ANNO LXII N.25 Il M5S alza il tiro sul Colle e chiede lʼimpeachment Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Torna di moda lʼaccusa di fascismo ma i missini avevano un altro stile Francesco Severini I blitz dei deputati Cinquestelle si diffondono quasi in modo virale in tutti i luoghi della Camera. Sono ovunque e ovunque creano provocazioni e incidenti. Incidenti del tutto insoliti a Montecitorio dove gli episodi di forte contestazione (a volte anche sopra le righe) sono quasi sempre avvenuti in aula, durante il dibattito. Oggi lo scenario a Montecitorio è quello di un Palazzo sotto assedio. La presidente Boldrini è blindata nei suoi uffici, tengono banco gli insulti sessisti di Massimo De Rosa (querelato dalle deputate del Pd), il quale ha rincarato la dose sostenendo che lui si rivolgeva a tutte le elette, non solo a quelle dei Democratici. La richiesta di impeachment contro Napolitano da parte dei grillini ha agitato ancor di più le acque della politica (oggi arriverà Beppe Grillo, per una riu- d’Italia WWW.SECOLODITALIA.IT nione con i parlamentari Cinquestelle). E infine cʼè stato il battibecco in sala stampa tra il capogruppo del Pd Roberto Speranza e il grillino Alessandro Di Battista, che con altri colleghi del suo gruppo ha fatto muro davanti ai microfoni impe- dendo a Speranza di fare la sua dichiarazione alle tv. Immancabile lʼappellativo di “fascista” rivolto da Speranza al collega grillino. Unʼaccusa ribadita dalla stessa presidente Boldrini qualche minuto dopo: ”È intollerabile ed evoca tristi memorie” venerdì 31/1/2014 che i deputati di M5S “abbiamo impedito ad altri deputati di essere intervistati, e dunque ai giornalisti di esercitare alla Camera il diritto-dovere di informare”. Anche la deputata del Pd Monica Gregori ha parlato di ritorno alla Camera dei fasci e delle corporazioni condannando la violenza verbale e fisica dei deputati grillini. Il termine “fascista” è stato oggetto di veri e propri abusi: contro Laura Boldrini, per lʼutilizzo mai avvenuto prima della “ghigliottina” per far passare il decreto Imu-Bankitalia, contro i grillini da parte del Pd. Ma in tutto questo svolazzare di insulti e di esorcizzanti richiami al fascismo si dimentica che gli eredi dichiarati della Rsi, cioè i missini, in Parlamento non hanno mai orchestrato gazzarre di queste dimensioni. Risse, schiaffi e spintoni sono stati, semmai, un connotato della seconda Repubblica. Nella prima, alla Camera i dibattiti erano accesi e non mancavano gli scambi dʼaccuse, ma i missini, Almirante in testa, si facevano notare per lʼars oratoria e non per la foga manesca (che coinvolge anche un questore che prende a sberle una deputata del M5S). Le deputate del Pd offese da De Rosa, ma non difesero la Carfagna Luca Maurelli «Io non sono moralista! Non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi, ma tu non puoi mettere alle pari opportunità una [Mara Carfagna] che sta là perché tʼha succ…. ato lʼuccello! Se ne deve andare! Non la puoi mettere da nessuna parte ma in particolare non la puoi mettere alle pari opportunità. Perché questo è uno sfregio». Per quelle parole, pronunciate sul palco di piazza Navona lʼ8 luglio del 2008, in occasione del No Cav day, Sabina Guzzanti fu condannata al risarcimento di 40mila euro allʼattuale esponente di Forza Italia. Il tutto si consumò sotto un palco che pullulava di donne del Pd, nellʼilarità generale della sinistra, tra pacche sulle spalle e strizzate complici di chi – maschietti e femminucce – pensava di aver colpito nel segno, perché giravano alcune intercettazioni segrete… Ma soprattutto lʼoffesa a Mara Carfagna si consumò nel silenzio delle donne del Pd, delle varie associazioni di neofemministe di “se non ora quando”, delle paladine della dignità femminile come la Bongiorno, la Bonino, la Bindi, oltre che nel silenzio delle istituzioni, che neanche presero in considerazione lʼidea di difendere pubblicamente un ministro della Repubblica, artefice peraltro dellʼunica legge sullo stalking mai prodotta in Italia contro le violenze e le molestie di genere. Quella sentenza non solo stabilì che dare della donna di facili co- stumi a una parlamentare, senza prove, era un reato, ma anche che di quelle famose intercettazioni che avrebbero svelato la relazione sessuale, su cui la Guzzanti aveva costruito il suo monologo da caserma,in realtà non ci fosse alcuna traccia. Oggi si rivive lo stesso copione, ma a parti invertite. E al posto della Guzzanti, non sul palco, ma in Parlamento, cʼè un deputato dei Cinque Stelle, tal Massimo De Rosa, che durante una seduta burrascosa in commissione Giustizia si sarebbe rivolto alle parlamentari Democratiche così: «Siete arrivate qui solo perché sapete fare bene i pom…». E non parliamo di pomodori. Le donne del Pd, capitanate da Alessandra Moretti, si sono ov- viamente ribellate, annunciando querela: «Ha offeso la dignità delle donne del Pd e delle donne italiane», sottolinea la responsabile Giustizia dei Democratici Alessia Morani. Nella denuncia De Rosa viene descritto, al momento dellʼinsulto, come molto agitato, con un casco in mano. E vengono chiamati come testimoni, oltre che alcuni colleghi maschi del Pd, anche due deputati della Lega. Peccato che ad assistere alla scena non ci fosse la Carfagna, magari avrebbe deciso di testimoniare, di sostenere la causa delle donne del Pd, di scandalizzarsi con loro. Se le donne del Pd decidessero di chiederle scusa per quei silenzi, non sarebbe troppo tardi. È il caso di dire: se non ora, quando? I Cinquestelle presentano l'impeachment e scatenano la guerriglia a Montecitorio 2 Annamaria Gravino Attacco al Colle e guerriglia a Montecitorio. I grillini, all'indomani della bagarre alla Camera per l'approvazione del decreto Imu-Bankitalia, contro cui hanno annunciato ricorso alla Corte Costituzionale, ieri hanno puntato all'esasperazione dell'offensiva contro le istituzioni, da un lato presentando formalmente l'impeachment nei confronti di Giorgio Napolitano e dall'altro mettendo in campo provocazioni in ogni luogo accessibile della Camera, tanto che a un certo punto Laura Boldrini ha fatto sbarrare gli uffici della presidenza. «Siete dei guerrieri meravigliosi», ha scritto Beppe Grillo sul suo blog annunciando che oggi sarà a Roma per incontrare i suoi parlamentari. Ma non è stato solo un giorno di "gloria" per i grillini. A Palazzo Madama, dove i sena- Secolo VENERDì 31 GENNAIO 2014 d’Italia tori Cinquestelle hanno deciso di disertare i lavori dell'aula impegnata sulla Delega fiscale, si è svolta un'accesa riunione in cui una parte del gruppo ha lamentato di non essere stata informata sul documento per l'impeachment. Il testo indica per Napolitano il reato di «attentato alla Costituzione», motivandolo con le più disparate ragioni: dal «mancato rinvio alle Camere di leggi incostituzionali» all'«abuso del potere di grazia», fino alla «grave interferenza nei procedimenti giudiziari relativi alla trattativa Stato-mafia», per un totale di sei capi d'accusa. «Faccia il suo corso», è stata la risposta di Napolitano ai cronisti che gli chiedevano un commento. Intanto, a Montecitorio, la commissione Giustizia veniva occupata, la commissione Affari costituzionali diventava teatro di una nuova sfiorata rissa, il deputato Felice De Rosa rivolgeva insulti a sfondo sessuale alle deputate del Pd, accusandole di essere state elette per meriti non propriamente politici. Più tardi in sala stampa si consumava un altro diverbio, anche quello finito quasi alle mani, tra Alessandro Di Battista e il capogruppo Pd Roberto Speranza, al quale il grillino aveva impedito di rilasciare un'intervista. E la giornata è andata avanti più o meno così, con azioni di "guerriglia" che in serata sono culminate nel tentativo di far mettere all'indice della Camera il giornalista di un quotidiano che era intervenuto durante la conferenza stampa convocata per dire «via i picchiatori dal Parlamento», come si leggeva sui cartelli esibiti con una foto dello scontro di ieri tra la Cinquestelle Loredana Lupo e il deputato Questore Stefano Dambruoso. presenteranno invece emendamenti al testo per modificare le liste bloccate, le soglie di sbarramento per i partiti minori e le norme sulla rappresentanza di genere. Sulla stessa linea, Pippo Civati. «A Renzi ho detto che questa legge è vomitevole. Ma in aula voterò quello che ha deciso la direzione del mio partito». Il deputato del Pd spiega che voterà contro le pregiudiziali, attenendosi alla linea del partito. E per la stessa ragione non presenterà suoi emendamenti. «Per quanto riguarda le dinamiche dell'Aula, Forza Italia e Pd hanno i numeri per votare utilmente la legge; certo, se ci dovessero essere voti segreti, la palla passerebbe dall'accordo Berlusconi-Renzi al senso di responsabilità dei singoli parlamentari. E ciascuno dovrebbe decidere, in ordine non sparso, ascoltando la propria coscienza, tenendo conto delle valutazioni del partito, e, soprattutto, assecondando le legittime aspettative dei cittadini» avverte, il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, presidente della I Commissione e relatore della legge elettorale. Oggi la prima prova del fuoco. Sull'Italicum (alla prova del primo voto segreto) lo spettro dei franchi tiratori Redazione È il giorno del primo grande scoglio per la legge elettorale. Nell'aula di Montecitorio si discuteranno quattro pregiudiziali di costituzionalità e una di merito depositate da Sel, Pi, Fdi e M5s. Il Movimento di Grillo ha presentato anche la pregiudiziale per motivi di merito. «Nessun timore» che il voto segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità affossi la legge elettorale sul nascere, assicura Maria Elena Boschi, responsabile Riforme del Pd, a chi