L
AVORO
Il rallentamento dell’economia
che ha caratterizzato il 2004,
sembra
aver influito
su alcune
dinamiche e
aspetti particolari del mercato del lavoro nazionale,
pur senza produrre rilevanti effetti negativi.
L’andamento a livello generale è sintetizzato
efficacemente nelle valutazioni di ISAE (Istituto di Studi e Analisi Economica), riportate
di seguito, relative ai dati Istat sulle Forze
di Lavoro. A questo proposito va premesso
che nel corso del 2004 ha preso avvio una
nuova modalità di svolgimento dell’indagine
definita “continua”, che ha comportato alcuni cambiamenti riguardanti non solo le modalità di rilevazione e la tempistica, ma anche alcune definizioni importanti delle quali
tenere conto nella lettura e nel confronto
temporale dei dati (per approfondimenti si
rimanda alle note metodologiche predisposte dall’Istat).
Gli ultimi dati disponibili, riferiti al terzo
trimestre 2004, rilevano una frenata della
crescita occupazionale. Secondo ISAE, considerato l’andamento del PIL nello stesso
periodo, tale evoluzione implica un recupero
della produttività del lavoro, già manifestatasi nel secondo trimestre, dopo un triennio
di dinamiche statiche o negative.
L’occupazione, secondo i dati destagionalizzati, ha segnato, una lieve crescita (+0,1)
rispetto al precedente trimestre, a fronte di
un leggero aumento delle persone in cerca di
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2004
occupazione e alla
stasi
del
tasso
di
disoccupazione. I
livelli occupazionali
hanno evidenziato
(dati
destagionalizzati) dinamiche diverse per territorio, con una performance lievemente
migliore nel Mezzogiorno (+0,3%), appena
negativa al Centro (-0,2%) e stazionaria nel
Nord del paese.
Osservando le singole componenti della forza lavoro, diversamente da quanto rilevato
ultimamente, la crescita tendenziale dell’occupazione, dati non destagionalizzati rispetto al terzo trimestre 2003, (+0,4% pari a 93
mila occupati in più), ha riguardato esclusivamente la componente maschile (+0,7%) a
fronte di un arresto della crescita di quella
femminile. In relazione ai settori, i dati tendenziali evidenziano una contrazione nell’industria in senso stretto (-2,6%) rispetto
allo stesso trimestre dell’anno precedente,
un modesto aumento nei servizi (+0,2%), in
significativo rallentamento rispetto ai trimestri precedenti, e una netta espansione nelle
costruzioni (+9,9%). In base alle inchieste effettuate da ISAE, gli imprenditori prevedono
un aumento nei prossimi mesi della manodopera occupata nei servizi e una sostanziale stabilità nell’industria manifatturiera.
Da registrare complessivamente un significativo calo del lavoro atipico: gli occupati dipendenti a tempo parziale diminuiscono del
3,1% rispetto allo stesso trimestre dell’anno
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precedente; gli occupati dipendenti con contratti a termine diminuiscono del 4,1%.
Il dato ISTAT relativo al terzo trimestre evidenzia, nei dati al netto di influenze stagionali, un tasso di disoccupazione stabile pari
all’8,1% (7,4% non destagionalizzato). Anche
in questo caso si evidenziano significative
differenze territoriali: ad una contrazione
nel Mezzogiorno (-0,3%), dove il tasso di disoccupazione scende al 15,4%, corrisponde
un lieve aumento nel Centro (+0,2%) e nel
Nord (+0,1). Permane inoltre il divario, a favore dell’Italia con il resto dell’UEM: infatti
nei dati al netto di influenze stagionali, nell’area Euro, il
tasso di disoccupazione è rimasto stabile
nel mese di
novembre a
quota 8,9%.
A
livello
nazionale,
il lieve aumento delle persone
in cerca di
occupazione (+0,1%
il dato destagionalizzato), è il risultato di una rilevante contrazione di coloro che cercano un’occupazione
nel Mezzogiorno (-2,0%) e di un aumento al
Nord (+3,1%) e al Centro (+4,0%). Su base
annua, la contrazione ha interessato soprattutto la componente femminile.
