A

Silvia Mattoni
Massimo Mongardini
Marco Scarnò
L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
L’assistenza sanitaria nel più grande spedale dell’Urbe
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
ISBN ––––
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
Indice

Presentazione di Gianni Iacovelli

Presentazione di Mario Bernardini

Prefazione

Introduzione

Capitolo I
L’ospedalizzazione dal medioevo al 

Capitolo II
Malattia e salute nell’
.. La sanità in Italia, .

Capitolo III
L’Arcispedale
.. La Regola Innocenziana, .

Capitolo IV
Dalla beneficenza all’assistenza spedaliera
.. L’assistenza sanitaria al Santo Spirito,  – .. I Commendatori di
Santo Spirito, .

Capitolo V
: verso l’assistenza sanitaria nazionale
.. Leggi Sanitarie,  – .. Condizioni igieniche degli ospedali di Roma,  – .. Demografia nosologica,  – .. Lo stato di salute,  –
... Le patologie cui si era soggetti,  – ... L’analisi del territorio e degli
infermi,  – ... Le febbri tifoidee,  – .. Considerazioni, .

L’arcispedale Santo Spirito in Saxia


Conclusioni

Appendice

Fonti Archivistiche

Bibliografia

Iconografia
Presentazione
di Gianni Iacovelli
Il  febbraio di quest’anno, nell’ambito delle celebrazioni per i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, si è tenuto a Roma nella Sala Alessandrina dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria una Giornata di
studi sul tema: “, Roma Capitale. L’assistenza sanitaria nel più grande
ospedale dell’urbe: l’arcispedale Santo Spirito in Saxia”.
È in tale occasione che ho avuto il piacere di incontrare gli autori di
questo studio: Silvia Mattoni, Massimo Mongardini e Marco Scarnò.
A dieci anni dal grande Congresso del , il Santo Spirito ritornava alla ribalta degli studi con un importante Convegno, organizzato
dalla stessa Accademia e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, per
illustrare e approfondire un momento cruciale della sua storia (e della
evoluzione della sanità a Roma e in Italia).
Il Convegno ha avuto un grande successo, non solo per lo spessore
culturale e scientifico delle relazioni, ma anche perché ha rappresentato l’inizio di una collaborazione — che ci auguriamo sempre
più stretta in futuro — tra l’Accademia e il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il più qualificato Ente di promozione e organizzazione
scientifica del Paese.
Il volume che oggi si presenta raccoglie le risultanze di quella
Giornata di studi. Gli autori — Silvia Mattoni, Massimo Mongardini,
Marco Scarnò — hanno affrontato con angolature diverse (come già
nel Convegno), ma con una sostanziale unità d’impostazione il tema
della transizione, del passaggio tra un tipo e un altro di assistenza nel
più grande e prestigioso ospedale romano.
Nel , con Roma divenuta capitale del nuovo Regno, non mutò
soltanto la situazione politico-gestionale dell’Ente, non cambiarono
solo gli amministratori e il personale sanitario, non si sostituirono i
nuovi Commissari governativi, con diversa mentalità, formazione e
modi di operare, alla vecchia dirigenza di derivazione ecclesiastica e


