n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
Free TV Alliance
l’alta qualità
(gratis) arriva
dal satellite
È nata – nel silenzio della stampa generalista
italiana - la Free TV Alliance, un organismo
a carattere europeo in grado di ridefinire il
quadro televisivo continentale e di dare la
necessaria svolta allo stantio scenario italiano,
attualmente incapace di allestire un’offerta
gratuita HD più che occasionale.
Free TV Alliance associa le quattro piattaforme
satellitari gratuite di Francia (Fransat), Gran
Bretagna (Freesat) e Germania (HD Plus, che
dovrebbe ufficializzare a breve la sua adesione) e Italia con la nostra TivùSat. Insomma, già
oggi, in attesa di altre adesioni, i mercati che
contano in Europa per un totale di 10 milioni di
utenti attivi. Lo scopo principale della Free TV
Alliance, è definire una piattaforma comune
tra tutti i servizi satellitari gratuiti (ma che per
motivi di diritti devono essere criptati) in modo
tale da mettere in condizione i produttori di TV
e decoder di realizzare apparecchi compatibili
non con un solo mercato per volta (come per
esempio accade oggi con l’mhp, che c’è solo
in Italia) ma per l’intero continente. Insomma
lo scopo è di fare massa critica per poter
convincere i produttori TV ad implementare
nei propri apparecchi i moduli necessari per
garantire la compatibilità con un framework
evoluto che possa essere strumento per offrire
servizi compositi, non solo fatti da canali TV
lineari in alta qualità, ma anche dall’integrazione virtuosa tra emissioni satellitari, EPG
intelligente, interattività e streaming via rete. Il
tutto con l’utilizzo di piattaforme aperte e che
non “facciano ostaggi” tecnologici.
La Free TV Alliance potrebbe sembrare solo il
solito organismo con valenza più “politica” che
concreta, teso a distribuire cariche di prestigio
e garantire ai manager coinvolti qualche
intervento in più ai soliti convegni. Invece è a
nostro avviso il passo decisivo che permetterà
(se gli sarà permesso di farlo) di allestire entro
qualche anno un’offerta televisiva gratuita finalmente all’altezza delle aspettative qualitative
degli utenti italiani ed europei.
La via per la qualità, HD in primis e 4K poi,
passa categoricamente per il satellite: il digitale
terrestre – anche se nessuno vuole dirlo – non
ha futuro. La banda dei 700 MHz è stata
recentemente “blindata” a livello comunitario
per rimanere nelle mani dei broadcaster TV
fino al 2018-2020, ma è solo un rinvio di un
ridimensionamento già scritto e ineluttabile. In
questa situazione, le prospettive di portare su
digitale terrestre molti canali HD (potenzialmente tutti) sono assolutamente remote: con soli 14
mux nazionali disponibili non ci sarà spazio per
un simulcast DVB-T/DVB-T2 mentre il ricorso
allo spegnimento del DVB-T è a detta di tutti
non praticabile: vorrebbe dire cambiare ancora
tutti i TV e i decoder. Di 4K non parliamone
neppure: chi prevede un futuro Ultra HD sul
digitale terrestre, racconta balle. Il tutto in un
panorama legislativo chiaramente scritto da
incompetenti, visto che prevede un obbligo di
avere solo TV DVB-T2 nei negozi a partire dal
prossimo gennaio, ma senza alcun riferimento
alla compatibilità con il codec HEVC; mentre se
mai ci sarà DVB-T2 – è oramai evidente - sarà
categoricamente HEVC. Ma probabilmente sul
digitale terrestre potremmo non vedere mai né
l’una né l’altra cosa.
Nel frattempo tutti i TV di gamma medio-alta
MAGAZINE
Serie TV
Dal 2015 Deezer farà Samsung molla
Tutte le novità in
streaming FLAC
Basta PC in
arrivo quest’anno 13 anche in Italia
2 Europa
4
Microsoft riparte da Windows 10
Abbiamo installato e provato la Technical Preview
Il nuovo sistema operativo è quello che avremmo voluto
già ai tempi di Windows 8: veloce, semplice e “familiare”
08
In prova iPhone 6 e 6 Plus
Più display, meno spessore
a un prezzo che resta alto
I nuovi smartphone Apple dallo schermo
“ingrandito” sono entrambi ottimi prodotti
Si sente la mancanza di un entry level
da 32 GB e l’acquisto almeno del 64 GB
(scelta quasi obbligata) tiene in alto i prezzi
IN PROVA
38
Surface Pro 3
potente e leggero
46
Bravia X85, il 4K
Sony ora costa meno
26
vengono già offerti oggi con doppio tuner
terrestre e satellitare; ma quest’ultimo, in
mancanza di uno standard unico, non sempre
è compatibile con le piattaforme nazionali
satellitari free; e infatti si utilizza raramente e
spesso rappresenta un valore del tutto trascurato dagli utenti; e di conseguenza un cattivo
investimento per i produttori. Una piattaforma
unica e condivisa metterebbe in condizione i
produttori di TV di realizzare apparecchi compatibili con i nuovi servizi e distribuibili, senza
modifiche né personalizzazioni, nei principali
Paesi europei. Sulla base, poi, di un installato
interessante, i broadcaster potrebbero allestire
canali HD come piacciono a noi, cioè a bitrate
finalmente generoso; e magari sperimentare
anche trasmissioni 4K di cui solo il satellite può
gestire la larghezza di banda.
Quindi, tutto facile? Per nulla: bisogna per
prima cosa neutralizzare le ritrosie e i “freni a
mano” di quelle istituzioni pubbliche e private
che più o meno alla luce del sole non vogliono
levare centralità alle offerte pay; e in questo è
vitale il ruolo di pungolo delle associazioni dei
consumatori (ammesso che capiscano la centralità della questione) e dell’opinione pubblica
(ammesso che i mezzi di stampa generalista
diano rilevanza all’argomento). Bisognerà poi
aspettare qualche stagione perché i semi piantati oggi nella Free TV Alliance possano dare i
frutti sperati: vanno definiti i confini, tecnologie
e funzioni della piattaforma, vanno convinti i
produttori di TV e decoder ad adottarla e va
vinta una certa ritrosia di una parte dell’utenza
al ricorso al satellite. Ma questo non toglie
che la notizia di oggi sia una cosa molto buona
per gli utenti: proprio per questo ci piacerebbe
vedere le associazioni dei consumatori in prima
fila nella difesa e nella promozione della Free
TV Alliance; ed è una cosa buona anche per
i broadcaster – che più o meno consapevolmente – hanno un estremo bisogno di una
piattaforma gratuita senza grossi limiti di banda
in grado di erogare contenuti ad alta qualità e
anche in modalità interattiva. Prima che arrivino
anche in Italia i grandi nomi internazionali dello
streaming e dimostrino una volta per tutte (e
a colpi di canoni mensili per gli utenti) l’inadeguatezza strutturale, prima ancora che delle
piattaforme pay (che tanto si regge sul calcio),
del nostro digitale terrestre gratuito.
Gianfranco GIARDINA
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MERCATO Sharp ha annunciato la completa ristrutturazione del ramo di azienda consumer
Sharp Via dall’Europa, ma il Quattron resta
Il brand è stato ceduto, altre aziende produrranno TV ed elettrodomestici marchiati Sharp
di Roberto PEZZALI
L
a divisione consumer Sharp se ne
va dall’Europa: l’indiscrezione era
nell’aria e ora è arrivata la conferma ufficiale, seguita dal comunicato che
snocciola i numeri della ristrutturazione,
con 300 licenziamenti (nessuno in Italia)
e il blocco della produzione di TV e elettrodomestici. In un settore ormai non più
redditizio Sharp ha preferito puntare sul
mercato locale e su quello americano,
dove ancora il brand riscuote un notevole successo. I TV Sharp tuttavia non
spariranno e neppure gli elettrodomestici: Sharp ha infatti concesso in licenza
alla slovacca Universal Media Company,
il brand per la produzione di televisori
LCD marchiati Sharp, e alla turca Vestel

Matchstick è una chiavetta HDMI
per riprodurre contenuti online
sul TV utilizzando un dispositivo
mobile come telecomando, in
questi termini un clone del dispositivo di Google. Matchstick è una
piattaforma basata su Firefox OS
e secondo i suoi creatori (un
gruppo di sviluppatori che hanno
lavorato su progetti come XBMC,
Boxee e Google Chromecast)
sarà completamente aperta, sia
a livello hardware che software.
Chiunque potrà creare applicazioni o modificare il software
della chiavetta. Matchstick, avrà
anche una sorta di cross-compatibilità con Chromecast. Le app
sviluppate per la dongle saranno
distribuite tramite il Firefox OS
Marketplace e al lancio del primo
dispositivoprevisto per il prossimo febbraio, Matchstick promette
la disponibilità di app per servizi
come Pandora, Spotify, Netflix
e così via. La dongle, finanziata tramite una campagna su
Kickstarter che ha già raggiunto
l’obiettivo iniziale, avrà un costo
di 25 dollari.
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Deezer rinfresca
l’interfaccia
e si prepara a lanciare
in Italia la versione Elite
con streaming illimitato
in formato lossless
di Paolo CENTOFANTI
il brand per produrre elettrodomestici e
frigoriferi. Sharp Italia continuerà quindi
a vendere TV e elettrodomestici Sharp,
ma non saranno proprio gli Aquos pensati e progettati da Sharp. La condizione
che Sharp ha posto per cedere il mar-
MOBILE
Matchstick
La risposta
tutta open
a Chromecast
Deezer in FLAC
in Italia a gennaio
chio è comunque quella di avere un ruolo nella progettazione dei prodotti, che
UMC produrrà nelle fabbriche Sharp
in Polonia con la possibilità di sfruttare anche i brevetti tecnologici come il
Quattron e il Quattron Pro.
TV E VIDEO Kateeva ha una soluzione per la stampa dell’OLED
Samsung investe nella startup
dell’OLED a bassissimo costo
I
di Roberto PEZZALI
l mito del pannello OLED “printed” è da anni la speranza per chi pensa di poter
andare in negozio e portarsi a casa una TV da 50” OLED a 500 euro: utilizzando un sistema simile a quello delle stampanti inkjet il materiale organico viene
spruzzato da piccolissimi ugelli su un substrato di polimeri, con pochissimi scarti e
costi contenuti. Ci hanno provato in tanti, ma nessuno è mai riuscito ad arrivare sul
mercato: l’ultima di queste è Kateeva, una startup con sede a Menlo Park, di fianco a
Facebook, creata da alcuni ingegneri del MIT e pronta secondo lei a iniziare la produzione di massa di pannelli OLED di grosso taglio già dal prossimo anno. Dopo le
passate vicende legate alla stampa dell’OLED è lecito essere scettici, ma Samsung
ha creduto in questa startup e la sta finanziando a suon di milioni di dollari. Samsung, dopo qualche problema con l’OLED RGB su largo formato, sta cercando di
trovare la soluzione perfetta per piazzare la zampata sul mercato OLED TV, dove al
momento LG è leader unico e incontrastato del mercato. Le macchine per la stampa
di pannelli di Kateeva saranno pronte a inizio 2015, e se funzionando Samsung potrebbe mettere in modo la macchina produttiva per l’anno successivo.
Deezer Elite, la nuova versione del
servizio di streaming in qualità lossless, attualmente disponibile solo
negli Stati Uniti, arriverà anche in
Italia. Il servizio, secondo quanto
abbiamo appreso, debutterà a
gennaio e offrirà l’accesso ai brani
in formato FLAC con qualità CD, 16
bit e 44.1 KHz. La notizia per ora
non è confermata dalla società,
che si trincera dietro un “no comment”, e non è ancora chiaro se si
tratterà, come per gli Stati Uniti, di
un servizio legato esclusivamente
ai prodotti Sonos; di certo si tratterà di un servizio più caro rispetto
all’offerta Premium tradizionale,
anche se il prezzo dovrebbe essere inferiore rispetto a quello americano, che è di 20 dollari al mese.
Nel frattempo, Deezer ha lanciato
la nuova interfaccia grafica della
versione web, ancora più flat e pulita. La nuova interfaccia mette più
in risalto Flow, il sistema di raccomandazione interattivo che è ciò
che forse più distingue l’approccio
di Deezer allo streaming, improntato alla scoperta di nuova musica
in modo più efficace di quanto
proponga il principale concorrente Spotify. Deezer, infatti, affianca
ai sistemi automatici di raccomandazione, anche i consigli di una redazione “umana” ad hoc, che crea
relazioni ragionate e geolocalizzate tra generi e canzoni, in modo da
incontrare i favori del pubblico. Da
aprile 2014, l’ascolto da PC tramite browser di Deezer è diventato
completamente gratuito e senza
limiti, per cui provare la nuova interfaccia non costa nulla!
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MERCATO Secondo Agcom nell’ultimo periodo pochissimi utenti hanno cambiato operatore
Italiani tenuti al guinzaglio dagli operatori
Clienti più fedeli? No, semplicemente stretti nelle morse degli infernali vincoli a 30 mesi
U
di Roberto PEZZALI
n tempo gli italiani cambiavano operatore telefonico a ritmi
elevatissimi, approfittando delle
offerte e dei prezzi stracciati praticati
per rubarsi clienti a vicenza, ma ora la
storia sembra essere finita. Secondo La
Repubblica il mercato mobile ha tirato
i freni a mano e nei primi tre mesi dell’anno solo 2,9 milioni di utenti, pari al
6,3 per cento del totale, hanno cambiato operatore. I dati arrivano da Agcom,
che ha pure evidenziato, senza fornire
numeri però, che nel secondo trimestre
2014 il calo della portabilità si è persino accentuato. La guerra dei prezzi è
finita: le offerte dei gestori ormai sono
livellate verso il basso, con la telefonia
che ha perso appeal e con il solo traffico dati che sposta i prezzi. Per chi ha
la sola SIM ricaricabile e usa poco lo
smartphone non conviene più cambiare
operatore per risparmiare cifre irrisorie.
Non è però questione di fedeltà, anzi:
nella maggior parte dei casi gli utenti
sono trattenuti quasi con la forza. Chi
ha comprato ad esempio un iPhone 5
è ancora vincolato per 6 mesi se ha
sottoscritto un abbonamento Tre e disdire, anche pagando le rate rimanenti
del telefono, costa circa 350 euro. Una
follia. Al vincolo sugli abbonamenti con
smartphone incluso si aggiungono poi
anche i vincoli per gli abbonamenti con
la sola SIM: 3 Italia e Vodafone chiedono 30 mesi di “fedeltà forzata” e anche
in questo caso uscire prima costa caro,
oltre 100 euro con Vodafone se si esce
prima dei 12 mesi.
Quello tra gli italiani e gli operatori insomma non è proprio un matrimonio felice, piuttosto un matrimonio di convenienza con un eventuale divorzio che
costa davvero caro.
Roaming: la presidenza italiana rivede l’abolizione
Secondo le indiscrezioni, si penserebbe all’introduzione di una politica di “roam like home”
di Paolo CENTOFANTI
S

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Wind lancia il concetto
di Open Internet come
piano dati: 3, 6, o 12 GB
di traffico da dividere
con fino a 4 SIM
Perfetto per chi ha
più dispositivi o vuole
condividere il piano dati
con amici o parenti
di Emanuele VILLA
MERCATO Per il Financial Times l’abolizione del roaming voluto da Neelie Kroes è a rischio
e fosse confermato quanto visto
dagli occhi del Financial Times, verrebbe da pensare che con il cambio
di guardia alla presidenza dell’Unione
Europea, la determinazione della passata gestione ha prontamente lasciato il
posto ai compromessi all’italiana. Il quotidiano economico, infatti, avrebbe avuto
accesso a una bozza della presidenza
italiana che propone un approccio molto
più morbido in materia di telecomunicazioni, rispetto alla strada tracciata negli
ultimi anni dalla vicepresidente Neelie
Kroes (nella foto) e molto più conciliante
nei confronti degli operatori telefonici.
Per quanto riguarda il roaming, secondo l’indiscrezione, non ci sarebbe più
un’abolizione totale nel 2015, che verrebbe sostituita da una politica di “roam
like home” per cui l’utente avrà a disposizione un pacchetto roaming per utilizzare lo smartphone all’estero con un traffico incluso alle stesse tariffe nazionali
calcolato in base alla media dei consumi
Traffico dati Wind
Fino a 12 GB
condivisi su 4 SIM
domestici nei vari paesi europei. Superata questa soglia si pagherà il traffico
extra. L’entrata in vigore di questo regime sarà comunque posticipato quanto
meno al 2016 e ci sarà un passaggio
graduale dalle attuali tariffe al “roam
like home”. In base alla nuova proposta
non verrebbero inoltre toccate le tariffe
roaming wholesale che penalizzano gli
operatori più piccoli. Altro “regalo” agli
operatori, ma soprattutto alle TV terrestri
italiane, l’estensione della durata minima
dei diritti di sfruttamento delle frequenze fino a 25 anni, con la possibilità per
gli stati membri di assegnare le stesse
anche per periodi indefiniti. L’abolizione totale del roaming in Europa entro la
fine del 2015 era già stata approvata dal
precedente parlamento europeo e dal
consiglio. La proposta italiana, se confermata e accolta dal consiglio, potrebbe
rimettere tutto in discussione.
Wind ha ntrodotto un’offerta
pensata per chi ha diversi dispositivi basati su SIM che navigano
in rete: pensiamo a chi ha uno
smartphone, un tablet e magari una chiavetta per notebook,
ognuna con un profilo tariffario
che impone soglie di traffico
web. Magari capita il mese in cui
le soglie vengono superate con il
tablet ma non si usa la chiavetta
internet, oppure la volta che con
lo smartphone si va ben oltre il
GB o i 2 GB previsti e non si usa
mai il tablet. In questi casi, l’idea
dell’Internet condiviso (o Open
Internet, da cui il nome dell’offerta Wind) può venire davvero
comoda: si ha un totale di 3, 6
o 12 GB di traffico dati da condividere su più SIM (col vincolo
che siano ricaricabili), dopo di
che non si paga nulla ma la velocità viene ridotta in modo considerevole (fino a 32kbps, ormai
sufficienti giusto per consultare la posta, e a volte neanche
quella). L’idea è utile anche per
chi vuole condividere il proprio
piano dati con amici e parenti:
l’associazione di più SIM, fino a
un massimo di 4, dal 5 ottobre
ha un costo di 3 euro a SIM. La
gestione avviene completamente via app o nell’area clienti
Wind: per maggiori informazioni,
rimandiamo direttamente alla
pagina dell’operatore.
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MERCATO Samsung conferma l’uscita dal mercato dei notebook Windows e dei Chromebook
Samsung lascia il mercato europeo dei PC
Non vedremo più ATIV dalle nostre parti, potrebbero esserci altri posti di lavoro a rischio
P
di Emanuele VILLA
onendosi sulla medesima lunghezza d’onda di Sony, anche
Samsung fa un passo indietro nel
mondo del PC. In particolare, l’azienda
ha confermato il proprio ritiro dal mercato europeo dei notebook Windows e
dei Chromebook, che di fatto non verranno più distribuiti nel Vecchio Continente. Parlando a PC Advisor, testata
che per prima ha riportato la notizia, il
portavoce Samsung ha voluto sottolineare che si tratta di una decisione
“region specific”, ovvero limitata al mercato europeo, che in ambito PC è in costante declino da anni. Resta il fatto che,
solitamente, notizie di questo calibro
determinano ricadute occupazionali,
come nell’esempio di Sony: Samsung, i
L’operatore estende
il piano per la banda
ultralarga e promette
entro il 2016
di raggiungere oltre
100 città e 7,5 milioni
di famiglie e imprese
cui bilanci sono decisamente migliori di
quelli del concorrente giapponese, non
ha dichiarato nulla in merito e bisogna
anche considerare che non stiamo parlando di abbandono del mercato PC ma
dall’uscita da una regione, sia pur centrale nell’economia dell’azienda. Resta
il fatto che i segnali c’erano già all’IFA,
dove Samsung si è sì concentrata sul
settore mobile (con un Galaxy Note 4,
nuovi wearable e telefoni), ma non ha
rinnovato in alcun modo la linea di laptop e di chromebook, che continuerà ad
essere distribuita direttamente negli altri
mercati. In pratica, dopo l’addio a VAIO,
ora possiamo salutare anche ATIV.
MERCATO Il rapporto Akamai sullo stato delle connessioni web vede l’Italia sempre traballante
Connessioni web: l’Italia cresce, ma non è 4K Ready
C’è una discreta crescita, ma al momento non siamo uno Stato pronto per lo streaming 4K
A
di Emanuele VILLA

kamai ha pubblicato il rapporto sullo stato di Internet relativamente al
secondo trimestre 2014, l’Italia è in
crescita, pur rimanendo nella parte (molto) bassa della classifica. La velocità media di connessione è cresciuta del 21%
rispetto al trimestre precedente e ha
superato per la prima volta la soglia dei
4 Mb/s (siamo precisamente a 4,6 Mb/s);
capolista è la Svizzera con 14,9 Mb/s, seguita dall’Olanda con 14,3 Mb/s e dalla
Svezia con 13,6 Mb/s; tutto ciò trova riscontro nell’altro dato sensibile, ovvero
il picco di velocità media, dove però la
capolista è Israele con 68 Mb/s seguito
a ruota dalla Romania con 63 Mb/s. Per
quanto riguarda l’Italia, la velocità media
registrata è stata di 5,8 Mbps, con una
crescita dell’11% rispetto al trimestre precedente e del 22% anno su anno. Il picco
di velocità media è stato di 26,4 Mbps,
con una crescita del 15% rispetto allo
scorso anno e del 23% rispetto al trimestre precedente. Dati che appaiono
confortanti, non fosse che nello scacchiere globale ci troviamo in posizione
n.48, dopo praticamente tutti gli altri
Paesi europei e in rapporto davvero imbarazzante rispetto ai vicini svizzeri. Per
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Fastweb
promette banda
ultralarga
in 100 città
entro il 2016
quanto riguarda l’adozione della banda
larga (>4 mbps), l’Italia ha fatto registrare
un +28% rispetto allo scorso anno e un
+11% rispetto allo scorso trimestre: vanno ovviamente considerate le precarie
condizioni di partenza (rispetto agli altri
Stati), ma va detto che Italia e Norvegia sono gli unici Stati di questo report
ad essere cresciuti di più del 10%. Per
quanto riguarda, invece, l’high broadband (>10 mbps), la situazione è tutt’altro
che rosea: il rapporto Akamai prosegue
affermando che, nonostante l’adozione
di questa sia in costante crescita un po’
ovunque (anche da noi) “Nel Q2 2014,
Italia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Sud
Africa rimangono gli unici Paesi EMEA
a non registrare tassi di adozione dell’high broadband al di sopra del 10%.
Nel trimestre in esame, l’adozione di
high broadband in Italia registra però
una crescita del 52% rispetto al trimestre precedente e una crescita del 102%
rispetto allo stesso periodo del 2013. A
oggi il 6,6% degli italiani utilizza connessioni al di sopra dei 10 Mbps”.
Nel rapporto sul primo trimestre 2014 è
stato anche introdotto un nuovo parametro che misura quanto i vari Paesi siano pronti allo streaming di contenuti 4K,
per i quali è considerata necessaria una
connessione in download superiore ai
15 Mbps. La situazione è ottima solo nei
primi tre Paesi, ovvero Svizzera, Paesi
Bassi e Svezia, capaci di garantire il 25%
delle connessioni “4K Ready”: il primo
posto spetta alla Svizzera con il 33%.
Noi siamo al 41esimo posto mondiale
con il 2,5% delle connessioni a superare
i 15 Mbps: ciò nonostante, Akamai pone
l’accento sull’aumento di oltre il 100%
(+106%) rispetto allo stesso periodo del
2013 (Q2) e un +54% rispetto al primo
trimestre di quest’anno. Insomma, non
siamo ancora 4K Ready e non lo saremo
ancora per un bel po’, ma almeno stiamo
crescendo...
di Paolo CENTOFANTI
Fastweb espanderà in modo significativo la propria rete NGN nel
corso del 2015 e 2016, permettendo l’accesso alla banda ultralarga
al 27% della popolazione toccando
oltre 100 città, fino a 7,5 milioni di
famiglie e aziende. Fastweb conta
di raggiungere questo obiettivo
sommando i 5,5 milioni di accessi
all’infrastruttura Fiber to the Cabinet (FTTC) con i circa 2 milioni che
potranno avvalersi della tecnologia Fiber to the Home (FTTH). La
scelta di estendere la rete NGN è
la conseguenza dei buon risultati
ottenuti, grazie ai 450 mila clienti
attivi in Ultra Broadband, che rappresentano circa l’80% del totale.
In particolare, oggi Fastweb può
contare su 150.000 utenti attivi in
FTTC e 300.000 con tecnologia
FTTH, e ha già raggiunto il target di copertura FTTC del 2014,
ovvero 3,5 milioni di potenziali
clienti. Fastweb precisa, inoltre,
che il 90% dei clienti collegati in
UltraBroadband ha una velocità
superiore a 50 Mbps, con una media di ben 70 Mbps, in linea con
i parametri internazionali. L’accordo siglato nel 2012 con Telecom
Italia, alcune misure contenute nel
decreto Sblocca Italia e la disponibilità di fondi europei giocheranno
un ruolo decisivo nell’espansione
dell’infrastruttura.
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MERCATO Secondo il Finacial Times, l’Unione Europea ufficializzerà un’accusa contro l’Irlanda
Apple ha ricevuto dall’Irlanda aiuti illegali?
Il colosso californiano avrebbe goduto di benefici fiscali sproporzionati e anti competitivi
N
di Paolo CENTOFANTI
on sono solo gli Stati Uniti a
prendere di mira i generosi trattamenti fiscali riservati alle multinazionali come Apple, che riescono a
trattenere un corposo tesoro da questo lato dell’Atlantico, al sicuro dalle
tasse americane. L’indagine in materia
dell’Unione Europea, infatti, starebbe
per arrivare a conclusione con un’accusa per aiuti di Stato illegali contro la
Repubblica di Irlanda e l’azienda californiana. La notizia è stata pubblicata
dal Financial Times, che avrebbe parlato con persone a conoscenza dell’esito
dell’indagine. Sotto accusa ci sarebbe
il regime di tassazione agevolato praticato dall’Irlanda ad Apple, che, dopo
un periodo tax-free rimasto in vigore
fino al 1991, è stato rivisto più volte,
fino ad arrivare ad un’aliquota comunque inferiore al 2%. L’accusa è che il
regime fiscale sia frutto di un accordo
sottobanco per portare investimenti
in Irlanda in cambio di un trattamento
L’operatore annuncia
la disponibilità a Milano
di abbonamenti Internet
in fibra ottica fino
a 300 Mbit/s
Entro la fine 2015 l’80%
della città sarà coperta
favorevole, in violazione delle norme
sulla libera concorrenza.
La mossa dell’Unione Europea sarebbe, però, a sua volta uno stratagemma,
per spingere il governo irlandese ad
adottare le nuove misure sulla tassazione previste dall’OCSE, proprio per
contrastare scappatoie come quelle
che hanno fatto finire più volte sotto accusa aziende come Amazon,
Facebook e Google.
Dal canto suo Apple si difende so-
stenendo che non c’è nulla di illegale
nelle attività irlandesi dell’azienda. Il
nuovo CFO Luca Maestri ha dichiarato al Financial Times che non c’è mai
stato alcun accordo speciale tra Apple
e l’Irlanda e che l’azienda californiana
si è attenuta alle norme di volta in volta
in vigore nel paese durante i suoi 35
anni di attività. L’accusa, se dimostrata
fondata, potrebbe portare alla riscossione delle tasse ritenute evase negli
ultimi 10 anni.
MERCATO Circle è una banca online pensata per rendere più semplice l’utilizzo dei bitcoin
È aperta Circle, la banca che usa la moneta digitale
Un’assicurazione copre eventuali furti, a breve saranno disponibili le app Android e iOS
D
di Paolo CENTOFANTI

