LA MALATTIA DI PARKINSON a cura del Dott. Michele Gennuso Ambulatorio Disturbi del Movimento dell’Ospedale Maggiore di Crema. 1.1. - U.O. Neurologia MANIFESTAZIONI CLINICHE La Malattia di Parkinson è una patologia cronico-degenerativa del sistema nervoso centrale, determinata dalla progressiva perdita dei neuroni dopaminergici della pars compacta della Substantia Nigra a livello mesencefalico. La MP è stata per anni considerata un disturbo prevalentemente motorio, ma una sempre più crescente quantità di evidenze ha dimostrato come il quadro clinico sia in realtà molto più complesso: è caratterizzata infatti dalla contemporanea presenza anche di sintomi “non motori” come la depressione, la stipsi, l'incontinenza urinaria ed altri ancora che possono perfino precedere l'esordio motorio della malattia, configurando una fase così detta “pre-motoria”. . La diagnosi della MP è clinica, ed è basata su una approfondita raccolta anamnestica e sulla presenza di segni neurologici caratteristici: la bradicinesia, il tremore a riposo, l'ipertono plastico, e l'instabilità posturale; l’esordio dei sintomi e dei segni neurologici è, il più delle volte, unilaterale. La bradicinesia è il segno clinico necessario per porre diagnosi di MP ed è caratterizzata da una alterazione della velocità, dell’ampiezza e del ritmo del movimento; determina clinicamente la comparsa di ipomimia facciale, fissità dello sguardo, scialorrea, micrografia, perdita dei movimenti spontanei. La deambulazione in particolare, già nelle prime fasi della malattia, risulta alterata: i pazienti infatti possono presentare la riduzione dei movimenti pendolari delle braccia, riduzione dell'ampiezza del passo, un atteggiamento in flessione del tronco. Nella progressione della malattia la deambulazione diventa sempre più problematica per i pazienti che a volte possono presentare una vera e propria acinesia che è caratterizzata dalla difficoltà di iniziare un movimento, di cambiare repentinamente direzione, e si può anche manifestare come un blocco improvviso durante la deambulazione, configurando il fenomeno clinico del “freezing”. Il tremore a riposo è il sintomo tipicamente associato alla malattia, oltre ad essere il più evidente espresso è il primo sintomo riferito dal paziente. Generalmente, nella MP, la comparsa del tremore a riposo, che è di solito unilaterale, interessa i segmenti distali degli arti. Durante la progressione della malattia il disturbo può diventare bilaterale, mantenendo comunque sempre una certa asimmetria. Il tremore è costituito da un movimento oscillatorio ritmico della parte interessata e si palesa a riposo (per esempio in posizione eretta con gli arti abbandonati lungo il tronco), mentre scompare durante l’esecuzione di un movimento finalizzato, tipica è l’accentuazione del tremore parkinsoniano in seguito a stimoli emotivi (per esempio in situazioni di disagio) e la sua scomparsa durante il sonno. L’ ipertono plastico è determinato dall'aumento del tono muscolare, si caratterizza nella MP per la sua distribuzione ubiquitaria nei muscoli agonisti ed antagonisti, risultando nel cosiddetto effetto “a tubo di piombo”. Il segno clinico è la resistenza alla mobilizzazione passiva, durante la quale è riscontrabile il “fenomeno della ruota dentata”, che consiste nella percezione di un rilasciamento intermittente dei muscoli allo stiramento, con un ritmico cedimento dell’ipertono muscolare a scatto, come se si muovesse appunto una ruota dentata. L’ipertono, inoltre, è la causa dell’atteggiamento camptocormico, che si manifesta nella postura con capo flesso sul tronco, avambracci semiflessi ed intraruotati, cosce addotte ed in leggera flessione sul tronco. Anche l’ipertono muscolare all’esordio, come per gli altri sintomi, è frequentemente unilaterale e può variare di intensità durante la giornata in relazione all’ assunzione dei farmaci, al tono dell’umore e alle