C O M I T A T O
p er
l a
t U te l a
d e l
p aesa g g io
MURGIAVIVA
O S S E R V A Z I O N I
AL PROGETTO
PER LA REALIZZAZIONEDI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA
MEDIANTE LO SFRUTTAMENTO DEL VENTO
NEL TERRITORIO COMUNALE DI ACQUAVIVA DELLE FONTI
vabilcoe
rinno
n
non sempre fa rima
sostenibile
INDICE
PREMESSA_______________________________________________________PAG.1
OSSERVAZIONI
TECNICHE___________________________________________PAG
2
IMPATTO
DELL’ESECUZIONE
DELLE
OPERE_____________________________PAG
11
RISCHI
IDROGEOLOGICO__________________________________________PAG
21
VALUTAZIONE
DEGLI
IMPATTI
SU
FLORA
E
FAUNA
ED
ECOSISTEMI_________PAG
27
IMPATTO
DEL
PROGETTO
SULLE
ARCHITETTURE
RURALI
E
IL
PAESAGGIO
AGRARIO__________________________________________PAG.37
IMPATTO
SULLA
STRATIFICAZIONE
STORICA___________________________PAG.39
0
PREMESSA
Il
progetto
di
due
centrali
eoliche
presentato
dalla
Società
Altratensione
nel
territorio
di
Acquaviva
delle
Fonti
solleva
forti
perplessità,
per
la
grandiosità
dell’opera
e
per
tutte
le
ripercussioni
che
questa
comporterebbe
sul
nostro
territorio
e
sulla
qualità
della
nostra
vita.
“Nostro”
è
la
parola
chiave
del
comitato
MURGIAVIVA,
un
libero
movimento
cittadino
che
possiamo
definire
di
“appartenenza”
al
territorio,
ricco,
complesso
e
soprattutto
unico,
che
abbiamo
ereditato
e
dobbiamo
preservare
per
le
future
generazioni.
La
sostenibilità,
oltre
ad
essere
un
obbligo
morale
è
una
strategia
indispensabile
per
preservare
la
natura,
la
storia,
il
paesaggio
e
l’economia
agricola
del
territorio
murgiano
e,
non
ultimo,
la
salute
dei
suoi
abitanti.
La
produzione
di
energia
rinnovabile
deve
essere
sostenibile,
altrimenti
tradisce
la
propria
peculiarità.
Le
fonti
rinnovabili
rappresentano
il
futuro,
che
crediamo
possibile,
ma
soprattutto
sostenibile,
nelle
tecnologie
che
favoriscono
impianti
più
piccoli
e
più
diffusi
e,
di
conseguenza,
meno
impattanti
sul
paesaggio
e
sulla
qualità
del
nostro
territorio.
Il
Comitato
Murgiaviva
con
questo
documento
esprime
la
propria
contrarietà,
manifestando
le
ragioni
del
dissenso,
con
l’analisi
delle
complesse
implicazioni
e
dell’effettiva
insostenibilità
di
questo
progetto.
Un
progetto
lacunoso,
superficiale
e
spesso
non
chiaro
su
aspetti
tecnici
fondamentali,
come
ad
esempio
la
ventosità.
Questo
progetto
non
tiene
conto
delle
nuove
linee
guida
della
Regione,
il
Regolamento
Regionale
n.
24
del
30
dicembre
2010,
perché
la
società
dichiara
di
riferirsi
al
Regolamento
Regionale
n.
16
del
04
ottobre
2006.
Per
questa
ragione
e
per
tutte
le
osservazioni
contenute
in
questo
documento,
il
comitato
Murgiaviva
chiede
alla
Provincia
di
Bari
che
questo
progetto
sia
sottoposto
alla
VALUTAZIONE
D’IMPATTO
AMBIENTALE.
Il
comitato
MURGIAVIVA
1
OSSERVAZIONI
TECNICHE
AL
PROGETTO
CAVIDOTTI‐ELETTRODOTTI‐SOTTOSTAZIONE
Da
un’attenta
analisi
delle
relazioni
descrittive
relative
ad
entrambi
i
progetti
eolici
(“ACQUAVIVA
–
LOC.
PARCO
DELLA
CHIESA”
e
“ACQUAVIVA
–
LOC.
DIFESA
DELLA
TERRA”)
è
apparso
chiaro
come
non
vi
fosse
indicato
in
nessuna
parte
la
lunghezza
totale
dei
cavidotti
elettrici
che
serviranno
per
connettere
tutti
i
28
aerogeneratori
alla
dell’impianto
di
consegna
indicato
da
Terna
Spa
sito
nel
comune
di
Acquaviva
delle
Fonti
denominato
Cabina
Primaria
“Acquaviva”.
Infatti
nelle
relazioni
descrittive
di
entrambi
i
progetti
si
legge
che
“L’energia
elettrica
prodotta
è
poi
raccolta
e
convogliata
tramite
un
cavidotto
interrato
alla
cabina
di
smistamento
ubicato
nel
comune
di
Acquaviva
delle
Fonti”.
Capire
la
lunghezza
del
suddetto
cavidotto
è
fondamentale
per
riuscire
a
quantificare
il
relativo
impatto
sugli
ambienti
rurali
che
saranno
irrimediabilmente
colpiti,
con
particolare
riferimento
a
quella
ultra
secolare
rete
di
viabilità
secondaria
che
nel
territorio
acquavivese
ha
una
particolare
valenza
anche
dal
punto
di
vista
storico.
Il
comune
di
Acquaviva,
infatti,
è
attraversato
da
alcuni
antichi
tratturi
uno
dei
quali
ricadente
proprio
in
località
Difesa
della
Terra.
La
mancata
adozione
da
parte
dell’amministrazione
comunale
di
un
Piano
Comunale
dei
Tratturi
(peraltro
già
elaborato
per
conto
dell’autorità
comunale
diverso
tempo
fa),
così
come
previsto
dalle
normative
vigenti,
lascia
di
fatto
sguarnite
queste
fondamentali
testimonianze
viarie
della
storia
e
dell’identità
locale
dai
massicci
interventi
che
potrebbero
realizzarsi
in
quell’area.
I
cavidotti
che
saranno
realizzati
avranno
due
differenti
tensioni:
media
(MT)
ed
alta
(AT).
Questi
sono
descritti
nelle
relazioni
denominate
“D.1.5
CALCOLI
PRELIMINARI
DEGLI
IMPIANTI
ELETTRICI”
“D.1.8
DISCIPLINARI
OPERE
ELETTROMECCANICHE”
di
entrambi
i
progetti.
Mentre
relativamente
agli
impianti
in
AT
si
dichiara
che
“Alla
luce
di
ciò
si
è
progettato
un
elettrodotto
interrato,
di
c.a.
350
m
di
lunghezza,
in
cavo
AT
ad
elica
visibile
di
sezione
pari
a
1600
mm2,
tra
i
terminali
della
Sottostazione
di
Trasformazione
e
lo
stallo
dedicato
della
Stazione
Elettrica
380/150
kV
di
Acquaviva
delle
fonti,
adagiato
all’interno
di
uno
scavo”.
Non
riteniamo
possibile
che
ci
si
possa
sbilanciare
a
definire
la
lunghezza
della
connessione
in
AT
visto
che
nelle
relazioni
si
dichiara
genericamente
che
“Altratensione
srl
ha
intenzione
di
realizzare
nell’immediate
vicinanze
dell’impianto
di
consegna
di
Terna
Spa
[…]
una
Sottostazione
di
Trasformazione
150/30
kV
atta
a
ricevere
l’energia
prodotta”.
Cosa
si
intende
per
“immediate
vicinanze”?
Quale
garanzia
esiste
che
il
cavidotto
in
AT
sia
lungo
“solo”
350
m?
Relativamente
ai
cavidotti
di
interconnessione
e
all’elettrodotto
in
MT,
invece,
non
si
fa
accenno
ad
alcuna
quantificazione
della
lunghezza
eppure
è
l’opera
di
connessione
maggiormente
impattante
sul
territorio,
che
porterà
allo
sventramento
di
decine
di
strade.
Partendo
dagli
elaborati
grafici
“P.1.1
VIABILITÀ
DI
PROGETTO”
e
“I.3
INQUADRAMENTO
SU
AEROFOTOGRAMMETRICO”
abbiamo
misurato
la
lunghezza
dei
suddetti
cavidotti
in
MT
e
i
risultati
appaiono
preoccupanti:
17
Km
ca.
per
connettere
le
14
torri
eoliche
del
progetto
“Difesa
della
terra”
e
15
Km
ca.
per
le
14
torri
di
“Parco
della
Chiesa”.
Parliamo
quindi
di
un
totale
di
oltre
32
km
di
cavidotto
per
collegare
i
due
impianti
alla
sottostazione
di
trasformazione
MT/AT.
Tra
l’altro
facciamo
notare
come
dagli
elaborati
grafici
di
entrambi
i
progetti
si
evinca
chiaramente
che
la
sottostazione
di
trasformazione
prevista
per
i
due
“parchi
eolici”
sarà
una
e
una
sola
facendoci
di
fatto
propendere
per
considerare
queste
due
distinte
ma
speculari
elaborazioni
progettuali
come
ad
un
unico
megaimpianto
della
potenza
nominale
di
95,
2
MW.
2
Immagine
ottenuta
dalla
sovrapposizione
degli
elaborati
“I.3
Inquadramento
su
aerofotogrammetrico”
relativi
ai
due
progetti.
3
AEROGENERATORI
Relativamente
alle
caratteristiche
tecniche
degli
aerogeneratori
bisogna
immediatamente
chiarire
che
tutte
le
relazioni
descrittive
appaiono
poco
chiare
in
quanto
vengono
forniti
dati
spesso
variabili
all’interno
di
intervalli
molto
larghi
e
alle
volte
sono
indicati
valori
addirittura
discordanti
e
contraddittori.
Ciò
premesso
nella
relazione
descrittiva,
a
pag.2,
leggiamo
che:
“Le
caratteristiche
principali
degli
aerogeneratori
che
saranno
impiegati
per
la
costruzione
del
parco
eolico
sono
di
seguito
indicate:
‐
Potenza
nominale
fino
a
3.400
kW;
‐
Numero
di
pale
3;
‐
Materiale
delle
pale:
fibra
di
resina
‐
Velocità
di
rotazione
delle
pale
compresa
tra
7,1
e
13,8
rpm;
‐
Area
descritta
8.495
m2;
‐
Diametro
del
rotore
112
m;
‐
Tipo
di
torre
tubolare;
‐
Altezza
mozzo
78‐138
m;
‐
Tensione
di
generazione
950
V;
‐
Frequenza
50
Hz”.
Ci
soffermiamo
in
particolare
sul
valore
dell’altezza
del
mozzo
e,
come
si
legge
sempre
nella
stessa
pagina
alla
voce
“Torre”,
apprendiamo
che
“La
torre
è
costituita
da
un
cilindro
in
acciaio
con
altezza
variabile
da
78
a
138
m,
formato
da
più
conci
da
montare
in
sito,
fino
a
raggiungere
l’altezza
voluta”.
Appare
quindi
chiaro
come
non
sia
ancora
definita
l’altezza
della
torre
che
sosterrà
le
pale
e
come
essa
potrà
variare
in
base
alle
esigenze.
Questo
significa
che
tutti
i
valori
su
cui
sono
stati
effettuati
gli
studi
sui
possibili
impatti
presentati
nei
due
progetti
in
oggetto
potrebbero
essere
inficiati
confutati
da
delle
modifiche
anche
sostanziali
dell’altezza
finale
dell’aerogeneratore.
Segue
una
breve
ma
esaustiva
carrellata
delle
differenti
misure
fornite
dai
progettisti
della
società
Altra
Tensione
srl
in
tutti
gli
elaborati
descrittivi
ed
in
base
ai
quali
sono
stati
effettuati
degli
studi
e
dei
calcoli.
Nella
relazione
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”
a
pag.
3,
paragrafo
“2.2
CARATTERISTICHE
DELL’AEROGENERATORE”
l’altezza
del
mozzo
indicata
è
di
105
m
mentre
il
diametro
del
rotore
è
di
112
m.