L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
“papalina”. Cambiarono anche, con le nuove leggi, l’organizzazione
interna, la struttura operativa, i settori d’intervento dell’antico ospedale di Santo Spirito, che perse — se vogliamo — in autonomia, ma
acquistò moltissimo, come gli studi del volume stanno a dimostrare,
in efficienza e funzionalità.
Il Santo Spirito venne sfrondato da una quantità d’incombenze,
seppure meritorie (gli orfani, le zitelle), che aveva in precedenza, per
assumere sempre più un esclusivo carattere sanitario.
Durante il dominio papale, sin dai primi tempi del Medioevo, l’ospedale di Santo Spirito era una grande azienda con fini di assistenza e
di beneficenza, come erano in fondo le analoghe istituzioni di antico
Regime in altre parti d’Italia (due esempi per tutti, gli Incurabili a
Napoli e la Cà Grande di Milano).
Gestiva un immenso patrimonio derivato da lasciti e donazioni,
che serviva per assistere, nei periodi di crisi individuale e collettiva, i
miseri, i derelitti e gli ammalati: una gran messe di denaro — vi era
persino un Banco per amministrarlo — che i ricchi destinavano per il
tramite dell’Ospedale ai poveri per le cosidette opere di carità.
Una complessa e articolata gestione, sotto lo stretto controllo delle
Autorità ecclesiastiche (nel nostro caso, proprio del Papa), si occupava di amministrare questo “patrimonio dei poveri” con risultati non
sempre ottimali sul piano della funzionalità, ma comunque con un
indubbio vantaggio per i ceti meno abbienti della società.
Con l’Unità il flusso di denaro, questo continuo e incessante (o
almeno così pareva) passaggio di mano di beni e proprietà cessò quasi
del tutto, determinando una grave crisi economica dell’Ente-ospedale
che dovette, oltre che alienare una quantità di beni, anche riassettare
le proprie finanze e adeguare i bilanci alle nuove esigenze e alle nuove
necessità.
Cambiò anche, dal  in poi, il tipo di utenza, come numero e
come qualità, in relazione al flusso migratorio da ogni parte d’Italia,
all’espansione e allo sviluppo non solo urbanistico, ma economico e
sociale di Roma capitale.
Cambiarono tutte queste cose, come il libro documenta con linearità e precisione (utilizzando anche le statistiche del tempo), ma cambiò
essenzialmente l’approccio dei medici nei confronti dell’ospedale. E
non solo dei medici, che allora costituivano il perno principale della
sanità pubblica e privata, ma anche delle altre professioni (farmacisti,
Presentazione

ostetriche, infermieri) che stavano prendendo corpo e consistenza nel
complesso universo sanitario dell’Italia unita.
Il diverso atteggiamento dei medici verso la pratica ospedaliera era
legato al vertiginoso progresso, anche nel campo della medicina e
della scienza, che si stava registrando nell’Europa del tempo.
In effetti, nella seconda metà dell’, una vera e propria rivoluzione si verificò in medicina.
In quegli anni ebbe uno sviluppo considerevole la clinica, con una
più precisa definizione diagnostica della malattia attraverso l’uso di
nuove metodiche, come la percussione e l’ascoltazione mediante lo
stetoscopio, il “tubo” di Laënnec. Più tardi, con l’utilizzo dei principi
della fisica, furono scoperti lo sfigmomanometro e i raggi X.
Si perfezionarono e si affinarono i metodi della ricerca. Con l’indagine microscopica Pasteur, Koch e molti altri individuarono nei microbi
(batteri, miceti e virus) gli agenti patogeni delle malattie infettive.
Cambiarono soprattutto, in questo periodo, le concezioni di base, i
principi informatori della medicina: a Berlino Rudolf Virchow introduceva la “cellular–patologie”, a Parigi Claude Bernard propugnava la
medicina sperimentale, da Londra si diffondevano in tutto il mondo
le idee darwiniane.
Anche in Italia con Salvatore Tommasi e Angelo Camillo De Meis il
senso profondo del cambiamento si diffuse nelle Università e divenne
bagaglio della cultura dei medici.
L’igiene, la disciplina nata dalla vecchia “polizia medica”, poneva
le basi dell’educazione sanitaria, della prevenzione e di un diverso
tenore di vita, ad ogni livello della popolazione. Poneva le basi, anche
in campo ospedaliero, per una riorganizzazione interna ed esterna
delle strutture. Si progettava (e si realizzava) il policlinico e padiglioni.
Ogni ospedale grande o piccolo si dotava di precise regole interne
contenute nei Regolamenti Organici.
Il medico del secondo ‘ possedeva quindi un poderoso bagaglio
culturale e scientifico, una mentalità “positiva”, strumenti d’intervento in grado di guidare i cambiamenti in atto nella società: sedeva
nei parlamenti, occupava le università, aveva un ruolo primario nel
complesso e articolato universo sanitario. Era in grado di portare a
termine, in ogni senso, il processo, già in atto dalla prima metà del secolo, di acquisizione di una solida e indubbia leadership in ogni campo
della sanità.