la interpella in Transatlantico alla Camera. «Certo, posso garantire per il Pd, non per gli altri partiti», aggiunge. Ancora più convinto il collega di partito Alfredo D'Attorre, dell'ala bersaniana, la più critica con Renzi: «Il Pd voterà compatto per bocciarle. Il testo base è migliorabile e faremo di tutto per migliorarlo, ma non possiamo affossare il percorso avviato». La battaglia per modificare l'Italicum verrà condotta dalla minoranza Pd «a viso aperto», ribadisce D'Attorre assicurando dunque che non ci saranno "imboscate" attraverso il voto segreto. I deputati dem della minoranza Bruxelles detta le norme antispeculazione Ma il via libera arriverà soltanto nel 2017 Secolo VENERDì 31 GENNAIO 2014 Redazione Mai più banche troppo grandi per fallire, troppo costose da salvare o troppo complesse da risolvere: la Commissione Ue mette a punto l'ultima arma nella lotta alla finanza speculativa che metterà un freno alle attività di rischio dei grandi istituti di credito che non saranno più liberi di fare profitti solo per il proprio tornaconto e con i soldi dei risparmiatori. "Agiremo sulla struttura produttiva di queste grandi banche, per riportarle a delle dimensioni che non mettano in pericolo il sistema finanziario", ha detto il commissario ai servizi finanziari Michel Barnier, lanciando la sua ultima proposta per proteggere i risparmiatori. Un'arma spuntata per alcuni, visto che su pressione di Germania e Francia Barnier ha dovuto rinunciare all'obbligo per tutti gli istituti di separare le attività. "Non è normale che alcune banche, mentre beneficiano di garanzie pubbliche, continuino ad esercitare attività a rischio sui mercati che sono molto d’Italia proficue ma non producono alcun vantaggio per clienti", ha spiegato Barnier, paladino della lotta alla finanza ad alto rischio ma con un'ambizione, diventare prossimo presidente della Commissione, che gli impedisce di mettersi contro Parigi e Berlino. La sua proposta è quindi piena di eccezioni, per accontentare tutti. Ma nonostante questo, oltre alla federazione bancaria europea anche il governatore della Banca di Francia Christian Noyer ha attaccato in maniera inu- suale e frontale il commissario Ue definendo il suo progetto infarcito di ''idee da irresponsabili'', contrarie ''gli interessi dell'economia europea''. Per prima cosa il progetto di Barnier vieta il trading in proprio, cioè quello effettuato da desk e personale dedicati con capitali della banca o prestati, in strumenti finanziari o investimenti in hedge fund. Tali attività "hanno molti rischi e nessun beneficio tangibile per i clienti e per l'economia reale", scrive la Commissione. Secondo: dà ai supervisori il potere, e in alcuni casi l'obbligo, di chiedere il trasferimento delle attività ad alto rischio (market making, derivati complessi) in entità separate dal normale business della banca. Sono trenta oggi le banche europee che ricadranno nelle norme. La proposta passa ora al vaglio di Consiglio e Parlamento, ma la discussione avverrà solo dopo l'estate quando sarà operativo il nuovo Parlamento. La legislazione quindi potrebbe entrare in vigore al più presto nel 2017. Più di settanta grattacieli nel 2013: è la Cina a guidare la classifica. Un segnale di fine crisi? Redazione Per i grattacieli il 2013 è stato il secondo anno migliore di sempre con il completamento di 73 edifici più alti di 200 metri in tutto il mondo, dietro solo al record del 2011 quando ne erano stati completati 81. Sono i dati contenuti nel report annuale realizzato dal Council on tall buildings and urban habitat, che ogni anno fa il punto sui trend altimetrici mondiali. "Forse la leggera caduta del 2012 nelle nuove costruzioni è stato l'ultimo effetto della crisi finanziaria del 2008 e il 2014 inizia con una piccola speranza di ripresa", si legge nel report. Le previsioni, che in questo campo sono abbastanza precise, parlano infatti per quest'anno di 90 nuovi edifici, che dovrebbero diventare 105 nel 2015. Ma anche il "negativo" 2012 aveva visto il completamento di 69 edifici, segno che la corsa verso il cielo è ormai inarrestabile: i dati parlano chiaro, dal cambio di millennio il numero dei giganti di vetro è passato da appena 261 a 830, con una crescita del 318%. Dei 73 costruiti nel 2013, 12 sono entrati nella classifica dei 100 più alti al mondo ma lo studio mostra anche come la geografia delle costruzioni stia cambiando: l'Asia è infatti il nuovo centro con tre quarti dei nuovi grattacieli. A spingere la crescita è la Cina che da sola ne ha costruiti 53 in 22 città differenti, ma il più alto dell'anno è la seconda torre dell'hotel Marriot Marquis a Dubai, con 355 metri. A sorpresa solo uno dei 73 è negli Stati Uniti, a New York, mentre la piccola Panama, con due nuove edifici, porta il totale a 19, tutti realizzati negli ultimi cinque anni. In Europa i grattacieli completati nel 2013 sono due: lo Shard di Londra ed il Mercury City di Londra; il primo progettato da Renzo Piano che con i suoi 306 metri è anche l'edificio più alto d'Europa. 