aro Gesù Bambino,scusami se mi ci metto pure io a scrivere lettere per chiederti le cose che mi piacerebbe
avere (e quelle che non mi piacerebbe avere) in questo
nuovo anno. Scusami, perché ho visto che anche teologi
impegnati, Pastori importanti e persino politici di grido
hanno usato lo stesso mezzo… non credo che sia per
sfiducia nella forza e nella serietà della preghiera… credo
che sia perché certe volte rimpiangiamo la tenerezza delle nostre cose di bambini,quando guardavamo al mondo e anche aTe
con gli occhi di chi ancora si stupiva delle piccole cose e ci sentivamo sicuri dell’affetto che avevamo attorno, protettivo anche
quando avevamo il raffreddore e fuori casa faceva freddo… mentre oggi, a vedere certe facce sui giornali, a sentire certe urla e
certe sbalorditive scempiaggini in tv,a renderci conto di come la
vita stia diventando difficile per tanti (e certe volte nemmeno si
può dire, altrimenti ti guardano male e ti chiedono “dalla parte
dei chi stai”) mi viene lo sconforto… e allora… caro Gesù Bambino, innanzitutto volevo ringraziarti perché quest’anno mi è arrivato un numero incredibilmente minore rispetto agli anni scorsi
di messaggini con gli auguri di Natale: sarà perché quest’anno ci
sono meno soldi da spendere… sarà perché ci siamo resi conto
di quanto siano ridicoli certi messaggi strappalacrime o ripieni di
altissima teologia copiati e riciclati…. sarà perché sta finendo il
mio mandato di presidente… sarà perché io drammaticamente
distratto mi sono dimenticato di rispondere o di salutare… insomma, comunque sia, grazie: io preferisco pensare che ci siano
meno soldi da spendere e meno frasi celebri da spedire… Insomma, comunque, grazie Gesù Bambino: mi servirà di lezione!
Regalami Gesù Bambino un Paese più unito, più serio e più
onesto:insomma regalami una Italia dove ci siano dalle mie parti
al Sud meno piagnoni cronici e al Nord persone più fiduciose
nella unità per la quale vale la pena sacrificarsi. Ridammi l’Italia
delle mie letture di ragazzo, non l’Italia dell’Impero delle vacuità.
Regalami l’Italia delle grandi idealità,l’Italia degli uomini che parlavano alla intelligenza e al cuore e non allo stomaco e alle paure,
l’Italia che credeva nell’Europa e nei popoli.Insomma Gesù Bambino… aiuta la mia Patria (magari aiutandomi a spiegare che cosa
è la Patria). Caro Gesù Bambino regalami una Chiesa che fa deliberatamente preferenza di persone,amica della povera gente e
fustigatrice delle prepotenze perpetrate dai potenti in danno
della dignità dei deboli… una Chiesa umile, povera e pellegrina,
una Chiesa libera da arroganza e presunzione che non carica di
pesi insopportabili la gente ma a tutti è in grado di offrire il peso
leggero e soave di Cristo, una Chiesa dove è di casa non il dominio ma la tenerezza,non la condanna ma la misericordia… che
non cerca privilegi e continua a ricordarsi che le mense a cui si
deve continuamente partecipare sono quelle dei poveri e dei
sofferenti e non quelle dei gaudenti e dei potenti… (chiedo scusa
adAndrea Lebra se ho preso le sue parole,ma sono bellissime)…
Ehi,perché ridi,Gesù Bambino?! Ho chiesto troppo?!Ah ecco…
EDITORIALE
Caro Gesù Bambino
ridammi un’ Italia e
la Chiesa di quando
ero ragazzo
di
Antonio
Diella
presidente
nazionale
ridi perché se ti guardo bene, povero piccolino, credo che sia la
stessa Chiesa che piace a te! E se lo diciTu… Regalami di nuovo,
Dio Bambino,la miaAssociazione,regalami l’Unitalsi! Magari,giacché ci sei, regalami una Associazione di persone convinte e non
polemiche, di persone capaci di testimoniare la gioia e la carità,
persone che“non se la credono” ma“che credono”… insomma
persone che non parlano di fede, ma vivono di fede. E comincia
da me, se puoi, a insegnarmi di nuovo l’unico alfabeto capace di
parlare al cuore del mondo,l’alfabeto della tenerezza e della gratuità. Regalami, Gesù Bambino, la pazienza e l’incrollabile amore
di mia madre che passa la sua giornata a far bere mio padre con
il cucchiaio;e regalami lo stupore grande di mio padre che,senza
l’aiuto di nessuno, ha girato la sua carrozzina con l’unica mano
che gli funziona per guardare rapito e sorridente laTua statuetta
nel presepe.Vorrei chiederti tante cose… ma questi del giornale
poi mi rimproverano perché divento lungo… E quindi… alla
fine… riassumendo Gesù Bambino regalami la felicità e la speranza, la pace e il coraggio. Per parlare di Te. Per vivere di Te. Ma
soprattutto grazie, Gesù Bambino. È finito un nuovo anno. Finiscono dieci anni di un certo tipo di impegno.
Tutto comunque finisce.Solo ilTuo amore rimane.SoloTu.SempreTu.Auguri a tutti. Pace. Sempre. poveri e dei sofferenti e non
quelle dei gaudenti e dei potenti…(chiedo scusa aAndrea Lebra
se ho preso le sue parole,ma sono bellissime)… Ehi,perché ridi,
Gesù Bambino ?! ho chiesto troppo?! ah ecco…ridi perché se ti
guardo bene,povero piccolino,credo che sia la stessa Chiesa che
piace a te ! E se lo dici Tu… Regalami di nuovo, Dio Bambino, la
mia Associazione, regalami l’Unitalsi! Magari, giacchè ci sei, regalami una Associazione di persone convinte e non polemiche, di
persone capaci di testimoniare la gioia e la carità, persone che
“non se la credono” ma“che credono”…insomma persone che
non parlano di fede,ma vivono di fede.E comincia da me,se puoi,
a insegnarmi di nuovo l’unico alfabeto capace di parlare al cuore
del mondo, l’alfabeto della tenerezza e della gratuità. Regalami,
Gesù Bambino, la pazienza e l’incrollabile amore di mia madre
che passa la sua giornata a far bere mio padre con il cucchiaio; e
regalami lo stupore grande di mio padre che, senza l’aiuto di
nessuno,ha girato la sua carrozzina con l’unica mano che gli funziona per guardare rapito e sorridente la Tua statuetta nel presepe.Vorrei chiederti tante cose…ma questi del giornale poi mi
rimproverano perchè divento lungo…
E quindi…alla fine…riassumendo Gesù Bambino regalami la
felicità e la speranza,la pace e il coraggio.Per parlare diTe.Per vivere di Te. Ma soprattutto grazie, Gesù Bambino. E’ finito un
nuovo anno. Finiscono dieci anni di un certo tipo di impegno.
Tutto comunque finisce. Solo il Tuo amore rimane.
Solo Tu. Sempre Tu.
Auguri a tutti. Pace. Sempre.
[email protected]
3
3 DICEMBRE
Disabilità
di
Mariangela
Camporeale
Presidenza
Nazionale
4
Il Presidente Napolitano:
“Una goccia di speranza”
È
dal 1998 che, il 3 dicembre di ogni
anno, viene promossa la Giornata Internazionale delle Persone Disabili;un
appuntamento istituito nel 1981 che
mira a promuovere i diritti e la salute
delle persone disabili affinché, attraverso l’impegno di tutte le organizzazioni, possano godere pienamente di
tutti i diritti umani e dell’uguaglianza
in ogni aspetto dello sviluppo sociale.
Risale al lontano 1789 la prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del
Cittadino: “Les hommes naissent et
demeurent libres et égaux en droit.
Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”. Il medesimo
contenuto è poi stato ripreso nel più
contemporaneo 1948 nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo
adottata dalle Nazioni Unite:«Tutti gli
esseri umani nascono liberi ed eguali
in dignità e diritti. Essi sono dotati di
ragione e di coscienza e devono agire
gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza». Troppo spesso, invece, questi
diritti non portano ad una reale libertà, uguaglianza e dignità nelle relazioni con gli altri. Probabilmente
piuttosto che di problema legislativo
si tratta di una vera e propria barriera
culturale, specialmente per la disabilità, innata o acquisita. Attualmente
non esiste,a livello internazionale,una
definizione del concetto di disabilità
sebbene sia stato recentemente dibattuto anche in occasione della Convenzione ONU per i diritti delle
persone con disabilità. Si stima che in
Italia le persone con disabilità siano
quasi tre milioni: persone costrette a
letto, su sedia a rotelle, persone che
hanno difficoltà nel compiere i normali atti quotidiani come lavarsi, vestirsi o mangiare, persone con
disabilità sensoriali come difficoltà nel
sentire, vedere o parlare. A livello
mondiale circa il 10% della popolazione ha una disabilità; più di 400 milioni di disabili,ben l’80%,vive nei paesi
più poveri. In tutto il mondo le persone con disabilità affrontano ostacoli
alla partecipazione sociale, barriere
architettoniche, pregiudizi culturali,
negazione dei diritti umani e civili.
Proprio per questo la festa celebrata
il 3 dicembre rappresenta un momento per comprendere tutte le
questioni legate alla disabilità,in particolare i diritti delle persone disabili e
i vantaggi derivanti da una loro piena
integrazione in ogni aspetto della vita
politica,sociale,economica e culturale
all’interno della società.
Numerose sono state in Italia le iniziative per celebrare la giornata che,
a detta del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «rappresenta un‘occasione per promuovere
ancora una volta la piena ed effettiva
partecipazione dei disabili in tutti gli
aspetti della vita sociale e nei processi
di sviluppo». L’appuntamento al Quirinale è stata un’occasione di confronto e di solidarietà, la stessa di cui
si parla nella Costituzione Italiana,formulata come“dovere costituzionale”
e in quanto tale “inderogabile” ma –
ha sottolineato Napolitano – è anche
una grande fonte di soddisfazione per
chi la pratica. Ed è importante che
siano tanti a praticarla nel nostro
Paese. Questa iniziativa – ha continuato il Capo dello Stato – è una goccia in un mare molto vasto.
Ma mi illudo che sia una goccia che
faccia più rumore quando cade, sia
pure in un grande mare. E che possa
valere come esempio e come stimolo.
La festa del 3 dicembre nella sede del
Presidente della Repubblica, infatti, è
stata anche l’occasione per dare lustro ad un’iniziativa votata alla solidarietà, alla fratellanza e alle pari
opportunità:festeggiare i 10 anni degli
stage nati in collaborazione tra il Quirinale e alcune associazioni che aiutano i disabili down. Anni nei quali
numerosi ragazzi affetti dalla sindrome di down hanno avuto la possi-
bilità e l’opportunità di lavorare nelle
cucine e nei giardini presidenziali.Una
chance di formazione e di preparazione al mondo del lavoro che, per i
giovani in generale e per i giovani disabili in particolare, rappresenta un
problema spesso insuperabile.
È stato questo, oltretutto, il modo
per testimoniare il riconoscimento
dell’uguaglianza in dignità,capacità,potenzialità, diritti e doveri.