opo circa quattro mesi di fase
beta su invito, ha aperto a tutti
e in tutto il mondo Circle, vera
e propria banca online che lavora in
bitcoin. Ciò che rende diverso Circle
da altri servizi che gestiscono portafogli bitcoin è il fatto che ogni operazione è presentata al cliente come se
fosse una banca tradizionale. Di fatto,
promette Circle, l’utente potrebbe
quasi non sapere nulla di bitcoin per
utilizzare il servizio, ottenere la moneta digitale e spenderla. L’acquisto di
bitcoin avviene semplicemente depositando soldi sul proprio conto, e allo
stesso tempo è possibile passare dalla
criptomoneta a un valuta tradizionale
prelevando somme dallo stesso. Altra
particolarità del servizio è che l’apertura del conto e le transazioni effettuate in bitcoin sono gratuite e senza
commissioni. Solo in una seconda fase
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Vodafone lancia
la fibra fino
a 300 Mbit/s
Si parte da
Milano
verranno aggiunte nuove funzionalità
a pagamento. Uscendo dalla beta, il
servizio diventa disponibile a livello internazionale, con l’interfaccia del sito
web per il momento disponibile in sette
lingue: cinese, giapponese, francese,
inglese, portoghese, spagnolo e tedesco. Circle ha annunciato la stipula di
un accordo di assicurazione con Marsh,
per offrire una copertura contro il furto
dei propri bitcoin per il 100% del valore
depositato sul conto. A breve saranno
anche disponibili le app mobile per
Android e iOS, attualmente ancora in
fase beta, che permetteranno di gestire il proprio conto anche in mobilità, in
modo analogo a quanto viene fatto con
altri servizi di homebanking tradizionali.
di Paolo CENTOFANTI
La banda ultra larga italiana fa
un ulteriore passo in avanti a
Milano grazie a Vodafone. L’operatore telefonico inglese, infatti,
ha annunciato la disponibilità
nel capoluogo lombardo di servizi di connettività in fibra ottica
con velocità fino a 300 Mbit/s in
download e 20 Mbit/s in upload.
Il servizio sarà disponibile a partire da questo mese, là dove è già
disponibile l’offerta Super Fibra
a 100 Mbit/s.
Vodafone dichiara una copertura di circa 300.000 abitazioni a
Milano, pari al 40% della popolazione, con l’obiettivo di arrivare entro dicembre 2015 a quota
80%, pari a circa 600.000 unità
abitative. Insieme al servizio
viene lanciato anche il nuovo
modem/router Vodafone Station
Revolution, che oltre a supportare
la velocità massima di 300 Mbit/s
offre anche la connettività Wi-Fi
in standard 802.11ac. L’offerta Super Fibra parte da un canone di
36 euro al mese, in promozione
a 29 euro al mese per i primi 6
mesi, e include telefonate verso
tutti gli operatori a 19 cent a chiamata e una SIM con 1 GB di traffico dati per la navigazione fuori
casa con un tablet.
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6 OTTOBRE 2014
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MERCATO Abbiamo analizzato in dettaglio le principali offerte degli operatori per l’acquisto di iPhone 6 e iPhone 6 Plus
iPhone 6: scopriamo l’offerta più conveniente
Il risparmio spesso c’è, ma bisogna prestare molta attenzione ai vincoli di 30 mesi imposti ormai da tutti gli operatori
di Roberto PEZZALI
arrivato iPhone 6 e migliaia di italiani sono pronti a
portarselo a casa Molti, però, si appoggeranno alle
offerte di TIM, Vodafone e Tre per permettersi un
prodotto di fascia alta pagandolo in piccole rate mensili. Abbiamo deciso di analizzare, con l’aiuto di qualche
tabella, le tariffe alle quali sono venduti gli iPhone 6 dai
principali operatori, calcolando quanto si pagherà alla
fine del vincolo dei 30 mesi, in rapporto anche al prezzo
del telefono sul libero mercato.
È
Come interpretare la soglia di convenienza
Oltre alle classiche cifre, abbiamo calcolato il costo
mensile della componente di telefonia, considerando il
prezzo del telefono al listino retail. Questa cifra, indicata nelle tabelle anche come soglia di convenienza, va
interpretata così: se si trova un altro piano che offre le
stesse soglie di telefonia e dati (o migliori) a un prezzo
più basso della soglia di convenienza, è più conveniente
TIM iPhone 6
acquistare l’iPhone sul libero mercato e fare un abbonamento solo SIM, liberandosi dal vincolo dei 30 mesi.
Si tratta quindi di un’informazione molto importante per
una scelta consapevole, ovviamente nel caso di acquisto
dell’iPhone senza operatore, va considerato che l’esborso è immediato, mentre nel caso del terminale legato
all’abbonamento, il costo è dilazionato nei 30 mesi.
Nota: le tariffe sono precise e sono state controllate più
volte, ma quello degli operatori è un mondo comples-
cliccare sulle immagini per ingrandire
so e bisogna analizzare anche tanti aspetti secondari.
Tutte le opzioni, infatti, potrebbero presentare delle
agevolazioni per il passaggio da un operatore all’altro,
ma anche opzioni aggiuntive che vanno oltre le semplici
chiamate, gli SMS e la navigazione Web. Noi abbiamo
analizzato solo le caratteristiche principali, ma ci sono
piani come ad esempio Relax Casa di Vodafone che include anche l’ADSL casalinga. Altri, come quelli di TIM,
integrano anche la visione del calcio.
TIM iPhone 6 Plus
cliccare sulle immagini per ingrandire
TIM, OFFERTA SEMPLICE ADATTA A TUTTE LE TARIFFE
L’offerta di TIM per iPhone e iPhone 6 è semplicissima: iPhone 6 da 16 GB costa
20 euro al mese con un contributo di 99 euro e un vincolo di 30 mesi. Questa
offerta si applica a tutte le offerte di abbonamento e ricaricabile. Per quello da
64 GB servono 25 euro al mese, così come per l’iPhone 6 Plus da 16 GB. Per
Special Unlimited invece si spendono 10 euro al mese e 15 euro per la versione
da 64 GB, il tutto senza contributo aggiuntivo. Sempre gli abbonati Special
Unlimited avranno anche l’iPhone 6 da 128 GB con un contributo di 99 euro. In
alternativa, sempre a 99 euro con 15 euro al mese, c’è il 6 Plus da 64 GB.

segue a pagina 07 
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MERCATO
Apple iPhone 6, le tariffe e le offerte
VODAFONE, OFFERTE ANCHE PER LA CASA E LE SIM AGGIUNTIVE
L’offerta Vodafone è molto diversificata. Il contributo iniziale c’è sempre:
99/199/299 euro per entrambi i modelli, con un contributo che parte
dai 20 euro al mese per iPhone 6 Plus con Relax Mini e Casa e scende a
0 euro al mese per Relax Completo. Nel caso di Vodafone, da una parte il
piano casa include anche l’ADSL e le chiamate da casa, dall’altra il piano
TRE iPhone 6 e iPhone 6 Plus

TRE, SEMPLICITÀ E PREZZI BASSI
Come spesso accade, Tre è quella che propone l’offerta più conveniente
e anche semplice, perché per l’abbonamento ci sono solo due opzioni,
entrambe con chiamate e SMS illimitati. Abbiamo calcolato che la libertà
vale 200 euro: se non si sottoscrive l’abbonamento e si compra l’iPhone in
negozio associandolo al piano solo SIM, si spendono in 30 mesi 200 euro in
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VODAFONE iPhone 6 Plus
VODAFONE iPhone 6
segue Da pagina 06 
Relax Completo è costoso, ma include anche una Relax Family, quindi un
secondo abbonamento ricaricabile già pagato. Relax Family è disponibile
anche come opzione per gli altri pacchetti a 20 euro al mese, ed è possibile chiedere l’iPhone. Infine, le ricaricabili. Qualsiasi piano si faccia,
Vodafone rateizza l’iPhone: contributo più 20 euro al mese per iPhone 6 e
23 euro al mese per iPhone 6 Plus. A conti fatti costa come in negozio.
cliccare sulle immagini per ingrandire
più. Nota: l’abbonamento con Tre può essere fatto con finanziamento Compass e addebito in conto corrente, oppure con carta di credito a rate. Nel
primo caso, i calcoli sono particolari e c’è anche una corposa rata finale,
noi abbiamo fatto il calcolo con 30 rate uguali in carta di credito. Ci sarebbe
anche un anticipo di 49 euro, che viene restituito però nei 12 mesi e che
non abbiamo calcolato.
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PC Abbiamo installato la Technical Preview di Windows 10 per giocare un po’ con le nuove feature, ed ecco le nostre impressioni
Windows 10 fa contenti tutti, ma Microsoft ha perso 3 anni
È il sistema operativo che tutti volevano, veloce, semplice e “familiare”. Microsoft torna sui suoi passi, ma ha perso tempo
di Roberto PEZZALI
iente Windows 9, era tutta una bufala.
Terry Myerson, il “capo” di Windows, ha beffato
simpaticamente il pubblico annunciando il vero
nome: Windows 10. Non c’è e non ci sarà un Windows 9,
ma si fa direttamente cifra tonda per identificare un passaggio epocale. Diciamo subito che Windows 10 non è imminente: arriverà verso la fine del 2015, quello di ora è un
assaggio del concept che vi è alla base, ma le cui funzionalità verranno definite poco alla volta nel corso dei mesi.
Così, abbiamo scaricato la Technical Preview di
Windows 10: 4 GB di immagine in versione 32 bit e
64 bit da installare su una partizione del proprio desktop per vedere subito come funzionerà e cosa sarà.
Windows 10 è Windows 7 evoluto, o meglio, è quella versione di Windows che tutti, dai consumatori alle aziende, avrebbero voluto vedere al posto di Windows 8.
Microsoft ha più volte ripetuto nel corso della presentazione la parola “familiare”, segno di una inversione di
rotta che vuole riportare Windows negli stessi ambienti
dove Windows 8 ha lasciato solo dubbi e scetticismo.
N
La nuova interfaccia è molto più pulita; tutto lavora in finestra ma può essere portato full screen.
Windows 10 (qui il video di presentazione) riparte proprio
da Windows 7, l’ultimo sistema operativo che le aziende e il mondo enterprise hanno amato e apprezzato e
quello che ancora usa: Microsoft, nell’evento di lancio di
Windows 10, si è rivolta soprattutto a loro, ammettendo
di aver fatto forse troppa confusione. Non tutte le idee
di Windows 8 sono sbagliate, ma forse non era il caso
di eliminare da Windows gli elementi che lo hanno reso
quello che è, ovvero le finestre e il tasto Start. La scelta
di rilasciare una Technical Preview dimostra proprio la
voglia di Microsoft nel voler far provare a tutti e con largo
anticipo che questa volta Windows 10 può davvero sostituire Windows 7. L’immagine da installare di Windows
10 non ha requisiti particolari e si installa velocemente
su un computer moderno: il boot è rapido, l’interfaccia
veloce e il sistema già stabile, segno che, forse, sotto
sotto il core resta quello di Windows 8.
Start Menu, che bello riaverti
La novità più interessante è sicuramente il ritorno al tasto “Start”: la maggior parte degli utenti di Windows 8
hanno dovuto installare app di terze parti per ripristinare il comportamento del tasto start di Windows 7 o precedenti, e ora non ce ne sarà più bisogno. Windows 10
infatti integra un launcher completo, ridimensionabile e
configurabile che unisce le app desktop alle app pensate anche per un uso touch, quelle con interfaccia scalabile Metro UI.
Il menu start è ridimensionabile e configurabile
ma resta un menu start.
Finestre ridimensionabili e grafica flat
Le app “metro” vengono lanciate di default in modalità
finestra, e poi solo successivamente si sceglie se tenerle a tutto schermo, se “proiettarle” tramite Miracast su
un monitor esterno e se ridimensionarle. Ogni app all’interno della singola finestra è “responsive” e si adatta a
diversi layout. Tutta l’interfaccia è stata poi ripulita, nuove icone e bordo praticamente invisibile per le finestre
.
Multitasking e desktop virtuali

Sembra di essere su OS X, con Mission Control
e i desktop virtuali.
torna al sommario
Microsoft ha aggiunto una nuova modalità di gestione
del multitasking detta Task View: si possono controllare le app aperte e anche aggiungere desktop virtuali.
Una cosa già vista su OS X con Mission Control, e qui
forse Microsoft si è davvero ispirata ad Apple.
Search evoluto e console migliorata
Microsoft ha migliorato il search: molto più veloce, ora
cerca anche sul web appoggiandosi a Bing. Rivista anche la console: oltre a funzionare le shortcut con il CTRL,
quindi anche l’incolla, ci sono altre migliorie che faranno
piacere ai sistemisti e a chi la console la usa ancora.
Tanto lavoro ancora da fare
Questo è solo un assaggio legato all’ambiente desktop
e alle main feature: Windows 10 avrà DirectX 12, un nuovo explorer, una barra di notifica e molto altro ancora,
ma per queste funzionalità più consumer ci sarà da attendere il prossimo anno. La grossa sfida sarà far coesistere la componente desktop, le esigenze enterprise e
un mercato consumer fatto da tablet e smartphone che
Microsoft non può permettersi di trascurare. La Tecnical
Preview di Windows 10 ci ha sorpreso: se da una parte
è un bene che Microsoft sia tornata sui suoi passi, dall’altra però preoccupano anche la perdita di tre anni di
tempo e queste continue correzioni di rotta dell’ultimo
periodo, segno che forse manca una direzione stabile
da seguire. Di Windows 10 abbiamo visto poco fino ad
ora, ed è difficile capire se questo nuovo sistema è figlio
di Nadella quanto Windows 8 era figlio di Ballmer, ma le
premesse sono buone. Microsoft parla da anni di “One
Windows”, ma ad oggi abbiamo assaggiato solo la parte desktop. La grossa sfida sarà far coesistere la componente desktop, le esigenze enterprise e un mercato
consumer fatto da tablet e smartphone che Microsoft
non può permettersi di trascurare. Chiudiamo con un
piccolo “rumors” sul nome di Windows: Microsoft potrebbe aver scelto Windows 10 perché l’uso di Windows
9 poteva creare problemi con vecchie app legacy. L’indiscrezione arriva da Reddit da un utente che afferma
di essere uno sviluppatore di Windows 10: la colpa sarebbe degli sviluppatori che hanno usato un modo un
po’ “barbaro” per identificare Windows 95 o 98 nelle
app. Chiamando la nuova versione Windows 9 questo
“check” avrebbe restituito “true”, pertanto per molte app
legacy, ancora usate in ambito enterprise, ci sarebbero
stati enormi problemi. In effetti, controllando su Searchcode, ci sono migliaia di programmi che sfruttano
un check di quel tipo, incluso ad esempio OpenOffice.
È solo un rumour, ma è davvero credibile.
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PC La nuova edizione della suite Nero è disponibile in Italia in versione Classic e Platinum
Nero 2015 punta su app, streaming ed editing 4K
Oltre al rinnovamento dei programmi per PC, anche nuove app per iOS, Android e WP
Si intensificano i rumor che
vedrebbero Apple in procinto
di presentare la prossima
generazione di iMac, questa volta
con display dalla “mostruosa”
risoluzione 5k. Vedremo anche
i nuovi iPad e iPod
di Emanuele VILLA
L
a suite Nero non ha bisogno di presentazioni: nata come software di
masterizzazione in ambiente Windows, si è poi estesa al mondo del multimedia con capacità di archiviazione ed
editing di audio, video, immagini, conversione, encoding e archiviazione cloud.
Tutto questo fino all’edizione attuale,
Nero 2015, che l’azienda lancia in Italia in
versione Classic e Premium.
L’impostazione è quella classica: se fino a
qualche anno fa le 10 (e più) applicazioni
erano separate, ora l’ambiente è unico, e
anche se i programmi della suite mantengono una posizione autonoma, esiste un
launcher iniziale che li raggruppa per tipologia e funzionalità. Launcher che, tra l’altro, è più chiaro e semplice di quello dello
scorso anno. Rispetto alla versione 2014,
Nero 2015 offre miglioramenti in tutte le
sue componenti, ma è soprattutto l’area
mobile ad aver ricevuto le maggiori attenzioni, con nuove app per Android e iOS
(anche Windows Phone, sia pure in modo
limitato) tra cui MediaHome Receiver, che
consente di effettuare lo streaming dei
contenuti da PC su tablet e smartphone, e la curiosa Nero AirBurn, che avvia
la masterizzazione di contenuti presenti
nel dispositivo mobile direttamente sul
masterizzatore del PC. In pratica, quando
Asus VivoMini
Il PC fai-da-te

Asus sta per lanciare VivoMini, con
processore Intel Celeron 2957U della
famiglia Haswell. Il VivoMini lascia
libertà di scelta all’utente: le altre
componenti saranno da acquistare
a parte, in base alle esigenze. Sono
previste anche varianti dotate di
Core i5 e Core i7 Haswell. Neanche il
sistema operativo sarà già installato:
VivoMini non è un Chromebox, per
cui la scelta sarà tra Windows e una
distribuzione Linux. Asus VivoMini misurerà circa 13x13 cm con un’altezza
di 4 cm e sarà già dotato di serie di
un’attacco VESA per montarlo sul retro di un monitor o di una TV. L’uscita
è prevista per novembre ad un prezzo
di partenza di 149 dollari: nessuna
notizia, per ora, circa la commercializzazione europea e italiana.
torna al sommario
iMac con display
Retina 5K
Coming soon...
NERO AIRBURN
di Emanuele VILLA
NERO MEDIAHOME RECEIVER
lo spazio sul tablet sta per finire, si masterizza un DVD per liberare spazio, e
per farlo si usa il drive di un PC presente
nella medesima rete Wi-Fi. Pensato come
suite multimediale completa, Nero 2015
offre inoltre novità quali lo streaming video con conversione automatica da Nero
MediaHome a un TV presente in rete, la
possibilità in un progetto di editing di variare il formato di destinazione senza dover rifare il progetto, nuovi effetti di testo
e video e molto altro, mentre la versione
Platinum è pensata per chi vuole il pieno
supporto Blu-ray, anche 3D e anche in
ripping (se non protetti) e la possibilità di
effettuare un editing e un’encoding video
in 4K (formato AVC, l’HEVC non è ancora supportato). I prodotti della suite Nero
sono disponibili in Italia ai prezzi di 99,99
euro (Nero 2015 Platinum), 79,99 euro
(Nero 2015 Classic), 49,99 euro (Nero
Burning Rom 2015 e Nero 2015 Video),
mentre Nero 2015 Media Home resta totalmente gratuito.
FOTOGRAFIA Si vocifera l’arrivo di una NX300 “Achromatic”
Samsung pensa in bianco e nero
di Roberto PEZZALI
S
amsung ha iniziato a prendere sul serio la fotografia, e dopo aver presentato la
nuova NX1 al Photokina, si prepara a lanciare un prodotto davvero particolare.
Secondo una serie di rumors, infatti, il prossimo prodotto fotografico ad uscire dai
laboratori di Suwon sarà una NX300 particolare, dotata di sensore privo di filtro passa
basso e con cattura in bianco e nero. Sulla scia della Leica Monochrom la nuova NX
Achromatic avrà un corpo tutto in metallo e diverse modalità di scatto RAW.
Samsung venderà la fotocamera solo
in alcuni mercati e in abbinamento ad
una serie di lenti “prime” fisse. Manca
ovviamente l’ufficialità, ma ci sfugge il
motivo per il quale si dovrebbe acquistare una fotocamera che scatta solo
in bianco e nero quando un risultato
simile si può raggiungere in fase di
post produzione: Leica può farlo, ma
Leica è Leica.
Stando ad alcune fonti di
9to5mac, la presentazione dei
nuovi iMac dotati di schermo retina 5k sarebbe alle porte. E tutto
avrebbe senso, considerando
che da tempo si vocifera la possibilità di un evento Apple a fine
ottobre per il rilascio ufficiale di
OS X Yosemite e nel quale dovrebbero comparire i nuovi iPad
Air 2 (forse anche i Mini), gli iPod
e, perchè no, anche la nuova generazione di iMac. Se andrà esattamente così, potrebbe essere
un evento di livello simile rispetto
al precedente, che ha dato i natali a iPhone 6, iPhone 6 Plus e
Apple Watch.
Secondo le fonti di 9to5mac, gli
iMac con display Retina sono in
dirittura d’arrivo e verranno non
solo presentati a breve, ma anche
lanciati sul mercato in prossimità
delle feste di fine anno. Gli indizi,
soprattutto nel sistema operativo, ci sono tutti, visti i riferimenti
alle risoluzioni di 6400x3600,
5760×3240 e 4096×2304 in
OS X Yosemite, con in più la recente standardizzazione del nuovo DisplayPort. Apple starebbe
inoltre lavorando per apportare
gli ultimi ritocchi a molti software, tra cui iMovie e Final Cut Pro,
con nuovi e potenti tool di editing
4K. Non ci resta che attendere un
mesetto, o forse meno...
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VIDEO CREATIVO Arriva la nuova GoPro Hero 4, anche se manca l’annuncio ufficiale
Ecco la GoPro Hero 4 con 4K e touch screen
Promette davvero bene: video 4K a 30 fps e avrà uno schermo touch screen integrato
di Roberto PEZZALI
Hero 4 è l’evoluzione della action cam più
venduta sul mercato. L’annuncio ufficiale
ancora non c’è, ma siamo abbastanza
certi che sarà annunciata l’8 di ottobre e
che le due caratteristiche di punta saranno lo schermo touch e la ripresa 4K a 30
fps, un upgrade notevole rispetto ai 15 fps
della Hero 3 Black. Sfortunatamente i due
modelli che saranno venduti, la Black e
la Silver, non avranno entrambe le feature: la ripresa 4K sarà propria della Black
e il display Touch della Silver, una diversificazione che potrebbe far arrabbiare
VIDEO CREATIVO
GoPro Hero
a 125 euro
Game over

C’è una GoPro che costa poco
più di 100 euro: è la nuova Hero,
lanciata insieme ai nuovi modelli
Hero 4 Black e Silver. Quando tutti
si aspettavano la mossa “straccia
prezzo” da parte di un competitor
ci pensa proprio GoPro a mettere la
parola fine: l’azienda che ha creato
le action cam ora è in grado di dare
una action cam completa e potente
ad un prezzo che può competere
anche con le centinaia di cloni cinesi
disponibili sul mercato. GoPro Hero
costa 124 euro, è waterproof fino
a 40 metri e riprende a 1080p e
30 fps: non molto, ma il 720p a 60
fps è comunque un compromesso decisamente accettabile. La
nuova Hero, compatibile con tutti
gli accessori GoPro, dispone anche
di audio migliorato, di funzione QuickCapture e di funzione Auto Low
Light per aumentare la sensibilità di
ripresa durante le sessioni all’alba
o al tramonto. Perché comprare una
camera cinese di dubbia qualità se
allo stesso prezzo c’è una GoPro?
torna al sommario
chi paga tanto e vuole tutto, almeno sul
modello top. La Hero 4 Black ha un processore due volte più potente e un nuovo
engine ottico e cattura 4K a 30fps, 2.7K
a 50fps, 1440p a 80fps, 1080p a 120fps,
960p a 120fps e 720p a 120fps. GoPro ha
migliorato anche l’audio, ha inserito tutte
le regolazioni manuali per esposizione,
ISO e cromia e ha anche aggiunto una
modalità particolare di ripresa notturna.
Tra le altre feature wi-fi, Bluetooth, un cor-
po che raggiunge i 40 metri di profondità
e un “quickstart button” che accende e
registra con la sola pressione di un tasto.
La Hero 4 Silver, invece, non riprende a
4K 30 fps ma avrà uno schermo touch.
Sarà in pratica una evoluzione della Hero
3 Black, perché comunque la ripresa a 4K
sarà disponibile a 15 fps e le modalità di
registrazioni saranno le stesse del modello top di quest’anno. Restano tutte le altre
features, inclusi i miglioramenti audio.
SCIENZA E FUTURO 14 milioni di dollari per il progetto Nymi
Il battito del cuore fa da password
Nymi è uno smartband che ci autentica tramite il nostro ECG
di Massimiliano ZOCCHI
on l’Internet delle Cose e l’integrazione della tecnologia negli oggetti di vita
quotidiana, l’autenticazione sicura in prodotti diversi è diventato un argomento
di stretta attualità. Un’azienda canadese con sede a Toronto, Bionym, propone
una soluzione: Nymi è uno smartband in grado di riconoscere il nostro elettrocardiogramma (ECG), confrontarlo con un database precedentemente registrato, e grazie a
questo riconoscerci e autenticarci per tutto l’arco della giornata finché il bracciale non
viene tolto dal polso. Prodotto dal potenziale quasi infinito quindi, e pare che se ne
siano accorti sia gli investitori che gli utenti. Bionym ha infatti già raccolto oltre 14 milioni
di dollari, con investimenti anche di nomi importanti come MasterCard, Relay Venture,
e anche del fondo Export Development Canada, oltre che grazie ai preordini. Le richieste ammontano quasi a 9.000 unità al costo promozionale di 79 dollari, che poi salirà a
99 dollari. Sul sito aziendale sono proposti svariati usi del bracciale, come Entry Pass,
oppure per sistemi Key Less per automobili, pagamenti wireless, oltre che a cose semplici come lo sblocco di smartphone e PC. Tutto questo per il momento è in fase beta,
ma l’SDK è già disponibile e gli esemplari destinati agli sviluppatori paiono essere in
dirittura d’arrivo. Vedremo se questi saranno in grado di sfruttare tutto il potenziale della nuova tecnologia. Ma non solo autenticazione personale: Nymi integrerà anche altre
tecnologie già presenti oggi negli smartband, ovvero motion sensing e connessione
Bluetooth per notifiche di messaggi, social network e altro, anche se non è chiaro con
che sistema, dato che Nymi non ha nessun display. Sul sito ufficiale non è ancora indicata una data di rilascio ufficiale. Bionym lascia intendere che la sua tecnologia sia più
sicura dei lettori di impronte digitali: il battito cardiaco non è replicabile, non ne esiste
uno identico al nostro. L’era delle password si avvia al tramonto, anche soluzioni come
Touch ID e simili faranno la stessa fine? Vi lasciamo a un video che spiega molto bene
i possibili usi di quella che potrebbe essere la smartband definitiva.
C
L’action cam
periscopio
che vuole
detronizzare
GoPro
HTC presenterà
RE Camera all’evento
“Double Exposure”
Nel frattempo spuntano
delle foto che sembrano
ufficiali: è un’Action Cam
di forma particolarissima.
Sembra un periscopio
di Emanuele VILLA
Apparentemente, HTC non presenterà nessun telefono all’evento
Double Exposure dell’8 ottobre, o
quando meno gli smartphone non
saranno i dominatori della serata:
al suo posto, una piccola videocamera dal sapore di Action Cam e
dalla forma particolarissima che
sembra un periscopio e pensata
per accompagnarci nei momenti
di azione e relax.
Dal teaser ufficiale la forma del prodotto rimaneva ben nascosta, ma
qualcuno è stato in grado di salvare alcune immagini tratte dal sito di
supporto, le stesse che abbiamo
pubblicato in questa pagina. Nessun dubbio sul nome, invece, che
sarà RE Camera. E questo perché
è già attivo www.recamera.com.
Di cosa si tratterebbe, in sostanza? Di una sorta di Action Cam,
con cui HTC entrerebbe (in ritardo)
nel settore dominato da GoPro, un
apparecchio che si collegherebbe
e controllerebbe con lo smartphone e potrebbe essere installato in
diversi dispositivi tramite una serie
di accessori integrati: sulla bicicletta, sul casco da sci, ecc. Nessuna
notizia sulle caratteristiche tecniche, che verranno svelate durante
l’evento di presentazione.
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6 OTTOBRE 2014
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ENTERTAINMENT A fine stagione Sky perderà a favore di Mediaset la sua esclusiva
Un piano Sky per deprezzare la Champions?
Partite a pochi soldi su tablet e smartphone, season pass su Sky Online con la stagione a € 99
Sky vuole far capire che la Champions costa poco. Se Mediaset alzerà i prezzi sarà colpa sua
di Roberto PEZZALI
uanto vale la Champions League?
Dopo anni di diritti condivisi tra
Mediaset e Sky per il primo anno
ci troviamo davanti a una situazione davvero particolare: Sky, infatti, ha l’esclusiva
di parte degli incontri (tranne di quello
in chiaro del mercoledì) e alla fine dell’anno dovrà cedere questa esclusiva a
Mediaset per tre anni di fila. Al momento non è possibile prevedere quale sarà
l’offerta di Mediaset per il prossimo anno,
tuttavia l’esclusiva la mette in una posizione di forza: potrebbe anche decidere
di fare un pacchetto Champions per coloro che vogliono vedere le partite delle
loro squadre in Europa. E non ci sarebbe
nulla di male, anche perché è quello che
in fin dei conti ha fatto Sky in questi anni
con il doppio pacchetto Sky Sport e Sky
Calcio, Campionato e Coppe separati per
massimizzare il guadagno. Per Mediaset
non sarà facile decidere a che prezzo
mettere la Champions, perché Sky in
Q
questi mesi sta facendo offerte davvero
invitanti: su Sky Online si può comprare il ticket della fase a gironi a 49 euro
e a 99 euro l’intera stagione. A questo
si affianca anche l’offerta TIM e Sky, 5
euro al mese senza impegno. E non
sono escluse anche super offerte per la
piattaforma satellitare, magari non subito
ma dopo la fase a gironi. Sky, in silenzio,
sta abbassando il prezzo di accesso alla
Champions, che da evento elite diventa
di colpo un pacchetto da usare per le
offerte e per far conoscere nuovi servizi.
Tanto, alla fine dell’anno, la Champions
non sarà più affar suo, e a quel punto
sarà difficile per Mediaset tirare troppo
su l’asticella del prezzo e rientrare dell’investimento fatto. C’è un piano specifico
per deprezzare la Champions? Non ne
abbiamo la certezza, ma un sospetto sì.
Cinema americani contro Netflix, ma perderanno
In America, La tigre e il dragone 2 in contemporanea al cinema e in casa via Netflix
I cinema americani lo boicottano, ma è certo che la finestra temporale sta per sparire
D
di Emanuele VILLA

