C O M I T A T O p er l a t U te l a d e l p aesa g g io MURGIAVIVA O S S E R V A Z I O N I AL PROGETTO PER LA REALIZZAZIONEDI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA MEDIANTE LO SFRUTTAMENTO DEL VENTO NEL TERRITORIO COMUNALE DI ACQUAVIVA DELLE FONTI vabilcoe rinno n non sempre fa rima sostenibile INDICE PREMESSA_______________________________________________________PAG.1 OSSERVAZIONI TECNICHE___________________________________________PAG 2 IMPATTO DELL’ESECUZIONE DELLE OPERE_____________________________PAG 11 RISCHI IDROGEOLOGICO__________________________________________PAG 21 VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI SU FLORA E FAUNA ED ECOSISTEMI_________PAG 27 IMPATTO DEL PROGETTO SULLE ARCHITETTURE RURALI E IL PAESAGGIO AGRARIO__________________________________________PAG.37 IMPATTO SULLA STRATIFICAZIONE STORICA___________________________PAG.39 0 PREMESSA Il progetto di due centrali eoliche presentato dalla Società Altratensione nel territorio di Acquaviva delle Fonti solleva forti perplessità, per la grandiosità dell’opera e per tutte le ripercussioni che questa comporterebbe sul nostro territorio e sulla qualità della nostra vita. “Nostro” è la parola chiave del comitato MURGIAVIVA, un libero movimento cittadino che possiamo definire di “appartenenza” al territorio, ricco, complesso e soprattutto unico, che abbiamo ereditato e dobbiamo preservare per le future generazioni. La sostenibilità, oltre ad essere un obbligo morale è una strategia indispensabile per preservare la natura, la storia, il paesaggio e l’economia agricola del territorio murgiano e, non ultimo, la salute dei suoi abitanti. La produzione di energia rinnovabile deve essere sostenibile, altrimenti tradisce la propria peculiarità. Le fonti rinnovabili rappresentano il futuro, che crediamo possibile, ma soprattutto sostenibile, nelle tecnologie che favoriscono impianti più piccoli e più diffusi e, di conseguenza, meno impattanti sul paesaggio e sulla qualità del nostro territorio. Il Comitato Murgiaviva con questo documento esprime la propria contrarietà, manifestando le ragioni del dissenso, con l’analisi delle complesse implicazioni e dell’effettiva insostenibilità di questo progetto. Un progetto lacunoso, superficiale e spesso non chiaro su aspetti tecnici fondamentali, come ad esempio la ventosità. Questo progetto non tiene conto delle nuove linee guida della Regione, il Regolamento Regionale n. 24 del 30 dicembre 2010, perché la società dichiara di riferirsi al Regolamento Regionale n. 16 del 04 ottobre 2006. Per questa ragione e per tutte le osservazioni contenute in questo documento, il comitato Murgiaviva chiede alla Provincia di Bari che questo progetto sia sottoposto alla VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE. Il comitato MURGIAVIVA 1 OSSERVAZIONI TECNICHE AL PROGETTO CAVIDOTTI‐ELETTRODOTTI‐SOTTOSTAZIONE Da un’attenta analisi delle relazioni descrittive relative ad entrambi i progetti eolici (“ACQUAVIVA – LOC. PARCO DELLA CHIESA” e “ACQUAVIVA – LOC. DIFESA DELLA TERRA”) è apparso chiaro come non vi fosse indicato in nessuna parte la lunghezza totale dei cavidotti elettrici che serviranno per connettere tutti i 28 aerogeneratori alla dell’impianto di consegna indicato da Terna Spa sito nel comune di Acquaviva delle Fonti denominato Cabina Primaria “Acquaviva”. Infatti nelle relazioni descrittive di entrambi i progetti si legge che “L’energia elettrica prodotta è poi raccolta e convogliata tramite un cavidotto interrato alla cabina di smistamento ubicato nel comune di Acquaviva delle Fonti”. Capire la lunghezza del suddetto cavidotto è fondamentale per riuscire a quantificare il relativo impatto sugli ambienti rurali che saranno irrimediabilmente colpiti, con particolare riferimento a quella ultra secolare rete di viabilità secondaria che nel territorio acquavivese ha una particolare valenza anche dal punto di vista storico. Il comune di Acquaviva, infatti, è attraversato da alcuni antichi tratturi uno dei quali ricadente proprio in località Difesa della Terra. La mancata adozione da parte dell’amministrazione comunale di un Piano Comunale dei Tratturi (peraltro già elaborato per conto dell’autorità comunale diverso tempo fa), così come previsto dalle normative vigenti, lascia di fatto sguarnite queste fondamentali testimonianze viarie della storia e dell’identità locale dai massicci interventi che potrebbero realizzarsi in quell’area. I cavidotti che saranno realizzati avranno due differenti tensioni: media (MT) ed alta (AT). Questi sono descritti nelle relazioni denominate “D.1.5 CALCOLI PRELIMINARI DEGLI IMPIANTI ELETTRICI” “D.1.8 DISCIPLINARI OPERE ELETTROMECCANICHE” di entrambi i progetti. Mentre relativamente agli impianti in AT si dichiara che “Alla luce di ciò si è progettato un elettrodotto interrato, di c.a. 350 m di lunghezza, in cavo AT ad elica visibile di sezione pari a 1600 mm2, tra i terminali della Sottostazione di Trasformazione e lo stallo dedicato della Stazione Elettrica 380/150 kV di Acquaviva delle fonti, adagiato all’interno di uno scavo”. Non riteniamo possibile che ci si possa sbilanciare a definire la lunghezza della connessione in AT visto che nelle relazioni si dichiara genericamente che “Altratensione srl ha intenzione di realizzare nell’immediate vicinanze dell’impianto di consegna di Terna Spa […] una Sottostazione di Trasformazione 150/30 kV atta a ricevere l’energia prodotta”. Cosa si intende per “immediate vicinanze”? Quale garanzia esiste che il cavidotto in AT sia lungo “solo” 350 m? Relativamente ai cavidotti di interconnessione e all’elettrodotto in MT, invece, non si fa accenno ad alcuna quantificazione della lunghezza eppure è l’opera di connessione maggiormente impattante sul territorio, che porterà allo sventramento di decine di strade. Partendo dagli elaborati grafici “P.1.1 VIABILITÀ DI PROGETTO” e “I.3 INQUADRAMENTO SU AEROFOTOGRAMMETRICO” abbiamo misurato la lunghezza dei suddetti cavidotti in MT e i risultati appaiono preoccupanti: 17 Km ca. per connettere le 14 torri eoliche del progetto “Difesa della terra” e 15 Km ca. per le 14 torri di “Parco della Chiesa”. Parliamo quindi di un totale di oltre 32 km di cavidotto per collegare i due impianti alla sottostazione di trasformazione MT/AT. Tra l’altro facciamo notare come dagli elaborati grafici di entrambi i progetti si evinca chiaramente che la sottostazione di trasformazione prevista per i due “parchi eolici” sarà una e una sola facendoci di fatto propendere per considerare queste due distinte ma speculari elaborazioni progettuali come ad un unico megaimpianto della potenza nominale di 95, 2 MW. 2 Immagine ottenuta dalla sovrapposizione degli elaborati “I.3 Inquadramento su aerofotogrammetrico” relativi ai due progetti. 3 AEROGENERATORI Relativamente alle caratteristiche tecniche degli aerogeneratori bisogna immediatamente chiarire che tutte le relazioni descrittive appaiono poco chiare in quanto vengono forniti dati spesso variabili all’interno di intervalli molto larghi e alle volte sono indicati valori addirittura discordanti e contraddittori. Ciò premesso nella relazione descrittiva, a pag.2, leggiamo che: “Le caratteristiche principali degli aerogeneratori che saranno impiegati per la costruzione del parco eolico sono di seguito indicate: ‐ Potenza nominale fino a 3.400 kW; ‐ Numero di pale 3; ‐ Materiale delle pale: fibra di resina ‐ Velocità di rotazione delle pale compresa tra 7,1 e 13,8 rpm; ‐ Area descritta 8.495 m2; ‐ Diametro del rotore 112 m; ‐ Tipo di torre tubolare; ‐ Altezza mozzo 78‐138 m; ‐ Tensione di generazione 950 V; ‐ Frequenza 50 Hz”. Ci soffermiamo in particolare sul valore dell’altezza del mozzo e, come si legge sempre nella stessa pagina alla voce “Torre”, apprendiamo che “La torre è costituita da un cilindro in acciaio con altezza variabile da 78 a 138 m, formato da più conci da montare in sito, fino a raggiungere l’altezza voluta”. Appare quindi chiaro come non sia ancora definita l’altezza della torre che sosterrà le pale e come essa potrà variare in base alle esigenze. Questo significa che tutti i valori su cui sono stati effettuati gli studi sui possibili impatti presentati nei due progetti in oggetto potrebbero essere inficiati confutati da delle modifiche anche sostanziali dell’altezza finale dell’aerogeneratore. Segue una breve ma esaustiva carrellata delle differenti misure fornite dai progettisti della società Altra Tensione srl in tutti gli elaborati descrittivi ed in base ai quali sono stati effettuati degli studi e dei calcoli. Nella relazione “D.1.3 VALUTAZIONE DELLA PRODUCIBILITÀ ELETTRICA” a pag. 3, paragrafo “2.2 CARATTERISTICHE DELL’AEROGENERATORE” l’altezza del mozzo indicata è di 105 m mentre il diametro del rotore è di 112 m. Queste misure sono per così dire le più “gettonate” anche se poi nella relazione “D.1.6 CALCOLO DELLA GITTATA MASSIMA DEGLI ELEMENTI ROTANTI IN CASO DI ROTTURA ACCIDENTALE” a pag. 5 per l’ipotesi di calcolo della gittata leggiamo che la lunghezza della pala considerata è di 52 m. Nella relazione “D.1.8 DISCIPLINARE OPERE ELETTROMECCANICHE”, al paragrafo “2. AEROGENERATORE”, a pag. 4 si scrive che “il modello preso in considerazione è solo tipologico. L’apparecchio effettivamente installato sarà identificato in fase esecutiva, ferma restando la similarità con il modello citato”. Di conseguenza i timori relativi al possibile incremento della già significative altezze ci appaiono fondati, con un conseguente aumento significativo sia dei rischi che degli impatti paesaggistici. 