[email protected]
5
8 DICEMBRE
I
6
Immacolata
dalla
Redazione
Il Papa in piazza di Spagna
per onorare laVergine
n una processione ininterrotta i romani dalle prime ore del mattino, l’8
dicembre,hanno deposto fiori ai piedi
della colonna dell’Immacolata a piazza
di Spagna.Dietro ogni fiore un volto.In
ogni petalo un desiderio, un grazie a
Maria. Una lunga giornata di devozione popolare culminata nel pomeriggio con l’omaggio del Papa alla
statua dellaVergine.Un appuntamento
«particolarmente speciale e sentito»
dai romani, ricorda il Cardinale vicario Agostino Vallini. La giornata di celebrazioni mariane inizia alle 7.30
quando,come ogni anno dal 1823,i vigili del fuoco di Roma salgono sull’autoscala fino alla sommità della colonna
per porre nelle mani della statua una
ghirlanda di fiori. Ai tanti fedeli raccolti, il Papa nella storica piazza romana ha detto di essere sempre
“colpito” da questo gesto perchè, ha
sottolineato,“lo sento rivolto a tutta la
città ,a tutti gli uomini e le donne che
vivono a Roma: anche a chi non ci
pensa, a chi oggi non ricorda neppure
che è la Festa dell’Immacolata;a chi si
sente solo e abbandonato”.
Papa Ratzinger ha voluto, quindi, rivolgere un pensiero particolare alla
‘sua’ diocesi,quella di Roma e a tutti gli
agglomerati umani, affermando che
Maria “vede la città non come un agglomerato anonimo,ma come una costellazione dove Dio conosce tutti
personalmente per nome, ad uno ad
uno,e ci chiama a risplendere della sua
luce”. Infine il pontefice ha voluto elevare una preghiera alla“Madre Immacolata”: “Veglia sempre - ha infatti
detto - sulla nostra città: conforta i
malati, incoraggia i giovani, sostieni le
famiglie.Infondi la forza per rigettare il
male, in ogni forma e di scegliere il
bene,anche quando costa e comporta
l’andare contro-corrente”.Ai piedi del
monumento si è pregato, si snocciola
il rosario, si innalzano canti mariani. Si
incontrano tante persone e ascoltare
la storia che si nasconde dietro ogni
fiore che lasciano a Maria. I nonni che
portano i nipoti, e poi tanti i “veterani”, come spiega
Alessandro Pinna, presidente della sottosezione di
Roma,come Luisa, una dei 150 volontari dell’Unitalsi di
Roma,che ha accompagnato e circa 200 malati presenti
alla celebrazione - è un segno del nostro amore per
Maria – dice Luisa - oggi si torna con la mente alla
Grotta di Lourdes». «Un’emozione – ripete Cristhian,
36 anni, disabile – nello stare qui tutti insieme si sente
molto affetto, accoglienza».
Un messaggio di fiducia per ogni persona di questa città
e del mondo intero”, questo è stato il messaggio che,
nella festività religiosa dell’Immacolata Concezione,
viene da Maria che all’uomo continua a donare “un
messaggio di speranza non fatto di parole, ma della sua
stessa storia: lei, una donna della nostra stirpe, che ha
dato alla luce il Figlio di Dio e ha condiviso tutta la propria esistenza con Lui”.
[email protected]
7
ACIREALE
A
Che gioia!
di
Andrea
Marchese
sottosezione
di Acireale
Un incidente,la sedia a rotelle:
e ora posso pilotare un aereo
300 metri da terra su una piccola
macchina volante da solo.
Il sogno che quasi tutti hanno fatto da
bambini, me compreso. Chiudo gli
occhi e sogno di volare nell’azzurro
del cielo sopra il mare,la spiaggia e più
lontano l’Etna innevato, che non
smette mai di fumare… un sogno con
la “S” maiuscola. Lo stesso che mi ha
accompagnato nelle notti anche da
grande con la speranza di realizzarlo
un giorno. A 25 anni,però, per un incidente in moto sono costretto a vivere su una sedia a rotelle e finisco di
sperare… figuriamoci se un disabile in
carrozzina può volare da solo con un
aereo!! Grazie a tanti cari amici,dopo
l’incidente, ho volato col parapendio,
col delta a motore, col tre assi, con
l’autogiro, mi sono anche lanciato col
paracadute ma sempre come passeggero, spettatore di ciò che stavo facendo. Bellissimo indubbiamente ma
ad una persona come me, a cui piace
partecipare attivamente mancava
qualcosa. Un giorno conosco gli
istruttori della scuola Etna Fly di Calatabiano, i quali mi dicono che esiste
il modo per poter pilotare un aereo
ultraleggero e che a tal proposito esiste proprio una pattuglia acrobatica
formata da solo piloti diversamente
abili,i famosi Baroni Rotti.Rimango un
po’ perplesso e incuriosito mi documento. Molto interessante ma per
una serie di motivi accantono la que-
Andrea Marchese tra i suoi istruttori:
Nicola Chimisso e Giovanni Marano
8
stione. Dopo circa un anno da quell’incontro la sottosezione di Acireale
dell’Unitalsi, cui appartengo, mi informa che grazie alla collaborazione
col Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è nato il progetto“Volere
Volare” che dà la possibilità, ai diversamente abili, di poter iniziare un
corso per diventare piloti.Non credo
alle mie orecchie e subito compilo i
moduli per la domanda. Supero le accurate visite mediche, presento tutti i
documenti necessari e dopo la selezione finalmente incomincio il corso
proprio con gli stessi istruttori della
scuola Etna Fly con cui avevo parlato.
Inizio ad andare all’Aviosuperficie
Angelo d’Arrigo non più per trovare
gli amici che volano ma per imparare
a volare, per conoscere le nozioni di
aerotecnica,di meteorologia,le tecniche di volo, i motori, il primo soccorso, insomma tutto ciò che fa parte
del volo. I miei istruttori Nicola Chimisso e Giovanni Marano mi insegnano tutto quello che c’è da sapere
per diventare un ottimo pilota. Per
loro è la prima esperienza con un diversamente abile ed è quindi facile
comprendere come l’approccio possa
essere stato. Le classiche domande
iniziali“ti aiuto?”,“ce la fai?”,la spiccata
sensibilità e il loro mettersi a disposizione per qualsiasi cosa fino poi ad arrivare a non considerare più la mia
disabilità e dimenticare di prendere la
carrozzina per farmi scendere dall’aereo. Una delle cose più belle che mi
sia mai capitata.
Per volare bisogna sentirsi a proprio
agio e questo dipende dall’istruttore
e dall’allievo,dal feeling che pian piano
si instaura.D’altronde si passano delle
ore in volo gomito a gomito e non può
essere che così. Le nostre lezioni sono
ricche di sorrisi, manovre mal riuscite,
suggerimenti,incertezze,sguardi,complimenti (anche no) e soprattutto tenacia
e voglia di riuscire. Dopo circa 15 ore di
volo accumulate in pochi mesi riapro gli
occhi e mi ritrovo dentro al sogno di cui
parlavo prima.Aspetta un attimo, forse
non sto sognando – mi ripeto – questo
è tutto vero, ho conquistato la fiducia di
Nicola e Gianni, mi hanno mandato in
volo da solo, sono arrivato a fare un
primo passo importantissimo.Sono solo
come nel sogno… il mare, la spiaggia,
l’Etna. In volo per pochi e interminabili
momenti che rimarranno impressi nella
mia mente per sempre. Tutto ciò che
avevo imparato in quei mesi mi frullava
per la testa che, come un computer,
elaborava tutti i parametri da seguire.
Concentrazione massima che regalava di
tanto in tanto pochi sorrisi al mio viso
ora disteso ora tirato e così via. Seguo il
circuito d’atterraggio, vedo la pista, mi
metto in asse e punto la mira nella zona
in cui prevedo di atterrare che però
passa veloce sotto di me,non prevedevo
tutto questo “galleggiamento” nonostante mi avessero avvisato Nicola e
Gianni. La pista è lunga non c’è bisogno
di riattaccare e così inizio ad accarezzare
il suolo con le ruote. Non so spiegare
bene cosa provai in quel momento, la
tensione di colpo scomparsa mi fece
sentire il corpo pesante e leggero allo
stesso tempo. Una strana e piacevole
sensazione di calore prese il sopravvento.
Rido,piango,mi viene voglia di urlare per
la felicità, le mie mani tremano come la
mia voce. Ritorno indietro verso l’hangar e trovo ad attendermi tutti gli amici
del campo che emozionati, mi abbracciano, mi baciano mi danno pacche sulle
spalle, in un attimo dimentico il volo appena fatto e mi commuovo per tutto
questo calore e questo affetto. Mi colpiscono gli occhi lucidi di Nicola e Gianni
che esprimono tutto il loro orgoglio per
essere riusciti con il loro prezioso impegno a farmi volare.
Le mie lacrime di gioia sono camuffate
dalla pioggia di spumante e da una bella
secchiata d’acqua, classico incorona-
mento per il primo volo da solista. Una
giornata ricca che racchiude in se la voglia di affrontare ogni tipo di difficoltà da
solo e con gli altri, l’importanza dell’amicizia, del rispetto, della collaborazione,
della determinazione, del divertimento,
di credere in qualcosa e avere degli
obiettivi sani.
Mai abbandonarsi o rinunciare, abbattersi o mollare. Per tutto questo voglio
ringraziare l’Unitalsi, la scuola Etna Fly,
tutti gli amici del campo e in particolar
modo Nicola e Gianni che hanno fatto
in modo che riuscissi a realizzare il mio
“sogno.”
[email protected]
9
INTERVISTA
L
Nuovo Vescovo
di
Stefania
Mangia
Il Messaggero
di Civitavecchia
Mons. Marrucci alla Diocesi
di Civitavecchia eTarquinia
a città ha fretta di conoscerlo. Ancora di più da mercoledì
24 novembre, quando in cattedrale l’amministratore apostolico, Gino Reali,ha annunciato Luigi Marrucci come futuro Pastore della Diocesi di Civitavecchia e Tarquinia. E
monsignor Marrucci, nonostante la sua agenda oberata di
impegni, scritta per lo più dall’Unitalsi che con vari incarichi – fino a quello attuale di viceAssistente Ecclesiastico nazionale – l impegna da oltre 30 anni, si è lasciato
amichevolmente intervistare. La chiacchierata c’è stata in
via della Pigna 13,sede dell’Unitalsi nazionale,a pochi metri
da largo Argentina, in quella che sarà ancora per poco la
sua casa.Dopo il 29 gennaio 2011,quando alle 16 nella Basilica di San Giovanni in Laterano sarà ufficialmente consacrato vescovo,in città s’insedierà sabato 19 febbraio con
la sua prima messa in cattedrale,mentre domenica 20 celebrerà nella concattedrale diTarquinia.
Si aspettava questo incarico? Non me lo sarei mai
immaginato – risponde con sincerità Marrucci, già cappellano della Grotta di Lourdes dove si è recato così tante
volte che non sa più contarle, stella polare che non lo abbandonerà nemmeno da vescovo, come lui stesso dice –
non lo prevedevo, è capitato all’improvviso ed è grazia di
Dio. L’ho saputo mentre ero in Terra Santa, avevo appena
celebrato nella Basilica dell’Agonia ai Getsemani, e mi son
detto:“Sia fatta la tua volontà”.
