Anno III - Numero 137 - Giovedì 12 giugno 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Hotel 5 Stelle
Pd nei guai
Finanza
Grillini in Europa:
cara diaria...
Mose ed Expo,
sinistro binomio
Ttip, il nuovo mostro
arriva dagli Usa
Giuffrida a pag. 2
a pag. 3
Castellino a pag. 6
OLTRE OTTANTAMILA ELETTORI HANNO VOTATO LA PARLAMENTARE SENZA BISOGNO DI CHIEDERE PERMESSO AGLI EUROPEI
di Francesco Storace
ra Bruxelles e Strasburgo, le due dispendiose sedi del
Parlamento europeo, gira una brutta voce. Riguarderebbe Alessandra Mussolini, deputata
al Parlamento europeo grazie
ad oltre ottantamila nostri
connazionali residenti nel
Lazio, in Toscana, in Umbria
e nelle Marche, le regioni
della sola Italia centrale. Ottantaduemila italiani che hanno sovranamente scritto Mussolini sulla scheda e che hanno pieno diritto di rappresentanza secondo il voto che
esprimono. E ci mancherebbe altro.
Ebbene, Alessandra è stata
eletta nelle liste di Forza Italia
e anche molti di noi - me
compreso - l’abbiamo sostenuta e votata, in una campagna elettorale che ha condotto con la passione che
tutti le riconoscono e con la
tenacia che le appartiene
caratterialmente.
Proprio in campagna elettorale, il suo partito - Forza
Italia - che è quello che abbiamo sostenuto senza essere iscritti o candidati (anche per le riserve proprio
sul Ppe), ha ribadito di far
parte del Partito popolare
europeo, pur se con una netta volontà di combattere dall’interno una
battaglia politica per far capire ad
Angela Merkel che non è la proprietaria dell’Europa. Quel Ppe che
a noi non piace, ma che vede Forza
T
SENZA VETI
trario nostro... - la potenzialità della candidatura di
Alessandra Mussolini e della
stessa forza trascinatrice del
suo cognome, nessuno di
essi ha fatto sapere di considerarla sgradita, al punto
di inibirle l’ingresso nel partito europeo scelto dal suo
partito italiano.
2) Non può essere qualche
circolo europeo a validare
il voto dei cittadini italiani.
3) Forza Italia deve difendere una parlamentare eletta nelle sue liste.
Sarebbe infatti grave e inquietante che il veto cadesse
sul nome Mussolini. Starebbe a dire che chi fa le liste
del partito di Berlusconi non
è in grado di esercitare il
suo mestiere e debba invece
chiedere il permesso oltreconfine. E siccome non mi
risulta che ci sia stato un
solo dissenso rispetto alla
candidatura di Alessandra
all’interno del suo partito, è
bene che Forza Italia non
se ne stia zitta. Tanto più
che si vocifera anche di contestazioni pronte a Bruxelles
il prossimo 24 giugno.
Ma c’è un’altra ipotesi ancora
più vergognosa. L’eventuale
veto sarebbe stato suggerito
ai vertici del Ppe da qualche
infingardo di casa nostra, e
c’è già chi punta l’indice
contro quelli del Nuovo Centro Destra. Roba da sganassoni.
Spero che le voci rientrino, anche
se non c’è da fidarsi. Ad Alessandra
mi limito a suggerire fermezza. Lo
straniero decida a casa propria.
Voci di manovre nel Ppe a Bruxelles, “suggerite”
dall’Italia, per contestare Alessandra Mussolini
Italia tra i suoi protagonisti, ha al
suo interno varie e diverse posizioni:
basti pensare a quella “sovranista”
di Viktor Orban, premier magiaro.
La voce che circola è che inaspettatamente alcuni vorrebbero ne-
gare ad Alessandra Mussolini il
diritto - garantito invece agli altri
eurodeputati eletti con la stessa
lista - di far parte del Ppe.
Se la notizia è vera sarebbe gravissima. A me del Ppe non frega
"SANGUE SPARSO" DA QUESTA SERA ARRIVA NEI CINEMA
nulla; ma ci sono alcune cose che
vanno dette con grande fermezza.
1) I vertici di quel partito conoscevano benissimo le liste elettorali
del nostro Paese. E ora, a meno
che abbiano sottovalutato - al con-
ERRORI GIUDIZIARI, GOVERNO BATTUTO SULL’EMENDAMENTO PINI, MA IL PD PROMETTE BATTAGLIA
Responsabilità civile:
primo “sì” col giallo
di Federico Colosimo
na vittoria parziale,
non ancora definitiva, ma storica.
Perché se la legge è veramente uguale per tutti,
chi sbaglia deve pagare:
anche i magistrati. Prima grande
sconfitta del governo Renzi, battuto alla Camera sull’emendamento presentato dalla Lega
Nord alla legge comunitaria che
introduce la responsabilità civile
dei giudici. L’esecutivo è andato
sotto di 7 voti ed il testo è
passato con 187 sì e 180 no.
Un successo del centrodestra,
una debacle del Rottamatore,
che vanta nelle sue schiere ex
pm e giudici, magistrati in aspettativa, oggi parlamentari. Dopo
anni di battaglie rimaste lettera
morta, il principio secondo cui
se un togato commette un errore
deve risponderne, si rafforza.
U
NELLE SALE. CON ORGOGLIO
Ceccarelli e Capasso a pagina 4
Il Pd spera nel Senato, ma Forza
Italia difende il colpo grosso:
“E’ stata una vittoria legittima –
l’esultanza di Sisto - il voto segreto è protetto dalla Costituzione”. Un emendamento a firma
di Gianluca Pini, che riscrive l’articolo 26 della legge Comunitaria
sulla responsabilità civile dei magistrati, inasprendone di fatto le
pene. La domanda di “eguaglianza” è disattesa dal lontano
1987, quando a favore della responsabilità civile delle toghe si
espresse l’80% degli elettori.
Ha trionfato il desiderio di giustizia
delle vittime degli errori giudiziari
e il buon senso. E adesso, se
anche il Parlamento approverà, chiamare in causa i magistrati che sbagliano sarà meno complicato. Una norma che
si applicherebbe solo in
caso di dolo (o colpa
grave) e di manifesta
violazione del diritto. Necessaria
per rendere davvero indipendente
il giudice e terzo il togato che
valuta i casi.
Una legge che potrà servire
anche ad eliminare il cosiddetto
“fumus persecutionis”, e rendere
giustizia (almeno in parte) ad
innocenti che finiscono alla sbarra, salvo poi essere assolti dopo
10 anni con un foglio di carta
(la sentenza) che sa tanto di
“contentino”. I detrattori della
responsabilità diretta, che hanno
opposto a una legge giusta (che
toglie l’immunità ai magistrati)
risibili questioni sull’indipendenza
dei magistrati, sono serviti.
2
Giovedì 12 giugno 2014
Attualità
SVINCOLATI DALL’OBBLIGO, I NEO ELETTI A BRUXELLES NON MOLLANO INDENNITÀ E DIARIA. E ADDIO RESTITUTION DAY
In Europa i grillini tengono stretti i portafogli
SINDACO DI PARMA VERSO L’ADDIO
di Giuseppe Giuffrida
noto: della restituzione della
diaria, il Movimento Cinque
Stelle ne ha fatto la propria bandiera. L’unica, a dire il vero.
Ogni qual volta un deputato
penta stellato si trova in difficoltà, incalzato
dalle domande del giornalista di turno
che gli chiede i risultati prodotti dal movimento in termini di provvedimenti, ecco
che la restituzione della diaria diventa
l’arma per uscire dall’angolino; un piatto
pronto per ogni evenienza.
Sta di fatto, però, che i colleghi a Cinque
Stelle appena trasferitesi a Bruxelles, non
la pensano allo stesso modo. Dei 17 grillini
in trasferta al Parlamento europeo, infatti,
solo 5 sono disposti a rinunciare alla diaria.
Come dire, lontano dagli occhi lontano
dal portafogli. Che la faccenda prendesse
questa piega, lo aveva previsto un iscritto
al movimento, Giuseppe Centrone, che
già lo scorso aprile puntava l’indice contro
molti partecipanti alle europarlamentarie
per niente disposti a rinunciare ai piccioli.
“Troppi candidati fanno finta di dimenticarsi
la rinuncia alla diaria, non votateli!”, aveva
dichiarato Centrone. Tant’è.
Sia chiaro: la restituzione della diaria non
è un obbligo né in Europa né in Italia, e
ogni parlamentare, di conseguenza, in tal
senso è libero di agire come meglio
ritiene. Tuttavia, è chiaro come nei confronti
degli eletti oltralpe, il Movimento di Grillo
sia meno intransigente. Per averne un’idea
Pizzarotti linciato
dal ‘cerchio magico’
È
uovo attacco nei confronti di Federico Pizzarotti, il
sindaco grillino di Parma oramai ad un passo dalla
fuoriuscita dal Movimento, per fondarne uno tutto
suo e di fatto spaccare i 5 stelle. Pizzarotti ieri è finito
nel mirino di Massimo Bugani, consigliere comunale di
Bologna, ma soprattutto fedelissimo di Grillo: “Pizzarotti
non ha mantenuto le promesse. Non mi piace chi fa il
furbo”, ha scritto Bugani sul blog del comico genovese.
Il post però non ha raccolto i soliti, entusiasti e telecomandati commenti degli altri fedelissimi di Grillo.
Moltissimi infatti si sono detti d’accordo con il sindaco
di Parma e lo stesso Pizzarotti poi ha replicato in questo
modo: ”Da due anni in prima fila per la mia splendida
città. Un lavoro che non concede più vita privata, amici e
notti serene. Lo si fa per qualcosa di molto più grande.
Alcuni versano fiumi di bile e cattiverie. Io la rivoluzione
la faccio col sorriso”.
Ma i nervi scoperti dei grillini fedelissimi al capo trasudano
dalle altre parole di Bugani: “Sentire poi che oggi, in risposta alla domanda ‘lei sarà il leader dei fuoriusciti?’,
invece che dire ‘no, non ci penso nemmeno’, è stato
detto ‘ho già molti impegni e il prossimo anno sarò
anche presidente della Provincia” è roba da fare accapponare la pelle, almeno la mia. Solo chi ama essere ambiguo, non riesce mai ad essere chiaro”.
La rottura, insomma, è sempre più evidente e nel ‘cerchio
magico’ di Grillo e Casaleggio non può non far paura un
personaggio come Pizzarotti, capace di raccogliere consensi e simpatie.
Ig. Tr.
N
dei due pesi e due misure, basterebbe
leggere le “Considerazioni aggiuntive per
le elezioni europee” comparse sul blog
dell’ex comico lo scorso aprile, in cui
veniva specificato: “Ogni candidato potrà
liberamente decidere se destinare la sua
diaria a un fondo sociale che sarà scelto
dal portavoce degli eletti al Parlamento
europeo (chi dovesse optare per questa
scelta è pregato di inserirla nella propria
presentazione)”. Nello specifico, si tratterebbe di restituire l’indennità di soggiorno,
pari a 304 euro per ogni giorno di presenza
all’Europarlamento.
Ecco che all’appello dei “volenterosi”
mancano quasi tutti. A parte Massimo Cataldo, Dario Tamburrano, Rosa D’Amato,
Ignazio Corrao e Marco Valli, tutti gli altri
si sono dati alla macchia. Appare difficile,
con questi numeri, celebrare la farsa del
“Restitution day”, con tanto di assegno
formato gigante e i volti fintamente sorridenti dei parlamentari. Dunque un autogol
per Beppe Grillo, che adesso dovrà inventarsi qualcosa di nuovo affinché la
stampa si occupi dei suoi parlamentari
europei; con buona pace della libertà e…
del portafogli.