L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
Questo radicale cambiamento si evidenziò pure a Roma, nell’ospedale di Santo Spirito, che risentì forse più di ogni altro, per la situazione
di privilegio in cui prima si trovava, delle trasformazioni in atto.
Tutto questo viene raccontato, con dovizia di particolari e con
un apparato statistico imponente, nelle pagine del libro di Mattoni,
Mongardini e Scarnò.
Le travagliate vicende del Santo Spirito diventano allora il simbolo
stesso del cambiamento, di un “passaggio cruciale”, come affermano
gli Autori, da un’epoca ad un’altra per quanto concerne la medicina e
la sanità.
Da quel momento in poi “la malattia non è più considerata una
dannazione per il singolo e una punizione divina, ma un evento sociale
da affrontare collettivamente”.
“Nel  — così è detto nelle pagine conclusive — per la prima
volta si introduce il concetto di prevenzione, di diagnosi e di cura; si
affrontano le problematiche dell’assistenza sanitaria tutta, dall’igiene,
tutelata con normative prima interne ai luoghi di cura, poi con leggi
dello Stato, alla necessità di attenersi ad alcuni protocolli farmaceutici, alla pratica medica, all’istruzione sanitaria; si moltiplicano e si
trasformano i luoghi di cura, nascono le prime accademie mediche e
le scuole ospedaliere, si formalizzano e si codificano le spese sanitarie
nel rispetto del principio dei costi e dei benefici; si pubblicano le prime
statistiche e le prime note di nosografia e di demografia”.
La medicina e la sanità entrano di forza nel mondo moderno. Il Santo Spirito partecipa e contribuisce a questo processo di trasformazione
e di crescita: e non è un caso che Guido Baccelli, medico e ministro del
nuovo Stato Unitario, uno dei protagonisti del cambiamento, provenga
proprio dal Santo Spirito.
Con questo libro vario e interessante, il contributo del più grande
(allora) ospedale romano al progresso sanitario del tempo si delinea e
si definisce con grande correttezza metodologica e rigore scientifico:
entra a far parte a pieno titolo del corposo capitolo della storia della
medicina e della sanità nei decenni — discussi e travagliati — che
seguirono all’Unità d’Italia.
Gianni Iacovelli
Presidente Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria
Presentazione
di Mario Bernardini
Un libro che attraverso la storia plurisecolare di un ospedale vuole
essere cronaca di come le sofferenze fisiche dell’uomo trovavano cura
e accoglienza in un luogo volutamente destinato ad accoglierlo.
Gli Autori, però, non raccontano soltanto questo: mettendolo a fuoco si concentrano in un periodo, un ‘ventennio’(dal  al ), che
ha anche registrato un cambiamento epocale con il passaggio dell’assistenza sanitaria da un sistema essenzialmente basato sull’intervento
caritatevole a quello di una organizzazione sociale.
Le vicende intorno al  hanno fatto dell’Italia una Nazione
unita e unitaria nella scia di una tradizione di universalità della Chiesa
di Roma che accanto al potere sulle anime non aveva trascurato di
provvedere all’assistenza fisica dei cittadini dello Stato Pontificio.
Non a caso hanno contribuito alla redazione del libro Autori con
diverse professionalità: il medico, figura essenziale e insostituibile
nell’assistenza e cura dei malati; lo statistico che aiuta a seguire l’evoluzione dell’organizzazione e dell’erogazione dei sistemi di intervento;
lo storico–sociologo e, soprattutto, il giornalista che espone con le
caratteristiche professionali della cronaca completa, corretta e verificata, le disavventure che portavano al ricovero del singolo assistito per
quanto il ‘sistema’ metteva a sua disposizione.
Il lettore può così cogliere tanti particolari che rivelano quello
che è stato, parlando di sanità, un passaggio indolore da un sistema
‘caritatevole’ ad un altro sistema, quello ‘sociale’, anche attraverso
i cambiamenti legati ad una evoluzione della società conseguenti
a diverse nuove necessità avvertite sia per numero e provenienza
di soggetti malati che per cause patologiche, ambientali e lavorative
senza dimenticare gli eventi accidentali o legati a fatti e comportamenti
illegali. Tutto ciò anche tenendo conto del progresso della ricerca con
le nuove scoperte e applicazioni della scienza medica, sia per la clinica