Secondo quanto riportato specificatamente nel comunicato stampa Istat, al calo delle persone in cerca di occupazione avrebbe contribuito la rinuncia, soprattutto da
parte delle classi di età più giovani e della
componente femminile del Mezzogiorno, a
intraprendere concrete azioni di ricerca di
un impiego.
ta delle persone in cerca di occupazione. E’
opportuno comunque sottolineare nuovamente che la ristrutturazione della rilevazione sulle Forze di Lavoro avvenuta nel 2004
deve indurre molta cautela nell’effettuare il
confronto con il 2003, che è stato oggetto
di ricostruzione. Nei primi nove mesi del
2004 i dati Istat hanno stimato mediamente
in Emilia-Romagna circa 1.846.000 occupati,
pari all’1,6% in meno rispetto allo stesso periodo del 2003. Nonostante il decremento
della consistenza degli occupati, l’Emilia-Romagna ha registrato il migliore tasso di occupazione del Paese, con una percentuale di
occupati in
età di 1564 anni sulla rispettiva
popolazione pari al
68,4%,
a
fronte della
media
nazionale
del 57,3%
e
nordorientale
del 65,9%.
Un uguale primato
si registra
anche
in
termini di tasso di attività. L’Emilia-Romagna
occupa la prima posizione con una percentuale del 70,9%, precedendo Trentino-Alto
Adige (69,6%) e Valle d’Aosta (69,1%). Nel
Nord-Est e nel Paese i tassi si sono attestati
rispettivamente al 68,5% e 62,3%.
Alla diminuzione della consistenza degli occupati si è associata la crescita delle persone
in cerca di occupazione, passate dalle circa
53.000, del periodo gennaio - settembre
2003, alle circa 67.000 di gennaio – settembre 2004. Sempre con riferimento allo stesso periodo, il tasso di disoccupazione, che
misura l’incidenza delle persone in cerca di
occupazione sulla forza lavoro, è aumentato
A livello regionale il mercato del lavoro dal 2,8 al 3,5%, in linea con quanto avvenuto
ha risentito del quadro economico genera- nel Nord-Est (da 3,5 a 3,8%). Nel Paese il tasle ed è stato caratterizzato da un lieve calo so di disoccupazione è invece sceso dall’8,5
degli occupati e dalla concomitante cresci- all’8,0%. Va però sottolineato che, in ambito
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2004
nazionale, l’Emilia-Romagna ha evidenziato il
terzo migliore tasso di disoccupazione, alle
spalle di Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige,
entrambe attestate al 2,9 %.
Segue un’analisi, con riferimento alle informazioni disponibili, dell’andamento del mercato del lavoro provinciale. Purtroppo
non è possibile alla data di chiusura del presente rapporto fornire il consueto quadro
d’insieme sulla base dei dati Istat sulle Forze
di Lavoro, in quanto, a causa della revisione
dell’indagine e della relativa tempistica più
volte citata, le analisi provinciali saranno disponibili presumibilmente solo a fine marzo
2005.
L’andamento della provincia rientra comunque presumibilmente a grandi linee nel
quadro di riferimento generale descritto in
precedenza per la regione Emilia-Romagna,
che, pur contraddistinto da un lieve peggioramento di alcuni indicatori, conferma buoni
dati di sintesi e l’ottimo posizionamento rispetto alle altre regioni italiane.
Un prezioso contributo alla lettura del
mercato del lavoro a livello locale è quello fornito dall’Amministrazione Provinciale
alla quale competono importanti funzioni
amministrative e di politica attiva del lavoro.
Secondo le considerazioni predisposte dal
Servizio Provinciale competente nell’ambito della collaborazione fornita alla stesura
di questo capitolo, nel territorio emerge
l’esigenza comune di una visione innovativa
degli interventi a sostegno del mercato del
lavoro e la necessità di avere a disposizione
interpretazioni tendenziali, analisi che forniscano una visione completa della realtà, che
non riproducano solo una somma delle singole parti, che consentano di valorizzare dati
ancora inutilizzati e di focalizzare problemi
nuovi o ancora poco conosciuti. Nella nostra provincia fenomeni relativamente nuovi
non hanno ancora espresso tutti i loro effetti
(immigrazione), oppure aspetti marginali del
mercato non riescono ad essere risolti dallo
sviluppo (lavoro sommerso, difficoltà di inserimento per le fasce svantaggiate), oppure
ancora nuovi scenari rischiano di modificare
comportamenti ormai consolidati (globalizzazione e delocalizzazione).Vi è quindi la neRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2004
cessità di valutare attentamente la rilevanza
di questi nuovi problemi sulla base di strumenti conoscitivi che ne seguano l’evoluzione ed è per questo che si sta attivando un
servizio di analisi sulle dinamiche economico-produttive e sull’andamento del mercato
del lavoro in ambito provinciale.
