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ESSENZIALE è invisibile agli occhi.
Dunque, come rappresentarlo al cinema? E come trasporre un amatissimo capolavoro della letteratura
come “Il Piccolo Principe”, fragile più di un cristallo, senza sciuparlo? Lo ha raccontato ieri a Torino Incontra, nella seconda giornata del festival
del digitale e della computer grafica, il primo
grande ospite della View Conference, Mark
Osborne, candidato all’Oscar nel 2009 per
“Kung Fu Panda”, regista dell’adattamento cinematografico del romanzo di Saint-Exupéry, presentato in anteprima a Cannes, nelle sale italiane dal 1° gennaio 2016 con Lucky Red (la voce
dell’aviatore sarà quella di Toni Servillo). Portare il libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia sullo schermo non è cosa da poco. «Ho sempre pensato che il libro di Saint-Exupery fosse impossibile da trasporre — conferma Osborne — è una lunga poesia. Ed è una storia universale, appartiene
alla vita di ognuno. Chi lo ha letto lo ha amato. È
prezioso e va protetto. Come dice il grande Miya-
zaki: “È un diamante, non lo si può rovinare!”».
Da qui è nata l’idea di modificare la trama e collocarla in una cornice narrativa nella quale la protagonista è una bambina, che nell’opera letteraria non è presente: «Ho voluto creare un’esperienza che fosse simile alla lettura, e ho pensato
di raccontare una storia più ampia, che contenesse quella originale. Per il personaggio della ragazzina mi sono ispirato a mia figlia, Maddie».
Per Osborne gli autori di grandi cartoon sono
al servizio delle emozioni: «I film di animazione
non sono per i bambini, sono per gli esseri umani. Vorrei che la piccola protagonista nel finale
domandasse alla madre: mamma, perché piangi? E che la commozione desse vita a un dialogo
tra le generazioni». C’è un legame affettivo tra il
romanzo di Saint-Exupéry e la famiglia Osborne:
«La mia ragazza del liceo, quando dovetti separarmi da lei per andare al college, mi regalò una
copia del “Piccolo Principe”. Oggi è mia moglie.
Mi ha fatto scoprire che l’essenziale è invisibile
agli occhi». Nella keynote, il regista ha svelato i
segreti della realizzazione della pellicola (una
produzione Onyx Films e Orange Studio): «Mi
avevano chiesto un prodotto tutto in computer
graphic, ma mi è sembrato inadatto allo spirito
poetico del libro. Ho preferito creare un mondo
di carta animato con stop motion, che ritengo
perfetto per ricreare l’atmosfera d’altri tempi e
la magia del racconto». Marc Osborne già sette
anni fa è stato ospite a Torino di View, in occasione dell’uscita di “Kung Fu Panda”. «Sono felice di
essere ritornato in questa bellissima città — dice
— La Conference è un evento di alto livello ma a
misura d’uomo. L’atmosfera è ideale per un confronto informale ma proficuo con altri creativi
dell’arte digitale».
Oggi, nella terza giornata della Conference,
sarà protagonista tra gli altri il production designer di “Hotel Transilvanya 2, Michael Kurinsky
(alle spalle una solida carriera nel dipartimento
animazione della Disney, dove ha lavorato a produzioni come “La bella e la bestia”, “Tarzan”, “Il
gobbo di Notre Dame”), che racconterà come ha
messo a fuoco i personaggi della spassosissima
saga dell’albergatore/vampiro che dopo aver
sbancato i botteghini Usa è ora al primo posto
nella classifica dei più visti anche in Italia. Relatori della giornata anche il regista messicano di
“The Book of Life” — coprodotto da Guillermo
Del Toro — Jorge R. Gutiérrez e il regista di “On
Ice” Shannon Tindle, animatore di “The
Croods”. Gradito ritorno oggi alla View Conference per Glenn Entis, star dell’animazione e pioniere dei videogame, già al vertice della divisione videogiochi di Dreamworks, dove ha lavorato con
Steven Spielberg.
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A DIFFICOLTÀ più grande è stata dare corpo e
consistenza a qualcosa
di inconsistente come uno stato
d’animo umano», racconta Kim
White, light designer dal ‘97 ai
Pixar Animation Studios, direttore della fotografia di “Inside
Out”, che ieri alla View Conference ha raccontato quanto è
stato complicato realizzare il
personaggio principale di Joy:
«È lei stessa una fonte di luce,
qualcosa che non avevamo mai
tentato prima in un film Pixar».
Che genere di sfida è stata?
«Esaltante ma faticosa. Un lavoro di immaginazione pura,
senza termini di comparazione.
La parte più complicata è stata
trovare il giusto grado di lumi-
nosità. D’altronde realizzare un
personaggio fatto solo di luce
per un light designer è a dir poco entusiasmante».
Quanto è difficile per una
donna affermarsi nell’indu-
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stria del cinema?
«Il campo dell’animazione è
un’isola felice, non conta il genere ma il talento e la professionalità. È un ambiente competitivo
ma senza discriminazioni.
Quando sono stata reclutata da
Pixar che fossi uomo o donna
non ha fatto differenza».
Lei era già stata a Viewper
“Toy Story 3”. Cosa pensa
della Conference?
«È una meravigliosa comunità, merito di Maria Elena Gutierrez che è stata capace di crearla.
Dopo “Toy Story” speravo di essere invitata di nuovo. Sono felice di esserci, soprattutto perché View è un’occasione per incontrare artisti del digitale, e
studenti, con i quali confrontarsi e trarre ispirazione. Solo mi
piacerebbe che tra tutti i creativi riuniti qui ci fossero più italiani. So che avete grandi talenti in
DDBS
questo settore». ª3*130%6;*0/& 3*4&37"5"
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