torna al sommario
Dopo qualche mese di
attesa Infinity arriva
finalmente su Xbox One
Appena in tempo per
godersi le nuove serie
come tutte
le cinque stagioni
di Breaking Bad
di Roberto PEZZALI
ENTERTAINMENT Difficilmente Netflix si lascerà intimidire dal boicottaggio dei cinema
opo pochi giorni dalla notizia
dell’accordo tra Netflix, IMAX
e The Weinstein Company
sui diritti di distribuzione (in USA) de
La tigre e il dragone 2, è arrivata puntuale la reazione dei cinema americani.
Facciamo un passo indietro: le tre aziende si sono accordate per permettere la
distribuzione del film al cinema (in IMAX)
e a casa in contemporanea, abbattendo
la finestra temporale che per tradizione
separa la distribuzione cinematografica
da quella per home video, che comprende supporti fisici, download e streaming.
L’iter attualmente molto complesso verrebbe spazzato via da un nuovo modello
che permetterebbe agli utenti di scegliere se andare al cinema o vedersi il film
a casa: le case cinematografiche potrebbero pensare che i mancati introiti dovuti
alla fruizione su un solo mezzo (molti,
Infinity su Xbox
One in tempo per
Breaking Bad
invece, oggi si guardano il film al cinema
poi lo comprano in DVD/Blu-ray) si possano compensare con spese di marketing
dimezzate, visto che oggi le campagne
dedicate all’uscita cinematografica vengono replicate per l’home video. Ma ai cinema chi pensa? Ecco spiegato il perché
della rivolta di illustri catene americane,
che hanno deciso di boicottare il film. I
nomi coinvolti, sconosciuti ai più in Italia,
sono Regal, AMC, Carmike e Cinemark
(insieme, 257 dei 418 cinema IMAX degli USA), mentre in Canada si è schierato
Cineplex e in Europa Cineworld. Ma un
colosso come Netflix, che difficilmente si
farà intimidire da uno schieramento contrapposto. Come riporta Variety, l’operazione di Netflix è il segno dei tempi che
cambiano e difficilmente i cinema potranno opporsi a lungo all’evoluzione della
tecnologia. Nessuno sa come andrà a finire con La tigre e il dragone 2, ma quan-
do produttori, case cinematografiche e
broadcaster come Netflix iniziano a dimostrarsi possibilisti su una distribuzione
day-and-date tra cinema e home video, il
messaggio alle sale cinematografiche è
chiaro: trovare nuovi modelli di business,
puntando sull’elemento di forza principale, il fatto che l’esperienza sia (di solito)
più coinvolgente che in casa. L’ipotesi più
probabile è che Netflix non torni sui suoi
passi e che si trovi una qualche forma di
accordo secondo cui all’inizio solo film a
basso budget e scarso richiamo vengano
trasmessi in contemporanea; ma il dado
sembra tratto.
L’annuncio era stato dato prima
dell’estate, e ora finalmente Infinity può essere scaricata su
Xbox One. L’applicazione, che
non richiede l’abbonamento
Live Gold per essere utilizzata,
allarga ancora di più il bacino
di utenza dell’app Mediaset che
ormai è disponibile per quasi
tutti i dispositivi. Mediaset aveva promesso una applicazione
multipiattaforma e così è stato:
in meno di un anno Infinity è
cresciuta parecchio sia come
profondità di catalogo sia come
supporto ai vari dispositivi, che
da PC, tablet e decoder si estende ora a tutte le console e ai modelli più diffusi di TV.
All’appello manca solo l’Xbox
360, ma anche per la console
old-gen lo sbarco dovrebbe essere imminente. Le buone notizie, però, non sono finite qui:
Infinity sta arricchendo il suo
catalogo di serie tv portando
novità succose: Breaking Bad,
ad esempio, è disponibile in HD
dal 28 settembre in versione
completa, tutte e cinque le stagioni. Dal primo ottobre disponibili anche le stagioni 4-5-6 di Big
Band Theory e la terza stagione
di Spartacus, con ulteriori novità
previste prima dell’inverno.
Think soundbar
Think Yamaha
YSP-2500
10th Anniversary Model
YSP-2500 di Yamaha è dotato di funzioni avanzate incluse pass-through di segnali video
4K via HDMI, streaming via Bluetooth e la nota tecnologia Intellibeam di Yamaha. Sempre
pronto per dare il migliore audio, in ogni situazione. E’ in grado di apprendere le funzioni
del telecomando della TV e, grazie all’app dedicata, è possibile regolare le impostazioni dei
raggi sonori direttamente da smartphone o tablet. Il suono è chiaro e naturale ed il noto
surround reale creato dalla tecnologia YSP è estremamente coinvolgente.
Questa è la soundbar che stavate aspettando.
Per maggiori informazioni visita it.yamaha.com
Yamaha App Navi
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ENTERTAINMENT FOX, NBC, ABC e CBS sono i quattri network americani in prima linea per le proposte di serie tv
Le migliori serie TV in arrivo quest’autunno dagli USA
Tornano le serie TV e tante altre novità proposte dai network americani che andranno in onda anche sui nostri canali
Vi proponiamo un’analisi completa dei trend del settore: cosa tornerà, cosa non è piaciuto e cosa c’è in arrivo di nuovo
P
di Michele LEPORI
er gli appassionati di serie TV, settembre e ottobre sono mesi particolari: dopo i sonnacchiosi
mesi estivi, dove raramente sbuca qualcosa di
interessante (ma quest’anno ci è andata bene con le
seconde stagioni di Masters of Sex e The Bridge), il
mese che porta con sé le prime fresche serate autunnali ci aiuta anche a renderle decisamente interessanti con graditi ritorni, novità che stuzzicano l’appetito
e anche qualche delusione su progetti verso i quali
nutrivamo parecchie speranze e chi si rivelano essere
nulla d’interessante. I network americani sono pronti a
rinnovare i palinsesti e quelli italiani aspettano di capire su cosa puntare a medio termine e cosa rischiare di
trasmettere praticamente in contemporanea: mettetevi comodi sul divano, la serata è solo all’inizio.
FOX, rivoluzionare per ritrovarsi

La stagione appena conclusa ha emesso un verdetto insindacabile e trasversale a tutti i Fantastic Four
(FOX, ABC, CBS, NBC): le comedy stanno agonizzando, e sebbene a pagarne maggiormente il prezzo sia il
network del pavone, anche negli uffici di Los Angeles
ci si è resi conto che i cavalli vincenti stanno altrove.
L’unica vera chicca che ha saputo incollare gli spettatori al divano è stata Sleepy Hollow, che però ha
chiuso la stagione a due punti di rating, ben lontana
dallo scoppiettante esordio, e che ha invece seguito il
tracollo di tutto il resto della programmazione: danno
da pensare i rinnovi di serie dagli ascolti risibili come
The Mindy Project e Brooklyn Nine-Nine che saranno addirittura chiamati a tirare la carretta ora che al
carrozzone di X-Factor è stata messa una bella “X”
sopra.
Anche gli anni d’oro dei reality sembrano finalmente
giunti al capolinea (American Idol è sul viale del tramonto) e qualora capitasse la stessa sorte alla controparte italiana difficilmente ci strapperemo le vesti.
Chiudono l’elenco dei rinnovi altri enormi punti di domanda quali The Following, una serie senza capo né
coda con una sceneggiatura inesistente e dagli ascolti di pari livello che è però riuscita a salvarsi dalla ghigliottina assieme a Glee e New Girl. Unica voce fuori
dal coro Bones, il franchise al momento più solido del
network di Murdoch che è stato fatto ballare su tutto il
palinsesto settimanale e non ha perso neanche mezzo punto: rinnovo assicurato, peccato che la prossima
sarà l’ultima stagione.
Finiscono nel cestino della spazzatura, come dicevamo, tutte le neonate comedy quali Raising Hope,
Enlisted, Surviving Jack e Dads ma anche prodotti a
nostro avviso meritevoli di più tempo per crescere,
svilupparsi e creare una fanbase solida e appassionata come Almost Human: il progetto supportato
dall’immancabile J.J. Abrahms non è partito forte ma
dopo un arco introduttivo forse troppo... introduttivo
torna al sommario
stava iniziando a ingranare e guadagnare qualche
punticino extra che, però, non è stato sufficiente a
salvarlo dall’oblio. Bisogna ritrovare un’identità per
la nuova stagione: da dove ripartire, quindi? A giudicare dai titoli di punta per la stagione, da quello che
poteva essere e non è stato per altri network.
GOTHAM, PER ANDARE SUL SICURO
Piazzato in coppia con Sleepy Hollow al lunedì per la
serata comics, Gotham è il progetto non-originale su
cui FOX punta di più per il rilancio pregando di non
commettere gli errori di ABC con Shield. Sulla trama
c’è poco da dire, è “a marriage made in Heaven” dei
due top trend di questi anni, quelli su cui puntare per
essere sicuri di non fare danni: prequel e supereroi.
Gotham è la città più corrotta del mondo e a nessuno
sembra importarne più qualcosa... a nessuno tranne
all’agente Jim Gordon, unico poliziotto onesto rimasto a lavorare in una città dove, seminascosto in un
vicolo, un bambino può assistere impotente alla morte dei genitori. Una serie prequel sull’uomo pipistrello si merita almeno 4-5 episodi da guardare “senza
se e senza ma”, con la speranza che non si riveli un
disastro su tutta la linea: ce lo auguriamo noi e gli
azionisti FOX. Clicca qui per il trailer.
WAYWARD PINES, THRILLER DAL CAST STELLARE
Chi è fan delle serie TV non può non aver visto Twin
Peaks e non può, benché a distanza di anni, non volere ancora qualcosa sul delitto di Laura Palmer: deve
averlo capito FOX che pesca a piene mani da questo
tipo di sceneggiatura, ambientazione e personaggi e
ha dato luce verde a Wayward Pines, thriller ambientato nella “ridente” cittadina omonima dove un agente dei servizi segreti viene mandato a recuperare due
colleghi dell’FBI di cui si sono perse le tracce.
Un po’ Bates Motel, un po’ The Prisoner, la miniserie con il cast più stellare dai tempi di una qualsiasi
miniserie non prodotta da HBO (Matt Dillon, Melissa
Leo, Juliette Lewis, Terrence Howard, Carla Cugino)
doveva già andare in onda quest’estate ma è stata
posticipata. Speriamo ne sia valsa la pena.
Clicca qui per il trailer.
GRACEPOINT, SCOMMESSA SICURA IN CASA FOX
Gracepoint è la scommessa sicura di FOX, che riadatta in chiave stars & stripes una delle miniserie TV
britanniche più belle degli ultimi anni, Broadchurch.
Ambientato nell’omonima cittadina, la storia ruota
segue a pagina 14 
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Le migliori serie TV in arrivo
segue Da pagina 13 
attorno al ritrovamento sulla spiaggia di Gracepoint
del cadavere di un bambino e alle indagini che porteranno alla scoperta del colpevole. Protagonista
sarà David Tennant, che reinterpreterà il detective
dell’originale britannico affiancato dalle new entry
Nick Nolte, di nuovo sugli schermi dopo gli sciagurati
eventi di Luck, e ad Anna Gunn. Visione sicura per chi
si è perso l’originale ma anche per i fan di Broadchurch (in attesa della seconda stagione), poiché gli autori
giurano di aver cambiato il (forte) finale dell’originale:
sarà un bene?
Clicca qui per il trailer.
EMPIRE: FOX TENTA LA CARTA MUSICAL
Altro giro, altra “ispirazione” per FOX, che oltre al
filone dei supereroi tenta la strada dei musical dopo
il successo di Nashville sempre sul network dell’alfabeto. Stavolta, però, la buona musica rock/country
lascia spazio al meno ispirato hip hop, nel cui mondo tutto eccessi ed esagerazioni si svolge un family
drama guidato dal produttore Lucious Lyon, a cui
viene diagnosticato un male incurabile e tre anni di
vita rimanenti. Il tempo rimasto servirà per decidere
a quale dei tre figli lasciare l’impero. Con Terrence
Howard e Taraji P. Henson di nuovo sui nostri schermi, dopo aver illuminato d’immenso quel capolavoro
di Person of Interest.
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MULANEY, PERCHÉ LE COMMEDIE NON SONO
MORTE (DEL TUTTO)

Nonostante la lapide a commemorare la dipartita del
genere, FOX prova a piazzare nel palinsesto una comedy multicam che non si ritrovi a vagare di settimana
in settimana fra le serate del pubblico come un fantasma fra le mura di un castello, e conferma il progetto.
John Mulaney è un comico che vuole dare una svolta
alla propria carriera e accetta l’offerta di Lou Cannon,
un guru della comicità con cui però inizieranno ben
presto delle divergenze. Creato e interpretato da
torna al sommario
John Mulaney assieme a Martin Short, Nasim Pedrad
ed Elliot Gould, chiamato a un radicale cambio di parte dopo la seconda stagione di Ray Donovan.
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RED BAND SOCIETY, CON LA FIRMA DI SPIELBERG
Comedy strappalacrime che cerca di mescolare le
carte del genere e proporre qualcosa di nuovo, anche con la supervisione di Spielberg nell’adattamento
dal progetto televisivo spagnolo Polseres Vermelles:
un gruppo di ragazzi ricoverati in pediatria stringono
amicizia cercando di superare i loro piccoli, grandi
problemi quotidiani aiutandosi l’un l’altro.
Clicca qui per il trailer.
cano appassionato di football e che ama passare le
serate con gli amici ma che, sotto sotto, ha un lato
romantico neanche troppo nascosto. Lavora in una
compagnia di online dating e di fronte al suo ufficio
c’è quello di Zelda, ragazza carina ma che quando
c’è da giocare con l’amore non affronta neanche la
partita: una coppia agli antipodi che cercherà di capire se ha un presente, oltre che un futuro. Con Cristin
Milioti e Ben Feldman. Clicca qui per il trailer.
MARRY ME:, COMMEDIA FRIZZANTE E AGRODOLCE
NBC: cercasi comedy disperatamente
Come si diceva per FOX, il grosso calo d’interesse
del grande pubblico verso i prodotti comici sta flagellando tutti i palinsesti dei grandi network, e il Pavone
è quello che paga il prezzo più salato: un tempo casa
per antonomasia dei migliori prodotti con risate registrate e non, National Broadcasting Company cancella praticamente tutto il cancellabile della scorsa
stagione rinnovando solo le nuove franchise series
Chicago Fire, The Blacklist e Hannibal assieme alle
due comedy finanziariamente sostenibili, Parks and
Recreation (ma sarà l’ultima stagione) e About a Boy.
Rimandano i titoli di coda Parenthood, che chiuderà
al termine di quest’ultima stagione, e Grimm, tutto
sommato un buon investimento.
Ringraziano per l’attenzione (si fa per dire) e si congedano dal palinsesto tutte le ex-nuove proposte,
una su tutte Dracula che dopo un inizio da incorniciare è crollato miseramente, finendo per essere
- è proprio il caso di dirlo - mangiato da Hannibal.
E alla luce dei plausi di critica e pubblico, ci sembra
una scelta coerente per un network che nonostante
dei buoni spunti e delle certezze ormai consolidate,
cerca di trovare in questo autunno due chiavi di volta: la prima per rilanciare un’idea di comedy diversa,
meno familycentrica e più trainata da un personaggio dominante in grado di catalizzare l’attenzione;
la seconda per confermarsi agli occhi del pubblico
come “IL” canale dei political drama dopo il successo
di un The Blacklist che si avvia sulla strada del consolidamento per un discreto numero di stagioni.
COMMEDIA E SENTIMENTO, DALLA A ALLA Z
Partiamo subito con una comedy romantica che,
come dicevamo, tenta di allontanarsi dal concetto
di famiglia in senso stretto per abbracciare tematiche più sentimentali come non se ne vedevano da
qualche anno. Andrew è il classico ragazzo ameri-
Marry Me si pone come l’erede spirituale di Happy
Endings (non a caso è il nuovo prodotto di David
Caspe): Jake e Annie sono fidanzati da sei anni e di
ritorno da due settimane di vacanza in Messico Jake è
pronto a chiederle di sposarla… Peccato che alla festa
a sorpresa organizzata per l’evento lei si lasci andare a commenti poco lusinghieri sul non aver sfruttato
l’occasione per convolare a nozze. E sulle abitudini
sessuali della quasi suocera. La festa si trasforma in
un incubo e tutto sembra andare a rotoli ma i sentimenti che li uniscono sembrano in grado di resistere
a tutto. Casey Wilson e Ken Marino vogliono diventare la coppia di riferimento dell’autunno romantico di
casa NBC e le premesse sembrano esserci tutte.
BAD JUDGE, I DUE VOLTI DELLA LEGGE
Accennavamo alla necessità di personaggi forti in
grado di catalizzare l’attenzione, nella speranza di
scovare un Walter White del 2015, e fra gli altri pensavamo esattamente alla bella Kate Walsh e al suo
Bad Judge, comedy nella quale l’ex star di Private
Practice e di Grey’s Anatomy interpreta il giudice
Rebecca, la cui sconsiderata vita sentimentale (e
sessuale) non occupa solo i locali più cool della città ma anche le aule del suo tribunale. Praticamente
Don’t trust the b**** in apt. 23 con una rossa che ha
un lavoro come protagonista. Perlomeno, uno vero.
Clicca qui per il trailer.
segue a pagina 15 
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segue Da pagina 14 
STATE OF AFFAIRS, LA CASA BIANCA DI NUOVO
SOTTO I RIFLETTORI
Non solo zucchero nel palinsesto NBC, dicevamo,
ed ecco che la dose di suspence e thriller politici
inzia a prendere corpo in State of Affairs, che dopo
il successo di The Blacklist tenta di portare nuovamente le autorità americane e la Casa Bianca sotto i
riflettori. Charleston Tucker lavora come consigliere
speciale della CIA a fianco del presidente degli Stati
Uniti come suo braccio destro per incidenti internazionali di ampio respiro mentre cerca di risolvere il
mistero che avvolge la morte del suo fidanzato: vita
sentimentale complicata e intrighi di potere, un nodo
che il network del Pavone spera di sciogliere puntando forte su Katherine Heigl, la dottoressa Stevens di
Grey’s Anatomy, sì. Una scelta coraggiosa.
Clicca qui per il trailer.
E I COMICS DOVE LI METTIAMO?
CI PENSA CONSTANTINE
Chiudiamo la preview delle più importanti novità NBC
con Constantine, la proposta del network newyorchese a tema comics. Le avventure del detective
John Constantine erano già arrivate sul grande
schermo ma il risultato non è stato esattamente da
premio Oscar; questa volta si spera che più spazio e
l’adattamento strutturato a opera di David Goyer (già
responsabile di Batman Begins) possa dare giusto
risalto alla lotta contro il Male che affligge l’esistenza
del nostro eroe. I commenti degli intransigenti fan
del fumetto sembrano remare contro questa speranza, ma il trailer promette atmosfera e una buona
dose di effetti speciali. Basteranno?
Clicca qui per il trailer.
ABC prova a giocare sul sicuro

Il network dell’alfabeto è in fase di ridimensionamento già da qualche anno, e benché lo “scettro” di fanalino di coda dei Big Four spetti di diritto a FOX, c’è
da sperare che la programmazione copia-carbone di
quest’anno serva davvero a rinsaldare i punti di forza
e coprire le spalle ai neo arrivati, piuttosto che far
migrare gli ascoltatori verso altri lidi.
Le certezze di rinnovo e audience sono state ovviamente l’inaffondabile Castle e il trittico Grey’s
Anatomy - Scandal - Nashville, ben lontani dall’essere delle novità fresche di giornata ma in grado di
tenere alta l’attenzione di uno zoccolo duro di fan
davvero di ampia portata. Nella giostra dei rinnovi seguono a stretto giro Once Upon a Time e Revenge: il
torna al sommario
primo in evidente calo di idee, sceneggiatura e pubblico si salva probabilmente solo grazie alla partnership ABC-Disney; il secondo tiene botta grazie alle
interpretazioni della Stowe e della VanCamp, ormai
ridotte a macchiette di quella che è stata la magia e
il fascino della prima stagione ma che - come nella
miglior tradizione da soap opera anni Ottanta - sono
protagoniste di un’escalation di situazioni talmente
assurde da catturare l’attenzione. Grande delusione
per Agents of S.H.I.E.L.D da cui il network si aspettava davvero di più in termini di apprezzamento dei
fan e favori della critica ma che si è comunque guadagnato il rinnovo, almeno in termini di sostenibilità
finanziaria: la seconda stagione sarà anche affiancata da uno spin-off e la lotta con FOX e il suo Gotham
si annuncia davvero senza esclusione di colpi.
Come per il network del pavone, anche la casa dell’alfabeto cancella praticamente solo novità, un po’
per scelte di programmazione davvero scellerate e
un po’ perché - va detto - alcune proprio lacunose
in termini di potenziale interesse verso il pubblico.
Salutano quindi, tra le altre, Trophy Wife, Lucky 7,
Mind Games e Killer Women così come un potenziale protagonista della programmazione italiana quale
Once Upon a Time in Wonderland, collocato in una
serata tosta come il giovedì completamente slegato
dalla serie-madre. Le scelte in sicurezza di cui sopra,
quindi? Si parte con la nuova serie della Regina Mida
Shonda Rhimes, a cui ABC vorrebbe affidare tutto il
podio degli ascolti.
SI PUNTA TUTTO SU HOW TO GET AWAY
WITH MURDER
Probabilmente la serie che dominerà il panorama
autunnale di tutti i quattro network: non un prequel,
non una serie di supereroi, non un progetto tratto
da libri o da vecchie miniserie britanniche ma solo la
nuova, attesissima hit di Shonda Rhimes, alla quale
ABC ha messo nuovamente in mano buona parte del
successo serale di questo autunno.
Dopo medical e political drama, la Produttrice (con la
“P” volutamente maiuscola) ambienterà il suo nuovo
legal in un’autorevole Università della East Coast dove
la misteriosa professoressa Annalise Keating insegna
diritto penale e dove cambierà la vita a quattro studenti che la seguiranno in un omicidio estremamente
intricato. Una serie questa che promette di eclissare i
deliri di Scandal e far conoscere nuove vette di drama
a chi si imbarcherà in quest’avventura: una scommessa che difficilmente non si rivelerà vincente.
Clicca qui per il trailer.
AMERICAN CRIME, THRILLER
DI NUOVO PROTAGONISTA
ABC punta forte sui drama e dà via libera al progetto
American Crime, la serie che riporta sul piccolo schermo Felicity Huffman qualche tempo dopo gli eventi di
Wisteria Lane lanciandola in un thriller a tinte davvero
cupe dove l’omicidio di un uomo di colore a Central
Valley, California, sconvolge la comunità locale e porta a galla rancori e discriminazioni che sembravano
sopiti nella piccola comunità non così tranquilla come
si sarebbe potuto pensare. Le premesse per una serie
“impegnata” ci sono, forse ABC non è il network giusto per gestire questa potenziale patata bollente ma
se l’emittente saprà tenere lontane eventuali critiche
per il tema decisamente spinoso, potrebbe rivelarsi
qualcosa di più di una serie monostagione.
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IL RITORNO DEGLI ALIENI IN THE WHISPERS
Chiude la carrellata di drama a tinte dark The
Whispers, che porta un po’ di fantascienza sugli
schermi autunnali con una storia decisamente inquietante: niente navi spaziali e guerre intergalattiche ma una misteriosa e potente razza aliena senziente che decide di invadere la Terra sfruttando i
nostri bambini. C’è qualcosa di Falling Skies nel
trailer, e c’è una Lily Rabe nel cast che ormai con i
ruoli disturbati (e disturbanti) va a nozze.
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GALAVANT, INCONTRO DI MUSICAL E FANTASY
Il board di ABC ha tante poltrone occupate da personalità importanti di Disney e la linea fantasy, dopo
Once Upon a Time, avrà un nuovo protagonista con
Galavant, musical a tinte fiabesche dove il bel principe attraverserà mari e monti per ottenere la vendetta nei confronti di chi gli ha rubato il vero amore.
Da sottolineare la colonna sonora originale, a cura
del premio Oscar Alan Menken: forse non saremo ai
livelli di Nashville, ma ABC si conferma un network
che ha feeling con i musical.
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SELFIE, LA MODA DEL MOMENTO
IN UNA SERIE TV
L’altro lato del palinsesto ABC sono le comedy, genere su cui - alla luce della crisi di identità che lo
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affligge e il bisogno di certezze che invece ossessiona ABC - il network non sembra puntare troppo ma
verso il quale ha dedicato qualche accortezza in più
diversificando i prodotti e andando a proporre tre
soggetti originali fortemente caratterizzati a tema etnico-culturale: partiamo con Selfie, comedy frizzante
su uno dei fenomeni sociali più viral degli ultimi tempi incentrata su Eliza, giovane ventenne dipendente
da ogni sorta di social network e più interessata ad
accumulare “like” alle proprio foto e livelli a Candy
Crush che non a piacere davvero a qualcuno. La
sua vita cambia quando diventa protagonista di un
video che diventa subito virale e la mette davvero
sulla bocca di tutti, ma per ragioni che più sbagliate
non potrebbero essere: con l’aiuto di un suo collega esperto di marketing cercherà di rilanciare la sua
immagine agli occhi del mondo “1.0”. Una delle contendenti al titolo di miglior comedy sulla piazza, ma
la sfida non è certo improba.
Clicca qui per il trailer.
FRESH OFF THE BOAT E IL “SOGNO AMERICANO”
La storia di una famiglia di Taiwan che si trasferisce in
America, a Washington prima e a Orlando poi. L’attenzione sarà focalizzata sul giovane Eddie, dodicenne
appassionato di hip hop, e sulle avventure che vivrà
assieme alla famiglia ossessionata dal “sogno americano” del padre e del ristorante che vuole far diventare famoso. Basato sul romanzo autobiografico dello
chef Eddie Huang e creato da Nahnatchka Kahn, l’autrice della b**** dell’appartamento 23 ancora in affari
con ABC nonostante la brutta fine dello show con
Krysten Ritter e Dreama Walker.
Clicca qui per il video.