IL PONTEFICE: “NESSUNO PORTERÀ NELL’ALDILÀ LE RICCHEZZE ACCUMULATE IN VITA”
Anatema di Bergoglio contro i corrotti
Il Papa è tornato in pubblico dopo due giorni di ‘indisposizione’ non meglio chiarita
di Igor Traboni
apa Bergoglio ha lanciato ieri un vero e proprio anatema nei
confronti dei corrotti, estendendo poi l’accusa ai trafficanti
di armi e di schiavi e agli sfruttatori di bambini. Nel corso
dell’udienza generale del mercoledì, il pontefice ha anche invocato
l'inferno per chi pensa sia possibile portarsi nell'aldila' le ricchezze
accumulate in vita.
"Il timore di Dio è anche un allarme di fronte alla pertinacia del
peccato: nessuno porta con se' dall'altra parte soldi, potere,
vanita' e orgoglio. Penso alle persone che hanno responsabilita'
sugli altri e si lasciano corrompere; penso a coloro che vivono
P
della tratta delle persone e del lavoro schiavo, penso ai fabbricanti
di armi che sono mercanti di morte. Ce ne sono qui? No. Nessuno,
nessuno di questi e' qui, non vengono a sentire la parola di Dio"
ha aggiunto papa Francesco, che poi è tornato a sottolineare: "Un
giorno tutto finisce e nessuno puo' portarsi dall'altra parte il
frutto della sua corruzione. "Che il timore di Dio - ha invocato
Francesco ad alta voce - faccia loro comprendere che un giorno
tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio. Quando una
persona vive nel male, quando bestemmia contro Dio, quando
sfrutta gli altri, quando li tiranneggia, quando vive soltanto per i
soldi, la vanita', il potere, l'orgoglio, allora il santo timore di Dio ci
mette in allerta: attenzione! Cosi' non sarai felice".
Papa Francesco ha quindi mostrato, ai presenti e alla tv della
diretta dell’udienza, un piccolo cartello con lo slogan: "Tutti insieme
contro il lavoro minorile". "Decine di milioni di bambini sono
costretti a lavorare in condizioni degradanti, esposti a schiavitu'
abusi, maltrattamenti e discriminazione", ha denunciato ricordando
che domani si celebra la Giornata contro il lavoro minorile. Auspico
vivamente che la comunita' internazionale possa estendere la protezione sociale dei minori per debellare questa piaga. Rinnoviamo
tutti il nostro impegno, in particolare le famiglie, per garantire ad
ogni bambino e bambina la salvaguardia della sua dignita' e la
possibilita' di una crescita sana". "Una fanciullezza serena permette
ai bambini di guardare con fiducia alla vita e al futuro", ha concluso
Bergoglio.
L’udienza di ieri arriva dopo due giorni in cui il Papa aveva di
molto rallentato la sua attività pubblica, a causa di una non meglio
precisata ‘indisposizione’,un particolare che ha ridato la stura a
voci su condizioni di salute non proprio ottimali del pontefice, ieri
apparso comunque in discreta forma.
PUNTO E A CAPO – IL PICCOLO GRANDE INSEGNAMENTO DEI BALLOTTAGGI
Nominati e cortigiani non servono più
di Biagio Cacciola
ome più volte avevamo sostenuto i populismi si nutrono del,
e nel legame diretto tra masse
e leader. Quando questo viene meno
scema anche il consenso. Lo abbiamo visto al ballottaggio delle
amministrative. L’effetto Renzi non
c’è stato.
Laddove il pd era in netto vantaggio
al primo turno ha vinto, ma dove
c’era da convincere settori di voto
indecisi o che, magari alle europee
avevano votato Renzi, ‘la macchina
da guerra’ di Renzi e company non
ha funzionato. Clamorosi i casi di
Livorno, Potenza, Foggia, Padova.
Nella città tirrenica ha vinto il candidato 5 stelle, che ha coagulato
consensi da tutte le parti. Oltre naturalmente a chi dal centrodestra
C
voleva dare uno schiaffo alla storia
comunista di quella città, c’è stato
il voto dell’ala sinistra dei democratici. Di quell’area che aveva dovuto mandare giù alle europee il
boccone amaro della vittoria di
Renzi, considerato dal nocciolo duro
dell’ex pds, un ‘prodotto’ del berlusconismo. Senza il link diretto tra
Renzi e l’elettore, dunque, tutto è
possibile. Infatti il centrodestra ne
ha approfittato, proprio in quelle
zone che avevano avuto gestioni di
centrosinistra. A Padova, nel Veneto,
un leghista intelligente come Bitonci,
ha convogliato sulla sua persona
una buona fetta d’elettorato che
alle europee aveva votato per Renzi.
Per non parlare di Perugia dove un
volto nuovo e preparato, Andrea
Romizi, ha conquistato una città da
sempre governata dal centrosinistra.
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Amici del Giornale d’Italia
Romizi ha coagulato tutto il centrodestra dietro di se. Che lo ha seguito
perché ha individuato nel professionista umbro, nel suo piccolo, un
politico che sa parlare alla gente
preferendola alla macchina obsoleta
dei partiti.
Così a Potenza, dove Dino De
Luca,candidato da popolari per l’Italia, ha vinto a furor di popolo, visto
che dovrà governare con l’anatra
zoppa, cioè un consiglio comunale
a maggioranza di centrosinistra.
Questo significa, per tutto il centrodestra, che senza persone che escono dalla selezione della ‘polis ‘, non
si va da nessuna parte. I nominati e
i cortigiani possono anche far sentire
meno solo il ‘capo’ , ma sono proprio
loro a distruggerlo.
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n° 286 del 19-10-2012
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Giovedì 12 giugno 2014
Attualità
DAGLI INTERROGATORI EMERGONO ANCHE COLLEGAMENTI CON L’INCHIESTA MILANESE SULL’EXPO
Il Mose scuote la sinistra
Dopo le dichiarazioni di Pravatà, Enrico Letta si difende su twitter: “Leggo falsità sul mio conto”
di Giuseppe Giuffrida
ia chiaro: nessuno dei citati
è indagato, tuttavia, i nomi
di cui si parla in seguito
alle dichiarazioni rese ai
magistrati dai principali protagonisti della vicenda giudiziaria,
imbarazzano e non poco la sinistra
italiana. A scuotere il Partito Democratico sono, in particolare, le
dichiarazioni di Giovanni Mazzacurati, per lungo tempo presidente
del Consorzio Venezia Nuova, il
gruppo composto da grandi imprese di costruzioni cui sono affidati
la costruzione del MOSE e tutti gli
altri interventi necessari per tutelare
la città dal problema ricorrente
S
dell’acqua alta, e di Roberto Pravatà,
ex vicedirettore generale del Consorzio Venezia Nuova, nonché colui
che avrebbe tenuto i conti in una
sorta di diario, secretato dai magistrati, del presunto sistema di tangenti. Tra i tanti nomi citati nelle dichiarazioni ancora da verificare,
ecco che troviamo anche l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta,
e l’ex sindaco della città lagunare
Massimo Cacciari.
A tirare in ballo l’ex premier sarebbe stato Roberto Pravatà, che a
luglio 2013 riferì ai magistrati di
avere ricevuto da Mazzacurati la
richiesta di partecipare tramite il
Consorzio alle “spese elettorali
dell’onorevole Enrico Letta, che si
candidava per un turno elettorale
attorno al 2007”. Si parlò di attivare
un finanziamento intorno ai 150mila
euro, da ottenere tramite l’assegnazione di un incarico fittizio
legato all’arsenale di Venezia. La
reazione dell’ex premier non si fa
attendere, e arriva tramite twitter:
“Leggo falsità sul mio conto legate
al #Mose. Smentisco con sdegno
e nel modo più categorico. Non
lascerò che mi si infanghi così!”.
Fanno discutere anche le dichiarazioni fatte da Giovanni Mazzacurati,
che ha sostenuto di avere avuto
contatti anche con l’ex sindaco di
Venezia Massimo Cacciari: “Mentre
era sindaco mi ha chiesto di aiutare
un’impresa che si chiamava Mari-
nese. Cacciari mi ha chiesto una
sponsorizzazione di 300mila euro
per la squadra di calcio, però, insomma, una roba così”. Dal canto
suo, l’ex sindaco ha dichiarato di
avere avuto contatti con Mazzacurati
decine di volte, durante le quali ha
chiesto “molto spesso interventi e
non favori” al Consorzio, per aiutare
“imprese in difficoltà ed evitare licenziamenti”. “Non l’ho fatto due,
tre o quattro volte –ha dichiarato
l’ex sindaco-, ma decine di volte al
giorno e per cose che ritenevo
utili per la città”.
Intanto, emerge anche un collegamento tra l’inchiesta sul Mose e
quella milanese sull’Expo 2015. A
fare da collegamento, sarebbe un
rappresentante della cordata Mantovani (coinvolta nelle tangenti a
Venezia) che, secondo l’accusa,
nel luglio 2012 fece visita ad Antonio
Rognoni (gran capo di Infrastrutture
Lombarde), cinque giorni prima
che la gara per le infrastrutture di
Expo venisse vinta proprio dal
gruppo di Sebastiano Baita, con
un clamoroso ribasso del 41,80%.
A spiegare il legame tra la Mantovani e Infrastrutture Lombarde, è
stato lo stesso presidente della società Piergiogio Baita: l’ingresso
nella propria cordata della società
romano Socostramo del costruttore
Erasmo Cinque. Proprio quest’ultimo, infatti, avrebbe favorito i “rapporti amichevoli” tra i dirigenti
della Mantovani e Rognoni.
‘Appaltopoli’:
Paris collabora
e va ai domiciliari
l gip di Milano Fabio Antezza ha concesso
gli arresti domiciliari all’ex manager di
Expo, Angelo Paris, arrestato l’8 maggio
nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta
“cupola degli appalti” in Lombardia. Secondo il giudice, l’ex manager “ha iniziato
un percorso di rivisitazione della propria
condotta” alla luce delle dichiarazioni rese
durante i suoi interrogatori.
L’ex manager di Expo Angelo Paris, si
legge nell’ordinanza, “risulta idoneo a garantire le esigenze cautelari” degli arresti
domiciliari “anche grazie all’intrapreso percorso di rivisitazione del proprio operato,
l’attivazione dei necessari freni inibitori rispetto alla consumazione di ulteriori reati,
anche della stessa specie ed indole di quelli
per i quali si procede, oltre che in merito a
condotte pregiudizievoli per le indagini”.
Insomma, Paris sta collaborando con gli
inquirenti ed è probabile che le confessioni
dell’esponente socialista portino a nuovi
sviluppi dell’inchiesta.
Il gip ha invece rigettato la richiesta di
arresti domiciliari presentata dai legali
di Enrico Maltauro. L’imprenditore vicentino resta quindi nel carcere milanese
di Opera, anche perché, secondo il gip
non sarebbero stati indicati eventuali familiari in grado di provvedere alle sue
necessità domestiche.
I
INDAGATI PER RIVELAZIONI DI SEGRETO D’UFFICIO 3 MAGISTRATI. SONO LORO LE TALPE CHE INFORMAVANO BERNESCHI?
L’APP STIMATA 18 MILIARDI DI DOLLARI
La bufera Carige si abbatte sulle toghe
Uber, i tassisti d’Europa
si fermano per protesta
di Marcello Calvo
di Giorgio Musumeci
a resa di un impero, la caduta dei
“potenti”. Terremoto Carige, indagati
3 giudici.
