02.07.69 Sfratto ospiti canonica. Lettura bibbia davanti alla canonica BA034 (La registrazione inizia al giro 070 della prima parte della bobina). (Interventi di: Sergio Gomiti, Aldo De Santi, Alberto Parrini, Mira Furlani, Luciana Angeloni, d. Remo Collini, Vittorio Tabacchini, p. Alberto Simoni o.p.). Sergio G.: Qui si fa troppo tardi: andiamo! Volevo avvisarvi di questo: prima le cose un po' più leggere, poi si entrerà nel giro. Enzo sapete che è fuori, non è a Firenze. L'hanno invitato diversi gruppi di sacerdoti tedeschi ad andare in Germania. Avrà diversi incontri perché l'esperienza dell'Isolotto - vi si era già accennato - ha avuto dei risultati molto forti, ha stuzzicato molta attenzione da parte del clero tedesco e quindi attraverso uno che è venuto qui, un monaco che è venuto a Firenze a parlare al clero, hanno organizzato diversi incontri con il clero tedesco e quindi lui è andato su. Vi avevo già detto che il catechismo era stato tradotto in Germania e in quindici giorni l'hanno esaurito. Ora stanno traducendolo anche in Francese. Anzi se venisse qui la persona che si è interessata di questo e mi aveva detto che sarebbe venuta per un'altra cosa, per altre faccende, magari gli si può domandare a che punto è la situazione perché anche in Francia è richiesta la pubblicazione di questo documento. Vi volevo leggere una lettera che ha scritto Mario Salvadori quello che è stato qui da noi per tanto tempo, che è ancora in carcere e che è stato per molto tempo in casa nostra quando noi si stava lì in canonica. Mario è a Fossombrone e voi sapete che a Fossombrone c'è stata una rivolta di carcerati e noi si stava un po' in pensiero. Enzo gli ha scritto e lui gli ha risposto. "Cari fratelli - è del 28 la lettera - ho ricevuto la vostra lettera. Vi sono grato della vostra apprensione ma ora tutto si è normalizzato. Potete immaginare in quali difficoltà mi sia trovato anche se le mie condizioni sono precarie, ma in quei momenti si trova la forza e lo stampo di una volta. Io ho chiesto il trasferimento per Pisa e credo che mi sia concesso così sarei più vicino a voi. Vi abbraccio tutti sperando arrivi il momento che possiate fare qualcosa per me". Questo "qualcosa" per lui sarebbe questo: praticamente lui è stato molti anni fuori, già ormai circa sei anni, senza aver commesso niente per cui quello che sta scontando ora sono condanne precedenti e allora lui avrebbe intenzione eventualmente di rivolgersi al Presidente della Repubblica che tengano conto di questa sua situazione: che è stato fuori libero cittadino senza aver commesso mai nulla e quindi gli abbonino tutto il carico che invece ha e che dovrebbe eventualmente scontare. "Infatti - dice - quello che noi chiediamo è la riforma del Codice poiché molti di noi, con la faccenda della recidiva, stanno facendo della galera che non dovrebbero fare e questo è incostituzionale e quindi potremmo fare una petizione attraverso delle firme. A tutta la Comunità tanti saluti anche da parte dei miei amici. Saluti a tutti. Vostro Mario Salvadori". Questo è Mario. Voi sapete che quando uno è recidivo prima magari gli danno due anni, se poi la volta dopo commette lo stesso reato invece di pigliarne altri due glielo raddoppiano, gli tocca un altro contentino in più. Questa invece è un'altra lettera che arriva da Bruxelles, dal Belgio: "Comunità dell'Isolotto. Fratelli, siamo una piccola comunità cristiana di Bruxelles. Come probabilmente anche voi ci riuniamo di tanto in tanto per discutere liberamente vari problemi che ci interessano. Durante una di queste riunioni si è sollevato il caso dell'Isolotto. Vi scriviamo quindi per esprimere la nostra fraternità poiché siamo tutti figli dello stesso Padre. Essendo il Belgio un paese nel quale la Chiesa cattolica è meno rigida di carattere ci rendiamo conto che la vostra situazione in Italia non può essere delle più facili. Anche per questo vi scriviamo per tendervi una mano amichevole. A parte quello che è apparso nella stampa, conosciamo ben poco della vostra Comunità e quindi vi chiediamo di tenerci informati. Saremmo contentissimi di ricevere le vostre notizie insieme a qualsiasi altra notizia che vorrete inviarci. Accettate l'espressione d'affetto dei vostri fratelli in Cristo". E poi ci sono le firme di queste persone che ci scrivono di là. Queste sono le cose più leggere. Ora ci sono le cose molto più serie e sono queste: cioè a che punto è la situazione per il caso di Domenico e di Lino riguardo allo sfratto che hanno ricevuto dalla Curia. Voi sapete che giovedì scorso c'era la comparizione davanti al Pretore ed era l'ultima udienza di conciliazione. E allora l'avvocato, che cura la parte di Lino e di Domenico, ci ha mandato una lettera (e in) più ha mandato anche il resoconto, il verbale di quello che lui praticamente ha detto in questa riunione in Pretura. Il verbale è questo, suo, cioè della sua comparsa. Dice: “Pretura di Firenze: deduzioni e conclusioni. Per Lino Benvenuti gli avvocati Pasquale Filastò e Calogero Narese e il convenuto”, cioè Lino; “contro la Curia arcivescovile di Firenze nella persona dell'avvocato Luigi Figna”, che è quello che cura la parte della Curia. Dice: “il comparente Benvenuti, presa visione delle offerte della Curia precisate all'udienza 19 giugno '69 e pur conoscendo le decisioni dell'Arpino" - voi sapete che l'avvocato aveva chiesto di scindere le due persone e sembrava che la Curia anche su questo fosse d'accordo. Cioè vista la situazione in cui si trovava Domenico, Domenico avrebbe accettato la somma del denaro per lasciare libera la casa verso la fine di settembre, verso i primi di ottobre, mentre per Lino la cosa sarebbe rimasta da trattarsi perché Lino non intendeva rinunziare a questo suo diritto. Sembrava in un primo momento che la Curia avesse accettato poi invece di fronte al Pretore hanno ritirato indietro l'offerta e hanno detto: no, o tutt'e due oppure noi si va in causa. Questo si riferisce logicamente alla decisione di scindere le due persone - "ritiene di declinare le offerte stesse, Lino, mantenendo ferma la decisione già assunta alla suddetta udienza e perciò rimettendosi alla decisione del magistrato. Ma questo non deve apparire un atteggiamento di iattanza né una