Queste
misure
sono
per
così
dire
le
più
“gettonate”
anche
se
poi
nella
relazione
“D.1.6
CALCOLO
DELLA
GITTATA
MASSIMA
DEGLI
ELEMENTI
ROTANTI
IN
CASO
DI
ROTTURA
ACCIDENTALE”
a
pag.
5
per
l’ipotesi
di
calcolo
della
gittata
leggiamo
che
la
lunghezza
della
pala
considerata
è
di
52
m.
Nella
relazione
“D.1.8
DISCIPLINARE
OPERE
ELETTROMECCANICHE”,
al
paragrafo
“2.
AEROGENERATORE”,
a
pag.
4
si
scrive
che
“il
modello
preso
in
considerazione
è
solo
tipologico.
L’apparecchio
effettivamente
installato
sarà
identificato
in
fase
esecutiva,
ferma
restando
la
similarità
con
il
modello
citato”.
Di
conseguenza
i
timori
relativi
al
possibile
incremento
della
già
significative
altezze
ci
appaiono
fondati,
con
un
conseguente
aumento
significativo
sia
dei
rischi
che
degli
impatti
paesaggistici.
4
I
valori
citati
nello
Studio
di
Impatto
Ambientale
allegato
al
progetto
(“D.2.1
SIA”)
sono
ancora
una
volta
differenti,
anzi
nello
stesso
studio
sono
citati
molteplici
altezze
della
torre.
Tra
i
valori
citati
sono
presenti
anche
quelli
della
relazione
descrittiva
(a
pag.
38
l’altezza
al
mozzo
è
indicata
come
variabile
tra
78
e
138
m).
Nel
paragrafo
relativo
all’impatto
visivo
denominato
“4.5.2.3
DEFINIZIONE
DELLA
VISIBILITÀ
DELL’IMPIANTO”,
a
pag.
90,
leggiamo
che
“per
semplicità,
l’altezza
percepita
H
è
stata
calcolata
considerando
il
suolo
liscio,
senza
tenere
quindi
conto
della
effettiva
orografia
ma
solo
della
distanza
fra
il
punto
bersaglio
e
la
turbina
più
vicina,
e
con
riferimento
ad
una
altezza
complessiva
massima
(mozzo+pala)
delle
turbine
di
138
metri”.
Ci
sembra
molto
grave
che
in
questo
caso
in
cui
si
valuta
un
impatto
così
forte
come
quello
visivo
e
paesaggistico
si
sia
considerata
un’altezza
ben
più
bassa
di
quella
di
riferimento
e
che
troviamo
citata
chiaramente
nell’elaborato
grafico
denominato
“P.4.1
PARTICOLARI
TIPOLOGICI
DEGLI
AEROGENERATORI”.
Questa
tavola
mostra
chiaramente
i
particolari
tipologici
degli
aerogeneratori
e
relative
misurazioni.
I
valori
espressi
coincidono
con
quelli
elencati
nella
relazione
descrittiva
ed
in
particolare
l’altezza
della
torre
al
centro
del
mozzo
risulta
essere
di
105
m
e
il
raggio
del
sistema
mozzo‐elica
(calcolato
sempre
dal
centro
del
mozzo)
ha
una
lunghezza
totale
di
56
m.
Quindi,
calcolatrice
alla
mano,
l’altezza
totale
dell’aerogeneratore
espressa
in
questo
elaborato
grafico,
che
potremmo
definire
chiarificatore
e
verosimilmente
corrispondente
alle
macchine
che
si
vorrebbero
realmente
installare,
risulta
essere
di
161
m.
Il
problema
è
che
considerando
il
diametro
del
sistema
mozzo‐pale
come
fisso
ed
equivalente
a
112,
l’altezza
della
torre
al
mozzo
può
essere
variabile
(come
indicato
anche
nella
scheda
tecnica
dell’aerogeneratore)
fino
a
raggiungere
un’altezza
massima
di
138
m.
Sommando
l’altezza
massima
della
torre
ai
56
m
di
raggio
delle
pale
otteniamo
un
aerogeneratore
con
altezza
totale
di
194
m.
Parliamo
quindi
di
aerogeneratori
tra
i
più
alti
al
mondo
mai
installati,
con
un
fortissimo
impatto
e
con
altrettanto
forti
rischi
di
stabilità,
rischi
ed
impatti
calcolati
però
su
altezze
ben
diverse!
5
VENTOSITÀ‐PRODUCIBILITÀ
Il
territorio
comunale
di
Acquaviva
delle
Fonti
non
si
distingue
da
una
particolare
ventosità
che
giustificherebbe
l’installazione
di
generatori
eolici
per
la
produzione
di
energia
elettrica.
Le
aree
considerate,
così
come
tutta
la
provincia
di
Bari,
non
possiedono
infatti
di
quelle
caratteristiche
di
continuità,
intensità
e
persistenza
di
correnti
eoliche
da
rendere
economicamente
vantaggioso
lo
sfruttamento
eolico
su
scala
industriale.
Come
è
risaputo
infatti
con
l’aumentare
delle
dimensioni
degli
aerogeneratori
aumenta
progressivamente
la
velocità
di
cut‐in
ovvero
quella
soglia
di
velocità
che
il
vento
deve
raggiungere
per
poter
superare
l’inerzia
della
macchina
ed
azionare
le
pale
eoliche
e
quindi
la
produzione
di
energia
elettrica.
6
Nella
fattispecie
dei
due
impianti
eolici
in
oggetto
gli
aerogeneratori
che
si
vorrebbero
installare
sono
i
REpower
3.4M104.
Questo
lo
apprendiamo
dall’unica
relazione
tecnica
che
cita
esplicitamente
la
marca
ed
il
modello
previsti
ovvero
la
“RELAZIONE
GEOLOGICA
IDROGEOLOGICA
E
GEOTECNICA
(D.1.2)”,
pagina
2.
Nella
relazione
denominata
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”,
infatti,
non
si
cita
mai
né
la
marca
né
tantomeno
il
modello
che
si
vorrebbero
adoperare,
rimanendo
appositamente
sul
vago
salvo
poi
effettuare
dei
calcoli
quantomeno
imprecisi.
Relativamente
alla
ventosità
necessaria
all’aerogeneratore
per
produrre
energia
si
scrive
solamente
che
“quando
la
velocità
del
vento
supera
il
valore
corrispondente
alla
velocità
di
avviamento
la
potenza
cresce
al
crescere
della
velocità
del
vento.
La
potenza
cresce
fino
alla
velocità
nominale
e
poi
si
mantiene
costante
fino
alla
velocità
di
Cut‐out
(fuori
servizio)”.
Non
si
citano
i
valori
di
riferimento
fondamentali
relativi
alla
velocità
di
avviamento
(cut‐in),
alla
velocità
nominale
e
al
cut‐out.
Fortunatamente
riusciamo
a
trarre
le
informazioni
che
cerchiamo
dalla
scheda
tecnica
del
modello
dell’aerogeneratore
‐disponibile
sul
sito
ufficiale
del
produttore
REpower
http://www.repower.de
‐
indicato
dalla
società
Altra
Tensione
srl
nella
già
menzionata
relazione
geologica
(D.1.2).
La
velocità
minima
del
vento
necessaria
all’avviamento
della
produzione
energetica
deve
superare
i
3,5
m/s.
La
velocità
nominale
invece
corrisponde
ai
13,5
m/s:
solo
a
partire
da
questa
velocità
del
vento
la
potenza
prodotta
dalla
torre
eolica
sarà
per
così
dire
a
pieno
regime
e
cioè
corrispondente
ai
3,4
MW
dichiarati
dal
produttore.
Tradotto
in
chilometri
orari
questo
significa
che
l’intensità
del
vento
deve
raggiungere
e
superare
i
48
Km/h
per
avere
la
piena
produzione.
Mentre
il
cut‐off,
cioè
la
velocità
del
vento
oltre
la
quale
la
macchina
entra
in
fuori
servizio
e
smette
di
produrre,
corrisponde
a
25
m/s,
cioè
90
Km/h.
Questo
in
un
territorio
come
quello
acquavivese
dove
secondo
l’Atlante
Eolico
Italiano
alla
considerevole
altitudine
di
100
m
dal
terreno
la
velocità
media
del
vento
durante
l’anno
raggiunge
a
mala
pena
i
6
m/s
(corrispondente
a
21,6
Km/h)
e
non
i
7
m/s
di
cui
parla
la
relazione.
Questo
vuol
dire
che
la
macchina
funzionerebbe
a
bassissimo
regime
producendo
pochissima
energia
elettrica.
Del
resto
la
curva
di
potenza
parla
chiaro
anche
se
riteniamo
opportuno
premettere
che
anche
in
questo
caso
dobbiamo
evidenziare
la
scarsa
precisione
della
relazione
in
esame
che
mostra
una
curva
di
potenza
errata
e
comunque
assai
differente
da
quella
fornita
ufficialmente
dalla
REpower.
Nella
curva
di
potenza
che
troviamo
nella
relazione
(vedi
immagini
successive),
infatti,
l’origine
dell’asse
delle
ascisse,
su
cui
è
indicato
il
valore
della
velocità
del
vento
all’altezza
del
mozzo,
parte
da
0
mentre
il
valore
stante
all’origine
(ascisse)
della
curva
della
REpower
è
3
m/s.
Questo
errore
falsa
tutto
il
calcolo
della
producibilità.
Infatti,
se
a
6
m/s
lo
schema
proposto
da
Altra
Tensione
segnava
una
potenza
elettrica
superiore
ai
1000
kW,
la
curva
di
potenza
della
scheda
tecnica
del
modello
in
questione
fa
corrispondere
una
potenza
elettrica
di
poco
più
di
500
kW,
il
che
significa
un
aerogeneratore
che
lavora
a
meno
di
un
quarto
della
propria
potenza
nominale
e
comunque
ad
una
potenza
corrispondente
alla
metà
rispetto
a
quanto
prospettato
nelle
relazioni!
7
Curva
di
potenza
fornita
da
REpower
Curva
tratta
dalla
relazione
“D.1.3
VALUTAZIONE
DELLA
PRODUCIBILITÀ
ELETTRICA”
8
Anche
sulla
producibilità
specifica,
a
100
m
d’altezza,
abbiamo
un
valore
più
basso
rispetto
a
quello
evidenziato
nelle
relazioni:
la
mappa
dell’atlante
eolico
segna
per
le
4
macro
aree
dove
si
vorrebbero
ubicare
le
pale
ad
Acquaviva
un
valore
di
2000
MWH/MW
contrariamente
agli
oltre
2500
MWH/MW
indicati
nella
valutazione
della
producibilità
elettrica.
Inoltre
segnaliamo
che
mancano
completamente
i
dati
relativi
alle
misurazioni,
così
come
previste
dalla
normativa
vigente,
effettuate
da
appositi
anemometri
che
devono
essere
installati
nelle
aree
in
cui
si
vogliono
andare
a
realizzare
gli
impianti.
9
CONCLUSIONI
TECNICHE
Ci
appare
del
tutto
inappropriato
che
due
“parchi
eolici”
così
grandi,
impattanti
e
potenti
vengano
installati
nel
territorio
comunale
di
Acquaviva
delle
Fonti.
Dovremmo
cedere
una
parte
consistente
del
nostro
prezioso
ambiente
per
degli
aerogeneratori
che
produrrebbero
energia
per
pochissimi
giorni
all’anno
e
che
in
realtà
vedremmo
spesso
come
dei
giganteschi
spettri
immobili,
anche
e
soprattutto
alla
luce
del
fatto
che
le
elevate
temperature
estive,
spesso
al
di
sopra
dei
40°
C,
determinerebbero
l’arresto
automatico
delle
turbine.
Alla
già
ampiamente
dimostrata
assenza
di
vento
dovremmo
quindi
sommare
anche
il
caldo
estivo
tra
le
cause
di
arresto
della
produzione.
Quando
produrrebbero
quindi
questi
impianti?
Quanto?
La
risposta
è:
troppo
poco.