BLACKISH, COMMEDIA
DAL SIGNIFICATO PROFONDO
Altra comedy, altra etnia: dalla comunità asiatica a
quella afro-americana, Blackish racconta le vicissitudini di una famiglia di colore moderatamente benestante in cui il padre affronta le difficoltà quotidiane
torna al sommario
cercando di trasmettere un senso di identità culturale che rispetti la pacifica convivenza con la comunità
americana senza perdere le proprie tradizioni ma
che si deve scontrare con le idee liberali della moglie, quelle dichiaratamente conservatrici del nonno
e con i figli integrati e che ascoltano certi discorsi
come se provenissero da un altro mondo. Una comedy che vorrebbe far riflettere e che diventa il secondo show di ABC a tema razziale dopo American
Crime, a tinte decisamente più morbide ma non per
questo meno ispirate.
Clicca qui per il trailer.
CBS, un autunno di certezze
e scelte oculate
In un anno dove quasi tutte le emittenti sono state
chiamate a scelte a metà fra il coraggioso e il conservativo, dall’alto del suo indiscusso dominio sulle
contendenti CBS si permette il lusso di rinnovare solamente i suoi fortissimi brand e iniziando una partita
a tetris con il palinsesto dando luce verde a progetti
mirati per tappare le lacune e consolidare la posizione dominante.
Columbia Broadcasting System è da almeno quattro
anni il canale dei drama e delle serie televisive più
di nicchia nonostante non sia un network via cavo,
testimoni ne sono il planetario successo di un gioiello quale Person of Interest e di altre gemme altrettanto preziose quali The Good Wife e The Mentalist,
seguite poi a ruota dai solidissimi brand procedurali
quali CSI, NCIS e Criminal Minds. Superfluo citare il
rinnovo triennale di The Big Bang Theory, show dal
successo sproporzionato e ormai al di là del bene
e del male.
Cala la scure, invece, per tutte le novità dell’anno scorso: Hostages e Intelligence, drama troppo
discontinui a cui i grandi nomi degli interpreti non
sono bastati per sopperire alle mancanze di sceneggiatura, ma anche per il tris di commedie We are
men, Friends with benefits e Bad teacher. Discorso
leggermente diverso per The crazy ones, che invase
i palinsesti con numeri invidiabili ma che ha successivamente visto una flessione continua e inarrestabile che l’ha portato ai titoli di coda: si ridimensiona quindi l’offerta comedy per quest’autunno. CBS
vuole, però, continuare a porsi come l’élite della tv
generalista americana, con prodotti per spettatori
attenti e in cerca di qualcosa di più, alternati a serate
più tranquille ma altrettanto accattivanti: l’offerta del
network dell’occhio per quest’autunno è senza dubbio la più strutturata.
MADAM SECRETARY, TRA POLITICA
E VITA PRIVATA
Il titolo più caldo dell’autunno CBS vede protagonista
il neo-eletto Segretario di Stato americano Elizabeth
McCord alle prese con la difficoltosa gestione della
politica estera statunitense in qualità di braccio destro del Presidente ma anche le difficoltà quotidiane
di essere madre e moglie alle prese con ia gestione
di una famiglia e dei problemi quotidiani. Dalla penna di Barbara Hall, la mamma di Homeland, con Tea
Leoni e Tim Daly: non sappiamo ancora bene che
cosa aspettarci se non un prodotto che potrebbe veramente essere per “pochi eletti”, oltre che il nuovo
“jackpot” per il canale.
Clicca qui per il video.
CSI: CYBER, CRIMINI 2.0
C’è davvero bisogno di presentare il nuovo progetto
del duo Zuiker/Mendelsohn? La serie procedurale
per antonomasia si reinventa in chiave 2.0 e ci presenta le indagini dell’agente speciale Avery Ryan
alle prese con i crimini più efferati compiuti in Rete.
Il primo CSI non ambientato in una città specifica ma
fra le vie del World Wide Web: è la linfa necessaria a
rinverdire un grandissimo successo che, però, è arrivato alla sua quindicesima stagione spinoff esclusi?
Parrebbe proprio di sì.
THE McCARTHYS, DA BOSTON CON LEGGEREZZA
La proposta comedy di CBS è un progetto leggero e facilmente spostabile sul palinsesto che vede
protagonista la cattolicissima famiglia irlandese dei
McCarthy, alle prese con un figlio gay e con un’irrefrenabile passione per lo sport.
Troppo poco per attirare l’attenzione?
Clicca qui per il video.
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MOBILE È finalmente pronta per il mercato italiano una delle migliori sorprese di IFA 2014
Galaxy Alpha arriva in Italia a 699 euro
Design elegante e ottimi materiali, le caratteristiche sono interessanti pur non “esagerate”
di Massimiliano ZOCCHI
e avevamo parlato in occasione
dell’IFA di Berlino, chiedendoci
come mai Samsung avesse tenuto quasi nascosto questo piccolo
gioiello. Misteri del marketing, ma Galaxy
Alpha ora è pronto per il mercato italiano
al prezzo suggerito di 699 euro e finitura in nero, bianco, oro, argento e blu; la
memoria interna è da 32 GB. Il nuovo
modello riprende alcune soluzioni già
viste in Galaxy S5, ma se ne discosta soprattutto per quanto riguarda dimensioni
e materiali. Sul retro troviamo la cover
in “finta pelle” come in molti degli ultimi
modelli, ma il corpo principale abbandona la plastica in favore del metallo, con
linee più nette, che danno una sensazione di robustezza e eleganza. Come per
Note 4, le linee non sono tondeggianti
ma l’approccio è più squadrato, quasi un
mix tra il glorioso Galaxy S2 e iPhone del-
N
MOBILE
Oppo N3 sarà
costruito
con materiali
aerospaziali

Tra qualche settimana Oppo
annuncerà il suo nuovo smartphone
top di gamma, l’N3. Con una serie
di teaser sui canali social, l’azienda
ha fatto capire che una delle
particolarità del nuovo modello
sarà costituita dai materiali con cui
sarà costruito, del tutto inediti per il
mercato degli smartphone. Almeno
una versione dell’N3, infatti, sarà
realizzata con un telaio in lega di alluminio e litio, materiale tipicamente utilizzato in ambito aerospaziale.
Si tratta di una lega che rispetto
all’alluminio liscio offre ancora più
leggerezza e allo stesso tempo maggiore rigidità. Stando all’immagine
pubblicata su Facebook, questa non
sarà l’unica opzione disponibile,
visto che viene mostrato anche un
telaio in acciaio inossidabile. L’Oppo
N3 sarà il successore dell’N1 e
sarà presentato nel mese di ottobre
a Singapore, anche se al momento
non c’è ancora una data precisa per
il suo lancio.
torna al sommario
la concorrenza.
Lo spessore è
da record con
soli 6,7 mm, e
anche per questo sul retro la
fotocamera da
12
Megapixel
sporge leggermente. L’ottica è
accompagnata
da flash led ed è
presente il sensore per il battito cardiaco.
Pochi Megapixel in meno rispetto a S5
ma ottime potenzialità con la possibilità di
registrare video in 4K a 30 fps. Samsung
lascia da parte la corsa al display più
grande, optando per 4,7” HD Super
AMOLED con risoluzione 1280 x 720. Sul
fronte hardware troviamo un processore
Exynos Octa Core (quad 1.8 GHz + quad
1.3 GHz) accompagnato da 2 GB di RAM.
Non manca tutta la connettività a cui sia-
Con l’annuncio di
Crescent Bay, Oculus
avvicina il suo progetto
di visore per la realtà
virtuale alla realtà
di acquisto per tutti
di Michele LEPORI
mo abituati: Wi-Fi ac MIMO, Bluetooth 4.0
LE, USB 2.0 e NFC, e naturalmente LTE.
C’è il lettore di impronte digitali e troviamo anche la nuova gestione di risparmio
energetico avanzato. È garantita la compatibilità con i device indossabili Samsung, Gear Fit, Gear 2 e il nuovo Gear S.
Il cuore di tutto il sistema è Android 4.4.4
KitKat, con autonomia garantita dalla batteria da 1.860 mAh. Clicca qui per vedere il video di presentazione.
MOBILE Al momento è un prototipo con display da 5,92”
È questo il nuovo Nexus 6?
Se sì, è prodotto da Motorola
Q
Crescent Bay
Oculus, lo stato
dell’arte della
realtà virtuale
di Paolo CENTOFANTI
uello che si vede nell’immagine qui sotto è un mock up di quello che
potrebbe essere il nuovo Nexus 6 (o Nexus X secondo alcune fonti). È
stato realizzato sulla base di un dispositivo reale finito sotto le grinfie di
9to5Google.com. Secondo il blog, il nuovo Nexus è realizzato da Motorola e sarebbe in parte basato sul design del Moto X, ingrandito per far posto al nuovo display da ben 5,92 pollici, con risoluzione di 2.560 x 1.440 pixel. Lo smartphone sarebbe dotato di processore Snapdragon 805 di Qualcomm, 3 GB di RAM, memoria
interna da 32 GB, fotocamera da 13 Megapixel con funzione di ripresa in Ultra HD
e soprattutto una capiente batteria da 3200 mAh. Il nome in codice del prototipo
di Motorola sarebbe “Shamu” e naturalmente fa girare il nuovo sistema operativo
Android L, anche se a quanto pare al momento non in versione a 64 bit. Nei mesi
scorsi erano comparsi dei benchmark di potenziali esemplari del nuovo Nexus,
però con display da 5,2 pollici, ma non è da escludere che possano venire lanciate più versioni
differenti. Se verrà seguita la
stessa tabella di
marcia rispettata
negli anni scorsi,
il nuovo Nexus
potrebbe venire
annunciato tra i
mesi di ottobre e
novembre.
Diciamolo subito: Crescent Bay
non sarà la versione finita del visore di Oculus. Ma ci va molto vicino, visto che i cambiamenti dal
modello Rift “versione 2” sono
tanti e importanti: li spiega tutti
Brendan Iribe, il boss di Oculus,
che inizia illustrando il nuovo
tracking a 360° del Crescent Bay
reso possibile grazie all’inserimento di sensori per il tracking
dei movimenti anche sul retro del
visore, di modo tale che la videocamera esterna possa interpretare la nostra posizione e i movimenti anche quando ci giriamo
di 360°. Note positive anche su
peso e volume del visore e, grande cambiamento, sul comparto
audio ora integrato: alla conferenza Oculus Connect, dove il
Crescent Bay è stato presentato,
è stato dato ampio spazio alle
cuffie integrate e all’audio 3D, un
settore dove finora Oculus sembrava non avere interesse a investire ma che attualmente diventa
una caratteristica fondamentale
per garantire l’immersione nel
mondo virtuale.
Il futuro del progetto Oculus, anche alla luce della partnership
con Samsung per il Gear VR, è
decisamente roseo e Iribe assicura: “…si possono creare mondi
incredibili. Si possono creare anche mondi decisamente credibili.
Dopotutto, siamo solo all’inizio”.
n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MOBILE Tra le novità introdotte ci sono l’assistente virtuale, Amazon Appstore e tanta sicurezza
BlackBerry lancia Passport e il servizio Blend
BlackBerry ha annunciato dettagli, prezzi e disponibilità del nuovo smartphone Passport
In italia arriverà entro fine anno al probabile costo di 649 €, come in Francia e Germania
B
di Paolo CENTOFANTI
lackBerry ha lanciato in diversi paesi il nuovo discusso smartphone
Passport di cui ha finalmente rivelato tutti i dettagli. Come già anticipato
si tratta di uno smartphone che punta
- a torto o a ragione lo dirà il mercato
- sul particolare rapporto di forma dello schermo: il display è perfettamente
quadrato, con una diagonale di 4,5”
con risoluzione di 1.440x1.440 pixel per
una definizione di 453 ppi. Al di sotto di
questo c’è una tastiera fisica (marchio di
fabbrica BlackBerry) “compressa” in una
sottile striscia. Le caratteristiche tecniche
sono di tutto rispetto - Snapdragon 800
da 2,2 GHz, 3 GB di RAM, fotocamera da
13 Megapixel, batteria da ben 3450 mAh
- ma chiaramente il particolare design
lascerà perplessi molti e le prime impressioni a caldo sembrano confermare
MOBILE
Galaxy Note
Edge sarà
in tiratura
limitata
Galaxy Note Edge di Samsung sarà
un prodotto in edizione limitata.
Lo avrebbe detto un dirigente di
Samsung in un’intervista in Corea,
sostenendo che è troppo “tecnologico” per una produzione di massa.
Il dispositivo arriverà comunque
sul mercato, ma solo in un numero
limitato di pezzi in Corea del Sud. Il
successo in patria del Galaxy Note
Edge determinerà se e in quali paesi
stranieri il prodotto verrà eventualmente distribuito o se verrà avviata
una più massiccia produzione. Per
i più distratti, il Galaxy Note Edge è
una versione del Galaxy Note 4 in
cui il display si piega su un bordo,
creando una striscia laterale che
può venire controllata indipendentemente come area di notifica o dock
per lanciare applicazioni preferite.
Lo smartphone era stato mostrato a
sorpresa al Samsung Unpacked tenutosi a Berlino in apertura di IFA 2014,
dove abbiamo avuto la possibilità di

vederlo dal vivo in anteprima.
torna al sommario
l’ergonomia non proprio esemplare di
Passport. L’altra novità riguarda il software del BlackBerry Passport, visto che
si tratta del primo dispositivo basato su
BlackBerry OS 10.3 che introduce importanti novità quali l’assistente virtuale
BlackBerry Assistant, l’Amazon Appstore
con applicazioni Android compatibili e il
nuovo BlackBerry Blend. Quest’ultimo
è una sorta di “digital hub” multipiattaforma che consente di sincronizzare su
Windows, OS X e Android contenuti e
servizi presenti sul proprio BlackBerry,
come posta, calendari, messaggi, SMS,
file. I dati vengono scambiati tramite la
rete sicura di BlackBerry utilizzando lo
stesso BlackBerry ID sui vari dispositivi e
l’azienda punta molto proprio sul concetto di sicurezza per far breccia nell’utenza
Business. BlackBerry Passport è disponibile in Canada, Francia, Germania, UK
e Stati Uniti. In Francia e Germania lo
smartphone è disponibile senza contratto a un prezzo di listino di 649 euro, che
potrebbe essere poi il costo che il prodotto avrà quando sarà lanciato anche in
Italia entro la fine dell’anno.
Galaxy Note 4
il 24 ottobre
in Italia
Samsung Galaxy Note arriverà
ufficialmente il 24 ottobre in Italia, almeno secondo la mappa degli eventi
di lancio che Samsung ha pubblicato
su Facebook. Non è escluso tuttavia
che si possa riuscire a mettere
mano al nuovo phablet Samsung
qualche giorno prima: secondo alcune
indiscrezioni infatti i primi stock ai
negozi dovrebbero arrivare il 13
ottobre, e la data del 24 sarebbe solo
la “premiere” ufficiale che coinciderà,
come sempre, con una bella festa e
tanti vip. Samsung nel frattempo si
gode il #bendgate: dopo aver scritto
sul manuale d’uso che lo spazio tra
schermo e cornice è normale e dovuto
alla tecnologia produttiva, propone
un video dove il Galaxy Note 4 viene
sollecitato più volte e resiste anche
a pressioni notevoli. Nessuna piega
insomma e nessuna rottura della
cornice o dello schermo.
MOBILE È stato risolto il problema che aveva impedito il lancio di app con supporto per HealthKit
Apple corre ai ripari e rilascia l’aggiornamento 8.0.2
Dopo il travagliato rilascio di iOS 8.0.1 che ha mandato fuori uso la connettività cellulare
Apple ha pubblicato a tempo di record la nuova versione del S.O. che mette tutto a posto
di Paolo CENTOFANTI
A
lla fine non si è dovuto aspettare
poi molto e nel giro di circa 24 ore
Apple ha messo una grossa pezza sul travagliato rilascio di iOS 8.0.1.
Apple aveva infatti rilasciato una versione di iOS che, pur risolvendo alcuni
bug di gioventù del nuovo iOS 8, ne
conteneva due decisamente più gravi
che hanno mandato in tilt connettività
cellulare e touch ID sui nuovi iPhone 6
e iPhone 6 Plus. iOS 8.0.1 è rimasto
online poco più di un’ora, prima che
Apple si accorgesse del malfunzionamento e richiamasse l’aggiornamento.
Anche se inizialmente l’azienda aveva
dichiarato che una nuova versione di
iOS sarebbe stata rilasciata nel giro
di pochi giorni, iOS 8.0.2 è arrivato
subito, questa volta senza problemi e
con tutti i bachi delle versioni precedenti finalmente risolti. Con iOS 8.0.2
è stato risolto il problema che aveva
impedito inizialmente il lancio delle
app con supporto per il nuovo framework HealthKit
per la funzionalità
“Salute” di iOS 8.
Altri miglioramenti
riguardano le funzioni reachability,
condivisione
in
famiglia e le nuove tastiere personalizzate. Risolto
anche un bug che
poteva generare
traffico cellulare extra alla ricezione di
SMS e MMS.
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MOBILE Un vero orologio da polso, maschile e raffinato con 33 mesi di autonomia dichiarata
Casio Edifice EQB-500 è l’orologio connesso
Sotto al quadrante c’è un cuore intelligente che dialoga con lo smartphone tramite Bluetooth
A
di Andrea ZUFFI
quasi due anni di distanza dall’introduzione del Bluetooth sul
G-Shock, Casio amplia la gamma
degli orologi connessi allo smartphone
con la serie EQB-500 del marchio
EDIFICE. Si tratta di orologi da uomo,
analogici e caratterizzati da avanzate
funzioni di misurazione del tempo e
gestione dei fusi orari cui si aggiunge la possibilità di interagire tramite
Bluetooth 4.0 con l’app Casio WATCH+
disponibile per iOS e Android. Dallo
smartphone sarà possibile regolare comodamente agendo sulla mappa mondiale o scegliendo da una lista di 300
città, l’orario da visualizzare sull’orologio, scegliendo la “Time Zone” del
secondo quadrante incassato. Sempre
tramite l’app si potranno settare gli
allarmi, salvare in un log i tempi registrati dall’orologio, utilizzare la funzione “Finder” che attiva un allarme sullo
Grazie a una
nuova modalità di
funzionamento dell’USB
Vesa ha aggiunto la
possibilità di veicolare
flussi video DisplayPort
fino a 5K sul nuovo
connettore Type C
smartphone quando non sappiamo
dove si trova. Non ultima la possibilità
di ricevere sull’orologio le notifiche per
le nuove mail ricevute su un account
abbinato. La connettività Bluetooth
4.0 Low Energy LSI, unita al sistema
di alimentazione a ricarica solare e al
“Power Saving” porta l’autonomia dichiarata da Casio a 33 mesi.
Tra i vari accorgimenti per l’ottimizzazione dei consumi troviamo anche il
blocco delle lancette quando l’orologio
si trova al buio.
Due le versioni che sono disponibili a
partire dalla fine di settembre: EQB500D a 299 euro e EQB-500DC (dotato di cinturino in acciaio inox) a 399
euro.
MOBILE Oltre ad aumentare il numero delle app le vorrebbe portare in posizione di primo piano
Google imporrà 20 app pre-installate negli Android
Secondo The Information, Google sta rinegoziando i contratti con i produttori hardware
P
di Emanuele VILLA

remessa: è un rumor, ma ha certamente senso dal punto di vista di
Google. E se la cosa venisse confermata, spiegherebbe perché aziende
come Samsung tentano (in questo caso,
un po’ timidamente) di affiancare al rodato Android anche un sistema concorrente
come Tizen. La notizia proviene da The
Information, secondo cui Google starebbe rinegoziando i contratti con le aziende che fanno uso di Android portando il
numero di app pre-installate a 20, dall’attuale numero di 9. Ci riferiamo alle app
native di Google, come Gmail, Chrome,
Google+ e via dicendo. La medesima fonte sostiene che Google non intenda solo
aumentare il numero di app e dei suoi
prodotti all’interno di Android, ma anche
renderle più visibili nel contesto del sistema operativo, andando ad “occultare”
quelle proprietarie dei vari produttori, e
di imporre nuove linee guida per l’utilizzo di svariati servizi, come per esempio
le ricerche vocali: pur non entrando in
torna al sommario
Che bomba
il nuovo USB
Corrente, 5K
e dati
dettagli, Google sarebbe poi intenzionata a imporre un certo posizionamento e
la dimensione delle proprie icone. In una
situazione del genere, il possibile braccio
di ferro tra Google e i produttori di device (pensiamo a Samsung, ma anche LG,
Sony, Motorola...) potrebbe intensificarsi, dato che tutte le aziende cercano di
spingere i clienti verso i propri servizi: per
esempio, Samsung e LG hanno il proprio
store che offre un’intera suite di app e via
dicendo. Al momento, Google pare però
in posizione di netto vantaggio: produce
telefoni di successo e, soprattutto, è titolare del sistema operativo principe a livello mondiale. Più che probabile, quindi,
che nei prossimi telefoni Android (Galaxy
compresi) la presenza di Big G sia ancor
più prominente che in passato: il vantaggio sarebbe un’esperienza d’uso meno
frammentata e più simile tra le piattaforme e i vari produttori.
di Roberto PEZZALI
La prossima generazione di connettori USB sarà a dir poco rivoluzionaria: Vesa ha annunciato che
il nuovo connettore reversibile
Type C potrà veicolare anche segnali audio e video permettendo
di gestire così monitor fino a 5K di
risoluzione. Questa funzionalità si
aggiungerà a quelle già delineate,
che prevedono ovviamente il trasferimento di dati a 10 Gbps e l’alimentazione fino a 100 Watt. USB
diventa un vero “Universal Bus”,
un unico super cavo che sincronizza dati, trasmette audio e video
e alimenta i dispositivi. L’obiettivo
è realizzare un’alternativa a basso
costo rispetto al costoso Thunderbolt: grazie a una nuova estensione approvata a inizio settembre
dall’USB Implementers Forum,
che prevede il trasferimento sul
cavo USB di segnali “non USB”
in una modalità detta “Alternate”,
Vesa sfrutterà più canali USB SuperSpeed per trasferire il segnale
Video DisplayPort. Una soluzione
comodissima per smartphone,
tablet, portatili e dispositivi per
i quali si fa sempre più fatica a
trovare spazio utile per inserire
nuove prese, ma allo stesso tempo una soluzione molto versatile:
grazie agli adattatori sarà possibile convertire il segnale in HDMI,
VGA o DVI. Al momento non sono
ancora disponibili periferiche e
prodotti compatibili con il nuovo
USB Type C: dovrebbero arrivare
nel corso del 2015.
n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
MOBILE È un dispositivo attrezzato per rilevare molte informazioni relative agli allenamenti
Forerunner Garmin 920XT, un vero sport watch
È leggero, ha il display a colori ed è connesso con il mondo tramite Bluetooth LE e Wi-Fi
di Andrea ZUFFI
armin lancia Forerunner 920XT,
orologio GPS multi sport successore del 910XT cui è stata
aggiunta la connettività Bluetooth Low
Energy per il dialogo con l’app gratuita Garmin Connect Mobile disponibile
per Android e iOS.
Da un punto di vista prettamente sportivo il nuovo Forerunner 920XT è un
completo dispositivo per la rilevazione
di molte informazioni relative agli allenamenti. Durante la corsa, per esempio, l’atleta potrà conoscere i classici
parametri quali la distanza, il passo o
il battito cardiaco (in quest’ultimo caso
serve la fascia toracica) e altri interessanti grandezze come la cadenza,
l’oscillazione verticale e il tempo di
contatto col suolo. Con caratteristiche
dedicate a vari altri sport come nuoto
e ciclismo, Garmin 920XT si presenta
con un display a colori e con caratteristiche ergonomiche (leggerezza
e flessibilità del cinturino) che lo rendono adatto ad essere indossato sia
di giorno che di notte. L’uso costante
permette, inoltre, di beneficiare delle
caratteristiche offerte dalla modalità “tracking” con contapassi, calcolo
calorie bruciate e monitoraggio del
sonno.
La novità principale resta comunque
la capacità di sincronizzazione con lo
smartphone e da qui con la community Garmin Connect. L’abbinamento
sportwatch-smartphone
permette,
inoltre, di utilizzare il live tracking per
essere “visti” su una mappa da amici
e parenti durante losvolgimento di una
gara o di un allenamento. Il “sync” con
la community di Garmin può avvenire
anche utilizzando la connessione USB
Il gap tra schermo
e cornice in alluminio
del Galaxy Note 4
non è un difetto ma
una feature prevista