affermazione ingiustificatamente emulativa del suo diritto" - non è cioè che lo faccia così per picca insomma, non è una picca - "bensì questo è il risultato di una precisa presa di coscienza. Infatti, nonostante la rimozione di don Mazzi e dei suoi coadiutori l'esperienza comunitaria si svolge ancora all'interno della canonica dell'Isolotto, che quest'ultima è ancora, nonostante tutto, il luogo d'incontro dei parrocchiani così com'è l'abitazione delle famiglie dei piccoli ragazzi, famiglie create da don Mazzi, nonché la sede del laboratorio degli invalidi e pertanto il comparente non può rinunciare spontaneamente a vivere, come oggi vive, nel cuore di quella vita comunitaria. Se ne andrà se la sentenza glielo imporrà solo perché e in quanto costretto ma oggi la fedeltà, non solo e non tanto agli ideali comunitari quanto al concreto svolgersi della vita comunitaria, impediscono di accettare spontaneamente un trasloco, il quale sarebbe ben più che tale che un semplice trasloco perché significherebbe allontanamento da quello che per il comparente è ormai un fondamentale costume di vita". Lino diceva: per me questa è la mia famiglia. "Detto questo resta da trattare la causa in diritto ed in proposito si osserva fino ad ora: a) la memoria di parte avversa, 8 maggio '69, afferma che per l'avvenire vi sarà una comunità di tre religiosi ad abitare nella canonica mentre per i passato vi era un solo parroco". Loro dicevano, nel presentare le loro richieste: sì, fino ad ora era possibile perché don Mazzi era un parroco solo, ma ora noi ce ne mandiamo tre. "Nulla di meno esatto - dice l'avvocato - perché come qui è documentato anche per il passato erano tre i preti che vivevano nella canonica senza sentire alcun bisogno delle stanze occupate dall'Arpino e dal comparente. D'altronde la canonica offre oltre a quattro camere da letto ampi servizi e altre due grandi stanze come si chiede di provare con sopralluogo". Anche il seminterrato che sta giù: c'è tanta gente che vive nei seminterrati. "Pertanto una volta che l'Arpino abbia lasciato la sua stanza non si vede quale mai bisogno abbiano i nuovi sacerdoti anche della stanza del comparente". Quella di Lino. "Il punto è che lo vogliono cacciar via per divergenze ideologiche ma questo con il bisogno non ha nulla a che vedere". L'avvocato dice chiaramente: voi lo volete mandar via perché non vi torna da un punto di vista ideologico ma non perché ne abbiate veramente necessità. c) "Infine non è nemmeno vero e per lo meno non è provato che siano i nuovi sacerdoti a voler cacciar via il comparente perché l'azione è stata promossa dalla Curia". Quindi io non so come stiano le cose, dice l'avvocato, però di fatto non sono stati i preti che devono andar lì, è la Curia che ha fatto da attore in questo caso. "La quale Curia in citazione affermò di rappresentare la parrocchia perché ed in quanto quest'ultima era priva di titolare. Ebbene oggi il nuovo parroco è stato nominato. Lo ha documentato la parte attrice e pertanto praticamente se c'è qualcuno che dovrebbe mandare avanti il discorso non è più la Curia ma dovrebbe essere il nuovo parroco". Quindi sentiamo che cosa dice lui. La Curia, dice l'avvocato, non dovrebbe entrarci più nulla perché adesso tocca al parroco dichiarare se si o no, tocca a lui, è lui che giuridicamente a questo punto che deve prendere posizione, che deve dire che cosa vuole. "Questi per altro non ha assunto la causa in proprio cosicché la stessa oggi appare improcedibile per il difetto di legittimazione in cui la Curia è venuta a trovarsi". Fino a ora non c'era il titolare della chiesa quindi la Curia ha detto: me la prendo io in accollo. Oggi è nominato il titolare, quindi la Curia non c'entra più nulla. Tocca a lui. E, siccome lui non ha fatto nulla, non è legittimo procedere nella causa perché attore a questo punto deve essere, è il proprietario e il proprietario logicamente non è più la Curia ma è il Parroco. Chiaro questo discorso? E' lui, dice. Quindi questo procedimento non dovrebbe andare neppure avanti perché non ha senso, almeno che il parroco non sia lui a diventare attore nella causa. "In ultima analisi oggi spetta al nuovo parroco e non alla Curia di far valere l'ipotetico bisogno ma il nuovo parroco non lo ha fatto valere il che per un verso in diritto implica l'improcedibilità dell'azione mentre per altro verso il fatto implica che il giudice ignora se egli intenda o meno far valere il bisogno stesso". Bisogna sentire il parroco se intende o no far valere questa necessità di bisogno. "La Curia vuole preparare ai suoi nuovi parroci un piatto d'argento, una casa libera, ma oggi spetta ai nuovi parroci e non alla Curia la responsabilità di accettare o rifiutare la convivenza col comparente. Per tali motivi il comparente precisa come segue le proprie conclusioni: Piaccia al pretore in via di istruttoria" - quindi ancor prima di arrivare alla sentenza "ammettere la prova per testi dedotta in comparsa di risposta". Cioè a dire che il pretore interroghi queste persone, praticamente il parroco e gli altri e che siano loro praticamente a dare una risposta. "A fare un sopralluogo nella canonica della parrocchia dell'Isolotto per constatarne l'ampiezza e i numero e la collocazione delle stanze; poi ancora voglia il Pretore ammettere prova per testi sul seguente capitolo" cioè a dire a far mettere a verbale questo: "Il viceparroco don Gabriele ha dichiarato, anche a nome del nuovo parroco, di non aver bisogno della stanza occupata da Benvenuti Lino e quindi interroghi i testi che erano presenti a questa dichiarazione che sono Mira Furlani, Luciana Angeloni e Aldo De Santis che erano presenti". Questo è quello che l'avvocato praticamente ha detto al Pretore. La conclusione qual'è? Era l'ultima seduta per la conciliazione e quindi praticamente dovrebbe venir fuori la sentenza. Allora l'avvocato ha scritto questa lettera dicendo dopo l'udienza: "All'udienza di stamani davanti al Pretore dottor Sergio ho depositato le memorie di cui le ho dato veline, precisando anche a Verbale che l'Arpino è disposto a lasciare la stanza mentre il Benvenuti insiste per la sentenza". E' il caso che vi ho detto che avevano detto che si erano trovati d'accordo che Domenico se