Un
impianto
di
produzione
elettrica
che
non
produce
elettricità
è
un
costosissimo
paradosso
che
non
possiamo
permetterci.
Del
resto
sappiamo
bene
che
non
stiamo
assistendo
al
tentativo
di
avviare
una
grande
centrale
(anzi
due!)
di
produzione
elettrica:
quella
in
atto
è
una
vera
e
propria
operazione
di
speculazione
finanziaria!
Un’operazione
resa
possibile
da
un
mercato,
quello
delle
rinnovabili,
ormai
completamente
drogato
da
tutta
una
serie
di
norme
incentivanti
che
alimentano
gli
speculatori
del
mercato
finanziario
globale,
disposti
a
sborsare
milioni
di
euro
per
costruire
torri
sempre
più
alte
alla
ricerca
di
quel
poco
vento
laddove
vento
non
c’è,
per
produrre
energia
(poca),
pagata
a
prezzi
doppi
rispetto
a
quelli
di
mercato.
Prezzi
previsti
da
un
sistema
statale
di
incentivi
a
pioggia,
che
non
discriminano
a
sufficienza
tra
l’autoproduzione
e
la
speculazione,
quest’ultima
premiata,
come
se
non
bastasse,
anche
dall’enorme
compravendita
dei
certificati
verdi
erogati
a
favore
di
chi
produce
energia
da
fonti
rinnovabili
e
da
questi
ultimi
rivenduti
a
caro
prezzo
a
chi
brucia
combustibili
fossili
per
continuare
a
produrre
(loro
sì)
tanta,
troppa
energia.
10
IMPATTO
DELL’ESECUZIONE
DELLE
OPERE
Riconfigurazione
Viabilità,
Realizzazione
di
Cantieri,
Cavidotti,
Piazzole
e
Fondazioni,
Trasporto
degli
elementi
prefabbricati
su
Tir
per
Trasporto
Eccezionale
Rappresentazione
reale
dell’intero
impianto
eolico
proposto
da
AltraTensione
(Nord
e
Sud)
Come
già
sottolineato,
i
“due”
progetti
proposti
da
AltraTensione
S.r.l.
denominati
“Progetto
per
la
Realizzazione
di
un
Impianto
per
la
produzione
di
energia
mediante
lo
sfruttamento
del
vento
nel
Territorio
Comunale
di
Acquaviva
delle
Fonti”
e
distinti
come
“in
località
Parco
della
Chiesa
(Nord)”
e
“in
località
Difesa
della
Terra
(Sud)”
altro
non
sono
che
un
unico
progetto
diviso
11
in
due
per
opportunismo
autorizzativo.
Ciò
risulta
evidente
pensando
che
i
“due”
impianti
per
la
produzione
di
energia
eolica
prevedono,
guardacaso,
dei
Cavidotti
che
convergono
in
un’unica
Sottostazione
Elettrica
AT/MT.
Pensando
poi
che
un
impianto
di
più
di
50
MW
è
sottoposto
necessariamente
a
V.I.A,
mentre
“due”
da
47,6
MW
ciascuno
non
lo
sono,
si
capisce
come
l’inganno
dei
progettisti
per
aggirare
la
norma
sia
completo.
Non
è
ben
chiaro
poi
qual’è
il
livello
di
dettaglio
della
formulazione
(in
realtà
non
è
definito)
visto
che
non
è
mai
espresso
in
alcun
elaborato
grafico
o
descrittivo,
e
ciò
non
rende
possibile
capire
se
si
tratta
di
Definitivo
e
del
perché
molti
elaborati
risultano
carenti.
Così
come
formulato
e
contestualizzato
nel
nostro
territorio
il
progetto
di
AltraTensione
necessita
per
una
sua
realizzazione
della
Riconfigurazione
sostanziale
del
Sistema
Viario,
fatto
da
strade
interpoderali
spesso
molto
strette,
oltre
che
uno
Stravolgimento
del
Paesaggio
Agrario
Tradizionale
per
come
lo
si
vede
oggi.
Tir
per
trasporto
eccezionale
di
conci
di
torre
eolica
Le
opere
propedeutiche
alla
realizzazione
dell’impianto
consistenti
prima
nella
costituzione
di
un’adeguata
viabilità
di
cantiere
adatta
alla
percorrenza
di
Tir
per
trasporto
eccezionale
della
lunghezza
di
oltre
56
metri
(più
la
motrice)
e
poi
nella
costituzione
dei
28
cantieri
ai
piedi
degli
aerogeneratori,
necessiterà
di
complessi
ed
invasivi
interventi
su
quella
che
diventerà
la
viabilità
di
cantiere.
Ciò
si
concreta
nel:
a. Allargamento
della
Sezione
Stradale
(a
mezzo
di
esproprio)
fino
a
minimo
4
m
con
la
conseguente
Demolizione
di
numerosi
muretti
in
pietra
a
secco1.
Se
si
confronta
questa
previsione
con
l’analogo
progetto
presentato
a
novembre
2010
a
Cassano
delle
Murge
(Ba)
da
Enel
Green
Power
per
pale
di
46
m
(ben
10
metri
più
corte!)
e
di
dice
che
lì
era
prevista
una
larghezza
di
5
metri,
si
può
intuire
che
forse
anche
questo
dato
può
essere
sottodimensionato.
1
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.1.2.
Realizzaz.
di
strade
di
accesso
e
viabilità
di
servizio
“Nella
fase
di
realizzazione
dell’impianto
sono
previsti
adeguamenti
della
viabilità
esistente
per
il
transito
dei
mezzi
pesanti
e
dei
trasporti
eccezionali,
e
solo
in
minima
parte
è
prevista
la
realizzazione
di
nuove
strade.
La
viabilità
esistente,
oggetto
di
interventi
di
manutenzione
che
consentiranno
di
ricondurre
la
stessa
ad
una
larghezza
minima
di
4
m,
sarà
integrata
da
nuovi
brevi
tratti
di
viabilità
di
servizio
per
assicurare
l’accesso
alle
piazzole
degli
aerogeneratori.”
12
Tra
l’altro
la
ditta
produttrice
degli
aerogeneratori
è
le
medesima
per
entrambi
i
progetti
e
quindi
appare
strano
che
pale
più
grandi
necessitino
di
strade
più
strette.
b. Taglio
di
tutto
quello
che
ingombra
per
un’altezza
di
almeno
4
m,
ivi
compresi
alberature
e
linee
elettriche
(nelle
relazioni
è
stato
omesso);
Ingombro
di
chiome
arborate
lungo
la
viabilità
di
cantiere
c. Riprofilatura
di
diverse
Curve
per
le
manovre
dei
Tir
con
il
conseguente
Espianto
di
numerosissimi
Ulivi
2
oltre
che
di
muri
a
secco.
Si
dice
infatti
nel
Disciplinare
Tecnico
di
progetto:
“Ove
occorra
gli
scavi
saranno
preceduti
dall'abbattimento
e
sgombero
di
alberi,
dall'estirpazione
di
radici
e
ceppaie”.
Anche
questo
“dettaglio”
non
è
minimamente
stato
messo
in
risalto
dai
progettisti
che
in
tutti
gli
elaborati
disegnano
strade
di
accesso
con
curve
spesso
a
gomito
“dimenticando”
che
lì
dovranno
girare
Tir
lunghi
quasi
60
metri;
se
si
pensa
che
nell’analogo
progetto
presentato
a
novembre
2010
a
Cassano
delle
Murge
(Ba)
da
Enel
Green
Power
per
pale
di
46m
si
prevedevano
raccordi
con
raggio
di
curvatura
50
m,
si
comprende
come
in
questo
caso
tale
raggio
dovrà
essere
almeno
di
60
metri
interessando
numerose
altre
proprietà,
muri
a
secco,
sbancamenti.
Tutto
ciò
è
stato
completamente
sottaciuto.
2
ART
4.
Scavi
in
genere
”Gli
scavi
saranno
eseguiti
secondo
le
sagome
geometriche
previste
in
progetto
e,
qualora
le
sezioni
assegnate
vengano
maggiorate
per
qualsiasi
motivo,
l'Appaltatore
non
avrà
diritto
ad
alcun
compenso
per
i
maggiori
volumi
di
scavo,
ma
anzi
sarà
tenuto
ad
eseguire
a
proprie
cure
e
spese
tutte
quelle
maggiori
opere
che
si
rendessero
per
conseguenza
necessarie.
Ove
occorra
gli
scavi
saranno
preceduti
dall'abbattimento
e
sgombero
di
alberi,
dall'estirpazione
di
radici
e
ceppaie.”
13
Evidenziazione
sulla
viabilità
di
progetto
di
curve
a
gomito
impossibili
da
percorrere
dai
Tir
(da
elab.
Progett.)
Progetto
Enel
Green
Power
di
Cassano.
Esempio
di
viabilità
di
cantiere
con
riprofilatura
delle
curve
Ripianature
delle
pendenze
viarie
per
ricondurle
ai
2‐3°
massimo.
Anche
questo
dettaglio
non
è
stato
evidenziato
perché
si
omette
di
dire
che
Tir
tanto
lunghi
non
possono
passare
attraverso
strade
a
dossi
o
cunette
ed
è
dunque
necessario,
anche
in
questo
caso,
sbancare
e/o
sopraelevare
la
viabilità
di
cantiere.
In
realtà
nel
Disciplinare
tecnico
di
progetto,
destinato
all’affidamento
dell’esecuzione
delle
opere,
compaiono
indicazioni
più
precise
di
cosa
si
intende
fare
a
livello
di
movimenti
terra,
tanto
che
a
pag.19
si
dice:
“Per
scavi
di
sbancamento
si
intendono
quelli
14
occorrenti
per
l'apertura
della
sede
stradale,
piazzali
ed
opere
accessorie,
quali
ad
esempio:
gli
scavi
per
tratti
stradali
in
trincea,
per
lavori
di
spianamento
del
terreno,
per
taglio
delle
scarpate
delle
trincee
o
dei
rilevati,
per
formazione
ed
approfondimento
di
piani
di
posa
dei
rilevati,
di
cunette,
cunettoni,
fossi
e
canali,
nonché
quelli
per
impianto
di
opere
d'arte
e
in
genere
ogni
scavo
su
vasta
superficie,
per
cui
sia
possibile
‐
con
la
formazione
di
rampe
provvisorie
o
con
l'impiego
di
altri
mezzi
idonei
‐
allontanare
le
materie
di
scavo
evitandone
il
sollevamento
a
spalla
o
con
il
verricello.”
Esempio
di
livellamento
della
viabilità
di
cantiere
con
movimenti
di
terra
e
sbancamenti
d. Taglio
di
tutta
la
vegetazione
spontanea
(rovi
e
arbusti)
e
la
perdita
degli
habitat
idonei
alla
presenza
di
numerose
specie
di
orchidee
a
margine
di
tutte
le
strade
interessate
dal
passaggio
dei
Tir
per
raggiungere
la
sezione
effettiva
di
4
m
Tipica
strada
vicinale
interessata
dagli
“adeguamenti”
(allargamento,
riprofilatura
delle
curve…)
15
e. Scavo
per
l’interro
dei
Cavidotti
sotto
la
sede
stradale
ad
una
profondità
di
1,2
o
1,5
m
di
profondità
per
oltre
32
km
Sezione
tipo
di
strada
con
sottoposto
cavidotto
(da
elaborato
progettuale)
f. Realizzazione
di
Piazzole
per
la
realizzazione
degli
aerogeneratori
3,
dette
“provvisorie”
e
necessarie
per
il
posizionamento
delle
Gru
e
l’accesso
dei
Tir
per
trasporto
eccezionale
dimensionate
in
circa
40x40
m.
Circa
1600
m2
(nella
relazione
40x40
m
inspiegabilmente
crea
una
superficie
1000
m2!)
in
cui
spariranno
muretti
a
secco,
alberi
di
ulivo,
arbusti
spontanei,
cespugli,
piccoli
fabbricati
rurali
e
quant’altro
possa
ostacolare
la
libera
circolazione
dei
mezzi;
se
poi
si
considera
che
dovranno
essere
pure
pianeggiante
si
aggiunge
la
necessità
di
creare
terrapieni
e/o
sbancamenti
che
porteranno
ad
una
sistematica
alterazione
del
paesaggio
agrario;
3
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.1.3.