La spaventa la guida di una Diocesi? Per quale
motivo ha accettato? Sono sereno, non spaventato,
perché credo che il vescovo non debba andare sulla cattedra, ma sulla predella per far parlare Cristo a tutto il popolo di Dio.Verrò a servire la chiesa di Dio come un uomo
di dialogo con tutte le autorità.
10
Conosceva Civitavecchia? E il Vescovo Chenis?
Ho girato ben 190 tra sezioni e sottosezioni Unitalsi sparse
in tutta Italia,ma non ho mai visitato quella di Civitavecchia
né la città, non conosco nemmeno Tarquinia così come il
viterbese,ho frequentato di più le zone a sud di Roma.Ho
sentito molto parlare di Chenis pur non avendo avuto mai
modo di incontrarlo. Ma niente ricettari pronti per il mio
nuovo compito – aggiunge con un inconfondibile accento
toscano – insi me ai laici e ai sacerdoti di Civitavecchia,
dove conosco già don Diego Pierucci (parroco alla Gedila,
ndc),mio alunno al pontificio seminario regionale di Siena,
mi immetto in una strada già aperta dai miei predecessori,
da Grillo a Chenis. Inevitabile chiederle della Madonnina
delle lacrime. Sono stato due volte a Pantano: nel 2003 e
poi lo scorso dicembre per accompagnarvi un mio amico
che è sacerdote a Vienna, e abbiamo concelebrato nella
cappella accanto alla stanza delle confessioni.
Come sarà il suo Natale? Passerò il mio ultimo Natale da prete nelle piccole parrocchie di Montescudaio,
dove sono nato,e Guardistallo (Pisa),ad aiutare don Piero
Burlacchini, mio caro amico e paesano – conclude sorridendo – dopo sarò tutto di Civitavecchia eTarquinia».
[email protected]
INCONTRO
D
“Terex 2010”
di
Giovanni
Punzi
Consigliere
Nazionale
Esercitazione internazionale
della Protezione Civile
opo l’esperienza fatta lo scorso anno in Abruzzo, le giornate di formazione realizzate in primavera a Parma,L’Aquila
e Napoli, i coordinatori delle tre macroaeree ed i referenti sezionali di protezione civile si sono incontrati a Pomezia nei primi giorni di dicembre per un momento di
formazione, approfondendo il tema della comunicazione
con la dott.ssa Marzia Tanini e gli aspetti socio-sanitari in
emergenza con il dott. Federico Baiocco.
E’ stata anche l’occasione per fare il punto del cammino
nel sistema nazionale di “Protezione Civile” di cui l’associazione è entrata ufficialmente a far parte dall’anno 2004,
con inserimento e presenza anche all’interno della Consulta delle Associazioni Nazionali di Volontariato istituita
presso il Dipartimento. Peraltro, è di questi giorni la notizia dell’ammissione a contributo del progetto finalizzato
alla costituzione di n.3 unità per accoglienza di disabili,una
per ciascuna macroarea in cui la nostra associazione ha
suddiviso il territorio nazionale:Macroarea del Nord comprendente Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte,
Valle D’Aosta e Triveneto (Friuli Venezia Giulia,Veneto e
Trentino Alto Adige). Macroarea del Centro comprendenteAbruzzo,Lazio,Marche,Sardegna,Toscana e Umbria
Macroarea del Sud comprendente Basilicata, Campania,
Calabria,Molise,Puglia e Sicilia.Grazie al finanziamento del
progetto da parte del Dipartimento,i volontari di ciascuna
macroarea, in caso di attivazione a seguito di calamità, potranno avere a disposizione i mezzi e l’attrezzatura indispensabile per poter raggiungere il territorio colpito
dall’evento ed essere da subito autosufficienti ed operativi.
Difatti, ciascuna macroarea avrà in dotazione un pulmino
per disabili,tende a struttura pneumatica montabili in pochi
minuti,gazebo per spazi di socializzazione,carrelli per la di-
stribuzione dei pasti,gruppo elettrogeno,lettini… L’incontro di Pomezia è stato anche il momento per condividere
l’esperienza fatta dal gruppo ristretto di volontari che ha
partecipato, in qualità di “team avanzato” all’esercitazione
internazionale“TEREX 2010” (Tuscany Earthquake Relief
EXrcise) promossa dal Dipartimento di Protezione Civile
e svoltasi dal 25 al 28 novembre in Toscana, precisamente
nella zona della Garfagnana della Lunigiana, interessando i
territori delle province di Luca,Pisa,Pistoia e Massa,con la
simulazione di un terremoto di magnitudo 6.4, analogo a
quello che si era verificato nella stessa zona il 7 settembre
del 1920 provocando 171 vittime, 650 feriti ed alcune migliaia di senza tetto. Si è trattato della più grande esercitazione di soccorso mai effettuata in Italia e che ha permesso
di testare un modello integrato di intervento di protezione
civile,a livello nazionale ed europeo,ed in particolare di un
nuovo piano di accoglienza – host nation plan - delle squadre di soccorso europee giunte da Francia,Austria, Slovenia, Croazia e Russia.
Queste squadre sono state impegnate nella simulazione
degli interventi con tecnici, cani e mezzi, tra i quali va ricordato il grande ospedale da campo allestito dalla federazione russa a Lucca,già utilizzato ad Haiti in occasione del
recente terremoto ed in grado di garantire circa 50 interventi chirurgici al giorno.Il cammino,quindi,prosegue e ben
presto coinvolgerà, in altri incontri, di formazione decentrati anche i volontari che hanno scelto di impegnarsi a
prestare il loro servizio in contesti particolari legati ad
eventi calamitosi, nella consapevolezza che per “far bene il
bene” è necessario prepararsi adeguatamente.
[email protected]
SERVIZIO
CIVILE
R
di
Salvatore
Pagliuca
Vice Presidente
Nazionale
12
Tanti ricordi
Un anno di volontariato:
le emozioni di aiutare gli altri
ileggevo le relazioni dei volontari che hanno prestato servizio nel 2010 presso le nostre sedi di progetto e ripercorrevo così con loro questo anno scaduto il 7 gennaio
2011:quante aspettative all’inizio,quante scoperte,quante
certezze maturate nei mesi a seguire, quante domande
senza risposta,quante delusioni,quanta nostalgia negli ultimi mesi!
Un caleidoscopio di sentimenti che si affollano nelle
righe scarne a volte, altre volte corpose, ma sempre
espressione della meravigliosa scoperta della bellezza di
donarsi agli altri.
La consapevolezza del servizio, con la ricerca spesso
spasmodica del “contatto con gli ammalati e disabili”
quasi che fosse un momento da vivere esclusivamente a
Lourdes, mentre poi ci si accorge che il vicino di casa,
l’amico o il parente necessita delle attenzioni e ci dà quel
“contatto” tanto cercato.
La consapevolezza della sofferenza,quella per cui ti poni
le domande:perché proprio a lui (o lei)? Perché deve pagare uno scotto,e magari si è donato al prossimo tutta la
vita? Oppure, la sofferenza dei bambini? Domande che
non hanno risposta,perché non si può comprendere il disegno di Dio,di quel Dio che vuole la felicità dell’uomo e
che può sembrare impotente di fronte alla sofferenza.
La consapevolezza della fede che esce rafforzata da un
anno di servizio e che sola può lenire la delusione delle
mancate risposte e può dare piena gioia per quanto si riceve donando.
La consapevolezza associativa, con la capacità, dopo un
anno vissuto pienamente all’interno della sottosezione o
a Lourdes, di comprendere i meccanismi necessari per
far marciare l’organizzazione e di assaporare lo spirito associativo che funge da legante tra i soci e il territorio.
La consapevolezza di se stessi,dei propri limiti e dei propri slanci, della capacità di amare fino in fondo senza
aspettarsi nulla in cambio e scoprire, sbalorditi, che si
torna a casa con un bagaglio ben carico.
I volontari del Servizio civile Unitalsi finiscono il loro
anno di servizio con tutte queste consapevolezze ed altri
stanno per arrivare, per affrontare il loro anno con timore: nuovi volti, nuove storie, nuove attese che troveranno lungo la strada le risposte di sempre!
[email protected]
Un’esperienza meravigliosa
per affrontare il futuro
primo impatto con il francese e ho dato informazioni alla gente in
diverse lingue (oltre all’inglese,ho dovuto parlare anche lo spagnolo,
lingua mai studiata!).Alle piscine ho vissuto diversi momenti di spiritualità anche emozionanti e anche il Bureau Médical e la Libreria sono stati servizi decisamente interessanti. In ogni caso, tutto il
personale del Santuario con cui mi sono rapportata si è rivelato
sempre molto gentile e disponibile nei miei confronti.Ho svolto con
gioia ed entusiasmo i diversi servizi, spesso accompagnati da qualche figuraccia seguita da una risata collettiva di carica per ripartire
alla grande! Durante questi dodici mesi devo dire che non sono
mancate le occasioni per conoscere altri luoghi.“Il mondo è un libro
e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina”diceva S.Agostino e durante quest’anno, ne ho letta qualcuna: Never, forse
l’unico luogo dove sono riuscita a leggere un po’ anche dentro me
“Il tempo è come un fiocco di neve, scompare mentre cerchiamo stessa aiutata da un grande silenzio in mezzo a tanto verde;Ars,
di decidere cosa farne!”
paesino accogliente;Taizé,comunità fondata sull’essenziale,dove ho
Proprio così! Mi sembra di aver cominciato ieri il mio Servizio Civile conosciuto la semplicità e l’umiltà del vivere quotidiano; Parigi,meta
e,invece,mi ritrovo già a elaborare la mia ultima relazione mensile tanto ambita,così bella,così romantica,anche istruttiva;Torino,un ree a fare il punto di questa fantastica esperienza. Ricordo ancora il galo inatteso dove ho avuto l’opportunità di pregare davanti alla
giorno in cui siamo partiti: eravamo tutti un po’ disorientati senza Sacra Sindone. Per finire, la “città eterna” per trascorrere vacanze
compagni e senza conoscere cosa ci aspettasse.Adesso mi rendo italiane in compagnia di mia sorella. E se non sono mancate le occonto che anche quello è stato un bel momento e mi capita spesso casioni per viaggiare lontani, sono state altrettanto diverse le prodi pensarci e di voler tornare indietro. Non ci conoscevamo ancora poste di svaghi all’aria aperta per esplorare i dintorni di Lourdes,
eppure avevamo tutti la stessa meta.Anche se poi conoscerci si è come la fantastica scalata del Monte Beout… Tante esperienze
rivelato un vero e proprio disastro! Faceva parte di questa espe- che è stato bello condividere,oltre che con alcuni“compagni di viagrienza, forse è stato uno dei passi fondamentali da affrontare per gio”, anche con i miei “responsabili”. Sin dal primo giorno, ho increscere, capire noi stessi, imparare a rapportarci con gli altri. Do- staurato un bellissimo rapporto con tutti loro e se quest’anno è
vendo fare un’analisi di gruppo,al di là delle varie difficoltà cui siamo stata un’esperienza indimenticabile, formativa e di crescita, lo devo
andati incontro, sono comunque contenta di aver condiviso que- anche a loro. Ognuno ha lasciato un segno dentro di me; forse non
st’anno con tutti loro. Nonostante la stabilità raggiunta negli ultimi ci rivedremo, in ogni caso, saranno persone che difficilmente dimesi,obiettivamente,non siamo mai stati un vero e proprio gruppo. menticherò. Mi hanno accolta nella casa dell’Unitalsi, rispettanIo stessa ho ben legato soltanto con poche persone e, riflettendoci domi e aiutandomi nelle difficoltà. Ovviamente non posso non
meglio, non mi dispiace più di tanto, anzi credo sia normale all’in- parlare di Colei che mi ha accolta sin dal primo momento a bracterno di un gruppo formato da 20 persone.Eppure,mi piacerebbe cia aperte: un abito bianco legato da una fascia azzurra, sempre
che con tutti restasse un piccolo contatto,anche semplicemente nel in piedi dentro una grotta. Ferma lì a guardarti, ascoltarti. Desidecuore. Riguardo il Servizio… mi sono sempre trovata bene, sia al ravo da tanto vederLa e se sono arrivata fin qui lo devo soprattutto
Salus che al Santuario. Ovviamente, con le mie preferenze! A mio a Lei.Quanti pensieri,pianti,sorrisi,silenzi,domande… seduta a osparere il servizio più divertente e dinamico, che al contempo mi ha servarLa. Non so quante risposte mi siano arrivate,ma una è certa:
responsabilizzato maggiormente, è stato quello concernente l’or- vivere un anno a Lourdes è stata davvero una bellissima esperienza.