G
torna al sommario
Galaxy Note 4
ha un difetto
che per Samsung
è una feature
di un computer oppure direttamente e
automaticamente dall’orologio quando ci si trova nel raggio di copertura
di un hot spot Wi-Fi. La durata prevista
della batteria è di 24 ore in modalità
allenamento o fino a quattro mesi se
utilizzato in modalità orologio. Il prezzo per gli Stati Uniti è di 449,99 dollari
per il solo orologio e 499,99 dollari
per la confezione con inclusa la fascia
cardiaca. I prezzi per l’Italia non sono
ancora stati comunicati.
MOBILE Il sistema operativo sarà una versione di Android L
Project Ara, smartphone componibile
Si cambiano i pezzi da telefono acceso
di Emanuele VILLA
videntemente, il progetto Ara (Project Ara per gli amici) sta andando a gonfie
vele: alla conferenza Linaro Connect, il project manager Paul Eremenko ha diffuso alcuni dettagli molto interessanti su quello che sarà il primo smartphone
componibile della storia, nato e cresciuto sotto l’ala protettrice di Big G.
Le notizie importanti sono due: i componenti potranno essere sostituiti a telefono
acceso e il sistema operativo sarà una versione modificata di Android L realizzata
considerando le esigenze di Project Ara e, appunto, per permettere l’hot swap dei
componenti. Eremenko ha parlato proprio di sostituzione dei moduli a telefono acceso, ad eccezione (ovvio) del display e della CPU: le specifiche del sistema saranno
tali da sostituire tutti gli altri componenti senza dover effettuare il reboot. Si potrà
cambiare la fotocamera, lo storage, la batteria, ecc, senza spegnere nulla. La versione custom di Android L è stata sviluppata da Google in collaborazione con Linaro,
società che sviluppa soluzioni basate su piattaforma open source, e vedrà la luce nei
primi mesi del 2015;
parrebbe
dunque
confermata anche la
possibile data di presentazione e lancio:
lo vedremo forse al
CES 2015, poi potremo comprare i “pezzi” in uno store online
dedicato, simile all’attuale Play Store.
E
di Roberto PEZZALI
Se tra la cornice e lo schermo del
Galaxy Note 4 si può infilare tranquillamente un biglietto da visita
non c’è da preoccuparsi: non è
un difetto ma una caratteristica
del prodotto. Le prime lamentele
erano arrivate dalla Corea, dove
Samsung ha iniziato a consegnare i primi esemplari del suo
phablet: rispetto ai modelli precedenti, con cornice in plastica, nel
Galaxy Note 4 lo spazio tra il vetro
e la cornice è in alcuni esemplari
eccessivo tanto che si è parlato
di #gapgate. Samsung ha messo
le mani avanti; nel manuale d’uso,
infatti, viene evidenziato come tale
spazio sia una caratteristica di fabbrica e non un difetto:
Intorno alle scocche del
dispositivo c’è un piccolo
spazio vuoto
• Tale spazio è una caratteristica di fabbrica
necessaria e le parti potrebbero subire piccole
oscillazioni o vibrazioni.
• Nel tempo, l’attrito tra
le parti potrebbe far aumentare tale spazio.
Resta qualche dubbio: tale dicitura
è riportata anche nel manuale dei
vecchi modelli di Galaxy Note, sia
nel 2 che nel 3, e in questi casi
nessuno ha mai riscontrato tale
problematica. Sul Note 4, che
sfrutta un nuovo tipo di vetro oltre
a una cornice di alluminio, Samsung ha probabilmente aumentato
leggermente le tolleranze per gestire al meglio l’incastro tra metallo
e Gorilla Glass. Nessun problema
quindi, ma forse una guarnizione
avrebbe risolto tutti i problemi
impedendo anche l’accumulo di
sporco nella sottile fessura.
n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
SMARTHOME Alte prestazioni e risparmio energetico sono tra i punti di forza delle novità Philips
Novità Philips per una casa smart ed eco
Tra le novità, aspirapolvere con nuova etichetta energetica e macchine da caffè per intenditori
di Maria Chiara CANDIAGO
I dispostivi FoodSaver
per il sottovuoto
rendono alla portata
di tutti questo sistema
di conservazione
N
el nome del principio della vita
moderna che impone di “fare meglio, di tutto e nel minor tempo
possibile”, Philips ha creato interessanti
proposte di piccoli elettrodomestici che
possono contribuire a rendere più veloce e alla portata di tutti la preparazione
di qualunque tipo di piatto in cucina e ad
alleggerire faticosi lavori come la pulizia
dei pavimenti e lo stiro della biancheria,
garantendo sempre alte prestazioni all’insegna di ecosostenibilità e risparmio
energetico.
Gli aspirapolvere
del “dopo etichetta”
Cominciamo con i nuovi modelli di
aspirapolvere con sacco della gamma
PerformerPro e con gli aspirapolvere
senza sacco Powerlife e PowerPro, che
rispondono alle esigenze dettate dalla
nuova etichetta energetica. Caratteristiche che dimostrano sensibilità “eco” e attenzione ai consumi da parte dell’azienda
sono particolari conformazioni e progettazioni fisiche dei vani raccogli polvere e
di tecnologie “eco” come quella ciclonica
(Philips PowerCyclone 5), oltre alla presenza di filtri HEPA. Due sono i modelli
di aspirapolvere senza sacco: PowerPro
FC8769/91 e il più compatto PowerPro
Compact FC9321/09 (leggerissimo), che
POWERPRO FC8769
SAECO GRAN BARISTO
di Paolo CENTOFANTI
hanno entrambi tecnologia ciclonica
e classe di efficienza energetica A. Gli
aspirapolvere con sacco PerformerPro
in classe A hanno una “speciale” conformazione del vano raccogli-polvere, per
la massima efficienza energetica anche
quando il sacco si riempie. I prezzi vanno
da 99,99 a 229,99 euro. Della lavapavimenti Philips Aqua Trio che lava, aspira
e asciuga i pavimenti, avevamo fatto una
prova approfondita. La versione rinnovata AquaTrio Pro promette le stesse
prestazioni ma ha tre novità: tre spie LED
sulla bocchetta che avvisano sullo stato
del serbatoio dell’acqua e lo stato delle
spazzole, è ancora più leggero e costa
meno rispetto al precedente.
“Viva”… le novità
dei ferri PerfectCare
La linea di ferri da stiro a caldaia
PerfectCare si arricchisce di 4 modelli della gamma Viva che, come gli altri
ferri PerfectCare, è dotata della nota
tecnologia senza termostato, Philips
OptimalTemp, di piastra scorrevole e di
serbatoio dell’acqua da 1,7 litri; i nuovi
modelli sono più compatti e maneggevoli. Prezzi al pubblico da € 179,99. Anche
il ferro a vapore tradizionale Azur Performer Plus presenta un sistema rapido di
pulizia anticalcare che consente di raccogliere i residui di calcare in un piccolo
serbatoio da svuotare.
Saeco GranBaristo e Intelia
Evo, caffè di qualità

Riflettori puntati sulla macchina super
automatica da caffè espresso in acciaio
inox Saeco Gran Baristo che, più che una
macchina espresso, è un “bar da casa”
(anche nel prezzo, 1499,99 euro). Saeco
Gran Baristo si fa notare per tre buoni
motivi, oltre che per il design: la tecnologia Varipresso che permette di estrarre il
caffè con alta o bassa pressione, per la
tecnologia Thermospeed, per ottenere
torna al sommario
FoodSaver
in Italia
Sottovuoto
per tutti
caffè con una dispersione minore di calore e per il gruppo erogatore che si estrae
frontalmente. All’IFA si è vista la versione
che si controlla con smartphone e tablet
tramite app iOS e Android, con cui stabilire la scelta della bevanda, l’intensità del
caffè, e molti altri parametri. Purtroppo ci
hanno detto che, al momento, la macchina che si controlla via app non è prevista
per l’Italia, almeno non in tempi immediati. Scendiamo di mille euro e troviamo i
modelli Saeco Intelia Evo, nelle 3 varianti
Focus, Class Silver e Class Metal, quest’ultima in acciaio inox. Ecco i prezzi al
pubblico: Intelia Evo Class Silver 499,99
euro, versione Metal 569,99 euro.
Philips Kitchen Machine
niente di nuovo sotto il sole
Alla presentazione c’era anche la nuova
Kitchen Machine vista all’IFA di quest’anno. Disponibile da settembre a 349,99
euro, ha un motore da 900 W, movimento planetario con 7 velocità e funzione
a impulsi. Caratteristiche chiave sono il
braccio con apertura angolata e il movimento planetario, la ciotola in metallo da
4 litri per contenere fino a 1,3 kg di impasto. Il prezzo include anche gli accessori:
il vaso frullatore da 1,25 l, tritatutto da 1,5
l e spremiagrumi, il gancio per impasti in
metallo, la frusta e lo sbattitore.
I piccoli che frullano
e cuociono
Infine, ecco il Cuoci e Frulla, un Soup
Maker (prezzo 119,99 €) che cuoce zuppe, vellutate e minestre, dotato della
possibilità di frullare a caldo e a freddo.
Infatti, il Soup Maker non fa solo zuppe,
ma anche conserve, frullati e frappè.
Della gamma Avance Collection fa parte
anche l’estrattore di succo Slow Juicer,
per estrarre dalla frutta e dalla verdura un
succo concentrato e ricco di fibre. Per chi
lo desidera, costa la non proprio modica
cifra di 314,99 euro.
La conservazione sottovuoto sta
diventando sempre più abbordabile anche in ambito casalingo. In
Italia l’offerta si allarga con l’arrivo
di FoodSaver, marchio della multinazionale Jarden, che propone
un’ampia gamma di dispositivi per
conservare sottovuoto pietanze
e oggetti in sacchetti sigillabili.
L’idea è piuttosto semplice e consiste nel riporre in un sacchetto il
cibo e con un’apposita pompa si
aspira l’aria in esso contenuto riducendo la presenza di germi e
ossigeno. Il sacchetto viene poi
sigillato in modo che l’aria non
possa più rientrare. La gamma
Urban di FoodSaver è composta
da dispositivi di facile utilizzo e dimensioni compatte, che effettuano automaticamente queste operazioni, con il modello base da 79
euro, fino al top di gamma con un
prezzo di 129 euro. I modelli si differenziano essenzialmente nella
configurazione a sacchetto singolo o a rotolo e per la funzionalità
sugli Urban 3X e Urban 4X della
modalità di aspirazione anche per
gli alimenti con parte liquida. Tutti
i modelli sono dotati di bocchettone per creare il sottovuoto anche
su tutta una serie di contenitori
appositi realizzati da FoodSaver.
Tra gli accessori un utile tappo
per bottiglie per succhiare l’aria
per migliorare la conservazione
di vino, olio e altre bevande. I sacchetti consumabili sono disponibili nei tagli da 0,97 litri e da 3 litri
o in rotoli da tagliare nei modelli
predisposti da 28 cm x 3 metri.
n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
SMARTHOME Tra le novità 2014-15 di Hisense i frigo, i primi prodotti ad arrivare in Italia
Tecnologia e multidoor per i frigo Hisense
I nuovi modelli, fino a 6 porte, saranno un mix di tecnologia e design originale e curato
H
di Paolo CENTOFANTI
isense ha presentato a Milano
la nuova gamma di prodotti
2014/2015 per l’Italia. Molte novità, come i TV ULED e il nuovo tablet
Sero 8, le avevamo già viste all’IFA di
Berlino, ma i primi prodotti ad arrivare
sul mercato italiano appartengono alla
famiglia degli elettrodomestici e sono
costituiti dalla nuova gamma di frigoriferi multidoor.
Hisense ha deciso di puntare sul concetto degli scomparti multipli ciascuno
con il proprio sportello e così la gamma comprende modelli da 4 fino a 6
porte. I modelli sono tre, RQ-57WC4S,
RQ-52WC4SA e RM-56WC4S, tutti disponibili o con rivestimento in elegante vetro bianco oppure con finitura più
tradizionale in accaio inox. Il design è
comunque originale e, specie nella versione bianca, pensata per integrarsi al
meglio con le moderne cucine. I modelli
si differenziano per la capacità e per
il numero e configurazione di porte e
scomparti.
A livello di tecnologia i frigoriferi sono
contraddistinti da un display frontale
touchscreen (che diventa in realtà evidente soprattutto quando si illumina)
per
tenere
sotto controllo
la
temperatura dei vari
scomparti
e
implementano il sistema
Total No Frost
per prevenire
la formazione
del ghiaccio.
L’SPA Fresh,
invece, utilizza
uno ionizzatore per ridurre
la presenza di
microbi nell’aria circolante nel frigorifero per migliorare la conservazione dei
cibi.
Le capacità dei modelli sono: 368 + 72 l
per RQ-57WC4S (da 1099 euro), 329 + 47
l per RQ-52WC4SB (da 899 euro) e 330
+1 00 l per RM-56WC4S (1899 euro).
SMARTHOME Sono tre i nuovi modelli serie 9000, i cui prezzi variano dai 400 ai 250 euro
Philips è convinta: ha prodotto un rasoio spaziale
I rasoi serie 9000 adottano le nuove testine V-Track per una rasatura efficace e delicata
Sono disponibili tre diversi modelli che sono stati testati anche in assenza di gravità
L
di Roberto FAGGIANO

a nuova serie di rasoi Philips 9000
ha avuto dei tester di eccezione: i
primi passeggeri di viaggi commerciali nello spazio, con la missione Xcor
Space Expedition. Un test fuori dal comune, che si somma ai molti altri svolti nel
centro ricerche olandese di Philips per
trovare ogni possibile difetto alla nuova
tecnologia V-Track adottata per le testine
di rasatura, ancora più efficaci nel taglio
di ogni tipo di barba. La nuova articolazione delle testine e del loro supporto
permette di ottenere un movimento in
8 diverse direzioni per raggiungere ogni
punto del viso con la massima precisione, diminuendo i tempi della rasatura e
aumentando l’accuratezza del taglio.
Philips dichiara una rasatura del 20% più
accurata rispetto ai modelli precedenti,
con una sola passata. Tutti i nuovi rasoi
possono essere usati anche con schiuma
da barba e si lavano sotto l’acqua.
torna al sommario
La nuova serie di rasoi è composta
da tre modelli, tutti con le nuove
testine V-Track. Il top di gamma
S9511 (400 euro) è dotato di sistema di regolazione della velocità su
tre livelli, indicazione di carica della
batteria su cinque livelli e accessorio Smart Clean Plus per la pulizia
delle testine dopo ogni rasatura. La
dotazione comprende un accessorio per la rifinitura della barba. L’autonomia della batteria è di 50 minuti, con tempo di ricarica di 1 ora. Il modello
S9161 (295 euro) comprende l’accessorio
per la rifinitura della barba, indicatore di
carica su tre livelli e l’autonomia è per 17
rasature o 50 minuti. Il modello S9031
(250 euro) ha in dotazione il pettine di
precisione per rifinire le basette e i punti
più difficili, che si inserisce al posto del
blocco testine; l’indicatore di carica è su
tre livelli e c’è la spia che segnala la necessità di pulizia sotto un getto di acqua
calda. Autonomia di 50 minuti con pos-
APP WORLD
Popcorn Time
ora arriva
anche su iOS
Popcorn Time non si ferma. Dopo
essere scampato al fuggi fuggi generato dal clamore iniziale ed essere rinato come software open source per
diverse piattaforme, il programma
che rende banale guardare film e serie tv in streaming e in alta qualità in
modo del tutto illegale, arriva anche
su iOS. Come è ben immaginabile,
Popcorn Time al momento richiede
che sia stato effettuato il jailbreak sul
dispositivo su cui si vuole installarlo
ed è stato distribuito tramite Cydia.
La versione per iOS (7 e superiori)
è stata realizzata dal gruppo che
gestisce il dominio time4popcorn.
eu e che è già autore delle più complete versioni per Windows, Mac,
Linux e Android.Al momento su iOS
mancano ancora alcune funzionalità
presenti sulle altre piattaforme,
come il supporto per Chromecast e
AirPlay o la VPN gratuita integrata
che anonimizza l’utilizzo di Popcorn
Time. Un elemento interessante
raccolto dal blog TorrentFreak in
un’intervista agli sviluppatori è che il
team di sviluppo sarebbe al lavoro su
una versione per iOS che non richiede il jailbreak, anche se francamente
sembra impensabile che qualcosa
come Popcorn Time possa lontanamente avvicinarsi all’App Store senza
che intervenga la mannaia di Apple.
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
sibilità di ricarica rapida di
3 minuti per
una singola
rasatura.
Una curiosità:
questi rasoi sono fabbricati in Olanda,
come tutti gli altri rasoi delle serie medie e alte di Philips; una vera rarità in
un mondo ormai convertito al “made in
China” per qualsiasi tipo di prodotto di
consumo.
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono, Simona Zucca
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
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Per la pubblicità
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Il prossimo anno è prevista l’installazione di nuove stazioni di ricarica
Mobilità elettrica: a che punto è l’Italia?
Siamo stati al Raduno Nazionale Mobilità Elettrica, svoltosi lo scorso 21 settembre a Monza
Tanti veicoli, molti curiosi in cerca di informazioni. Il 2015 sarà l’anno della svolta elettrica?
L
di Massimiliano ZOCCHI
e automobili, e in generale i veicoli a
propulsione elettrica, avvicinano un
po’ il mondo dei motori a quello della
tecnologia: ecco perché abbiamo seguito il Raduno Nazionale Mobilità Elettrica,
tenutosi lo scorso 21 settembre presso
l’ipermercato Iper La Grande i di Monza.
Non una location a caso, in quanto proprio Iper è partner di Class Onlus per il
progetto GreenLandMobility che prevede l’installazione di colonnine di ricarica
presso centri commerciali e ipermercati,
e Monza è proprio sede di una delle prime stazioni di ricarica.
Partiamo da una premessa. La connotazione di raduno “nazionale” è corretta,
infatti sono giunti a Monza circa cento
veicoli, provenienti da buona parte del
Nord Italia ma non solo, con mezzi arrivati persino da Ventimiglia o da Latina,
o dalla vicina Svizzera, a dimostrare che
viaggiare solo in elettrico, con un minimo di organizzazione, è possibile. La
domanda principale, posta da moltissimi
dei curiosi passanti, è ovviamente se la
mobilità elettrica può essere oggi considerata una realtà per tutti. A giudicare
dalle tantissime tipologie di veicoli e dalla estrema diversità dei proprietari (quasi
tutti privati) si direbbe di sì.
Ci sono mezzi di dimensioni diverse, da
scooter e moto elettriche, quadricicli biposto, vetture piccole, medie e grandi,
utilitarie e auto di lusso, e i prezzi piano
piano iniziano a calare. Sicuramente le
vetture elettriche ad oggi sono più costose di una controparte termica dello
stesso segmento, ma gli organizzatori,

preparatissimi sull’argomento, hanno distribuito agli interessati ottimo materiale
informativo, con costi, benefici e persino risparmio dei veicoli elettrici. Risulta
evidente, come persino con un mezzo
con batterie a noleggio con quota fissa
mensile, possa esserci più convenienza
rispetto a un mezzo a motore endotermico simile, convenienza che cresce all’aumentare dei chilometri annui percorsi,
consentendo nella vita stessa dell’auto
di ammortizzarne il costo maggiore all’acquisto, con buona pace dei nostri
polmoni e dell’aria cittadina.
Quali sono dunque le controindicazioni
che frenano ancora le vendite relegandole a numeri marginali? I problemi riguardano principalmente l’infrastruttura
di ricarica che nel nostro Paese, diversamente da altri Paesi europei, è ancora
in ritardo, e a questo proposito diventa
fondamentale il lavoro di associazioni ed
enti come Class Onlus. Grazie a loro, ad
esempio, si è inaugurato il Corridoio 5,
ovvero la possibilità di spostarsi da Udine
a Torino solo con l’auto elettrica. Durante la giornata si è tenuta
una
mini-conferenza,
che ha visto presenziare
esponenti della Regione
Lombardia e di alcuni tra
i principali operatori del
settore, e le notizie sono
state confortanti. Per il
2015 sono previste nuove stazioni di ricarica,
che permetteranno di
aprire le direttrici dove
ancora risulta difficile
avventurarsi, sdoganando l’auto elettrica dalla
Presenti al raduno anche molte due ruote, come
definizione di mezzo
questo scooter C-Evolution di BMW
solo urbano.
torna al sommario
Sul fronte puramente tecnico e commerciale, si sono visti mezzi di ogni genere,
full electric, ibride plug-in, ibride ad autonomia estesa, moto e scooter, quadricicli, e alcune interessanti conversioni di
mezzi del passato. Tra questi merita una
citazione d’onore la Balilla del 1935 “retrofittata” ad elettrica, e per questo premiata come auto più vecchia presente al
raduno. E di retrofit, ovvero la possibilità
di convertire un’auto termica ad elettrica, si è parlato durante il dibattito, con
la Regione Lombardia in prima linea, che
ha già messo in atto un tavolo di lavoro,
con aziende del settore, coadiuvati da
Ev-Now, associazione per la promozione
della mobilità elettrica, per regolamentare questo settore, e permettere in un
futuro non troppo lontano, di non rottamare il proprio veicolo, ma trasformarlo
in qualcosa di più moderno. Grande presenza anche per le due ruote, con BMW
che ha mostrato uno scooter C-Evolution in anteprima, ma non sono mancate
moto da strada di ogni genere, come la
Tacita T-Race, moto elettrica prodotta da
un’azienda italiana e prima moto elettrica
ad aver partecipato a un rally africano.
DDay.it, dopo la prova della Ford Focus
elettrica, cercherà di seguire più da vicino questo mondo, provando più modelli possibile e tenendovi aggiornati su
eventi ed evoluzione del mercato.
Ford Mondeo
riconosce i
pedoni e frena
Pronta per l’Europa
la nuova Ford Mondeo
Sistema radar anti
collisione, assistenza
al guidatore continua
e motori di ultima
generazione
di Massimiliano ZOCCHI
Pronta per il mercato europeo, la
nuova Ford Mondeo sarà la prima
vettura dotata del sistema di assistenza anti collisione con riconoscimento dei pedoni (Pre-Collision
Assist with Pedestrian Detection),
che permette di rilevare la presenza di persone sul percorso e
di frenare automaticamente nel
caso il guidatore tardi a reagire. Lo
stesso sistema è utilizzato anche
per la frenata automatica in città
chiamato Active City Stop, per evitare collisioni con altri veicoli alle
basse velocità, tipiche del traffico
cittadino. Per garantire la giusta
distanza dal veicolo che precede, Mondeo porta in dote anche
Distance Indication, per avere
indicazione visiva della distanza
ideale, e Adaptive Cruise Control
che regola la velocità per mantenere questa distanza. Chiudono
la carrellata di sensori il sistema
di mantenimento di corsia (Lane
Keeping Aid) e il riconoscimento
dei segnali stradali, Traffic Sign Recognition, che visualizza nel pannello strumenti i limiti di velocità e i
divieti di sorpasso acquisiti tramite
rilevazione ottica. Tecnologia anche per i propulsori: oltre ai consueti motori a benzina e Diesel, ci
sarà per la prima volta anche una
versione ibrida benzina-elettrico,
con un 2.0, con due blocchi elettrici, uno che azionerà direttamente
le ruote e uno come generatore
per ricaricare le batterie al litio da
1,4 kWh. Ford Mondeo sarà disponibile entro la fine dell’anno.
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6 OTTOBRE 2014
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AUTOMOTIVE È stato anche rilasciato l’aggiornamento firmware ai modelli top di gamma
Pioneer lancia la prima autoradio CarPlay
SPH-DA120 è un’unità a doppio DIN molto completa che integra le tecnologie CarPlay
C
di Paolo CENTOFANTI
ome promesso qualche mese fa,
Pioneer è ufficialmente il primo
produttore a lanciare sul mercato
delle autoradio con supporto per CarPlay, il sistema che consente di utilizzare dispositivi iOS dalla plancia, visualizzando un’interfaccia semplificata adatta
all’utilizzo in auto. Per la precisione molti
modelli sono già sul mercato, visto che
Pioneer ha aggiunto la funzionalità CarPlay ai suoi top di gamma, con un aggiornamento firmware già disponibile. I
modelli interessati dall’aggiornamento
sono: AVIC-F60DAB, AVIC-F960DAB,
AVIC-F960BT,
AVIC-F860BT
e
AVH-X8600BT. Basta scaricare il firmware su una chiavetta USB e procedere con l’aggiornamento. Viene annunciata però anche quella che è a tutti
gli effetti la prima autoradio con supporto nativo per CarPlay, l’SPH-DA120.
Si tratta di un’unità a doppio DIN molto
completa che integra le tecnologie CarPlay, Siri eyes Free, Mirrorlink e Google
C’è un Tegra
dentro le nuove
Honda

Il processore Tegra sarà integrato
in Honda Connect, sistema che
gestisce l’audio e le informazioni al guidatore nelle auto del
marchio giapponese. In particolare
troveremo il fiore all’occhiello di
Nvidia su Honda Civic, Civic Tourer
e CR-V, che arriveranno nel mercato
europeo nel 2015. Nvidia ha aiutato
Honda anche nello sviluppo dell’intero sistema di bordo, che è basato
su Android, in particolare su una
versione custom della release 4.0.4.
Lo schermo di controllo è in pratica
un tablet da 7” con touchscreen
di tipo capacitivo, con le tipiche
funzioni legate alla guida come la
navigazione satellitare, la radio
AM/FM/DAB o la retrocamera per
facilitare le manovre in retromarcia.
Oltre a questo però strizzerà anche
l’occhio al mondo mobile, grazie a
Honda App Center, che consentirà
di utilizzare le applicazioni compatibili, come ad esempio Aha Radio.
torna al sommario
Voice Recognition, oltre alla piattaforma
AppRadio della stessa Pioneer. Tutto il
frontale dell’autoradio è dominato dal
display touch capacitivo da 6,2 pollici
con risoluzione WVGA e l’SPH-DA120
è dotata di connettività Bluetooth con
funzione vivavoce e streaming audio.
Oltre alle classiche funzioni radio, l’unità integra un versatile lettore multimediale che legge praticamente di tutto,
da file audio FLAC a file video MKV,
mentre la sezione audio è costituita da
un amplificatore da 4 x 50 Watt. Chiudono il quadro un ingresso per un’antenna
GPS esterna per migliorare la ricezione
dello smartphone in auto per le funzioni
di navigazione e quello per la videocamera posteriore. L’autoradio sarà disponibile “a breve” a un prezzo ancora da
annunciare.
Il 9 ottobre
arriva a
sorpresa una
nuova Tesla
Con un tweet - involontariamente dice lui - un po’ birichino, Elon
Musk ha annunciato a sorpresa
che il prossimo 9 ottobre Tesla
presenterà una nuova automobile. Dopo la Model 3 (prima
nota come Model E), che sarà la
prima auto “economica” del costruttore americano, è ora il turno della D o Model D a giudicare
dal teaser pubblicato su Twitter
dallo stesso Musk. Difficile dire
di cosa si tratti al momento: un
modello che arriverà dopo la 3?
Oppure prima? Sarà di fascia
più alta o più bassa rispetto alla
berlina che dovrebbe portare
a un prezzo più abbordabile la
tecnologia elettrica di Tesla?
Lo sapremo solo il 9 ottobre. Di
certo la Tesla D non sarà l’unica
novità del 9 ottobre, visto che
Musk parla esplicitamente
anche di “qualcosa d’altro”.
AUTOMOTIVE È un sistema con ampli a 10 canali, 14 altoparlanti e oltre 800 watt di potenza
Harman e Lexus per un car audio da sogno
Lexus NX 2015 sarà la prima auto con Clari-Fi per migliorare la resa dei file audio compressi
re ML5 a 10 canali,
i 14 altoparlanti, e
on è un segreto che le auto una potenza totale
marchiate Lexus siano vetture di di 835 watt faranno
lusso, e la nuova NX 2015 non si il resto. Il sistema
analizza
discosta da questa filosofia. Oltre alle Clari-Fi
performance prettamente automobili- in tempo reale la
stiche il nuovo modello sarà il primo a sorgente, con supgodere della partnership tra il marchio porto ai formati più
giapponese e Harman. Infatti, il sistema diffusi, MP3, AAC,
audio a bordo avrà integrata la tecno- radio via satellite
logia Clari-Fi che, tramite algoritmi pro- e servizi di streaming. Corregge poi le
prietari, si occupa di “ripristinare” (per onde sonore sulla base delle informaquanto possibile) le informazioni perse zioni presenti ridonando qualità a toni
in fase di compressione del suono, per alti e bassi, voci con toni più naturali
ridonare qualità e profondità ai brani e rimuove distorsioni e artefatti. Per
che ascolteremo in auto. L’amplificato- Lexus, sempre attentissima ai dettagli,
Harman rappresenta il compagno
“Siamo orgogliosi di continuare la no- ideale per soddisfare anche i palati
stra consolidata partnership con Lexus più fini. Abbiamo potuto apprezzae felici che la nuova NX, la prima auto re la tecnologia Clari-Fi all’interno
al mondo a supportare Clari-Fi, sarà di- dei prodotti JBL Authentics Series,
sponibile anche sul mercato europeo” e oltre al settore automotive, nel
corso del prossimo anno questa
N
di Massimiliano ZOCCHI
tecnologia verrà integrata in altri prodotti destinati al mercato home e multimedia.
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
TEST iPhone 6 è finalmente qui, con display più grande, un look sottilissimo e una costruzione curatissima. È il nuovo rirerimento?
iPhone 6 convince: è uno smartphone eccellente
La potenza cresce e la dimensione del display ci sembra decisamente azzeccata. E poi c’è iOS 8, punto di forza indiscusso
L’
di Gianfranco GIARDINA
iPhone è diventato grande, nel senso letterale
del termine. Ha abbandonato il formato “super-tascabile” che oramai aveva da 7 anni (la
larghezza dello schermo è sempre stata la stessa,
anche nel passaggio da iPhone 4 a 5, è cambiato
solo il rapporto di forma) e ha assunto due nuove
dimensioni di schermo: l’iPhone 6 con 4,7” di diagonale e l’iPhone 6 Plus con schermo da 5,5”. In questo articolo proviamo l’iPhone 6, diretto successore
delle generazioni precedenti e naturale evoluzione
nell’ormai innescata tendenza agli schermi più grandi. iPhone 6 prende il posto di iPhone 5s, non solo
nel cuore degli appassionati del marchio ma anche
nei listini: il prezzo parte da 729 euro per la versione
da 16 GB per passare agli 839 del 64 GB e infine alla
cifra certamente molto alta di 949 euro per la versione da 128 GB. Tanto, ma va anche fatto notare che
un confronto con altri smartphone è davvero difficile:
non esistono altri telefoni con 128 GB di memoria.
Il nuovo design è un po’ meno originale
Ma il tocco di Apple c’è