Realizzazione
delle
piazzole
di
movimentazione
“In
corrispondenza
di
ogni
aerogeneratore
si
prevede
di
realizzare
una
“piazzola
provvisoria
di
lavoro”
di
circa
40x40
m,
per
il
montaggio
dello
stesso
aerogeneratore.
All’interno
di
tale
piazzola
sarà
definita
una
piccola
“piazzola
definitiva”,
delle
dimensioni
12x12
m,
su
cui
troverà
sistemazione
la
torre
di
sostegno
dell’aerogeneratore.
Per
la
realizzazione
di
queste
strutture
proprie
dell’impianto
è
prevista
la
realizzazione
di
plinti
di
fondazione
fondati
su
pali
impostati
ad
una
quota
di
circa
20,00
m
dal
piano
di
campagna
originario.
La
porzione
della
piazzola
adibita
allo
stazionamento
dei
mezzi
di
sollevamento
durante
l’installazione,
sarà
realizzata
con
fondazione
in
misto
di
cava
dello
spessore
di
40/60
cm
più
10
cm
di
misto
granulometrico
stabilizzato
con
l’eventuale
uso
di
geotessile
se
gli
esiti
delle
indagini
lo
consiglieranno.
Nella
fase
di
costruzione
del
parco
eolico
sarà
inizialmente
utilizzata
un’area
pari
a
circa
1000
mq
per
aerogeneratore,
considerate
anche
le
superfici
destinate
alla
viabilità
da
realizzare
ex‐
novo.
Tale
superficie,
utilizzata
in
gran
parte
per
il
posizionamento
dell’autogru
da
impiegare
per
il
sollevamento
dei
conci
che
costituiscono
la
torre,
sarà
drasticamente
ridotta
alla
fine
del
cantiere,
per
la
realizzazione
dell’area
richiesta
durante
l’esercizio
dell’impianto.”
16
Fasi
di
Realizzazione
della
Piazzola,
della
Fondazione
e
dell’aerogeneratore
(da
elaborato
progettuale)
g. Realizzazione
delle
Fondazioni
degli
aerogeneratori
4,
descritte
genericamente
‐
perché
ancora
da
progettare
in
base
ad
indagini
geologiche
che
non
hanno
‐
come
“poligonali”,
del
diametro
di
12‐16
metri,
dello
spessore
intorno
ai
3
metri,
su
palificata
profonda
dai
18
ai
22
metri
(esiste
un
calcolo
strutturale
preliminare
relativo,
ovviamente,
ad
una
pala
“tipo”,
alta
non
si
sa
bene
quanto
e
fondata
su
fondazione
tipo)
5.
Se
si
considera
che
nella
Relazione
Descrittiva
(D.1.1a),
parlando
delle
caratteristiche
degli
Aerogeneratori
(1.1)
si
dice
che
l’altezza
del
mozzo
sarà
variabile
fra
i
78
e
138
metri
ed
il
rotore
di
diametro
112
metri
si
capisce
che
la
fondazione
dovrà
poter
reggere
aerogeneratori
alti
dai
134
ai
194
metri!!!
Ci
si
chiede
se
davvero
basteranno
fondazioni
così
dimensionate
per
dei
giganti
che
sfiorano
i
200
metri.
‐ 4
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
1.2.
INFRASTRUTTURE
ED
OPERE
CIVILI
“Opere
di
fondazione.
Si
prevede
di
realizzare
una
fondazione
di
tipo
indiretta,
su
pali,
dimensionata
sulla
base
delle
risultanze
geotecniche
del
sito.
La
fondazione
sarà
realizzata
con
plinto
a
base
poligonale
di
spessore
variabile,
con
base
maggiore
di
dimensioni
comprese
tra
12
e
16
m,
spessore
da
2,5
e
3
m
e
forma
determinata
in
funzione
del
numero
di
pali
che
dovrà
contenere.
I
pali
saranno
del
tipo
trivellato,
con
diametri
pari
a
80/100
cm
e
profondità
variabile
tra
18
e
22
m.”
5
Da
D.1.4
RELAZIONE
SPECIALISTICA:
CALCOLI
PRELIMINARI
DELLE
STRUTTURE
‐
3.
RELAZIONE
SINTETICA
DEGLI
INTERVENTI
“L'impianto
eolico
per
la
produzione
di
energia
elettrica
oggetto
del
presente
progetto
è
caratterizzato
da
14
aerogeneratori
del
tipo
di
grande
taglia
max
3.400
KW.
Per
il
sostegno
di
ogni
aerogeneratori
si
prevede
di
realizzare
una
fondazione
di
tipo
indiretta,
su
pali,
dimensionata
sulla
base
delle
risultanze
geotecniche
del
sito.
La
fondazione
sarà
realizzata
con
plinto
a
base
poligonale
di
spessore
variabile,
con
base
maggiore
di
dimensioni
12
m,
spessore
della
piastra
di
fondazione
variabile
tra
1,3
e
2,0
m.
I
pali
saranno
del
tipo
trivellato,
con
diametro
pari
a
80
cm
e
profondità
di
20
m.
17
Rappresentazione
dell’Aerogeneratore
Tipo
(da
elaborato
progettuale)
h. Fase
di
Dismissione
delle
torri
eoliche,
delle
sue
componenti
e
delle
infrastrutture.
Nella
relazione6
si
dà
spazio
alle
metodologie
di
“ripristino
dello
stato
dei
luoghi”
consistenti,
nel
caso
delle
profonde
fondazioni
in
cemento
armato
su
palificate,
nella
sola
demolizione
fino
a
80
cm
dal
piano
di
campagna
e
ricopertura
con
terreno.
Ma
questo
secondo
i
progettisti
equivale
al
“ripristino
della
funzione
agricola”?
Avremmo
comunque
delle
possenti
strutture
in
cemento
armato
“nascoste”
sotto
un
piccolo
strato
di
terra
che
alla
prima
pioggia
potrebbe
esser
dilavato
ripresentando
“il
cadavere
nascosto
in
cantina”.
6
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.2.
FASE
DI
DISMISSIONE
“In
particolare
la
rimozione
degli
aerogeneratori
(n°
14),
sarà
eseguita
da
ditte
specializzate,
con
recupero
dei
materiali.
Le
torri
in
acciaio,
smontate
e
ridotte
in
pezzi
facilmente
trasportabili,
saranno
smaltite
presso
specifiche
aziende
di
riciclaggio.
La
demolizione
delle
platee
di
fondazione
poste
alla
base
degli
aerogeneratori
avverrà
fino
a
quota
80
cm
da
piano
campagna
in
modo
tale
da
consentire
il
ripristino
geomorfologico
dei
luoghi
con
terreno
agrario
e
recuperare
il
profilo
originario
del
terreno.
In
tale
modo
sarà
quindi
possibile,
nelle
limitate
aree
interessate
dagli
interventi,
restituire
le
stesse
all’uso
originario
per
le
attività
di
tipo
agricolo‐pastorale.
Come
soluzione
alternativa,
qualora
in
alcuni
casi
la
parte
superficiale
non
fosse
demolita,
la
stessa
potrebbe
costituire
la
struttura
di
fondazione
di
interventi
finalizzati
all’organizzazione
e/o
al
potenziamento
delle
attività
produttive
agricole.”
18
Sezione
del
plinto
di
Fondazione
prima
e
dopo
la
Dismissione
(da
elab.
progett.)
Ancora
più
fantasiosa
è
l’ipotesi,
ventilata
da
AltraTensione
secondo
cui
questi
“capolavori”
di
fondazione
possano
rappresentare,
se
lasciati
così
come
sono,
un
“potenziamento
delle
attività
produttive
agricole
facendo
da
base
ad
ipotetici
ampliamenti
a
strutture
agricole
che
ovviamente
se
fossero
così
vicine
non
permetterebbero
l’installazione
stessa
degli
aerogeneratori;
delle
due
una
è
falsa.
Per
completare
l’opera,
i
progettisti
propongono
più
avanti
nella
disquisizione
7
di
lasciarci
“in
dono”
anche
le
Fondazioni
delle
Cabine
di
Smistamento
che
–
guardate
che
fantasiosi
–
potranno
fungere
da
“piazzola
di
scambio
per
la
mobilità
di
mezzi
provenienti
in
senso
contrapposto”.
Tutta
questa
“premura”
non
nasconde
solo
la
necessità
di
scaricarsi
l’onere
di
dismissione
effettiva
di
questi
manufatti?
7
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
‐
2.2.
FASE
DI
DISMISSIONE
“La
fondazione
delle
cabine
di
smistamento,
costituita
da
una
platea
in
cemento
armato
sarà
lasciata
in
sito
al
di
sotto
dell’area
sistemata
ai
margini
della
viabilità
rurale
esistente
e
costituirà
una
piazzola
di
scambio
per
la
mobilità
di
mezzi
provenienti
in
senso
contrapposto.
Sarà
quindi
possibile,
nelle
limitate
aree
interessate
dagli
interventi,
restituire
le
stesse
all’uso
originario
per
le
attività
di
tipo
agricolo‐pastorale.
Si
prevedono
in
generale
ripristini
vegetazionali,
ove
necessari
e
all’occorrenza,
di
vegetazione
arborea,
utilizzando
essenze
autoctone,
per
assicurare
il
ripristino
dei
luoghi
allo
stato
originario.
19
Fasi
di
Dismissione
della
Piazzola
“provvisoria”
e
“rinaturalizzazione”
(da
elaborato
progettuale)
Sezione
della
Cabina
di
Smistamento
(da
elaborato
progettuale)
20
RISCHI
IDROGEOLOGICI
Vengono
minimizzati
gli
effetti
sull’ambiente
e
sull’attività
agricola:
infatti
nella
previsione
di
impatto
ambientale
viene
previsto
il
ripristino
dello
strato
di
terreno
agrario
di
80
cm;
ma
non
si
tiene
conto
la
sottostante
base
di
cemento
delle
torri
eoliche
impedirebbe
il
regolare
assorbimento
delle
acque
meteoriche
(tipico
delle
regioni
carsiche)
che
ristagnerebbero
nello
strato
di
terreno
con
conseguenze
negative
per
le
colture;
infatti
i
calcari
delle
Murge
[Calcare
di
Bari
e
Calcare
di
Altamura]
fratturati
e
carsificati,
sono
caratterizzati
da
cavità
di
dimensioni
che
vanno
dalle
semplici
fratture
a
fratture
allargate
fino
alle
grotte.
Questa
situazione
ha
permesso
la
formazione
e
la
conservazione
della
falda
di
fondo.
Schema
della
tipologia
litologica
di
profondità
dell’Altopiano
Murgiano
con
micro
e
macrocavità
di
origine
carsica.
21
Dal
punto
di
vista
geologico
e
morfologico
è
da
osservare
quanto
segue:
il
territorio
presenta
un
reticolo
idrografico
con
spartiacque
molto
incerti
che
possono
variare
in
occasione
di
forti
piogge
o
di
condizioni
del
suolo
modificate
(ad
esempio
scassi
di
terreni
con
spietramenti
per
il
cambio
delle
colture
o
apporto
di
materiali
terrosi
per
l’impianto
di
tendoni).
Gli
sbancamenti
di
terra
per
l’impianto
delle
torri
eoliche
e
la
modifica
della
viabilità,
necessaria
per
la
circolazione
di
grossi
automezzi
per
il
trasporto
di
terra
e
dei
componenti
delle
torri,
vengono
ad
alterare
la
morfologia
del
territorio.
Anche
se
il
progetto
prevede
il
ripristino
delle
pendenze,
di
fatto
questa
operazione
risulta
impossibile,
perché
la
morfologia
viene
alterata
in
modo
irreversibile.
Allagamenti
in
località
“Palude”
(alluvione
2005).
Il
toponimo
suggerisce
chiaramente
la
natura
idrografica
che
storicamente
ha
caratterizzato
quest’area.