In attesa di questi strumenti si è cercato comunque di trarre dai dati, di fonte amministrativa, rilevati al 31/12/2004 dalla Provincia
nell’ambito della sua attività, alcune considerazioni ai fini dell’analisi territoriale dell’andamento del mercato. A questo proposito è
opportuno ricordare che, come in ambito
nazionale si riscontrano grosse difficoltà
nella comparazione dei dati statistici dovute
alle diverse modalità di rilevazione adottate
dall’Istat, anche in sede locale nuovi sistemi di
rilevazione ed il non definitivo assestamento
delle banche dati, a fronte dell’introduzione
e dell’applicazione di nuove fonti normative
(D. Lgs. 297/2002 e seguenti), non consentono la comparazione di serie storiche.
Sui principali aggregati, al di là delle possibili
comparazioni e degli scostamenti dovuti alle
considerazioni sopra espresse, si registrano
purtroppo alcuni andamenti negativi.
I disoccupati passano da 17.218 a 18.285
(+6,2%), gli inoccupati da 1.632 a 3.181
(+94,9%) per un totale che da 18.850 passa
a 21.446 (+13,8%). Segue l’andamento per
fasce d’età: 15/18 anni da 505 a 287 (-43,2%),
19/24 anni da 2.769 a 2.559 (-7,6%); 25/29
anni da 3.142 a 3.436 (+ 9,4%); 30/49 anni
da 9.547 a 11.654 (+22,1%); oltre 50 anni
da 2.889 a 3.530 (+22,2%). Al di là dell’incremento numerico che pure preoccupa,
si può quindi intravedere nella fascia 15/18
anni uno spostamento in avanti della soglia
di ingresso nel mercato del lavoro determinata dal rispetto dell’obbligo formativo, nella
fascia successiva un aumento dei giovani che
frequentano corsi di studio superiori o universitari e il cui primo ingresso nel mondo
del lavoro avviene con tipologie contrattuali
atipiche e precarie in termini economici, in
quanto consentono la conservazione dello
stato di disoccupazione se da tali attività ne
ricavano un reddito lordo (su base annua)
non superiore a 7.500 euro per i contratti di
lavoro dipendente o ad essi assimilati (CO.
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CO.CO) e 4.500 euro per il lavoratore autonomo.
Negativo l’ulteriore incremento del numero dei disoccupati nella fascia 25/29 anni,
preoccupante l’aumento di oltre il 20% degli
iscritti della fascia 30/49 e oltre 50 anni dove
possiamo registrare fenomeni di rilevanza
sociale. Il massiccio utilizzo degli strumenti
di flessibilità che caratterizza l’accesso delle
fasce di età più giovani si ripercuote senz’altro negativamente sui lavoratori più ”anziani”.
Le assunzioni registrano un incremento
da 64.668
a
70.999
(+9,8%). Tra
queste, le
assunzioni a tempo
indeterminato, che
rappresentano il 17,1%
( 1 7 , 8 %
nel 2003),
passano
da 11.541
a
12.133
(+5,1%)
e quelle a
tempo determinato,
che rappresentano l’82,9% (82,2% nel 2003),
da 53.127 a 58.866 (+10,8%). L’analisi delle
tipologie contrattuali ci indica che le assunzioni a tempo indeterminato ad orario pieno passano da 9.442 a 8.984 (- 4,9%); quelle
a tempo indeterminato part time da 2.099 a
3.149 (+ 50%). Le assunzioni a tempo determinato ad orario pieno passano da 45.972 a
48.719 (+6%), quelle a tempo determinato
part time da 7.155 a 10.147 (+41,8%).