“Rivelazione di segreti d’ufficio”. Avvisi
di garanzia per l’ex procuratore reggente
(oggi vice) di La Spezia Maurizio Caporuscio, per Pasqualina Fortunato (magistrato
del lavoro) e per il capo dei pm savonesi
Francantonio Granero.
La procura di Torino, competente sui togati
del capoluogo ligure, ha serrato le fila.
Forse non si trattava di millanterie, probabilmente il potente della Lanterna dirigeva
veramente un comitato d’affari che poteva
avvalersi della compiacenza di professionisti
e inquirenti.
E’ un’inchiesta sconvolgente quella su Carige, che rischia di travolgere due procure
di grido della Liguria e che potrebbe
presto abbattersi anche su quella di Genova…
Nel mirino finisce in primis Caporuscio. Un
colloquio telefonico tra l’avvocato spezzino
Andrea Baldini (già componente Cda di Carige e marito della Fortunato) e l’ex padre
padrone dell’istituto di credito ligure, rivelerebbe proprio come l’alto magistrato fece
in modo che fosse fornita al potente banchiere
la copia di una denuncia riservata. Una querela che l’imprenditore Gianfranco Poli sporse
proprio contro il ras di Carige per truffa.
Pratica che si concluderà poi con un’archiviazione, grazie - sostengono gli inquirenti anche all’interessamento della Fortunato, che
in un’intercettazione telefonica spiega di non
essere riuscita a convincere una segretaria
ad ottenere informazioni, indirizzando il
L
er tutta la giornata di
ieri, i tassisti di Roma,
Milano, Napoli, Stoccolma, Parigi, Berlino, Barcellona, Londra e Bruxelles,
si sono fermati per protestare contro l’abusivismo.
Bersaglio unico, l’applicazione sempre più diffusa
“Uber”, che consente ai
clienti di connettersi, attraverso uno smartphone,
direttamente con il servizio
di Ncc, che possono prelevare passeggeri solo con
precedente prenotazione.
Un servizio, questo, considerato dai tassisti di mezza Europa “illegale”. Per
questo, hanno deciso di
far sentire la propria voce
lasciando le auto di servizio
parcheggiate.
Si quantifica che a Londra,
la protesta di ieri, con gli
storici black cab fermi a
Trafalgar Square, è costata
all’economia inglese 125
milioni di sterline, oltre alla
perdita da parte degli autisti
dei minicab di 2,4 milioni
di sterline. Tuttavia, lo stop
dei tassisti è finito per favorire lo stesso Uber, che
in tutte le città dove si è
scioperato, ha raccolto la
P
marito da Caporuscio: “Vacci a parlare direttamente”. Un incontro che sarebbe avvenuto pochi giorni dopo, come testimoniato
da una telefonata captata dagli inquirenti tra
l’avvocato e Berneschi: “Sono andato da lui
e gli ho spiegato che ero lì per un amico carissimo. ‘Vediamo subito, mi ha risposto. Ha
aperto il computer e mi ha fatto vedere la
querela, solo a me, perché sono io…’”.
Sotto inchiesta anche Granero, ma la sua
posizione potrebbe presto essere archiviata.
Berneschi, discutendo al cellulare con il manager di Carige Antonio Cipollina, di un interrogatorio che avrebbe dovuto sostenere
a Savona (dove è indagato per la bancarotta
del costruttore Andrea Nucera), afferma che
il procuratore capo gli avrebbe suggerito di
non rispondere. E ribadisce di aver parlato
con lui del figlio Luigi, membro del Cda di
Carisa (controllata della Carige) ed esponente
di spicco delle cooperative rosse.
“Tutto falso, sporgerò querela”, rilanciava
Granero. Bocche cucite da parte della Procura
di Torino, ma fonti giudiziarie sostengono
che fra gli inquirenti si è fatta largo l’ipotesi
che le frasi sul suo conto fossero state pronunciate da Berneschi “per comprometterlo
in una fase embrionale degli accertamenti”.
In Piemonte sono finiti pure gli atti che chiamano in causa Vincenzo Scolastico, vice del
Procuratore capo della Repubblica di Genova
Michele Di Lecce. Il suo nome non viene
mai citato direttamente e infatti il magistrato
non è indagato.
E’ un’inchiesta imbarazzante, quella su Carige,
che mina la credibilità di due importantissime
procure liguri. Il Csm non commenta, ma
presto potrebbe prendere provvedimenti.
Caporuscio rischia quantomeno una sospensione, Granero, probabilmente, le scuse.
Ma l’indagine si allarga ad altri capitoli. Berneschi non ha più nulla da perdere, la sua
posizione ormai è compromessa. Ed è per
tutti questi motivi che vuole rovesciare il
vaso di Pandora. Nel secondo interrogatorio
– secretato – il potente avrebbe rivelato dettagli, retroscena e segreti di un elenco quasi
infinito di politici, amministratori, imprenditori
e manager presumibilmente coinvolti.
E adesso sono in tanti a rischiare…
sfida offrendo anche ai clienti uno sconto del 20% sulle
tariffe.
In tal senso, si sono organizzati di conseguenza i tassisti di Roma, che anziché
lasciare le auto parcheggiate, hanno deciso di lavorare ma senza alcun vincolo di turno. “Uno sciopero
alla rovescia - ha spiegato
il tassista Marco Morana perché abbiamo capito che
se non lavoriamo facciamo
gli interessi dei nostri concorrenti, gli Ncc e gli abusivi.
Dunque adottiamo anche
noi il sistema degli abusivi:
lavoriamo senza regole, per
tutto il tempo che vogliamo,
turni liberi”.
Differente la scelta dei tassisti
di Milano e Napoli, che hanno deciso infatti di restare
con le braccia incrociate.
Nel capoluogo campano, in
150 hanno sfilato per il centro della città, durante il
quale non sono mancati
momenti di tensione contro
i taxi che non hanno aderito
alla protesta.
Dal canto suo, l’applicazione inventata in California
continua a prendere piede
arrivando ad essere valutata ben 18,2 miliardi di
dollari.
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Giovedì 12 giugno 2014
Focus
UN PARTERRE D’ECCEZIONE PER L’ANTEPRIMA DEL FILM DI EMMA MORICONI
Sangue Sparso, sulla memoria dell’Italia
Molte le personalità presenti all’appuntamento al cinema Barberini
di Francesca Ceccarelli
E
alla fine il tempo del debutto ufficiale arrivò: un
anteprima privata al multisala cinema Barberini
per il film Sangue Sparso, opera prima di Emma
Moriconi. Nella calda serata romana un evento
unico ha contribuito a ridare respiro a una parte
di storia caduta nell’oblio, quella della strage di Acca Larentia
e degli anni di piombo.
La sala 1 del Barberini, la più grande, gremita di spettatori
chiamati a visionare un film che vuole rendere onore non solo
ai caduti i destra, ma anche a tutte quelle innocenti vite che
sono state spezzate fagli impeti di violenza scoppiati nella
Capitale a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Per l’occasione molti i
personaggi di lustro presenti: dall’onorevole Francesco Storace
a Roberto Buonasorte, da Giorgia Meloni a Maurizio Gasparri,
da Ignazio La Russa a Luca Marcotti, ex dirigente della sezione
Trieste- Salario. In sala anche Daniela Santanchè e Alessandro
Sallusti, Gianni Alemanno, Gianni Buontempo, figlio del compianto Teodoro, Marcello e Germana De Angelis.
Oltre allo straordinario cast di attori non professionisti,
numerosi i rappresentanti della stampa nazionale ed estera,
come testate straniere con sede in Italia, rimaste incuriosite
dall’uscita di un docufilm su anni così contorti per il Paese.
Uno scroscio di applausi e un’atmosfera di commozione
sono scattati alla visione di anteprima: una conferma che
quella della strage di Acca Larentia e degli anni che seguirono
sono ancora una ferita aperta nella memoria degli italiani,
sia di destra che di sinistra.
Oggi il grande debutto
al cinema Lux
n uomo passeggia per le
vie adiacenti ad Acca Larentia, nel quartiere romano del Tuscolano. Riflette e
ricorda gli eventi drammatici
che ha vissuto durante la sua
giovinezza, quando militava nel
Fronte della Gioventù, inizia
così il film “Sangue sparso”
che racconta i tragici eventi di
Acca Larentia.
Uun docu-film che espone fatti
di cronaca che costituiscono
un pezzo della storia del nostro
Paese: in “Sangue Sparso” gli
anni di piombo sono visti con
gli occhi di un “sopravvissuto”,
raccontati da chi li ha vissuti e
sofferti in prima persona, da
chi ha perso i propri amici durante una guerra assurda, inutile, senza senso. “Sangue Sparso” non si propone di raccontare i fatti più eclatanti di quegli
anni. La pellicola vuole raccon-
U
tare le storie “dimenticate”, i
destini di tutte quelle famiglie
e di quelle comunità che ancora
oggi subiscono il dolore per le
perdite subite, le cui ferite sono
ancora aperte, ma di cui la tv e
le grandi testate giornalistiche
hanno cessato di parlare tanto
tempo fa. Opera prima della
regista Emma Moriconi, distribuito da Flavia Entertainment
in uscita oggi nelle Sale del Cinema Lux Multiscreen, via Massaciuccoli, 31, nel quartiere
Trieste-Salario dove è ambientato parte del film. Verrà proiettato anche nelle seguenti
sale: il Fulgor a Firenze; l’Alkestis
a Cagliari; al Mancini di Monterotondo (Roma); allo Splendor
di Massa. Ma è solo l’inizio: di
settimana in settimana terremo
informati i lettori sulla programmazione.
Chantal Capasso
Foto di Adriano Lazzarini
5
Giovedì 12 giugno 2014
Storia
L’ASSASSINIO PREORDINATO DI UN UOMO CORAGGIOSO, UN ALTRO EROE DIMENTICATO DALLA STORIA DI QUESTA ITALIA SENZA MEMORIA
Aldo Resega, “necessità di dolore”/1
“La tragedia dell’Italia vorrà forse il mio sangue? Io l’offro con l’impeto della mia fede.
Lasciate che sgorghi senza equivalente, senza rappresaglie e senza vendetta”
di Emma Moriconi
Se dovessi cadere lasciate
che il mio sacrificio, come
quello di tanti altri Martiri,
rappresenti semplicemente il pegno della nostra rinascita. La tragedia dell’Italia vorrà
forse il mio sangue? Io l’offro con
l’impeto della mia fede. Lasciate
che sgorghi senza equivalente, senza
rappresaglie e senza vendetta. Così
soltanto sarà caro e fecondo per la
mia patria: dono e non danno, atto
d’amore e non fomite d’odio, necessità di dolore e non veicolo di
disunione maggiore”.
È il testamento spirituale di Aldo
Resega, un altro eroe dimenticato
della nostra storia. Ufficiale di fanteria
degli Arditi, fascista, comandante
di una compagnia di Arditi della divisione Tevere in Etiopia, in prima
linea nel corso della seconda guerra
mondiale sul fronte greco – albanese, in Croazia, in Dalmazia e sul
fronte occidentale. Invalido di guerra,
cinque volte decorato, federale della
sezione milanese del Partito Fascista
Repubblicano dopo il tradimento
dell’8 settembre. Il 18 dicembre
1943, Resega viene ucciso da un
comando dei Gruppo di Azione Patriottica. A lui fu intitolata una Brigata
Nera. Aldo Resega è un uomo pacifico, non permette mai che si at-
“
tuino rappresaglie, non
vuole rendere il clima
ancora più incandescente. Ecco perché su di lui
arriva una condanna a
morte inappellabile.
