CPO - Centro di Riferimento per l'Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte Prevenzione secondaria in oncologia: sviluppo di modelli organizzativi, innovazione tecnologica e miglioramento della performance Il progetto si propone di sviluppare modelli per predire il rischio individuale di sviluppare un tumore in seguito a interventi di prevenzione secondaria, di definire e valutare metodologie di screening che aumentino il valore predittivo dei test e di individuare modelli di organizzazione e monitoraggio che permettano di ridurre le disomogeneità nell'accesso e migliorare l'efficienza degli interventi di prevenzione secondaria. L'efficacia dei programmi di screening è legata alle modalità di offerta e di accesso ai test, specialmente nel caso di alcuni gruppi sociali e di alcune zone del territorio nazionale. Per eliminare queste disomogeneità è necessario capirne le cause e definire modelli organizzativi in grado di razionalizzare l'offerta e valutare i risultati. Inoltre, per ridurre gli effetti negativi degli screening, è necessario aumentarne il valore predittivo e la sensibilità. Per raggiungere gli obiettivi descritti il progetto prevede otto attività: • la definizione di modelli di predizione del rischio per modulare l'offerta di diagnosi precoce; • l'utilizzo di biomarcatori complementari al test radiologico nello screening per il cancro del polmone; • la valutazione dei determinanti biologici di aggressività nello screening del tumore della prostata; • lo studio della patologia molecolare del carcinoma duttale in situ della mammella diagnosticato allo screening; • il triage con DNA fecale nello screening per il carcinoma del colon-retto; • l'indagine sulle disuguaglianze nell'accesso e partecipazione allo screening; • la valutazione delle modalità di lettura della mammografia; • la realizzazione del Datawarehouse: sistema elettronico di archiviazione di dati individuali per il monitoraggio degli screening oncologici in Italia. I risultati attesi per il progetto comprendono: • la validazione di modelli di rischio individuale per modulare l'offerta di diagnosi precoce alla popolazione; • la definizione di linee guida sperimentali per la determinazione di biomarcatori per aumentare la capacità predittiva dei test di screening; • l'applicazione di nuovi modelli organizzativi per migliorare l'offerta alla popolazione nei diversi contesti socioeconomici e geografici; • la disponibilità di un database che raccolga i dati individuale sugli screening in Italia. Responsabile scientifico del progetto Nereo Segnan Struttura di appartenenza: CPO Piemonte – ASO San Giovanni Battista, Torino Funzione: Direttore SCDO Epidemiologia dei Tumori Indirizzo: Via San Francesco da Paola 31, 10123 Torino (TO) Telefono: 011-6333860 Fax: 011-6333861 e-mail: [email protected] Unità operative • • • • • • • • • CPO Piemonte - ASO San Giovanni Battista, Torino (rappresentante legale: Giuseppe Galanzino) Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio, Roma (rappresentante legale: Claudio Clini) Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Milano 1 (rappresentante legale: Maria Cristina Cantù) Azienda USL di Reggio Emilia (rappresentante legale: Mariella Martini) ISPO, Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze (rappresentante legale: Elena Lacquaniti) Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma (rappresentante legale: Marino Nonis) Istituto Oncologico Veneto, Padova (rappresentante legale: Pier Carlo Muzzio) Università degli Studi di Firenze (rappresentante legale: Augusto Marinelli) Università degli Studi di Milano (rappresentante legale: Enrico Decleva) Durata del progetto 36 mesi Obiettivi Il progetto ha tre obiettivi: 1. sviluppare modelli di predizione di rischio individuale di malattia, in seguito a interventi di prevenzione secondaria e a possibili interazioni con interventi di prevenzione primaria; 2. testare metodiche di screening (in screening nuovi e consolidati) che aumentino il valore predittivo positivo sia dei test sia dell'assessment dei soggetti positivi allo screening e che stimino specificità e sensibilità dei test, anche attraverso l'utilizzo di biomarcatori per alcune neoplasie; 3. sviluppare modelli organizzativi e di monitoraggio per migliorare l'equità dell'accesso, l'informazione e l'efficienza. Motivazioni Finora i modelli di predizione del rischio di cancro hanno analizzato poco gli effetti indotti da interventi di diagnosi precoce e prevenzione primaria1. Per il cancro del polmone e del colon-retto sono in fase di valutazione test di diagnosi