La novità più evidente di iPhone 6, oltre alla dimensione dello schermo, è il design: viene abbandonato
il mix tra linee curve (guardandolo frontalmente) e
spigoli vivi in materiale nobile, che ha caratterizzato
oramai quattro generazioni di iPhone, dal 4 in avanti;
si passa ora ai profili stondati, che sicuramente favoriscono l’impugnatura e fanno percepire l’apparecchio
come più sottile. E pensare che iPhone 6 è già bello
sottile di suo: meno di 7 millimetri, contro i 7,6 di iPhone 5s e i quasi 9 del 5c. Ma viene meno lo spigolo vivo
ben rifinito di alluminio ricavato dal pieno, quello che
per anni è stato un po’ il marchio di fabbrica “estetico” di Apple e che ha caratterizzato anche apparecchi ben più grandi, come iMac e MacBook. Prova ne
sia che, messo in mano il telefono senza preavviso a
utenti Apple e non, non tutti hanno capito al volo che
si trattasse del nuovo iPhone. La scelta coraggiosa
– proprio perché in discontinuità con il passato - è
stata quella di stondare tutti gli spigoli: l’iPhone diventa così un “biscottone” che, in un settore come
quello degli smartphone dove è già stato detto quasi
tutto, ha un vago gusto di “già visto”. Attenzione, il
nuovo design è comunque molto bello; va detto che
l’impressione è migliore in mano che in foto: i materiali e le finiture sono, come sempre, elegantissimi e
il rapporto tra l’impressione di solidità e il peso è eccellente: siamo a circa 130 grammi, una decina in più
del 5s, ma con un display e un telaio ben più grosso;
malgrado ciò l’impressione è quella di trovarsi di fronte a uno smartphone più solido di quanto non fosse
iPhone 5. La scelta di stondare i profili, anche a un
piccolo sondaggio fatto da noi tra amici e conoscenti,
solleva qualche dubbio: come se si fosse perso uno
degli elementi del “rigore” Apple. Di fatto va considerato che la dimensione dello schermo è cresciu-
torna al sommario
video
da 729,00la€b
Apple iPhone 6
PERCHÉ LA DIMENSIONE CONTA, ANCHE PER APPLE
iPhone 6 è un elemento di novità nella strategia di Apple: gli schermi più grandi funzionano e la società di Cupertino ha messo da parte un po’
della sua naturale superbia e ha deciso di seguire le indicazioni del mercato. Non è uno scandalo; e anzi lo sarebbe stato se Apple non avesse
scelto di ascoltare i segnali provenienti da consumatori. Il risultato è un iPhone ancora più iPhone. Forse imperfetto nel design, rispetto almeno
ai canoni Apple: i migliori concorrenti aspirerebbero ad avere progetti così “imperfetti” da lanciare sul mercato. E così ne nasce una prima scelta
per tutti gli “iphonisti”; e una grossa tentazione per coloro che fino ad oggi, magari per colpa di un display troppo piccolo, avevano resistito
all’iPhone: non a caso il marchio è quello di una mela morsicata...
8.3
Qualità
9
Longevità
9
Design
7
- Dimensione e qualità del display
COSA CI PIACE - Finiture e materiali
- Ergonomia ed esperienza
di utilizzo
ta e ammorbidire i bordi permette un’impugnatura
molto più agevole e l’utilizzo anche con una mano,
cosa che sarebbe altrimenti risultata meno confortevole. Tra l’altro, pur nella scelta sicuramente meno
originale rispetto al passato, la stondatura è fatta a
profilo toroidale che non si interrompe all’inizio dello
schermo, come invece accade in casi simili (salvo poche eccezioni come il Lumia 930 o il Galaxy Note 4):
per ottenere questa stondatura completa, Apple ha
dovuto pensare a un vetro lievemente curvo ai lati
destro e sinistro e perfettamente raccordato con il
telaio in alluminio. Si tratta di una scelta rischiosa dal
punto di vista produttivo, visto che anche un piccolissimo dislivello tra i due materiali a contatto diventa
evidentissimo al tatto e risulta quindi un difetto molto
più di quanto non accada nei casi in cui la giunzione tra vetro e telaio è realizzata a spigolo vivo. Per
ottenere un vetro curvato ai lati senza distanziare lo
schermo (cosa che avrebbe creato problemi di parallasse) Apple ha affogato il display nel vetro frontale,
che quindi costituisce con esso un pezzo unico (da
ricordare anche in caso di ricorso all’assistenza per
una riparazione). Una soluzione che rende il telefono
molto bello ma che si apprezza forse più al tatto che
alla vista.
Semplicità
9
D-Factor
8
Prezzo
7
- Il design tradisce gli stilemi Apple
COSA NON CI PIACE - Manca il 32 GB, entry perfetto
- Apple Pay ancora non va
video
lab
Apple iPhone 6
La prova completa
Le colorazioni disponibili sono tre e rispecchiano le
combinazioni disponibili per iPhone 5s: argento chiaro, oro, e grigio siderale (più verso il canna da fucile,
ma pur sempre chiaro); le prime due prevedono il vetro frontale in colorazione bianca mentre il frontale
nero è solo in accoppiata al grigio siderale.
Il retro è in alluminio satinato, tranne che per la lavorazione del logo Apple: la mela morsicata è infatti a
finitura “specchio”, una specie di intarsio che nobilita
non poco l’aspetto del telaio. Una bella sorpresa che
segue a pagina 27 
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TEST
Apple iPhone 6
segue Da pagina 26 
si dimentica immediatamente quando si prendono in
esame i brutti estremi alto e basso del telaio posteriore: per lasciare spazio a una zona trasparente alle
onde elettromagnetiche, Apple ha scelto la strada del
“visibile a tutti i costi” piuttosto che del mal occultato.
Il risultato sono due lunette disegnate da una spessa
linea sullo schienale che, in particolare, nella finitura
oro da noi provata, sono visibilissime e – diciamolo
– anche fastidiose alla vista. La prima sensazione è
quella che non si sia finito di “spellicolare” il telefono
nuovo dalle protezioni. Va detto, a onor del vero, che
nelle finiture grigie, le linee non sono bianche ma di
una tinta che si avvicina di più a quella della finitura
del telefono e quindi risultano meno visibili. Probabilmente - abbiamo pensato noi forse sbagliandoci – è
stata scelta la visibile linea bianca per la finitura oro,
tradizionalmente più lontana dai gusti europei: magari in estremo oriente il decoro bianco risulterà piacevole. Ma a noi non è piaciuto. Veniamo poi alla scelta
forse più discussa: la fotocamera migliora le proprie
prestazioni ma non è stato possibile contenerla interamente nei 6,9 mm dello spessore del telaio: l’ottica
finisce così fuori sagoma, anche se di poco. Quanto
basta per far sì che il telefono “nudo” appoggi sempre
sull’obiettivo. La storia ci ha insegnato che spesso le
fotocamere degli smartphone degradano le proprie
prestazioni, anche prima degli altri componenti, per
via delle microabrasioni sul vetro esterno dell’ottica,
e questo anche se è in qualche modo leggermente
rientrante rispetto alla sagoma (come per esempio
negli iPhone precedenti). Con un’ottica così esposta
non sappiamo se il vetro zaffiro (non a caso scelto
da Apple per rivestire l’ottica) riuscirà ad evitare un
rapido deterioramento delle prestazioni fotografiche.
Fino ad evidenze, che si scopriranno solo nel tempo,
il nostro consiglio è quello di ricorrere sicuramente
a una custodia che, a costo di aumentare un po’ lo
spessore, riporti l’ottica non a contatto con il piano
d’appoggio. La parte frontale, invece, al di là del vetro stondato sui bordi, è nel segno della tradizione:
fatto salvo per lo schermo più grosso, dimensioni e
layout del “contorno” sono identiche a quanto trovavamo sulle generazioni precedenti, con il tasto home
che integra il lettore di impronte digitali e forellini per
la fotocamera frontale e per il sensore di prossimità
ben visibili, almeno nelle versioni a frontale bianco.
Bend-gate: tanto rumore per (quasi) nulla
Ha fatto scalpore, nei primi giorni di commercializzazione, il fatto che siano stati registrati dei casi
di iPhone 6 (in realtà, il Plus) piegati a causa di una
seduta un po troppo vigorosa con il telefono in tasca. Questi “incidenti” hanno avuto un’eco mediatica
enorme (come un po’ tutte le cose che riguardano
iPhone), con addirittura qualche ripercussione sul valore del titolo Apple; la prima cosa che le diverse persone con cui ci siamo confrontati in questi giorni per
avere un giudizio meno “professionale” su iPhone 6,
come primissima cosa, ci hanno chiesto se era quello
che “si piegava”. Ribadiamo il concetto che il Bendgate si riferiva solo ad iPhone 6 Plus, più grande di
iPhone 6 e quindi maggiormente soggetto a possibili
flessioni. Nel dubbio, però, abbiamo voluto valutare la
cosa anche con riferimento ad iPhone 6: il telaio, non
ci vuole molto per capirlo, ha alcuni punti critici che
possono tollerare meno deformazioni; in particolare
dove ci sono i fori per i tasti del volume viene meno
parte del materiale dello spigolo che fa da nervatura
portante di tutto il telaio. Se la pressione è sufficiente,
può saltare il punto del telaio più sottile (proprio vicino ai tasti) lasciando spazio a una deformazione. Ora
si tratterebbe di capire quanto deve essere forte la
sollecitazione per causare il danno: abbiamo provato facendo leva proprio sul punto debole e forzando
ben oltre una pressione “fisiologica” e il telefono non
ha fatto un “plissé”. Per ovvi motivi, non siamo andati
oltre, ma non c’è dubbio che altri telefoni soggetti alla
medesima flessione sarebbero andati incontro a problemi, magari non sui rivestimenti in plastica ma sulla
coesione interna dei componenti. Peraltro un guaio
come quello raccontato dalle cronache era accaduto
proprio a noi con un iPhone 5, ma non ricordiamo polemiche simili a quelle odierne per le generazioni precedenti. Vogliamo quindi, per il momento, archiviare
come legata alle speculazioni del lancio la questione
“band-gate”, in attesa di verificare se i primi casi riscontrati e denunciati hanno poi un effettivo riscontro
sui grandi numeri o no.
4,7” e una mano sola: si può fare

iPhone 5s e e il nuovo iPhone 6 a confronto.
torna al sommario
Una delle caratteristiche chiave di iPhone (e peraltro
spesso gradita dagli utenti) è stata in questi anni la
dimensione comunque contenuta dello smartphone:
fino a oggi iPhone ci stava dovunque, nel taschino,
nella borsetta anche più piccola, nella tasca dei pantaloni. Con iPhone 6 e iPhone 6 Plus la scelta è stata
quella di rompere con questa tradizione e andare
verso formati di schermo (e quindi anche di apparecchio) più grandi. Se quindi è certo che l’iPhone fino
al 5s è facilmente utilizzabile con una mano e che
l’iPhone 6 Plus non lo è affatto, resta da stabilire se la
vocazione di iPhone 6 è ancora da smartphone puro
o se, anche lui, si rivolge con occhi languidi verso la
moda dei “padelloni”. Ebbene, una mano maschile,
anche non troppo grande, non avrà problemi a gestire iPhone 6 senza l’ausilio dell’altra: l’impugnatura
è salda, visto che le dita riescono ad arrivare sul bordo opposto al palmo e il pollice arriva agevolmente
su tutto lo schermo salvo dover “tirare” un po’ per
raggiungere l’angolo alto opposto. La stessa cosa
– va detto – non è vera per una mano femminile: nel
nostro piccolo sondaggio in redazione, non tutte le
rappresentanti del gentil sesso sono riuscite a usare il telefono con una mano mantenendo comunque
una presa salda. Per ovviare al problema iOS 8 ha
introdotto una sorta di “abbassamento” temporaneo
dell’interfaccia proprio per permettere di raggiungere più agevolmente le parti in alto dello schermo:
basta fare un doppio tocco (senza premere) sul tasto
home per far abbassare l’interfaccia e quindi dare
accesso anche ai pollici più corti all’angolo alto. Una
modalità un po’ macchinosa ma che, con un minimo
di costanza, può diventare un’abitudine naturale.
Va detto che la stondatura dei bordi, che permette
una impugnatura più agevole per le mani più grandi, rischia di limitare il “grip” per le mani più piccole,
con un maggior rischio di perdere la presa. Se poi
consideriamo che in molti casi verrà aggiunta una custodia di protezione, la gestione a una mano rischia
di essere appannaggio di solo una parte dell’utenza,
prevalentemente maschile.
Per agevolare le operazioni, il tasto di accensione è
stato spostato dal profilo superiore a quello destro: in
questo modo può essere premuto con maggiore facilità sia con il pollice destro che con l’indice sinistro, a
seconda della mano che impugna il telefono.
segue a pagina 28 
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TEST
Apple iPhone 6
La parte che più convince di questo iPhone 6 è il display, sia per le sue prestazioni che per la dimensione. E partendo proprio dai 4,7” su questo schermo,
un utente storico di iPhone avrà il vantaggio di sentirsi perfettamente a casa propria, ma potendo contare
su una casa più grande di prima. E come tutti gli agii,
ritornare al vecchio 4” è una vera sofferenza, anche
solo dopo poche ore di utilizzo. In pratica, per chi
ha già un iPhone, il vero vantaggio è quello di cambiare in meglio senza cambiare nulla di radicale. La
nuova dimensione di schermo, con una risoluzione
di 1334x750 pixel, in pratica, permette di avere sulla
schermata home icone con la medesima dimensione fisica di quanto non accadesse su iPhone 5 ma
in numero maggiore: in particolare, restano sempre
quattro icone per riga (ma più spaziate) ma si aggiunge una riga in altezza, così da ospitare su ogni schermata pagine da 24 app più le 4 fisse. Esiste poi una
modalità “vista con zoom”, in cui il sistema operativo
si occupa di zoomare il tutto ricreando il medesimo
layout di iPhone 5 (facendo crescere anche la dimensione delle font) ma su uno schermo più grande. Si
tratta di una modalità interpolata che fa perdere un
po’ di incisione e dettaglio e che quindi sconsigliamo,
se non da parte di utenti con problemi di presbiopia che possono essere aiutati da scritte e icone più
grandi: con questa modalità è effettivamente possibile per questi utenti evitare qualche volta il ricorso
agli occhiali da vicino. Purtroppo le due modalità non
possono essere selezionate “al volo” ma richiedono
un riavvio dell’engine grafica; inoltre, passando dalla
modalità standard a quella con zoom, le icone sulle
pagine della schermata home si spostano alle pagine successive, facendo saltare l’organizzazione che
ogni bravo utente fa delle proprie app: in definitiva
va scelta la modalità che più fa per sé e poi va mantenuta.
Dal punto di vista qualitativo, il display è decisamente
valido: innanzitutto ci è parso molto luminoso, meglio
dell’iPhone 5s anche se i dati di targa da questo punto
di vista appaiono analoghi. Ma soprattutto sono il contrasto e il bilanciamento cromatico ad essere meglio:
frutto probabilmente di un nuovo filtro polarizzatore
che ottimizza la visione anche per chi indossa occhiali da sole. L’angolo di visione è aumentato rispetto
all’iPhone 5: non tanto nella leggibilità dell’immagine
e nella luminosità (che anzi viene abbattuta un po’)
quanto nella stabilità dei colori, che è decisamente
migliore rispetto alle generazioni precedenti. Ovviamente, per quanto questo possa essere un valore:
uno smartphone è nel 99% del suo tempo di utilizzo
un device personale e quindi verrà sempre visto ortogonalmente. Il vetro nel quale è annegato il display
avrebbe – secondo le dichiarazioni di Apple – anche
un trattamento anti-ditata e anti-grasso. Effettivamente le ditate, che pur restano inevitabilmente, sono
meno visibili e sembrano più facili da pulire rispetto
all’iPhone 5s in nostro possesso, che pur disponeva
della medesima caratteristica. Probabilmente questo
rivestimento che evita l’accumularsi del grasso sullo
schermo non è “eterno” e in qualche modo si consuma con l’utilizzo. L’uniformità dello schermo – unico neo – non è perfetta: infatti – almeno nel nostro
esemplare – la zona alta dello schermo, in prossimità
del bordo, è leggermente meno luminosa: lo si nota
con schermate bianche o grigie uniformi, soprattutto
Foto scattate con iPhone 6
Foto scattate con iPhone 5s
segue Da pagina 27 
Display ottimo, quasi perfetto
A sinistra i risultati di un benchmark relativo alla
potenza di calcolo di iPhone 5s; sulla destra, invece, il corrispondente risultato relativo a iPhone 6
Come si può vedere, l’indice guadagna circa il 15%
a mezza luminosità o guardando lo schermo un po’
di taglio dal basso verso l’alto. Nulla di grave, tra le
altre cose forse si tratta di problema riferibile solo al
nostro esemplare; ma comunque un dettaglio che un
occhio attento non manca di identificare e che per
correttezza segnaliamo.
Apple A8, 64 bit ma solo 1 GB di RAM
Apple per l’iPhone 6 e l’iPhone 6 Plus ha usato lo
stesso processore A8: una scelta conservatrice, anche perché dai primi rumor ci si aspettava l’uso sul
modello più grande di un SoC più potente. Rispetto
al passato A7, la scelta per la produzione è caduta
su TMSC e sul processor produttivo a 20 nanometri:
l’A7 era prodotto da Samsung a 28 nanometri. Lo spazio risparmiato sfruttando il nuovo processo produttivo per le CPU è stato occupato in parte dal nuovo
processore grafico, un PowerVR GX6450 a quattro
core. Considerando la roadmap dei processori di
Imagination Technologies ci si sarebbe aspettato il
più evoluto GX6650 a 6 core, ma probabilmente lo
vedremo debuttare sull’A8X che verrà lanciato con i
nuovi iPad tra qualche settimana. Il processore, basato su due core Cyclone a 64 bit e con 1 GB di RAM
a supporto si è dimostrato comunque più veloce di
quello dell’iPhone 5S del 15% circa in ambito CPU e
del 35% circa in ambito grafico. In qualche frangente, comunque, sembra che la RAM inizi a stare un po’
stretta ad Apple: è vero iOS è decisamente più efficiente di Android sotto il profilo dell’ottimizzazione e
delle risorse allocate, ma questo potrebbe diventare
un collo di bottiglia già dal prossimo anno se Apple
dovesse allargare queste maglie con i nuovi modelli,
dotati magari di più memoria. E probabilmente proprio
un limite di RAM è quello che abbiamo sperimentato
al momento della prima sincronizzazione del telefono:
l’iPhone 6 collegato al PC e intento nella sincronizzazione di app e altri contenuti, ha dato importati segni
di rallentamento, fino quasi a diventare inutilizzabile.
Nelle successive sincronizzazioni, di certo meno “poderose”, il problema non si è più manifestato.
Veniamo ora alla batteria: iPhone 6 monta un accumu-
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segue a pagina 29 
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6 OTTOBRE 2014
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Se si ingrandisce un dettaglio, ci si accorge che lo
scatto di iPhone 6 è un po’
più chiuso sugli scurissimi
(ISO più basso?) ma ha
molto meno rumore. Una
certa perdita di dettaglio
(sui capelli, per esempio),
però, lascia pensare anche
all’utilizzo di un filtro di
rimozione del rumore più
efficace di quanto applicato su iPhone 5s.
TEST
Apple iPhone 6
segue Da pagina 28 
latore da 1810 mAh, circa il 15% in più di quanto offriva
iPhone 5s; in questo caso però, c’è da alimentare uno
schermo più grande ma si può far affidamento sul processore che, a detta di Apple, dovrebbe essere più
parco nell’utilizzo di energia. Secondo i dati dichiarati,
iPhone 6 dovrebbe guadagnare e molto (circa il 40%
in più) nel tempo di telefonata 3G, mentre l’autonomia in stand-by resta immutata. La nostra sensazione
- perché dopo così pochi giorni di utilizzo non si può
che parlare di sensazioni - è che la batteria offra quel
tanto di autonomia in più che basta per arrivare molto
più agevolmente a sera. Nei giorni di test, con un uso
decisamente intensivo, siamo arrivati a sera sempre
sopra il 20%; un iPhone 5s di poco meno di un anno
sottoposto al medesimo carico sicuramente non arriverebbe a sera senza un “colpetto” di carica durante
la giornata.
Foto belle (come l’iPhone 5s)
Ralenti sensazionale a 240 fps
La fotocamera è sempre stato uno dei punti forti di
iPhone. Non certo per la risoluzione, che resta ferma
a 8 Megapixel (ma ne servono di più in uno smartphone?), quanto per le prestazioni. L’unione con le nuove
funzionalità fotografiche di iOS8 rende l’iPhone 6 una
fotocamera eccellente, soprattutto in luce buona o almeno accettabile. Il nuovo sistema di messa a fuoco
risponde correttamente e la possibilità di correggere
l’esposizione con un tocco sullo schermo mette in
condizione l’utente di scattare sempre con una buona
resa, anche con luci complesse, come i controluce o
le scene molto contrastate. L’iPhone 6, contrariamente al Plus, non ha uno stabilizzatore ottico ma questa
differenza non si sente, almeno fino a che la luce è
entro livelli accettabili. Nell’utilizzo pratico, iPhone 6 si
comporta come un’ottima fotocamera compatta, anche forse qualcosa di più, soprattutto in termini di dinamica e dettaglio. Ovviamente la condizione perché
questo accada è quella di non toccare lo zoom, che
ovviamente è solo digitale e degrada velocemente le
immagini al crescere dell’ingrandimento. Le prestazioni, però, sono in buona sostanza analoghe a quelle
già ottime offerte da iPhone 5s, con una sensibile riduzione del rumore negli scatti a luce fioca. La cromia
è sempre molto buona, ma in qualche condizione di
luce anomala, il punto di bianco non viene centrato
perfettamente.
Passiamo ora al video: le riprese possono avvantag-
giarsi del fuoco continuo, che su questa generazione
di iPhone è realizzato in tecnologia a ricerca di fase:
questo dovrebbe anche consentire una maggiore velocità ad agganciare il fuoco. Effettivamente è così: il
fuoco continuo funziona e le riprese sono godibili, anche sui piani sequenza in cui viene cambiata l’inquadratura. Qualche volta il fuoco si perde e per qualche
istante si vede il classico movimento dell’autofocus
in cerca del nuovo punto. La ripresa video avviene in
risoluzione full HD a 60 fotogrammi al secondo progressivi, in ottima qualità. In questo caso la zoomata,
visto che il sensore è più risoluto della ripresa, può
essere effettuata con danni minori rispetto a quanto
non avviene con le fotografie. Nel video che abbiamo
girato - un piano sequenza di circa tre minuti in campo
lungo - si vede due o tre volte che l’obiettivo perde
per un attimo il fuoco, salvo poi riprenderlo subito;
evidentemente, per garantire il fuoco continuo e una
certa velocità di riaggancio, il sistema di autofocus ha
un comportamento un po’ “nervoso” e qualche volta
eccede nella correzione, tanto da perdere per un attimo il target. Inoltre, si vede come la lente sia soggetta
a un po’ di lens flare nelle riprese contro sole, ma in
maniera comunque decisamente contenuta rispetto
alla maggioranza degli smartphone. La modalità di
ripresa più divertente è quella denominata “moviola”: si tratta di una ripresa ad altissimo frame rate che
poi può essere riprodotta rallentata. Questa modalità
era già presente in iPhone 5 con riprese a 120 fps;
si passa qui a 240 fps, ma la modalità a 120 può comunque essere impostata, il che vuol dire effetto moviola ancora più lento a parità di fluidità. Ovviamente
queste riprese non sono fatte, come il resto dei video,
in risoluzione Full HD, ma si fermano a 720p: il video
risultante viene poi riprodotto dal player interno con
la porzione centrale (selezionabile) rallentata e testa
e coda a velocità standard; lo stesso file portato su un
PC viene riprodotto a velocità normale, ma mantiene
video
video
lab
lab
Apple iPhone 6
Apple iPhone 6
Riprese in campo lungo
La moviola a 240 fps
tutte le informazioni dell’alto frame rate e può essere quindi rallentato con successo con programma di
video editing. Nella nostra clip abbiamo unito due sequenze girate a 240 fps: la prima, quella dell’altalena,
aiuta anche a capire il funzionamento del fuoco continuo (che qualche volta si perde); la seconda, invece è
più statica ma massimizza l’effetto scenico dello slow
motion. Quanto al time lapse, ovverosia il “contrario”
dell’effetto moviola, iOS8 introduce una modalità di ripresa che lascia ben poco alla scelta dell’utente ma è
praticamente completamente automatica. In realtà la
funzione di iOS8 va pensata come un vero e proprio
time lapse da treppiede: macchina immobile e panorama che cambia. Infatti sulle immagini accelerate non
viene fatta alcuna stabilizzazione e quindi se si usa
con lo smartphone a mano mentre si è in movimento,
il risultato è ai limiti del mal di mare. Per riprese accelerate a mano libera allora è molto meglio usare app
di terze parti, come Hyperlapse, che offrono output
perfettamente stabilizzati, seppur a una risoluzione
generalmente bassa.
Veniamo infine alla fotocamera frontale: anch’essa
ha un’apertura di f/2,2, cosa che garantisce un buon
funzionamento anche in situazioni di scarsa illuminazione; il suo limite è però nella risoluzione, che arriva
solo a 1,2 Megapixel, quanto basta per FaceTime ma
troppo poco per un selfie di qualità accettabile. iPhone non era certo noto prima d’oggi per essere uno
dei migliori selfie phone sul mercato e l’avvento di
iPhone 6 non ha cambiato di molto lo scenario.
NFC e Apple Pay
Per ora non se ne fa nulla
iPhone 6 ha a bordo un sensore NFC, una novità per
gli smartphone Apple, ma non certo per la concorrenza. Quello però che la concorrenza non ha è un
proprio standard di pagamento: si chiama Apple Pay
ed è stato per molti osservatori la maggiore novità
legata al lancio di iPhone 6. Di certo lo sarà, ma in
prospettiva, non oggi e non in Italia. Infatti il sistema di
pagamento Apple, che utilizza come “firma” elettronica il Touch ID (l’impronta digitale rilevata dal sensore
biometrico posto nel tasto home) partirà entro fine
anno negli USA ma non c’è ancora una data certa per
il suo debutto dalle nostre parti. Tra le altre cose è
singolare come il sensore NFC, almeno per adesso,
non abbia alcuna funzione se non quella di interagire
con il POS per i pagamenti; Apple non ha quindi voluto prendere in considerazione il fatto di gestire via
NFC, per esempio, il pairing Bluetooth tra smartphone
e docking wireless; come anche la possibilità di tra-
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segue a pagina 30 
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TEST
Apple iPhone 6
segue Da pagina 29 
sferire file da uno smartphone all’altro accoppiandoli
via NFC. Per Apple, evidentemente, AirPlay e AirDrop
sono più che sufficienti.
La custodia finalmente è progettata bene