ne sarebbe andato, si sarebbe sistemato in qualche altra maniera però per Lino no. A questo punto è successo un colpo di scena perché l'avvocato Figna don Casini non ha aperto bocca, non ha mai aperto bocca lasciando fare al legale - ha precisato a verbale che "l'offerta di cui alla precedente udienza è da considerare come inscindibile nel senso che deve essere condizionata al rilascio di entrambi e non di uno solo dei due convenuti cosicché non è suscettibile di essere accettata da uno solo". Quindi non è nemmeno per il bisogno di una stanza, tant'è vero che - dice l'avvocato - non è per un motivo di bisogno: è perché lì non ce li vogliono. "A questo punto - dice l'avvocato - dovevo scegliere, né potevo chiedere ulteriore rinvio, dovevo scegliere il comportamento da tenere e così non potevo fare accettare a Lino il rilascio. Ho dovuto rinunciare anche per Domenico che così, nel verbale di udienza, ha preso atto del venir meno della premessa da cui era derivata la memoria scritta, possibilità di accordo separata ed ha precisato le sue conclusioni in modo identico a quelle già precisate nella memoria di Lino". [ Fare attenzione nella audizione del nastro perché a questo punto vi è una appezzatura che fa difficoltà a passare dai congegni del registratore: passare eventualmente a mano]. Così tutt'e due sono agganciati allo stesso carro. E a questo punto lui tira le sue conclusioni e dice: "ho scelto questa via anche per un altro motivo: perché così se durante questa estate i due interessati ci ripensano ed anche per l'incerto esito della causa decidono il rilascio spontaneo della stanza è sempre possibile trovare un accordo, anche perché, diceva l'avvocato, e il Pretore l'ha detto che fino a ottobre lui non darà la sentenza. E quindi fino a ottobre praticamente non possono far niente. A questo punto, quando il Pretore ha detto questo, l'avvocato Figna e così don Casini si sono arrabbiati perché avrebbero voluto, loro, arrivare alla conclusione della faccenda immediatamente, decidere tutto, mentre invece il Pretore ha detto: io fino a ottobre - è chiuso l'anno giudiziario - e quindi fino a ottobre non si dà sentenze. Quindi a ottobre si ha la sentenza. Se poi Lino e Domenico non l'accettano allora possono far causa. Però fino a ottobre è tutto fermo su queste posizioni e quindi in questo periodo di tempo c'è modo di ripensarci, di vedere un po' come si mettono le cose. Mi sembra che l'avvocato meglio di così, visto il passo indietro che ha fatto la Curia, veramente non lo poteva fare. Voce maschile: don Sergio è un parroco, vero? Lui ha spiegato tutta una legge gerarchica di quello che fanno, ma il Vangelo loro l'hanno studiato, lo sanno o non lo sanno? Gesù disse: aiutate i carcerati, aiutate gli infermi. Don Mazzi disgraziatamente ha aperto le porte a tutti, ha ricoverato tutti e ora questa gente con la legge si attivano per buttarli fuori, nella strada. Ma cosa siamo! Ma i preti lo sanno il Vangelo o no? Glielo domando. Sono preti, lo sanno. Lo sanno il Vangelo! La questione l'è questa. Io non lo so se si deve seguire una via di razza capitalistica, menzognera, di codici che hanno fatto loro in confronto dei loro interessi. Io lo domando ai parroci. Siccome io non mi sono fatto prete, se mi fossi fatto avrei fatto come don Mazzi. Non somiglio a lui ma io avrei seguito quella linea. Ma questi altri parroci la vogliono seguire quella linea, si o no? Ma lo sanno il Vangelo? Io ho fatto la quinta elementare, non sono mica una persona colta. Sergio G.: Penso che il Vangelo l'abbiano letto anche loro ma c'è modo e modo forse di leggere il Vangelo. A parte il Vangelo, secondo noi, in fin dei conti se si fanno queste cose si fanno in nome del Vangelo e non in nome di un'altra cosa: è per Gesù Cristo e per la Chiesa che si fonda sul Vangelo. Su cento padroni, ammesso anche che siano padroni, cento padroni che arrivano a questo punto per mandar via un inquilino, su cento forse ce ne saranno dieci. Oltretutto ad essere padroni siamo capitati anche con quei dieci peggio, perché gli stessi padroni, su cento, non è che tutti agiscano in questa maniera! Più o meno cercano di sistemare le cose. A parte il Vangelo, anche da un punto di vista umano sono cose queste che non si capiscono. (Non si capiscono) dal punto di vista del Vangelo e nemmeno dal punto di vista del comportamento comune. Voce maschile: Ma i padroni sono padroni, ma i preti hanno una responsabilità se no non si devono fare preti. Non dovevano accettare questa responsabilità perché non glielo comanda nessuno. Aldo D.S.: Il Parrini non c'è? Se ci vuol dire qualcosa di quello che è successo sere fa lì alla San Michele a Soffiano. AlbertoP.: Mi hanno chiesto di raccontare rapidamente quello che successe mercoledì passato alla San Michele perché riguarda proprio il problema dei carcerati di cui si è detto finora. La San Michele è una comunità giovanile che è qui a Soffiano. Si occupa prevalentemente di sport, però fanno anche delle attività di tipo culturale, per esempio: il Cine Club, dibattiti, anche una certa attività religiosa. Infatti lì c'è una cappella, viene detta la messa tutte le domeniche lì, anzi fanno anche il giovedì la messa con la predica in cui tutti possono intervenire. Loro, nel corso di organizzare questi dibattiti, hanno pensato anche al problema dei carcerati ed hanno costituito prima un gruppo il quale si è messo a lavorare nel campo dei carcerati, poi perché tutti fossero informati hanno fatto questo dibattito invitando un laureato in legge, un magistrato, un assistente sociale delle carceri che voi conoscete. Franceschini e me come psichiatra. Io non ci volevo andare, per la verità, perché mi pareva che da principio fosse meglio ne parlassero tra loro, tra magistrati, tra legali, di questi problemi. Loro fecero tante insistenze e io accettai. Dopo due o tre giorni venni a saper che questo auditorium, come lo chiamano, cioè dove si teneva il dibattito, era stato negato a voi per riunirvi in relazione al processo dei trecentocinquantotto, quanti sono. E allora io andai alla San michele e dissi che io dissentivo da questo comportamento e quindi non intendevo andare a partecipare al dibattito. Se non che nel frattempo intervenne un fatto nuovo