perturbazioni emotive. A differenza degli altri tre segni cardinali della MP, l’instabilita’ posturale, si manifesta tardivamente nel corso della malattia, e provocata dall’incapacità del paziente a mantenere la postura e l’equilibrio a causa della perdita dei riflessi posturali, con una conseguente perdita dell’efficienza propriocettiva; alcuni test valutano questo aspetto, poichè l’instabilità posturale è la causa delle frequenti cadute caratteristiche delle fasi più avanzate della malattia. Il paziente parkinsoniano cammina quasi di corsa, a piccoli passi, con il tronco piegato in avanti, come se cercasse di inseguire il proprio baricentro durante la marcia: questa andatura caratteristica è chiamata festinazione. Come già affermato la MP è una patologia degenerativa per cui presenta un decorso cronico progressivo: dopo un esordio spesso unilaterale, che si può mantenere per diversi anni, il paziente svilupperà una compromissione motoria anche bilateralmente; tale evoluzione clinica condiziona il grado di autonomia dei pazienti configurando nel tempo vari gradi di disabilità; Hoehn e Yahr hanno formulato una scala di valutazione proprio del grado di disabilità dei pazienti, prevedendo cinque stadi di malattia (vedi tabella 1). Tabella 1 STADIO 1 STADIO 2 STADIO 3 STADIO 4 STADIO 5 1.2. Disturbi motori unilaterali, con minima limitazione funzionale. Disturbi motori bilaterali senza coinvolgimento dell’equilibrio. Iniziale compromissione dell’equilibrio e della deambulazione, ma l’autonomia è conservata. Equilibrio e deambulazione seriamente compromessi e necessità di assistenza. Invalidità totale, paziente allettato o in carrozzina, necessità di assistenza in ogni manifestazione della vita quotidiana. DIAGNOSI DIFFERENZIALE DEI PARKINSONISMI Malgrado la diagnosi della MP sia essenzialmente clinica, è comunque necessario sottoporre il paziente ad alcuni esami strumentali al fine di escludere le forme secondarie di Parkinsonismo e i Parkinsonismi Atipici. E’ poi importante monitorare l'evoluzione del quadro clinico nel tempo, al fine di verificare l'eventuale comparsa di altri segni e sintomi (anche non motori) che potrebbero configurare una diagnosi alternativa alla MP: in particolare proprio le forme di Parkinsonismi Atipici, come l'Atrofia Multisistemica (MSA), la Demenza a Corpi di Lewy (LDB), la Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP), la Degenerazione Cortico Basale (CBD). Tra le forme di Parkinsonismo Secondario, invece, rientrano tutte quelle condizioni che clinicamente si presentano con le caratteristiche tipiche della malattia di Parkinson (bradicinesia, tremore, instabilità ecc.), ma che sono determinate da altre condizioni patologiche. Nello specifico occorre ricordare le forme principali di Parkinsonismo Secondario: − Parkinsonismo vascolare: è conseguenza di una encefalopatia vascolare, spesso dovuta ad ischemia sottocorticale. I sintomi sono simili a quelli del Parkinson idiopatico, con disturbi prevalentemente a carico degli arti inferiori; i pazienti possono presentare una modesta risposta alla Levodopa. − Parkinsonismo iatrogeno: è causato dall’assunzione cronica di alcuni farmaci, in particolare i neurolettici. − Parkinsonismo da idrocefalo: è determinato dalla dilatazione del sistema ventricolare ed è clinicamente caratterizzato dalla presenza di decadimento cognitivo, incontinenza urinaria e alterazioni della deambulazione causate da un interessamento prevalente degli arti inferiori. − Parkinsonismo post-traumatico: è spesso conseguente a traumi cranici ripetuti, come nel caso dei pugili professionisti; la conseguenza neurologica più frequente è la demenza con associazione di sintomi extra-piramidali. − Parkinsonismo da tossici: è derivato dall’esposizione a tossici ambientali (manganese) e dall’abuso di droghe. In questa forma, alla bradicinesia e alla rigidità, si associano faticabilità e disturbi