Nella nostra prova di iPhone 5s avevamo duramente criticato i progettisti delle custodie ufficiali Apple:
innanzitutto la scelta della finitura in pelle con colori anche molto chiari si era dimostrata sin da subito
sbagliata, con le custodie seminuove che apparivano
decisamente vecchie e sporche. Ma soprattutto, la
foratura troppo risicata della custodia in corrispondenza della presa di alimentazione, rendeva impossibile l’utilizzo di alcuni accessori ufficiali, come il
connettore 40 pin lightning. La stessa custodia rendeva impossibile collegare un minijack di una cuffia
se non con un diametro della plastica decisamente
ridotto. Anche per quello che riguarda le custodie di
iPhone 5c, avevamo trovato le scelte molto discutibili, prima tra tutte quella di forellare lo schienale senza
alcuna corrispondenza con le serigrafie, tanto che il
logo Apple risulta tagliato e solo parzialmente visibile. Questa volta i progettisti hanno invece fatto un
buon lavoro: innanzitutto le pelli usate hanno finiture
molto scure (salvo un beige chiaro che sconsigliamo
vivamente) e quindi molto meno intaccabili da sporco e graffi. Per chi vuole comunque colori un po’ più
chiari e sgargianti, ci sono delle custodie in silicone
che quindi tendono a sporcarsi molto meno e sono
comunque facilmente lavabili. Ma soprapttutto la custodia è stata interamente ritagliata in corrispondenza delle prese, dello speaker e del microfono, così da
non impedire il buon utilizzo di qualsiasi accessorio,
sia per l’alimentazione e la connessione a PC, che
per la presa cuffia. Inoltre microfono e altoparlante
non vengono neppure parzialmente mascherati dalla
custodia. Va infine considerato che, a causa della fotocamera che esce dalla sagoma del telefono, l’utilizzo di una custodia è pressoché obbligatorio per non
usurare precocemente il vetro frontale dell’obiettivo.
In particolare la custodia Apple è spessa quanto basta per mandare l’obiettivo all’interno e quindi evitare
che il semplice appoggio dell’apparecchio su un tavolo possa far strisciare l’ottica.
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Per gli “iphonisti” un cambio obbligatorio
Per gli altri un ottimo telefono
iPhone 6 è indubbiamente un ottimo telefono, in grado di convincere tutti, sia gli affezionati al marchio
Apple, che trovano finalmente un terminale dallo
schermo un po’ più generoso, sia chi proviene da
altri sistemi operativi ma proprio non si rassegnava
a passare a un 4”. Le differenze rispetto a iPhone 5s
non sono clamorose in termini di potenza, ma la dimensione di schermo, unita all’appartenenza all’ecosistema Apple, ne fa un oggetto del desiderio per
ogni “iphonista”; a nostro avviso, poi, il formato da
4,7” è particolarmente convincente: cresce rispetto al
passato ma non arriva agli eccessi dei phablet che,
nelle loro dimensioni “importanti” (come iPhone 6
Plus, per esempio) potrebbero finire per risultare un
po’ troppo “cafoni”. I non utenti iPhone potrebbero
trovare in questo apparecchio il giusto compromesso tra l’ingresso nell’ecosistema Apple e un display
un po’ più al passo con le “mode” del momento.
Va detto che si tratta di un iPhone meno originale
rispetto ai suoi predecessori nel confronto con gli
altri apparecchi del proprio tempo: i bordi stondati
sono “già visti”, come anche fotocamere aggettanti
sull’esterno e dimensioni di schermo di questo tipo.
Si potrebbe osservare che Apple una volta segnava
la strada per gli altri, non ne seguiva di già tracciate.
Eppure, al di là delle apparenze, così non è mai stato:
Apple ha sempre scelto il momento e il modo a suo
parere più giusto per lanciare un’innovazione che di
fatto esisteva già, anche se magari mal congegnata,
IPhone stesso, tanto per fare un esempio, non è certo stato il primo smartphone della storia, ma semplicemente quello, nella propria epoca, più usabile tra
tutti. iPhone 6 - allo stesso modo - non è certo una
novità sul fronte della dimensione schermo e forse
neppure del design, ma lo è per quello che riguarda
la possibilità di rimanere (o di entrare per i “nuovi)
nell’ecosistema Apple utilizzando una porta un po’
più comoda e confortevole del piccolo display da 4”.
Ma non tutto è azzeccato: le lunette sul dorso, per
esempio, che sono decisamente “out of style”, addirittura di più di quanto non fossero i vetrini in iPhone
5 e 5s. Ma i materiali e il feeling al tatto sono come
sempre sublimi e difficilmente arrivabili. Come anche
il prezzo: Apple riesce nell’intento di fare un telefono
più conveniente del 5s ma restando pur sempre il più
caro del mercato. 949 euro per l’iPhone 6 in versione
da 128 GB è un prezzo analogo a quello del 5s da
64 GB, ma c’è un display più grosso, più potenza di
calcolo e 64 GB di memoria in più. Certo, indispettisce la mancanza del taglio da 32 GB: 16 GB sono probabilmente troppo pochi per un utilizzo minimamente
integrato di iPhone 6 e lo step successivo è 110 euro
più lontano, sui 64 GB. Di sicuro c’è che indietro non
si torna: l’iPhone 5s messo vicino al 6 sembra oramai
un “giocattolino” piccolo e anche un po’ goffo. Peccato solo per quella fotocamera sporgente, che proprio
non ci va giù: avremmo preferito uno smartphone
leggermente più spesso ma con la fotocamera in sagoma: sarebbe venuto fuori qualcosa di spesso come
iPhone 5s ma un po’ più grande. Il volume in più si sarebbe potuto utilizzare per potenziare la batteria, che
tanto non basta mai. I nostalgici osserveranno di certo che “se ci fosse stato lui”, inteso come Steve Jobs,
gli ingegneri si sarebbero scervellati fino a trovare
una soluzione alternativa per la fotocamera. Nessuno
ha la controprova, ma ai “santificatori” di Jobs farà
comunque piacere pensarla così. Mentre compiaciuti
scarteranno il loro fiammante iPhone 6.
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6 OTTOBRE 2014
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TEST Apple con iPhone 6 Plus entra di prepotenza nell’agguerrito settore dominato da Android, quello degli smartphone da 5.5”
iPhone 6 Plus, anche Apple ora pensa in grande
È un ottimo smartphone, ma su alcuni particolari Apple poteva forse lavorare meglio. Il prezzo è elevato, ma va bene così
D
di Roberto PEZZALI
opo anni di iPhone da 3.5” e 4” fa impressione
tirare fuori dalla scatola iPhone 6 Plus. Ma nonostante le frecciate di Apple a chi negli ultimi anni
ha prodotto e venduto i “padelloni”, l’iPhone 6 Plus
è un prodotto che a Apple serviva per completare la
gamma mobile, che ora parte dai 4” dell’iPhone 5S
(ancora in vendita) per arrivare ai 10” dell’iPad Air.
iPhone 6 e iPhone 6 Plus non sono due versioni dello stesso prodotto, ma due prodotti diversi che vanno
a soddisfare esigenze differenti. Per questo abbiamo
dedicato a iPhone 6 e iPhone 6 Plus due recensioni
distinte: ognuno ha pregi e difetti. In virtù delle scelte fatte, in termini di fotocamera, batteria e schermo, i
due smartphone non si comportano allo stesso modo,
sebbene l’anima sia sempre iOS 8 (qui la nostra recensione completa).
Un segmento affollato
iPhone 6 Plus, rispetto ad iPhone 6 è agli iPhone 5C e 5S,
trova sul mercato competitor più agguerriti: con i 5.5”
di diagonale dello schermo infatti rientra nello stesso
segmento di LG G3, Samsung Galaxy S5 e Note 4,
tre smartphone tra i migliori disponibili sul mercato.
Le caratteristiche tecniche sicuramente non l’aiutano:
l’iPhone 6 Plus, nonostante sia appena uscito, non può
competere sui “numeri” con altri modelli. La risoluzione
per esempio, 1920 x 1080 con soli 401 ppi è inferiore
ai 515 ppi del Galaxy Note 4 e ai 538 ppi del G3, e la
stessa cosa si può dire per RAM, processore, Megapixel della fotocamera e capacità della batteria. Apple,
però, ha i suoi assi nella manica: iOS 8, ad esempio,
offre un’esperienza d’uso e una coerenza tra sistema
e app che ancora Android non ha raggiunto, mentre la
fotocamera è seconda solo al PureView di Nokia.
video
Apple iPhone 6 Plus
OTTIMO SMARTPHONE, MA NON IL MIGLIOR IPHONE DI SEMPRE
lab
da 829,00 €
iPhone 6 Plus è un eccellente smartphone, costruito benissimo con materiali di qualità. Apple ha migliorato dove poteva, partendo dallo
schermo e arrivando alla fotocamera. Abbiamo apprezzato anche la durata della batteria e la modalità landscape, che permette di fatto di
avere sia uno smartphone sia un piccolo iPad Mini. iPhone 6 Plus è un phablet a tutti gli effetti, con i benefici dell’ecosistema Apple e la facilità
e completezza di iOS. Ci sono però elementi su cui Apple poteva lavorare meglio: le bande sul retro danno l’idea di un design non finito e la
stessa cosa vale per l’ottica sporgente della fotocamera. La finitura è troppo liscia e, se l’iPhone 6 con le sue dimensioni assicura una presa
più tenace, l’iPhone 6 Plus senza una custodia rischia di cadere di mano. Strana la scelta del display da 1920 x 1080 che castra le prestazioni
dell’iPhone 6 Plus, rendendolo a tratti leggermente scattoso: serviva uno schermo da 1242 x 2280. Il taglio da 16 GB, infine, è piccolo per
questo gigante: per iPhone 6 Plus era meglio pensare al 32GB come entry level. L’iPhone 6 Plus è grosso, ma è nato così, e non si pensi di usarlo
tranquillamente con una mano grazie a “Reachability”: la funzione c’è e può venire in aiuto, ma reggere lo smartphone con due mani è più
comodo. Il prezzo è elevato: 949 euro il 64 GB (il 16 GB lo consideriamoo un acquisto azzardato) sono tanti. Ma le vendite del primo weekend,
10 milioni di pezzi, danno ragione ad Apple: il prezzo giusto è quello che il cliente è disposto a spendere e con Apple questa propensione alla
spesa è decisamente alta.
8.2
Qualità
9
Longevità
9
- Schermo eccellente
COSA CI PIACE - Fotocamera migliorata
- Con uso standard si
arriva a 36 ore d’autonomia
Design
7
Semplicità
9
COSA NON CI PIACE
D-Factor
9
Prezzo
6
- Ottica sporgente e bande sul retro
- Prezzo elevato
- Qualche rallentamento di troppo
Si piega davvero? Il solito allarmismo

Con #bendgate ci sembra di essere tornati all’antenna gate dell’iPhone 4: bastano pochi casi isolati per
sollevare un polverone mediatico. La prima cosa che
abbiamo fatto con iPhone 6 Plus è stato ovviamente
un tentativo “dolce” di piegatura: lo smartphone è in
alluminio, è flessibile, ma da qui a dire che si piega con
facilità ne passa. Anche usando due mani e facendo
forza con il pollice al centro dello schermo non siamo
assolutamente riusciti a far flettere la scocca, che ci è
parsa rigida e ben bilanciata.
Volendo essere critici ci sembra che l’iPhone 6 Plus
torna al sommario
possa soffrire più una torsione: se proviamo a prendere con le mani le due estremità applicando una leggera
forza di torsione lo smartphone si deforma leggermente, salvo poi tornare nella posizione naturale. In ogni
caso, l’elasticità del metallo non è un difetto, ma una
proprietà, e una torsione è un tipo di forza che difficilmente si applica involontariamente con lo smartphone
in tasca. iPhone 6 Plus è uno smartphone big size: è
adatto alla tasca di una giacca, può stare nella tasca
anteriore di pantaloni non troppo attillati e nel taschino di una camicia, ma sconsigliamo vivamente la tasca
posteriore, un po’ perché sporge e un po’ perché comunque sedercisi sopra può comunque essere rischioso. E’ perfetto invece per una borsetta: un po’ come
l’iPad Mini, l’iPhone 6 Plus può essere una soluzione
perfetta per il gentil sesso che avendo un posto dove
tenere lo smartphone non ha problemi con per 1” in più
di diagonale. La scelta dei materiali è impeccabile, ma
ci sono piccoli dettagli che potevano essere realizzati
meglio: le bande sul retro, che isolano le placche delle
antenne, non sono la cosa più bella da vedere nelle
finiture oro e silver, come l’ottica della fotocamera che
sporge per mezzo millimetro, che non disturba ma che
lascia una sensazione di piccola imperfezione. Nulla da
dire, invece, per quanto riguarda la lavorazione a filo
del vetro, la precisione dei tasti e i bordi arrotondati:
il risultato è davvero eccellente. Con una scocca così
sigillata e incastrata alla perfezione resta da chiedersi come mai Apple abbia deciso di non realizzare uno
smartphone splashproof: bastava qualche guarnizione in più sul jack audio, sui diffusori e sul connettore
Lightning, anche perché all’interno, dietro ai tasti di
sblocco e del volume, sono state inserite guarnizioni
che impediscono all’acqua e alla polvere di entrare.
Nei giorni di prova e di uso reale, tuttavia, ci siamo
accorti di quello che, a nostro parere, è il più grande
difetto dell’iPhone 6 Plus sotto il profilo del design: la
bellissima finitura di alluminio satinato non garantisce
un grip adeguato, pertanto consigliamo vivamente l’acquisto di una custodia.
segue a pagina 32 
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6 OTTOBRE 2014
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TEST
Apple iPhone 6 Plus
segue Da pagina 31 
Display eccellente, la resa è perfetta
Il nuovo display LCD da 5.5” IPS Retina HD dell’iPhone 6
Plus ha una risoluzione ormai standard, 1920 x 1080,
ma può contare su tre piccole migliorie rispetto allo
schermo dell’iPhone 5S. La prima è un trattamento
di rinforzo per il vetro: Phil Schiller ha parlato di “rinforzato con ioni” nel corso della presentazione, ma è
probabile che si riferisse semplicemente all’adozione
dell’ultima generazione di Gorilla Glass, che è stato appunto rinforzato con ioni. Il vetro è stato fuso insieme
al pannello LCD interponendo tra i due elementi un filtro polarizzatore, che garantisce una migliore visibilità
alla luce del sole e che soprattutto permette di leggere
lo schermo con chiarezza anche con occhiali da sole.
L’ultima novità riguarda il pannello LCD: iPhone 6 Plus
utilizza un pannello IPS RGB con copertura dello spazio
colore sRGB praticamente del 100%, un pannello che
alle nostre misure è risultato praticamente perfetto.
Per ridurre il calo di contrasto e la variazione cromatica
al variare dell’angolo di visione, criticità questa tipica
degli schermi IPS, Apple ha usato una tecnica denominata dual pixel domain, che prevede un allineamento
dei subpixel. Una tecnica di questo tipo è già stata usata in altri smartphone HTC e in molti monitor fotografici
per PC, l’unico rischio è un leggero color shift quando
si inclina troppo lo schermo. In realtà sull’iPhone 6 Plus,
al variare dell’angolo di visione, l’unica cosa che si nota
è un calo della luminosità dello schermo, dovuta al filtro
polarizzatore che comunque non pregiudica un’ottima
leggibilità e un perfetto contrasto.
La miglior fotocamera per smartphone
Con il nome di iSight Apple raggruppa una serie di
tecnologie che vanno oltre il semplice sensore di
cattura. La differenza maggior tra il modulo fotografico dell’iPhone 6 e il modulo dell’iPhone 6 Plus è la
stabilizzazione ottica: entrambi infatti sono sensori da
8 Megapixel, ma nel caso del Plus il sensore è abbinato
ad una lente stabilizzata F2.2. La stabilizzazione ottica,
però, non funziona sempre e non funziona con i video:
Apple attiva lo stabilizzatore ottico solo quando il tempo di posa è superiore a 1/30, quindi quando c’è davvero il rischio di mosso. In condizioni di luce standard
non c’è stabilizzazione e l’iPhone 6 Plus si composta
esattamente come l’iPhone 6: una scelta, questa, per
risparmiare sui consumi, perché l’impatto dello stabi-

lab
lab
Apple iPhone 6 Plus
Apple iPhone 6 Plus
Stabilizzazione cinematografica
Messa a fuoco a ricerca di fase
lizzatore pare sia notevole. Sui video, inoltre, non è
prevista la stabilizzazione ottica ma solo quella elettronica: per gestirla al meglio Apple ha inserito una nuova
modalità di stabilizzazione detta “Cinematic Stabilizer”,
disponibile anche per gli sviluppatori tramite API. Attiva
di default, questa stabilizzazione sfrutta un accelerometro aggiuntivo della Invensense, molto veloce, per
registrare i movimenti e compensarli. L’accelerometro
funziona a tre assi e viene usato sia per la stabilizzazione ottica sia per quella elettronica.
Nel breve filmato, ripreso in bicicletta lungo una strada sterrata, mostriamo l’efficienza dello stabilizzatore:
funziona, ma non fa i miracoli che si vedono invece nei
filmati demo Apple, preparati con evidente maestria.
Il sensore della camera iSight è sempre prodotto da
Sony: è un modulo Exmor RS realizzato su specifiche
di Apple, che predilige la dimensione dei pixel (1.5
micron) rispetto alla risoluzione. Gli 8 Megapixel sono
probabilmente il compromesso migliore per ottenere
gamma dinamica, poco rumore e foto che possono essere guardate a piena risoluzione su uno schermo 4K,
Alcuni scatti realizzati con iPhone 6 Plus: si apprezzano un rumore più contenuto rispetto ad altre camere
montate su smartphone e un’ottimo bilanciamento cromatico.
torna al sommario
video
video
ad oggi il display più risoluto disponibile per visualizzare fotografie. Come ha fatto Samsung con il Galaxy S5
e con il Note 4, Apple è passata ad un sistema di rilevamento della messa a fuoco a ricerca di fase sfruttando
una serie di pixel sul sensore: questo sistema dovrebbe
garantire una messa a fuoco decisamente più efficace,
soprattutto in ripresa video continua.
Come abbiamo riscontrato, sulle fotografie l’aggancio del fuoco è decisamente più rapido rispetto ad
un iPhone 5, soprattutto in condizioni di luce difficili,
tuttavia nel corso della ripresa video, con soggetti in
movimento, il nuovo iPhone fatica comunque a tenere agganciato il fuoco sul soggetto, soprattutto se è in
avvicinamento rispetto allo smartphone. Guardando
i video sullo schermo dello smartphone questa cosa
non si nota, ma su un TV è evidente.
Da segnalare, infine, come l’applicazione nativa di
Apple abbia guadagnato nuove modalità di scatto
automatiche: se fotografiamo un gruppo di persone la
sera, con uno skyline sullo sfondo, l’app Foto scatterà
una serie di fotografie a diversa esposizione, da aggiungere ad uno scatto fatto ai soggetti in primo piano
con il flash True Tone: il risultato è una foto unica con
soggetti in primo piano e sfondo esposti correttamente, il tutto con la semplice pressione di un tasto.
Apple ha migliorato anche la modalità di ripresa panoramica: grazie al processore più veloce riesce ora a
catturare panorami con 43 Megapixel di risoluzione.
Passando ai video, oltre alla ripresa a 1080p e 60 fps
con HDR video leggero, abilitato di default, e alla moviola a 240 fps, Apple ha inserito anche il Timelapse.
Lo ha fatto a modo suo, ovvero privilegiando la semplicità d’uso: iOS sceglie automaticamente quanti
fotogrammi tenere ogni secondo, in base alla durata
della ripresa: con riprese inferiori ai 10 minuti verranno conservati 2 frame su 30 ogni secondo, con una
segue a pagina 33 
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6 OTTOBRE 2014
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TEST
Apple iPhone 6 Plus
segue Da pagina 32 
accelerazione di 15x, ma se riprendiamo ad esempio
per oltre un’ora e 20 minuti verrà tenuto buono solo
1 frame ogni 8 secondi, per una velocità di 240x rispetto al tempo reale. L’obiettivo è arrivare ad avere sempre un video finale con una durata che va dai 20 ai 40
secondi, quindi facilmente condivisibile. Il risultato non
è d’effetto come quello dell’Hyperlapse di Instagram, e
neppure lo scatto è configurabile come si può fare con
altre app dedicate al Timelapse, come Frameographer,
ma le app servono proprio a questo.
iOS 8 rende iPhone 6 Plus un piccolo iPad
iOS 8, per i nuovi smartphone, introduce una serie di
novità pensate per gestire al meglio gli schermi grandi.
La prima, e la si incontra subito in fase di setup dello
smartphone, è la possibilità di ridimensionare lo schermo applicando uno zoom: scegliendo questa opzione
l’interfaccia viene ingrandita leggermente riducendo il
gap tra le icone e rendendole quindi più grandi e leggibili. Il nostro consiglio, sempre che non ci siano problemi di vista, è quello di tenere la modalità standard:
così facendo, infatti, non si perdono alcune funzionalità
come la versione landscape della Home Screen e la
tastiera speciale, che appare proprio in modalità landscape. Per facilitare l’uso con una sola mano Apple
ha inserito per entrambi gli iPhone “Reachability”:
toccando due volte il tasto home (senza premerlo) si
attiva una modalità che abbassa tutto lo schermo permettendo così l’uso con una sola mano. L’interfaccia
di iOS, infatti, prevede elementi di navigazione nella
parte alta, che con una sola mano su iPhone 6 Plus
non sarebbero raggiungibili. “Reachability” è una buona scorciatoia, tuttavia chi sceglie l’iPhone 6 Plus sarà
portato ad usarlo con due mani, uno per tenerlo e uno
per premere i tasti.
Il vantaggio di avere uno schermo più grande si traduce in una modalità landscape per la dashboard e
in una nuova tastiera completa per questa modalità,
con tasti in più come il copia e incolla. Alcune app,
come ad esempio messaggi e mail, possono contare
su una vista a due colonne, esattamente come sugli
iPad, e gli sviluppatori potranno sfruttare questo vantaggio per cambiare totalmente il layout delle loro app