Appare evidente come il massiccio accesso
a strumenti di flessibilità stia determinando
una complessiva precarizzazione del mercato del lavoro: la progressiva e costante diminuzione del numero dei contratti a tempo
indeterminato in termini generali registra
parimenti un forte incremento dei contratti
a tempo indeterminato part time che fanno rilevare un aumento record del 50%. Lo
stesso dicasi per quanto riguarda i contratti
a tempo determinato che aumentano in termini complessivi di circa il 6%, ma che registrano, relativamente ai contratti part time,
un aumento di oltre il 40%. Ci troviamo di
fronte ad una atipicità spesso apparente, che
si sta via via cristallizzando tanto da assumere spesso carattere permanente; l’atipicità non riguarda certamente opportunità di
primo inserimento lavorativo.
Quanto alle cessazioni dei rapporti di lavoro sono complessivamente passate da
54.194 a 69.647 (+28,5%). Di queste per “fine
contratto a
termine”
si
passa
da 31.198
a 35.232
(+12,9%);
per risoluzione
durante il
periodo
di
prova
da 1.494
a
1.877
(+25,6%);
per
dimissioni
da 14.959
a 18.306
(+22,4%),
mentre per licenziamento, per riduzione di
personale o chiusura dell’azienda da 1.966
a 2.861 (+45,5%). Anche questi indicatori
non evidenziano andamenti positivi ed in
particolare si segnala il notevole incremento registrato dai licenziamenti per riduzione di personale o per chiusura dell’azienda
che hanno caratterizzato l’esito di varie crisi
aziendali con il ricorso agli strumenti della
mobilità ex Legge 223/91.
Va inoltre sottolineata l’ulteriore evoluzione
ed il nuovo vigore assunto dal fenomeno del
lavoro sommerso a seguito della crescente
competitività internazionale nei settori labour-intensive.
Per quanto attiene l’immigrazione la Provincia di Forlì-Cesena, dove l’integrazione risulta certamente positiva, sconta l’approccio al
fenomeno tuttora emergenziale delle norRapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2004
mative nazionali con una politica dei flussi
d’ingresso assolutamente inadeguata.
In definitiva si può affermare che, in un contesto economico che evidenzia una certa
instabilità, nella lettura dell’andamento generale diventa prevalente l’aspetto qualitativo dell’occupazione e della disoccupazione
ed i dati rilevati fanno emergere elementi di
preoccupazione sui quali gli amministratori
pubblici e le forze sociali debbono trarre
spunti di riflessione e indicazioni utili per le
azioni necessarie.
Fra le informazioni di particolare rilievo che
permettono di delineare la situazione provinciale vanno evidenziate quelle fornite dalla Direzione Provinciale del Lavoro di ForlìCesena alla quale sono affidate importanti
competenze che vanno dall’attività ispettiva
a garanzia della regolarità del rapporto di lavoro, alla cooperazione, ai flussi di lavoratori
extracomunitari e altre ancora.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza sull’osservanza della legislazione sociale
è emerso il fenomeno degli “pseudo - artigiani“, lavoratori che, pur iscritti all’Albo
delle Imprese Artigiane, svolgono in effetti
lavoro dipendente. La maggior parte delle
violazioni sono state riscontrate nel settore
edile. Anche nella nostra provincia si è inoltre constatata la proliferazione di lavoratori
cinesi clandestini o occupati irregolarmente
nel settore dell’abbigliamento e della produzione di salotti.
Da segnalare sempre fra le attività della Direzione Provinciale del Lavoro quella rivolta
alla risoluzione delle vertenze e dei conflitti di lavoro. Si conferma la positività, divenuta dato ormai consolidato, dei risultati
ottenuti con riferimento al numero degli
accordi di conciliazione raggiunti, il cui dato
percentuale, pari a oltre il 65% rispetto alle
vertenze trattate, è in gran parte da attribuire al ruolo svolto dai membri delle Commissioni di Conciliazione di Forlì e di Cesena.
Nel periodo 2003/2004 il numero delle
vertenze e dei conflitti di lavoro è risultato
complessivamente in aumento: in particolare i dati si sono confermati stabili nel territorio forlivese e in progressivo aumento in
quello di Cesena.