Quando esce dalla sua
casa, alla mattina di quel
18 dicembre, per prendere il tram, i gappisti
eseguono una sentenza
mai emessa da nessun
tribunale.
«La mattina del 17 dicembre 1943, secondo
gli ordini ricevuti, ci siamo recati sul posto – dice
su L’Unità del 25 aprile
uno dei due gappisti che
ha partecipato alla missione - Due di noi hanno preso il
tram, altri due la bicicletta. Con loro
c'era la ragazza che doveva indicarci
l'uomo. Anche lei era in bicicletta.
A una fermata del tram l'abbiamo
vista, ferma con i nostri due compagni; lei non poteva vedere noi.
C'era molta nebbia e faceva molto
freddo. Ma quella mattina lui non è
comparso. Lo abbiamo aspettato
fino alle 9, come ci era stato ordinato,
poi ce ne siamo andati. Noi non sapevamo ancora di chi si trattasse,
sapevamo solo che era un'azione
molto importante. La mattina dopo
siamo ritornati sul posto, io e "Bar-
bison" in tram, gli altri due in bicicletta con la ragazza. Siamo scesi
dal tram a Porta Vittoria – continua
il racconto - e alle 7,30 eravamo sul
posto. L'uomo doveva uscire da un
portone di via Bronzetti per andare
a prendere il tram. Davanti al portone
la ragazza e il nostro comandante
si sono messi a chiacchierare: quando l'uomo usciva, dovevano fare
come se si salutassero, e dividersi.
Io e "Barbison" ci mettemmo dietro
l'edicola che c'è di faccia al Verziere:
lui doveva attraversare la strada davanti a noi. Il quarto compagno
stava sull'angolo di corso XXII Marzo,
di copertura. lo e "Barbison" abbiamo comperato
anche un giornale. lo ho
comprato il Corriere, però
non leggevo: primo perché
guardavo il portone, secondo perché non avrei
visto nemmeno i titoli più
grossi. Pensavo solo all'azione che dovevamo
fare. A poca distanza da
noi era fermo un tipo. Io e
" Barbison" abbiamo avuto
lo stesso pensiero: che fosse un poliziotto in borghese. Il comandante e il compagno di copertura avevano lasciato le loro biciclette vicino all'edicola, appoggiate al marciapiede
col pedale; dovevano servire a me
e a " Barbison " per la ritirata. Siamo
rimasti molto tempo ad aspettare.
Alle 8,25 un signore è uscito dal
portone. La ragazza ha dato la mano
al compagno, che si è tolto il cappello: abbiamo capito che era lui.
Mi sono sentito come scattare sull'attenti. Sempre con il giornale in
mano ci siamo staccati dall'edicola."
Barbison" aveva la rivoltella sotto il
giornale, io ce l'avevo in tasca. Il signore si stava infilando i guanti attraversando la strada. Noi siamo
scesi dal marciapiede e in pochi
passi gli abbiamo tagliato la strada,
ci siamo posti uno alla sua destra e
l’altro alla sua sinistra. Aveva finito
di infilare un guanto e cominciava a
infilare l’altro, quando è giunto sull’angolo del corso. Noi eravamo a
un passo da lui. Abbiamo sparato
quattro colpi ciascuno; è caduto con
le mani in avanti. Un attimo prima
di sparare ho dato ancora un’occhiata al tipo che mi era sembrato
un poliziotto, ma non si era mosso
di un passo. Con due salti siamo
stati in sella. La giornalaia ha poi
detto che avevamo rubato due biciclette per scappare. Abbiamo pedalato in fretta per un mezzo chilometro. Poi non ce n'era più bisogno,
però non abbiamo rallentato molto.
Poco dopo le nove eravamo a casa
del comandante. Lui e l'altro compagno di copertura erano rimasti
qualche minuto a vedere come si
mettevano le cose, ma non avevano
certo aspettato che arrivasse la polizia. Alle dieci abbiamo saputo il
nome del fascista ucciso: era Aldo
Resega, il federale dei repubblichini
di Milano. Allora ci siamo abbracciati
quasi piangendo. L'azione era andata
perfettamente».
Questo lungo resoconto, necessario
per l’esatta comprensione dei fatti,
chiarisce che stiamo parlando di
un bieco, vergognoso assassinio.
(…continua…)
[email protected]
FLAVIA ENTERTAINMENT PRESENTA un film di emma moriconi
film ammesso a
UN FILM PER LA PACE
A FILM FOR PEACE
festival 2014
Film di interesse culturale
patrocinato da
con il patrocinio gratuito della
al cinema dal 12 giugno
6
Giovedì 12 giugno 2014
Esteri
NON SOLO ERF E FISCAL COMPACT: NUOVI MOSTRI SI MUOVONO ALL’ORIZZONTE DEL VECCHIO CONTINENTE
Ttip: arriva la “Nato finanziaria”
Il trattato di libero scambio tra economia statunitense ed europea va avanti a fari spenti:
giornalisti e opinioni pubbliche tenute all’oscuro di un accordo pieno di rischi per la sovranità
di Giuliano Castellino
l TTIP non è questione di discussione solo da parte da
sovranisti o da oppositori
della globalizzazione, ma trova forte critiche addirittura
negli States e in giro per il mondo.
"Se la trasparenza conducesse ad
una diffusa opposizione pubblica
nei confronti di un accordo commerciale, allora tale accordo non
dovrebbe essere la politica degli
Stati Uniti.”
Questa la posizione di Elizabeth Warren, senatrice democratica dello stato
del Massachusetts, che in una lettera
indirizzata a Michael Froman, "l’uomo
di Obama” alla guida del US Trade
Representative’s office, esprime così
la propria perplessità su uno degli
accordi commerciali più grandi, e
meno noti al pubblico, ad oggi in via
di realizzazione: il TTIP.
Il trattato di libero scambio stipulato
tra Stati Uniti ed Unione Europea,
che prevede la creazione di una
“free zone” di merci e servizi, non
solo attraverso la rimozione dei dazi
doganali, ma anche tramite il supe-
I
ramento delle cosiddette “barriere
non tariffarie”, ossia delle divergenze
strutturali caratterizzanti le normative
vigenti sulle due sponde dell’Atlantico, lascia poco convinta la senatrice
americana.
L’accordo prevedrà, in sostanza,
un'intesa per interi settori economici,
dalla sicurezza e la sanità, ai servizi
pubblici, l’agricoltura, l’energia e
le materie prime. Una sorta di NATO
economica.
Secondo il Centre for Economic Policy Research (CEPR), un centro
studi indipendente con base a Londra, a cui è stato affidata la redazione
del report “a giustificazione economica del trattato”, questo trattato
comporterebbe una crescita stimata
di 90 miliardi di euro per l’economia
statunitense e di 120 miliardi, pari
allo 0,5% del Pil, per quella europea.
Cifre enormi, in parte già sgonfiate
da Alan Winters, professore dell’Università di Sussex e collaboratore
dello stesso CEPR, il quale considera
più “plausibile” un incremento dello
0,025% del prodotto interno continentale.
Tuttavia, se da una parte il dibattito
è andato concentrandosi sui rischi
economici ed istituzionali di tale
operazione, nonché sulle evidenti
difficoltà d’integrazione delle normative europee con quelle americane, è stata l’assenza di un principio
di trasparenza nella conduzione delle trattative ad attrarre maggiormente
i dubbi dell’opinione pubblica.
Lori Wallach, direttrice del Public
Citizen’s Global Trade Watch, un
prestigioso osservatorio indipendente di Washington, commenta
così sul quotidiano francese “Le
Monde Diplomatique” l’imperiosa
volontà di sottrarre il cantiere del
trattato all’attenzione del pubblico:
“Nulla deve sfuggire. Sono state
date istruzioni di lasciare giornalisti
e cittadini ai margini delle discussioni: essi saranno informati in tempo
utile, alla firma del trattato, quando
sarà troppo tardi per reagire”. Una
decisione pericolosamente razionale
per la Wallach, dettata dalla necessità
di “prendere tempo prima di annunciare al paese gli effetti che esso
produrrà a tutti i livelli”.
Allo stesso modo si è esposta la
senatrice democratica Elizabeth
Warren, che, secondo quanto riportato da The Nation, ha recentemente dichiarato che “Wall Street,
aziende farmaceutiche, telecom,
grandi inquinatori stanno sbavando”
in attesa della ratificazione del trattato, i cui dettagli rimangono ancora
oscuri per le grandi opposizioni
che quest’ultimo sarebbe costretto
a fronteggiare qualora maggiori informazioni diventassero di dominio
pubblico. “Un accordo negoziato
senza alcun esame democratico
non dovrebbe mai essere firmato”,
conclude la Warren chiedendo al
Congresso la pubblicazione dei documenti riguardanti la trattativa.
E mentre le negoziazioni, iniziate
in sordina almeno un anno fa, arrivano al quinto round, l’ultimo tenutosi
a Arlington, in Virginia, nei giorni
scorsi, in Europa si continua con la
retorica del recupero della competitività post-crisi, l’Euroscetticismo,
ed il superamento delle politiche
di austerity. Oltre che la crisi ucraina
ed i rapporti con la Russia.
Anche qui continua a valere il principio “chi non ha niente da nascondere non ha niente da temere”.
Ma i mondialisti non solo nascondono
tutto, ma tutto manipolano e gestiscono. Usano il mondo come un Risiko. Almeno una volta erano costretti
a spostare i carri armati e seppur in
maniera infame erano visibili, oggi
muovono azioni, trattati, mercati.
Dopo la Nato militare avremo quella
finanziaria. Quello che mancherà
sempre di più è l'Europa.
LA SCHEDA
Su banche, assicurazioni e lavoro
il patto aggirerà le norme nazionali
M
entre gli Stati Uniti,
grazie alla guerra in
Ucraina, piazzano
nuovi basi, soldati, carri armati e navi, continuano nella realizzazione del TTIP.
Questa sigla, ai più sconosciuta, dai media sottaciuta,
sarà la tomba finale dei popoli europei, definitivamente "strozzati" dalla finanza
internazionale e allontanati
da Mosca, l'unica alternativa
e salvezza per l'Europa.
Il Trattato transatlantico sul
commercio e gli investimenti (in inglese Transatlantic Trade and Investment
Partnership, abbreviato
TTIP; altrimenti conosciuto
come Transatlantic Free
Trade Area) è un proposto
accordo di libero scambio
tra l'Unione Europea e gli
Stati Uniti.
I proponenti sostengono
che l'accordo sarà causa di
crescita economica per i
paesi partecipanti, in realtà
sarà un accordo che darà
pieno potere alle multinazionali e renderà ai governi
impossibile il controllo dei
mercati per massimizzare
il benessere collettivo.
Dopo i vari trattati e accordi
internazionali passati sopra
la testa dei popoli, questo
sarà l'incoronazione della
finanza sul trono del nuovo
ordine mondiale ed un passo importante verso quegli
Stati Uniti Atlantici tanto sognati da Washington.
Il governo statunitense considera il TTIP come un accordo che accompagna un
altro proposto trattato, conosciuto come Trans-Pacific
Partnership. Dopo la divulgazione di una bozza della
proposta della primavera
passata la Commissione Europea ha lanciato un giro
di pubbliche consultazioni
su una serie limitata di clausole.
La bozza divulgata contiene
una serie di limitazioni sulle
leggi che i governi partecipanti potrebbero adottare
per regolamentare diversi
settori economici, in particolare banche, assicurazioni, telecomunicazioni e servizi postali.