3 Record di Facebook: i titoli salgono del 15% Redazione Facebook vola in Borsa dopo la trimestrale oltre le attese. I titoli del social network salgono del 15% al nuovo record storico di 61,77 dollari per azione. Facebook si quotò in Borsa il 18 maggio del 2012. La quotazione in Borsa, come ha spiegato il Wall Street Journal, ha cambiato anche gli obiettivi della gestione aziendale: "Una delle più grandi sfide della sua breve vita come società quotata in borsa è il modo in cui si occupa dei ricavi. Dopo otto anni in cui lʼaumento degli utenti è stato lʼobiettivo principale, Facebook ha spostato i ricavi in cima alla lista delle priorità e ha riorganizzato il suo funzionamento in modo che molte delle sue teste migliori pensano ora a come aumentare le vendite". Il social network deve fare i conti con il disinteresse degli utenti under 25, ma Facebook non si è scoraggiato: ha aperto un nuovo centro per lo studio delle intelligenze artificiali legate all'analisi emozionale per meglio comprendere i gusti degli utenti. Così il social ha deciso di aggiornare l'argoritmo Edgerank, che serve a gestire il flusso di contenuti nelle newsfeed (nuovi inserimenti), per far sì che i post di qualità come articoli e link che generano più commenti appiano in bella vista sui profili degli utenti. Ucraina, i nazionalisti di “Svoboda” vogliono abrogare la legge sull'amnistia 4 Secolo d’Italia Antonio Pannullo Sono 234 le persone arrestate in totale durante i disordini che hanno sconvolto l'Ucraina nelle ultime due settimane. Lo fa sapere la procura generale d'Ucraina specificando che i reati contestati sono: violazione dell'ordine pubblico, disordini di massa, uso di armi, occupazione di edifici governativi e tentativi di istituire organi di governo alternativi. Intanto si apprende che il partito nazionalista Svoboda sta preparando una risoluzione per l'abrogazione della legge d'amnistia approvata mercoledì dal parlamento con una maggioranza risicata e che prevede la liberazione dei manifestanti antigovernativi arrestati solo in cambio dello sgombero entro 15 giorni degli edifici pubblici occupati. Lo ha detto il deputato di Svoboda Igor Shvaika citato dall'agenzia Interfax. «Il potere ucraino, dopo la legge di amnistia, ha soddisfatto tutti gli obblighi che si era assunto per mettere fine alla grave crisi politica che sta attraversando il Paese». Lo ha detto il presidente Viktor Ianukovich, come si legge nel sito della presidenza. «Abbiamo adempiuto a tutti gli obblighi che il governo si era assunto», ha detto Ianukovich. «Il parlamento ha approvato una legge sull'amnistia che garantisce la libertà ai manifestanti e il rilascio delle persone che erano state arrestate durante gli scontri. Eppure ha proseguito il capo di Stato -, l'opposizione continua ad aggravare la situazione, chiedendo alla gente di rimanere al freddo per le ambizioni politiche di alcuni leader. Penso che sia sbagliato», ha concluso. Il parlamento ha approvato una legge d'amnistia per i manifestanti a patto che siano liberati gli edifici governativi occupati. L'opposizione - che premeva per un'amnistia «senza condizioni» - ha aspramente criticato la decisione della maggioranza. Nei giorni scorsi si è dimesso il premier Mikola Azarov e sono state abrogate le contestatissime leggi anti-protesta. Frattanto l'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha deciso di non adottare, almeno per ora, alcuna sanzione nei confronti dell'Ucraina. Ma nel rapporto approvato a larghissima maggioranza (114 sì su 161 presenti) i parlamentari hanno chiesto al Comitato dei ministri di rafforzare una procedura di monitoraggio specifica sul Paese e sull'inchiesta sugli incidenti avvenuti e di «riesaminare il programma di cooperazione con l'Ucraina al fine di assicurare che le cause dell'attuale crisi politica siano adeguatamente risolte». Inoltre, se continueranno le violazioni dei diritti umani o se la protesta di piazza Maidan sarà bloccata con l'uso della forza, nella sessione d'aprile i parlamentari considereranno la sospensione del diritto di voto per i colleghi ucraini. A Strasburgo la Corte per i diritti dell'uomo, organismo del Consiglio d'Europa, nel suo rapporto annuale ha reso noto che nel 2013 è stata registrata un'impennata dei ricorsi pendenti contro le autorità ucraine (3000 in più rispetto al 2012). Inoltre, dal documento è emerso che l'Ucraina è uno dei Paesi più condannati a Strasburgo per «trattamenti inumani e degradanti» assieme a Russia, Turchia e Romania. Redazione L'Iraq è in piena guerra civile, malgrado gli interventi armati dell'Occidente. Almeno sei persone sono state uccise nelle ultime ore in attentati vicino a un mercato e a un ristorante di