Foto
1‐2‐3
In
tal
modo
cambia
l’assetto
idrografico
perché
le
acque
dovrebbero
trovare
altre
vie
per
il
loro
deflusso;
si
tenga
conto
che
in
tempi
passati
sia
i
proprietari
terrieri
sia
le
competenti
autorità
comunali
avevano
provveduto
a
conservare
l’assetto
idrografico
del
territorio
per
permettere
il
deflusso
delle
acque
con
apposite
aperture
nei
muretti
a
secco
e
con
la
pulizia
dei
“corsi
d’acqua”
e
dei
“condotti
d’acque”
come
risulta
da
documenti
conservati
nell’archivio
comunale.
22
Foto
2
Foto
3
23
Contrada
“Difesa
della
terra”:
muretti
a
secco
con
aperture
per
il
deflusso
delle
acque
Contrada
“Difesa
della
terra”:
cisterna
di
raccolta
delle
acque
meteoriche.
Cartografia
tematica
della
Regione
Puglia
in
cui
è
rappresentata
la
permeabilità
idraulica
delle
litologie.
Si
noti
l’importanza
idraulica
delle
aree
Murgiane
ed
in
particolare
dell’area
di
Acquaviva
sulla
importante
falda
di
profondità
che
si
estende
dall’Ofanto
al
Salento.
24
Veniamo
ora
al
problema
idrogeologico
ed
idraulico
delle
acque
di
superficie.
Nelle
relazioni
tecniche
di
progetto
non
si
evincono
assolutamente
le
estreme
problematiche
insite
in
questa
parte
del
territorio
barese,
storicamente
responsabili
dei
problemi
alluvionali
avvenuti
nel
nostro
capoluogo
di
regione.
La
bibliografia
e
le
cronache
in
merito
sono
vastissime
e
il
ricordo
dell’ultima
alluvione,
quella
del
2005,
è
ancora
vivido
nella
memoria
di
tutti
per
le
5
giovani
vittime
perite
proprio
nei
luoghi
in
cui
si
pensa
di
porre
l’impianto.
Ponte
crollato
in
occasione
dell’alluvione
del
23
ottobre
2005.
In
quella
occasione
il
crollo
costò
la
vita
a
5
giovani
vittime.
È
vero
che
l’uomo
dimentica
le
notizie
cattive,
ma
le
perplessità
sorgono
spontanee
sulla
convivenza
di
questo
importantissimo
dedalo
di
lame
con
l’impianto
di
aerogeneratori.
In
figura
viene
rappresentato
il
complesso
sistema
di
decorsi
torrentizi
che
si
sviluppano
dall’entroterra
murgiano
e
si
dirigono
tutti
in
una
stretta
area
di
sfocio
in
corrispondenza
del
capoluogo
pugliese.
In
particolare
si
noti
l’estrema
importanza
del
sistema
di
Lama
Picone
con
i
suoi
due
rami
Badessa
e
Baronale
(direttamente
interessato
dal
progetto
Nord)
che
dal
territorio
in
oggetto
si
dirigono
verso
Bari.
Due
veri
e
propri
fiumi
che,
anche
se
saltuariamente,
ad
ogni
alluvione
importante
fanno
il
loro
mestiere.
Entrambi
i
rami
principali
e
tutto
il
sistema
di
affluenti
ha
origine
alle
falde
delle
Murge
tra
Cassano
ed
Acquaviva.
In
particolare
il
sistema
riveste
estrema
rilevanza
nell’area
di
impianto.
25
Evidenziazione
delle
pendenze
del
suolo
in
prossimità
di
alcune
torri
a
sud
del
progetto
(località
“Difesa
della
Terra”)
Sezioni
altimetriche
(località
“Difesa
della
Terra”)
26
VALUTAZIONE
DEGLI
IMPATTI
SU
FLORA
E
FAUNA
ED
ECOSISTEMI
PARCO
DELLA
CHIESA
E
DIFESA
DELLA
TERRA
DUE
PROGETTI,
DUE
AREE
DIFFERENTI,
UN’UNICA
RELAZIONE
I
territori
interessati
dai
due
progetti
si
presentano
differenti
per
altitudine
(ci
sono
circa
100
m
di
differenza
di
quota
tra
il
Parco
della
Chiesa
e
la
Difesa
della
Terra),
per
colture
agricole,
per
tipologie
ambientali
ed
ecologiche.
Le
relazioni
specialistiche
sulla
valutazione
degli
impatti
su
flora
e
fauna
ed
ecosistemi
(D.2.2)
dei
due
progetti
invece
sono
identiche
e
differiscono
solo
nella
descrizione
dell’ubicazione
specifica
delle
pale.
Di
fatto
questi
studi
non
sono
altro
che
un
approssimato
e
lacunoso
assemblaggio
di
dati
e
dichiarazioni,
spesso
in
contraddizione
tra
loro,
a
volte
riferiti
ad
altri
contesti
e,
come
spesso
accade,
frutto
per
lo
più
di
un
mero
“copia
e
incolla”
piuttosto
che
di
studi
pertinenti
e
di
valutazioni
analitiche.
La
relazione
esordisce
con
una
collocazione
imprecisa
del
territorio
di
Acquaviva
delle
Fonti,
a
pag.
8
e
7
si
legge:
Il
territorio
comunale
di
Acquaviva
non
ricade
nell’Alta
Murgia,
e
il
tavolato
aspro
e
brullo
di
cui
si
parla
è
riferito
alla
steppa
mediterranea,
che
costituisce
l’essenza
del
Parco
Nazionale
dell’Alta
Murgia.
A
pag.
13
si
dichiara:
Con
l’espressione
“quasi
del
tutto”
si
escludono
dalle
valutazioni
vari
ecosistemi
naturali
e
seminaturali
presenti
sia
nell’area
Parco
della
Chiesa
(d’ora
in
poi
Nord)
e
sia
nell’area
Difesa
della
Terra
(d’ora
in
poi
Sud).
Segue
un
elenco
degli
ecosistemi
naturali
presenti
e
le
relative
emergenze.
27
LE
LAME
A
Nord
esiste
un
complesso
sistema
di
LAME,
caratteristico
del
territorio
premurgiano
sul
versante
adriatico,
che
dall’altipiano
degrada
verso
il
mare.
Dal
PPTR
(Piano
Paesaggistico
Territoriale
Regionale)
della
Regione
Puglia
si
evince
che:
“Le
lame
svolgono
un
ruolo
importante
di
funzionalità
idraulica
e
allo
stesso
tempo
sono
ambienti
naturalistici
di
pregio,
dei
corridoi
ecologici
che
mettono
in
comunicazione
ecosistemi
diversi,
dalla
Murgia
fino
al
mare.
Il
reticolo
carsico
avvicina
ai
contesti
urbani,
talvolta
attraversandoli,
habitat
ad
elevata
biodiversità”.
Dal
punto
di
vista
ecologico,
le
lame
rappresentano
nel
panorama
agricolo
pedemurgiano
una
vera
e
propria
“riserva”
di
Biodiversità.
La
lama
del
torrente
Baronale
(fig.
in
alto)
è
pienamente
interessata
dal
progetto,
con
tre
torri
che
distano
dall’alveo
meno
di
300
m
(T12,
T13,
T14)
e
ben
12
torri
a
meno
di
2
km.
Nell’alveo
della
lama
vegetano
formazioni
fitte
di
Quercus
calliprinos,
che
sul
fondo
si
associa
a
Quercus
virgiliana
e,
in
contrada
Parco
della
Chiesa,
si
evolve
in
una
formazione
boschiva
di
particolare
interesse,
ascrivibile
all’Habitat
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca.
Tra
le
specie
presenti:
Phillyrea
latifolia,
Pistacia
lentiscus,
Pistacia
terebinthus,
Paeonia
mascula,
Crataegus
monogyna,
Rosa
canina,
Cyclamen
hederifolium,
Cyclamen
repandum,
Allium
atroviolaceum,
Cistus
monspeliensis,
Cistus
incanus,
Cistus
salvifolius,
Asphodeline
lutea,
Asphodelus
macrocarpus,
Ferula
communis.
Lungo
le
pareti
della
lama
sono
presenti
ampi
tratti
di
roccia
riconducibile
all’Habitat
prioritario
8210
:
Pareti
rocciose
calcaree
con
vegetazione
casmofitica.
L’importanza
ecologica
di
questa
lama
è
ben
rappresentata
dalle
Orchidee
spontanee,
tutte
protette
dalla
Convenzione
CITES
e
qui
presenti
con
12
specie
e
un
ibrido:
Orchis
italica,
Anacamptis
morio,
Anacamptis
papilionacea,
Anacamptis
x
gennarii,
Anacamptis
pyramidalis,
Ophrys
passionis
subsp.
garganica,
Ophrys
tenthredinifera,
Ophrys
lutea
subsp.
minor,
Ophrys
bertolonii,
Neotinea
lactea,
Serapias
lingua,
Serapias
parvilfora,
Serapias
vomeracea
subp.
longipetala.
28
La
Lama
Baronale
e
la
vicina
Lama
Badessa
sono
frequentate
dagli
uccelli
migratori
durante
il
passo
primaverile
e
autunnale;
in
particolare
la
macchia
arbustiva
è
importante
per
la
sosta
durante
la
migrazione
di
passeriformi
come
Silviidae,
Turdidae
e
Muscicapidae
e
di
rapaci
del
genere
Circus.
Le
suddette
lame
sono
utilizzate
come
corridoio
di
transito
da
mammiferi
come
la
Volpe
e
la
Faina
e
non
possiamo
escludere
la
presenza
del
Tasso.
Le
Lame
sono
considerate
un
ambiente
prezioso
per
la
funzione
di
corridoio
ecologico
ai
fini
della
conservazione
della
biodiversità
e
le
pozze
di
acqua
temporanea
che
periodicamente
custodiscono
rappresentano
un
ecosistema
indispensabile
anche
per
gli
anfibi.
Passero
solitario
Barbagianni
LE
CAVE
A
Nord
sono
presenti
due
cave,
una
delle
due
è
in
attività.
I
fronti
di
cava
non
interessati
dall‘estrazione
rappresentano
un
Habitat
roccioso
seminaturale,
molto
prezioso
in
un
contesto
ambientale
povero
di
pareti
rocciose,
come
quello
murgiano.
Questo
ambiente
è
colonizzato
da
specie
vegetali
casmofitiche,
come:
Phagnalon
rupestre,
Carum
multiflorum,
Scrophularia
lucida,
Prasium
majus, Helichrysum
italicum.
Inoltre,
vi
nidificano
alcune
interessanti
specie
rupicole
che
riescono
a
convivere
con
l’attività
estrattiva,
tra
cui
uccelli
rapaci
quali
il
Gheppio
Falco
tinnunculus,
la
Civetta
Athena
noctua
e
il
Barbagianni
Tyto
alba.
Tra
i
passeriformi
nidificano
il
Passero
Solitario
Monticola
solitarius,
l’Upupa
Upupa
epops
ed
è
da
confermare
la
nidificazione
in
zona
della
Ghiandaia
marina
Coracias
garrulus,
di
cui
esistono
segnalazioni.
Le
pareti
di
roccia
della
cava,
così
come
le
grotte
presenti
nelle
pareti
di
roccia
delle
lame
e
spesso
anche
ruderi
di
edifici
rurali,
costituiscono
ambiente
di
nursery
e
di
rifugio
estivo/invernale
per
i
Chirotteri.
Helichrysum
italicum
29
Habitat
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca
in
località
“Parco
della
Chiesa”
I
BOSCHI
A
Sud
sono
presenti
vari
querceti
inquadrabili
in
due
Habitat
prioritari
9250:
Querceti
a
Quercus
trojana
e
91AA:
Boschi
orientali
di
quercia
bianca.
Questi
boschi,
anche
se
non
rientranti
nel
SIC,
sono
di
grande
rilevanza
ecologica
e
paesaggistica
e
sono
una
realtà
qualificante
per
il
territorio
di
Acquaviva.