4 I valori citati nello Studio di Impatto Ambientale allegato al progetto (“D.2.1 SIA”) sono ancora una volta differenti, anzi nello stesso studio sono citati molteplici altezze della torre. Tra i valori citati sono presenti anche quelli della relazione descrittiva (a pag. 38 l’altezza al mozzo è indicata come variabile tra 78 e 138 m). Nel paragrafo relativo all’impatto visivo denominato “4.5.2.3 DEFINIZIONE DELLA VISIBILITÀ DELL’IMPIANTO”, a pag. 90, leggiamo che “per semplicità, l’altezza percepita H è stata calcolata considerando il suolo liscio, senza tenere quindi conto della effettiva orografia ma solo della distanza fra il punto bersaglio e la turbina più vicina, e con riferimento ad una altezza complessiva massima (mozzo+pala) delle turbine di 138 metri”. Ci sembra molto grave che in questo caso in cui si valuta un impatto così forte come quello visivo e paesaggistico si sia considerata un’altezza ben più bassa di quella di riferimento e che troviamo citata chiaramente nell’elaborato grafico denominato “P.4.1 PARTICOLARI TIPOLOGICI DEGLI AEROGENERATORI”. Questa tavola mostra chiaramente i particolari tipologici degli aerogeneratori e relative misurazioni. I valori espressi coincidono con quelli elencati nella relazione descrittiva ed in particolare l’altezza della torre al centro del mozzo risulta essere di 105 m e il raggio del sistema mozzo‐elica (calcolato sempre dal centro del mozzo) ha una lunghezza totale di 56 m. Quindi, calcolatrice alla mano, l’altezza totale dell’aerogeneratore espressa in questo elaborato grafico, che potremmo definire chiarificatore e verosimilmente corrispondente alle macchine che si vorrebbero realmente installare, risulta essere di 161 m. Il problema è che considerando il diametro del sistema mozzo‐pale come fisso ed equivalente a 112, l’altezza della torre al mozzo può essere variabile (come indicato anche nella scheda tecnica dell’aerogeneratore) fino a raggiungere un’altezza massima di 138 m. Sommando l’altezza massima della torre ai 56 m di raggio delle pale otteniamo un aerogeneratore con altezza totale di 194 m. Parliamo quindi di aerogeneratori tra i più alti al mondo mai installati, con un fortissimo impatto e con altrettanto forti rischi di stabilità, rischi ed impatti calcolati però su altezze ben diverse! 5 VENTOSITÀ‐PRODUCIBILITÀ Il territorio comunale di Acquaviva delle Fonti non si distingue da una particolare ventosità che giustificherebbe l’installazione di generatori eolici per la produzione di energia elettrica. Le aree considerate, così come tutta la provincia di Bari, non possiedono infatti di quelle caratteristiche di continuità, intensità e persistenza di correnti eoliche da rendere economicamente vantaggioso lo sfruttamento eolico su scala industriale. Come è risaputo infatti con l’aumentare delle dimensioni degli aerogeneratori aumenta progressivamente la velocità di cut‐in ovvero quella soglia di velocità che il vento deve raggiungere per poter superare l’inerzia della macchina ed azionare le pale eoliche e quindi la produzione di energia elettrica. 6 Nella fattispecie dei due impianti eolici in oggetto gli aerogeneratori che si vorrebbero installare sono i REpower 3.4M104. Questo lo apprendiamo dall’unica relazione tecnica che cita esplicitamente la marca ed il modello previsti ovvero la “RELAZIONE GEOLOGICA IDROGEOLOGICA E GEOTECNICA (D.1.2)”, pagina 2. Nella relazione denominata “D.1.3 VALUTAZIONE DELLA PRODUCIBILITÀ ELETTRICA”, infatti, non si cita mai né la marca né tantomeno il modello che si vorrebbero adoperare, rimanendo appositamente sul vago salvo poi effettuare dei calcoli quantomeno imprecisi. Relativamente alla ventosità necessaria all’aerogeneratore per produrre energia si scrive solamente che “quando la velocità del vento supera il valore corrispondente alla velocità di avviamento la potenza cresce al crescere della velocità del vento. La potenza cresce fino alla velocità nominale e poi si mantiene costante fino alla velocità di Cut‐out (fuori servizio)”. Non si citano i valori di riferimento fondamentali relativi alla velocità di avviamento (cut‐in), alla velocità nominale e al cut‐out. Fortunatamente riusciamo a trarre le informazioni che cerchiamo dalla scheda tecnica del modello dell’aerogeneratore ‐disponibile sul sito ufficiale del produttore REpower http://www.repower.de ‐ indicato dalla società Altra Tensione srl nella già menzionata relazione geologica (D.1.2). La velocità minima del vento necessaria all’avviamento della produzione energetica deve superare i 3,5 m/s. La velocità nominale invece corrisponde ai 13,5 m/s: solo a partire da questa velocità del vento la potenza prodotta dalla torre eolica sarà per così dire a pieno regime e cioè corrispondente ai 3,4 MW dichiarati dal produttore. Tradotto in chilometri orari questo significa che l’intensità del vento deve raggiungere e superare i 48 Km/h per avere la piena produzione. Mentre il cut‐off, cioè la velocità del vento oltre la quale la macchina entra in fuori servizio e smette di produrre, corrisponde a 25 m/s, cioè 90 Km/h. Questo in un territorio come quello acquavivese dove secondo l’Atlante Eolico Italiano alla considerevole altitudine di 100 m dal terreno la velocità media del vento durante l’anno raggiunge a mala pena i 6 m/s (corrispondente a 21,6 Km/h) e non i 7 m/s di cui parla la relazione. Questo vuol dire che la macchina funzionerebbe a bassissimo regime producendo pochissima energia elettrica. Del resto la curva di potenza parla chiaro anche se riteniamo opportuno premettere che anche in questo caso dobbiamo evidenziare la scarsa precisione della relazione in esame che mostra una curva di potenza errata e comunque assai differente da quella fornita ufficialmente dalla REpower. Nella curva di potenza che troviamo nella relazione (vedi immagini successive), infatti, l’origine dell’asse delle ascisse, su cui è indicato il valore della velocità del vento all’altezza del mozzo, parte da 0 mentre il valore stante all’origine (ascisse) della curva della REpower è 3 m/s. Questo errore falsa tutto il calcolo della producibilità. Infatti, se a 6 m/s lo schema proposto da Altra Tensione segnava una potenza elettrica superiore ai 1000 kW, la curva di potenza della scheda tecnica del modello in questione fa corrispondere una potenza elettrica di poco più di 500 kW, il che significa un aerogeneratore che lavora a meno di un quarto della propria potenza nominale e comunque ad una potenza corrispondente alla metà rispetto a quanto prospettato nelle relazioni! 7 Curva di potenza fornita da REpower Curva tratta dalla relazione “D.1.3 VALUTAZIONE DELLA PRODUCIBILITÀ ELETTRICA” 8 Anche sulla producibilità specifica, a 100 m d’altezza, abbiamo un valore più basso rispetto a quello evidenziato nelle relazioni: la mappa dell’atlante eolico segna per le 4 macro aree dove si vorrebbero ubicare le pale ad Acquaviva un valore di 2000 MWH/MW contrariamente agli oltre 2500 MWH/MW indicati nella valutazione della producibilità elettrica. Inoltre segnaliamo che mancano completamente i dati relativi alle misurazioni, così come previste dalla normativa vigente, effettuate da appositi anemometri che devono essere installati nelle aree in cui si vogliono andare a realizzare gli impianti. 