Baghdad, portando così il bilancio delle violenze a oltre 900 morti in Iraq dall'inizio di gennaio. Gli attacchi hanno scosso i quartieri di Kasra e Talbiyah, riferiscono fonti mediche e della sicurezza. Oltre alle sei vittime, almeno 20 persone sono rimaste ferite, sempre secondo le stesse fonti. Inoltre, mercoledì alcune autobomba sono esplose nelle vie commerciali dei quartieri di Talbiyah, Chouala e Jadidah, uccidendo almeno nove persone e provocando decine di feriti. Gli attacchi hanno colpito ieri anche la pe- riferia della capitale, oltre alle città di Mosul e Tuz Khourmatou, nel nord, uccidendo altre sette persone. Ma il fatto del giorno è il fatto che un commando di circa otto miliziani armati ha attaccato un ufficio appartenente al ministero dei Trasporti a Baghdad, prendendo in ostaggio il personale presente. Dopo l'inizio di trattative con i miliziani per ottenere il rilascio degli ostaggi, cinque attentatori sono stati uccisi, secondo fonti di polizia. L'edificio si trova sulla via Palestina accanto al ministero dei Diritti umani, che in precedenza fonti della sicurezza avevano indicato come obiettivo dell'attacco. Ma lo stesso ministero dei Diritti umani ha smentito che suoi uffici siano stati presi d'assalto. A un certo punto le forze di sicurezza irachene hanno compiuto un blitz nell'edificio del ministero dei Trasporti in cui aveva fatto irruzione un commando armato. Lo riferisce l'agenzia irachena Nina precisando che gli assalitori sono stati uccisi e gli ostaggi liberati. L'edificio preso di mira dagli assalitori è sopra un parcheggio della compagnia dei trasporti pubblici. Fonti della sicurezza hanno confermato che quattro dei miliziani sono stati uccisi, mentre di un altro si ignora la sorte. Infine, si è appreso che violenti scontri sono scoppiati a Bengasi, nell'est della Libia, dopo il rapimento del figlio del comandate delle forze speciali filo-governative. Lo riferiscono testimoni sul posto. Gli scontri, a colpi di armi automatiche e mitragliatrici anti-aeree, coinvolgerebbero elementi delle forze speciali e miliziani di Ansar al Sharia. Iraq in guerra: miliziani assaltano un ministero, poi liberato dalla polizia con diversi morti VENERDì 31 GENNAIO 2014 Francia, adesso l'ex prèmiere dame non esclude di scrivere un libro sulla vicenda Redazione È stata l'ex première dame di Francia, Valerie Trierweiler, a decidere che l'annuncio della sua separazione dal presidente François Hollande fosse annunciata con una dichiarazione unilaterale di quest'ultimo, e non con un comu- nicato comune. Lo rivela il settimanale Paris Match, che pubblica le confidenze della donna raccolte durante il suo viaggio in India, insieme a un lungo articolo di retroscena sulle due turbolente settimane seguite alla rivelazione della liaison tra il presidente e l'attrice Julie Gayet da parte del magazine Closer. «Non ci sarà un comunicato comune. Ti assumerai la responsabilità», avrebbe detto la Treirweiler a Hollande nel corso di un pranzo, la settimana scorsa, in cui i due hanno deciso i termini della loro rottura. Nella stessa occasione il presidente avrebbe riconosciuto che il trasferimento all'Eliseo è costato a Valerie una riduzione del suo reddito, e quindi acconsentito a sostenerla economicamente per l'alloggio e l'educazione dei figli, nati da un precedente matrimonio. «Sono più delusa che arrabbiata. Ma non escludo di scrivere un libro», avrebbe anche detto Valérie, citata dal Parisien Magazine. La giornalista di Paris-Match torna quindi a dire che a separarla da Hollande è stato il potere. «A un certo punto, non c'è più vita. Non abbiamo vissuto il potere nello stesso modo. Si è spezzato qualcosa. Avrei preferito una vita normale, forse oggi saremmo ancora insieme». L'Italia nella “top ten” dei ricorsi alla Corte di Strasburgo Anche questo è un effetto delle riforme mancate VENERDì 31 GENNAIO 2014 Redazione Più di noi solo la Russia, ma è chiaro che se si fa un rapporto con il numero di abitanti l'Italia svetta in cima. La classifica non è delle più confortanti, perché riguarda il numero di ricorsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. In sostanza, riguarda i casi in cui i cittadini si sono sentiti vittime di malagiustizia o ingiustizia da parte del proprio Stato. Le cause pendenti promosse da italiani, nel 2013, sono state ben 14.400. Nel 2012 il Belpaese era risultato al terzo posto alle spalle di Mosca e della Turchia. I dati emergono dal rapporto annuale della Corte di Strasburgo reso noto ieri. Dietro la non gratificante scalata dell'Italia nella "top ten" dei Paesi con più ricorsi pendenti c'è, secondo il rapporto, l'incapacità di ridurre il contenzioso, diversamente da quanto fatto da altri Paesi. In particolare, si parla della mancanza e della mancata introduzione nell'ordinamento nazionale di norme che risolvano alla radice i problemi alla Secolo