ganizzazione. Accogliere in stazione o in aeroporto i pellegrini,por- Un piccolo paese che mi ha accolto per 365 giorni: l’ho visto sotto
tare le sorelle in barellata,guidare i diversi mezzi fino a Pau,aTolosa il sole,il caldo,il freddo,sotto la neve,sotto la pioggia;vi ho conosciuto
o in qualsiasi altro posto per le più diverse commissioni; preparare tantissime persone,ho provato rabbia e versato lacrime;ho regalato
le buste per i pellegrini,soprattutto aver avuto come responsabile il tanti sorrisi, ne ho ricevuti altrettanti, ma non mi sono mai pentita
mitico Christopher, simpaticissimo e in gamba, è stato il massimo! di essere arrivata qui e se ne avessi la possibilità lo rifarei altre mille
Anche il servizio alla reception si è rivelato spassoso, grazie alla volte! Purtroppo nella vita certe cose sono uniche, irripetibili e non
compagnia di Paulette,splendida persona,prima fra i dipendenti con possono esser vissute più di una volta.Ora è tempo di affrontare le
cui mi son trovata a collaborare. Pensate che a Lourdes ho impa- scelte per il futuro.
rato anche a fare la guida a un gruppo di pellegrini italiani su“i passi
di Bernadette” e a cucinare – pranzo e cena – per venti persone!
Un po’ stressante, ma anche piacevole. Al Santuario è stato altretValeria Bafera
tanto bello aver prestato servizio, soprattutto al Centro Informazioni dove ho conosciuto tantissime persone e dove ho avuto il mio
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CALENDARIO
A
Frate Indovino
di padre
Vito
Magno
giornallista
e rogazionista
Parla padre Mario Collarini
“erede” dell’almanacco
ppeso al chiodo nelle cucine di milioni di famiglie torna nel
2011 a sorridere il simpatico fraticello ritratto sul frontespizio del più popolare calendario d’Italia,quello di Frate Indovino. Anche se il suo inventore, il cappuccino Padre
Mariangelo da Cerqueto, non c’è più, i suoi confratelli garantiscono la continuità.Al nuovo vate, Padre Mario Collarini, il compito non facile di mantenere lo stile che ha
caratterizzato l’almanacco per 65 anni attraverso massime,
consigli e previsioni. I proventi derivanti dalle offerte ricevute permetteranno di realizzare e completare molte
opere sociali, tra cui l’installazione di potabilizzatori d’acqua inAmazzonia,una struttura polivalente per l’Abruzzo
del terremoto, una Casa d’accoglienza per i familiari dei
lungodegenti a Perugia.
Dopo otto anni dalla morte di Padre Mariangelo, l’inventore del Calendario, le stelle parlano ancora?Le stelle parlano sempre e ascoltano in
silenzio. Nel calendario abbiamo conservato le rubriche
che lui curava e soprattutto l’impostazione,che riteniamo
vincente.
Si può dire che a 65 anni dalla nascita il Calendario gode buona salute?Sì, nonostante i problemi di tutti i generi, da quelli della privacy a quelli
economici.
Quante copie tira? Cinque milioni di copie. È diffuso
soprattutto in Italia e in Svizzera,ma raggiunge anche tutti
i Paesi dove sono presenti gli italiani.
Il Calendario nacque per essere una dispensa
di consigli per i contadini, ma oggi che i contadini sono diminuiti a chi si rivolge? Il contatto
con nostra “madre terra”, come diceva san Francesco, è
benefico per tutti in ogni epoca. Oggi continuiamo a dare
consigli agli agricoltori e a tanti che,per necessità o per piacere, si dedicano alla coltivazione di un giardino o di un orticello. Recentemente il Papa ha chiesto di ritornare al
contatto con la terra, perchè è molto umanizzante.
Immagino che i consigli di Frate Indovino si
rivolgano anche a chi è fuori del mondo agricolo! Certamente. Molti consigli sono per le donne che
accudiscono alle faccende domestiche,sono ricette di cucina e suggerimenti su come conservare i prodotti della
terra,su come custodire la salute.C’è poi una rubrica sulle
stelle in cui si parla di come vivere mese per mese il momento astronomico.Infine ci sono consigli spirituali e proverbi.
Può fare un esempio? Ne prendo uno a caso:“Dopo
infiniti studi sulle autovetture, si è giunti alla conclusione
che il mezzo di propulsione meno inquinante è la strada
in discesa”. Si tratta di un invito bonario ad utilizzare i
mezzi pubblici e i piedi invece che le macchine.
Prima accennava alle stelle, cosa dicono, cosa
vede Frate Indovino per il 2011? Non è facile, il
buio è grande!A livello meteorologico dobbiamo aspettarci
un saliscendi di temperature,e dei fenomeni un po’ estremi.
Catastrofi? Non proprio, ma piogge torrenziali che nel
giro di dodici ore scaricano un’infinità di acqua.
14
Padre Mario Collarini
illustra il calendario 2011
Terremoti? I terremoti non sono prevedibili e Frate Indovino non ne ha previsti.
Neppure quelli politici? Cos’altro deve succedere più
di quello che sta accadendo! Il terremoto si risolverà solo
quando chi ha un posto di responsabilità si metterà totalmente
al servizio della collettività.
Che dire dell’economia? Per un po’ c’è ancora bisogno
di stringere la cinghia.Ma non sarà anche che ci siamo abituati
a un tenore di vita elevato e non riusciamo più a stargli dietro? È un mio punto interrogativo.
Anche la pace del mondo è un punto interrogativo?Certo. Se non si prega si spegne una guerra e se ne accendono altre due !
Prerogativa del Calendario di Frate Indovino è
stata sempre quella di essere un pulpito di carta.
Qual è il tema di quest’anno? Ho pensato di richiamare la storia di una polena, cioè della statua della Madonna
posta sulla prua di una nave irlandese naufragata nel 1636 nel
porto di Genova. La polena fu ritrovata intatta. In seguito ad
alcuni miracoli fu portata nella chiesa dei santiVittore e Carlo,
dove ancora si venera come “Nostra Signora della Fortuna”.
Fortuna non nel senso della “dea bendata”, ma nel significato
della frase del salmo:“Le mie sorti sono nelle tue mani”, cioè
nelle mani della Madonna.
Frate Indovino, mi dica: lei è fortunato? Sono molto
contento di fare questo lavoro, anche se faticoso, perché grazie alle offerte che ci giungono per il Calendario possiamo aiutare soprattutto la nostra missione in Amazzonia, dove come
cappuccini siamo presenti da 101 anni. Per il centenario abbiamo realizzato grandi opere sia di carattere religioso che
sociale.
Quali opere in particolare? La nostra missione attraversata dal Rio delleAmazzoni è dislocata su 1500 Km.È tutta
acqua e foresta! Lungo il fiume abbiamo costruito della case
per aiutare la gente sia dal punto di vista religioso che sociale.
Abbiamo creato scuole, collegi, ospedali, infermerie.Abbiamo
garantito posti di lavoro e creato anche una mentalità imprenditoriale. Abbiamo reso potabile l’acqua, costruendo
pozzi, generatori e utilizzando anche il fotovoltaico.
Invece per l’Italia?AVasto Marina abbiamo costruito una
Casa di riposo per anziani con circa cento degenti. In Umbria
abbiamo costruito una Casa di accoglienza per i parenti dei
malati di lungo degenza dove offriamo gratis l’ospitalità. A chi
viene a bussare alla porta non diciamo mai no.
L’ultima novità è che non c’è giorno di Natale
senza che la barba bianca di Frate Indovino non
compaia in televisione. Il passaggio dalle pareti
di un tinello agli schermi televisivi come viene
visto in convento? Non siamo stati noi cappuccini ma i dirigenti della Rai a tirarci dentro la televisione. È avvenuto lo
scorso anno in occasione del centenario della nostra missione
in Amazzonia.Abbiamo accettato perché attraverso questo
mezzo potevamo far conoscere le opere realizzate grazie alle
offerte di milioni di persone.Avendo avuto successo ci hanno
invitati anche quest’anno, e noi ci siamo lasciati tentare.
Questo, però, San Francesco non l’aveva previsto! È vero, Ma nessunaTV l’aveva chiamato!
[email protected]
15
ITINERARI
N
In Albania
di
Salvatore
Pagliuca
Vice Presidente
Nazionale
16
L’Unitalsi aTirana e Scutari
per le iniziative in programma
elle giornate del 19,del 20 e del 21 novembre,insieme agli amici Mariangela Cannone (Presidente
sezione Pugliese), Giovanni Doria (Consigliere
sottosezione di Otranto) e Milena Mossucca, inviata dalla S.A.R.P. (Società Associazioni Religiose
per i Pellegrinaggi), ho portato U.N.I.T.A.L.S.I. in
Albania,nel“Paese delleAquile”,al fine di porre le
basi per la realizzazione di un progetto di collaborazione con la realtà cattolica del luogo.
A TIRANA siamo stati ospiti del Vescovo Ausiliare della Diocesi diTirana – Durazzo,Monsignor
George Frendo, missionario maltese, che ci ha ricevuti nella Cattedrale di San Paolo.
Monsignor Frendo, che parla un ottimo italiano,
si è mostrato essere un interlocutore affabile ed
interessato; gli abbiamo spiegato U.N.I.T.A.L.S.I.: i
suoi pellegrinaggi, le sue attività, i suoi progetti.
IlVescovo ci ha raccontato l’Albania:una realtà a
maggioranza musulmana, ma di un islam “moderato” anche se con qualche focolaio di integralismo, ancora segnata dai colpi inferti dal regime
comunista e dalle sue storture, che vent’anni di
democrazia non sono bastati a cancellare.
Il popolo albanese è un popolo ferito,guardingo,
che non conosce il significato di gratuità, che non
crede al concetto di volontariato,perché durante
i cinquant’anni di regime il lavoro“volontario” era
quello imposto,senza retribuzione alcuna,alla domenica. Solo il 20% della popolazione è di religione cattolica,ma la realtà è in fermento e,anche
se il clero è perlopiù missionario,sono in aumento
le vocazioni dei giovani albanesi.