e cioè questo: la faccenda di Domenico e di Lino maturò, vennero chiamati in Pretura e fu offerta a loro la somma di duecentocinquantamila lire oppure l'affitto di sei mesi purché si levassero di torno. Allora io ritenni opportuno andare alla San Michele perché non tanto evidentemente denunciare questo fatto in se stesso quanto per inquadrare questo fatto nell'insieme del problema dei carcerati. Vale a dire questo: se c'è un punto - quello che io dissi - che fa assomigliare i malati di mente, di cui io mi occupo, e i carcerati questo punto è la difficoltà che questa gente trova a rientrare nella società una volta che finisce la pena oppure che esce dal manicomio. Ora il modo migliore non è certamente quello di creare degli istituti particolari - io ricordo di aver parlato qui da voi, non so chi c'era, anche del problema dei malati di mente - non è quello di creare degli istituti apposta per metterci questi scarti. E' vero che ormai hanno passato il periodo più brutto ma sono rimasti degli scarti ma è quello di inserire questa gente in una vera comunità umana che li sappia accogliere, che sappia ascoltare le loro esigenze, i loro bisogni e quindi faccia loro ritrovare una dimensione umana. E appunto per questo dissi a loro che avevo avuto delle perplessità se partecipare o no a questo dibattito proprio perché loro avevano negato la loro sala all'Isolotto dove proprio si era realizzato negli ultimi anni un esperimento di questo tipo. Su sei ex carcerati che voi avete accolto, questi sono i dati che mi sono stati forniti, nel giro più o meno di otto anni, dunque uno soltanto è ritornato in prigione avendo fatto un altro reato, però ha scritto una bellissima lettera, anche più d'una che io ho letto dove fa capire come l'insegnamento che ha avuto qui ha avuto un peso su di lui nonostante che poi non abbia avuto la forza poi di superare la tentazione, di provare di nuovo. L'altro è quello che credo vi ha scritto oggi, cioè che è stato accolto qui da voi e che era malato e quindi in prigione non ci stava più bene e allora fu messo fuori. Appena ci si accorse che questa malattia non era così grave da farlo morire allora l'hanno ripreso, l'hanno rimesso dentro per fargli finire di scontare la pena. Un altro è malato: Domenico; gli altri tre sono fuori, lavorano, hanno trovato un inserimento nella società, nel mondo. Ora io dissi che questi fatti ci devono far riflettere e soprattutto noi credo - dissi in conclusione - che dovremmo prendere posizione, esprimere il nostro dissenso intorno a quanto si va cercando di fare nei confronti dei due ex carcerati attualmente all'Isolotto, perché si viene a togliere loro, mandandoli via dalla canonica, quell'appoggio di cui loro hanno bisogno per terminare il loro reinserimento. Questo discorso fu accolto da qualcuno e non fu accolto da qualche altro e successe un certo dibattito piuttosto vivace nel corso del quale anzi io fui investito da un magistrato il quale disse che io potevo essere denunciato perché avevo detto che erano state offerte duecentocinquantamila lire e quindi avevo offeso la magistratura perché avevo dimostrato in questo modo che la magistratura può farsi corrompere. Io gli ribattei dicendo che quando don Panerai qui in chiesa disse per due volte- ricordo bene perché c'ero - :se stasera vi comportate bene anche il processo finirà bene. Non so se ve lo ricordate. Nessun magistrato alzò la voce per dire che era stata offesa la magistratura. E questo mi sembrava un atto molto grave. In ogni modo questa è la situazione. La gente che era presente lì al San Michele ha certamente preso coscienza del problema anche se non c'è stata una adesione, anzi c'è stato un certo scontro e tuttavia il discorso è entrato. Quello di cui loro mi hanno rimproverato è stato questo: che io facevo un pochino la parte dell'Isolotto, pur non essendo dell'Isolotto, cioè appoggiavo troppo apertamente e sfacciatamente il tentativo dell'Isolotto di compromettere tutti gli altri nel suo discorso. Io risposi che primo: quando io o qualcuno della mia comunità ha avuto qualche critica da fare all'Isolotto gliela ha fatta molto apertamente e non ha aspettato che nessuno gliela mandasse per scritto, è venuto qui e l'ha detto, così dovrebbero far loro; secondo: il problema pratico che si poneva quella sera non era tanto quello di approvare la linea pastorale, la linea catechetica, la linea dell'Isolotto tanto per intenderci, ma era quello di fare un atto di solidarietà nei confronti di un esperimento che può essere l'unico valido perché la gente che esce dal carcere possa ritrovare una vita. Questa è in breve la sintesi di questo incontro. Ora io termino perché tra l'altro mi aspetta fuori l'avvocato Mori e anche altri uomini di legge perché desiderano continuare a dire che erano presenti mercoledì e desiderano continuare questo discorso e vedere se questo discorso può trovare uno sfocio pratico. [Qualcuno chiede ad Alberto P. di parlare della mozione perché se non se la sente ne parlerebbe lui]. No, io presentai la mozione, una mozione nella quale dicevo : primo: gli ex carcerati possono trovare un riferimento valido soltanto in questo modo. Siccome si sa che all'Isolotto sta succedendo questo, cioè con minacce, con ricatti morali eccetera, si cerca di mandare via questa gente, allora la nostra coscienza umana e cristiana - e lì appunto siamo in un ambiente cristiano - si ribella di fronte a questo. Io proposi questo discorso nella mozione e questa mozione fu immediatamente respinta da uno dei massimi dirigenti della San Michele perché lui diceva che un dibattito non è un luogo di mozioni; d'altra parte la San Michele condivide l'esperienza dell'Isolotto in maniera soltanto molto limitata. Fu qui che appunto gli dissi che non si tratta appoggiare in questo modo l'esperienza intera dell'Isolotto ma di dare atto di un fatto. E qui successe poi tutta la bisticciata, il dibattito, l'accusa del magistrato, si fece le due e la Mira se lo ricorda bene. Se vuole aggiungere qualche cosa è padronissima di farlo. Io voglio essere discreto e non aggiungo altro. Mira F.: Io no. Alberto P.: Comunque io credo che quello che Mira dirà è senz'altro corrispondente a quello che è successo. Mira F.: A me piace far