Tutti i settori strategici di
uno Stato.
Qualsiasi entità economica
privata, se espropriata dei
suoi attuali investimenti,
avrebbe diritto a compensazioni a valore di mercato,
aumentate di interesse
composto. Sarà ammessa
la libera circolazione dei
lavoratori in tutte le nazioni
firmatarie, ed è stato proposta l'ammissibilità, per le
entità economiche private,
di muovere azioni legali
contro i governi in presenza
di violazione dei diritti.
Il TTIP è un trattato che segue il Multilateral Agreement on Investment, potrebbe essere finalizzato
entro la fine del 2014 e sarebbe la spallata definitiva
contro la libertà e la sovranità dei popoli d'Europa.
Certo, che se l'Europa guardava a Mosca tutto questo
non sarebbe stato facile.
7
Giovedì 12 giugno 2014
Da Roma
PERPLESSITÀ SULLE SCELTE DELLA GIUNTA CAPITOLINA
A DIFFERENZA DEL LEADER DEL PCI, IL SEGRETARIO DEL MSI RESTA ANCORA “SENZA CASA”...
A Roma affonda
pure la cultura
Ecco “Largo Enrico Berlinguer”
A Giorgio Almirante invece?
Sergio Marchi (La Destra) sprona l’amministrazione:
“Giusto, ora si realizzi la proposta presentata da Storace”
di Giuseppe Sarra
N
L
a cultura che non c’è. Nella
capitale non se ne parla
molto, ma stando alle iniziative del Comune non si intravede minimamente un progetto
che rimetta al centro dell’azione
politica l’immenso patrimonio
dell’antica Roma. A perdere pezzi,
oltre al posto vuoto in cabina di
regia visto l’addio dell’assessore
Flavia Barca, pure le tante attività
che hanno da sempre arricchito
la programmazione culturale dell’amministrazione comunale.
I tagli della giunta di centrosinistra
hanno interessato pure i bandi
relativi ai festival ed all’Estate romana. Dopo 19 anni, infatti, Roma
Capitale non intende più realizzare
storiche manifestazioni: da “I
grandi festival… Cannes, Venezia
e Locarno a Roma” e “Notti di
cinema a piazza Vittorio”, ad
esempio.
Una decisione, quella giunta Marino, che sta scatenando tantissime polemiche. Su tutti, quella
dell’Anec-Agis.
“Appare chiaro – si legge nel comunicato diffuso alla stampa che nei casi in cui conta apparire
il governo capitolino è in prima
fila, mentre latita quando si tratta
di supportare concretamente tali
progetti”. E’ il monito dell’associazione generale dello spettacolo
e dell’associazione nazionale esercenti cinema, le quali chiedono
delucidazioni sulle “motivazioni
che hanno portato a tale decisione
e, pur non volendo entrare nel
merito, siamo sorpresi e stupiti
dal fatto che coloro a cui è affidata
la guida ed il governo di Roma
Capitale cadano dalle nuvole e
siano loro stessi sbalorditi dall’esito dei bandi, come provenisG.S
sero da un altro pianeta”.
el 30° anniversario dalla morte
del leader del Partito comunista
italiano, Roma Capitale ha intitolato,
a due passi di via delle Botteghe
Oscure, sede storica del Pci, il “Largo
Enrico Berlinguer”. Il primo atto concreto,
dal giorno del suo insediamento, della
giunta presieduta da Ignazio Marino.
Oltre alla famiglia Berlinguer, tra i presenti
il primo cittadino, accompagnato dalla
presidente del Municipio Sabrina Alfonsi,
il ministro della Giustizia, Andrea Orlando,
il viceministro dell'Economia Enrico Morando, l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, autore del recente docufilm “Quando c'era Berlinguer”, l’ex presidente del
Consiglio Massimo D’Alema, Armando
Cossutta, Cesare Salvi, Gavino Angius,
Livia Turco, tra gli altri.
La dedica è arrivata dopo il parere positivo della commissione Toponomastica
del Comune lo scorso 5 maggio, alla
proposta avanzata il 9 aprile dal sindaco
Marino e dell’allora assessore alla Cultura
Flavia Barca.
Iter a rilento, invece, per Giorgio Almirante. Anche per colpa di chi non ha
avuto il coraggio di riconoscere, quando
era alla guida dell’amministrazione ca-
pitolina, una strada, una piazza o uno
slargo al leader del Movimento sociale
italiano.
A stimolare Marino e compagni, ieri mattina, ci ha pensato l’ex assessore alla
Mobilità e capogruppo de La Destra nel
Municipio I, Sergio Marchi, che non ha
dubbi sulla giusta intitolazione del “Largo
Enrico Berlinguer”: “Ora aspettiamo –
ha scritto Marchi sul suo profilo Facebook
- che si realizzi anche la proposta di intitolare una via o una piazza di Roma a
Giorgio Almirante, presentata anni fa da
Francesco Storace in Campidoglio. Non
è questione di reciprocità, ma semplicemente di rispetto per la storia di tutti”.
Vedremo se la faziosità, almeno questa
volta, non la spunterà.
IL CASO
BLITZ DEI CARABINIERI SUI MEZZI PUBBLICI E NEI LUOGHI FREQUENTATI DAI TURISTI
Antiborseggio: diciassette stranieri arrestati
In manette sono finiti tredici romeni, due rom e un tunisino
C
A
ltri diciassette stranieri arrestati nel corso
dei controlli antiborseggio nella capitale.
Un fenomeno che dovrebbe far riflettere
sull’alto tasso di microcriminalità diffuso nella
Città eterna, principalmente praticato sui mezzi
pubblici e nei luoghi maggiormente frequentati
dai turisti.
Nell’operazione condotta dai militari del comando
provinciale di Roma, i primi a finire in manette
sono stati tre romeni, con precedenti, rispettivamente di 25, 26 e 32 anni, sorpresi dai carabinieri
della stazione Roma Vittorio Veneto, all’interno
della fermata metro “Repubblica”, subito dopo
aver sfilato il portafogli dalla borsa di una turista
francese.
Stessa tecnica, stesso luogo. In azione altri tre
romeni, rispettivamente di 35, 36 e 38 anni, “pizzicati” nella fermata metro “Spagna”, arrestati
dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia Roma San Pietro. I tre avevano alleggerito
del portafogli con 400 euro una turista americana.
Poi, è stata la volta di un tunisino di 24 anni che,
all’altezza di via San Giovanni in Laterano, ha
sfilato lo smartphone del valore di 500 euro ad
una turista italiana. L’uomo è stato immediatamente bloccato dagli uomini del 112 della compagnia Roma Piazza Dante. E ancora: sempre gli
stessi militari hanno arrestato un altro romeno,
di 20 anni, che aveva appena rubato il portafogli
con 150 euro ad un cittadino belga nei pressi di
piazza Vittorio Emanuele II.
A bordo del bus 40, a pochi passi da corso
Vittorio Emanuele, invece i carabinieri della
compagnia Roma San Pietro hanno assicurato
alla giustizia due romeni di 40 e 41 anni, che
hanno sfilato il portafogli con 100 euro ad un turista straniero.
Ma non è finita qui: tre romeni, due uomini ed
Marino contro
i giornalisti
del Comune
una donna, di 25, 37 e 23 anni, sono stati sorpresi
dai carabinieri della stazione Roma Vittorio Veneto, a due passi dal Colosseo, subito dopo aver
sfilato il portafogli ad un turista giapponese.
Nel mirino degli uomini del 112 anche due nomadi di 24 e 30 anni, in via Bocca di Leone, nei
pressi di un albergo, mentre rubavano il trolley
ad un turista argentino. I militari della stazione
Roma San Paolo - inoltre, durante i controlli a
bordo di un vagone della linea “A” della metropolitana - hanno bloccato una 20enne romena
mentre sfilava il portafogli ad un turisti. Infine,
in via Nazionale, i carabinieri della compagnia
Roma Centro hanno arrestato un romeno di 33
anni, che a bordo del bus 64, ha alleggerito
dello smartphone un cittadino francese.
Un’altra giornata all’insegna della criminalità…
Marco Compagnoni
e la sta mettendo tutta
Ignazio Marino per farsi
odiare dai dipendenti
comunali. E così, dopo il lungo
braccio di ferro tra amministrativi e il sindaco sul salario
accessorio, meglio conosciuto
come produttività, è la volta
degli addetti stampa del Comune di Roma.
Cinque colleghi giornalisti,
infatti, sono stati raggiunti da
un provvedimento illegittimo
che li sposta dall’ufficio stampa a quello del personale per
assolvere a compiti meramente amministrativi. A denunciare quanto accaduto è
l’associazione stampa romana
che in una nota, oltre a ricostruire la dinamica dei fatti,
striglia il chirurgo genovese.
Si tratta comunque di giornalisti a cui “l’amministrazione non ha mai provveduto a
dare il corretto inquadramento – si legge nel comunicato - nonostante le numerose sollecitazioni da parte
del Cdr di Roma Capitale e
del sindacato di categoria”.
Inutili si sono rivelati fin qui
gli incontri tra il vicesindaco
Luigi Nieri e l’Asr, denuncia
ancora l’associazione.
Chissà se, almeno questa volta, tornerà sui suoi passi…
A.T.
8
Giovedì 12 giugno 2014
Dall’Italia
L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI NAPOLI: SOLDI PER EVITARE VERIFICHE E ACCERTAMENTI FISCALI
Ombre lunghe sulle Fiamme Gialle
Indagato il generale Vito Bardi. Arrestato il comandante della sede di Livorno Massimo Mendella
di Barbara Fruch
T
ira aria di tempesta sulle
Fiamme Gialle. Il generale
Vito Bardi, comandante in
seconda della Guardia di
finanza, risulta iscritto nel registro
degli indagati nell'ambito dell'inchiesta che ha portato ieri mattina
all’arresto per concussione del comandante della Gdf di Livorno,
Massimo Mendella.
Bardi risulta indagato, per una ipotesi di corruzione in vicende collaterali a quella finita al centro dell’indagine coordinata dai pm napoletani Henry John Woodocock e
Vincenzo Piscitelli e relativa a presunte tangenti pagate da due imprenditori per ottenere verifiche
fiscali addomesticate. Allo scopo
di verificare l’ipotesi accusatoria
e raccogliere materiale utile agli
accertamenti investigativi, gli inquirenti hanno disposto la perquisizione della casa e degli uffici del
generale Bardi.
Il comandante provinciale della Finanza di Livorno, il colonnello Fabio
Massimo Mendella, è stato invece
arrestato insieme al commercialista
napoletano Pietro De Riu, con l’accusa di concorso in concussione per
induzione e rivelazione del segreto
d'ufficio. Secondo la procura di Napoli, Mendella tra il 2006 e il 2012
(quando era responsabile del settore
verifiche al comando provinciale
della Gdf di Napoli) tramite De Riu
A sinistra, il generale Vito Berdi; a destra (al centro) il comandante della sede di Livorno Massimo Mendella
avrebbe incassato insieme ad altre
persone oltre un milione di euro da
vari imprenditori napoletani come
“compenso” per evitare verifiche e
accertamenti fiscali. In particolare
il filone investigativo condotto dalla
Digos di Napoli e dalla polizia tributaria di Roma punta i riflettori an-
che sulla holding Gotha SPA, che
sarebbe stata oggetto di accertamenti pilotati da parte della sezione
guidata dal colonnello Mennella. Un
legame stretto - secondo l'accusa tra la Gotha Spa e il colonnello Mendella, al punto tale che quando l'ufficiale venne trasferito via da Napoli
a Roma, anche la sede della società
cambiò approdando nella capitale.