9 CONCLUSIONI TECNICHE Ci appare del tutto inappropriato che due “parchi eolici” così grandi, impattanti e potenti vengano installati nel territorio comunale di Acquaviva delle Fonti. Dovremmo cedere una parte consistente del nostro prezioso ambiente per degli aerogeneratori che produrrebbero energia per pochissimi giorni all’anno e che in realtà vedremmo spesso come dei giganteschi spettri immobili, anche e soprattutto alla luce del fatto che le elevate temperature estive, spesso al di sopra dei 40° C, determinerebbero l’arresto automatico delle turbine. Alla già ampiamente dimostrata assenza di vento dovremmo quindi sommare anche il caldo estivo tra le cause di arresto della produzione. Quando produrrebbero quindi questi impianti? Quanto? La risposta è: troppo poco. Un impianto di produzione elettrica che non produce elettricità è un costosissimo paradosso che non possiamo permetterci. Del resto sappiamo bene che non stiamo assistendo al tentativo di avviare una grande centrale (anzi due!) di produzione elettrica: quella in atto è una vera e propria operazione di speculazione finanziaria! Un’operazione resa possibile da un mercato, quello delle rinnovabili, ormai completamente drogato da tutta una serie di norme incentivanti che alimentano gli speculatori del mercato finanziario globale, disposti a sborsare milioni di euro per costruire torri sempre più alte alla ricerca di quel poco vento laddove vento non c’è, per produrre energia (poca), pagata a prezzi doppi rispetto a quelli di mercato. Prezzi previsti da un sistema statale di incentivi a pioggia, che non discriminano a sufficienza tra l’autoproduzione e la speculazione, quest’ultima premiata, come se non bastasse, anche dall’enorme compravendita dei certificati verdi erogati a favore di chi produce energia da fonti rinnovabili e da questi ultimi rivenduti a caro prezzo a chi brucia combustibili fossili per continuare a produrre (loro sì) tanta, troppa energia. 10 IMPATTO DELL’ESECUZIONE DELLE OPERE Riconfigurazione Viabilità, Realizzazione di Cantieri, Cavidotti, Piazzole e Fondazioni, Trasporto degli elementi prefabbricati su Tir per Trasporto Eccezionale Rappresentazione reale dell’intero impianto eolico proposto da AltraTensione (Nord e Sud) Come già sottolineato, i “due” progetti proposti da AltraTensione S.r.l. denominati “Progetto per la Realizzazione di un Impianto per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento nel Territorio Comunale di Acquaviva delle Fonti” e distinti come “in località Parco della Chiesa (Nord)” e “in località Difesa della Terra (Sud)” altro non sono che un unico progetto diviso 11 in due per opportunismo autorizzativo. Ciò risulta evidente pensando che i “due” impianti per la produzione di energia eolica prevedono, guardacaso, dei Cavidotti che convergono in un’unica Sottostazione Elettrica AT/MT. Pensando poi che un impianto di più di 50 MW è sottoposto necessariamente a V.I.A, mentre “due” da 47,6 MW ciascuno non lo sono, si capisce come l’inganno dei progettisti per aggirare la norma sia completo. Non è ben chiaro poi qual’è il livello di dettaglio della formulazione (in realtà non è definito) visto che non è mai espresso in alcun elaborato grafico o descrittivo, e ciò non rende possibile capire se si tratta di Definitivo e del perché molti elaborati risultano carenti. Così come formulato e contestualizzato nel nostro territorio il progetto di AltraTensione necessita per una sua realizzazione della Riconfigurazione sostanziale del Sistema Viario, fatto da strade interpoderali spesso molto strette, oltre che uno Stravolgimento del Paesaggio Agrario Tradizionale per come lo si vede oggi. Tir per trasporto eccezionale di conci di torre eolica Le opere propedeutiche alla realizzazione dell’impianto consistenti prima nella costituzione di un’adeguata viabilità di cantiere adatta alla percorrenza di Tir per trasporto eccezionale della lunghezza di oltre 56 metri (più la motrice) e poi nella costituzione dei 28 cantieri ai piedi degli aerogeneratori, necessiterà di complessi ed invasivi interventi su quella che diventerà la viabilità di cantiere. Ciò si concreta nel: a. Allargamento della Sezione Stradale (a mezzo di esproprio) fino a minimo 4 m con la conseguente Demolizione di numerosi muretti in pietra a secco1. Se si confronta questa previsione con l’analogo progetto presentato a novembre 2010 a Cassano delle Murge (Ba) da Enel Green Power per pale di 46 m (ben 10 metri più corte!) e di dice che lì era prevista una larghezza di 5 metri, si può intuire che forse anche questo dato può essere sottodimensionato. 1 Da D.1.1a ‐ RELAZIONE DESCRITTIVA DI PROGETTO ‐ 2.1.2. Realizzaz. di strade di accesso e viabilità di servizio “Nella fase di realizzazione dell’impianto sono previsti adeguamenti della viabilità esistente per il transito dei mezzi pesanti e dei trasporti eccezionali, e solo in minima parte è prevista la realizzazione di nuove strade. La viabilità esistente, oggetto di interventi di manutenzione che consentiranno di ricondurre la stessa ad una larghezza minima di 4 m, sarà integrata da nuovi brevi tratti di viabilità di servizio per assicurare l’accesso alle piazzole degli aerogeneratori.” 12 Tra l’altro la ditta produttrice degli aerogeneratori è le medesima per entrambi i progetti e quindi appare strano che pale più grandi necessitino di strade più strette. b. Taglio di tutto quello che ingombra per un’altezza di almeno 4 m, ivi compresi alberature e linee elettriche (nelle relazioni è stato omesso); Ingombro di chiome arborate lungo la viabilità di cantiere c. Riprofilatura di diverse Curve per le manovre dei Tir con il conseguente Espianto di numerosissimi Ulivi 2 oltre che di muri a secco. Si dice infatti nel Disciplinare Tecnico di progetto: “Ove occorra gli scavi saranno preceduti dall'abbattimento e sgombero di alberi, dall'estirpazione di radici e ceppaie”. Anche questo “dettaglio” non è minimamente stato messo in risalto dai progettisti che in tutti gli elaborati disegnano strade di accesso con curve spesso a gomito “dimenticando” che lì dovranno girare Tir lunghi quasi 60 metri; se si pensa che nell’analogo progetto presentato a novembre 2010 a Cassano delle Murge (Ba) da Enel Green Power per pale di 46m si prevedevano raccordi con raggio di curvatura 50 m, si comprende come in questo caso tale raggio dovrà essere almeno di 60 metri interessando numerose altre proprietà, muri a secco, sbancamenti. Tutto ciò è stato completamente sottaciuto. 2 ART 4. Scavi in genere ”Gli scavi saranno eseguiti secondo le sagome geometriche previste in progetto e, qualora le sezioni assegnate vengano maggiorate per qualsiasi motivo, l'Appaltatore non avrà diritto ad alcun compenso per i maggiori volumi di scavo, ma anzi sarà tenuto ad eseguire a proprie cure e spese tutte quelle maggiori opere che si rendessero per conseguenza necessarie. Ove occorra gli scavi saranno preceduti dall'abbattimento e sgombero di alberi, dall'estirpazione di radici e ceppaie.” 13 Evidenziazione sulla viabilità di progetto di curve a gomito impossibili da percorrere dai Tir (da elab. Progett.) Progetto Enel Green Power di Cassano. Esempio di viabilità di cantiere con riprofilatura delle curve Ripianature delle pendenze viarie per ricondurle ai 2‐3° massimo. Anche questo dettaglio non è stato evidenziato perché si omette di dire che Tir tanto lunghi non possono passare attraverso strade a dossi o cunette ed è dunque necessario, anche in questo caso, sbancare e/o sopraelevare la viabilità di cantiere. In realtà nel Disciplinare tecnico di progetto, destinato all’affidamento dell’esecuzione delle opere, compaiono indicazioni più precise di cosa si intende fare a livello di movimenti terra, tanto che a pag.19 si dice: “Per scavi di sbancamento si intendono quelli 14 occorrenti per l'apertura della sede stradale, piazzali ed opere accessorie, quali ad esempio: gli scavi per tratti stradali in trincea, per lavori di spianamento del terreno, per taglio delle scarpate delle trincee o dei rilevati, per formazione ed approfondimento di piani di posa dei rilevati, di cunette, cunettoni, fossi e canali, nonché quelli per impianto di opere d'arte e in genere ogni scavo su vasta superficie, per cui sia possibile ‐ con la formazione di rampe provvisorie o con l'impiego di altri mezzi idonei ‐ allontanare le materie di scavo evitandone il sollevamento a spalla o con il verricello.” Esempio di livellamento della viabilità di cantiere con movimenti di terra e sbancamenti d. Taglio di tutta la vegetazione spontanea (rovi e arbusti) e la perdita degli habitat idonei alla presenza di numerose specie di orchidee a margine di tutte le strade interessate dal passaggio dei Tir per raggiungere la sezione effettiva di 4 m Tipica strada vicinale interessata dagli “adeguamenti” (allargamento, riprofilatura delle curve…) 15 e. Scavo per l’interro dei Cavidotti sotto la sede stradale ad una profondità di 1,2 o 1,5 m di profondità per oltre 32 km Sezione tipo di strada con sottoposto cavidotto (da elaborato progettuale) f. Realizzazione di Piazzole per la realizzazione degli aerogeneratori 3, dette “provvisorie” e necessarie per il posizionamento delle Gru e l’accesso dei Tir per trasporto eccezionale dimensionate in circa 40x40 m. Circa 1600 m2 (nella relazione 40x40 m inspiegabilmente crea una superficie 1000 m2!) in cui spariranno muretti a secco, alberi di ulivo, arbusti