JPH - Year 7, Volume 6, Number 1, Suppl. 1, 2009
ITALIAN
JOURNAL
OF
PUBLIC
HEALTH
Il bisogno di cura nel carcinoma mammario: epidemiologia, diagnosi,
stadiazione e screening
Giacomina Chiaradia1, Federica Basso2, Chiara de Waure1, Giuseppe La Torre1
1
Public Health HTA Unit, Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 2Direzione HTA & CS,
GlaxoSmithKline S.p.A., Verona
Il contesto attuale: dati epidemiologici e
screening
Il carcinoma mammario riveste un ruolo di
rilevanza tra le diagnosi nella popolazione
femminile, in quanto è la prima neoplasia in
particolare nelle donne sotto i 45 anni, con una
frequenza ancora più elevata nelle donne fino a 65
anni (Tabella 1) [1].
Considerando la fascia di età 0-84 anni, i dati
stimati nel Reparto Epidemiologia dei Tumori del
Centro Nazionale di Epidemiologia Sorveglianza e
Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di
Sanità, riportano, nel 2008, circa 38000 casi
incidenti, mentre si registrano circa 8000 casi di
decessi per tale patologia [1,2]. La probabilità di
sviluppare un tumore della mammella da 0 a 84
anni è pari a circa l’11% mentre la probabilità di
morire per tale tipo di patologia è del 3,2% [1]
(Tabella 2).
Analizzando i trend temporali dell’incidenza
rilevati dal registro tumori in Italia (registro
AIRTUM) [3], si evidenzia come, a partire dalla
fine degli anni 80, i casi di diagnosi per tumore al
seno siano aumentati di circa il 20% mentre, al
contrario, la mortalità sia diminuita (Figura 1).
L’aumento dell’incidenza e la riduzione della
mortalità possono essere spiegati sia con
l’aumentata attività di diagnosi precoce tramite lo
screening mammografico, sia con una maggior
consapevolezza dei fattori di rischio; entrambi gli
aspetti sono alla base di una stadiazione precoce
della patologia con conseguente applicazione
tempestiva dei protocolli terapeutici. Non è
trascurabile, tuttavia, anche l’impatto dei
miglioramenti terapeutici che, per il tumore della
mammella, sono risultati più significativi rispetto a
tutti gli altri tumori solidi. I tassi di incidenza nelle
diverse regioni italiane risultano essere
abbastanza omogenei anche se rimangono
generalmente più bassi nel Sud Italia,
probabilmente a causa di una diversa diffusione
dei programmi di screening. Tali differenze
emergono sia dai dati regionali stimati dal Reparto
Epidemiologia dei Tumori del Centro Nazionale di
Epidemiologia Sorveglianza e Promozione della
Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, sia dallo
studio di Baili et al [4], come mostrato dai grafici
della Figura 2.
Le differenze nei tassi d’incidenza del tumore
alla mammella registrati nelle macro-aree italiane
sono comuni a tutte le fasce d’età. Nel 2005, il
tasso di incidenza standardizzato nella classe d’età
0-54 è risultato pari a circa 60 casi per 100.000
donne nelle regioni del Nord e a circa 40 casi per
Tabella 1. Incidenza proporzionale del tumore della mammella nella popolazione femminile stratificata per età [1].
Tabella 2. Tumore della mammella (ICD-9 174): Numero di nuovi casi, tasso grezzo di incidenza, prevalenza, mortalità per 100.000,
tasso standardizzato (standard europeo) per 100.000. Età: 0-84. Anno 2008 [2].
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 1, Suppl. 1, 2009
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Figura 1. Trend temporale di incidenza e mortalità del tumore della mammella
nell’area del registro tumori [3].