comportamentali (aggressività e irritabilità). La Risonanza Magnetica (RM) dell'Encefalo rappresenta uno strumento valido per la diagnosi differenziale insieme ad una accurata raccolta anamnestica e ad una valutazione dell’ evoluzione dei sintomi nel tempo. Per quanto concerne i Parkinsonismi Atipici essi comprendono malattie neurodegenerative caratterizzate dalla presenza di sintomi parkinsoniani associati ad altri segni clinici di degenerazione del sistema nervoso. Si caratterizzano per un'evoluzione clinica più rapida e per una risposta alla Levodopa scarsa o comunque non duratura rispetto alla MP. Le forme più importanti sono: − Atrofia Multisistemica (MSA) E’ una malattia degenerativa ad eziologia sconosciuta che insorge nell’età adulta. Il quadro clinico è caratterizzato dalla combinazione variabile di segni di disfunzione dei sistemi extrapiramidale, cerebellare, piramidale e vegetativo. L'interessamento vegetativo è quello prevalente e coinvolge soprattutto il versante cardiovascolare, con comparsa di ipotensione ortostatica che può divenire sintomatica con lipotimie e sincopi, e quello genitourinario con urgenza urinaria e disfunzione erettile. − Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP) È una malattia degenerativa caratterizzata clinicamente da un quadro parkinsoniano di tipo acinetico-rigido, con rigidità prevalentemente assiale ed assenza di tremore. Peculiari sono l'instabilità posturale precoce con frequenti cadute, il disturbo della motilità oculare con impossibilità a muovere gli occhi sul piano verticale e conseguente deficit visivo importante, i segni pseudobulbari e la demenza. − Demenza a Corpi di Lewy (LBD) E' la seconda forma più comune di demenza dopo la malattia di Alzheimer. E’ caratterizzata da una sindrome parkinsoniana associata ad un precoce decadimento cognitivo, che si manifesta entro un anno dall’esordio dei sintomi motori o anche precedentemente a questi. − Degenerazione Cortico Basale (DCB) è una sindrome cinetico-rigida con esordio spesso asimmetrico caratterizzato dalla perdita della destrezza nei movimenti, rigidità, aprassia, postura distonica fissa e sindrome dell’arto alieno. Tra gli esami strumentali indicati nel work-up diagnostico abbiamo già detto che è utile la Risonanza Magnetica dell'Encefalo; negli ultimi anni hanno assunto importante ruolo diagnostico anche le tecniche di imaging funzionale come la SPECT e la PET cerebrale, che forniscono ulteriori dati per una più accurata diagnosi dei disturbi extrapiramidali. 1.3. TERAPIA FARMACOLOGICA Attualmente la terapia della malattia di Parkinson è sintomatica; non esistono cioè dei farmaci tali da determinare la risoluzione del processo degenerativo. Il Gold-Standard della terapia farmacologica è rappresentato dalla Levodopa, precursore della Dopamina, in grado di ridurre la sintomatologia della malattia, in particolare l’acinesia e la rigidità, meno il tremore. In realtà, l’uso prolungato della terapia dopaminergica, in particolare della Levodopa, comporta nelle fasi avanzate della malattia, la comparsa di complicanze motorie: − le fluttuazioni motorie − i movimenti involontari. Tra le fluttuazioni motorie si distingue in particolare il deterioramento di fine dose o “wearing off” in cui il paziente avverte la fine dell’effetto delle terapie lamentando maggiore rigidità o impaccio motorio, ultimamente è stato dimostrato che questo tipo di fluttuazioni interessano anche i sintomi non motori della malattia. Tra i movimenti involontari sono particolarmente importanti le discinesie che possono essere sia determinate da un eccesso di dose della terapia (discinesie di picco-dose), sia manifestarsi nelle fasi di blocco motorio (distonia della fase off). Progressivamente inoltre si può instaurare il “fenomeno on-off” caratterizzato dall’alternanza di fasi “on”, con movimenti volontari normali, talora accompagnati da movimenti