Monsignor Frendo ha mostrato curiosità ed ammirazione per nostre attività e ha proposto di cominciare la collaborazione con l’invitare alla
partecipazione ai campi estivi albanesi dei nostri
volontari, che molto hanno da insegnare. I seminaristi albanesi dell’ultimo anno, invece, potranno
recarsi a Lourdes con U.N.I.T.A.L.S.I. per comprendere ed imparare dalla grande esperienza dell’Associazione. I primi contatti saranno presi, per
evidenti ragioni “geografiche” con la sezione Pugliese.
Monsignor Frendo ci ha presentato, come referente, Don Carmine Leuzzi,barese,che entusiasta
dei cambiamenti vissuti da U.N.I.T.A.L.S.I.negli ultimi anni,da lui trascorsi in missione,ha assicurato
il suo impegno per formare un gruppo albanese di
volontariato sulla scorta dell’esempio di
U.N.I.T.A.L.S.I. ed è già lì che pensa ad un nome!
Don Leuzzi ci ha segnalato anche il caso di una
bambina gravemente ammalata che vorrebbe portare in Italia,perché venga curata.Ovviamente abbiamo offerto tutto l’aiuto dell’Associazione.
Monsignor George, poi, ci ha regalato l’opportunità di partecipare alla messa celebrata da Padre
Karl,missionario olandese,in un“villaggio” alla periferia di Tirana, in una chiesa prefabbricata, raggiungibile solo a costo di inerpicarsi per una strada
sterrata.Però,al suono della campana,la pieve si è
riempita, di giovani sotto i vent’anni e di anziani
sopra i sessanta.L’età di mezzo mancava:il regime
è riuscito a radicare l’ateismo in coloro che sono
nati durante i suoi anni cupi. La povertà era palpabile.
A SCUTARI, capitale culturale di Albania nel nord del
paese, a maggioranza cattolica, ci ha concesso udienza il
Vescovo,MonsignorAngelo Massafra,missionario italiano,
che conosce U.N.I.T.A.L.S.I.e si è detto molto propenso
a favorire la nascita di realtà simili sul territorio albanese,
in modo da intessere poi una rete di scambio proficua
per la crescita comune.
Anche il Vescovo di Scutari ci ha riferito le sofferenze
del popolo albanese ed in particolare dei cattolici, oppressi e martoriati dal regime comunista;ci ha mostrato
un crocifisso spezzato ed ora ricomposto,emblema delle
persecuzioni.Proprio in questi giorni 40 martiri albanesi
verranno canonizzati.
E al Convento delle Clarisse,di proprietà dei frati francescani fino al 1946,trasformato in carcere dalla dittatura,
Suor Sonia,italiana,e Suor Lula,albanese,entrambe provenienti dal monastero di Otranto,ci hanno guidati nei i
luoghi dell’orrore comunista, così terribilmente simili ai
luoghi dell’orrore nazifascista,e abbiamo capito,una volta
di più,come gli estremi spesso si tocchino sino a coincidere.
Monsignor Massafra ci ha invitati a visitare la Casa Famiglia per disabili delle Suore di Madre Teresa.Apprendiamo che in Albania la disabilità è vissuta con vergogna
e frequenti sono gli abbandoni.Le religiose non possono
garantire un percorso terapeutico ai bambini e ragazzi
che ospitano,ma sono in grado,con l’eroica abnegazione
che è propria del loro ordine, di accogliere ed accudire,
di offrire un tetto e un focolare.
E la loro struttura è diventata punto aggregativo per i
giovani di Scutari, che lì imparano il catechismo ed il lavoro volontario.Molte,troppe,sono ancora le difficoltà.
L’Albania ci ha profondamente commossi, così vicina e
così distante,eppure con un potenziale evidente.Le fondamenta del progetto sono state gettate, non ci resta
che lavorare. Ma le straordinarie persone, che abbiamo
avuto la fortuna di conoscere, hanno infuso in noi una
nuova consapevolezza ed una rinnovata voglia di fare.
In alto a sinistra: Mons.
Frendo, Vescovo ausiliare
di Tirana.
Accanto: il Crocifisso spezzato e poi ricomposto,
emblema delle persecuzioni.
Sotto: Mons. Massafra, Vescovo di Scutari insieme a
Salvatore Pagliuca.
[email protected]
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PROGETTO
BA MBINI
L
dalla
Redazione
Solidarietà
Raccolta fondi sostenuta
da Alemanno e dalla Polverini
o scorso 18 dicembre si conclusa la prima raccolta fondi a favore del Progetto Bambini” per sostenere le strutture di accoglienza realizzate in
tutta Italia, in particolare “Casa Bernadette” si è
conclusa. L’iniziativa è stata presentata a Roma nel
corso di una conferenza stampa in Campidoglio,
alla presenza del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che rivolgendosi all’Unitalsi ha definito
Casa Bernadette,“uno dei gioielli dell’Unitalsi, una
risposta a tante famiglie e simbolo di quanto può
fare il mondo del volontariato”.
“In particolar modo - ha ricordato il sindaco di
Roma - dobbiamo aiutare tutti i bambini che
hanno bisogno di assistenza, ed essere soprattutto
vicini alle famiglie quando ci sono problemi e gravi
malattie. Vicini soprattutto all’Unitalsi - ha concluso Alemanno- che negli ultimi anni è diventato
uno dei punti di riferimento
della solidarietà e della sussidiarietà sociale”.
Una vicinanza istituzionale che testimonia la
bontà dell’azione promossa dall’Unitalsi sull’intero
territorio nazionale, per il servizio reso, con discrezione, nelle comunità locali.
Non a caso, il giorno successivo alla conferenza
stampa, anche il Presidente della Regione Lazio,
Renata Polverini, ha voluto visitare Casa Bernadette, la casa dove sono accolti i genitori che
hanno i loro figli piccoli ricoverati per lunghe degenze negli ospedali della capitale.
L’iniziativa del messaggio solidale a favore del
Progetto Bambini ha rappresentato una straordinaria opportunità per sostenere con un semplice
gesto una iniziativa che è semplice nella sua missione, ma che è complessa da sostenere.
L’Unitalsi, infatti, offre disponibilità gratuita nelle
case utilizzate per il Progetto Bambini, disponibili
a Roma, Bari, San Giovanni Rotondo, Padova, Genova, Perugia.
In queste case, ogni giorno si consumano straordinarie storie di umanità, di condivisione, di sofferenza, di carità.
[email protected]
18
PROGETTO
BAMBINI
L’UNITALSI FA TROVARE UNA FAMIGLIA E
UNA CASA LÀ DOVE LA FAMIGLIA
E LA PROPRIA CASA SONO LONTANE
www.unitalsi.it
AIUTACI ANCHE TU
INVIA UN SMS
45509
Il presidente della Regione Lazio,
Renata Polverini con
Alessandro Pinna ed
Emanuele Trancalini.
Sotto Il sindaco Gianni
Alemanno durantre
la conferenza stampa
per la presentazione
della raccolta fondi.
19
CONVEGNO
di
Federico
Baiocco
Coordinatore
Nazionale
Medici
S
20
Ambito Sanitario
Vedere, ascoltare e
rivelare per liberare
pesso, quando ci si trova vicini al termine del proprio mandato, si è tentati di raccontare il lavoro che è stato svolto;
ma questo atteggiamento porterebbe a fare solo un resoconto auto celebrativo, forse anche pieno di attività e contenuti, ma solo conclusivo. La cosa importante invece è
comprendere a cosa ci hanno portato gli anni trascorsi e
cosa speriamo possano portare gli anni futuri, anche se il
cammino verrà tracciato da altri. In un libro presentato
pochi giorni fa:“Il mondo invisibile dei pazienti fragili: la fragilità interpretata dalla medicina di famiglia mediante la teoria della complessità” (Utet), si afferma che la medicina del
futuro, quella che meglio può rispondere ai bisogni dei pazienti, non è quella più tecnologica ma quella più umanizzata, basata sul rapporto diretto medico-paziente che
auspica il ritorno al contatto con il paziente, fisico ma soprattutto empatico, e questo vale in particolare per i pazienti cronici, gli anziani e i disabili, cioè si afferma che anche
la medicina più sofisticata, hi-tech, non può competere da
sola con l’ascolto, la disponibilità umana ed il contatto fisico,
l’hi-touch, del medico. Questo è quello che come Associazione abbiamo cercato di fare in questi anni, e che abbiamo “raccontato” nel Convegno per Operatori Sanitari
che si è svolto nello scorso Novembre a Roma. Il tema
“Vedere- Ascoltare – Rivelare per Liberare” è rappresentativo proprio di questo percorso teso a mettere sempre
al centro del nostro servizio la persona, l’individuo, tanto
più se sofferente. Per poter “Vedere” il prossimo deve comunque essere messa in atto anche una precisa metodologia di lavoro e solo attraverso un’analisi delle
caratteristiche sanitarie delle persone ammalate che ci
chiedono di partecipare alle nostre attività è possibile comprendere a livello associativo come accoglierle al meglio
possibile. Proprio per questo motivo nel 2010 sono state
analizzate, in modo anonimo, tutte le schede sanitarie dei
nostri amici ammalati e ne è venuto fuori un quadro molto interessante, che abbiamo valutato e
presentato durante il convegno. Ne faremo una
apposita pubblicazione da presentare su Fraternità. Tanti anziani, ma anche tanti giovani, sofferenti di patologie gravi, in particolare neurologiche,
che richiedono una attenzione umana, e assistenziale di specifico livello. Dati, ribadisco, utili non in
senso esclusivamente epidemiologico, ma proprio
nel desiderio di migliorare la nostra capacità di accoglienza. Di accoglienza quindi parliamo, intesa
come capacità di “Ascoltare” il prossimo, istanza
molto complessa, che richiede un percorso formativo specifico. Proprio in tal senso dal lavoro
svolto in questi anni è scaturito un libretto di “Attuazione del Servizio”, nel quale le parti più tecniche sulle emergenze sanitarie e sulle norme
igieniche sono secondarie ad una serie di riflessioni etiche e catechetiche utili nel proprio percorso formativo come volontari. Il “Libretto”
infatti è corredato di un DVD con una presentazione che auspichiamo venga utilizzato nelle Sezioni e Sottosezioni per fare formazione. Quello
che proponiamo è un percorso che non darà la
patente di volontario, ma che metterà la persona
che desidera fare servizio, in una buona condizione
di disponibilità morale ed anche catechetica. Condizione non facile da raggiungere, presi come
siamo dal “fare” in certi casi compulsivo che riempie le nostre giornate, anche di volontari, ma che
contemporaneamente ci allontana dagli altri.
Per poter ascoltare il prossimo, in primo luogo,
si deve imparare ad ascoltare se stessi. Le nuove
frontiere della bioetica spingono proprio in tal
senso: non si può essere prodighi di consigli se
personalmente sono troppe le problematiche non
risolte. Con questo non affermo che chi non ha
tutto sempre chiaro non può fare servizio, ma
proprio il contrario, cioè che solo chi mette in
gioco i propri dubbi può farlo. Essere capaci quindi
di accogliere il mistero dell’incontro con l’altro,
che abile o disabile si trova a percorrere un pezzo
di strada con noi.