HEALTH
età 50-69 anni è stata inserita in
un programma di screening con
un sensibile aumento rispetto
all’anno precedente (76,4% nel
2005). Tutte le regioni del Nord e
del Centro sono risultate coperte
per oltre il 90% dai programmi di
screening organizzati [6]. Le
donne introdotte nei piani di
screening sono passate dal 46% al
92% nel Nord Italia, dal 58% al
98% nel Centro Italia e dal 6% al
40% nel Sud Italia nell’arco di
tempo
tra il 2000 e il 2006. Il 2006
Figura 2. Tassi standardizzati di incidenza (a sinistra) e mortalità (a destra) per 100.000
ha
visto
l’espansione dei
donne nella popolazione italiana (0-84 anni) differenziati per macro-aree [4].
programmi di screening per la
prima volta anche in Calabria e
Sardegna, con l’unica eccezione
della Puglia che ha però iniziato la
sua attività nel 2007.
Per quanto riguarda l’adesione
ai programmi di screening, ossia il
numero di donne che hanno
effettuato una mammografia di
screening (entro 6 mesi dalla data
di invito) sul totale di donne
invitate, i dati dello studio PASSI
[7] e dell’indagine multiscopo
ISTAT [8] hanno evidenziato che
una percentuale tra il 71% e il 75% delle donne tra
100.000 donne nel Centro-Sud. Nella fascia di età
50 e 69 anni ha fatto ricorso alla mammografia
successiva (55-74), il tasso di incidenza è stato pari
almeno una volta nella propria vita. L'incremento
a circa 300 casi per 100.000 nelle regioni del
nel ricorso alla mammografia è risultato
Centro-Nord rispetto a circa 200 nuovi casi per
significativo in tutte le regioni, ciononostante la
100.000 nel Sud. Infine, nella popolazione di età
variabilità tra Nord e Sud permane: nel Nord Est, la
compresa tra 75 e 84 anni, si sono registrati 450
percentuale di ricorso alla mammografia è stata
nuovi casi per 100.000 nel Nord contro circa 300
dell’85,7% contro il poco più del 50% registrato
nuovi casi per 100.000 nel Centro-Sud [4]. Come
nel Sud e nelle Isole [8]. La periodicità biennale
già descritto le differenze regionali potrebbero in
dello screening viene però rispettata da una
parte essere attribuite alla diversa diffusione dei
percentuale di donne pari a circa il 50-60% [7, 8].
programmi di screening che interessano la
popolazione femminile di età compresa tra i 50 e
Come viene diagnosticata la patologia
i 69 anni in conformità con le linee guida europee
I medici diagnosticano e classificano il tumore
sulla qualità dello screening e nella diagnosi della
al seno in base agli stadi (da 0 a IV). Per
Commissione Europea [5].
determinare lo stadio del tumore al seno,
In base ai dati del Sesto Rapporto
l'oncologo prende in considerazione tre
dell’Osservatorio Nazionale Screening [6], infatti,
importanti fattori: le dimensioni del tumore, la
si evidenzia un forte squilibrio di offerta fra il
presenza di interessamento linfonodale e la
Centro-Nord e il Sud dell’Italia dove solo il 46%
presenza di eventuali metastasi a distanza.
(dato aggiornato al 2006) delle donne risiede in
L’Associazione Italiana Medici Oncologi (AIOM)
aree per cui è stato previsto un programma di
ha pubblicato delle linee guida per assicurare la
screening organizzato. Tuttavia, nel corso degli
qualità della diagnosi del tumore al seno [9]. La
anni, si è assistito all’aumento dell’estensione dei
mammografia e l’ecografia, da soli o in
programmi di screening mammografici, intesa
combinazione, sono i primi strumenti di indagine
come numero di donne appartenenti alla
per il tumore al seno. L’uso della mammografia
popolazione target raggiunte dall’invito. Nel 2006,
prima dei 35 anni è limitata nella qualità
infatti, il 78,2% delle donne italiane nella fascia di
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 1, Suppl. 1, 2009
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dell’immagine e nella sicurezza del risultato, ed è
consigliata solo in particolari circostanze come
nel caso di un forte sospetto di tumore maligno;
per questa fascia di età è quindi consigliato l’uso
dell’ecografia. Altro strumento d’analisi è la
risonanza magnetica che ha un’elevata risoluzione
ed è adatta alle donne giovani e ai soggetti con
protesi mammaria, ma non è considerata come
primo strumento di diagnosi. Associata a queste
tecniche c’è la biopsia, ossia il prelievo di un
frammento di tessuto che viene poi analizzato
istologicamente per la diagnosi patologica
definitiva [9].