Le indagini, tuttora in corso, sono
state svolte sotto il coordinamento
della seconda sezione dei reati contro la Pubblica amministrazione,
condotte dalla Digos della questura
di Napoli con l'aiuto della Direzione
centrale di polizia criminale e del
comando provinciale e della guardia di finanza di Roma.
Nei guai dopo il colonnello Mendella è dunque finito anche il generale di Corpo d’Armata, Vito
Bardi, diventato comandante in seconda della Guardia di Finanza (in
pratica, il numero due del Corpo)
il 5 settembre 2013. Bardi è subentrato al Generale di Corpo
d’Armata Emilio Spaziante che è
andato in pensione ed è stato arrestato con l’accusa corruzione
nell`ambito della maxi inchiesta
sulle tangenti del Mose. Bardi, 63
anni, è originario di Potenza. Ha
ricoperto, tra l’altro, l’incarico di
comandante interregionale dell’Italia Meridionale.
Non è la prima volta che il colonnello si trova a fare i conti con la
giustizia. Nel 2011 Bardi era stato
indagato con le accuse di favoreggiamento e rivelazione di segreto
nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P4. L’anno successivo, tuttavia, la sua posizione fu archiviata
dal gip su richiesta dello stesso
pm Henry John Woodcock. Al centro dell’inchiesta era l’ex deputato
del Pdl Alfonso Papa, per il quale
ora è in corso il processo. Secondo
l’ipotesi accusatoria, l’ex parlamentare riceveva notizie coperte
da segreto su indagini in corso e
se ne serviva per ricattare alcuni
imprenditori dai quali riceveva così
denaro o altre utilità.
9
Giovedì 12 giugno 2014
Dall’Italia
MOBILITAZIONE IN TUTTA EUROPA CONTRO LA START UP STATUNITENSE CHE STA RIVOLUZIONANDO IL MERCATO DEL TRASPORTO
Tassisti in rivolta: l’app Uber nel mirino
Proteste in tutta Italia: a partire da Milano, Roma, Napoli, Firenze, Verona e Bologna
di Antonio Testa
T
assisti in rivolta in tutta
Europa. Al centro della
mobilitazione, oltre al problema degli abusivi, la
questione Uber, una start
up statunitense accusata di concorrenza sleale. Quest’ultima, comunque, fornisce un servizio per
reperire a noleggio auto con conducente e può contare sull’utilizzo
dell’app chiamata, la cosiddetta
“UberPop”. Secondo i tassisti, però,
tale strumento consentirebbe ai
privati di trasportare passeggeri
a pagamento.
Uno sciopero che ha interessato
tutte le sigle sindacali, a braccia
conserte anche gli autonomi, dal
Nord al Sud, passando per il Centro
della penisola.
Tra i più agguerriti i tassisti milanesi, epicentro della protesta italiana. L’Uber, dal canto suo, proprio
nel giorno dello sciopero, ha abbassato le tariffe del ben 20%.
Una giornata, quella di ieri, ricca
di tensioni. Fin dal mattino, a partire
dalla stazione centrale tra i tassisti
e i presunti abusivi.
Rispedisce al mittente le accuse
della numero uno di Uber Italia,
Benedetta Arese Lucini: “Continuiamo a far muovere Milano, dando a utenti, pendolari, turisti e driver la possibilità di spostarsi in
città in modo sicuro e il più rapido
possibile”. Oltre a dirsi convita
che a Milano ci sia spazio per una
pluralità di servizi di trasporto,
“c’è l’intenzione di aprire la piattaforma Uber – ha rivelato - ai tas-
sisti, con l’obiettivo di offrire alle
persone una scelta sempre più
ampia e contribuire a far crescere
il mercato”. E ancora. “Ci dispiace
– ha aggiunto - vedere che le logiche corporative del vecchio sistema dei taxi stanno fermando la
città. Noi vogliamo continuare a
far muovere le persone nel miglior
modo possibile”.
La manager di Uber Italia si è
detta soddisfatta dell’annuncio di
un dialogo e di un tavolo rivolto
dal ministro ai Trasporti, Maurizio
Lupi, “in cui possiamo tutti parte-
cipare e parlare – ha spiegato - di
queste regole. Lo sciopero dei taxi
non è contro Uber ma in generale,
anche nel resto d'Europa, contro
questo nuovo mercato”. Il mercato,
ha sottolineato la general manager
della piattaforma informatica statunitense, “non lo facciamo solo
noi, è un mercato di app che è
nato in America ma che si sta
espandendo in tutto il mondo e
che è dato dalle nuove esigenze
dei cittadini che cercano alternative al trasporto”.
Strano caso nella città della Ma-
donnina, dove la digos ha fatto rimuovere il nome di Pisapia dagli
striscioni dei manifestanti.
Non da meno, comunque, la problematica degli abusivi: a Roma,
ad esempio, un gruppo nutrito di
autonomi ha manifestato contro il
dilagare del fenomeno; una protesta diversa dal solito poiché non
ha coinvolto i sindacati ma tassisti
“stanchi e soffocati dall’abusivismo” del settore.
In circa 150, invece, si sono dati
appuntamento a Napoli dove hanno
sfilato in corteo da Piazza Mancini,
a ridosso della stazione
centrale, fino a Piazza Plebiscito all’esterno del palazzo della Prefettura. Una
delegazione ha incontrato
anche il capo gabinetto
del prefetto, ricevendo
rassicurazioni sui controlli
sugli abusivi, le auto Ncc
e interrompendo così la
protesta alla quale hanno
aderito Usb, Fasi-Conflavoratori, Ugl Taxi, Alt e
Assotaxi. Qui, tuttavia,
l’adesione allo sciopero
ha raggiunto quasi il 40%.
Mobilitazione anche a Verona, con uno sciopero di
un’ora in segno di solidarietà. Volantinaggio a
Firenze: “No all’abusivismo, scegli la legalità”. A
Bologna una delegazione
dei rappresentanti di categoria è stata ricevuta in
Regione, mentre una quarantina di tassisti e conducenti Ncc aspettavano
in presidio sotto alle finestre di
viale Aldo Moro, suonando il clacson e spiegando le proprie ragioni
al megafono.
La delegazione ha ottenuto l’impegno a essere convocati entro
un mese per aprire una discussione formale sulla legge. “Speriamo che la politica sia conseguente a questo impegno – ha
spiegato Riccardo Carboni, presidente Cotabo e vicepresidente
Cna Bologna - e speriamo di chiudere entro la fine del mandato,
ma sarà difficile”.
ULTIMA PAGINA PER UN LUNGO CONTENZIOSO SU UN INCANTEVOLE FAZZOLETTO DI TERRA AL LARGO DELLA COSTA
Il Comune “espugna” l’Isola di Dino
Fu comprata dagli Agnelli, ora ritorna pubblica: soddisfazione del sindaco di Praia a Mare
N
on solo isole in vendita: anche isole
che tornano sotto il demanio, la proprietà comunale. Poveglia, perla della Laguna di Venezia, al momento è ancora
in fase d’asta e trattenuta da un comitato
che sta effettuando una colletta per tentare
di “strapparla” ai privati: invece l’Isola di
Dino, la maggiore delle sole due isole che
appartengono (geograficamente) alla Calabria. Da ieri invece quel fazzoletto di
terra appartiene, nel senso legale del termine, al Comune di Praia a Mare. È il
risultato di una lunghissima battaglia giudiziaria, combattuta addirittura con la famiglia Agnelli.
L’Isola di Dino è poco più che uno scoglio,
eppure è di incomparabile bellezza. Si
eleva sul Tirreno, proprio davanti alla costa,
in uno scenario che ne fa cartolina invidiabile per i tramonti. Ha però una storia alle
spalle, particolarmente travagliata negli ultimi cinquanta anni. Nel 1956 fu data in
concessione per 99 anni: ma nel 1962 l’isola
viene venduta per 50 milioni di lire (allora,
un patrimonio) alla società amministrata
dal commendator Bottani e Gianni Agnelli.
Il fine ufficiale dell’operazione era quello
di portare uno sviluppo turistico di livello
internazionale sull’intero territorio di quell’angolo di costa calabra, litorale compreso.
La realizzazione di alcune strutture servì
allo scopo, ma la verità è che turismo capace di cambiare la vita ai
residenti di quelle zone non arrivò
mai: troppo forte la concorrenza
di altre mete, anche vicine, troppo
difficili i collegamenti, non solo
per l’odissea della Salerno-Reggio
Calabria ma anche per il traghettamento.
I terreni furono però oggetto anche
di un contratto di compravendita
negli anni ’90, la gestione delle
strutture passò ad un gruppo di
imprenditori che davanti alle difficoltà, tuttavia, abbandonò progressivamente l’isola a se stessa.
Ovviamente,quindi i sogni tramontarono giorno dopo giorno insieme
al sole in quello splendido mare,
mentre montava invece la marea
dell’indignazione: l’isola doveva
tornare sotto il controllo del Comune. E il lungo contenzioso è
stato interrotto ieri proprio con
questo epilogo. A stabilirlo è stata
una sentenza della sezione staccata
di Scalea del Tribunale di Paola.
Dopo 20 anni di contenzioso giudiziario,
ad essere annullato, è stato il contratto di
compravendita. Soddisfazione per il ritorno
alla proprietà del Comune dell'isola è stata
espressa dal sindaco di Praia a Mare, Antonio Praticò. Certamente, però, ora il Comune, magari aiutato da altre istituzioni,
dovrà dimostrare di essere in grado di
vincere anche la partita più difficile, quella
laddove gli Agnelli hanno fallito: la partita
dello sviluppo.
Robert Vignola
10
Giovedì 12 giugno 2014
PIACENZA - FRA LE ACCUSE ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE
TARANTO
Doping in palestra
dieci in manette
Scovata un’organizzazione
criminale. 65 perquisizioni
I
carabinieri del
Nas di Taranto
hanno eseguito
dieci misure cautelari e 65 perquisizioni nei confronti
di atleti professionisti, semiprofessionisti e dilettanti del
mondo del body
building .
L'operazione, denominata 'Belzebù' ha
scovato un'organizzazione
criminale dedita all'esercizio
abusivo delle professioni sanitarie di medico, farmacista
e dietista oltre all'importazione e commercializzazione illecite di medicinali e sostanze
a effetto dopante derivanti
da importazioni clandestine
e da furti in depositi farmaceutici di distribuzione, corrieri e da false ricette mediche. L’indagine è stata coordinata dal pm Milto Stefano
De Nozza della procura di
Brindisi. Sono in corso perquisizioni e sequestri.
Per l’esecuzione dell’operazione, che ha interessato diverse Provincie della Penisola,
sono stati impiegati circa 350
Carabinieri dei Nas dell’Italia
Meridionale e Centrale e dei
Comandi Provinciali dell’Arma di Brindisi, Bari, Taranto,
Dall’Italia
Maxi truffa alle assicurazioni:
venti arresti e settanta indagati
Un sistema truffaldino con tanto di “comparse” per simulare
sinistri, portando cospicui risarcimenti dai 10 ai 15 mila euro
S
Lecce, Roma, Napoli, Palermo,
Catania, Messina, Parma, Reggio Emilia e Ascoli Piceno.
Dalle indagini è emerso che
l’organizzazione criminale
era articolata su tre livelli: il
primo consisteva nel reperimento dei medicinali, il secondo nella loro gestione, il
terzo nella distribuzione al
dettaglio.