L’esempio di Maria, capace di accogliere il mistero della annunciazione, di essere strumento di
educazione e disponibile al sacrificio del Suo unico
Figlio, ci deve far riflettere ponendoci il quesito di
cosa siamo disponibili a sacrificare di noi stessi.
“Rivelare” quindi il cammino tracciato da Maria e
da Suo Figlio per essere operatori di pace e di
promozione per la persona. Come operatori sanitari abbiamo delle responsabilità maggiori, intese
quindi come disponibilità a fare servizio ed avere
contemporaneamente una attenzione professionale sia nei confronti delle emergenze che della
semplice accoglienza delle persone disabili essendo coscienti che spesso la disabilità è non visibile o addirittura nascosta. Il futuro ci deve
richiedere una capacità di analizzare quali sono le
esigenze delle persone verso cui facciamo servizio
continuando nel lavoro di analisi epidemiologica
interno alla Associazione e cercando contemporaneamente di essere tramite per aiutare i nostri
associati a conoscere ed usufruire delle agevolazioni dei cui possono avere diritto, ove possibile, all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. Insomma
di lavoro ne abbiamo molto da fare, ma questo è
il futuro, e di questo speriamo se ne possa occupare il nuovo assetto associativo.
Da sinistra:
Salvatore Pagliuca,
Federico Baiocco, il
Tenente Colonnello
della Finanza,
Massimo Cocco
durante il convegno.
[email protected]
Per uno spiacevole errore è stata pubblicata nello
scorso numero, nelle pagine del convegno medico
nazionale, una titolazione non originale, nonchè
una didascalia, alla foto, non appropriata.
Il titolo esatto è: “I ricchi guariscono prima? Etica
economica della medicina” .Ci scusiamo con i lettori e con l’autore dell’articolo e con i relatori che
potrebbero aver visto travisato il loro fondamentale contributo alla piena riuscita del convegno.
21
PROGETTO
N
Cuore di Latte
di
Giovanni
Punzi
Consigliere
Nazionale
22
Nuova campagna in Africa:
una scuola per l’infanzia
ell’anno 2011 “Cuore di Latte”, la campagna missionaria dell’Unitalsi, torna in Africa e precisamente
in Costa d’Avorio per contribuire alla realizzazione
di una scuola per l’infanzia e di alcuni laboratori di
cucito. Il progetto ha sede nel villaggio di Agou, della
Diocesi di Agboville, nella Regione di Agnéby, situata
nella parte meridionale del Paese a nord dell’ex capitale Abidjan, dalla quale dista circa 95 Km.
Si tratta di una Diocesi di recente costituzione, in
quanto istituita da Papa Benedetto XVI nell’ottobre
2006 ed affidata all’attuale Vescovo Alexis Touabli
Youlo, ha una superficie di 11.301 Kmq e una popolazione di circa 800.000 persone di cui circa la
metà di religione cattolica.La situazione sociale della
maggior parte di questi villaggi, già grave, è ulteriormente peggiorato.
L’attività principale è la coltivazione del caffè, ma
il ricavato per le famiglie è davvero irrisorio: 1 kg di
caffè, infatti, viene venduto a circa 1 centesimo di
euro. Oggi, la maggior parte delle famiglie mangia
una sola volta al giorno e altre una volta ogni due
giorni. Inoltre, proprio a causa della povertà, i genitori lasciano i figli a casa perché non hanno i soldi
per mandarli a scuola; tanti bambini restano privi di
istruzione e sono adibiti a lavori nei campi e, molto
spesso, sono vittime di abusi sessuali.
Anche le ragazze sono lasciate in balia di se stesse.
Per aiutare le loro famiglie non hanno altro lavoro
che la prostituzione e diventano madri in età giovanissima. Quando rifiutano di prostituirsi vengono
abbandonate dalle famiglie. consacrate alla missione
educativa con particolare attenzione alla donna, all’infanzia ed alla gioventù segnata da varie forme di
violenza e di sfruttamento sono presenti in Costa
D’Avorio dal 1989 e operano nella Parrocchia di
St. Michel nel villaggio di Boudépé a Km 6 dal villaggio di Agou.
È presente una comunità di quattro suore tra le
quali anche suor Catherine Wetshomba, responsabile del progetto. Il progetto si prefigge di aiutare i
bambini, i ragazzi ed i giovani a ricevere una formazione integrale e dare loro la speranza di un futuro
migliore, nella convinzione che più crescerà l’educazione e più diminuiranno la povertà e lo sfruttamento minorile. Sei aule scolastiche per bambini e
due laboratori di cucito per le giovani del villaggio
di Agou e di quelli vicini.
[email protected]
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CONSACRATEALLAMISSIONEEDUCATIVACONPARTICOLAREATTENZIONEALLADONNA
ALLINFANZIAEDALLAGIOVENTáSEGNATEDAVARIEFORMEDIVIOLENZAEDISFRUTTA
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23
UNITALSI
L’adesione
di
Mariangela
Camporeale
Presidenza
Nazionale
D
24
Una promessa di continuare
nello spirito della fraternità
ietro ogni scelta importante c’è sempre una attenta riflessione. Spesso la scelta unitalsiana di adesione all’Associazione nasce dentro il proprio cuore ancor prima che
la mente possa aver già realizzato.
Davanti la Grotta di Massabielle, nelle serate umide passate a fissare il volto della Madonna, mentre la mente in
un flash di ricordi fa scorrere la vita come in un film già
visto, in un silenzio assordante, in un’atmosfera di preghiera e di riconoscenza per i doni ricevuti, fiorisce già
l’inconsapevole dolcezza di dire “eccomi”, di sentirsi parte
di una famiglia che cresce e si consolida nei rapporti e
negli affetti quando si fa ritorno alla vita “normale”. Già,
quella di tutti i giorni, dove si torna con i piedi per terra
e ci si confronta con la realtà fatta di gioie e di dolori, di
angosce e soddisfazioni, di egoismo misto ad altruismo.
Quando si è chiamati all “adesione”, è il momento per
decidere di concretizzare il proprio impegno come dono
di una vita spesa al servizio dei fratelli.“Ciascuno metta al
servizio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni
amministratori della multiforme grazia di Dio”.
Nella foto a sinistra: Monsignor Luigi Moretti celebra la giornata dell’adesione a Salerno.
Sopra: I soci delle sottosezioni salernitane dell’ Unitalsi.
(Pietro 1 Pt 4,10).L’adesione è un momento associativo
importante. È una promessa di impegno responsabile.
È la conferma di voler continuare a condividere con gli
altri, in spirito di fraternità, lo stesso carisma, un mezzo
per comunicare la propria passione e il desiderio di camminare insieme, in un percorso comune e partecipato
negli intenti e nei fatti.
La scelta di dire “sì” all’associazione e all’altro che l’Unitalsi rappresenta, comunica appartenenza e unità, un momento da condividere insieme, da Nord a Sud, ogni anno,
la prima domenica di avvento.
Il 28 ottobre scorso, l’Unitalsi ha festeggiato la giornata
dedicata all’adesione, momento associativo molto atteso
e sentito.Tante sono state, infatti, le iniziative organizzate
da tutte le sottosezioni: canti, celebrazioni, momenti di
spiritualità.Tutte per poter vivere al meglio e in solidarietà questa grande festa, in occasione della quale ciascun socio ha ribadito il proprio impegno nel servizio di
carità e di amore verso i più bisognosi, per aiutarli nelle
loro necessità e per offrire loro sostegno e serenità, per
valorizzare il dono dell’amore servizievole.
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25
BIOETICA
P
di
Angela M.
Cosentino
Bioeticista
docente
universitaria
26
La famiglia
In tv esposti i problemi
di chi assiste i propri malati
eriodicamente, l’attenzione dei media ritorna su temi
delicati quali l’amore e la vita ma, in genere, per motivi di
audience, si prediligono mentalità e comportamenti non
sempre rispettosi del loro autentico significato. Alla fine
di novembre 2010, si sono aperti, per pochi giorni, spazi
riservati a storie e testimonianze di familiari che, nonostante le difficoltà, condividono le sofferenze dei loro cari,
gravemente malati o disabili, senza rinunciare ad accompagnarli, con coraggio, fino al termine naturale dell’esistenza, perché ognuno di loro è uno di noi e la malattia
fa parte della storia dell’umanità. Finalmente, non per pari
opportunità, ma per amore di verità, in televisione è stata
presentata la “famiglia non patologica” (anche se composta da malati gravi) che interpella lo Stato e il volontariato solidale per ricevere aiuti economici e servizi. Così,
va in onda la famiglia, “luogo” che accoglie e che, sostenendo il familiare, fa anche risparmiare lo Stato.
L’eutanasia (a differenza dell’etimologia che indica buona
morte e, secondo alcuni dizionari “morte tranquilla e naturale”) è ogni azione od omissione che, per eliminare il
dolore, procura la morte del malato1. Ciò, non rappresenta un atto di amore né, come a volte annunciato, un
atto di pietà, perché l’amore cura anche se non guarisce,
ma non uccide. La richiesta di eutanasia può rappresentare, però, un SOS di aiuto, un segno disperato di solitudine, da interpretare. Perciò,“dar voce a chi non ha voce”,
dal bambino non ancora nato al disabile grave, all’anziano,
al malato terminale, con una presenza sui media, non solo
sporadica, testimonierebbe il coraggio quotidiano che
può offrire la famiglia, soprattutto se aiutata.
È questa la risposta più efficace per arginare un pericoloso “pensiero unico” che considera l’uomo solo in base
alla produttività, all’efficienza o alle funzioni, al punto che
alcune correnti di pensiero condizionano la dignità dell’uomo all’esercizio di alcune sue capacità. Eppure, con la
ragione si può percepire che un bambino è prezioso
anche se non produce, come pure lo è un anziano o un
malato, anche se immobile a letto. Il livello di una civiltà si
misura anche dal grado di rispetto per i suoi simili, di ogni
suo simile, dal concepimento alla morte naturale.
Invece, una visione dell’uomo, di tipo utilitarista o edonista, condiziona e oscura la sua preziosa dignità, qualità
che nessuno può attribuire o togliere ma solo riconoscere e rispettare, perché appartiene alla “stoffa” con la
quale dall’inizio, siamo stati creati. La richiesta delle associazioni familiari e dei movimenti pro vita di poter testimoniare, in televisione, il valore della persona
rappresenta un richiamo a riflettere sul significato dell’amore, della vita, della verità sull’uomo, non come
evento religioso, ma come esperienza di ragione. Secondo il filosofo Kant”, le cose hanno un prezzo, ma
l’uomo ha una dignità, perciò può essere fine, mai mezzo”.
La mentalità che attribuisce all’uomo un valore in rapporto al fare e non all’essere è pericolosa. La vita è un
bene indisponibile. Legittimare socialmente e giuridicamente l’eutanasia (con la scusa, mascherata, di risparmiare
risorse economiche ed umane, o di non sopportare lo
sguardo sulla sofferenza) porta a gravi ingiustizie sociali.