nomi e cognomi perché in certe situazioni è bene avere le idee chiare. Alberto P.: Io posso andare comunque. Voi potete continuare. Mira F.: Liberati pure dai nomi e cognomi. Il massimo esponente della San Michele si chiama don Lupori, don Mario Lupori che è stato un tempo nostro amico. Quando il professor Parrini ha presentato la mozione e che dalla gente cominciava ad essere accettata e firmata ha preso il microfono in mano e ha detto: "Qui non si firma nessuna mozione. Della San Michele rispondo io. Firmate le mozioni fuori, fate quel che vi pare ma qui dentro niente. Io ho condiviso in minima parte la linea dell'Isolotto ma in massima parte non sono d'accordo per cui qui non si firma nessuna mozione. Al che gli è stato detto che non si tratta di condividere o meno la linea dell'Isolotto ma di vedere, di dare atto che un esperimento positivo era stato fatto con gli ex carcerati eccetera, non c'entrava per niente l'Isolotto. Lui ribatteva molto irato, molto arrabbiato: "Non si fa nessuna mozione, se firmate la mozione io domani sul giornale smentisco qualsiasi legame tra la mozione e il dibattito fatto stasera": Al che io - c'erano stati vari interventi, avevo fatto un intervento , anche Emma, eccetera, e dissi: "Questo non è un modo democratico di comportarsi, è la gente nel dibattito che accetta o meno la mozione. Si fa ai voti. Può essere anche respinta la mozione ma non una persona perché comanda dice: "Non si fa una mozione". Democraticamente si mette ai voti. Lui si è alzato e dice: "Io non sono una persona democratica. Signorina non mi rompa i coglioni". Così le parole di fronte a una assemblea di gente, al che io mi sono zittita e le persone più democratiche hanno continuato a parlare più seriamente, ovviamente, sino a che questo don Mario Lupori si è rivolto a un suo subalterno e gli ha detto: "Spegni le luci". E così ci hanno costretti ad uscire. Luciana A.: Lasciamo perdere. Sono cose che capitano. Mercoledì scorso decidemmo insieme che non avremmo continuato ad andare in canonica a leggere la Bibbia insieme. Mi sembra che già mercoledì scorso era successo che don Pietro ci aveva mandato fuori. Non ci permetteva, finché lui non lo decideva, di continuare a incontrarci in canonica a leggere il Vangelo insieme. Io vi ricordo che noi avevamo già proposto a lui di fare lui la riunione sul Vangelo e noi avremmo partecipato alla riunione con lui. Noi avevamo incominciato da noi a fare questi incontri. Ci siamo andati per alcune sere perché don Pietro non c'era. Poi, venuto don Pietro, ha detto che lui non permetteva. Allora noi gli abbiamo fatto notare che lui impostava un rapporto di autorità con noi perché per noi la canonica era un luogo aperto a tutti e quindi non eravamo abituati a sentirci dire: no, andate fuori, io qui non permetto. Lui non ha saputo dire niente. Ha continuato a dire che lui non permetteva e che quando lui lo permetterà noi potremo andare a fare le riunioni. Allora noi gli abbiamo detto: "Lei non permette, ci manda fuori e quindi noi continuiamo a leggere il Vangelo fuori". E noi abbiamo continuato a leggere il Vangelo fuori. Mercoledì scorso si decise in questo senso: tutte le sere, dalle sette alle otto, ci sono sempre delle persone, ci si trova e si legge il Vangelo. A questo proposito io direi che non ha importanza il numero; è importante però che ci si senta responsabili di questa presenza lì davanti perché mercoledì scorso si decise tutti insieme: sì, bisogna continuare ad andare a leggere il Vangelo, anche lì fuori: al freddo o al sole come già siamo abituati a fare ormai da tempo, scacciati. Però è importante che questo impegno sia un po' un segno responsabile, nei limiti delle nostre possibilità, perché tutti lavoriamo e tutti siamo molto stanchi la sera e quella è un'ora molto brutta. Quindi non ha importanza che ci siamo tutti o molti però è importante che ci sia un impegno da parte di tutti in maniera anche che ci si scambi un po', che non siano sempre gli stessi perché diventa pesante tutte le sere, sempre gli stessi trovarsi in quanto sinceramente tutti ci abbiamo degli impegni. Invece se ci si scambia un po': una sera un gruppo, una sera un altro è un po' un alleggerimento per tutti e una partecipazione di tutti alla lettura del Vangelo. C'è stato un fatto nuovo molto importante e mi sembra che sia successo giovedì o venerdì. Venne don Masi. Venne don Masi qui con noi alla riunione della lettura della Bibbia lì davanti e si cercava di spiegare, di parlare e don Masi capì benissimo l'importanza che uno di loro sacerdoti venissero con noi a leggere la Bibbia, stessero in mezzo a noi il più possibile. Stasera c'è don Collini con noi. E noi dicevamo: noi non siamo qui davanti per ripicca. E' sorto anche questo problema nel discorso. Noi siamo qui davanti perché loro ci scacciano. E loro ci scacciano perché loro vogliono fare la loro parrocchia all'Isolotto buttando fuori noi. E siccome noi siamo una comunità viva che ci troviamo perché sentiamo fortemente certe cose e noi non rinunceremo mai a trovarci per portare avanti queste cose che noi sentiamo fortemente e con la fede con cui ci crediamo, se loro ci scacciano e noi continuiamo il nostro cammino per conto nostro, cosa succede? Succede che all'Isolotto c'è la parrocchia Chiesa apostolica romana con i Pietri, i Giovanni e i Gabrieli e quel gruppo di persone che sono lì e non fanno una mano e soprattutto (non sanno) fare a meno dei riti e certe forme, eccetera e poi ci saremmo noi che saremmo buttati completamente fuori dalla Chiesa. Sarebbe un buon motivo per buttarci fuori completamente e quindi per considerarci degli eretici, degli anatemi. Ora questo noi non lo vogliamo perché abbiamo lottato per otto mesi proprio perché noi riconosciamo in noi la Chiesa e perché noi ci riconosciamo nella Chiesa e nella diocesi fiorentina e non per niente per tanti mesi abbiamo chiesto al Vescovo di venire in mezzo a noi. Se noi non credessimo nella Chiesa e nel Vescovo e nella Comunità diocesana non avremmo chiesto per tanto tempo al Vescovo di venire in mezzo a noi. Quindi loro cercano di buttarci fuori dalla Chiesa e questa è una cosa molto brutta. E allora noi abbiamo detto a questi sacerdoti: "Noi non vi si chiede niente, però