanto di lapide ricordo e manifestazioni di cordoglio”, conclude Cantelmo. Gli fanno eco le parole di Pietro Cappellari, riportate sul nostro giornale in un pezzo dedicato al recente anniversario della strage e ai suoi morti che, oltre a non aver ricevuto ancora giustizia, si sono ritrovati ad essere strumentalizzati e sfruttati a fini biecamente propagandistici: “C’è ancora chi specula parlando di ‘strage tedesca’. Le risultanze storiche e un’analisi indipendente però, pongono seri dubbi su questa etichetta. Volevamo rendere a quelle vittime un omaggio disinteressato e liberarle dalla falsità”. Il silenzio delle istituzioni e della politica ufficiale non lo ha reso possibile. Che almeno le coscienze libere siano in grado di rendere ai quei morti la giustizia che meritano. UN SAGGIO DI FRANCO CARDINI SUL “CONTINENTE LIQUIDO” Mediterraneo: frontiera L’Isola di fuoco e il coraggio di chi la difese che divide o mare che unisce? Le truppe dell’Asse difesero quel lembo d’Europa resistendo a un mese di assedio. E ricevettero l’onore delle armi F L’ Isola di fuoco. Così è stata ribattezzata Cézembre, quel fazzoletto di terra emersa nei pressi di St.Malo su cui, a contrastare lo sbarco degli alleati in Normandia, si è battuta fino all’ultimo anche un’armata di militi della Repubblica Sociale Italiana. Quasi dimenticati dalla storiografia ufficiale sul D-Day, quegli uomini, schierati al fianco dei tedeschi, si erano asserragliati nell’isoletta bunker, che si è conquistata il triste primato di “terra più bombardata della storia”: piovvero infatti, sui difensori di quel lembo di Europa, circa 120mila tonnellate di ordigni. Che non impedirono, durante quell’assedio, ai marinai di Salò ed i camerati tedeschi là schierati, di opporre strenua resistenza. “L’assedio – scrive Gianluca Di Feo sul Corriere – cominciò ai primi di agosto: navi, obici semoventi, bombardieri la bersagliarono senza sosta. Il 17 Saint Malo alza bandiera bianca, ma l’isola resiste ancora”. Per stroncare definitivamente il coraggio dei difensori di quello strategico pezzo di terra di appena 18 ettari di superficie, gli alleati decisero a quel punto di mettere Cézembre sotto assedio e di utilizzare una nuova L’autore: “Specchio d’acqua che spauriva e insieme racchiudeva qualcosa di familiare e rassicurante” terribile arma: il napalm. Dopo che il 28 agosto, alla richiesta di cedere le armi, la guarnigione italo tedesca rispose ancora con l’artiglieria, il generale Patton diede l’ordine di radere al suolo quel che restava dell’Isola di fuoco. E fu l’inferno: “165 bombardieri e decine di cacciabombardieri sganciarono migliaia di ordigni, fra cui tonnellate di bidoni di napalm. Fu talmente alto il calore che si sviluppò sull’isola – scrive lo storico Luca Valente - che essa divenne un deserto inabitabile, tanto che ancora oggi gran parte della superficie è interdetta ai civili. Pare che perfino le canne dei cannoni si fossero piegate”. Il permesso di resa arriva dall’ammiragliato germanico il 1° settembre. Il giorno seguente i sopravvissuti (tra loro una settantina di italiani), uscendo dai bunker sotterranei, si schierarono sulla spiaggia. E ricevettero l’onore delle armi CdG da parte degli americani. ranco Cardini, professore di Storia medievale all’Istituto italiano di Scienze umane di Firenze e autore di successo, ha recentemente dato alle stampe un saggio dedicato alla “culla dei popoli” per eccellenza, il Mare nostrum. “Incontri e scontri mediterranei” (questo il titolo del phamplet uscito nell’aprile 2014 per la Astrolabio edizioni) è un concentrato di informazioni e curiosità che, in poco più di cento pagine, accompagna i lettori in un interessante viaggio. Il Mediterraneo “è davvero un ‘continente liquido’, un luogo di millenari scambi – si legge nella quarta di copertina – o è un mare che al contrario tiene reciprocamente lontane le genti che su di esso si affacciano? E’ il mare dei confronti o il mare degli scontri di civiltà? Partendo da un esame della letteratura specialistica recente, questo libro propone alcune risposte in una direzione destinata per sua natura a rimanere aperta, in un affascinante affresco esteso dalla più remota antichità ai nostri giorni”. Sulla base di una tradizione storiografica tanto complessa quanto interessante, Cardini lega insieme figure di mercanti, pirati, colonizzatori e conquistatori, protagonisti del “grande gioco” mediterraneo che anima porti, stretti e canali tra venti di guerra, valori e simboli antichi, speranze, pericoli, prospettive, confronti, scambi di costumi, di merci e soprattutto di idee. “Storia umana quella del ‘continente liquido’ – scrive Mario Bernardi Guardi su Libero – che separa e al tempo stesso fonde, con tratti inattesi” e quadri storici di “dinamica complessità”. E per quanto riguarda il presente? A proposito dell’oggi, bisogna tener conto del controverso rapporto tra il ‘continente liquido’ e le altre realtà continentali: ora il Pacifico è “ormai al centro della nuova economia globalizzata – scrive Cardini - e i paesi che ne sono protagonisti sembrano guardare al Mediterraneo come ad un mare collegato direttamente con tutti gli oceani del pianeta”. CdG