La diagnosi patologica finale dovrebbe essere
fatta in accordo con la classificazione
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della
classificazione degli stadi TNM; ad essa devono
essere affiancate valutazioni di parametri
biologici.
Di seguito si riporta la stadiazione del tumore
della mammella, in accordo alla versione italiana
della VI edizione dell’UICC - Unione
Internazionale Contro il Cancro - e dell’AJCC Cancer Staging Manual [10, 11].
Stadio 0: carcinoma in situ che non ha invaso né
i linfonodi, né gli organi a distanza.
Stadio I: il tumore ha una dimensione di 2 cm o
inferiore e non si è esteso ai linfonodi, né ha dato
origine a metastasi.
Stadio IIA: comprende i tumori inferiori a 2 cm
che hanno dato metastasi in 1-3 linfonodi ascellari
e/o mammari interni e i tumori tra 2-5 cm di
diametro che non hanno invaso i linfonodi. In tutti
i casi non ci sono metastasi.
Stadio IIB: comprende i tumori tra 2 e 5 cm di
diametro che hanno dato metastasi in 1-3
linfonodi ascellari e/o mammari interni e i tumori
di dimensione superiore ai 5 cm che non si sono
estesi alla parete toracica o alla cute e ai linfonodi.
Stadio IIIA: comprende i tumori più piccoli di 5
cm di diametro che hanno dato metastasi in 4-9
linfonodi ascellari o mammari interni e i tumori di
diametro superiore a 5 cm con metastasi in fino a
9 linfonodi ascellari o mammari interni. Non sono
presenti metastasi a distanza.
Stadio IIIB: il tumore, di qualsiasi dimensione, si
è esteso alla parete toracica o alla cute e può aver
dato metastasi ai linfonodi ascellari o mammari
interni. Non ci sono metastasi a distanza.
Stadio IIIC: il tumore, di qualsiasi grandezza, ha
dato metastasi in 10 o più linfonodi ascellari; o in
linfonodi infraclavicolari; o metastasi clinicamente
apparenti in linfonodi mammari interni in
presenza di almeno 1 linfonodo ascellare positivo;
o in più di 3 linfonodi ascellari con metastasi
microscopicamente accertate, ma clinicamente
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negative, in linfonodi mammari interni; o in
linfonodi sovraclavicolari. Il cancro al seno
infiammatorio è classificato come stadio III, a
meno che non presenti metastasi, per cui debba
essere classificato di stadio IV.
Stadio IV: cancro che ha dato metastasi a
distanza, a prescindere dalla grandezza e dal
coinvolgimento linfonodale.
Per ciò che riguarda la distribuzione per stadio
alla diagnosi, a livello mondiale il 61% dei tumori
viene diagnosticato in fase di diffusione locale, il
31% in fase di diffusione ai linfonodi e il 6% in fase
metastatica. I relativi tassi di sopravvivenza a 5
anni sono stimati pari al 98,1%, all’ 83,3% e al
27,1% rispettivamente [12].
I dati italiani mostrano un progressivo declino
dei tumori diagnosticati in fase già metastatica,
declino che sembra contestuale alla diffusione
delle attività di screening. Il registro tumori di
Modena riporta una riduzione dal 7,2% al 3,8% dei
tumori diagnosticati in fase metastatica dal 1992-3
al 2002 [13]. Anche nel registro tumori di Ragusa
la percentuale di tumori metastatici alla diagnosi
si è ridotta dal 6% al 4% dal 1990-2 al 2001-2 [14].