Nei Paesi nei quali è stata legalizzata, si è verificato, oltre
a un preoccupante abuso, un diffuso abbandono terapeutico ( più che un temuto “accanimento terapeutico”)
dei malati che l’hanno richiesta, spesso, senza adeguata
informazione, vicinanza umana e autentico consenso informato. Qualora si volesse cambiare idea, che si verifica
frequentemente, si rischia l’abbandono, come pure la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione, cure essenziali ( non terapie) che non dovrebbero mai essere
sospese2. Nei secoli, la vicinanza e il servizio ai malati e ai
sofferenti (dai primi ospedali religiosi, ai Santi sociali, alle
attuali strutture di volontariato sanitario) ha rappresentato un pilastro sociale fondamentale, segno silenzioso
ed efficace del riconoscimento di una preziosa dignità
che sarebbe ingiusto oscurare, perché ricorda a tutti (
l’audience è assicurato!) che l’uomo trascende la sua malattia. Lo documenta anche il recente volume di Fabio
Cristofaro,Vivi! Più forte della malattia (Lindau 2010) che
raccoglie incoraggianti testimonianze di amore per la vita.
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1 Cf. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae (…) a tutte
le persone di buona volontà sul valore e l’inviolabilità della vita
umana, n. 65 ( 1995), vedi www.vatican.va.
2 R. Puccetti e al., «Dichiarazioni anticipate di trattamento ( DAT):
Revisione della Letteratura», in Medicina e Morale, 2009/3, pp.461498.
ABRUZZESE
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IN QUESTO NUMERO
Aosta
Marche
Muro L uc ano
S as s uol o
Nocera Um bra
Genova
p. 28
29
30
31
32
33
UMBRA
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27
AOSTA
Tanti auguri ai nostri nonni
dai volontari dell’Unitalsi
I
dalla
sottosezione
di Aosta
eri sono sceso a farmi un giro in città.Aosta
è una città molto fredda in inverno, e ieri l’inverno si sentiva. La gente, tutta imbacuccata
nei cappotti e nelle giacche a vento, entrava
e usciva dai negozi alla ricerca di un’idea per
un ultimo regalo. Quello dell’ultimo momento, quello del “sì, va bene, poi ci penso”.
Un ultimo oggetto che sarà al centro dell’attenzione “da Natale a Santo Stefano”,
come dicevano i miei vecchi, per poi finire
nello stesso scatolone assieme a quelli dei
natale precedenti. Le vie sono piene di luci
che si rincorrono, di babbi natale appesi ai
balconi, su tutto il vociare dei passanti “Auguri a te e famiglia”,“Buone feste”,“Fai gli auguri a casa”…
È la festa. La si sente. La si vede. La si respira.
Sì, perché Natale, oramai, è diventata una
festa nazionale, con parate, canti, luci e festoni. Ma non dovrebbe, però. Perché Natale è, o almeno dovrebbe essere, sì una festa, ma di compleanno. Oggi pomeriggio. Ore 15.30. Casa di riposo “Domus Pacis” di Donnas. L’Unitalsi di Aosta
festeggia in compagnia degli ospiti il suo, il loro, Natale. I nonni ci sono tutti. Alcuni, i meno fortunati, rimangono nelle loro stanze o in infermeria impossibilitati a muoversi, gli altri nel salone. Alcuni sulle sedie, altri – molti altri – sulle loro carrozzine.
E tutti, sia quelli nelle camere che quelli nel salone, hanno in mano il loro regalino di Natale infiocchettato e con il bigliettino di auguri dell’Unitalsi. E tutti, sia quelli nelle camere che quelli nel
salone, hanno al collo il loro foulard Unitalsi. È tutto pronto, le sedie, gli addobbi, i panettoni, le bibite, i dolci, ma soprattutto loro: i nonni. La festa può cominciare. Entra la “Corale di Fenis”, e sfila
tra le sedie, lentamente, come solo la gente di montagna sa fare, fino al fondo, laggiù, davanti a tutti.
E iniziano i canti. Canti lenti. Melanconici. Struggenti. Ed è subito festa. Ed è subito cuore. Ed è subito sentimento. E anche nel salone, piano piano, qualche voce comincia a intonare, accompagnata
da una lacrima. È strano, sapete, non esistono canti di montagna di “festa”, solo canti di sentimento,
di cuore. E i cuori rispondono.Tutti. Sempre. E iniziano anche i racconti. Quelli reali e quelli ripescati nel fondo della memoria, magari un po’ distorta dal tempo che inesorabile è passato, lasciando
segni a volte invisibili, spesso, troppo spesso, violentemente evidenti. Ma tutti assolutamente veri.
Sentiti. Genuini. Oramai è sera, e il paio d’ore che ci siamo presi è volato via, in un battito d’ali. È
ora di andare. Di riconsegnare questo luogo ai suoi abitanti.Alla sua naturale quiete.
Buon Natale cari Nonni. E Buon Compleanno a te, Cristo Gesù. E grazie per aver scelto di nascere oggi, qui, in mezzo a loro. In mezzo a noi.
Buon Natale a tutti.
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28
MARCHE
E
di
Beatrice
Testadiferro
Ascoli Piceno, tanti giovani
per il loro raduno annuale
Ufficio Diocesano
Comunicazioni
Sociali
ssere felici è il sogno di Dio su ciascuno. «Quale è il segreto per essere veramente contenti? Essere felici è il sogno di Dio su ciascuno di noi, ma la vera
felicità è in un incontro, l’incontro con il Dio della vita».Tanti giovani dell’Unitalsi regionale si sono ritrovati, nel fine settimana del 23 e 24 ottobre, ad Ascoli
Piceno per il loro raduno annuale che sta diventando sempre più una occasione per soffermarsi sull’impegno di volontari e di giovani cristiani.
Le parole del cappuccino padre Giacomo li ha aiutati a cercare di capire il
rapporto tra la felicità e la croce: «Il Signore ti affida la croce come una missione e tu devi trovare la tua felicità in quella croce – ha detto il religioso –
non cercare la felicità nel buttare via la croce ma segui l’esempio di san Francesco d’Assisi e di santa Bernadette che hanno chiesto al Signore di vivere la
propria croce». E su questo argomento così forte, su cui i giovani avevano riflettuto nel corso degli incontri proposti dalle sottosezioni e ai pellegrinaggi
di Lourdes e di Loreto, si sono confrontati nei gruppi raccontandosi le proprie esperienze di sofferenza e l’aiuto che hanno trovato in Gesù.
L’incontro regionale, organizzato dalla sottosezione di Ascoli Piceno, presieduta da Anna Saveria Capriotti e coordinato dal responsabile dei giovani Riccardo Cittadini, ha visto la presenza di 220 giovani delle diocesi marchigiane. Il sindaco della città, l’unitalsiano Guido Castelli, ha portato il suo saluto
e la testimonianza dicendosi fortunato perché nella sua città è attiva questa associazione ed ha invitato tutti “ad essere contagiosi perché l’esperienza unitalsiana è tanto necessaria nella nostra società
in cui sembra che tutto vada male”.
Anche la responsabile nazionale dei Giovani, Elena Spadaro, ha raggiunto,Ascoli dalla Sicilia per condividere questa esperienza delle Marche ed ha sottolineato come “la realtà giovanile in questa associazione si sia molto rafforzata e meriti attenzione”. Il vescovo, Silvano Montevecchi, ha guidato la
riflessione, dopo la fiaccolata per la vie della città, il sabato sera ed ha presieduto la celebrazione eucaristica della domenica in Cattedrale chiedendo ai giovani di essere fermenti di umanità nuova e di
vita cristiana. «L’Unitalsi è un luogo educativo e l’ammalato è un luogo teologico – ha detto ilVescovo
rivolgendosi ai giovani – insieme ci si ritrova in una straordinaria armonia che ci fa sperimentare gli
atteggiamenti dell’umiltà e della carità».
La due giorni dei giovani è stata anche una occasione per ammirare l’arte e per apprezzare la storia della città di Ascoli grazie alle guide ufficiali della Provincia che hanno presentato alcune delle
piazze e monumenti. L’assistente spirituale dell’Unitalsi ascolana, don Basilio Marchei, ha accolto i giovani al loro arrivo nel chiostro di Sant’Agostino dove si è svolto il primo incontro mentre suor Agata
Villadora, religiosa ospedaliera del Sacro Cuore di Gesù, ha portato la sua testimonianza a conclusione dell’incontro.
La responsabile dell’Unitalsi Giovani delle Marche, Isabella Falsetti, ha ringraziato tutti coloro che
hanno reso possibile l’incontro ed ha annunciato che il prossimo appuntamento regionale sarà nella
città di Senigallia.
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29
MURO LUCANO
C
di
Nunzio
Barile
Salutati dalla banda
i pellegrini a Lourdes
sottosezione
Muro Lucano
30
on grande gioia ed entusiasmo, l’Associazione
Musicale San Gerardo Maiella di Muro Lucano,
presieduta da Nunzio Barile, ha accolto l’invito
rivolto dal vice Presidente Nazionale dell’Unitalsi Salvatore Pagliuca, a partecipare all’appuntamento annuale del pellegrinaggio nella città
mariana di Lourdes (25 settembre – 2 ottobre
2010) con il gruppo Bandistico e l’orchestra di
Fiati dei giovani muresi.Al gruppo si sono uniti
alcuni genitori dei ragazzi, pellegrini muresi e
dei paesi limitrofi. Partiti da Muro Lucano, sabato 25 settembre, dopo aver sostato la notte
a Sanremo, si è ripartiti alla volta di Lourdes.
Durante il viaggio in pullman, guidato da Rocco
Telesca, volontario dell’Unitalsi Lucana, i pellegrini hanno potuto ammirare, tra preghiere e
canti rivolti a Maria, il meraviglioso e suggestivo
paesaggio della Maremma Toscana e della riviera Ligure. Giunti a Lourdes, il gruppo è stato accolto dai volontari dell’Unitalsi e sistemato presso l’albergo ristorante “Les jardins de Lourdes”. La banda artistica, il lunedi 27 e il martedi 28,
si è divisa in due gruppi: in parte si son recati alla stazione ferroviaria e altri all’aeroporto per accogliere gioiosamente
i pellegrini provenienti da tutte le parti d’Italia e dall’estero. È stato uno spettacolo toccante: i fedeli ammalati e non, sono
stati colpiti dall’accoglienza festosa dei ragazzi che, con la loro musica e le loro divise colorate, infondevano gioia e voglia di cantare e ballare anche alle persone sofferenti, sui cui visi emozionati si percepiva una grande commozione.
Dopo i momenti riservati all’accoglienza, con orgoglio e trepidazione, la giovane orchestra ha suonato nella Basilica
Pio X sia durante la Santa messa dell’apertura che durante quella Internazionale. Una folla di circa 13 mila anime, ha
manifestato grande fervore religioso accompagnato da altrettanta gioia, soprattutto durante l’esecuzione dell’Ave Maria
di Gounod, al punto da applaudire nonostante il luogo. Ciò ha contribuito a gratificare i ragazzi, tanto da farli sentire
sempre più coinvolti. Nel pomeriggio di giovedì, hanno partecipato alla cosiddetta “Merenda italiana”, svoltasi nella
piazza principale di Lourdes, dove erano stati allestiti degli stand con i prodotti tipici regionali di tutta Italia, alla presenza
di autorità rappresentanti l’amministrazione locale e l’Unitalsi.Tra una degustazione e l’altra, la banda si è esibita con suoni
folcloristici, animando per tutto il pomeriggio i numerosi pellegrini intervenuti.