è importante perché finché voi rimanete in mezzo a noi come parroci di altre parrocchie, come sacerdoti della diocesi fiorentina, non potranno buttarci fuori anche se don Pietro ci butta fuori dai locali della canonica. E questo don Masi e gli altri sacerdoti lo hanno capito e anzi si sono impegnati a partecipare attivamente alla nostra vita comunitaria perché insieme con noi si riconoscono comunità con noi e riconoscono noi e loro Chiesa. E allora don Masi tutte le sere viene lì insieme a noi a leggere la Bibbia. Questo è un contributo molto importante, per noi è una cosa molto importante. Per ora è venuto don Masi ma certamente verranno altri nei limiti delle possibilità di tempo. Don Masi è il più vicino di quella ventina di sacerdoti che ci sono vicini. E ci troviamo lì tutte le sere. E' importante continuare a trovarci lì: noi lo crediamo. Anche se siamo pochini è importante prima di tutto perché è una testimonianza di fede da parte nostra e poi perché noi non vogliamo rinunciare veramente né alla nostra chiesa né alla nostra canonica perché noi sentiamo che è nostra. Ora ci tengono di fuori con una scusa: cioè non una scusa, hanno detto che non ci vogliono chiaramente però ci costringono a stare fuori perché lì stanno imbiancando i locali, risistemando, pulendo, eccetera. Ci costringono quindi a stare fuori. Finché loro continuano a pulire lì dentro, noi rimaniamo fuori affinché quando, al momento in cui i locali saranno a posto, saranno sistemati, siccome sono locali che sono anche nostri perché noi sentiamo che sono anche nostri, noi torneremo di nuovo a leggere la Bibbia in canonica e vedremo se don Pietro ci manderà fuori e manderà a chiamare la polizia. Io non lo so. Siccome per noi leggere la Bibbia è importante, ritrovare la verità e l'unità attraverso la lettura del Vangelo fatta con i preti è una cosa importante, e siccome loro sono venuti qui a creare la divisione e noi si propone loro il Vangelo per ricreare unità nella nostra parrocchia attraverso la Parola di Dio e loro la rifiutano, noi continuiamo a riproporla questa. Quindi appena saranno i locali pronti noi continueremo a entrare, don Masi e altri sacerdoti entreranno con noi in canonica a leggere il Vangelo e aspetteremo con che mezzi continueranno a buttarci fuori. Perciò dicevo che è importante continuare, è importante partecipare un po' a turno perché non ci si stanchi troppo. Ed è molto importante anche la lettura del Vangelo che noi facciamo perché ci si accorge che abbiamo delle possibilità enormi di scoprire delle grandi verità attraverso la Parola di Dio. Dopo la sofferenza che abbiamo sofferto per otto mesi, dopo le cose che abbiamo sofferto in questo tempo, ora siamo disposti e disponibili a capire profondamente la Parola di Dio. Diceva stasera una signora, una signora molto anziana che ora qui non vedo, con i capelli molto bianchi, che diceva: "Io ho capito più del Vangelo in questi ultimi mesi che non in settanta anni di vita in cui sono stata tutte le domeniche alla messa e non ho capito tanto". Una signora le dava ragione: "Anch'io ho cinquanta anni e ho capito più ora di quanto ho capito in cinquant'anni da tutte le prediche che ho sentite e da tutte le chiese in cui sono stata". Queste sono persone che come noi, come la maggior parte di noi, hanno partecipato per cinquanta, settanta, quaranta, trenta, vent'anni alle messe, che hanno creduto profondamente nel Vangelo e oggi si trovano a riscoprirlo di nuovo. Queste sono cose molto importanti e sono una spinta fortisssima per andare avanti. don Remo C.: Due parole sole riguardo a quello che ha detto Luciana. Dunque io qui stasera, come le altre volte, non vengo come individuo privato. Sono un parroco della Chiesa fiorentina, non di tutta la Chiesa, dentro la Chiesa fiorentina e io vengo anche come tale: questo si capisce. Non posso portare dietro "parroco con la solidarietà della Comunità" per le ragioni che vi ho spiegato molte volte, perché è un ambiente in cui ancora certi discorsi è un po' difficile farli, però io, in quanto mi sento corresponsabile un po' di tutto quello che avviene nella Chiesa fiorentina, sono qui presente. Dunque quello che diceva Luciana riguardo alla presenza di don Masi in questi giorni là alla meditazione del Vangelo, dopo comincerò anche io, verrò anche io se ne avrò la possibilità, ci sarò presente anch'io, ci vengo anch'io per continuare questo collegamento, mantenere questo collegamento, questo riconoscimento di voi come parte della Chiesa fiorentina, anche voi in questa situazione così dolorosa. Questo sia chiaro, anzi ho intenzione di dirlo personalmente all'arcivescovo. Mira F.: Quello che conduce l'assemblea stasera mi dice che non ci sono altre cose. Allora io prima che qualcuno di voi dica quello che ha da dire ripeto la faccenda del Notiziario. Questo notiziario è di un foglio ma è la sintesi di tutta la nostra situazione. E' piuttosto importante perché soltanto guardando la prima pagina ci si mette le mani nei capelli. Dico se ci sono operai, se ci sono studenti, se ci sono impiegati che domani vanno a lavorare e vogliono prendere un po' dei Notiziari e portarli nei loro luoghi di lavoro, se c'è la Cristina per portarli ai postini, me lo hanno chiesto, li prenda e li dia. Aldo D.S. Ci sarebbe da dire questo a proposito delle riunioni che si fanno la sera lì davanti. Come ha detto la Luciana è bene darsi un po' il cambio, che venga qualcuno di novo, qualcuno che non c'è mai venuto, anche per non dare l'impressione di essere sempre i soliti. Il fatto di esser lì è molto importante perché testimonia appunto che noi siamo sempre lì davanti a loro e che non intendiamo abbandonarli così. Se c'è qualcuno che a proposito delle riunioni che si fanno lì davanti ha qualcosa da dire è bene che venga qua al microfono a parlarne. Sergio G.: Ci sono altre cose, ci sono anche dei preti, ce ne sono diversi, se hanno da dire qualcosa. A noi ci va bene tutto quello che fraternamente, serenamente ci viene detto anche se ci sono degli appunti da farci. A noi ci va molto bene, si è sempre chiesto questo. Non siamo delle persone che pensano di far tutto bene. Per carità di Dio: ci mancherebbe altro! Quindi se qualcuno anche di voi vuole dire