L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
che per la chirurgia.
Un parallelismo con l’attualità della nostra epoca, certo non completamente evidenziato, ma che si può cogliere ponendo attenzione
a tanti particolari che emergono dalla lettura di un libro che, nel fare la cronaca di un tempo relativamente remoto, può contribuire a
conoscere tante realtà di quanto oggi accade, ancora, nel nostro Paese.
Leggendo con l’abitudine di chi segue quanto riferito dai media
sull’assistenza sanitaria in Italia e facendo particolare riferimento all’organizzazione ed erogazione delle prestazioni del Servizio Nazionale
per l’informazione e la comunicazione medico–scientifica, si ha intanto l’impressione positiva che l’attenzione per la salute e la cura della
persona non abbia conosciuto pause.
L’attento lavoro della giornalista Silvia Mattoni, la professionalità
del chirurgo Massimo Mongardini e le statistiche di Marco Scarnò
nel riassumere le conclusioni delle loro osservazioni affermano, tra
l’altro, che:
Le scoperte diventano il frutto della collaborazione di molti studiosi esperti
di una determinata branca della medicina e i risultati devono necessariamente essere ripetibili. Il progresso segna definitivamente il ruolo della
tecnologia, imprescindibile dallo sviluppo delle moderne scienze mediche.
Tecnologia e medicina vanno di pari passo: la prima fornisce gli strumenti
necessari al progresso della seconda. L’Ospedale Santo Spirito ha rappresentato il punto di incontro delle diverse culture mediche, del confronto tra le
differenti scuole di medicina e del modo di tramandare ai giovani discepoli
i fondamenti dell’arte sanitaria.
Le statistiche elaborate dall’esame dei dati clinici, dei risultati delle
terapie applicate, dell’aspettativa di vita che si prolunga con il progresso delle conoscenze medico-scientifiche, forniscono una prova
inconfutabile dell’apporto della Struttura Innocenziana allo sviluppo
di una cultura medica che ruota intorno all’uomo malato e non più
alla malattia. Nei più recenti decenni a cavallo tra il XX e il XXI secolo,
il progresso della tecnologia in ogni settore e per quello della Medicina e dell’Informazione, è stato particolarmente ricco di ulteriori
scoperte e invenzioni. Le nuove tecnologie utilizzabili per comunicare
stanno modificando il bagaglio formativo e culturale della professione
del giornalista, mentre per quella del medico si può ormai parlare
di progressi con il contributo di competenze professionali in ambito
Presentazione

sanitario, o ad esso correlate, necessaria per un’assistenza sanitaria
non più come compito esclusivo per diagnosi, cura e riabilitazione in
caso di malattia, ma per l’obiettivo indicato dall’OMS per l’anno 
della ‘salute per tutti’.
Dal , come per l’Italia affermano gli Autori, “la malattia non è
più considerata una dannazione per il singolo e una punizione divina,
ma un evento sociale da affrontare collettivamente con la garanzia
anche economica dello Stato”.
Nel  in un periodo di cosiddetta ‘globalizzazione’ con iniziative
rivolte al superamento di divisioni e diversità politiche, culturali, etniche e religiose, per una pace universale tra popoli e nazioni di diversi
Stati, si può forse riconsiderare quella supremazia della Scienza recuperando, con l’informazione sanitaria sulla salute e nel rapporto del
sanitario con il paziente, quella componente che fa di ogni soggetto
umano una ‘persona’, singola e singolare come entità non soltanto
materiale.
Una valutazione personale che, senza il ritorno a criteri di intervento caritatevole, può contribuire a non dimenticare che il traguardo
finale per ognuno nel proprio ruolo sociale, non dovrebbe essere limitato soltanto a considerazioni sulla durata di una vita più lunga (fino ad
essere illimitata?) nel possesso di quel ‘benessere psicofisico e sociale’
indicato dall’OMS.
Mario Bernardini
Presidente A.S.M.I. (FNSI)
Associazione Stampa Medica Italiana
Prefazione
Correva l’anno , esattamente dal  al  maggio, quando un Convegno Internazionale, organizzato dal Comune di Roma e dedicato a
‘L’Antico Ospedale Santo Spirito’ presentava, attraverso una nutrita
rassegna di studi di archeologia, di arte, di storia, di urbanistica e di
topografia, di politica, di religione, questa Istituzione Pontificia .
La rassegna, per il ventaglio di argomentazioni che copre, non può
oggi essere ignorata da chiunque desideri conoscere, oltre alle fonti
tradizionali ed alla nutrita bibliografia, peraltro abbondantemente visitate dall’Autore per questa ricerca, la storiografia più contemporanea,
scritta dagli specialisti delle varie discipline che portano, con i loro
contributi, metodologie nuove e tecniche conoscitive d’avanguardia.
Si rimanda pertanto a questa Opera fondamentale la visione d’insieme del Complesso S. Spirito in Sassia, limitandoci a richiamare, di
volta in volta, qualche passo particolarmente significativo, a cominciare
dalla frase di apertura dei lavori, dove l’Istituzione viene definita ‘il
più antico nosocomio a livello mondiale ancora funzionante dopo
oltre ottocento anni dalla sua fondazione’ .
È forse questo l’aspetto più emblematico che ha caratterizzato da
sempre la sua storia: la normalità delle attività insieme all’importanza del ruolo; la semplicità del rapporto con la società intera insieme alla complessità delle attività; il rispetto della tradizione insieme
all’attualità del messaggio.
Tanto è vero che, come dice Luisa Cardilli: “a distanza di ottocento
anni rimane importantissimo il retaggio culturale dell’Ospedale per
la storia sanitaria, artistica, religiosa e sociale di Roma” mentre il
. Cfr., Atti del Convegno L’antico Ospedale S. Spirito. Dall’Istituzione Papale alla Sanità
del Terzo Millennio, Il Veltro, vol. –, anno XLV, settembre–dicembre , pp. – e Il
Veltro, vol. –, anno XLVI, gennaio–agosto , pp. -.
. Indirizzo di Saluto di Walter Veltroni, in qualità di Sindaco di Roma, ivi, pag. .
. Luisa Cardilli ha partecipato al Convegno in qualità di Direttore dell’Ufficio Monumenti Mediovali e Moderni della Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma;
cit. nell’Indirizzo di saluto del Card. Fiorenzo Angelini, ivi, pp. –.