spontanei, cespugli, piccoli fabbricati rurali e quant’altro possa ostacolare la libera circolazione dei mezzi; se poi si considera che dovranno essere pure pianeggiante si aggiunge la necessità di creare terrapieni e/o sbancamenti che porteranno ad una sistematica alterazione del paesaggio agrario; 3 Da D.1.1a ‐ RELAZIONE DESCRITTIVA DI PROGETTO ‐ 2.1.3. Realizzazione delle piazzole di movimentazione “In corrispondenza di ogni aerogeneratore si prevede di realizzare una “piazzola provvisoria di lavoro” di circa 40x40 m, per il montaggio dello stesso aerogeneratore. All’interno di tale piazzola sarà definita una piccola “piazzola definitiva”, delle dimensioni 12x12 m, su cui troverà sistemazione la torre di sostegno dell’aerogeneratore. Per la realizzazione di queste strutture proprie dell’impianto è prevista la realizzazione di plinti di fondazione fondati su pali impostati ad una quota di circa 20,00 m dal piano di campagna originario. La porzione della piazzola adibita allo stazionamento dei mezzi di sollevamento durante l’installazione, sarà realizzata con fondazione in misto di cava dello spessore di 40/60 cm più 10 cm di misto granulometrico stabilizzato con l’eventuale uso di geotessile se gli esiti delle indagini lo consiglieranno. Nella fase di costruzione del parco eolico sarà inizialmente utilizzata un’area pari a circa 1000 mq per aerogeneratore, considerate anche le superfici destinate alla viabilità da realizzare ex‐ novo. Tale superficie, utilizzata in gran parte per il posizionamento dell’autogru da impiegare per il sollevamento dei conci che costituiscono la torre, sarà drasticamente ridotta alla fine del cantiere, per la realizzazione dell’area richiesta durante l’esercizio dell’impianto.” 16 Fasi di Realizzazione della Piazzola, della Fondazione e dell’aerogeneratore (da elaborato progettuale) g. Realizzazione delle Fondazioni degli aerogeneratori 4, descritte genericamente ‐ perché ancora da progettare in base ad indagini geologiche che non hanno ‐ come “poligonali”, del diametro di 12‐16 metri, dello spessore intorno ai 3 metri, su palificata profonda dai 18 ai 22 metri (esiste un calcolo strutturale preliminare relativo, ovviamente, ad una pala “tipo”, alta non si sa bene quanto e fondata su fondazione tipo) 5. Se si considera che nella Relazione Descrittiva (D.1.1a), parlando delle caratteristiche degli Aerogeneratori (1.1) si dice che l’altezza del mozzo sarà variabile fra i 78 e 138 metri ed il rotore di diametro 112 metri si capisce che la fondazione dovrà poter reggere aerogeneratori alti dai 134 ai 194 metri!!! Ci si chiede se davvero basteranno fondazioni così dimensionate per dei giganti che sfiorano i 200 metri. ‐ 4 Da D.1.1a ‐ RELAZIONE DESCRITTIVA DI PROGETTO ‐ 1.2. INFRASTRUTTURE ED OPERE CIVILI “Opere di fondazione. Si prevede di realizzare una fondazione di tipo indiretta, su pali, dimensionata sulla base delle risultanze geotecniche del sito. La fondazione sarà realizzata con plinto a base poligonale di spessore variabile, con base maggiore di dimensioni comprese tra 12 e 16 m, spessore da 2,5 e 3 m e forma determinata in funzione del numero di pali che dovrà contenere. I pali saranno del tipo trivellato, con diametri pari a 80/100 cm e profondità variabile tra 18 e 22 m.” 5 Da D.1.4 RELAZIONE SPECIALISTICA: CALCOLI PRELIMINARI DELLE STRUTTURE ‐ 3. RELAZIONE SINTETICA DEGLI INTERVENTI “L'impianto eolico per la produzione di energia elettrica oggetto del presente progetto è caratterizzato da 14 aerogeneratori del tipo di grande taglia max 3.400 KW. Per il sostegno di ogni aerogeneratori si prevede di realizzare una fondazione di tipo indiretta, su pali, dimensionata sulla base delle risultanze geotecniche del sito. La fondazione sarà realizzata con plinto a base poligonale di spessore variabile, con base maggiore di dimensioni 12 m, spessore della piastra di fondazione variabile tra 1,3 e 2,0 m. I pali saranno del tipo trivellato, con diametro pari a 80 cm e profondità di 20 m. 17 Rappresentazione dell’Aerogeneratore Tipo (da elaborato progettuale) h. Fase di Dismissione delle torri eoliche, delle sue componenti e delle infrastrutture. Nella relazione6 si dà spazio alle metodologie di “ripristino dello stato dei luoghi” consistenti, nel caso delle profonde fondazioni in cemento armato su palificate, nella sola demolizione fino a 80 cm dal piano di campagna e ricopertura con terreno. Ma questo secondo i progettisti equivale al “ripristino della funzione agricola”? Avremmo comunque delle possenti strutture in cemento armato “nascoste” sotto un piccolo strato di terra che alla prima pioggia potrebbe esser dilavato ripresentando “il cadavere nascosto in cantina”. 6 Da D.1.1a ‐ RELAZIONE DESCRITTIVA DI PROGETTO ‐ 2.2. FASE DI DISMISSIONE “In particolare la rimozione degli aerogeneratori (n° 14), sarà eseguita da ditte specializzate, con recupero dei materiali. Le torri in acciaio, smontate e ridotte in pezzi facilmente trasportabili, saranno smaltite presso specifiche aziende di riciclaggio. La demolizione delle platee di fondazione poste alla base degli aerogeneratori avverrà fino a quota 80 cm da piano campagna in modo tale da consentire il ripristino geomorfologico dei luoghi con terreno agrario e recuperare il profilo originario del terreno. In tale modo sarà quindi possibile, nelle limitate aree interessate dagli interventi, restituire le stesse all’uso originario per le attività di tipo agricolo‐pastorale. Come soluzione alternativa, qualora in alcuni casi la parte superficiale non fosse demolita, la stessa potrebbe costituire la struttura di fondazione di interventi finalizzati all’organizzazione e/o al potenziamento delle attività produttive agricole.” 18 Sezione del plinto di Fondazione prima e dopo la Dismissione (da elab. progett.) Ancora più fantasiosa è l’ipotesi, ventilata da AltraTensione secondo cui questi “capolavori” di fondazione possano rappresentare, se lasciati così come sono, un “potenziamento delle attività produttive agricole facendo da base ad ipotetici ampliamenti a strutture agricole che ovviamente se fossero così vicine non permetterebbero l’installazione stessa degli aerogeneratori; delle due una è falsa. Per completare l’opera, i progettisti propongono più avanti nella disquisizione 7 di lasciarci “in dono” anche le Fondazioni delle Cabine di Smistamento che – guardate che fantasiosi – potranno fungere da “piazzola di scambio per la mobilità di mezzi provenienti in senso contrapposto”. Tutta questa “premura” non nasconde solo la necessità di scaricarsi l’onere di dismissione effettiva di questi manufatti? 7 Da D.1.1a ‐ RELAZIONE DESCRITTIVA DI PROGETTO ‐ 2.2. FASE DI DISMISSIONE “La fondazione delle cabine di smistamento, costituita da una platea in cemento armato sarà lasciata in sito al di sotto dell’area sistemata ai margini della viabilità rurale esistente e costituirà una piazzola di scambio per la mobilità di mezzi provenienti in senso contrapposto. Sarà quindi possibile, nelle limitate aree interessate dagli interventi, restituire le stesse all’uso originario per le attività di tipo agricolo‐pastorale. Si prevedono in generale ripristini vegetazionali, ove necessari e all’occorrenza, di vegetazione arborea, utilizzando essenze autoctone, per assicurare il ripristino dei luoghi allo stato originario. 19 Fasi di Dismissione della Piazzola “provvisoria” e “rinaturalizzazione” (da elaborato progettuale) Sezione della Cabina di Smistamento (da elaborato progettuale) 20 RISCHI IDROGEOLOGICI Vengono minimizzati gli effetti sull’ambiente e sull’attività agricola: infatti nella previsione di impatto ambientale viene previsto il ripristino dello strato di terreno agrario di 80 cm; ma non si tiene conto la sottostante base di cemento delle torri eoliche impedirebbe il regolare assorbimento delle acque meteoriche (tipico delle regioni carsiche) che ristagnerebbero nello strato di terreno con conseguenze negative per le colture; infatti i calcari delle Murge [Calcare di Bari e Calcare di Altamura] fratturati e carsificati, sono caratterizzati da cavità di dimensioni che vanno dalle semplici fratture a fratture allargate fino alle grotte. Questa situazione ha permesso la formazione e la conservazione della falda di fondo. Schema della tipologia litologica di profondità dell’Altopiano Murgiano con micro e macrocavità di origine carsica. 