In relazione al fabbisogno di lavoratori
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2004
extracomunitari per il 2005, la stima effettuata dalla Direzione Provinciale del Lavoro fornisce le seguenti indicazioni di massima:
circa 1.500 quote per lavoro subordinato a
tempo determinato e indeterminato (art. 22
Decreto Legislativo 286/98) e circa 2.500
“quote” per lavoro subordinato stagionale
(art. 24 decreto legislativo 286/98).
Relativamente ai flussi di ingresso di lavoratori extracomunitari nel 2004 per
la provincia di Forlì - Cesena si evidenziano i
seguenti dati aggiornati al 17/12/2004:
- lavoro stagionale: 1.305 autorizzazioni rilasciate (più 316 dinieghi) a fronte di 1.305
quote assegnate, 582 domande in fase di
istruttoria;
- lavoro subordinato non stagionale: 216
autorizzazioni rilasciate a fronte di 228 quote, 316 domande in fase di istruttoria; le autorizzazioni hanno riguardato lavoratori albanesi, tunisini, marocchini, egiziani, nigeriani,
moldavi, cingalesi, bangalesi, 1 pakistano;
- lavoro subordinato non stagionale per lavoratori delle “altre nazionalità”: 101 autorizzazioni a fronte di 104 quote assegnate
(674 domande in fase di istruttoria);
- lavoro non stagionale destinato a lavoratori di origine italiana: 1 autorizzazione rilasciata ad un lavoratore argentino;
- lavoro subordinato non stagionale destinato a dirigenti o personale altamente qualificato: nessuna autorizzazione in quanto non
sono pervenute domande a fronte di una
quota assegnata;
- lavoro autonomo finalizzato alle conversioni ai sensi dell’art. 3 comma 2 DPCM
19/12/2003: 4 attestazioni di disponibilità rilasciate a fronte di 4 quote (6 dinieghi).
Un altro elemento che può arricchire la riflessione sull’argomento è l’andamento degli
interventi di Cassa Integrazione Guadagni, precisando però che i dati disponibili si
riferiscono alle ore autorizzate dall’Istituto
Nazionale Previdenza Sociale e non a quelle
realmente effettuate.
Le ore relative agli interventi ordinari sono
aumentate del 5%, da gennaio a dicembre
2004, rispetto all’analogo periodo del 2003.
L’aumento è stato determinato prevalentemente dalle attività manifatturiere vere e
proprie (+13,8%), mentre nell’edilizia si è
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rilevato un calo del 6,1%.
In termini di valori assoluti va evidenziato
il comparto della “lavorazione delle pelli e
del cuoio”, nel quale sono state autorizzate complessivamente 145.333 ore di cassa
integrazione ordinaria (in aumento +6,2%),
seguita dalla meccanica con 111.723 ore
(+125,2%). Le ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria per l’edilizia sono state
pari complessivamente a 241.556 (-6,1%).
Per quanto concerne la cassa integrazione
straordinaria si rileva un calo del 9,8%. Gli
interventi, pari a 53.029 ore, sono da attribuire interamente ai comparti “edilizia (impiantistica)”, “carta e poligrafiche” e “meccanica.
Infine una breve sintesi dei principali risultati dell’Indagine Excelsior fornisce alcune
preziose indicazioni al fine di delineare le
caratteristiche della domanda di lavoro
espressa dalle imprese, premesso che la
rilevazione è stata effettuata nel dicembre
2003 e quindi gli imprenditori hanno espresso in quel contesto valutazioni e previsioni
legate alla percezione contingente della situazione economica. Per un’analisi più approfondita dei dati si rimanda alla pubblicazione curata dall’Ufficio Studi della Camera
di Commercio, che ne riporta in dettaglio i
risultati.
Le imprese private con dipendenti (escluso il settore agricolo) hanno previsto per
il 2004 complessivamente 5.321 assunzioni
(cui corrisponde un tasso di entrata pari al
6,3%), a fronte di 3.681 uscite (per un tasso
di uscita del 4,4%); il saldo positivo atteso
è quindi pari a 1.640 unità (+2% dato confrontabile con il +3,4% del 2003). Il tasso di
crescita previsto dalle imprese da 1 a 9 dipendenti è pari al 3,8%, nelle aziende da 10 a
49 l’1,3%, in quelle con 50 e oltre si attesta
intorno all’1,4%.