I capi d’accusa sono: associazione per delinquere finalizzata alla vendita illegale
di farmaci, ricettazione e in
alcuni casi anche esercizio
abusivo della professione.
Le attività investigative sono
state avviate nel 2011 e sono
andate avanti fino al 2013.
Nelle numerose intercettazioni e attività di riscontro è
finito anche un body builder
morto a 33 anni, a Taranto,
C.C.
per infarto.
ventato un consolidato sistema truffaldino ai danni delle assicurazioni
in quel di Piacenza. Un’organizzazione attenta al dettaglio, con tanto
di “comparse” che simulavano per strada
i sinistri.
Cospicui risarcimenti tra i 10 e i 15mila
euro, i cui pochi spiccioli andavano nelle
tasche degli attori improvvisati, mentre la
maggior parte del denaro veniva intascato
dai capi dell’organizzazione: avvocati, periti
e medici che a Piacenza gestivano, a vari
livelli, da almeno quattro anni una radicata
attività di truffa alle assicurazioni.
Le indagini dirette dal capo procuratore
locale Salvatore Cappelleri hanno portato
all’esecuzione una ventina di ordinanze di
custodia cautelare (metà delle quali in
carcere) e a una settantina di indagati.
Per cinque arrestati è stata contestata
anche il reato l'associazione a delinquere
finalizzata alla truffa alle assicurazioni.
I dettagli dell’inchiesta sono stati direttamente svelati dalla Procura. Gli inquirenti
hanno scoperto che il centro nevralgico
del sistema a delinquere era un’agenzia
di pratiche infortunistiche in pieno centro
piacentino i cui maggiori proventi derivavano dai rimborsi dei finti sinistri: una
media di un paio a settimana,questo quanto
dedotto dal pm Emilio Pisante che ha coordinato le indagini dei carabinieri della
Compagnia di Bobbio (Piacenza).
Dalle attività investigative è emerso che il
tutto veniva programmato a tavolino compilando delle finte constatazioni amichevoli.
In seguito le assicurazioni abbastanza scettiche nel concedere esborsi hanno reso il
tutto più complicato per i malfattori che si
sono visti costretti ad inscenare “veri” incidenti per strada.
Da qui il reclutamento degli “attori”: il testimone, l'investito o l'investitore. Tutta gente
che veniva reperita tra gli sbandati e i
tossici piacentini, che per trascorrere un
pomeriggio al pronto soccorso si intasca-
vano mille euro. Inoltre per rendere la
messinscena più credibile sul luogo dello
pseudo-sinistro venivano fatti intervenire
sia i vigili urbani per i rilievi, sia le ambulanze del 118 che portavano il ferito ( che
si procurava le lesioni da solo preventivamente) all'ospedale per essere medicato.
Il tutto avveniva all’insaputa dei vigili e sanitari, mentre i carabinieri appostati sono
riusciti, in qualche caso, a riprendere anche
i finti incidenti.
Chantal Capasso
TRAGEDIA IN PUGLIA
DRAMMA A TORINO
Scivola mentre cerca di farsi
un selfie: morta una 16enne
Soffriva di anoressia
giovane si suicida
Isabella Fracchiolla voleva scattarsi una foto sul lungomare
Poi il volo, le condizioni sono risultate subito gravissime
Si è lanciata dall'ultimo piazzale di un parcheggio
multipiano di Moncalieri alto più di dieci metri
È
morta a causa di un selfie Isabella Fracchiolla, la sedicenne
del rione San Paolo di Bari
caduta dal parapetto della Rotonda
del Lungomare di Taranto il 6 giugno. Alcuni giorni di agonia e poi
ieri la notizia: la 16enne non ce
l’ha fatta.
Ad ucciderla è stata la nuova moda
di fotografarsi col cellulare per poi
pubblicare l’immagine sui social
network.
La ragazza con un gruppo di altre
coetanee in gita scolastica a Taranto.
Erano sulla rotonda, stavano ammirando la rada di Mar Grande davanti alla
città, quando la 16enne desiderosa di fare uno
di quegli scatti divenuti ormai una moda - i
selfie appunto - ha scavalcato la ringhiera.
Dietro di lei il mare. È bastato un momento di
distrazione. La 16enne ha perso l’equilibrio, facendo un volo di venti metri davanti allo sguardo
impietrito delle amiche.
La sua unica colpa è stata quella di voler immortalare quel paesaggio e quel ricordo della
gita di classe. Un frammento di felicità, che
forse, Isabella Fracchiola, avrebbe condiviso
su Facebook o Instagram.
La ragazza era stata soccorsa da militari della
capitaneria di porto e portata a terra. Gli
D
operatori del 118 l’avevano intubata e trasportata
d’urgenza in ospedale. Già dal suo arrivo i
dottori avevano capito subito che ci sarebbe
stato poco da fare. Il lungo intervento chirurgico
a cui Isabella era stata sottoposta rappresentava
l’ultima carta. Non è bastato nemmeno quello.
Troppo gravi le lesioni al cranio, al femore e al
bacino. Oggi i medici hanno dichiarato concluso
il tempo di osservazione per l’accertamento
della morte cerebrale. I genitori hanno già autorizzato l’espianto degli organi. Isabella frequentava un corso regionale di formazione grafica a Bari. Un insegnante e una tutor sono stati
indagati per omessa vigilanza.
Carlotta Bravo
ieci metri che l’hanno separata per l’ultima volta dalla
morte. Poi l’estremo gesto.
Così, lanciandosi nel vuoto, ha posto
fine alla sua esistenza, una ragazza
di 28 anni.
Il tragico fatto si è consumato in un
parcheggio multipiano di Moncalieri,
in strada a Torino, intorno alle 19.30.
Nessun movente apparente, “solo”
una male nascosto, difficile da comprendere, chiamato disturbo alimentare. Pochi ancora lo riconoscono e
hanno la sensibilità di affrontarlo,
altri, preferiscono chiudere gli occhi
e lasciare che passi da solo. Ma non sono
capricci adolescenziali: il disturbo alimentare è una malattia e va curata.
Così forse sentitasi completamente abbandonata dal mondo circostante, unica a combattere contro il “sintomo” ha deciso di
farla finita. Un buon lavoro, un’ottima famiglia, una vita appagante: molto spesso non
basta. C’è qualcosa di più profondo che
ferisce, che consuma la persona portandola
a diventare solo automi succubi della malattia. Tutto perde di senso e di valore:
l’unico punto fermo sembra essere il calcolo
delle calorie, il resto è pronto a svanire, a
sfuggire al controllo da un momento all’altro.
Gli altri non esistono più, non c’è amor
proprio, non è più vita. Il vuoto inghiotte
tutto. Questo scenario apocalittico deve essere stata la mano invisibile che ha spinto
la ragazzo giù per un volo di dieci metri.
Nella borsa abbandonata a fianco del parapetto da cui la ragazza si è lanciata, i carabinieri hanno trovato una lettera d'addio,
indirizzata ai genitori: “Scusate, non è colpa
vostra”. L’ultima preghiera, nessun senso
di colpa. La società chiude gli occhi, ancora
F.Ce.
una volta.
11
Giovedì 12 giugno 2014
Dall’Italia
DOPO L’ARRIVO IN ITALIA PARTONO PER MILANO DA DOVE VOGLIONO SCONFINARE
Migliaia di euro a tragitto:
ecco gli scafisti su gomma
Arrestato nel bergamasco un pluripregiudicato romeno, stava trasportando
in Germania dieci siriani in un furgone: per la tratta ha guadagnato 7mila euro
E
ra la metà di ottobre
quando a Rosenheim,
in Baviera, la polizia
tedesca fermava due
tassisti per lo stesso motivo:
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono
passati diversi mesi ma il fenomeno evidentemente non
si è spento. Al contrario pare
sia diventato un business su
cui puntare, a cui hanno aderito anche gli stranieri.
Lo scafista a quattro ruote,
arrestato ieri, è un romeno
25 anni, pluripregiudicato e
senza fissa dimora. Trasportava, stipati come animali in
un furgone, dieci siriani in
Germania. Li aveva caricati a Milano, nei
pressi della stazione Centrale e, per la
“modica” somma di 700 euro a testa li
avrebbe portati in Baviera, dove avrebbero
potuto chiedere asilo politico.
La polstrada ha fermato il furgone lungo
l’autostrada nei pressi di Grumello del
Monte (Bergamo). Un semplice controllo.
Ma nel retro del furgone non cera di certo
materiale bensì persone: quando lo hanno
aperto, gli agenti della polizia stradale di
Seriate hanno trovato 3 donne e 7 uomini,
fra loro anche tre bambini di 1, 2 e 13 anni,
oltre a un anziano.
Secondo gli accertamenti i profughi ap-
parterrebbero tutti alla stessa famiglia: sarebbero arrivati a Milano autonomamente
e qui, probabilmente indirizzati da qualcuno
che li aveva preceduto, si sono rivolti a chi
organizza questi viaggi oltre le Alpi.
Per lo scafista a quattro ruote sono immediatamente scattate le manette: è finito nel
carcere di via Gleno.
Prima di lui, il sette maggio, a Clivio (Varese)
la guardia di finanza del Gaggiolo, impegnata in un servizio di controllo, verso le
quattro del mattino aveva fermato una Kia
Carnival, presumibilmente diretta al confine
con la Svizzera. All’interno tredici immigrati
(in una macchina a sette posti), esseri
umani schiacciati sui sedili e persino nel bagagliaio. Alla guida un brasiliano di 34 anni, a sua
volta clandestino. Con
l’autista, arrestato immediatamente, viaggiavano ben 12 eritrei: dieci
uomini, una donna, e un
bimbo di appena due
anni. Nessun documento, nessuna parola di italiano conosciuta, nessun
bagaglio.
La situazione in auto era
evidente. E l’analisi del
gps della Carnival ha
svelato il punto di partenza del viaggio: la stazione Centrale di Milano. La stessa stazione
che da mesi è al centro di polemiche. Lì, a
più ondate, ammassano migliaia di profughi
arrivati sulle coste di Sicilia e Puglia, a
bordo dei gommoni o delle cosiddette
carrette del mare. Immigrati che vedono
l’Italia solamente come una terra di passaggio per arrivare in Europa.
Così si alimentano le tratte, sia quelle via
mare che quelle via terra, e invece di stoppare il business della criminalità che si nasconde dietro ai cosiddetti viaggi della
speranza non si fa altro che alimentarlo.
Così nel Mediterraneo, come nelle Alpi.
Barbara Fruch
LA MAREA NON SI ARRESTA, È ALLARME
La Sicilia si chiede come
fermare Mare Nostrum
I gruppi di Forza Italia sull’isola si preparano
a una serie di manifestazioni sull’argomento
L
a Sicilia in ginocchio
sotto la marea degli
immigrati non intende
sopportare in silenzio.
L’obiettivo è Mare Nostrum.
Come fermarla, soprattutto.
Afferma Nunzio Panzarella,
di Forza Italia Giovani Palermo: “La situazione è divenuta insostenibile, non
solo economicamente (i costi dell'operazione ammontano a oltre 9 milioni di euro
al mese), ma anche socialmente. Le politiche comunitarie, totalmente insensibili, e l'ancor più evanescente azione del governo Renzi
in politica estera, stanno
portando la Sicilia, frontiera
dell'Europa (cosa ancora
non recepita da molti), al
collasso. Che dire, poi, dell'azione del Viminale, presieduto da un siciliano che
sembra, adesso, aver abiurato la propria regione? La
Sicilia, ormai prossima a
un'ecatombe, sembra sprofondare come una moderna
Atlantide, guidata da un novello schettino, di nome Crocetta. Di concerto con una
decina di “comunità” FI dell'isola, abbiamo deciso che
discuteremo ampiamente,
tra qualche settimana, di tale
fenomeno alla convention
di Forza Italia in Puglia, organizzata da Primavera Li-
berale, dove saranno protagonisti i giovani forzisti e
la classe dirigente azzurra.