L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
Cardinale Angelini dichiara che “a rendere solida e duratura questa
eredità è stata la plurisecolare saldatura tra la presenza della Chiesa nei
luoghi di ricovero e di cura e il doveroso impegno della società civile.
Una convergente collaborazione che è appunto garanzia di continuità
di una esperienza confermatasi esemplare” .
Alle radici di questo impegno c’è la condivisione di una Regola,
scritta nel lontano  e praticata definitivamente nel , “basata sul
principio che il malato è il padrone e coloro che lo assistono sono i
suoi servitori” e c’è l’adozione di un criterio, ancora più antico, che
antepone la carità ad ogni interesse personale.
È ben nota infatti la storia del ‘Sanctus Spiritus in Saxia’ così denominato perché destinato ad accogliere, fin dall’VIII secolo i ‘Sassoni’, i
pellegrini d’Oltralpe e rifondato poi da Papa Innocenzo III, alla fine
del sec. XIII, che ne affidò la gestione ai Chevaliers Ospitaliers du
Saint Esprit de Gerusalemme, ma non tutti conoscono la finalità di
questa Istituzione che non si limita all’importante ruolo assunto in
favore dell’assistenza sanitaria, ma realizza concretamente un modello,
ancora più complesso, quello voluto da sempre dalla Chiesa Cattolica:
“ama il prossimo tuo come te stesso”.
Arrivando ai nostri giorni, Papa Giovanni Paolo II nella Lettera
Apostolica Salvifici Doloris dirà queste testuali parole: “le istituzioni
sono molto importanti e indispensabili, ma nessuna istituzione può da
sola sostituire il cuore umano, la compassione umana, l’amore umano,
l’iniziativa umana, quando si tratti di farsi incontro alla sofferenza
dell’altro” .
Tale visione è stata sempre presente nell’Ospedale ed ha tracciato
la sua vera identità, al di là delle alterne vicende politiche, al di là della
Sede prestigiosa, al di là anche del profilo istituzionale.
“L’operatore sanitario — dice il Card. Angelini — quale che sia la
sua estrazione ideologica e persino religiosa, non esercita semplicemente una professione, ma assolve una missione. La conduzione, il
clima, l’efficienza di un luogo di ricovero e di cura è parametro ed
espressione della società che lo circonda e misura del suo grado di
civiltà, La storia di questo insigne Ospedale, pur nella diversità delle
. F A, Cardinale e Commendatore del Santo Spirito, ivi, pag. .
. Ivi, pag.
. Lettera Apostolica Salvifici Doloris ().
Prefazione