coreo-atetosici, a fasi “off” in cui il paziente appare estremamente acinetico, rigido e con evidente tremore. Nelle fasi più avanzate di malattia, per i pazienti che presentano le fluttuazioni motorie e non motorie, è possibile ricorerre a terapie “più invasive”, che possono garantire una stimolazione dopaminergica continua, come l’ infusione duodenale di Levodopa (DUODOPA) o quella sottocutanea di Apomorfina; in casi selezionati, inoltre, è stata ampiamente dimostrata l'efficacia della stimolazione cerebrale profonda (DBS) del nucleo subtalamico. Altri farmaci che aumentano la stimolazione dopaminergica sono i dopaminoagonisti: la Selegilina e la Rasagilina (inibitore delle monoamino-ossidasi, IMAO-B), l’Entacapone e il Tolcapone (inibitore delle COMT). Inoltre abbiamo i farmaci anticolinergici (antagonisti muscarinici e antagonisti glutamatergici), con efficacia limitata e numerosi effetti collaterali, somministrati soprattutto a pazienti giovani con sintomatologia tremorigena. 1.4. SINTOMI NON MOTORI NEL PARKINSON La MP nelle sue diverse fasi si caratterizza per la contemporanea presenza di sintomi motori e non motori, questi ultimi sintomi interferiscono sensibilmente sulla qualità della vita dei pazienti e interessano molti altri sistemi ed apparati (vedi tabella 2) L'identificazione precoce di questi sintomi non motori e il loro altrettanto precoce trattamento, consentono una migliore gestione della malattia. Molto frequentemente, il paziente, non essendo consapevole del fatto che molti di questi disturbi (stipsi, incontinenza, disturbi del sonno, dolore ecc.) fanno parte integrante del quadro clinico, non li dichiara. Diventa, quindi, fondamentale il ruolo del neurologo, che dovrà indagare attentamente tutti gli aspetti legati alla malattia con una corretta e approfondita ricerca degli stessi. Spesso questi sintomi si presentano in un quadro complesso e disomogeneo, con marcate differenziazioni nella qualità e nella gravità per ogni singolo caso. Inoltre, il più delle volte, risultano strettamente correlati ai sintomi motori, o al loro approccio farmacologico, presentando così un andamento molto simile a questi ultimi. In questo senso, alcuni sintomi non motori, sono caratteristici delle fasi “wearing off” come il dolore, l’ansietà, il formicolio, sensazione di freddo alle estremità e sindrome delle gambe senza riposo. Alcuni sintomi non motori, come il dolore e la depressione, risultano estremamente soggettivi e, soprattutto nei pazienti anziani, si inseriscono in un contesto più complesso di pluripatologie e politerapie che complicano lo stato clinico generale del paziente. Risulta, comunque, sempre più evidente dagli studi recenti riguardanti la percezione dell’impatto sulla qualità della vita del paziente, l’esito negativo dei sintomi non motori sulle attività di vita quotidiana e sul benessere biopsicosociale dell’individuo. Tabella 2 Depressione, apatia, ansia Deficit cognitivi Disturbi neuropsichiatrici Allucinazioni, deliri Demenza Comportamenti ossessivi (di solito indotti dai farmaci), comportamenti ripetitivi Confusione Delirio (che potrebbe essere indotto dai farmaci) Attacchi di panico Sindrome della gambe senza riposo e movimenti periodici delle braccia Disturbi del sonno Disturbi del sonno REM e perdita di atonia muscolare legata al sonno REM Eccessiva sonnolenza diurna Insonnia Alterazioni del respiro durante il sonno Nicturia Sudorazione Disturbi della vescica Ipotensione ortostatica Cadute connesse all’ipotensione ortostatica Disfunzioni sessuali: Ipersessualità (che può essere indotta dall’assunzione di farmaci) impotenza erettile Aumento eccessivo della salivazione Disfagia e soffocamento Disturbi gastrointestinali Reflusso, vomito Nausea Costipazione Incontinenza fecale Disturbi sensoriali Dolore Parestesia Disturbi dell’ olfatto Stanchezza Diplopia Altri disturbi Visione offuscata Seborrea Perdita del peso