precoce rivolti a soggetti in cui il rischio, e di conseguenza il valore predittivo dei test, varia ampiamente. Lo studio dei profili molecolari, in associazione ai risultati dell'imaging radiologico e del modello di rischio individuale, può accrescere le possibilità di predizione del rischio in tumori come quello del polmone2. Negli screening consolidati è necessario accrescere la performance dei test e valutare le possibili innovazioni tecnologiche: in particolare, nello screening per il tumore al seno è necessario approfondire la capacità di predire la progressione della neoplasia in situ al fine di diminuire il rischio di diagnosticare lesioni indolenti, mentre nello screening per il tumore del colon-retto vi è l'esigenza di valutare un test biomolecolare come il DNA fecale per ridurre la proporzione di soggetti che, positivi al test del sangue occulto, necessitano di un esame endoscopico3. Nella diagnosi precoce per il tumore della prostata è invece necessario studiare la biologia delle forme a bassa aggressività al fine di limitare il rischio di sovradiagnosi. L'impatto dei programmi di screening è fortemente condizionato dai modelli organizzativi e in particolare dalle modalità di offerta del test e dalla partecipazione informata, specialmente dei gruppi sociali che hanno meno accesso ai servizi sanitari. Inoltre, sul territorio nazionale si osservano consistenti variazioni nell'offerta e nell'adesione ai programmi di screening. Per superarle si richiedono modelli organizzativi in cui l'equità dell'accesso si coniughi alla razionalizzazione dell'offerta e alla capacità di monitoraggio e valutazione dei risultati. La predizione dei profili di rischio per il cancro del polmone e del colon-retto consentirà di definire o rimodulare i programmi di screening in funzione della modificazione del rischio dovuta a interventi di prevenzione primaria e secondaria. L'incremento del valore predittivo e della sensibilità dei test di screening in fase di valutazione (polmone), o in uso (colon-retto) consentirà di ridurre gli effetti negativi dello screening. Lo studio dei marcatori biologici di progressione del carcinoma duttale in situ della mammella e del carcinoma prostatico consentiranno di ridurre la sovradiagnosi e il sovratrattamento. La definizione di modelli organizzativi, l'identificazione di determinanti di mancanza di equità nell'accesso, l'introduzione per il carcinoma del collo dell'utero di metodiche di prelievo volte a ridurre barriere organizzative e culturali e di metodi standard per la lettura delle mammografie, consentiranno di intervenire su disuguaglianze esistenti nella prevenzione secondaria e di incrementarne l'efficienza. Il monitoraggio e la confluenza dei dati regionali in Datawarehouse sono lo strumento per consentire la valutazione dei programmi di screening in Italia e impostare gli interventi di correzione e di miglioramento della qualità necessari. Bibliografia 1. Barlow WE et al. Prospective breast cancer risk prediction model for women undergoing screening mammography. J Natl Cancer Inst 2006;98(17):1204-14. 2. Field JK et al. The Liverpool Lung Project research protocol. Int J Oncol 2005;27(6):163345. 3. Osborn NK et al. Stool screening for colorectal cancer: molecular approaches. Gastroenterology 2005;128(1):192-206. Problema clinico-assistenziale La predizione del rischio di cancro nel singolo individuo può produrre stime non sufficientemente accurate. Prima dell'introduzione nella pratica di questi test è necessario validare le stime in relazione alla distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione e alla disponibilità di interventi efficaci e in grado di modificare i profili di rischio nella popolazione. L'incremento del valore predittivo dei test di screening – ottenibile con il miglioramento delle performance, il triage dei casi positivi e l'identificazione di biomarcatori di progressione – e lo studio di biomarcatori precoci concorrono a ridurre la proporzione di falsi positivi che si genera nelle varie fasi del processo di screening, limitando anche il trattamento aggressivo di forme indolenti. In sanità pubblica la ricerca sulla partecipazione della popolazione e sugli interventi per superare i problemi di equità di accesso può consentire di migliorare l'offerta alla popolazione. Attività e metodologia Il progetto comprende otto attività: • A. Definizione di modelli di predizione del rischio per modulare l'offerta di diagnosi precoce - Sarà somministrato un questionario a 15.000 soggetti aderenti allo screening del colon-retto e a 5.000 fumatori