21 Dal punto di vista geologico e morfologico è da osservare quanto segue: il territorio presenta un reticolo idrografico con spartiacque molto incerti che possono variare in occasione di forti piogge o di condizioni del suolo modificate (ad esempio scassi di terreni con spietramenti per il cambio delle colture o apporto di materiali terrosi per l’impianto di tendoni). Gli sbancamenti di terra per l’impianto delle torri eoliche e la modifica della viabilità, necessaria per la circolazione di grossi automezzi per il trasporto di terra e dei componenti delle torri, vengono ad alterare la morfologia del territorio. Anche se il progetto prevede il ripristino delle pendenze, di fatto questa operazione risulta impossibile, perché la morfologia viene alterata in modo irreversibile. Allagamenti in località “Palude” (alluvione 2005). Il toponimo suggerisce chiaramente la natura idrografica che storicamente ha caratterizzato quest’area. Foto 1‐2‐3 In tal modo cambia l’assetto idrografico perché le acque dovrebbero trovare altre vie per il loro deflusso; si tenga conto che in tempi passati sia i proprietari terrieri sia le competenti autorità comunali avevano provveduto a conservare l’assetto idrografico del territorio per permettere il deflusso delle acque con apposite aperture nei muretti a secco e con la pulizia dei “corsi d’acqua” e dei “condotti d’acque” come risulta da documenti conservati nell’archivio comunale. 22 Foto 2 Foto 3 23 Contrada “Difesa della terra”: muretti a secco con aperture per il deflusso delle acque Contrada “Difesa della terra”: cisterna di raccolta delle acque meteoriche. Cartografia tematica della Regione Puglia in cui è rappresentata la permeabilità idraulica delle litologie. Si noti l’importanza idraulica delle aree Murgiane ed in particolare dell’area di Acquaviva sulla importante falda di profondità che si estende dall’Ofanto al Salento. 24 Veniamo ora al problema idrogeologico ed idraulico delle acque di superficie. Nelle relazioni tecniche di progetto non si evincono assolutamente le estreme problematiche insite in questa parte del territorio barese, storicamente responsabili dei problemi alluvionali avvenuti nel nostro capoluogo di regione. La bibliografia e le cronache in merito sono vastissime e il ricordo dell’ultima alluvione, quella del 2005, è ancora vivido nella memoria di tutti per le 5 giovani vittime perite proprio nei luoghi in cui si pensa di porre l’impianto. Ponte crollato in occasione dell’alluvione del 23 ottobre 2005. In quella occasione il crollo costò la vita a 5 giovani vittime. È vero che l’uomo dimentica le notizie cattive, ma le perplessità sorgono spontanee sulla convivenza di questo importantissimo dedalo di lame con l’impianto di aerogeneratori. In figura viene rappresentato il complesso sistema di decorsi torrentizi che si sviluppano dall’entroterra murgiano e si dirigono tutti in una stretta area di sfocio in corrispondenza del capoluogo pugliese. In particolare si noti l’estrema importanza del sistema di Lama Picone con i suoi due rami Badessa e Baronale (direttamente interessato dal progetto Nord) che dal territorio in oggetto si dirigono verso Bari. Due veri e propri fiumi che, anche se saltuariamente, ad ogni alluvione importante fanno il loro mestiere. Entrambi i rami principali e tutto il sistema di affluenti ha origine alle falde delle Murge tra Cassano ed Acquaviva. In particolare il sistema riveste estrema rilevanza nell’area di impianto. 25 Evidenziazione delle pendenze del suolo in prossimità di alcune torri a sud del progetto (località “Difesa della Terra”) Sezioni altimetriche (località “Difesa della Terra”) 26 VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI SU FLORA E FAUNA ED ECOSISTEMI PARCO DELLA CHIESA E DIFESA DELLA TERRA DUE PROGETTI, DUE AREE DIFFERENTI, UN’UNICA RELAZIONE I territori interessati dai due progetti si presentano differenti per altitudine (ci sono circa 100 m di differenza di quota tra il Parco della Chiesa e la Difesa della Terra), per colture agricole, per tipologie ambientali ed ecologiche. Le relazioni specialistiche sulla valutazione degli impatti su flora e fauna ed ecosistemi (D.2.2) dei due progetti invece sono identiche e differiscono solo nella descrizione dell’ubicazione specifica delle pale. Di fatto questi studi non sono altro che un approssimato e lacunoso assemblaggio di dati e dichiarazioni, spesso in contraddizione tra loro, a volte riferiti ad altri contesti e, come spesso accade, frutto per lo più di un mero “copia e incolla” piuttosto che di studi pertinenti e di valutazioni analitiche. La relazione esordisce con una collocazione imprecisa del territorio di Acquaviva delle Fonti, a pag. 8 e 7 si legge: Il territorio comunale di Acquaviva non ricade nell’Alta Murgia, e il tavolato aspro e brullo di cui si parla è riferito alla steppa mediterranea, che costituisce l’essenza del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. A pag. 13 si dichiara: Con l’espressione “quasi del tutto” si escludono dalle valutazioni vari ecosistemi naturali e seminaturali presenti sia nell’area Parco della Chiesa (d’ora in poi Nord) e sia nell’area Difesa della Terra (d’ora in poi Sud). Segue un elenco degli ecosistemi naturali presenti e le relative emergenze. 27 LE LAME A Nord esiste un complesso sistema di LAME, caratteristico del territorio premurgiano sul versante adriatico, che dall’altipiano degrada verso il mare. Dal PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale) della Regione Puglia si evince che: “Le lame svolgono un ruolo importante di funzionalità idraulica e allo stesso tempo sono ambienti naturalistici di pregio, dei corridoi ecologici che mettono in comunicazione ecosistemi diversi, dalla Murgia fino al mare. Il reticolo carsico avvicina ai contesti urbani, talvolta attraversandoli, habitat ad elevata biodiversità”. Dal punto di vista ecologico, le lame rappresentano nel panorama agricolo pedemurgiano una vera e propria “riserva” di Biodiversità. La lama del torrente Baronale (fig. in alto) è pienamente interessata dal progetto, con tre torri che distano dall’alveo meno di 300 m (T12, T13, T14) e ben 12 torri a meno di 2 km. Nell’alveo della lama vegetano formazioni fitte di Quercus calliprinos, che sul fondo si associa a Quercus virgiliana e, in contrada Parco della Chiesa, si evolve in una formazione boschiva di particolare interesse, ascrivibile all’Habitat 91AA: Boschi orientali di quercia bianca. Tra le specie presenti: Phillyrea latifolia, Pistacia lentiscus, Pistacia terebinthus, Paeonia mascula, Crataegus monogyna, Rosa canina, Cyclamen hederifolium, Cyclamen repandum, Allium atroviolaceum, Cistus monspeliensis, Cistus incanus, Cistus salvifolius, Asphodeline lutea, Asphodelus macrocarpus, Ferula communis. Lungo le pareti della lama sono presenti ampi tratti di roccia riconducibile all’Habitat prioritario 8210 : Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica. L’importanza ecologica di questa lama è ben rappresentata dalle Orchidee spontanee, tutte protette dalla Convenzione CITES e qui presenti con 12 specie e un ibrido: Orchis italica, Anacamptis morio, Anacamptis papilionacea, Anacamptis x gennarii, Anacamptis pyramidalis, Ophrys passionis subsp. garganica, Ophrys tenthredinifera, Ophrys lutea subsp. minor, Ophrys bertolonii, Neotinea lactea, Serapias lingua, Serapias parvilfora, Serapias vomeracea subp. longipetala. 28 La Lama Baronale e la vicina Lama Badessa sono frequentate dagli uccelli migratori durante il passo primaverile e autunnale; in particolare la macchia arbustiva è importante per la sosta durante la migrazione di passeriformi come Silviidae, Turdidae e Muscicapidae e di rapaci del genere Circus. Le suddette lame sono utilizzate come corridoio di transito da mammiferi come la Volpe e la Faina e non possiamo escludere la presenza del Tasso. Le Lame sono considerate un ambiente prezioso per la funzione di corridoio ecologico ai fini della conservazione della biodiversità e le pozze di acqua temporanea che periodicamente custodiscono rappresentano un ecosistema indispensabile anche per gli anfibi. Passero solitario Barbagianni LE CAVE A Nord sono presenti due cave, una delle due è in attività. I fronti di cava non interessati dall‘estrazione rappresentano un Habitat roccioso seminaturale, molto prezioso in un contesto ambientale povero di pareti rocciose, come quello murgiano. Questo ambiente è colonizzato da specie vegetali casmofitiche, come: Phagnalon rupestre, Carum multiflorum, Scrophularia lucida, Prasium majus, Helichrysum italicum. Inoltre, vi nidificano alcune interessanti specie rupicole che riescono a convivere con l’attività estrattiva, tra cui uccelli rapaci quali il Gheppio Falco tinnunculus, la Civetta Athena noctua e il Barbagianni Tyto alba. Tra i passeriformi nidificano il Passero Solitario Monticola solitarius, l’Upupa Upupa epops ed è da confermare la nidificazione in zona della Ghiandaia marina Coracias garrulus, di cui esistono segnalazioni. Le pareti di roccia della cava, così come le grotte presenti nelle pareti di roccia delle lame e spesso anche ruderi di edifici rurali, costituiscono