Tali evidenze, anche se limitate e non
rappresentative dell’intera realtà nazionale,
suggeriscono quindi che i tumori metastatici alla
diagnosi siano lievemente meno numerosi in Italia
rispetto a quanto riscontrato a livello mondiale.
Fattori prognostici e predittivi
Esistono fattori validati che si sono dimostrati
importanti dal punto di vista prognostico ed utili
nella scelta del tipo di trattamento quali [9, 15]:
• dimensioni del tumore,
• stato dei linfonodi ascellari,
• grado istologico, tipo istologico (istologie a
prognosi favorevole: tubulare, mucinoso e
papillare),
• età della paziente (< 35 anni: prognosi
peggiore),
• markers della proliferazione
• markers biologici e genetici che, accanto ad un
ruolo prognostico, ne hanno uno predittivo
I markers biologici, ossia i recettori per gli
estrogeni, per il progesterone e per il fattore di
crescita epidermico (HER2), l’attivatore del
plasminogeno di tipo urochinasico (uPA) e
l’inibitore dell’attivazione del plasminogeno
(PAI) hanno un ruolo chiave nella definizione
delle caratteristiche del tumore [15]. Questi
marcatori consentono di caratterizzare la
biologia della cellula, il livello di aggressività del
tumore e di definire anche la possibilità di
impiegare determinate terapie. Il marcatore
biologico infatti può essere uno dei bersagli della
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 1, Suppl. 1, 2009
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terapia farmacologica [9].
• Recettori ormonali ER e PgR: rappresentano un
fattore prognostico favorevole e sono anche
correlati con la risposta al trattamento ormonale
che ha una utilità inequivocabile nella terapia
adiuvante. Il ruolo dei recettori ormonali è
talmente cruciale che oggi non è più accettabile,
anche nella malattia avanzata, che l’espressione
di ER e PgR non venga determinata e riportata
in maniera quantitativamente standardizzata (%
di cellule interessate) [9].
• Sovraespressione di HER-2: è riconosciuta come
un fattore prognostico sfavorevole, ma è un
fattore predittivo di risposta all’anticorpo
monoclonale trastuzumab e, verosimilmente, di
resistenza al tamoxifene [9].
• Altri fattori (indici di proliferazione, invasione
vascolare e/o linfatica, p53, catepsina D,
uPA/PAI-1, ciclina E): anche se estesamente
studiati dal punto di vista biologico e clinico,
non sono ancora stati validati o, come nel caso
di uPA/PAI-1, pur avendo raggiunto un livello di
evidenza 1, non sono utilizzati nella pratica
clinica per la necessità di disporre di una
discreta quantità di tessuto tumorale congelato
e per i risultati subottimali in termini di
sopravvivenza libera da malattia ottenuti ad un
follow up di 10 anni nelle pazienti con bassi
livelli [9]. Tuttavia l’indice di proliferazione
espresso da Ki-67 ha un ruolo nella definizione
del rischio di recidiva.
Il carcinoma mammario ER/ PR positivo
Il recettore per gli estrogeni (ER) è espresso nei
due terzi delle donne sotto i 50 anni e in circa
l’80% nelle donne sopra i 50 anni e ha forti
implicazioni nella scelta terapeutica [16]. I tumori
al seno che presentano la positività sia per il
recettore degli estrogeni che del progesterone
(ER+ e/o PR+) hanno una prognosi migliore in
confronto con i tumori ER- e/o PR- [17].
Attualmente sono conosciuti solo due sottotipi
del recettore ER: ERα e ERβ che mediano le azioni
degli estrogeni. Entrambi i recettori legano allo
stesso sito l’estradiolo ma differiscono nell’affinità
con la quale si legano ad altri ligandi e nella
risposta che producono successivamente [18].