qualcosa... Io volevo dire questo anche: sono andati su al campo i ragazzi scout. Quest'anno si è fatto un po' uno sforzo, anche i ragazzi hanno chiesto alle famiglie uno sforzo maggiore. Gli altri anni si faceva il campo su per giù vicino. Vi parlo di questo perché sono sempre dei nostri ragazzi. Praticamente molti dei nostri giovani che voi vedete, che sono in mezzo a noi, sono passati anche attraverso di lì. E una cosa seria, sono ragazzi che veramente vengono su bene, ecco. Gli altri anni i campi si erano fatti qui vicino, vicino per modo di dire: ottanta, cento chilometri, non oltre. Quest'anno invece si è avuto occasione di fare il campo insieme ad altri scout non italiani ma svizzeri. Quindi sono partiti stanotte, ieri sera a mezzanotte sono partiti e sono andati su in Svizzera a fare il campo insieme a quest'altro reparto. Siccome Enzo è fuori, Paolo lavora, io non sono andato via insieme con loro ma vado su domenica sera, cioè dopo l'assemblea, a mezzogiorno io vado su e vado a raggiungerli a Lavignio e sto con loro fino alla fine del campo. In questo periodo ci sarà anche un'altra cosa da fare. Si approfitterà anche di questo perché a Coira, in Svizzera, c'è un Symposium, così lo chiamano, cioè c'è una specie di riunione di tutti i vescovi europei. A questa riunione sono invitati dei gruppi di laici, dei gruppi cattolici di tutta quanta l'Europa, dalla Francia all'Olanda, al Belgio, all'Italia, eccetera. E allora ci hanno fatto sapere che il gruppo italiano che è stato prescelto per andare su è l'Isolotto. E allora, che volete! Per questo bisogna, anche di fronte a tanta gente che non capisce e non vuole capire, sì, lì per lì fanno anche rabbia, ma che volete? Bisogna essere grandi, lasciamoli perdere, è gente poerina, poerina. Non montiamoci in superbia, no, ma a un certo punto non è superbia, è realtà. Se l'Isolotto è un nome grosso, ed è veramente grosso fuori guardate, molto grosso, non è certamente per gli scemerelli, è perché si è portato avanti insieme un discorso serio sul Vangelo e su la Chiesa. In questo senso dell'Isolotto ne parlerà la storia, ne parlerà il mondo, ne sta parlando il mondo e gli altri si contentano dei cantuccini e delle ragnatele. Che ci volete fate? Pazienza! E' triste perché vorremmo che anche loro aprissero la loro testa e collaborassero perché il mondo cambiasse e la Chiesa fosse più aderente al Vangelo. Se a un cero momento uno proprio 'un vole, 'un vole, 'un vole faccia lui. In ogni modo andrò su a trovare i ragazzi e poi con alcuni si va lì e ci incontreremo con queste persone, con questi vescovi, con questa gente che vengono un po' da tutte le parti d'Europa e quindi parleremo di questi problemi, presenteremo anche i nostri problemi perché poi, oltretutto, non si ha bisogno di far tanti discorsi inutili perché ormai la documentazione è così chiara che lo dicevo dianzi, quel libretto che tradotto in tedesco lo stanno traducendo in Francese, il libro lo stanno traducendo ugualmente in Francese e in spagnolo, quindi sono cose su le quali possono anche documentarsi. In ogni modo si va su e ci incontreremo con tutti questi gruppi che sono stati invitati, che sono stati chiamati e lì presenteremo un po' quello che secondo noi è il modo di vedere il prete, di vedere la Comunità cristiana. Quindi andremo e faremo questo servizio che ci viene richiesto. Quindi ci incontreremo con loro e poi ci incontreremo con tutti gli altri movimenti europei che desiderano una Chiesa come si è sospirato noi e come direi desidera la maggior parte della gente, la maggior parte di quella gente anche che, a un certo momento, non ha avuto fiducia nella Chiesa e ha incominciato un po' a ritrovarla. Ora non è che noi si sia i poveracci, ma quello che si chiama il mondo dei poveri, la massa della gente che ha perso tanta fiducia nella Chiesa perché non ha visto mai la Chiesa appoggiare le loro esigenze, non l'ha mai vista dalla sua parte, ha avuto a un certo momento l'impressione con Papa Giovanni, col Concilio, con certe esperienze che ci fosse una speranza, che la Chiesa cioè a dire la si decidesse a mettersi dalla parte di coloro in cui si è messo Gesù Cristo e poi a un cero momento ha detto: "Ma allora, che ci prendono in giro? Ma qui ci deludono"! Noi non vogliamo deludere la gente, non vogliamo che la Chiesa deluda il mondo: questo noi non lo vogliamo. Non vogliamo che il mondo di fronte alla Chiesa rimanga deluso. Noi vogliamo che la Chiesa assolva il suo compito per cui sia realmente sorgente di speranza per tutto quanto il mondo e quindi, insieme a questi gruppi, faremo un discorso di questo genere. Quindi sabato torna giù Enzo, domenica vado su io, ci incontreremo con questa gente. Io penso che sarà una cosa molto importante questa, perché avremo modo di entrare in contatto con tante persone e con persone anche che sono qualificate. Non c'è da dimenticare che poi ad ottobre a Roma ci sarà il Sinodo e quindi si riuniranno i vescovi di tutto il mondo, tutte le commissioni episcopali e allora capite che per chi ha il naso soltanto fino al Ponte alla Vittoria è un guaio. E' vero questo, perché la Chiesa non è soltanto fino al Ponte alla Vittoria, dal giornalaio di piazza dei Tigli ai Giudici e Casali. La Chiesa non è soltanto questa, non è Chiesa, soltanto piazza San Giovanni. La Chiesa è grande, c'è tanta gente nella Chiesa. Non è un discorso sciocco perché tutta quella gente, che magari a un certo momento vede anche male, non condivide queste linee qui, sono con il naso appiccicato alla televisione quando fanno vedere tutto ciò che succede in Brasile, in Argentina, in Francia. Tutte le altre esperienze al di fuori d'Italia le televisioni le danno. Allora tutta questa gente: "Ma l'hai visto? Ma guarda! Hai visto la Chiesa"! eccetera. Sono loro stessi che dicono che va loro bene a quel modo. Qui ce l'hanno e non gli va bene. Però noi si sa che mentre non la fanno vedere in Italia l'esperienza dell'Isolotto gira in Germania, Francia, in America, dappertutto. Tanto è vero - e questo ve lo dico con cose di fatto - spesso vengono da noi a chiederci un commento parlato, un commento scritto perché alla televisione americana, alla televisione inglese, alla televisione olandese, alla televisione