ambiente di nursery e di rifugio estivo/invernale per i Chirotteri. Helichrysum italicum 29 Habitat 91AA: Boschi orientali di quercia bianca in località “Parco della Chiesa” I BOSCHI A Sud sono presenti vari querceti inquadrabili in due Habitat prioritari 9250: Querceti a Quercus trojana e 91AA: Boschi orientali di quercia bianca. Questi boschi, anche se non rientranti nel SIC, sono di grande rilevanza ecologica e paesaggistica e sono una realtà qualificante per il territorio di Acquaviva. Diverse sono le emergenze botaniche di questi habitat, con specie protette dalla Lista rossa nazionale: Quercus trojana, Quercus virgiliana, Quercus calliprinos, Quercus cerris, Pistacia terebinthus, Crataegus monogyna, Rosa canina, Rosa sempervirens, Lonicera implexa, Paeonia mascula, Cyclamen hederifolium, Cyclamen repandum, Iris collina, Arum apulum. Questi boschi ospitano le seguenti specie di UCCELLI nidificanti: Ghiandaia Garrulus glandarius, Rigogolo Oriolus oriolus, Succiacapre Caprimulgus europaeus, Assiolo Otus scops, Merlo Turdus merula, Usignolo Luscinia megarhynchos, Occhiocotto Sylvia melanocephala, Sterpazzolina Sylvia cantillans, Capinera Sylvia atricapilla, Usignolo di fiume Cettia cetti, Scricciolo Troglodytes troglodytes, Zigolo nero Emberiza cirlus, Cinciallegra Parus major, Cinciarella Parus caeruleus, Codibugnolo Aegithalos caudatus, Fanello Carduelis cannabina, Cardellino Carduelis carduelis, Verdone Carduelis chloris, Verzellino Serinus serinus, nelle radure in prossimità delle aree boscate nidificano anche le rare Averla capirossa Lanius senator, Averla cenerina Lanius minor e la Tottavilla Lullula arborea. I boschi di querce sono importanti anche per i passi migratori e lo svernamento di specie di passeriformi, quali Turdidi e Fringillidae. Tra i mammiferi sono presenti: la Volpe Vulpes vulpes, il Tasso Meles meles, la Faina Martes foina, la Donnola Mustela nivalis, il Riccio Erinaceus europaeus, l’Arvicola di savi Microtus savii, il Topo selvatico Apodemus sylvaticus. Gli anfibi presenti nelle cisterne e in luoghi di raccolta d’acqua temporanea sono: il Rospo comune Bufo bufo, il Rospo smeraldino Bufo virdis, il Tritone italico Triturus italicus e non si può escludere la presenza della Raganella Hyla intermedia. 30 I rettili che trovano il loro habitat lungo i muretti a secco, nelle specchie e presso i trulli, sono: Vipera Vipera aspis, Cervone Elaphe quatuorlineata, Colubro leopardino Zamenis situla, Biacco Hierophis viridiflavus, Biscia dal collare Natrix natrix, Luscengola Chalcides chalcides, Ramarro Lacerta virdis, Lucertola campestre Podarcis sicula, Geco di Kotschyi Cyrtopodion kotschyi, Geco comune Tarentola mauritanica. LE STEPPE MEDITERRANEE A Sud sono presenti aree incolte e lembi di pascolo inquadrabili nell’Habitat di steppa mediterranea 62A0: Formazioni erbose secche della regione submediterranea orientale (Scorzoneratalia villosae). Questi ambienti sono caratterizzati da un elevato indice di biodiversità e sono presenti le seguenti specie botaniche: Stipa austroitalica, Asphodelus ramosus, Asphodeline lutea, Urginea maritima, Ferula communis, Thapsia garganica, Euphorbia spinosa, Euphorbia myrsinites, Satureja cuneifolia, Sternbergia lutea, Iris pseudopumila. Tra le orchidee sono state censite: Orchis italica, Anacamptis morio, Anacamptis papilionacea (foto dx), Anacamptis x gennarii, Anacamptis pyramidalis, Ophrys passionis subsp. Garganica (foto sx), Ophrys incubacea, Ophrys bertolonii, Ophrys bombyliflora, Ophrys fuciflora subp. apulica, , Ophrys fuciflora subp. parvimaculata, Ophrys tenthredinifera, Ophrys lutea subsp. minor, Serapias lingua, Serapias parvilfora, Serapias vomeracea subp. longipetala. Le steppe mediterranee rappresentano anche l’area trofica principale per la colonia di Grillaio, che nidifica nel centro urbano di Acquaviva. Altri uccelli tipici delle steppe e delle aree aperte censiti come nidificanti sono: Cappellaccia Galerida cristata, Allodola Alauda arvensis, Calandra Melanocorypha calandra, Calandrella Calandrella brachydactyla, Strillozzo Emberiza calandra, Saltimpalo Saxicola torquata e Beccamoschino Cisticola juncidis. 31 LE FORME CARSICHE A Sud sono presenti la Grotta di Curtomartino (fig. sotto) e la Grave di Cimaglia. La grotta di Curtomartino, oltre ad essere un importante sito archelogico, è un prezioso habitat prioritario, Habitat 8310: Grotte non ancora sfruttate a livello turistico. Questo habitat assume notevole importanza soprattutto per la conservazione di una fauna cavernicola caratterizzata da animali molto specializzati e spesso strettamente endemici. Si tratta di una fauna costituita soprattutto da invertebrati esclusivi delle grotte e dei corpi idrici sotterranei come i coleotteri appartenenti alle famiglie Bathysciinae e Trechinae, i crostacei (Isopoda, Amphipoda, Syncarida, Copepoda) e i molluschi acquatici della famiglia Hydrobiidae. Le grotte costituiscono spesso i luoghi di rifugio durante il letargo invernale per varie specie di vertebrati dell’Allegato II. Più specie possono utilizzare a tal fine la stessa grotta. Le grotte sono importanti habitat per i Chirotteri e ospitano inoltre anfibi molto rari come Proteus anginus e diverse specie del genere Speleomantes. 32 Alla luce di tutti gli ecosistemi presenti ed elencati, si può comprendere quanto sia inattendibile la dichiarazione a pag. 20: 1 A Nord 10 delle 14 torri eoliche sono posizionate a meno di 5 km dal centro urbano, dove sono situati i nidi di Grillaio, diversamente da come viene dichiarato nella relazione. Inoltre tutte le 14 torri sono a meno di 5km dalle Cave situate tra la A14 e la SP 75. 2 A Nord tutte le torri sono posizionate a meno di 5 km dalle cave, luogo utilizzato dai chirotteri. A Sud la T14 è a 670 m dalla grotta di Curtomartino, luogo di grande importanza per i Chirotteri (nella foto un Rhinolophus ferrumequinum). 3 A Nord 10 delle 14 torri sono a meno di 2 km dalla Lama Baronale, luogo interessato dai flussi migratori dell’avifauna. A Sud 10 delle 14 torri sono a meno di 2 km di distanza dai boschi, luoghi interessati dai flussi migratori dell’avifauna. 4 Le Lame sono corridoi ecologici e vengono utilizzate per il transito da mammiferi come la volpe e probabilmente dal tasso. 33 Sempre a pag. 20 : Le estinzioni riportate sono riferite all’Alta Murgia e non al territorio di Acquaviva. Questi dati, forniti senza riferimenti, appaiono come maldestri tentativi di dequalificare ecologicamente l’area interessata dal progetto. Sempre a pag. 20 è riconosciuta la presenza del Grillaio, ma non si accenna a nessuna valutazione dell’impatto su questa importante presenza faunistica nel territorio di Acquaviva. (Nella presente relazione sono riportati i dati ufficiali relativi a questa specie.) Si riporta come significativa (?) la popolazione nidificante di Lanario, dato non reale e frutto di una “incollaggio maldestro”, perché la presenza del Lanario sarebbe del tutto incompatibile con le torri. Questo rapace è minacciato gravemente dalla trasformazione degli habitat e la produzione industriale di energia eolica sta di fatto sottraendo spazio vitale a questa specie. 34 II GRILLAIO Falco naumanni Acquaviva delle Fonti ospita una colonia di Grillaio Falco naumanni "specie Prioritaria ai fini di conservazione", ai sensi della direttiva 79/409, ed è definita "specie vulnerabile" nella Lista rossa IUCN e nella Lista Rossa Animali d'Italia. La colonia nidificante ad Acquaviva è formata da 490 individui (dati censimento 2010 / Parco Nazionale dell’Alta Murgia) e all’interno della popolazione pugliese riveste un’importanza rilevante, per dimensioni e posizione geografica. Il Grillaio rappresenta per tutta l’area murgiana e per il Comune di Acquaviva un’emergenza naturalistica di grande pregio. La popolazione Apulo lucana è la più importante in Italia e tra le maggiori nel Mediterraneo. Le torri eoliche rappresentano per il Grillaio un pericolo diretto, causando la mortalità per collisione, e indiretto, determinando la sottrazione di aree trofiche. Le steppe e i seminativi sono i territori di caccia di questo piccolo falco, che si affida al volo librato per esplorare il terreno sottostante alla ricerca di grilli, cavallette e micromammiferi. L’impatto negativo prodotto dalle torri eoliche sull’avifauna e sui Chirotteri è accertato e riconosciuto. Si richiama a tal proposito la sentenza n. 939 del TAR Toscana che recita: “…appare di evidente ragionevolezza la conclusione del rapporto istruttorio che, per l’ipotesi di esclusione del progetto dalla procedura di VIA, ritiene necessario che “preventivamente al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto” debba essere effettuata “una campagna di rilievi sul campo della durata