Immigrati e luoghi di culto: sono sei le moschee sul nostro territorio base delle azioni legali avviate a Strasburgo. Lo spettro dei temi su cui si fondano i ricorsi è ampio e va dal sovraffollamento delle carceri ai tempi eccessivi della giustizia ovvero riguarda quei mali del nostro sistema che le istituzioni conoscono fin troppo bene, ma che non riescono a sanare, nonostante i ripetuti tentativi di riforma. Ma la situazione sembra tendere lo stesso a un miglioramento se, come evidenzia il rapporto della Corte, per la prima volta dal 2008, il numero di cause italiane è cresciuto "solo" di 200 unità, passando dalle 14.200 della fine del 2012 alle 14.400 della fine del 2013. Nel 2012, rispetto al 2011, invece, i ricorsi italiani pendenti erano risultati 450 in più, mentre tra il 2008 e il 2010 erano aumentati al ritmo di 3mila ogni anno. Restiamo comunque molto indietro rispetto ai progressi di altri Paesi. Per restare nell'ambito del "podio", la Russia, grazie alle misure prese, è passata in un anno da 28.600 a 16.800 ricorsi pendenti, mentre quelli della Turchia sono diminuiti di quasi 6mila unità. C'è poi il caso della Polonia, che alla fine del 2012 aveva 3mila ricorsi pendenti e in un anno è riuscita a uscire dalla "top ten" dei Paesi peggiori. Dipendenti senza stipendio e linee telefoniche tagliate per morosità: la Sicilia ringrazia Crocetta Valter Delle Donne Regione Sicilia in ginocchio, grazie a Rosario Crocetta. Il governatore siciliano, eletto nel Pd, sostenuto per lungo tempo dal Movimento 5 Stelle, è andato al braccio di ferro con il commissario dello Stato riguardo alla finanzariaria della Regione. E a farne le spese, neache a dirlo, sono i siciliani. Nella villa del Casale come in tanti altri siti archeologici e nei musei le toilette non vengono pulite da giorni perché non ci sono soldi per pagare le ditte. Nel parco di Morgantina, ad Aidone, le linee telefoniche sono state tagliate perché non ci sono soldi per pagare le bollette. Al Genio Civile di Messina i dipendenti hanno fatto la colletta, mettendo un euro a testa, per comprare la carta, così pure alla motorizzazione civile di Caltanissetta. È la fotografia di quanto sta accadendo in Sicilia a 5 d’Italia causa del blocco della spesa, pari a mezzo miliardo di euro, dovuto all'impugnativa di buona parte della finanziaria regionale da parte del commissario dello Stato. Musei, enti, consorzi non hanno soldi in cassa per portare avanti i servizi. A parte dipendenti e pensionati della Regione che non hanno ancora ricevuto lo stipendio e l'assegno previdenziale di gennaio, e dovranno attendere ancora perché Palazzo d'Orleans tarda a pubblicare la manovra senza le parti impugnate, gran parte dei 450 uffici dell'isola sono al collasso. «Tutto si sta paralizzando», avvertono Marcello Minio e Dario Matranga, segretari del Cobas/Codir, il sindacato più rappresentativo tra i 16 mila dipendenti della Regione. Il sindacato conferma la mobilitazione in programma il 4 febbraio davanti alla Presidenza della Regione. «Anche se il bilancio dovesse andare in pubblicazione la prossima settimana, ci vorranno dei mesi per recuperare i disagi», sostengono. E ancora: «Bastava andare in esercizio provvisorio, come negli anni passati, per evitare questo tracollo e invece Crocetta ha voluto forzare la mano e fare il primo della classe: questi sono i risultati». Redazione Con circa 200 diverse nazionalità di immigrati presenti in Italia, anche i culti differenti dalla religione cattolica sono ormai impiantati sul territorio nazionale. Se infatti si contano solo sei moschee in senso stretto, 36 templi sikh e 335 parrocchie ortodosse, su tutto il territorio sono presenti templi sikh e buddisti, sale di preghiera musulmane, chiese neo-pentacostali e altro, tutti non riconoscibili a prima vista. Lo rivela il Rapporto Immigrazione 2013 di Caritas e Migrantes, presentato a Roma. Il problema con queste nuove chiese, sottolinea il documento, è che è molto difficile localizzarle, essendo spesso nate e vivendo in condizioni molto precarie dal punto di vista logistico e operativo. Anche i luoghi di culto dell'Islam sono sparsi in tutto il territorio italiano, con una densità maggiore laddove lo sviluppo delle piccole e medie aziende, dei tanti distretti industriali del Nord e dell'Italia centrale, ha drenato dai paesi a maggioranza musulmana molti immigrati. In genere tali luoghi sono prevalentemente sale di preghiere - musallayat a volte ospitate in situazioni precarie e poco confortevoli. Appello a Zingaretti: rischia di chiudere a Fondi l'ospedale “San Giovanni di Dio” 6 Secolo d’Italia Redazione «La sanità non è un lusso ma un bene prezioso che va garantito. Per questa ragione, preso atto dello stato di emergenza in cui versano il presidio ospedaliero Centro e lʼospedale “San Giovanni di Dio” di Fondi (Latina), ho scritto una lettera