Diverse
sono
le
emergenze
botaniche
di
questi
habitat,
con
specie
protette
dalla
Lista
rossa
nazionale:
Quercus
trojana,
Quercus
virgiliana,
Quercus
calliprinos,
Quercus
cerris,
Pistacia
terebinthus,
Crataegus
monogyna,
Rosa
canina,
Rosa
sempervirens,
Lonicera
implexa,
Paeonia
mascula,
Cyclamen
hederifolium,
Cyclamen
repandum,
Iris
collina,
Arum
apulum.
Questi
boschi
ospitano
le
seguenti
specie
di
UCCELLI
nidificanti:
Ghiandaia
Garrulus
glandarius,
Rigogolo
Oriolus
oriolus,
Succiacapre
Caprimulgus
europaeus,
Assiolo
Otus
scops,
Merlo
Turdus
merula,
Usignolo
Luscinia
megarhynchos,
Occhiocotto
Sylvia
melanocephala,
Sterpazzolina
Sylvia
cantillans,
Capinera
Sylvia
atricapilla,
Usignolo
di
fiume
Cettia
cetti,
Scricciolo
Troglodytes
troglodytes,
Zigolo
nero
Emberiza
cirlus,
Cinciallegra
Parus
major,
Cinciarella
Parus
caeruleus,
Codibugnolo
Aegithalos
caudatus,
Fanello
Carduelis
cannabina,
Cardellino
Carduelis
carduelis,
Verdone
Carduelis
chloris,
Verzellino
Serinus
serinus,
nelle
radure
in
prossimità
delle
aree
boscate
nidificano
anche
le
rare
Averla
capirossa
Lanius
senator,
Averla
cenerina
Lanius
minor
e
la
Tottavilla
Lullula
arborea.
I
boschi
di
querce
sono
importanti
anche
per
i
passi
migratori
e
lo
svernamento
di
specie
di
passeriformi,
quali
Turdidi
e
Fringillidae.
Tra
i
mammiferi
sono
presenti:
la
Volpe
Vulpes
vulpes,
il
Tasso
Meles
meles,
la
Faina
Martes
foina,
la
Donnola
Mustela
nivalis,
il
Riccio
Erinaceus
europaeus,
l’Arvicola
di
savi
Microtus
savii,
il
Topo
selvatico
Apodemus
sylvaticus.
Gli
anfibi
presenti
nelle
cisterne
e
in
luoghi
di
raccolta
d’acqua
temporanea
sono:
il
Rospo
comune
Bufo
bufo,
il
Rospo
smeraldino
Bufo
virdis,
il
Tritone
italico
Triturus
italicus
e
non
si
può
escludere
la
presenza
della
Raganella
Hyla
intermedia.
30
I
rettili
che
trovano
il
loro
habitat
lungo
i
muretti
a
secco,
nelle
specchie
e
presso
i
trulli,
sono:
Vipera
Vipera
aspis,
Cervone
Elaphe
quatuorlineata,
Colubro
leopardino
Zamenis
situla,
Biacco
Hierophis
viridiflavus,
Biscia
dal
collare
Natrix
natrix,
Luscengola
Chalcides
chalcides,
Ramarro
Lacerta
virdis,
Lucertola
campestre
Podarcis
sicula,
Geco
di
Kotschyi
Cyrtopodion
kotschyi,
Geco
comune
Tarentola
mauritanica.
LE
STEPPE
MEDITERRANEE
A
Sud
sono
presenti
aree
incolte
e
lembi
di
pascolo
inquadrabili
nell’Habitat
di
steppa
mediterranea
62A0:
Formazioni
erbose
secche
della
regione
submediterranea
orientale
(Scorzoneratalia
villosae).
Questi
ambienti
sono
caratterizzati
da
un
elevato
indice
di
biodiversità
e
sono
presenti
le
seguenti
specie
botaniche:
Stipa
austroitalica,
Asphodelus
ramosus,
Asphodeline
lutea,
Urginea
maritima,
Ferula
communis,
Thapsia
garganica,
Euphorbia
spinosa,
Euphorbia
myrsinites,
Satureja
cuneifolia,
Sternbergia
lutea,
Iris
pseudopumila.
Tra
le
orchidee
sono
state
censite:
Orchis
italica,
Anacamptis
morio,
Anacamptis
papilionacea
(foto
dx),
Anacamptis
x
gennarii,
Anacamptis
pyramidalis,
Ophrys
passionis
subsp.
Garganica
(foto
sx),
Ophrys
incubacea,
Ophrys
bertolonii,
Ophrys
bombyliflora,
Ophrys
fuciflora
subp.
apulica,
,
Ophrys
fuciflora
subp.
parvimaculata,
Ophrys
tenthredinifera,
Ophrys
lutea
subsp.
minor,
Serapias
lingua,
Serapias
parvilfora,
Serapias
vomeracea
subp.
longipetala.
Le
steppe
mediterranee
rappresentano
anche
l’area
trofica
principale
per
la
colonia
di
Grillaio,
che
nidifica
nel
centro
urbano
di
Acquaviva.
Altri
uccelli
tipici
delle
steppe
e
delle
aree
aperte
censiti
come
nidificanti
sono:
Cappellaccia
Galerida
cristata,
Allodola
Alauda
arvensis,
Calandra
Melanocorypha
calandra,
Calandrella
Calandrella
brachydactyla,
Strillozzo
Emberiza
calandra,
Saltimpalo
Saxicola
torquata
e
Beccamoschino
Cisticola
juncidis.
31
LE
FORME
CARSICHE
A
Sud
sono
presenti
la
Grotta
di
Curtomartino
(fig.
sotto)
e
la
Grave
di
Cimaglia.
La
grotta
di
Curtomartino,
oltre
ad
essere
un
importante
sito
archelogico,
è
un
prezioso
habitat
prioritario,
Habitat
8310:
Grotte
non
ancora
sfruttate
a
livello
turistico.
Questo
habitat
assume
notevole
importanza
soprattutto
per
la
conservazione
di
una
fauna
cavernicola
caratterizzata
da
animali
molto
specializzati
e
spesso
strettamente
endemici.
Si
tratta
di
una
fauna
costituita
soprattutto
da
invertebrati
esclusivi
delle
grotte
e
dei
corpi
idrici
sotterranei
come
i
coleotteri
appartenenti
alle
famiglie
Bathysciinae
e
Trechinae,
i
crostacei
(Isopoda,
Amphipoda,
Syncarida,
Copepoda)
e
i
molluschi
acquatici
della
famiglia
Hydrobiidae.
Le
grotte
costituiscono
spesso
i
luoghi
di
rifugio
durante
il
letargo
invernale
per
varie
specie
di
vertebrati
dell’Allegato
II.
Più
specie
possono
utilizzare
a
tal
fine
la
stessa
grotta.
Le
grotte
sono
importanti
habitat
per
i
Chirotteri
e
ospitano
inoltre
anfibi
molto
rari
come
Proteus
anginus
e
diverse
specie
del
genere
Speleomantes.
32
Alla
luce
di
tutti
gli
ecosistemi
presenti
ed
elencati,
si
può
comprendere
quanto
sia
inattendibile
la
dichiarazione
a
pag.
20:
1 A
Nord
10
delle
14
torri
eoliche
sono
posizionate
a
meno
di
5
km
dal
centro
urbano,
dove
sono
situati
i
nidi
di
Grillaio,
diversamente
da
come
viene
dichiarato
nella
relazione.
Inoltre
tutte
le
14
torri
sono
a
meno
di
5km
dalle
Cave
situate
tra
la
A14
e
la
SP
75.
2 A
Nord
tutte
le
torri
sono
posizionate
a
meno
di
5
km
dalle
cave,
luogo
utilizzato
dai
chirotteri.
A
Sud
la
T14
è
a
670
m
dalla
grotta
di
Curtomartino,
luogo
di
grande
importanza
per
i
Chirotteri
(nella
foto
un
Rhinolophus
ferrumequinum).
3 A
Nord
10
delle
14
torri
sono
a
meno
di
2
km
dalla
Lama
Baronale,
luogo
interessato
dai
flussi
migratori
dell’avifauna.
A
Sud
10
delle
14
torri
sono
a
meno
di
2
km
di
distanza
dai
boschi,
luoghi
interessati
dai
flussi
migratori
dell’avifauna.
4 Le
Lame
sono
corridoi
ecologici
e
vengono
utilizzate
per
il
transito
da
mammiferi
come
la
volpe
e
probabilmente
dal
tasso.
33
Sempre
a
pag.
20
:
Le
estinzioni
riportate
sono
riferite
all’Alta
Murgia
e
non
al
territorio
di
Acquaviva.
Questi
dati,
forniti
senza
riferimenti,
appaiono
come
maldestri
tentativi
di
dequalificare
ecologicamente
l’area
interessata
dal
progetto.
Sempre
a
pag.
20
è
riconosciuta
la
presenza
del
Grillaio,
ma
non
si
accenna
a
nessuna
valutazione
dell’impatto
su
questa
importante
presenza
faunistica
nel
territorio
di
Acquaviva.
(Nella
presente
relazione
sono
riportati
i
dati
ufficiali
relativi
a
questa
specie.)
Si
riporta
come
significativa
(?)
la
popolazione
nidificante
di
Lanario,
dato
non
reale
e
frutto
di
una
“incollaggio
maldestro”,
perché
la
presenza
del
Lanario
sarebbe
del
tutto
incompatibile
con
le
torri.
Questo
rapace
è
minacciato
gravemente
dalla
trasformazione
degli
habitat
e
la
produzione
industriale
di
energia
eolica
sta
di
fatto
sottraendo
spazio
vitale
a
questa
specie.
34
II
GRILLAIO
Falco
naumanni
Acquaviva
delle
Fonti
ospita
una
colonia
di
Grillaio
Falco
naumanni
"specie
Prioritaria
ai
fini
di
conservazione",
ai
sensi
della
direttiva
79/409,
ed
è
definita
"specie
vulnerabile"
nella
Lista
rossa
IUCN
e
nella
Lista
Rossa
Animali
d'Italia.
La
colonia
nidificante
ad
Acquaviva
è
formata
da
490
individui
(dati
censimento
2010
/
Parco
Nazionale
dell’Alta
Murgia)
e
all’interno
della
popolazione
pugliese
riveste
un’importanza
rilevante,
per
dimensioni
e
posizione
geografica.
Il
Grillaio
rappresenta
per
tutta
l’area
murgiana
e
per
il
Comune
di
Acquaviva
un’emergenza
naturalistica
di
grande
pregio.
La
popolazione
Apulo
lucana
è
la
più
importante
in
Italia
e
tra
le
maggiori
nel
Mediterraneo.
Le
torri
eoliche
rappresentano
per
il
Grillaio
un
pericolo
diretto,
causando
la
mortalità
per
collisione,
e
indiretto,
determinando
la
sottrazione
di
aree
trofiche.
Le
steppe
e
i
seminativi
sono
i
territori
di
caccia
di
questo
piccolo
falco,
che
si
affida
al
volo
librato
per
esplorare
il
terreno
sottostante
alla
ricerca
di
grilli,
cavallette
e
micromammiferi.
L’impatto
negativo
prodotto
dalle
torri
eoliche
sull’avifauna
e
sui
Chirotteri
è
accertato
e
riconosciuto.
Si
richiama
a
tal
proposito
la
sentenza
n.
939
del
TAR
Toscana
che
recita:
“…appare
di
evidente
ragionevolezza
la
conclusione
del
rapporto
istruttorio
che,
per
l’ipotesi
di
esclusione
del
progetto
dalla
procedura
di
VIA,
ritiene
necessario
che
“preventivamente
al
rilascio
dell’autorizzazione
alla
costruzione
dell’impianto”
debba
essere
effettuata
“una
campagna
di
rilievi
sul
campo
della
durata
di
18
mesi”
per
valutare
la
frequentazione
del
sito
da
parte
di
rapaci
e
di
chirotteri
con
la
definizione
di
soglie
critiche
di
mortalità
specifiche
per
le
varie
specie
e
che
successivamente,
sulla
base
dei
risultati
dei
rilevamenti,
il
proponente
provveda
agli
interventi
35
indicati
dalla
Provincia
come
necessari.