di 18 mesi” per valutare la frequentazione del sito da parte di rapaci e di chirotteri con la definizione di soglie critiche di mortalità specifiche per le varie specie e che successivamente, sulla base dei risultati dei rilevamenti, il proponente provveda agli interventi 35 indicati dalla Provincia come necessari. Né ovviamente il prescritto monitoraggio di durata triennale, da effettuarsi in corso di esercizio dell’impianto medesimo, può essere considerato come equivalente e sostitutivo della mancata realizzazione della campagna di rilievi ritenuta necessaria al fine di acquisire proprio quelle conoscenze dell’ecosistema più attendibili che avrebbero permesso una più esatta valutazione di incidenza dell’impianto sull’ambiente e, quindi, la previsione di misure di mitigazione dettate da specifiche esperienze locali oppure, ove i rilievi fossero stati negativi, la conferma della valutazione di incompatibilità già espressa dalla medesima provincia di Grosseto nel 2002”. Si chiedono pertanto chiarimenti e si evidenzia l’obbligo di effettuare il monitoraggio come d’altronde previsto obbligatoriamente dalla DGR 131/04 in applicazione dell’art. 7 della L.R.11/01. Non ha molto senso cercare di decifrare definizioni come Habitat avicolo(?). La superficialità e l’approssimazione con cui è stata elaborata la relazione hanno l’unico scopo di affermare lo scarso valore dell’area e di conseguenza ridurre l’impatto del progetto sugli ecosistemi presenti. Dalle osservazioni qui presentate emerge invece la rilevanza ecologica delle aree interessate, dove sono presenti ben 5 habitat prioritari, con sorprendente ricchezza di specie e diverse emergenze, in generale un indice di biodiversità di buon livello, un valore prezioso per le produzioni agricole di qualità e per la salute dell’intero territorio. Non ha molto senso cercare di decifrare definizioni come Habitat avicolo (?). La superficialità e l’approssimazione con cui è stata elaborata la relazione hanno l’unico scopo di affermare lo scarso valore dell’area e di conseguenza ridurre l’impatto del progetto sugli ecosistemi presenti. Dalle osservazioni qui presentate emerge invece la rilevanza ecologica delle aree interessate, dove sono presenti ben 5 habitat prioritari, con sorprendente ricchezza di specie e diverse emergenze, in generale un indice di biodiversità di buon livello, un valore prezioso per le produzioni agricole di qualità e per la salute dell’intero territorio. 36 IMPATTO DEL PROGETTO SULLE ARCHITETTURE RURALI E IL PAESAGGIO AGRARIO Quello che si descrive rappresenta senza dubbio alcuno una profonda modificazione, se non lacerazione, del tipico paesaggio agrario acquavivese fatto, come in altri comuni contermini, di una viabilità “in filigrana” che si muove nella fertile piana con colture di ulivi, vite ed alberi da frutta, fra recinzioni in pietra a secco, trulli, piccoli e medi fabbricati rurali (a volte abitati dai detentori delle terre), spesso bordato da cespugli di rovi o piccoli arbusti spontanei. 8 Gli stessi progettisti nella Relazione Descrittiva parlano di un forte impatto sia in fase di cantierizzazione che di esercizio, che “però” a loro modo di vedere verrebbe mitigato da alcune opere di “rinaturalizzazione”. Nella stessa Relazione (2.1.1 ‐ Movimenti di Terra e Discarichi) si legge anche: “Il riutilizzo quasi totale del materiale proveniente dagli scavi rende, di fatto, non necessario il conferimento in discarica del terreno di risulta degli scavi, salvo casi singolari che saranno valutati in corso d’opera.” Non si capisce bene “come” intendano “utilizzare” tale materiale, o se poi questo verrà di fatto “spalmato” sui terreni o peggio ancora lasciato in cumuli a margine delle aree di cantiere. Inoltre questa alterazione delle quote altimetriche indotte come influirà sul nuovo deflusso delle acque? Non è dato saperlo. 8 Da D.1.1a ‐ RELAZIONE DESCRITTIVA DI PROGETTO – 2. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI DI PROGETTO “Sebbene la realizzazione del parco eolico determini un significativo impatto visivo in fase di esercizio, l’intera progettazione e realizzazione sono concepite nel rispetto del contesto naturale in cui l’impianto è inserito. I concetti di reversibilità degli interventi e di salvaguardia del territorio sono alla base del presente progetto che tende ad evitare e/o ridurre al minimo possibile le interferenze con le componenti paesaggistiche presenti nei territori circostanti. I lavori di cementazione, canalizzazione ed apertura delle nuove strade di servizio, causeranno un impatto in fase di cantieramento e costruzione che sarà minimizzato dalle operazioni di ripristino geomorfologico e vegetazionale dei luoghi al termine dei lavori di costruzione e con il successivo ripristino dei luoghi allo stato originario. Tutti gli interventi proposti sono improntati sul principio di ripristinare lo stato originario dei luoghi da un punto di vista geomorfologico e vegetazionale non eliminando comunque tutte le opere realizzate ex‐novo. Si prevede inoltre la conservazione di alcune opere a servizio del parco eolico (strade, piazzole, fondazioni profonde, ecc.) che potranno rendersi funzionali, anche ad avvenuta dismissione, da parte dei fruitori dei siti. 37 Come espresso nel Codice dei BB.CC.9, il Paesaggio è definito all’art. 131, comma 1, come: “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” oppure circa la Tutela del Paesaggio al comma 4: “è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime. I soggetti, indicati al comma 6, qualora intervengano sul paesaggio, assicurano la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari” e ancora al comma 6: “Lo Stato, le Regioni, gli altri Enti Pubblici territoriali nonché tutti i soggetti che, nell'esercizio di pubbliche funzioni, intervengono sul territorio nazionale, informano la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e Sostenibilità” Appare dunque necessaria una seria riflessione e valutazione sulla reale opportunità di realizzare un intervento così impattante sul territorio, viste le pesanti ricadute: ‐ sull’aspetto della viabilità di campagna, ridisegnata, livellata per ridurre le pendenze e lasciata al dilavamento delle piogge; ‐ sui numerosi ulivi che verranno espiantati; ‐ sulle piccole architetture rurali e recinzioni in muretti a secco, che verranno demoliti e mai più recuperati, o peggio ancora ripristinati in cemento; ‐ sul paesaggio agrario nel complesso, aggredito su tutta la zona più fertile del Comune con dei colossi rumorosi e comunque visibili in una zona praticamente pianeggiante. 9 D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ‐ CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO ‐ ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n.137 ‐ così come modificato dal D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 156 e D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 ‐ nonché dal D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 62 e D. Lgs. 26 marzo 2008, n. 63 38 IMPATTO SULLA STRATIFICAZIONE STORICA Nella documentazione allegata al progetto si segnala l’assenza di una relazione per l’impatto archeologico e storico‐architettonico, inoltre, le due tavole (E048_T.4.3 Aree PUTT‐p Componenti Storico Culturali; E049_T.4.3 Aree PUTT‐p‐ Componenti Storico Culturali) allegate per illustrare la componente storico‐architettonica appaiono lacunose nella segnalazione di beni vincolati e di interesse, segnalate peraltro nella cartografia del P.R.G. Il territorio rurale interessato dalle 28 pale eoliche è caratterizzato nella sua stratificazione storico‐ architettonica, nella parte a Nord e in quella a Sud, da un sistema insediativo funzionale ad un’economia mista di tipo agro‐pastorale. Si spiega in questo modo la diffusa presenza di masserie, casini, cappelle rurali, lamie, jazzi, trulli, cisterne. L’area, inoltre, è segnata da una estesa ragnatela di muretti a secco delimitanti i poderi e le stradine interpoderali. Per quanto riguarda gli insediamenti più importanti, cronologicamente databili in un ampio periodo compreso fra XVI e XVIX secolo, alcuni segnalati nella Carta dei Beni Culturali della Regione Puglia e nelle aree di interesse definite dall’attuando P.R.G., ammontano ad un numero complessivo di 36 (17 a Nord, 19 a Sud). Il sistema pastorale, in particolare, oltre al normale sistema viario rurale, sfruttava importanti infrastrutture di collegamento all’uopo destinate ed oggi oggetto di tutela con vincolo di tipo archeologico: il tratturo “Cassano delle Murge – Adelfia”, nella parte settentrionale del territorio comunale, e il tratturello n. 92 “Curtomartino”, nella parte meridionale. Si segnala in quest’ultimo settore, e strettamente connessa alla presenza del