al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, affinché, pure in veste di commissario ad acta per la Sanità del Lazio, convochi in tempi brevi una riunione alla mia presenza e di tutti i sindaci del Comprensorio di Fondi allo scopo di analizzare la situazione e mettere a punto tutte le azioni necessarie a non penalizzare ulteriormente la Sanità nel presidio Centro e a garantire la valorizzazione delle eccellenze che la rappresentano, come lʼospedale “San Giovanni di Dio” di Fondi». È quanto afferma il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone, che così continua: «Con i tagli drastici di questi anni siamo arrivati a una situazione oltre la quale non è possibile andare. Il rischio concreto è di ridurre al collasso lʼintero sistema che già oggi resiste solo grazie allʼimpegno e alla dedizione di medici, infermieri e tecnici che lavorano in condizioni di grave disagio. Cʼè molto lavoro da fare sul versante della riorganizzazione, della lotta agli sprechi e alle inefficienze – continua Fazzone – Cʼè da riequilibrare il rapporto tra ospedali e medici sul territorio ma soprattutto cʼè lʼesigenza di tutelare e valorizzare le eccellenze che abbiamo a disposizione non depauperando un patrimonio a servizio dei nostri cittadini. Da mesi reparti di eccellenza come Ginecologia, Ostetricia, la Uoc di Assistenza neonatale e pediatrica e il Laboratorio di analisi dellʼospedale “San Giovanni di Dio” sono a rischio chiusura. Il “San Giovanni di Dio" di Fondi rappresenta un punto di riferimento per tutto il comprensorio: solo nel 2013 presso la struttura sono stati effettuati circa 1000 parti e circa 1000 interventi chirurgici il tutto con un numero di medici, infermieri e tecnici limitato rispetto alla portata dellʼutenza. E proprio facendo leva sulla dedizione e sulla professionalità del personale impiegato è stato possibile, come dimostrano le risultanze dei monitoraggi effettuati dalla Asl di competenza, garantire servizi altamente qualitativi ed efficienti e far fronte a quelle carenze che sono diventate insostenibili perché la buona sanità non può reggersi solo sullo spirito di sacrificio degli operatori. Redazione «L'assessore Marco Granelli è in vena di certezze: "Da oggi in via Selvanesco non ci sono più i due campi Rom". Al granitico annuncio segue la frase d'ordinanza: "Altri facevano proclami, noi facciamo i fatti". Tralasciamo la bugia (gli sgomberi in via Selvanesco sono stati continui fino al 2010, poi è arrivata la Giunta Pisapia, e sono tornati i Rom), e concentriamoci sul metodo, ormai consolidato – dichiara Giulio Gallera, coordinatore cittadino e consigliere comunale di Forza Italia – Abbiamo visto lo stesso film ovunque: via Brunetti, via Montefeltro, ex Italmondo, per citare qualche esempio. Manca completamente un piano di intervento sui Rom, manca una integra- zione vera tra politiche per la sicurezza (inesistenti) e politiche sociali. Nell'inutile convegno-passerella di Majorino, il pomposo "Forum delle politiche sociali", il problema rom è semplicemente assente. Unica azione prevista nel prossimo biennio: aprire un "Centro per le culture migranti" in via Scaldasole. Il dramma di interi quartieri si affronta con uno sportello informazioni. Perché questa paralisi sui Rom? Semplice: la Giunta è paralizzata dalla paura di perdere consenso, o tra i milanesi esasperati dal degrado, o tra gli amici radical-chic che predicano la "Milano aperta" e che sono l'asse portante di tutto il consenso arancione. E così la Giunta si barcamena: per mesi ignora i problemi, e poi, quando scoppiano, manda i vigili a fare un piccolo sgombero a favore di telecamera. Poi viene sera, e tornano il silenzio e l'inerzia più desolante. Ma la delusione monta, e presto sfuggirà di mano ad una Giunta in piena ritirata su tutti i fronti caldi della vita cittadina. Una Giunta pavida – conclude Gallera – che vuole piacere a tutti e si accorgerà presto di non piacere a nessuno. Nemmeno a Sinistra». Gallera: a Milano sono una farsa gli sgomberi dei nomadi VENERDì 31 GENNAIO 2014 Grazie all'Ncd sì del Senato ad altri 12 mesi di attività per gli impianti sciistici in provincia di Pistoia Redazione Gli skilift della montagna pistoiese potranno girare ancora per un anno: è la vittoria ottenuta al Senato dal Nuovo Centrodestra che – su sollecitazione prima del consigliere regionale e vicepresidente dellʼAssemblea toscana Roberto Benedetti, poi del sottosegretario allʼIstruzione e presidente del Comitato regionale toscano del Ncd Gabriele Toccafondi – ha fatto approvare in commissione alcuni suoi emendamenti che sbloccano gli impianti. In particolare, lʼemendamento che mette in salvo lʼattività degli skilift del Gomito dellʼAbetone e del Faggio di Maria alla Doganaccia ricomprende in una proroga di 12 mesi anziché 6 anche «quegli impianti inattivi da non più di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2013 