tedesca, dappertutto, fanno girare i documentari dell'Isolotto e manca loro il commento parlato perché è gente che è venuta qui, ha filmato, ha visto e la televisione nazionale di quei paesi la fanno vedere come a noi fanno vedere Pellegrino, Camara, laggiù fanno vedere le cose dell'Isolotto. In Italia, c'è anche questa, in Italia purtroppo c'è questo fatto che alla televisione molte volte hanno fatto la proposta, non noi, ma alla televisione stessa hanno fatto la proposta di dare alla televisione italiana qualcosa si l'Isolotto ma c'è un veto, non si sa da che parte venga, ma non se ne può parlare per ora. Ne parleranno poi in seguito. Basta che cambi qualcosa. Quindi noi non dobbiamo demoralizzarci in questo anche se in dei momenti viene la voglia di dire: ma insomma, si lotta (inutilmente). No, perché la nostra lotta certamente avrà un buon fine perché la strada è buona, perché la strada è giusta, perché il mondo si muove in questa maniera, la Chiesa si muove in questa maniera. E' un carro che va avanti anche se c'è chi fa la martinicca, ma le ruote le girano, girano abbastanza e certamente piano piano si va avanti. Non ci demoralizziamo: la lotta che si fa noi non è soltanto qui per l'Isolotto che ha anche pochissimo senso. E' una cosa che serve veramente alla Chiesa e serve veramente al mondo. Quindi io cercherò di portare su oltretutto la documentazione in diverse lingue. I notiziari che noi abbiamo alcuni si faranno in francese, in tedesco e in inglese oltre che in italiano e si daranno a questa gente perché loro prendano visione di come stanno veramente le cose perché da molte parti chiacchierano, chiacchierano e sentite la gente: "l'Isolotto! eh! sono disubbidienti!" "Ma scusa - gli dite voi - in che cosa"? "Boh!" "Si è disubbidienti, ma se uno ha disubbidito, in che cosa?" "Siete disubbidienti!" Però non siamo riusciti ancora a sapere in che cosa. Quindi capite: screditare la gente come quando si dice a una persona: "Tu sei una… persona poco per bene". Si butta, sì, il fango addosso a quella persona però è una calunnia se non ci sono delle prove chiare e precise. Ora tiriamoci fuori quindi da questa situazione e pensiamo che il lavoro che si fa noi è valido veramente perché si pone di fronte al mondo. Quello che si fa qui, guardate bene e questo dovrebbe pensarlo anche qualcun altro - è, volere o no, di fronte al mondo. Il mondo guarda: guarda chi va avanti e guarda chi tira indietro, guarda chi ha il coraggio di compromettersi e guarda i fifoni, guarda chi fa le cose per disinteresse e guarda chi le fa per interesse e domani la storia, il mondo, gli uomini e anche Dio giudicherà queste cose. Non soltanto Dio ma anche gli uomini, anche gli uomini perché gli uomini poi rendono giustizia e anche la storia rende giustizia. Quanta gente è stata fatta sparire e dopo dieci hanno detto. "Uh! L'hai visto?" A volte lo fanno per interesse però anche la storia renderà giustizia. Se qualcuno vuole parlare e dire qualcosa venga. Vittorio T.: Io vorrei dire, siccome qui ci sono alcuni sacerdoti, non perché noi vogliamo fare qualcosa di speciale, siccome la nostra esperienza è una esperienza e vogliamo che tutti diano il contributo per migliorare la nostra Chiesa, siccome siamo affezionati alla nostra Chiesa cattolica desidereremmo che questi nostri sacerdoti qui presenti ci dessero qualche impressione, diciamo. Per noi è molto utile. Noi non siamo orgogliosi. Noi vogliamo proprio portare avanti la linea evangelica, cioè a dire prendere alla lettera l'insegnamento di Cristo che ci dia veramente la testimonianza pratica del conviver pratico nel mondo. Noi non vogliamo fare i farisei. E' questo che a noi ci dispiace: non vogliamo fare la Chiesa trionfalistica cioè che vuole far vedere del teatro, non delle cose serie, le cose come si parlava prima della questione dei carcerati, della questione di quelli che soffrono, che hanno bisogno di un aiuto non di una elemosina, un aiuto cristiano, non una elemosina farisaica. Con questo noi chiediamo appunto a questi nuovi che frequentano il nostro ambiente che ci diano la loro ispezione perché noi l'accettiamo con amore proprio perché vogliamo migliorare. Anche noi siamo dei peccatori e con questo intendiamo sempre perfezionarci e per questa convinzione che siamo convinti anche noi di sbagliare vogliamo che la gente ci illumini dei nostri sbagli. E' un favore che noi si chiede, diciamo così. Voce maschile: (parla) padre Simoni. p. Alberto S.: Sono venuto qui altre volte e posso dire sinceramente questo che l'impressione mia di questa sera è stata molto diversa e direi anche più favorevole rispetto alle altre volte, in questo senso: mi sembra, che al momento attuale, la questione non sia più tanto Isolotto, Vescovo e roba del genere ma sia diventata veramente come mi auspicavo, speravo e desideravo una questione della Chiesa e del Vangelo da portare quindi avanti in modo diverso proprio di fronte al mondo. Su questa linea qui io non posso che essere favorevole al 100%. [Applausi]. Naturalmente tanto in quanto che portare avanti questo problema non è soltanto dell'Isolotto ma effettivamente è di tutti anche se noi ci troviamo a vivere in ambienti diversi, forse meno favorevoli, meno preparati e più in ritardo rispetto a voi. Si tratta veramente, nei limiti del possibile, di darci la mano. Una cosa mi dispiace in questo senso che non potrò continuare a partecipare con voi e ad essere presente perché io dovrò fare le mie valigie e sparire da Firenze. A questo proposito vi debbo dire che io mi trovo qui stasera proprio perché ero venuto fin dalle sette, alle ore diciannove, per partecipare alla lettura del Vangelo. Voce femminile: Comunque è invitato, siccome noi siamo lì tutte le sere, naturalmente non sarà tutte le sere, ma quando può, a venire. p. Alberto S.: Possibilmente con i miei impegni, volentieri. Aldo D.S. A questo punto credo che sia l'ora di andare a letto. Però c'è un'altra cosa da dire: domenica mattina come sempre c'è l'assemblea alle dieci e mezzo lì davanti alla chiesa e venerdì sera qui si prepara l'assemblea. Se qualcuno può venire viene qua dalle sei alle sette, qui in segreteria, e si preparano le letture per domenica. [Termina l'assemblea del 2 luglio '69]