ed ex fumatori. • B. Utilizzo di biomarcatori complementari al test radiologico nello screening per il cancro • • • • • • del polmone - Sull'escreato e sul plasma di 400 soggetti con noduli calcificati alla TC e 400 soggetti appaiati per età, sesso e pack years sarà analizzato un insieme di biomarcatori per individuare alterazioni genetiche che selezionino soggetti a maggior rischio di carcinoma. C. Valutazione dei determinanti biologici di aggressività nello screening del tumore della prostata - La valutazione sarà condotta tramite lo studio di marcatori prognostici, clinici e molecolari classici, di una traslocazione cromosomica di recente segnalazione (fusione della regione 5' non trascritta, 5'-UTR) del gene TMPRSS2 e dello stato di metilazione di alcuni geni su 250 soggetti con biopsia positiva per cancro della prostata con diversa prognosi e su una serie consecutiva di 100 soggetti con diagnosi positiva. D. Studio della patologia molecolare del carcinoma duttale in situ della mammella diagnosticato allo screening - Saranno studiati 200 casi individuati allo screening per definire le caratteristiche morfologiche, immunofenotipiche e geniche. E. Triage con DNA fecale nello screening per il carcinoma del colon-retto - Su 350 soggetti con test FOBT positivo saranno eseguiti test multitarget per il DNA fecale prima della colonscopia, per misurare la possibilità di ridurre le colonscopie selezionando i portatori di lesioni da trattare (triage). F. Indagine sulle disuguaglianze nell'accesso e partecipazione allo screening - Sarà condotta un'indagine sulle caratteristiche dei programmi di screening organizzato e non, sull'adesione in aree geografiche e nazionalità diverse. Inoltre saranno messi a punto modelli di intervento con operatori sociali (mediatori culturali, esperti di comunicazione) e dell'associazionismo. G. Valutazione delle modalità di lettura della mammografia - Sarà realizzato uno studio randomizzato per confrontare la doppia lettura convenzionale e la lettura singola aiutata da CAD in un programma di screening mammografico con tecnologia digitale diretta. Lo studio coinvolgerà 30.000 soggetti per braccio con 300 casi attesi. H. Datawarehouse: sistema elettronico di archiviazione di dati individuali per il monitoraggio degli screening oncologici in Italia - Saranno definiti i principali indicatori e il record individuale; sarà effettuata una ricognizione dei database regionali e saranno progettati il database nazionale (datawarehouse) e il protocollo per il trasferimento dei dati da ciascuna Regione. Risultati attesi • • • • Attività A: validazione del questionario e del modello di rischio che saranno utilizzabili per la stima dell'interazione tra prevenzione primaria e screening; attività B, C, D, E: • definizione di linee guida sperimentali per la determinazione di biomarcatori volti ad aumentare il valore predittivo dei test e la discriminazione delle lesioni biologicamente aggressive da quelle indolenti; • definizione di procedure di laboratorio per il prelievo, lo stoccaggio e l'uso dei kit; attività F, G: definizione di modelli organizzativi ed elaborazione di linee guida per l'integrazione delle attività di screening spontaneo e organizzato, per facilitare l'accesso di sottogruppi di popolazione; attività H (realizzata d'intesa con l'Osservatorio Nazionale Screening): • definizione di un archivio di dati individuali sullo screening in Italia, collegato al sistema informativo sanitario; • definizione di protocolli di comunicazione con gli archivi regionali; • definizione di procedure di analisi standardizzata e di realizzazione della documentazione; • • disegno del monitoraggio periodico degli indicatori fondamentali sull'implementazione e la qualità degli screening; disegno delle procedure di interrogazione da parte delle Regioni e di feedback. Trasferibilità dei risultati La validazione di modelli di rischio individuale potrà permetterne l'utilizzo su vasta scala modulando l'offerta di diagnosi precoce alla popolazione, mentre l'adozione di linee guida sperimentali per la determinazione di biomarcatori favorirà non solo una maggiore efficacia, ma anche una maggiore omogeneità dei risultati e dell'appropriatezza su tutto il territorio nazionale. L'applicazione di nuovi modelli organizzativi permetterà di migliorare e rendere più capillare l'offerta alla popolazione in funzione di diversi contesti socioeconomici e geografici, mentre la disponibilità di una banca dati individuale permetterà di monitorare tempestivamente il livello di qualità dei programmi di screening organizzato.