circostanze e dei contesti culturali, politici e sociali, è storia dell’importanza e del valore del sodalizio tra assistenza sanitaria e pastorale
sanitaria, tra impegno civile e sostegno della Chiesa, il quale impegno
non è semplicemente momento a sé stante ed isolato nel quadro dell’azione terapeutica, ma sollecitazione, nel nome dell’amore cristiano,
a rendere sempre più giustizia al malato, di cui è decisivo conoscere
la condizione non solo fisica, ma anche psichica e morale.
La Chiesa, nelle sue molteplici espressioni di pastorale sanitaria,
mira a coinvolgere personalmente il malato nell’attività di assistenza, a
cooptare la collaborazione dei familiari, a favorire la convergenza degli
apporti di tutte le forze operanti all’interno della struttura ospedaliera,
a promuovere il volontariato, ad allargare le prospettive di una efficace
educazione sanitaria. Mentre la socializzazione dell’assistenza sanitaria
corre il pericolo della sua spersonalizzazione e del prevalere della
burocrazia, l’azione di sostegno e di stimolo della Chiesa favorisce il
coinvolgimento dell’intera comunità della quale il malato è parte” .
Questo aspetto viene centrato, ampiamente documentato e sviluppato nella ricerca di Silvia Mattoni; in questa ricerca è messo in
evidenza il fil rouge che lega, al S. Spirito in Saxia, lungo il corso dei
secoli, scienza ed etica, razionalità e fede, società e Chiesa.
Il volume, nato dalla rielaborazione di una precedente ricerca a
carattere storico ed arricchito dal contributo di esperti nelle varie discipline, dalla storia della medicina (Massimo Mongardini) alla statistica
(Marco Scarnò) centra, nell’ambito di una più ampia cronologia, un
periodo di svolta nella vita dell’Istituzione: il trasferimento non certo
indolore dallo Stato Pontificio all’Italia Unita.
Questa fase storica particolarmente complessa per le implicazioni
politiche, religiose, finanziarie e perfino burocratiche, che ha dovuto
affrontare l’Arcispedale, registra invece una positiva rivoluzione a
proposito dell’idea di salute e dell’idea di assistenza agli ammalati: “la
malattia — come dice l’Autore — non è più considerata una punizione
divina, ma un evento sociale da affrontare collettivamente con la
garanzia anche economica dello Stato (mentre) il singolo individuo
non è più lasciato alle opere caritatevoli ed assistenziali della Chiesa e
dei benefattori e non è più allontanato o emarginato in angusti luoghi
non di cura, ma di ricovero”.
. C. F A, cit. pag. .

L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
Nello stesso periodo si comincia a parlare con maggiore razionalità,
di ‘prevenzione’, di ‘diagnosi’, di ‘cura’, di ‘igiene tutelata’ da leggi,
che si sviluppano in un primo momento come ‘normative interne dei
luoghi di cura’ per diventare successivamente ‘leggi dello Stato’; ed
ancora: di ‘protocolli farmaceutici’, di ‘istruzione sanitaria’ certificata,
di ‘accademie mediche’ e di ‘scuole ospedaliere’.
Il Santo Spirito, ‘fiore all’occhiello’ dello Stato Pontificio, e ‘punto
di riferimento’ degli Ospedali Romani, diventa, nel periodo della
Riforma, interprete naturale di un messaggio i cui contenuti umani
e civili, venivano non soltanto dichiarati ma praticati fin dalla sua
fondazione.
Per questo motivo lo studio presentato da Silvia Mattoni è un omaggio all’Istituzione del S. Spirito ma soprattutto una importante testimonianza per la storia di Roma Capitale, nell’anno delle celebrazioni
del centoquarantesimo anniversario.
Maria Rosaria Valensise
Storica e Dirigente Tecnologo del CNR
Introduzione
Non sono molte le opere che affrontano argomenti storici partendo
da fonti e da dati statistici che caratterizzano la vita sanitaria della
città di Roma. L’idea è dare una differente chiave di lettura del nostro
Risorgimento esaminando aspetti della vita cittadina spesso trascurati
o sottovalutati come la gestione della malattia, dei luoghi di cura e della
politica sanitaria in genere. Sono stati analizzati per l’occasione tutti i
dati trovati intorno al più grande Ospedale cui faceva riferimento la
popolazione di Roma nella seconda metà dell’, il Santo Spirito in
Saxia.
Si deve dire — e ciò sembra apparire dai dati rilevati — che l’Unità ha letteralmente coinciso con uno stravolgimento del sistema
sanitario; con essa si sono infatti modificati in modo radicale i concetti di salute e di malattia mentre sono emersi concetti nuovi quali
‘prevenzione’; ‘diagnosi’ e ‘cura’, coerentemente con i grandi mutamenti nella filosofia e nella pratica della disciplina medica che hanno
caratterizzato tutto il XIX secolo.
La scelta dell’Ospedale Santo Spirito è legata soprattutto alla sua
importanza nella vita sanitaria della Roma papalina, oltre alla sua vasta
e ben conservata documentazione storica.
Chi può dire di non aver mai sentito parlare della famosa Biblioteca
Lancisiana o dell’omonima Accademia Medica?
Il lavoro intende analizzare e verificare gli assiomi che hanno caratterizzato la vita sanitaria della città di Roma e che caratterizzano
ancora oggi l’assistenza sanitaria nazionale. Partendo dall’indagine
dei fenomeni patologici ritenuti allora più diffusi (colera, peste, tubercolosi, influenza, etc.), si è ritenuto di incentrare l’attenzione sulla
trasformazione dell’assistenza agli infermi da atto caritativo, riservato
ai benefattori e ai religiosi, a imperativo sociale garantito dallo Stato.
Documentare l’evoluzione della storia sanitaria romana nella seconda
metà del XIX secolo tentando di interpretare, alla luce delle testimonianze raccolte, questi cambiamenti, è stato il primo obiettivo. Non