tratturello n. 92 “Curtomartino”, la contrada “Difesa della Terra”, lottizzata nel 1867 (Archivio Storico Città di Acquaviva) e definita da un caratteristico reticolo ortogonale di muretti di confine e strade interpoderali, evidente a prima vista nella cartografia IGM e nella foto aerea. Il parco prevede su questa contrada la presenza di 4 pale (P1 Sud, P3 Sud, P4 Sud, P5 Sud), vicinissima una quinta pala (P2 Sud) appare quasi tangente l’area di rispetto del tratturo suddetto. La pala P14 Sud a SudOvest del territorio comunale appare collocata a poche centinaia di metri (circa 300 m) dal tratturello n. 92 “Curtomartino”, dall’area del sito peuceta di Salentino (circa 500 m), dalla grotta di Corto Martino (circa 800 m). Il sito di Salentino e la grotta di Corto Martino sono beni con vincolo archeologico e aree di particolare rilevanza nella cartografia dell’attuando P.R.G.. Nel sito di Salentino le indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza tra il 1976 ed il 1979 hanno portato alla luce i resti di un villaggio abitato sicuramente fino al periodo altomedievale (VII sec. d.C.), confermando così la credenza popolare acquavivese che identificava in Salentino le origini della propria storia. La presenza umana nel sito risale all’età del Bronzo (II millennio a.C.) ma solo in età peuceta (VIII‐II sec. a.C.) si sviluppò l’abitato vero e proprio, di cui esistono solo scarsi indizi di sopravvivenza in età romana; nel periodo altomedievale la località conobbe sicuramente un’altra fase di vita. Ai secoli finali del Medioevo risale la Chiesa di S. Maria Assunta o della Palma, riferibile per le sue caratteristiche architettoniche a modelli romanico‐ gotici, forse costruita sulle vestigia di un più antico edificio di culto. I reperti rinvenuti sono attualmente esposti nella mostra permanente “Salentino – alle origini della città”, allestita in due sale al primo piano dell’ala Nord di Palazzo de Mari. La grotta di Cortomartino è una preziosa testimonianza della presenza umana nel territorio già verso la fine dell’era paleolitica. Alla fase finale del Paleolitico Superiore, corrispondente alla facies 39 culturale del Gravettiano, risalgono infatti la maggior parte dei reperti rinvenuti in questa grotta carsica, situata a circa 360 m sul livello del mare. Nel 1968 il sito è stato oggetto di un’indagine archeologica finanziata dal CNR, sono stati individuati tracce di presenza umana relativa alla facies gravettiana, in base alle tipologie di strumenti litici ritrovati. I resti faunistici di questi giacimenti gravettiani appartengono quasi esclusivamente a mammiferi (tra le specie più attestate Equus caballus, Equus Hydruntinus, Bos primigenius, Cervus Caproleus) e rimandano ad una comunità di cacciatori, vissuti in un’epoca in cui il clima continentale relativamente secco deve aver favorito l’estendersi delle praterie, di cui gli animali appartenenti al genere Equus sono tipici. Successivamente l’aumento dell’umidità nell’atmosfera deve aver determinato un mutamento dell’habitat, con sviluppo di vegetazione a boschi e macchie, più propizia all’attecchimento di altre specie animali, come ad esempio il Bos Primigenius. In questa fase l’elevata umidità all’interno della grotta e forse la caduta di massi dalla volta deve averne determinato l’abbandono. La presenza umana continua però fino all’età neo‐eneolitica e protostorica nell’area antistante l’ingresso, da cui provengono reperti come una lama di ossidiana e frammenti di ceramica d’impasto, riconducibili a questi periodi. Il sito di Salentino ed il tratturello “Corto Martino” sono beni compresi nell’area SIC IT9120013 “BOSCO MESOLA”. Non meno impattante appare la collocazione delle pale P1 Sud e P2 Sud, non distanti dal sito peuceta di Ventauro (area d’interesse dell’attuando P.R.G.). La presenza di un casale medievale in questa località è attestata dalle fonti scritte (anno 1221) e dalla tradizione orale. Numerosi sono stati, in passato, i rinvenimenti fortuiti da parte dei contadini, nel corso delle arature o dell’impianto di nuove di colture. Come per Salentino, anche Ventauro è interessato dalla presenza di una antica cappella (già citata nel documento del 1221), intitolata a San Martino, da cui prende il nome alla contrada. Ricognizioni di superficie intorno alla cappella non hanno restituito reperti risalenti al bassomedioevo, anzi il materiale ceramico è databile all’epoca romano imperiale‐tardoantica. La quantità e la qualità dei reperti, l’estensione e le buone condizioni di conservazione dell’area, l’ampiezza dell’arco cronologico (Età del Ferro – Tardoantico) senza soluzione di continuità, rendono questo sito il più interessante e potenzialmente ricco, forse più dello stesso Salentino, a cui è accomunato sia per l’epoca, che per la presenza di un luogo di culto di epoca medievale. Nel territorio a Nord del centro urbano la pala P12 Nord è collocata circa un chilometro ad Est della Masseria Capitolo (contrada Tufara – S. Andrea) e a circa 750 m l’ipogeo Misceo (vincolo archeologico). Numerose sono le indicazioni relative alla presenza di un insediamento antico in questa zona. A metà degli anni ‘80 nel corso di lavori agricoli fu distrutta una necropoli risalente al IV sec. a.C. Nel settembre del 1994, in seguito ad un nuovo “scasso”, furono portati alla luce rocchi di colonne, numerosi frammenti ceramici di epoca romana, anforacei, una base di torcularium, un canale coperto da lastre calcaree e intonacato con cocciopesto, che corre parallelo alla strada per tutta la lunghezza dell’area e profondo almeno 1,50 m. L’intervento immediato della S.A.P. (Soprintendenza Archeologica Puglia) ha determinato l’occupazione d’urgenza dell’area, a cui sono seguite indagini di scavo nel novembre del 1997 e nel maggio del 1998. Il sito è interessato dalla presenza di un impianto di tipo produttivo di epoca romana tardoantica, con una frequentazione che va dall’epoca preromana all’altomedioevo. Non è escluso che possano esserci anche i resti di 40 un insediamento vero e proprio, vista l’estensione dell’area interessata dalla presenza di reperti in superficie. Le pale P8 Nord e P9 Nord surclassano in altezza la vicinissima Torre Latilla (circa 300 m). Il monumento, databile fra XIV e XV sec. e tutelato con vincolo del 31.02.1981 ai sensi della legge 1089/39, è stato più volte sotto i riflettori dei media e di associazioni culturali che ne hanno chiesto adeguati interventi a tutela del bene. La Torre Latilla, così chiamata dal nome della famiglia degli antichi proprietari, un tempo si ergeva sul ciglio della lama. La masseria annessa alla torre, i cui resti furono demoliti circa venti anni fa dai gestori della cava, costituiva forse l’evoluzione dell’antico casale Cellamare, ricordato dal toponimo della non distante strada vicinale. Secondo uno schema evolutivo degli insediamenti – da casale a masseria, a volte fortificata – che comincia a manifestarsi nel XIV sec., raggiungendo l’apice fra XVI e XVIII sec. Elenco masserie, casini, cappelle nel raggio di circa 1 km A Nord 1 ‐ Casino Tricarico 2 – Masseria La Tilla (Torre con vincolo architettonico) 3 ‐ Casino Sollazzo 4 ‐ Casino Zella 5 – Masseria Gaudenzio 6 ‐ Masseria Paolicchio 7 ‐ Masseria La Rena 8 ‐ Casino Pietro Rossi (Cappella) 9 ‐ Villa Azzone (Casamassima) 10 ‐ Casino Giordano 11 ‐ Masseria Memola 12 ‐ Masseria Le Monacelle 13 ‐ Masseria La Molignana (Cappella) 14 ‐ Masseria S. Domenico (Cappella) 15 ‐ Casino Biasi 16 ‐ Masseria Capitolo (Cappella) 17 ‐ Masseria I Casalicchi 41 A Sud 18 ‐ Masseria Pippo 19 ‐ Masseria S. Vito 20 ‐ Lamione Difesa 21 ‐ Masseria Cimino 22 ‐ Masseria Parco d’Ottavio 23 ‐ Masseria Lama Cupa 24 ‐ Masseria Magazzini 25 ‐ Masseria Pozzo Mancuso 26 ‐ Masseria Panzarella (Cappella) 27 ‐ Masseria Giura 28 ‐ Masseria Marchitelli 29 ‐ Masseria Cimaglia 30 ‐ Masseria Cacciafumo 31 ‐ Masseria Catucci 32 ‐ Masseria Panessa 33 ‐ Masseria Losito 34 ‐ Masseria Posa 35 ‐ Masseria Salentino 36 ‐ Masseria Mastronardi Beni vincolati Cappella S. Maria di Salentino (vincolo architettonico e archeologico) Grotta di Corto Martino (vincolo archeologico) Salentino (vincolo archeologico) Torre Latilla (vincolo architettonico) Sito loc. Malano (vincolo archeologico) Ipogeo Misceo (vincolo archeologico) 42 Area archeologica di Salentino prossima alla torre 14 Sud 43 Torre Latilla direttamente interessata dal progetto Nord Masseria Capitolo (nei pressi dell’area archeologica di Malano) 44 Visione d’insieme dell’area interessata dal progetto a Sud con l’individuazione dei siti archeologici. Appare evidente come il reticolo ortogonale di muretti a secco di confine e strade interpoderali realizzato con la quotizzazione del 1867 caratterizzi l’area interessata dal progetto. 45