Né
ovviamente
il
prescritto
monitoraggio
di
durata
triennale,
da
effettuarsi
in
corso
di
esercizio
dell’impianto
medesimo,
può
essere
considerato
come
equivalente
e
sostitutivo
della
mancata
realizzazione
della
campagna
di
rilievi
ritenuta
necessaria
al
fine
di
acquisire
proprio
quelle
conoscenze
dell’ecosistema
più
attendibili
che
avrebbero
permesso
una
più
esatta
valutazione
di
incidenza
dell’impianto
sull’ambiente
e,
quindi,
la
previsione
di
misure
di
mitigazione
dettate
da
specifiche
esperienze
locali
oppure,
ove
i
rilievi
fossero
stati
negativi,
la
conferma
della
valutazione
di
incompatibilità
già
espressa
dalla
medesima
provincia
di
Grosseto
nel
2002”.
Si
chiedono
pertanto
chiarimenti
e
si
evidenzia
l’obbligo
di
effettuare
il
monitoraggio
come
d’altronde
previsto
obbligatoriamente
dalla
DGR
131/04
in
applicazione
dell’art.
7
della
L.R.11/01.
Non
ha
molto
senso
cercare
di
decifrare
definizioni
come
Habitat
avicolo(?).
La
superficialità
e
l’approssimazione
con
cui
è
stata
elaborata
la
relazione
hanno
l’unico
scopo
di
affermare
lo
scarso
valore
dell’area
e
di
conseguenza
ridurre
l’impatto
del
progetto
sugli
ecosistemi
presenti.
Dalle
osservazioni
qui
presentate
emerge
invece
la
rilevanza
ecologica
delle
aree
interessate,
dove
sono
presenti
ben
5
habitat
prioritari,
con
sorprendente
ricchezza
di
specie
e
diverse
emergenze,
in
generale
un
indice
di
biodiversità
di
buon
livello,
un
valore
prezioso
per
le
produzioni
agricole
di
qualità
e
per
la
salute
dell’intero
territorio.
Non
ha
molto
senso
cercare
di
decifrare
definizioni
come
Habitat
avicolo
(?).
La
superficialità
e
l’approssimazione
con
cui
è
stata
elaborata
la
relazione
hanno
l’unico
scopo
di
affermare
lo
scarso
valore
dell’area
e
di
conseguenza
ridurre
l’impatto
del
progetto
sugli
ecosistemi
presenti.
Dalle
osservazioni
qui
presentate
emerge
invece
la
rilevanza
ecologica
delle
aree
interessate,
dove
sono
presenti
ben
5
habitat
prioritari,
con
sorprendente
ricchezza
di
specie
e
diverse
emergenze,
in
generale
un
indice
di
biodiversità
di
buon
livello,
un
valore
prezioso
per
le
produzioni
agricole
di
qualità
e
per
la
salute
dell’intero
territorio.
36
IMPATTO
DEL
PROGETTO
SULLE
ARCHITETTURE
RURALI
E
IL
PAESAGGIO
AGRARIO
Quello
che
si
descrive
rappresenta
senza
dubbio
alcuno
una
profonda
modificazione,
se
non
lacerazione,
del
tipico
paesaggio
agrario
acquavivese
fatto,
come
in
altri
comuni
contermini,
di
una
viabilità
“in
filigrana”
che
si
muove
nella
fertile
piana
con
colture
di
ulivi,
vite
ed
alberi
da
frutta,
fra
recinzioni
in
pietra
a
secco,
trulli,
piccoli
e
medi
fabbricati
rurali
(a
volte
abitati
dai
detentori
delle
terre),
spesso
bordato
da
cespugli
di
rovi
o
piccoli
arbusti
spontanei.
8
Gli
stessi
progettisti
nella
Relazione
Descrittiva
parlano
di
un
forte
impatto sia
in
fase
di
cantierizzazione
che
di
esercizio,
che
“però”
a
loro
modo
di
vedere
verrebbe
mitigato
da
alcune
opere
di
“rinaturalizzazione”.
Nella
stessa
Relazione
(2.1.1
‐
Movimenti
di
Terra
e
Discarichi)
si
legge
anche:
“Il
riutilizzo
quasi
totale
del
materiale
proveniente
dagli
scavi
rende,
di
fatto,
non
necessario
il
conferimento
in
discarica
del
terreno
di
risulta
degli
scavi,
salvo
casi
singolari
che
saranno
valutati
in
corso
d’opera.”
Non
si
capisce
bene
“come”
intendano
“utilizzare”
tale
materiale,
o
se
poi
questo
verrà
di
fatto
“spalmato”
sui
terreni
o
peggio
ancora
lasciato
in
cumuli
a
margine
delle
aree
di
cantiere.
Inoltre
questa
alterazione
delle
quote
altimetriche
indotte
come
influirà
sul
nuovo
deflusso
delle
acque?
Non
è
dato
saperlo.
8
Da
D.1.1a
‐
RELAZIONE
DESCRITTIVA
DI
PROGETTO
–
2.
DESCRIZIONE
DEGLI
INTERVENTI
DI
PROGETTO
“Sebbene
la
realizzazione
del
parco
eolico
determini
un
significativo
impatto
visivo
in
fase
di
esercizio,
l’intera
progettazione
e
realizzazione
sono
concepite
nel
rispetto
del
contesto
naturale
in
cui
l’impianto
è
inserito.
I
concetti
di
reversibilità
degli
interventi
e
di
salvaguardia
del
territorio
sono
alla
base
del
presente
progetto
che
tende
ad
evitare
e/o
ridurre
al
minimo
possibile
le
interferenze
con
le
componenti
paesaggistiche
presenti
nei
territori
circostanti.
I
lavori
di
cementazione,
canalizzazione
ed
apertura
delle
nuove
strade
di
servizio,
causeranno
un
impatto
in
fase
di
cantieramento
e
costruzione
che
sarà
minimizzato
dalle
operazioni
di
ripristino
geomorfologico
e
vegetazionale
dei
luoghi
al
termine
dei
lavori
di
costruzione
e
con
il
successivo
ripristino
dei
luoghi
allo
stato
originario.
Tutti
gli
interventi
proposti
sono
improntati
sul
principio
di
ripristinare
lo
stato
originario
dei
luoghi
da
un
punto
di
vista
geomorfologico
e
vegetazionale
non
eliminando
comunque
tutte
le
opere
realizzate
ex‐novo.
Si
prevede
inoltre
la
conservazione
di
alcune
opere
a
servizio
del
parco
eolico
(strade,
piazzole,
fondazioni
profonde,
ecc.)
che
potranno
rendersi
funzionali,
anche
ad
avvenuta
dismissione,
da
parte
dei
fruitori
dei
siti.
37
Come
espresso
nel
Codice
dei
BB.CC.9,
il
Paesaggio
è
definito
all’art.
131,
comma
1,
come:
“il
territorio
espressivo
di
identità,
il
cui
carattere
deriva
dall'azione
di
fattori
naturali,
umani
e
dalle
loro
interrelazioni”
oppure
circa
la
Tutela
del
Paesaggio
al
comma
4:
“è
volta
a
riconoscere,
salvaguardare
e,
ove
necessario,
recuperare
i
valori
culturali
che
esso
esprime.
I
soggetti,
indicati
al
comma
6,
qualora
intervengano
sul
paesaggio,
assicurano
la
conservazione
dei
suoi
aspetti
e
caratteri
peculiari”
e
ancora
al
comma
6:
“Lo
Stato,
le
Regioni,
gli
altri
Enti
Pubblici
territoriali
nonché
tutti
i
soggetti
che,
nell'esercizio
di
pubbliche
funzioni,
intervengono
sul
territorio
nazionale,
informano
la
loro
attività
ai
principi
di
uso
consapevole
del
territorio
e
di
salvaguardia
delle
caratteristiche
paesaggistiche
e
di
realizzazione
di
nuovi
valori
paesaggistici
integrati
e
coerenti,
rispondenti
a
criteri
di
qualità
e
Sostenibilità”
Appare
dunque
necessaria
una
seria
riflessione
e
valutazione
sulla
reale
opportunità
di
realizzare
un
intervento
così
impattante
sul
territorio,
viste
le
pesanti
ricadute:
‐
sull’aspetto
della
viabilità
di
campagna,
ridisegnata,
livellata
per
ridurre
le
pendenze
e
lasciata
al
dilavamento
delle
piogge;
‐
sui
numerosi
ulivi
che
verranno
espiantati;
‐
sulle
piccole
architetture
rurali
e
recinzioni
in
muretti
a
secco,
che
verranno
demoliti
e
mai
più
recuperati,
o
peggio
ancora
ripristinati
in
cemento;
‐
sul
paesaggio
agrario
nel
complesso,
aggredito
su
tutta
la
zona
più
fertile
del
Comune
con
dei
colossi
rumorosi
e
comunque
visibili
in
una
zona
praticamente
pianeggiante.
9
D.
Lgs.
22
gennaio
2004,
n.
42
‐
CODICE
DEI
BENI
CULTURALI
E
DEL
PAESAGGIO
‐
ai
sensi
dell’art.
10
della
legge
6
luglio
2002,
n.137
‐
così
come
modificato
dal
D.
Lgs.
24
marzo
2006,
n.
156
e
D.
Lgs.
24
marzo
2006,
n.
157
‐
nonché
dal
D.
Lgs.
26
marzo
2008,
n.
62
e
D.
Lgs.
26
marzo
2008,
n.
63
38
IMPATTO
SULLA
STRATIFICAZIONE
STORICA
Nella
documentazione
allegata
al
progetto
si
segnala
l’assenza
di
una
relazione
per
l’impatto
archeologico
e
storico‐architettonico,
inoltre,
le
due
tavole
(E048_T.4.3
Aree
PUTT‐p
Componenti
Storico
Culturali;
E049_T.4.3
Aree
PUTT‐p‐
Componenti
Storico
Culturali)
allegate
per
illustrare
la
componente
storico‐architettonica
appaiono
lacunose
nella
segnalazione
di
beni
vincolati
e
di
interesse,
segnalate
peraltro
nella
cartografia
del
P.R.G.
Il
territorio
rurale
interessato
dalle
28
pale
eoliche
è
caratterizzato
nella
sua
stratificazione
storico‐
architettonica,
nella
parte
a
Nord
e
in
quella
a
Sud,
da
un
sistema
insediativo
funzionale
ad
un’economia
mista
di
tipo
agro‐pastorale.
Si
spiega
in
questo
modo
la
diffusa
presenza
di
masserie,
casini,
cappelle
rurali,
lamie,
jazzi,
trulli,
cisterne.
L’area,
inoltre,
è
segnata
da
una
estesa
ragnatela
di
muretti
a
secco
delimitanti
i
poderi
e
le
stradine
interpoderali.
Per
quanto
riguarda
gli
insediamenti
più
importanti,
cronologicamente
databili
in
un
ampio
periodo
compreso
fra
XVI
e
XVIX
secolo,
alcuni
segnalati
nella
Carta
dei
Beni
Culturali
della
Regione
Puglia
e
nelle
aree
di
interesse
definite
dall’attuando
P.R.G.,
ammontano
ad
un
numero
complessivo
di
36
(17
a
Nord,
19
a
Sud).
Il
sistema
pastorale,
in
particolare,
oltre
al
normale
sistema
viario
rurale,
sfruttava
importanti
infrastrutture
di
collegamento
all’uopo
destinate
ed
oggi
oggetto
di
tutela
con
vincolo
di
tipo
archeologico:
il
tratturo
“Cassano
delle
Murge
–
Adelfia”,
nella
parte
settentrionale
del
territorio
comunale,
e
il
tratturello
n.
92
“Curtomartino”,
nella
parte
meridionale.
Si
segnala
in
quest’ultimo
settore,
e
strettamente
connessa
alla
presenza
del
tratturello
n.
92
“Curtomartino”,
la
contrada
“Difesa
della
Terra”,
lottizzata
nel
1867
(Archivio
Storico
Città
di
Acquaviva)
e
definita
da
un
caratteristico
reticolo
ortogonale
di
muretti
di
confine
e
strade
interpoderali,
evidente
a
prima
vista
nella
cartografia
IGM
e
nella
foto
aerea.