ERα è espresso nel 70% dei tumori al seno, ma la
sua espressione non è l’unico fattore
determinante nella risposta terapeutica visto che
un terzo delle donne ER+ non rispondono alla
terapia ormonale [19].
Il recettore per il progesterone (PR) regola
l’attività degli estrogeni e la sua espressione è
indicativa di miglior funzionamento del recettore
estrogenico [20]; ci sono alcune evidenze, infatti,
8
OF
PUBLIC
HEALTH
che suggeriscono che le pazienti PR+ rispondono
meglio al tamoxifene sia nella malattia metastatica
sia in terapia adiuvante. Il PR dovrebbe essere
ricercato anche nei casi ER-, per i possibili falsi
negativi, anche se il valore predittivo di PR+ in
assenza di ER è controverso [21].
Il carcinoma mammario HER2 positivo e rischio di
metastasi
Il 20%-30% di tutti i tumori mammari
iperesprimono la proteina HER2, recettore di
membrana per il fattore di crescita epidermico
(EGF) [22-25]. La determinazione dello stato
HER2+ può avvenire attraverso 2 metodi approvati
dalla Food and Drug Administration (FDA): per via
immunoistochimica (IHC), individuando la
sovraespressione della proteina codificata dal gene
corrispondente (ErbB2) oppure tramite l’analisi di
immunofluorescenza in situ (FISH) [26-28].
L’immunoistochimica
identifica
la
sovraespressione della proteina HER2 sulla
membrana cellulare; i risultati sono espressi
mediante un punteggio semiquantitativo che va da
0+ (espressione normale) a 3+ (sovraespressione):
questo metodo, seppur economicamente
conveniente e facilmente accessibile, ha il
problema di non essere totalmente affidabile,
soprattutto in caso di risultato intermedio (2+) in
quanto piuttosto soggettivo [29]. Il metodo FISH
valuta l’amplificazione del gene ErbB2, risultando
molto più sensibile e specifico dell’IHC [26]. Per
contro, la FISH offre, invece, risultati quantitativi
sul numero di copie di geni ma non il reale valore
della sovraespressione sulla membrana cellulare.
Nonostante i due metodi non siano concordanti al
100%, si ritiene che le pazienti con un espressione
3+ all’indagine immunoistochimica così come i
soggetti FISH+ abbiano tempi di progressione e
tassi
di
sopravvivenza
paragonabili,
indipendentemente rispettivamente dal risultato
della FISH e dell’esame immunoistochimico [30].
Le linee guida ad oggi pubblicate non identificano
uno dei due esami come il gold standard [30].
Donne con diagnosi di cancro della mammella
che iperesprimono HER2 risultano maggiormente
a rischio di progressione e decesso rispetto alle
pazienti con tumori che non iperesprimono
questa proteina [24].
I tumori HER2 positivi tendono a presentarsi in
stadio più avanzato fin dalla diagnosi: le linee guida
del NICE, riguardo al trattamento del tumore alla
mammella con trastuzumab [23], documentano
una percentuale del 14% di tumori metastatici alla
diagnosi, mentre dal database SEER*Stat e dalla
letteratura internazionale è emerso un valore del
6% [12,31,32]. Dati discordanti sono disponibili
CAPITOLO 1
JPH - Year 7, Volume 6, Number 1, Suppl. 1, 2009
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per la valutazione delle donne con diagnosi iniziale
in stadio precoce ma destinate poi a sviluppare
metastasi negli anni successivi: il Single Technology
Appraisal [33] su lapatinib, pubblicato dal NICE a
febbraio 2007, riporta che il 40-50% delle pazienti
HER2+ diagnosticate con cancro al seno in stadio
precoce è destinata a sviluppare metastasi in
futuro, contro un valore del 30% riportato da due
review condotte da Mollick e Paul [31, 34].