Inoltre, con determinazione,
proveremo a portare avanti
questo tema, soprattutto, tra
i vertici di San Lorenzo in
Lucina, affinché, diventando
uno dei nuclei tematici di
Forza Italia, possa essere dibattuto a gran voce, anche,
in Parlamento”.
Per Ylenia Citino, già candidata all’Europarlamento
con 13mila preferenze raccolte, “gli sforzi sono oggi
sostenuti solo dal Meridione
italiano. Quando i 50 mila
arrivi dall'inizio di quest'anno si triplicheranno e supereranno i 140 mila migranti
della Primavera araba, la
crisi non sarà più contenibile. Noi non vogliamo arrivare a questo e quindi chiediamo che venga riformato
lo scellerato regolamento
di Dublino III, quello che
trattiene i migranti sul nostro
territorio in attesa degli interminabili tempi della burocrazia del diritto di asilo.
Non esiteremo ad utilizzare
il diritto di iniziativa legislativa europea per sottoporre all'unica istituzione
democratica dell'UE un problema da risolvere col contributo equo di tutti gli Stati
R.V.
Membri”.
12
Giovedì 12 giugno 2014
Cultura
SETTANT’ANNI FA IL BOMBARDAMENTO CHE DISTRUSSE POGGIO MIRTETO E COSTÒ LA VITA A QUINDICI CIVILI
L’eccidio britannico attribuito ai tedeschi
Cappellari (Comitato Pro 70° anniversario): “Ricordare le vittime senza più speculazioni politiche”
di Cristina Di Giorgi
L
a storia la scrivono i vincitori.
Questa frase, di sconosciuta
origine ma citata da numerosi
grandi del passato, rende
perfettamente l’idea di quel
che troppo spesso è accaduto quando
si è trattato di consegnare alla verità
documentale e definitiva periodi tormentati e discussi come la Seconda
Guerra mondiale, con tutti i relativi
strascichi ideologici. Primo fra tutti
l’imperativo dei vincitori, che nel migliore dei casi impone di denigrare e
consegnare all’oblio tutto ciò che riguarda i vinti, nel peggiore di attribuire
loro colpe che non hanno.
Ed è esattamente questo quel che è
successo nel caso di Poggio Mirteto,
paesino del reatino teatro di una delle
purtroppo numerose stragi di civili
verificatesi nel corso del secondo conflitto mondiale. Nell’ottica post bellica
di furore ideologico “resistenziale”, la
vulgata manichea dei vincitori ha attribuito la responsabilità di quell’ennesimo tributo di sangue ad un reparto
tedesco in ritirata, che il 10 giugno
1944 avrebbe colpito, con numerosi
colpi di mortaio, la piazza principale
del piccolo abitato. Secondo tale ricostruzione, i nazisti, per aumentare il
potenziale sanguinario dell’eccidio,
avrebbero in precedenza diffuso un
comunicato che annunciava la distribuzione di cibo, in modo da attirare
parecchie persone. Muoiono immediatamente in nove (tra cui tre donne)
ed altri sei nei giorni successivi, senza
contare i numerosi feriti. Vittime di un
atto di guerra come ce ne furono tanti.
Vittime che, in quanto tali, meritano il
rispetto che solo la verità può dare.
Una verità che però non sembra essere
quella che il mito dell’antifascismo ha
fatto per anni passare per tale: autori
dell’eccidio, infatti, non sarebbero stati
i tedeschi, ma gli inglesi. “I fascisti e il
grosso delle unità tedesche – scrive
Claudio Cantelmo in una nota del Comitato Pro 70° anniversario della RSI
in provincia di Rieti – avevano già lasciato la zona da alcuni giorni in tutta
tranquillità. Quel 10 giugno rimanevano
nei paraggi solo alcuni piccoli reparti
germanici. Contro queste unità si accanirono l’aviazione anglo-americana
e le artiglierie britanniche, intenzionate
a radere al suolo qualsiasi cosa fosse
d’ostacolo alle truppe in marcia. A
tale scopo, prima del loro arrivo, fu
compiuta un’ultima azione di ‘bonifica’a
suon di mortai”. Un’azione di guerra
in piena regola quindi, motivata anche
dal fatto che proprio a Poggio Mirteto
fino a poco tempo prima era presente
un efficiente presidio della Guardia
Nazionale Repubblicana. Per evitare
problemi, nella paventata ipotesi in
cui una parte di tali unità fosse rimasta
a presidiare la zona, gli inglesi decisero
di farla oggetto, prima dell’arrivo della
propria fanteria, di un fitto lancio di
mortai. A farne le spese gli abitanti
del paese, che al momento del bombardamento si trovavano in piazza per
prelevare viveri da un magazzino abbandonato.
“L’eccidio – scrive ancora Cantelmo
– fu un trauma per tutti coloro che
credevano che la guerra e le sofferenze
fossero finalmente finite. Una beffa
mostruosa, che pregiudicava anche
la mitologia della Liberazione”. Si tentò
quindi di trasformare quanto avvenne
realmente in qualcosa da utilizzare in
favore dei liberatori i quali – va comunque precisato - distrussero un
paese supponendo soltanto che fosse
ancora pieno di militari tedeschi e fascisti. Il loro fu quindi un atto di guerra,
alla base del quale però c’è stato, nel
UNA PAGINA DIMENTICATA SUL D-DAY: CÉZEMBRE E LA PIOGGIA DI BOMBE E NAPALM
migliore dei casi, un grosso errore di
valutazione. Che è costato la vita alla
gente di Poggio Mirteto. E che è stato
artatamente trasformato in un “eccidio
nazi-fascista, con tanto di lapide ricordo
e manifestazioni di cordoglio”, conclude Cantelmo.
Gli fanno eco le parole di Pietro Cappellari, riportate sul nostro giornale in
un pezzo dedicato al recente anniversario della strage e ai suoi morti
che, oltre a non aver ricevuto ancora
giustizia, si sono ritrovati ad essere
strumentalizzati e sfruttati a fini biecamente propagandistici: “C’è ancora
chi specula parlando di ‘strage tedesca’. Le risultanze storiche e un’analisi
indipendente però, pongono seri dubbi
su questa etichetta. Volevamo rendere
a quelle vittime un omaggio disinteressato e liberarle dalla falsità”. Il silenzio delle istituzioni e della politica
ufficiale non lo ha reso possibile. Che
almeno le coscienze libere siano in
grado di rendere ai quei morti la giustizia che meritano.
UN SAGGIO DI FRANCO CARDINI SUL “CONTINENTE LIQUIDO”
Mediterraneo: frontiera
L’Isola di fuoco e il
coraggio di chi la difese che divide o mare che unisce?
Le truppe dell’Asse difesero quel lembo d’Europa resistendo
a un mese di assedio. E ricevettero l’onore delle armi
F
L’
Isola di fuoco.
Così è stata ribattezzata Cézembre, quel fazzoletto
di terra emersa nei pressi
di St.Malo su cui, a contrastare lo sbarco degli
alleati in Normandia, si
è battuta fino all’ultimo
anche un’armata di militi
della Repubblica Sociale
Italiana. Quasi dimenticati dalla storiografia
ufficiale sul D-Day, quegli uomini, schierati al
fianco dei tedeschi, si erano asserragliati nell’isoletta bunker, che si è conquistata il triste
primato di “terra più bombardata della storia”:
piovvero infatti, sui difensori di quel lembo di
Europa, circa 120mila tonnellate di ordigni. Che
non impedirono, durante quell’assedio, ai marinai
di Salò ed i camerati tedeschi là schierati, di opporre strenua resistenza.
“L’assedio – scrive Gianluca Di Feo sul Corriere
– cominciò ai primi di agosto: navi, obici semoventi, bombardieri la bersagliarono senza sosta.
Il 17 Saint Malo alza bandiera bianca, ma l’isola
resiste ancora”. Per stroncare definitivamente il
coraggio dei difensori di quello strategico pezzo
di terra di appena 18 ettari di superficie, gli
alleati decisero a quel punto di mettere Cézembre sotto assedio e di utilizzare una nuova
L’autore: “Specchio d’acqua che spauriva e insieme
racchiudeva qualcosa di familiare e rassicurante”
terribile arma: il napalm. Dopo che il 28 agosto,
alla richiesta di cedere le armi, la guarnigione
italo tedesca rispose ancora con l’artiglieria, il
generale Patton diede l’ordine di radere al suolo
quel che restava dell’Isola di fuoco. E fu l’inferno:
“165 bombardieri e decine di cacciabombardieri
sganciarono migliaia di ordigni, fra cui tonnellate
di bidoni di napalm. Fu talmente alto il calore
che si sviluppò sull’isola – scrive lo storico Luca
Valente - che essa divenne un deserto inabitabile,
tanto che ancora oggi gran parte della superficie
è interdetta ai civili. Pare che perfino le canne
dei cannoni si fossero piegate”.
Il permesso di resa arriva dall’ammiragliato
germanico il 1° settembre. Il giorno seguente i
sopravvissuti (tra loro una settantina di italiani),
uscendo dai bunker sotterranei, si schierarono
sulla spiaggia. E ricevettero l’onore delle armi
CdG
da parte degli americani.
ranco Cardini, professore di Storia medievale all’Istituto italiano
di Scienze umane di Firenze e autore di successo,
ha recentemente dato alle
stampe un saggio dedicato
alla “culla dei popoli” per
eccellenza, il Mare nostrum. “Incontri e scontri
mediterranei” (questo il titolo del phamplet uscito
nell’aprile 2014 per la
Astrolabio edizioni) è un
concentrato di informazioni
e curiosità che, in poco
più di cento pagine, accompagna i lettori in un
interessante viaggio.
Il Mediterraneo “è davvero un ‘continente
liquido’, un luogo di millenari scambi – si legge
nella quarta di copertina – o è un mare che al
contrario tiene reciprocamente lontane le genti
che su di esso si affacciano? E’ il mare dei confronti o il mare degli scontri di civiltà? Partendo
da un esame della letteratura specialistica recente, questo libro propone alcune risposte in
una direzione destinata per sua natura a rimanere
aperta, in un affascinante affresco esteso dalla
più remota antichità ai nostri giorni”.
Sulla base di una tradizione
storiografica tanto complessa quanto interessante, Cardini lega insieme figure di
mercanti, pirati, colonizzatori
e conquistatori, protagonisti
del “grande gioco” mediterraneo che anima porti,
stretti e canali tra venti di
guerra, valori e simboli antichi, speranze, pericoli, prospettive, confronti, scambi
di costumi, di merci e soprattutto di idee. “Storia
umana quella del ‘continente liquido’ – scrive Mario
Bernardi Guardi su Libero
– che separa e al tempo
stesso fonde, con tratti inattesi” e quadri storici di “dinamica complessità”.
E per quanto riguarda il presente? A proposito
dell’oggi, bisogna tener conto del controverso
rapporto tra il ‘continente liquido’ e le altre
realtà continentali: ora il Pacifico è “ormai al
centro della nuova economia globalizzata –
scrive Cardini - e i paesi che ne sono protagonisti
sembrano guardare al Mediterraneo come ad
un mare collegato direttamente con tutti gli
oceani del pianeta”.
CdG
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Responsabilità civile: primo “sì” col giallo