stata,
crediamo, la più bella
campagna della stagione. Non a caso la
più citata, ricordata,
riraccontata: tutto
quello che fa di una
campagna un successo, e senza la debolezza del tormentone che si mangia,
con la coda, la marca.
La campagna Rai «noi
abbiamo altri programmi» ha detto la sua con
intelligenza, garbo e
ironia (e chi ci legge sa
che non ci capita spesso di pensarla così): a
chi andava predicando
che la televisione è
mezzo desueto, a
chi piaceva
additare la
pochezza
della programmazione
pubblica e la
sua confusione
nella competizione privata. Abbiamo sorriso del bus
tuttocompreso, della
beauty farm come un
lager, abbiamo riso col
pupo che sputa in faccia
alla mamma saccente e arrampichina. Forse troppo.
Sull’onda di tanto meritato
successo, ecco il comunicato «collection», con tutti quanti i soggetti in
una striscia per ricordarci l’abbonamento che scade: ma il gioco è d’improvviso incongruo o quanto meno
rischioso, dove le scenette disforiche
sono bizzarramente riferite alla stessa Rai («vi abbiamo fatto divertire…»), e non agli antagonisti cattivi.
A meno che il divertimento rivendicato si riferisca alla mera pubblicità,
ma anche qui lo sforzo non vale, anzi appare altrimenti controproducente.
Le incongruenze sono una leva retorica come un’altra, possono fare
E’
6
GIULIA CERIANI
PER
FILO&
PER
SEGNO
marca, nei suoi tratti profondi che
caso per caso porta a spasso per il
mondo; il problema non è nemmeno
di comunicazione pubblicitaria, della pagina a stampa che quel profumo
blandamente lo annuncia, è di comunicazione tout court. Quelle più
pericolose, anzi pericolosissime, a
seguire. Mc Donald’s, tanto per
dirne una: che mai si potrebbe
rimproverare a quella pagina bianchissima fatta per tranquillizzare le
mamme, per certificare una coscienza sbiancata quanto meno altrettanto, lontana mille miglia
dall’appeal solo
del bene o del male a seconda di dove e perché le si spenda. Per la seconda opzione, ci chiediamo perché
mai una marca che è riuscita a ripensare un prodotto oggi carino come
Stefanel, si avvilisca in comunicazione con la doppia pagina LondonHong Kong: la sbarra, certo, quella
del metrò e quella del pornobar, forse per dire che di seduzione sessuata
si tratta, e pensieri vistosi e aggressivi sotto la minigonna di finta renna
quasi perbene. Capita poi – vedi un
INCONGRUENZE
ché mai, e con quale continuità
tra il meraviglioso odore di inchiostro neroblu
dono di ogni
prima comunione e un
profumo,
foss’anche
straordinario.
Un’extension,
crediamo, dovrebbe avere sempre una ragione
nelle invarianti della
po’ come
vanno le affissioni –
che di mezza pagina si veda solo quella metrò (London), e mai si
capirà che con quella sbarra ben
altro si sarebbe potuto fare,
con quella mini e quella
cintura, con quel faccino lì. Ci sono incongruenze meno e più pericolose.
Quelle poco pericolose, sono
forse meglio assimilabili a inutilità: incongruenza di progetto,
allora, come dire che se non vale la
pena, perché metterci tempo e denaro e energie. Vedi Mont Blanc la
penna, che lancia un profumo: per-
Dall’alto, un frame della
campagna Rai, la doppia
pagina Stefanel, gli annunci
Mont Blanc, McDonald’s e
un frame dello spot Lycia.
trash delle patate rosse di ketchup,
degli hamburger grondanti formaggio strafuso, dei gelati vaporosi di
aria e american style. Che però,
guarda caso, non va. Ma incongruo
non è lo sforzo compiuto per raggiustare le cose, è il modo: che pretende
di parlare a consumatori senza memoria, inopinatamente propensi a disinfettare le proprie magari illegittime voglie. Sic, la pagina bianca ricorda più il vuoto di presenze che il
rigore dei controlli, l’invito è a cercare strade creative meno hard (buone per altri mercati, e altre congiunture) e tornare, massicci e decisi, al
soft che più conviene. Infine, un incongruo grazioso. Utile, inutile, opportuno o meno non sapremmo ora
dire. Ma divertente, secco e veloce.
Abile nello strapazzare un testimonial che potrebbe essere banale come
Banderas, e invece è ripreso sudato,
affannato, umanizzato, macho per
nulla. Eppure capace di lasciare basita la signora sprovveduta che lo
incrocia per caso, sciupata ancorché,
e non pronta all’incontro a dovere.
Lycia, salviettine per ogni evenienza: congrua è la comunciazione che
restituisce un sorriso inatteso, e un
senso preciso, per nulla vistoso.
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