Le metastasi del cancro al seno possono
localizzarsi praticamente in qualunque distretto
corporeo, ma le sedi più comuni sono fegato,
polmone, osso, cute e cervello.
• Le metastasi alle ossa interessano circa il 70% dei
pazienti con cancro mammario metastatico e
possono localizzarsi in tutta la struttura
scheletrica [35].
• Le metastasi al cervello sono presenti nel 15-20%
dei casi dei tumori mammari metastatici; la
percentuale è maggiore (25-48%) se si
considerano solo le pazienti che iperesprimono
HER2. La sopravvivenza mediana nei casi di
metastasi cerebrale è di 4 settimane se il tumore
non è trattabile e di 4-6 mesi se il paziente
risponde ai trattamenti [36-40].
Circa le percentuali di fallimento dopo terapia in
prima linea delle pazienti con tumore mammario
metastatico HER2+, lo studio di Montemurro et al.,
recentemente aggiornato [22], ha stimato che la
percentuale di donne candidate alla seconda linea
dopo fallimento potrebbe essere di circa l’84%.
Pazienti con tumore al seno HER2+ in Italia.
I dati di letteratura relativi all’epidemiologia del
tumore al seno metastatico HER2+ sono stati
utilizzati per effettuare una stima del numero di
possibili pazienti candidate al trattamento
chemioterapico con lapatinib in Italia.
OF
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HEALTH
Nel 2008, l’incidenza del tumore della mammella
è stata stimata pari a 134 casi su 100.000 donne [2],
mentre la popolazione residente femminile italiana,
nella fascia di età 0-84 anni è stata di 29.659.578
[41] secondo le previsioni ISTAT. Ne consegue che
i casi incidenti di tumore al seno nel 2009 sono
stimati pari a 39.744.
Dato che secondo diverse fonti bibliografiche
[21-24] i tumori al seno HER2+ sono tra il 20% e il
30% del numero totale di tumori diagnosticati
(39.744), le pazienti che presentano una diagnosi di
tumore HER2+ potrebbero essere comprese tra
7.949 e 11.923 nell’anno. Analizzando i dati dello
screening in Italia e considerando la non eccellente
adesione da parte della popolazione femminile si è
scelto di prendere in considerazione la stima più
bassa del 20%, per cui le pazienti con diagnosi di
tumore HER2+ sarebbero 7.949. Visto la mancanza
di dati certi sulla percentuale di donne HER2+ che
presentano già alla diagnosi metastasi a distanza e la
difficoltà di individuare tra le pazienti con diagnosi
iniziale precoce quelle HER2+, nel contesto
italiano, abbiamo deciso di rapportare i dati in
letteratura sul tumore al seno al contesto in studio.
Tra le pazienti individuate con sovraespressione
HER2+, circa il 6% (477) [31,32] presenterebbe già
metastasi alla prima diagnosi. I dati di letteratura
[31, 34], seppure disomogenei, riportano una
percentuale del 30% di donne che con diagnosi in
stadi precoci di tumore mammario sviluppano
nell’anno successivo metastasi, per cui, in relazione
alla popolazione in esame, 2.242 pazienti
potrebbero sviluppare una recidiva nell’anno.
Pertanto, il numero totale di pazienti con tumore
HER2+ metastatizzato si attesterebbe, nell’anno
2009, a circa 2.719 soggetti: ipotizzando che il 95%
riceva una prima linea di trattamento (2.583) e che
circa l’84% vada comunque incontro a
progressione [22], si stima che il numero di pazienti
eleggibili al trattamento di seconda linea e
successivi possa essere intorno a 2.172 (Tabella 3).
Tabella 3 . Previsione del numero di pazienti con tumore HER2+ metastatici nell’anno 2009.
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JPH - Year 7, Volume 6, Number 1, Suppl. 1, 2009
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CAPITOLO 1
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Il bisogno di cura nel carcinoma mammario