n.150», ovvero il cosiddetto Milleproroghe. Soddisfazione più che legittima da parte di Benedetti: «Pochi giorni fa, non appena appreso del blocco – racconta – ho segnalato al sottosegretario Toccafondi che la questione rischiava di compromettere la stagione bianca della nostra montagna, con ripercussioni evidentemente negative sullʼeconomia oltre che sullʼappeal del territorio. Il nostro impegno è stato ripagato, e ora la montagna torna ad avere la sua rete impiantistica al completo». Sette donne e un funerale nel nuovo spettacolo della regista Emma Dante Secolo VENERDì 31 GENNAIO 2014 7 d’Italia Redazione Sia che crei uno spettacolo teatrale (come “Carnezzeria” o “Cani di bancata”), sia che diriga un film (come “Via Castellana Bandiera”) e perfino quando firma una regia lirica (“Carmen”), Emma Dante resta tenacemente attaccata ad un suo mondo fantastico, un luogo concreto eppure inventato, qualcosa che sta a metà strada fra la periferia più degradata della Sicilia e la storia di tenaci affetti familiari. Un amore-odio per la vita che ritroviamo ancora una volta nel nuovo spettacolo intitolato “Le sorelle Macaluso”, in scena al Palladium di Roma in questi giorni, venerato più che applaudito dal pubblico appassionato della regista-creatrice siciliana. In meno di un'ora e un quarto di spettacolo “Le sorelle Mancuso” parla di sette donne che si ritrovano ad un funerale di una di loro. Incontrarsi e riprendere i giochi e le filastrocche dell'infanzia è tutt'uno in una sarabanda di movimenti, di danza, di racconti che presto rivelano la loro sorprendente qualità: sono storie che annullano la differenza fra morti e vivi, racconti nati e rinati in un mondo che fa confusione fra la Vita e la Morte. Racconta Emma Dante che l'ispirazione per la nuova creazione le venne ascoltando la storia di una donna malata, che - svegliandosi di soprassalto di notte - chiese: «Ma sono morta? Sì, sono morta e non me lo dite, per non spaventarmi!». E da qui, da questo sorprendente aneddoto prende il via lo spettacolo, con la scena vuota e buia, abitata da ombre. L'oscurità che espelle una figura femminile, mentre dal fondo appaiono facce di vivi e di morti mescolati assieme. Nel complesso lo spettacolo è un'incalzante serie di immagini, di movimenti, di strappi narrativi, che il pubblico di Emma Dante apprezza come una sonata musicale dedicata al tema del passaggio, al misterioso e ineluttabile passo che le sette sorelle tendono a superare. C'è il racconto di una morte bambina; quello di un giovane padre che dialoga con le figlie più anziane di lui; c'è l'abbraccio senza fine di una giovane coppia di amanti. Gli estinti si mischiano ai viventi e compaiono e scompaiono nel buio del fondo scena, in un insieme fortemente emotivo, che si scioglie in un caloroso applauso finale. Record di prenotazione per “La ragazza con l'orecchino di perla” il capolavoro arriva per la prima volta in Italia Valeria Gelsi A poco più di una settimana dall'apertura della mostra, sono già centomila le prenotazioni per ammirare La ragazza con l'orecchino di perla. Il capolavoro di Vermeer sarà a Bologna, a Palazzo Fava, dall'8 febbraio al 25 maggio. È la prima volta che viene esposto in Italia. La rassegna "Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt - Capolavori del Mauritshuis" offre una panoramica di dipinti di Rembrandt, Van Goyen, Van Honthorst, Steen, Frans Hals, Claesz, Hobbema, Van Ruisdael, Ter Borch, che rappresentano l'espressione più alta del Seicento olandese e fiammingo. È indubbio, però, che la vera star della rassegna sia la "monnalisa olandese", tanto celebre da essere diventata anche protagonista di una pellicola hollywoodiana in cui a prestarle il volto era Scarlett Johansson. Non a caso è la Ragazza con l'orecchino di perla a campeggiare sul biglietto e sulle locandine della mostra. «Abbiamo un trend di 2mila richieste al giorno», ha spiegato il curatore della mostra Marco Goldin, che ha realizzato l'evento con diversi partner italiani e con il Mauritshuis Museum de L'Aia, dove il dipinto è abitualmente conservato. Le trattative per averlo in Italia sono durate un paio d'anni e hanno preso il via quando il Mauritshuis è stato chiuso per lavori di restauro che sono ancora in corso e che si concluderanno a giugno, quando anche la Ragazza con l'orecchino di perla, che in realtà Vermeer battezzò come "ragazza con turbante", tornerà a casa. Quella di Bologna sarà, dunque, l'unica tappa europea, al termine di un giro intorno al mondo che ha portato il capolavoro del 1665 in Giappone, a Tokyo e Kobe, e negli Usa, dal Fine Arts Museum di San Francisco alla Frick Collection di New York, che è specializzata nell'arte che va dal Rinascimento al diciannovesimo secolo e che dedicò al più famoso tra i Vermeer un'intera sala. 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