L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
è stata casuale quindi la scelta del Santo Spirito, maggior testimone
dell’accentuazione del ruolo sociale dello Stato.
La storia della spedalità pubblica può essere scritta in rapporto
ai progressi delle sue metodologie ed alla precisione e al rigore con
cui vengono concettualizzati e definiti operativamente i fenomeni
patologici, prima osservati ed identificati in quanto tali, poi trattati e
risolti.
È indubbio che i primi passi del moderno progresso tecnologico,
come anche le prime classificazioni delle malattie, si possano far risalire alla seconda metà del XIX secolo. È proprio da questo momento che
le informazioni statistiche sulle patologie, sulle noxae, sulle cause dei
decessi, sui ricoveri e sui trattamenti terapeutici, cominciano ad essere
presi in esame per la prima volta su vasta scala per stabilirne i rapporti
con vari fattori sociali e demografici. Le discipline scientifiche, ed in
particolare quelle mediche, non si limitano più al puro empirismo ma
si dedicano alla ricerca applicata.
I metodi clinici e storici di raccolta dei dati, le misurazioni anatomiche, le descrizioni delle malattie e le statistiche ufficiali danno quindi
un apporto determinante allo sviluppo della scienza medica e dell’assistenza propriamente intesa, non più solo come opera caritativa
ed assistenziale in senso stretto, ma come globalità dei procedimenti
diagnostici, clinici e terapeutici.
Inoltre la convergenza della tradizione empirica della scuola di pensiero positivista, con il fiorire più generale dei metodi empirici nelle
scienze fisiche, ha rafforzato ulteriormente le tecniche di osservazione
e delle misurazioni quantitative in tutte le branche mediche.
Con la disponibilità poi di statistiche formulate in modo più significativo, quindi finalmente con quel rigore che conferisce alle stesse
un criterio di validità e di significatività scientifica, i quesiti posti dai
teorici e dagli studiosi in genere, possono essere affrontati e chiariti in
dettaglio, pur sempre nei limiti delle conoscenze scientifiche.
Diviene così possibile esaminare problemi descrittivi di base, come
la provenienza dei malati e il rapporto con le patologie riscontrate,
la prevalenza e la distribuzione di alcune malattie sulle altre, l’esame
delle noxae patogene, la conseguente incidenza in senso assoluto e
relativo di fattori sociali, la data di inizio e il termine delle malattie, la
durata delle terapie, l’esito, la riabilitazione. Possono essere studiate
più rigorosamente anche le ipotesi teoriche fondamentali, compresi i
Introduzione