Rispetto al totale delle unità provinciali solo
il 28,4% prevede assunzioni nel corso del
2004, mentre il 71,6% ha dichiarato che non
assumerà personale; quest’ultima percentuale è però più bassa rispetto alla regione,
al Nord–Est e all’Italia.
Osservando nel complesso le previsioni
2004, la provincia di Forlì-Cesena appare dinamica se confrontata con la regione e con
l’Italia: il tasso di variazione dell’occupazione
dipendente, pari al +2,0%, è infatti più elevato di quello relativo all’Emilia-Romagna, al
Nord-Est (+1,3%) e all’Italia.
In relazione ai settori, la crescita si prevede
appena più sostenuta nei servizi rispetto all’industria in generale.
Le assunzioni previste riguarderanno per il
50,8% contratti a tempo indeterminato, per
il 37,5% contratti a tempo determinato, per
il 7,9% apprendistato, per il 3,3% contratti
di inserimento (ex formazione lavoro) e infine per lo 0,5% altri contratti. Osservando
l’andamento delle varie forme contrattuali
nel tempo si nota che, rispetto al 2003, aumentano le assunzioni a tempo indeterminato, a tempo determinato e l’apprendistato;
diminuisce il contratto di inserimento (ex
contratto di formazione lavoro). Il confronto territoriale evidenzia che l’andamento dei
contratti a tempo indeterminato, tra il 2003
e il 2004, è in linea con quello nazionale.
Da rilevare l’aumento dei contratti a tempo determinato che sono passati dal 22,1%
del 1999 al 37,5% del 2004. Il part-time assume sempre più importanza nell’ambito di
politiche attive del lavoro che tendano alla
piena occupazione: le assunzioni part-time
rappresenteranno il 9,3% del totale (6,5%
nel 1999).
L’indagine registra le assunzioni programmate dalle imprese, ma alla crescita potenziale indicata potrebbe non corrispondere un
incremento occupazionale effettivo in caso
di mancato incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. In effetti, anche per il 2004 si
registra una quota decisamente consistente,
pari al 50,8%, di richieste relative a personale che le imprese definiscono “di difficile
reperimento” . Tali difficoltà caratterizzano
soprattutto i servizi ma sono consistenti anche nell’industria. Le maggiori difficoltà sono
previste in “alberghi, ristoranti e servizi turistici” e nelle “costruzioni”.
Le assunzioni per livello di istruzione riguarderanno per il 40,5% lavoratori con il solo
titolo di scuola dell’obbligo (intendendo con
tale termine quella prevista dalla normativa
in vigore fino all’anno scolastico 2003-2004),
per il 18,8% con qualifica professionale, per
il 33,5% con titolo di studio secondario o
Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2004
Camera
di Commercio
I.A.A.
di Forlì-Cesena
e tecnici dei servizi finanziari e assicurativi,
delle vendite e infermieri; nelle “professioni
operative della gestione d’impresa” gli addetti alla gestione amministrativa e contabile e
quelli addetti agli acquisti, logistica e magazzino; nelle “professioni operative dei servizi
e delle vendite” gli addetti alle vendite nella
distribuzione commerciale, ai servizi di pulizia, i conducenti di camion e autoveicoli per
trasporto merci; fra le
“professioni operative
della produzione industriale” i muratori, i
meccanici e manutentori, installatori di tubazioni e idraulici, sarti
e cucitori.
L A V O R O
post secondario e per il 7,2% con titolo universitario. Le assunzioni di lavoratori in possesso del solo titolo di scuola dell’obbligo
continuano quindi ad avere un peso rilevante sul complesso delle assunzioni anche se
la percentuale si riduce considerevolmente
rispetto al 2003 (58,2%).
I dati complessivi delle assunzioni previste nel
2004 e le loro principali caratteristiche sono
descritti all’interno di
“gruppi professionali”
nell’ambito dei quali è
possibile individuare le
professioni più richieste. Fra le “professioni
specialistiche e tecniche” spiccano quelle
relative agli specialisti
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