Durante la processione serale la folla, illuminata dalle innumerevoli fiaccole, è giunta davanti al sagrato della Basilica
del Rosario ed è stata accolta con musiche religiose interagenti con i canti della corale di Margherita di Savoia. Venerdì
mattina i giovani artisti hanno animato la funzione liturgica. In serata, i volontari dell’Unitalsi sono stati salutati con l’esecuzione di numerosi brani festosi e folcloristici. Dopo i momenti ricreativi, sempre insieme ai volontari, il gruppo murese si è recato davanti alla grotta per recitare il Santo Rosario e salutare la Madonna. In un’atmosfera di silenzio e
discrezione, con commozione, intimo raccoglimento e devozione. Ciascuno ha meditato sui momenti forti vissuti durante il pellegrinaggio. I ragazzi sono stati apprezzati sia dai religiosi che dai laici per le varie performance. Ciò lo si deve
soprattutto all’insegnamento dei maestri che li hanno preparati e diretti con impegno, dedizione ed abnegazione.
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SASSUOLO
di Annamaria
Barbolini
Don Alfonso Ugolini
verso la Beatificazione
sottosezione
Sassuolo
I
l Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, Mons.Adriano Caprioli ha presieduto l’apertura della causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio don Alfonso
Ugolini. Hanno concelebrato il Vescovo Ausiliare, Lorenzo Ghizzoni, l’Arcivescovo emerito di Smirne, Giuseppe Germano Bernardini, e numerosi sacerdoti.
Erano presenti il Sindaco di Sassuolo, Luca Caselli, e le
più alte cariche cittadine, una folta rappresentanza dell’Unitalsi della sottosezione locale in quanto ilVenerabile
ne è stato fondatore e Presidente e di seguito Assistente
e una significativa presenza della sezione Emiliano-Romagnola con il Presidente Italo Frizzoni.
La cerimonia ha avuto diversi momenti:Vespri, atti rituali del processo (giuramento dei diversi componenti
del Tribunale Ecclesiastico) ed è culminata con una Con-
celebrazione Eucaristica che si è protratta per oltre due
ore. Una numerosa folla gremiva l’ampia chiesa di San
Giorgio, attenta e devota, in buona parte in piedi; tutti
hanno seguito i diversi momenti senza dare alcun segno
di stanchezza. Una partecipazione apprezzata esplicitamente dal Vescovo.
È stato un momento forte di fede, lasciandoci un ricordo che vogliamo coltivare nel nostro intimo con la
preghiera, perché si possa presto venerare don Alfonso
tra i beati del cielo e perché lui, dal cielo, ci accompagni
con la sua preghiera.
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31
NOCERA UMBRIA
I
32
di
Girolamo
Giovannini
Dalla struttura Unitalsi,
aperta la nuova chiesa
Assesore
Regionale
Umbria
l 12 aprile 2009, giorno di Pasqua, i fedeli di Casebasse, di Nocera Umbra, hanno lasciato il
prefabbricato per entrare nella nuova chiesa
costruita dopo il sisma del ‘97.
Il prefabbricato, di centoventi metri quadri,
era stato donato dall’Unitalsi ed inaugurato (il
primo di tutta l’area del terremoto) il 21 dicembre del 1997: erano trascorsi appena a tre
mesi dal terremoto. All’inaugurazione erano
presenti molti membri della Presidenza Nazionale. IlVescovo di Assisi, Monsignor Goretti,
benedisse il locale. Eravamo in piena emergenza. Gran parte della gente, sistemata ancora
in ricoveri di fortuna, mentre stava incalzando l’inverno. Alcuni dissero che per la piccola parrocchia il
prefabbricato era troppo grande. Ma la provvidenza non fa nulla a caso: in quella medesima area era già
operante il Campo Operativo della Caritas, dove affluivano centinaia di giovani, provenienti da ogni regione d’Italia e anche dall’estero, fino a raggiungere, nel giro di tre anni, le dodicimila presenze.
Venivano a dare il contributo della loro solidarietà, con una dedizione che ci lasciò tutti sbalorditi e ammirati. Dal Campo Caritas di Casebasse, con una generosità incredibile, i giovani hanno fatto fronte
anche ad altre emergenze venutesi a creare: nel maggio del ’98 aprirono una postazione a Sarno: nel
marzo dell’anno successivo, allo scoppio della guerra del Kosovo, si recarono in Macedonia poi, appena
fu possibile, entrarono a Pristina dove hanno costruito, con enorme sacrificio e anche tra tanti pericoli,
una Casa per accogliere gli orfani della guerra. La Casa è tutt’ora aperta e funzionante. Al Centro Caritas di Nocera, intanto, continuavano ad affluire sempre più numerosi i giovani, non solo per aiutare, ma
molti anche per ritrovare, aiutando, il senso della vita. È stata una cosa meravigliosa, tanto che spesso abbiamo pensato alla verità del proverbio che “non tutto il male viene per nuocere”!
Alcuni presidi di Liceo hanno portato i loro giovani a fare esperienza di una vita dura, impegnativa, ma
molto significativa. Ricordo che qualche mattina, quando si era in più di cento al campo, si faceva colazione a turno perchè le tazze non erano sufficienti! Il prefabbricato Unitalsi si rivelò indispensabile! Non
sappiamo come avremmo potuto fare senza quella struttura. Per la cronaca vogliamo ricordare che da
quella esperienza sono nate sei case di accoglienza in Umbria, tutte guidate dai giovani che avevano prestato la loro opera a Casebasse, oltre naturalmente la casa del Kosovo.Animatore di questo prodigio fu
il giovane sacerdote perugino, don Lucio Gatti, già barelliere sui treni verso Lourdes.Al termine del suo
onorato servizio, il prefabbricato Unitalsi è stato smontato, ma non è andato in pensione: ha ripreso servizio alla periferia di Perugia, dove una parrocchia ha iniziato la costruzione di una nuova chiesa.
A quella comunità servirà almeno per quattro anni. E non è detto che poi non venga di nuovo utilizzato. Vogliano dire un grazie grandissimo all’Unitalsi che, tredici anni fa, ha compiuto questo gesto così
generoso, donando con tempestività una struttura, tanto efficiente, quanto provvidenziale. A ricordo
della vicenda che ci ha coinvolto, dura ma anche straordinaria, abbiamo innalzato una colonna, dall’alto
della quale l’Immacolata testimonierà il bene che il Signore sa sempre trarre, anche dalle situazioni più
difficili, perché Lui riesce sempre a stupirci.
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GENOVA
E
di Giuseppe
Damonte
L’uomo verso Dio
guidato da Maria
sottosezione
Arenzano
Genova
siste un rapporto tra
l’uomo e la Divinità?
Le varie religioni hanno
cercato di dare invano delle
risposte esaurienti a questo
problema. Né la circolarità
dialettica degli idealisti, né la
visione filosofica degli stoici,
né tanto meno la creazione
della sovrastruttura marxista hanno potuto inquadrare la questione che è
nata con l’uomo e con
l’uomo finirà.
Il dolore esiste come fatto
oggettivo ed è inquadrato
in una concezione religiosa
e filosofica solo dal cristianesimo: il peccato di
Adamo, la negazione di Dio,
il distacco dal bene assoluto
determinato da quell’atto
hanno costituito la rottura di quel ponte tra l’uomo e il
bene, dando inizio al male. Cristo, facendosi uomo, accettò tale natura con tutto ciò che da essa derivava: dolore e sofferenza in primis; dolore per dovere espiare una
colpa che poteva essere evitata dall’uomo, sofferenza perché il sangue e il sudore, gli scherni e le percosse non
sono certo un piacere per il corpo. Maria che conosce i
segreti sentieri che percorrono la nostra sofferenza, riceve e rinfranca tutti noi oppressi come le membra sofferenti di Nostro Signore, ci insegna ad andare presso di
Lei affinché il nostro cuore abbia la Pace e la forza necessarie a compiere il dovere quotidiano nella gioia del
sacrificio del bene offerto. LaVergine Immacolata che conosce i segreti della nostra vita e delle nostre pene ci insegna che, agli occhi di Dio, queste possono giovare
notevolmente nel quadro di un rinnovamento cristiano
della società. Confidiamo in Maria perché continui dal
Cielo ad aiutare quei sofferenti che non accettano la loro
situazione in un momento in cui la globalizzazione e l’informazione distolgono i cuori dal Figlio di Maria, affinché
Lei possa diventare faro e punto di forza dell’uomo.
Medici non credenti hanno espresso più volte il loro
scetticismo verso la Sua onnipotenza cercando un riscontro scientifico nei miracoli che avvenivano, ma la conferma è molto più tangibile: è Lourdes il simbolo che
esprime tutta la Sua magnificenza e nulla può contraddire
le opere compiute dalla Madre Immacolata; Lei può intervenire in ogni momento sull’umanità diffondendo il bisogno di amare. L’uomo diventa così più disponibile a Dio
e a farsi portare dalla carità là dove se ne avverte la necessità più vera, perché possiamo essere testimoni di
Lourdes, attraverso il ringraziamento per i piccoli miracoli
che avvengono nella nostra vita, nella nostra famiglia ma
soprattutto dentro di noi. Luogo importante quello della
famiglia che il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, ha voluto inserire nelle Litanie Lauretane perché centro, a volte, di
sofferenze che fortificano e donano la forza di rivolgersi
a Maria per ricevere l’aiuto che solo Lei ci può garantire.
La “vita di Lourdes”, per chi questa esperienza l’ha vissuta e la vive tutti i giorni, dona fiducia per i sofferenti e
per il tramite della S. Eucaristia concede speranza nella
quotidianità e nella salvezza eterna.
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Luce del Mondo
dalla
redazione
l libro «Luce del mondo» scritto dal Santo Padre raccoglie la
conversazione con il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald. Per Papa Benedetto XVI, «è veramente necessaria una
umanizzazione della sessualità.Concentrarsi solo sul profilattico
vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone
nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sè».
«Perciò - spiega - anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano
nella sua totalità». Nel libro il Papa parla anche della controversa enciclica di Paolo VI che proibì l’uso degli anticoncezionali. «Le prospettive della Humanae vitae - sostiene - restano valide, ma altra cosa è
trovare strade umanamente percorribili. Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle
prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così
da diventare per altri affascinante modello da seguire». «Siamo peccatori», ammette Ratzinger, per il quale tuttavia «non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella
morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene
possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda». «Esprimere tutto
questo anche dal punto di vista pastorale, teologico e concettuale nel
contesto dell’attuale sessuologia e ricerca antropologica è un grande
compito - conclude il Pontefice - al quale bisogna dedicarsi di più e meglio». Sull’uso del preservativo «va accertato che questo sia l’unico
modo per salvare una vita» e per questo il Papa nell’affrontare questa
questione «l’ha posta nel campo dell’eccezionalità». Lo ha dichiarato
il neocardinale Elio Sgreccia, ex presidente dell’Accademia per la vita.
Il tema dell’uso del preservativo pone «una domanda che avrebbe bisogno di molto tempo per una risposta - ha detto Sgreccia -. Se Benedetto XVI ha posto una questione di eccezionalità va accettata
appunto questa eccezionalità. E va verificato che questo è l’unico modo
per salvare la vita: questo aspetto va dimostrato».
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Luce del Mondo
Papa Benedetto XVI
Libreria Editrice Vaticana
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Scarica il numero 6/2010