Il
parco
prevede
su
questa
contrada
la
presenza
di
4
pale
(P1
Sud,
P3
Sud,
P4
Sud,
P5
Sud),
vicinissima
una
quinta
pala
(P2
Sud)
appare
quasi
tangente
l’area
di
rispetto
del
tratturo
suddetto.
La
pala
P14
Sud
a
SudOvest
del
territorio
comunale
appare
collocata
a
poche
centinaia
di
metri
(circa
300
m)
dal
tratturello
n.
92
“Curtomartino”,
dall’area
del
sito
peuceta
di
Salentino
(circa
500
m),
dalla
grotta
di
Corto
Martino
(circa
800
m).
Il
sito
di
Salentino
e
la
grotta
di
Corto
Martino
sono
beni
con
vincolo
archeologico
e
aree
di
particolare
rilevanza
nella
cartografia
dell’attuando
P.R.G..
Nel
sito
di
Salentino
le
indagini
archeologiche
condotte
dalla
Soprintendenza
tra
il
1976
ed
il
1979
hanno
portato
alla
luce
i
resti
di
un
villaggio
abitato
sicuramente
fino
al
periodo
altomedievale
(VII
sec.
d.C.),
confermando
così
la
credenza
popolare
acquavivese
che
identificava
in
Salentino
le
origini
della
propria
storia.
La
presenza
umana
nel
sito
risale
all’età
del
Bronzo
(II
millennio
a.C.)
ma
solo
in
età
peuceta
(VIII‐II
sec.
a.C.)
si
sviluppò
l’abitato
vero
e
proprio,
di
cui
esistono
solo
scarsi
indizi
di
sopravvivenza
in
età
romana;
nel
periodo
altomedievale
la
località
conobbe
sicuramente
un’altra
fase
di
vita.
Ai
secoli
finali
del
Medioevo
risale
la
Chiesa
di
S.
Maria
Assunta
o
della
Palma,
riferibile
per
le
sue
caratteristiche
architettoniche
a
modelli
romanico‐
gotici,
forse
costruita
sulle
vestigia
di
un
più
antico
edificio
di
culto.
I
reperti
rinvenuti
sono
attualmente
esposti
nella
mostra
permanente
“Salentino
–
alle
origini
della
città”,
allestita
in
due
sale
al
primo
piano
dell’ala
Nord
di
Palazzo
de
Mari.
La
grotta
di
Cortomartino
è
una
preziosa
testimonianza
della
presenza
umana
nel
territorio
già
verso
la
fine
dell’era
paleolitica.
Alla
fase
finale
del
Paleolitico
Superiore,
corrispondente
alla
facies
39
culturale
del
Gravettiano,
risalgono
infatti
la
maggior
parte
dei
reperti
rinvenuti
in
questa
grotta
carsica,
situata
a
circa
360
m
sul
livello
del
mare.
Nel
1968
il
sito
è
stato
oggetto
di
un’indagine
archeologica
finanziata
dal
CNR,
sono
stati
individuati
tracce
di
presenza
umana
relativa
alla
facies
gravettiana,
in
base
alle
tipologie
di
strumenti
litici
ritrovati.
I
resti
faunistici
di
questi
giacimenti
gravettiani
appartengono
quasi
esclusivamente
a
mammiferi
(tra
le
specie
più
attestate
Equus
caballus,
Equus
Hydruntinus,
Bos
primigenius,
Cervus
Caproleus)
e
rimandano
ad
una
comunità
di
cacciatori,
vissuti
in
un’epoca
in
cui
il
clima
continentale
relativamente
secco
deve
aver
favorito
l’estendersi
delle
praterie,
di
cui
gli
animali
appartenenti
al
genere
Equus
sono
tipici.
Successivamente
l’aumento
dell’umidità
nell’atmosfera
deve
aver
determinato
un
mutamento
dell’habitat,
con
sviluppo
di
vegetazione
a
boschi
e
macchie,
più
propizia
all’attecchimento
di
altre
specie
animali,
come
ad
esempio
il
Bos
Primigenius.
In
questa
fase
l’elevata
umidità
all’interno
della
grotta
e
forse
la
caduta
di
massi
dalla
volta
deve
averne
determinato
l’abbandono.
La
presenza
umana
continua
però
fino
all’età
neo‐eneolitica
e
protostorica
nell’area
antistante
l’ingresso,
da
cui
provengono
reperti
come
una
lama
di
ossidiana
e
frammenti
di
ceramica
d’impasto,
riconducibili
a
questi
periodi.
Il
sito
di
Salentino
ed
il
tratturello
“Corto
Martino”
sono
beni
compresi
nell’area
SIC
IT9120013
“BOSCO
MESOLA”.
Non
meno
impattante
appare
la
collocazione
delle
pale
P1
Sud
e
P2
Sud,
non
distanti
dal
sito
peuceta
di
Ventauro
(area
d’interesse
dell’attuando
P.R.G.).
La
presenza
di
un
casale
medievale
in
questa
località
è
attestata
dalle
fonti
scritte
(anno
1221)
e
dalla
tradizione
orale.
Numerosi
sono
stati,
in
passato,
i
rinvenimenti
fortuiti
da
parte
dei
contadini,
nel
corso
delle
arature
o
dell’impianto
di
nuove
di
colture.
Come
per
Salentino,
anche
Ventauro
è
interessato
dalla
presenza
di
una
antica
cappella
(già
citata
nel
documento
del
1221),
intitolata
a
San
Martino,
da
cui
prende
il
nome
alla
contrada.
Ricognizioni
di
superficie
intorno
alla
cappella
non
hanno
restituito
reperti
risalenti
al
bassomedioevo,
anzi
il
materiale
ceramico
è
databile
all’epoca
romano
imperiale‐tardoantica.
La
quantità
e
la
qualità
dei
reperti,
l’estensione
e
le
buone
condizioni
di
conservazione
dell’area,
l’ampiezza
dell’arco
cronologico
(Età
del
Ferro
–
Tardoantico)
senza
soluzione
di
continuità,
rendono
questo
sito
il
più
interessante
e
potenzialmente
ricco,
forse
più
dello
stesso
Salentino,
a
cui
è
accomunato
sia
per
l’epoca,
che
per
la
presenza
di
un
luogo
di
culto
di
epoca
medievale.
Nel
territorio
a
Nord
del
centro
urbano
la
pala
P12
Nord
è
collocata
circa
un
chilometro
ad
Est
della
Masseria
Capitolo
(contrada
Tufara
–
S.
Andrea)
e
a
circa
750
m
l’ipogeo
Misceo
(vincolo
archeologico).
Numerose
sono
le
indicazioni
relative
alla
presenza
di
un
insediamento
antico
in
questa
zona.
A
metà
degli
anni
‘80
nel
corso
di
lavori
agricoli
fu
distrutta
una
necropoli
risalente
al
IV
sec.
a.C.
Nel
settembre
del
1994,
in
seguito
ad
un
nuovo
“scasso”,
furono
portati
alla
luce
rocchi
di
colonne,
numerosi
frammenti
ceramici
di
epoca
romana,
anforacei,
una
base
di
torcularium,
un
canale
coperto
da
lastre
calcaree
e
intonacato
con
cocciopesto,
che
corre
parallelo
alla
strada
per
tutta
la
lunghezza
dell’area
e
profondo
almeno
1,50
m.
L’intervento
immediato
della
S.A.P.
(Soprintendenza
Archeologica
Puglia)
ha
determinato
l’occupazione
d’urgenza
dell’area,
a
cui
sono
seguite
indagini
di
scavo
nel
novembre
del
1997
e
nel
maggio
del
1998.
Il
sito
è
interessato
dalla
presenza
di
un
impianto
di
tipo
produttivo
di
epoca
romana
tardoantica,
con
una
frequentazione
che
va
dall’epoca
preromana
all’altomedioevo.
Non
è
escluso
che
possano
esserci
anche
i
resti
di
40
un
insediamento
vero
e
proprio,
vista
l’estensione
dell’area
interessata
dalla
presenza
di
reperti
in
superficie.
Le
pale
P8
Nord
e
P9
Nord
surclassano
in
altezza
la
vicinissima
Torre
Latilla
(circa
300
m).
Il
monumento,
databile
fra
XIV
e
XV
sec.
e
tutelato
con
vincolo
del
31.02.1981
ai
sensi
della
legge
1089/39,
è
stato
più
volte
sotto
i
riflettori
dei
media
e
di
associazioni
culturali
che
ne
hanno
chiesto
adeguati
interventi
a
tutela
del
bene.
La
Torre
Latilla,
così
chiamata
dal
nome
della
famiglia
degli
antichi
proprietari,
un
tempo
si
ergeva
sul
ciglio
della
lama.
La
masseria
annessa
alla
torre,
i
cui
resti
furono
demoliti
circa
venti
anni
fa
dai
gestori
della
cava,
costituiva
forse
l’evoluzione
dell’antico
casale
Cellamare,
ricordato
dal
toponimo
della
non
distante
strada
vicinale.
Secondo
uno
schema
evolutivo
degli
insediamenti
–
da
casale
a
masseria,
a
volte
fortificata
–
che
comincia
a
manifestarsi
nel
XIV
sec.,
raggiungendo
l’apice
fra
XVI
e
XVIII
sec.
Elenco
masserie,
casini,
cappelle
nel
raggio
di
circa
1
km
A
Nord
1
‐
Casino
Tricarico
2
–
Masseria
La
Tilla
(Torre
con
vincolo
architettonico)
3
‐
Casino
Sollazzo
4
‐
Casino
Zella
5
–
Masseria
Gaudenzio
6
‐
Masseria
Paolicchio
7
‐
Masseria
La
Rena
8
‐
Casino
Pietro
Rossi
(Cappella)
9
‐
Villa
Azzone
(Casamassima)
10
‐
Casino
Giordano
11
‐
Masseria
Memola
12
‐
Masseria
Le
Monacelle
13
‐
Masseria
La
Molignana
(Cappella)
14
‐
Masseria
S.
Domenico
(Cappella)
15
‐
Casino
Biasi
16
‐
Masseria
Capitolo
(Cappella)
17
‐
Masseria
I
Casalicchi
41
A
Sud
18
‐
Masseria
Pippo
19
‐
Masseria
S.
Vito
20
‐
Lamione
Difesa
21
‐
Masseria
Cimino
22
‐
Masseria
Parco
d’Ottavio
23
‐
Masseria
Lama
Cupa
24
‐
Masseria
Magazzini
25
‐
Masseria
Pozzo
Mancuso
26
‐
Masseria
Panzarella
(Cappella)
27
‐
Masseria
Giura
28
‐
Masseria
Marchitelli
29
‐
Masseria
Cimaglia
30
‐
Masseria
Cacciafumo
31
‐
Masseria
Catucci
32
‐
Masseria
Panessa
33
‐
Masseria
Losito
34
‐
Masseria
Posa
35
‐
Masseria
Salentino
36
‐
Masseria
Mastronardi
Beni
vincolati
Cappella
S.
Maria
di
Salentino
(vincolo
architettonico
e
archeologico)
Grotta
di
Corto
Martino
(vincolo
archeologico)
Salentino
(vincolo
archeologico)
Torre
Latilla
(vincolo
architettonico)
Sito
loc.
Malano
(vincolo
archeologico)
Ipogeo
Misceo
(vincolo
archeologico)
42
Area
archeologica
di
Salentino
prossima
alla
torre
14
Sud
43
Torre
Latilla
direttamente
interessata
dal
progetto
Nord
Masseria
Capitolo
(nei
pressi
dell’area
archeologica
di
Malano)
44
Visione
d’insieme
dell’area
interessata
dal
progetto
a
Sud
con
l’individuazione
dei
siti
archeologici.
Appare
evidente
come
il
reticolo
ortogonale
di
muretti
a
secco
di
confine
e
strade
interpoderali
realizzato
con
la
quotizzazione
del
1867
caratterizzi
l’area
interessata
dal
progetto.
45

Scarica

osservazioni acquaviva