rapporti tra fattori biologici, sociali ed economici. Si possono approfondire le tecniche diagnostiche e confrontare le diverse terapie nei
confronti degli stessi processi morbosi. Analogamente, per la prima
volta in assoluto, diviene possibile confrontare i costi con l’efficacia
dei programmi di assistenza, in una razionale opera di pianificazione
e articolazione della politica pubblica.
Il primo passo verso la descrizione e l’interpretazione di quanto
è accaduto in questo preciso momento storico non può che partire
dalla selezione delle fonti storiche disponibili: dal vaglio in assoluto
di tutto il materiale ritrovato, all’analisi dei cosiddetti dati ufficiali e
meno attendibili forniti da qualche storico improvvisato o ‘descrittore
occasionale’.
La fonte dei dati più attendibile proviene dagli Enti investiti delle
responsabilità dell’accoglimento e del trattamento dei pazienti, quindi dagli istituti di cura ufficiali, nel nostro caso dall’Ospedale Santo
Spirito e dai suoi archivi storici.
Esistono e sono disponibili ricerche dell’epoca che hanno elaborato dati cosiddetti ufficiali ed hanno già analizzato, con un primo
approccio metodologicamente corretto, casistiche e statistiche in termini prospettici, fornendo valutazioni ed interpretazioni della realtà,
giustificando mode e tendenze.
Non sempre, comunque, i dati trovati sono univoci e hanno una
significatività assoluta se comparati fra loro.
Statistiche ufficiali e studi prospettici sono alterati, spesso in modo non del tutto trascurabile, da errori di trascrizione ed errori di
ortografia di termini medici che portano ad osservazioni sbagliate e a
considerazioni poi smentite sui singoli eventi patologici.
È stato fondamentale, laddove possibile, cercare il più ampio numero di fonti attendibili sugli stessi eventi, confermare i dati, verificare le
operazioni statistiche, trarre delle conclusioni, ed in particolare non
dare mai nulla per scontato.
Sono state, quindi, messe a confronto statistiche ufficiose con dati
ufficiali, eventi descrittivi con relazioni mediche e protocolli terapeutici, riportando il tutto ai diversi periodi storici di osservazione e di
studio. In particolare tutte le tabelle sono state rielaborate, controllando tutti i dati in questione, rifacendo i calcoli e rintracciando anche
dati di impossibile lettura per il cattivo stato di conservazione del testo
originale. Oggetto di studio sono stati anche gli innumerevoli Bolletti-

L’arcispedale Santo Spirito in Saxia
ni della Reale Accademia Medica di Roma, conservati nella Biblioteca
di Storia della Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, e in
particolare tutte le relazioni del Prof. Francesco Scalzi, medico del
Santo Spirito nel periodo analizzato.
Di fondamentale importanza è stato poi consultare il Fondo della
Segreteria di Stato del Vaticano presso l’Archivio Segreto, che ha permesso di mettere in luce la corrispondenza epistolare che ha anticipato
alcuni cambiamenti di gestione della struttura ospedaliera prima, e
dell’intera città poi nel . Uno degli studiosi più autorevoli della
storia del Santo Spirito, il prof. Enzo Bergami, già direttore sanitario
della struttura, storico di valore, ha pazientemente illustrato, prima
della sua scomparsa, alcuni dei documenti inediti da lui gelosamente conservati, anticipando anche informazioni su testi di prossima
pubblicazione.
La ricerca per forza di cose è stata limitata al più grande ospedale
di Roma, il Santo Spirito in Saxia, uno dei complessi ospedalieri più
antichi della città, che vanta una tradizione di raccolta storica dei
dati, una pluricentenaria biblioteca che, alla luce dei dati raccolti, si è
rivelata specchio fedele della situazione sanitaria della città di Roma
nel periodo in esame.
Siamo ancora lontani dalla validità delle tecniche di osservazione e
dei dati statistici dei giorni nostri e dalle metodiche terapeutiche incrociate con tipologia ‘a doppio cieco’ con il confronto dei dati ottenuti
con l’ analisi di modelli matematici. Ma per la prima volta ci troviamo di fronte a dati realistici che possono essere sottoposti a fattori
di correzione, possono essere elaborati dal punto di vista statistico e
possono fornire una grande quantità di informazioni, aiutandoci a
compiere quel disegno complessivo che poi arriverà a comprendere
le basi della nostra attuale assistenza sanitaria.
. Metodologia statistica utilizzata nella sperimentazione, in particolare nel campo
medico, che prevede un raffronto tra due sostanze (ad esempio due farmaci) senza che
lo sperimentatore e l’oggetto della sperimentazione — ad esempio il medico ed il suo
paziente — conoscano quale delle due sia stata utilizzata.
Scarica

A06 162 - Aracne editrice