La modalità di visualizzazione Reachability.
torna al sommario
Ripresa panoramica: iPhone 6 Plus riesce ora a catturare panorami con 43 Megapixel di risoluzione.
su iPhone 6 Plus. Proprio per questo riteniamo il Plus
un prodotto diverso rispetto ad iPhone 6: alcune app
potrebbero infatti assomigliare più alla versione per
iPad Mini che a quella per iPhone.
App e compatibilità: ci vuole pazienza
Chi ha acquistato l’iPhone 6 Plus e sta usando le sue
vecchie app si sarà accorto che alcune non si vedono
benissimo: talvolta la tastiera è gigante mentre in altri
casi gli spazi non sono gestiti al meglio. Lo schermo
enorme dell’iPhone 6 Plus di fatto costringe gli sviluppatori a rivedere parzialmente le loro applicazioni,
un po’ come nel passaggio da iPhone 3GS a iPhone
4, e quindi al primo Retina. I primi due mesi saranno
una sorta di periodo di transizione, e già in questi primi
giorni la maggior parte delle app si stanno aggiornando per soddisfare i requisiti dell’iPhone 6 Plus.
Abbiamo deciso di scendere un po’ nel dettaglio sulla questione “risoluzione delle app” proprio perché le
scelte di Apple impattano leggermente sulle prestazioni dell’iPhone 6 Plus. Quando Apple creò il display
Retina non fece altro che duplicare la risoluzione verticale e orizzontale dello schermo dell’iPhone 3GS: da
320 x 480 si passò a 640 x 960 pixel. Per gli sviluppatori
questo passaggio non fu traumatico: l’interfaccia delle
applicazioni di fatto non era cambiata, l’unica cosa che
era cambiata era la risoluzione. Per far apparire le loro
applicazione più “nitide” bastava un pacchetto di assets (elementi grafici) a risoluzione doppia, identificati
con il suffisso “2X”. In presenza di uno schermo Retina
iOS cerca gli assets 2X, e se non li trova applica un
upscaling agli assets standard: il risultato è una interfaccia non ottimizzata, scalata e con evidenti contorni
seghettati. L’arrivo dell’iPhone 6 Plus ha spinto Apple
ad aggiungere un nuovo tipo di asset, quelli con risoluzione triplicata, 3X. Fino a quando gli sviluppatori non
aggiorneranno le app sull’iPhone 6 Plus verranno usati
gli asset 2X al posto di quelli 3X, pertanto alcune applicazioni avranno elementi upscalati. La cosa non riguarda ovviamente i testi e tutti gli elementi che sono creati
partendo da grafica vettoriale. Quando gli sviluppatori
realizzano un’app partono da una serie di coordinate
detti “punti” da usare per disporre gli elementi grafici:
nel caso degli iPhone fino al 4S i punti di partenza sono
320 x 480, con iPhone 5 e 5S sono 320 x 568, con
l’iPhone 6 sono 375 x 667 mentre con l’iPhone 6 Plus
si arriva a 414 x 736. Per creare le immagini visualizzate
questi “punti” vengono convertiti in pixel tramite un processo denominato rasterizzazione: nel caso di iPhone
4 e 4S vengono rasterizzati a 640 x 960 pixel, nel caso
di iPhone 5 e 5S a 640 x 1136 e nel caso dell’iPhone 6 a
750 x 1334. In tutti i questi casi l’immagine rasterizzata
equivale alla risoluzione effettiva del display dell’iPhone corrispondente, ma non è così per l’iPhone 6 Plus.
Moltiplicando infatti per 3 i 414 x 736 punti si ottiene
una risoluzione rasterizzata di 1242 x 2208, che è la risoluzione effettiva alla quale lavora l’iPhone 6 Plus. Catturando uno screenshot ne abbiamo la controprova: la
risoluzione è proprio 1242 x 2208, la risoluzione reale
rasterizzata di tutte le app pensate per l’iPhone 6 Plus.
Si capisce quindi che per visualizzare tutte le immagini
a 1920 x 1080 l’iPhone applica un downscaling in tempo reale a tutte le immagini per portarle alla risoluzione
del display. Un lavoro in più, che si traduce in una leggera penalizzazione a livello di performance. Tuttavia,
da questo “downscaling” né trae vantaggio la modalità
Display Zoom: lavora nativa a 1125 x 2001 pixel, quindi,
rispetto alla modalità “zoom” dell’iPhone 6, che applica un upsampling con perdita di qualità, per l’iPhone 6
Plus non c’è degrado per l’immagine.
Riassumendo, iPhone 6 Plus rispetto ad iPhone 6
ha bisogno di app con grafica ottimizzata e lavora in
downscaling, questa operazione aggiunge un passaggio in più creando talvolta qualche piccolo rallentamento, visibile soprattutto nelle animazioni con la
perdita di qualche fotogramma. L’apertura di un nuovo
tab su Safari è l’esempio più evidente. Apple avrebbe
dovuto usare uno schermo da 2208×1242 pixel per
evitare questo problema e qui le ipotesi sono due: o
consumava troppo oppure ha già pensato di metterlo
sull’iPhone 6S Plus con il nome di Retina HD Plus. Inoltre, lavorando con una griglia di punti più larga di quella
dell’iPhone 5 e 5S, sia iPhone 6 che iPhone 6 Plus richiedono una riottimizzazione dell’interfaccia delle app
per sfruttare al meglio i nuovi schermi.
Il processore Apple A8 nel dettaglio
All’interno di iPhone 6 Plus batte il nuovo SoC Apple A8,
prodotto non più da Samsung ma da TMSC con tecnologia a 20 nm. Per Apple l’A8 è la seconda generazione
di processore a 64 bit, un passaggio iniziato lo scorso
anno che si traduce in prestazioni superiori del 30% circa rispetto alle analoghe app su piattaforma a 32 bit.
L’uso dei 64 bit al posto dei 32 bit in ambito mobile,
quindi con processore ARM, non va comunque confuso con quello che succede in ambito desktop: con 1
GB di RAM l’iPhone riesce comunque a beneficiare di
questa architettura nonostante molte app di terze parti
non siano ancora ottimizzate per i 64 bit.
Il salto dall’A7 all’A8 comunque non può essere confrontato con il grande upgrade che Apple ha fatto lo
scorso anno da A6 a A7: Apple stessa ha parlato di
prestazioni del 25% superiori e solitamente tende a
segue a pagina 34 
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6 OTTOBRE 2014
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TEST
Apple iPhone 6 Plus
segue Da pagina 33 
“esaltare” un po’ queste performance. All’atto pratico,
con i benchmark che sembrano confermare la cosa,
Apple ha guadagnato un po’ in velocità ottimizzando
alcuni processi e passando da un dual core a 1.3 GHz
ad un dual core a 1.4 GHz. L’uso di un SoC dual core
offre maggiori benefici rispetto ad una soluzione
quad core con app single-threaded, mentre con applicazioni che fanno pesante uso di multi-threading (ma
è raro con app mobile) una soluzione simil Qualcomm
dovrebbe offrire prestazioni superiori. Nel corso della presentazione di iPhone 6, Phil Schiller ha elogiato
una particolarità del nuovo A8, ovvero la possibilità di
mantenere nel tempo performance costanti, grazie ad
una progettazione migliorata. Tutte le CPU moderne
infatti, per evitare guasti in seguito a surriscaldamento, utilizzano una tecnica chiamata “CPU Throttling”
per ridurre dinamicamente la frequenza di lavoro del
processore con il passare del tempo: il processore
A8 di Apple dovrebbe essere in grado di lavorare a
pieno regime per più tempo rispetto ad un A7, senza
che la frequenza di lavoro venga abbassata. Passando all’aspetto grafico, grazie all’ottimo lavoro fatto da
Chipworks, si evince che la GPU usata dal processore
A8 è un quad core PowerVR GX6450: qui le prestazioni salgono del 50% rispetto a quanto al processore A7
e l’iPhone 6 Plus pare essere leggermente più veloce
dell’iPhone 6. Tra le altre note “tecniche” legate all’iPhone 6 e al 6 Plus si segnalano il nuovo processore
M8, in grado di tracciare anche l’altitudine oltre ai passi, l’NFC per Apple Pay, che al momento non abbiamo
potuto provare, Wi-Fi 801.11ac e un miglioramento nella velocità della rete LTE, grazie al modem Qualcomm
MDM9625M Cat.4, più veloce del MDM9615M Cat.3
dei modelli precedenti. L’esemplare da noi provato è
quello con 128 GB di memoria a bordo: iOS 8 occupa
più spazio e le app, che ora dovranno gestire anche gli
assets 3X dell’iPhone 6 Plus, saranno ancora più grandi in termini di dimensione. Sconsigliamo vivamente il
modello da 16 GB: sistema operativo, giochi, musica e
qualche foto rischiano di saturare subito la memoria
disponibile.
Prestazioni buone
In chiamata e in ricezione

iPhone 6 Plus non migliora rispetto ai modelli precedenti per sensibilità alla ricezione e qualità delle chiamate. Abbiamo svolto un test in diverse zone di un
piano interrato di una casa dove la ricezione di H3G
torna al sommario
va e viene e anche con l’iPhone 6 Plus non si riesce
ad ottenere un segnale costante, con lo smartphone
che spesso passa a TIM. Una situazione simile a quella di altri smartphone che abbiamo provato, anche se
alcuni telefoni di vecchia generazione ricevono senza
problemi. La qualità delle chiamate, filtrate dai rumori
ambientali grazie al triplo microfono, è decisamente
buona: con l’iPhone 6 Plus, tuttavia, si deve far l’abitudine ad appoggiare l’orecchio all’auricolare tenendo
il microfono un po’ lontano: chi viene da un iPhone
da 4” deve abituarsi alla nuova posizione. Per quanto
riguarda le performance generali ci ha sorpreso qualche scatto di troppo, riscontrabile durante le animazioni di chiusura app, il richiamo del multi tasking e
l’apertura di un nuovo tab in Safari. L’iPhone 6 Plus
non ci è parso molto più veloce dell’iPhone 5S e,
benchmark a parte, le prestazioni si equivalgono. Va
detto che l’iPhone 5S offriva prestazioni già più che
soddisfacenti sotto ogni aspetto. L’impressione che
abbiamo avuto è che iOS 8 necessiti di un po’ di ottimizzazione: in qualche operazione l’iPhone 6 Plus
ci è parso più lento anche di un iPhone 5s. Un caso,
ma non è l’unico, è la disattivazione del sensore di
prossimità: al termine di una chiamata ci vuole una frazione di secondo prima di rivedere lo schermo attivo
dopo aver staccato il terminale dall’orecchio e poter
premere così “termina”. Piccole cose, ma l’esperienza
d’uso è fatta proprio di questo. Ottime le performance in ambito gaming: grazie al nuovo engine grafico
Metal i giochi hanno raggiunto un livello da console di
passata generazione. Peccato che in ambito mobile
manchino giochi seri e tutto si riduca a free-to-play e
casual game.
Quanto dura la batteria
Apple ha usato sull’iPhone 6 Plus una batteria gigante,
2915 mAh contro i 1810 mAh di quella dell’iPhone 6.
L’autonomia ci ha sorpreso in senso positivo: i miglioramenti seguiti ad iOS 8 hanno permesso di gestire al
meglio la batteria, soprattutto a smartphone scarico,
cosa che allunga la vita dell’iPhone 6 Plus a quasi due
giorni interi di utilizzo. Wi-Fi e LTE sono i due veri “ammazza batteria”: un uso intensivo della rete mette in
ginocchio anche l’iPhone 6 Plus che arriva a fatica a
sera, ma per uso intensivo pensiamo a chi sta tutto il
giorno su Safari, Facebook e Youtube. In questo caso
Apple parla di 12 ore, noi abbiamo provato con 4 ore di
video in streaming da YouTube e il calo è stato del 38%
circa, quindi le stime di Apple sono leggermente alte.
C’è da dire che abbiamo tenuto anche una retroilluminazione più alta e questo incide sicuramente. Caricando invece l’iPhone da zero, usandolo in modo normale, quindi per rispondere ad una chiamata o chiamare
quando serve, collegarsi sporadicamente per la posta
e giocare a qualche gioco per la mezz’ora che si passa
su un mezzo pubblico si riescono a passare agevolmente le 24 ore di autonomia, trovandosi con l’iPhone
al 40% di carica il mattino dopo. Dare una stima reale
è comunque sempre difficile: luminosità dello schermo, tipo di rete, vicinanza ad una cella, operatore, app
usate e abitudini sono fattori che influenzano di molto
la reale autonomia.
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
TEST Con il nuovo Xperia Z3, Sony mette a disposizione del grande pubblico il suo smartphone più evoluto e migliore di sempre
Xperia Z3, Sony fa un ulteriore passo in avanti
Il breve lasso temporale che lo separa dall’uscita di Z2 fa sì che il nuovo nato sia un’evoluzione, ma non una rivoluzione
di Emanuele VILLA
l fatto che Xperia Z3 sia, rispetto al predecessore,
uscito sul mercato giusto sei mesi dopo è certamente un’arma a doppio taglio: dimostra da un
lato l’intento di Sony di migliorare costantemente e
rapidamente la qualità dei propri prodotti (perchè è
indubbio, Z3 è un passo avanti rispetto a tutti gli altri
telefoni Sony), dall’altra rischia di scontentate molti
clienti, che acquistato un terminale flagship lo vedono “superato” nell’arco di qualche mese. D’altronde,
però, è anche vero che la filosofia qui è diversa: Xperia Z3 non si rivolge agli utenti di Z2 ma a chi ha un
terminale meno recente e non rappresenta nulla di
rivoluzionario rispetto al modello precedente; forse
Sony avrebbe potuto chiamarlo Xperia Z2 Advanced
o qualcosa di simile, di modo tale da non scontentare
chi il predecessore l’ha già acquistato.
I
I passi avanti non sono solo estetici
Dove il progresso è davvero sensibile rispetto a
Z2 è sotto il profilo estetico: Xperia Z3 è uno degli
smartphone più belli in commercio e siamo pronti a
scommettere che la versione compatta (Z3 Compact)
sarà un successo anche maggiore: lo stile è analogo,
ma il display più piccolo lo rende attraente per una
fetta di pubblico maggiore. Rispetto all’impostazione
squadrata di Xperia Z2, Z3 ha un approccio molto
più morbido e raffinato, con la cornice curva in alluminio dalla quale sporgono leggermente i “soliti”
pulsanti (volume, standby, fotocamera) e sono celati
i tipici sportellini, vero e proprio trademark della serie
Xperia Z. Ma questa volta anche loro appaiono più
fini, smussati e perfettamente nascosti nella cornice, il
che determina due risultati al prezzo di uno: il telefono
sembra più curato del precedente e può garantire le
certifiche IP65 e IP68 contro polvere e acqua (anche
immersione fino a 1,5 metri per 30 minuti), mentre
Xperia Z2 poteva vantare un’impermeabilità di livello
leggermente inferiore, IP55/58. Il telefono è sottilissimo (7,4mm) e, rispetto a Xperia Z2, pesa 10 grammi
in meno. Se dobbiamo valutare il fattore portabilità,
Xperia Z3 va senz’altro promosso: le cornici laterali
sono molto sottili e il telefono è leggero e compatto
grazie anche all’assenza di cover removibili; certo, il
rovescio della medaglia è che non può essere, per
sua stessa natura, uno smartphone ultraresistente,
ma ci sta. Tra l’altro non è così semplice da estrarre
dalla tasca e rischia di scivolare di mano con più facilità rispetto a Z2, che era più massiccio. Va trattato
bene, insomma.
video
EVOLUZIONE SENZA RIVOLUZIONI
Xperia Z3 è un ottimo telefono, che poggia sull’esperienza del predecessore per apportarvi alcuni interessanti miglioramenti. Estetici, soprattutto, ma anche qualcosa a livello di display, performance e funzionalità. A livello prestazionale c’è ben poco da dire: è uno dei migliori smartphone
Android in circolazione, a livello di design il passo avanti è netto e positivo sotto ogni fronte: del look, delle dimensioni, della leggerezza, dello
spessore. Se Xperia Z2 era un bel telefono, questo è più raffinato. Un display brillante contraddistinto dalle solite tecnologie Sony e tutte le
personalizzazioni software con cui il produttore giapponese dà un suo tocco al basamento Android sono altri aspetti meritevoli di menzione, ma
senza dimenticare la grande autonomia che permette a Xperia Z3 di superare l’ostacolo del “giorno di utilizzo” arrivando anche a due. Chiude il
quadro una fotocamera di buon livello e che fa perno sulle tecnologie di imaging Sony per posizionarsi nella parte alta della classifica. In pratica,
se state cercando un Android potente, di alto livello, affidabile e allo stato dell’arte, potete andare tranquilli, così come l’acquisto è consigliato a
tutti coloro il cui smartphone ha ormai un paio d’anni: al contrario, se avete lo Xperia Z2 non disperate, il vostro telefono non è diventato vecchio
in 6 mesi; Z3 propone qualche interessante novità sul basamento dello Z2, che rimane perfettamente attuale.
8.6
Qualità
9
8
Design
9
Anche qui, il display è un fiore all’occhiello: fermo restando che un Quad HD sarebbe servito a ben poco,
Z3 riprpone il display da 5,2’’ con risoluzione Full HD
e tecnologia Triluminos del predecessore, con tanto
di motore di elaborazione d’immagine X-Reality for
Mobile. L’impatto è sostanzialmente lo stesso: imma-
Le prestazioni sono al top, ma
questo aspetto non merita approfondimento: se Xperia Z2
può riprodurre ogni genere di
contenuto senza problemi, a
maggior ragione lo può fare lo
Semplicità
8
COSA NON CI PIACE
gini estremamente dettagliate, vividezza alle stelle,
un approccio visivo davvero spettacolare, anche se
sulle foto e i video si discosta da quella naturalezza
che pretendiamo, per esempio, dai TV. Giocare (o
vedere un video) per credere. Per la parte fotografica, abbiamo usato il telefono in condizioni di luce
ambientale molto forte e dobbiamo ammettere che,
eccessi esclusi, il display si comporta molto bene in
termini di luminosità. Non abbiamo uno Z2 per un
paragone al volo, ma una delle novità di questo telefono è
proprio il passo avanti in termini di luminosità del display: ci
crediamo.
Prestazioni eccellenti
Buona autonomia

Longevità
- Design curato
COSA CI PIACE - Prestazioni elevatissime
- Elevata autonomia
Soliti colori brillanti, display luminoso
torna al sommario
ab
699,00l€
Sony Xperia Z3
D-Factor
9
Prezzo
8
- Prezzo elevato
- Abbastanza delicato
- Si surriscalda facilmente
soprattutto in riprese 4K
Z3. oggi un Android con snapdragon 801 da 2.5GHz
con grafica Adreno 330, supportato da 3 GB di RAM,
può fare qualsiasi cosa, considerando tra l’altro che
il display è un Full HD e non un più esoso Quad HD.
Giochi di ultima generazione, multitasking all’ennesima potenza: funziona tutto alla grande, e anche qui il
passo avanti rispetto a Xperia Z2 è relativo; difficile
segue a pagina 36 
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6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
TEST
Sony Xperia Z3
segue Da pagina 35 
ipotizzare una rivoluzione quando la RAM è la stessa,
il display pure e il SoC idem, solo con frequenza di
2,5 GHz anzichè 2,3 GHz. Del tutto nuovo, invece, il
PS4 Remote Play, funzionalità che, tramite rete locale e controller dedicato, permette di giocare con PS4
tramite lo smartphone. Un plus di sicuro non determinante, ma piacevole per una certa fetta di potenziali
utenti. E poi c’è il discorso della batteria, altro aspetto
su cui Sony ha insistito non poco: in un mondo che
necessariamente deve collegare il proprio telefono
alla rete elettrica ogni sera e magari anche prima,
Sony abbatte questo limite dichiarando 2 giorni di
autonomia con una batteria da 3.100 mAh. Batteria
che, curiosamente, è meno “prestante” di quella di
Z2 (3.200 mAh), il che depone a favore di ottimizzazioni lato software e nella gestione del display. Poi è
ovvio che il dato dichiarato vada preso con le pinze:
i due giorni sono indicativi e si riferiscono a un uso
“normale” (soggetto a interpretazioni) del telefono,
in più ci sono diverse tecnologie di risparmio energetico: una modalità Stamina che, di fatto, raddoppia
l’autonomia, e una modalità di risparmio estremo che
rende Xperia Z3 poco più che un cellulare ma rende
l’autonomia anche superiore a una settimana. Ovviamente l’idea è quella di ricorrere a questa modalità
solo in caso di necessità, permettendo comunque un
funzionamento di base del telefono. Dati di targa a
parte, effettivamente Xperia Z3 ci ha accompagnato
durante le giornate di prova facendoci dimenticare
il “problema” dell’autonomia. Il fatto che sia sovradimensionato rispetto alla media è una caratteristica
che potrebbe permettergli di conquistare fette di mercato: non tanto per i 2, 4 o 10 giorni di autonomia (a
seconda della modalità impostata, ci sono state volte
in cui ci venivano segnalati 15 giorni di durata residua), ma perchè a sera ci si arriva sempre agevolmente, pur sottoposto a uno stress notevole, usandolo di
continuo, giocandoci, guardando video e lavorando.
E poi è anche vero che, in condizioni di uso moderato,
magari con accenni di Stamina, si può arrivare anche
alla sera successiva, ma dipende davvero dal tipo di
utilizzo. In ogni caso, non è uno smartphone col quale
andare al risparmio.
Foto di qualità, soffre un po’ di sera

Poche novità sul fronte della fotocamera, per la quale Sony adotta un modulo “main” da 20,7 Mpixel con
sensore Exmor RS retroilluminato simile a quello di
Z2 ma capace di una sensibilità fino a 12.800 ISO e
supporto per video 4K, quest’ultimo presente anche
nel predecessore. Stabilizzazione SteadyShot, zoom
digitale 8x, flash LED singolo e fotocamera frontale
da 2,1 Mpixel con ripresa a 1080p. Non è una novità,
ma non possiamo esimerci da apprezzare nuovamente l’app Fotocamera di Sony, ricchissima di funzioni
e con l’ulteriore possibilità di espansione tramite app
di terze parti per funzioni particolari: l’impostazione
di default è il Superior Auto+, che regola i parametri
di scatto a seconda delle circostanze concrete, ma
è anche possibile andare in Manual e regolare autonomamente molti parametri, tra cui risoluzione (da
torna al sommario
2 a 20 Mpixel, in formati 4:3 e 16:9, Intelligent Auto+
scatta a 8 Mpixel 16:9), correzione dell’esposizione,
bilanciamento del bianco, stabilizzazione, ISO (fino a
3.200, poichè il valore massimo di 12.800 si ottengono solo mediante la modalità Alta sensibilità) e altro
ancora. Per il video, oltre alle “solite” è disponibile
un’opzione di cattura Full HD 1080/60fps e il 4K, cui
si accede mediante l’apposita voce di menu. Anche
in questo caso c’è il limite del surriscaldamento: pur
essendo Xperia Z3 nella media, il 4K può determinare
surriscaldamenti eccessivi e la chiusura dell’applicazione, come segnalato dalla stessa Sony. Giudizio
analogo a quello di Xperia Z2 per quanto concerne la
resa fotografica. Di giorno abbiamo operato mediante Intelligent Auto+ a 8 Mpixel, in condizioni di forte
illuminazione ma anche contrasti molto difficili da
rendere. Il sensore si comporta in modo decisamente apprezzabile sotto il profilo della gamma dinamica
(qualche limite c’è, ma ci sarebbe anche su macchine
fotografiche stand alone) e, grazie alle condizioni di
scatto ottimali, la compressione praticamente non si
vede. Si vede invece un livello di dettaglio davvero
notevole. Qui sopra, una funzione speciale di Xperia
Z3: Fondo Sfuocato, che punta a replicare l’effetto
bokeh delle reflex. La macchina effettua due scatti con fuoco differente e poi usa le informazioni per
sfocare lo sfondo, permettendo all’utente di variare
l’intensità. L’effetto è buono, ma a onor del vero sono
stati necessari più scatti: il soggetto deve essere perfettamente fermo e la distanza con lo sfondo netta.
Altrimenti il software ci avvisa che “lo sfondo non può
essere sfocato” e si passa al tentativo successivo. Di
sera, invece, abbiamo voluto simulare la circostanza
più comune, ovvero lo scatto in modalità notturna, e
ci siamo divertiti con le opzioni della macchina, da 8 e
20 Mpixel. Il primo scatto è del tutto automatico: Auto+
si posiziona automaticamente in modalità scena scatto notturno e scatta a ISO 1000. L’immagine che ne
deriva offre un livello di intelligibilità nella norma, con
compressione nei limiti, sebbene la rumorosità resti
ben visibile. Rumorosità che si nota soprattutto nella
seconda immagine, scattata a ISO 1600 usando tutto il sensore della macchina ovvero a 20 mpixel. Ciò
non significa che il modulo selezionato da Sony per
Xperia Z3 non riesca a garantire risultati brillanti nella
stragrande maggioranza delle situazioni: di giorno i
risultati sono eccellenti, di sera più che discreti, di notte la luminosità degli scatti è elevatissima ma è forse
possibile fare ancora qualche passo avanti.
Sopra: foto scattata in modalità automatica
Sotto: scatto eseguito a ISO 1000.
Scatto in modalità Intelligent Auto+ a 8 Mpixel.
video
lab
Sony Xperia Z3
Video 4K
IL PIÙ SEMPLICE
IL PIÙ SMART
*LG G2 vincitore del premio Best Phone 2013 di Cellulare Magazine.
Now It’s All Possible
Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*?
La sua sorprendente evoluzione.
Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart.
n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
TEST Costruzione e schermo ai massimi livelli, la penna è veramente precisa. Peccato dover acquistare a parte la tastiera
Pro 3, il Surface ideale per professionisti e creativi
Potente come un notebook, leggero come un tablet. Abbiamo messo sotto torchio il nuovo Surface Pro 3 di Microsoft
di Roberto PEZZALI
vrà futuro Surface? La speranza di Microsoft si
chiama Surface Pro 3, è l’ultimo nato della famiglia e anche il più promettente. Non è un segreto
che Microsoft continui a perdere soldi dallo sviluppo
e dalla vendita di Surface, e un po’ come è successo
tempo fa alla divisione Zune, questo ramo d’azienda è
sotto attenta osservazione da parte del CEO Nadella,
che non vede l’ora di tagliare qualche ramo secco per
dedicarsi ad ambiti più profittevoli, come i servizi business e il cloud. Abbiamo avuto in redazione il Surface
Pro 3 e, dopo la breve preview fatta in estate, siamo
finalmente riusciti a giocare per un po’ di tempo provando a fondo questa terza generazione.
A
video
lab
Surface Pro 3: tablet o laptop?
Una delle cose più difficili è capire in che categoria
far rientrare Surface 3: per Microsoft non è un tablet
ma un vero e proprio notebook-replacement con il
form factor di un tablet. L’obiettivo non era semplice:
riuscire a inserire un processore Haswell in un corpo
spesso meno di 9 mm, trasformando di fatto quella
che avrebbe potuto essere la scocca di un tablet ARM
in un vero e proprio notebook capace anche di fornire una risposta adeguata a quel mondo di creativi e
professionisti esigenti che non sono in alcun modo
soddisfatti delle limitazioni delle app per Android
o iOS. Microsoft ci è riuscita: meno di 1 kg di peso,
9 mm di spessore e prestazioni allineate a quelle di
un Ultrabook, ovvero poter usare senza problemi le
app della Creative Cloud di Adobe con ottime prestazioni, esattamente come si può fare con un MacBook
Air. La citazione del prodotto Apple non è casuale:
Microsoft nelle ultime settimane, all’interno delle campagne promozionali di Surface, ha più volte indicato il
MacBook Air come il benchmark di riferimento per il
suo Surface Pro 3, segno che non vuole assolutamente l’etichetta di tablet.
Un obiettivo: conquistare
il professionista
Surface Pro 3 è pensato per la mobilità e vuole offrire
una soluzione a coloro che non possono spremere
al meglio il loro tablet per l’impossibilità di sfruttare
programmi desktop complessi e pesanti. Un target
Microsoft Surface Pro 3
819,00 €
IL MIGLIOR SURFACE DI MICROSOFT, MA NON IL MIGLIOR NOTEBOOK
Surface Pro 3 è un ottimo prodotto che unisce una costruzione accurata alle potenzialità e alla flessibilità di un notebook. Se l’obiettivo era rimpiazzare gli Ultrabook questo è stato in parte centrato, ma restano alcune considerazioni da fare. Il prezzo può sembrare elevato ma non è semplice trovare
prodotti di questo peso con queste caratteristiche: dispiace dover acquistare a parte la tastiera, accessorio che di fatto dà un enorme valore aggiunto. L’altra considerazione è legata all’uso che se ne fa: è un prodotto per professionisti e utenti evoluti e l’idea di Surface Pro 3 deve essere sposata a
un obiettivo ben specifico. Nel nostro caso, dove l’obiettivo è soprattutto la scrittura in mobilità, nonostante la tastiera e il pratico kickstand, Surface
Pro 3 non riesce a darci lo stesso feeling di una tastiera da Macbook o da Ultrabook. Chi deve lavorare spesso in piedi, prendere appunti ed eseguire
operazioni grafiche di precisione troverà nella penna e nella portabilità moltissimi vantaggi, un po’ per il peso un po’ perché la precisione che si raggiunge con la penna è difficile da ottenere anche seduti alla scrivania con un mouse. Siamo certi che c’è una buona fetta di utenza che potrà trovare
in Surface Pro 3 quello che non trova in un notebook o che non piace di un tablet: tra i modelli Microsoft questo è il più riuscito e mirato.
7.9
Qualità
9
Longevità
8
- Qualità costruttiva
COSA CI PIACE - Potenza elevata
per le sue dimensioni
- Pennino preciso
Design
8
Semplicità
7
D-Factor
8
Prezzo
6
- Prezzo con tastiera elevato
COSA NON CI PIACE - Schermo troppo sottile
- Connettività migliorabile
soprattutto la porta SD
che include quindi fotografi, creativi, grafici, operatori
media e utenti che devono per forza di cose sfruttare
un notebook o un ultrabook. Microsoft offre loro un
vantaggio sostanziale: un prodotto che può essere
usato con una sola mano e senza tastiera, opzione
questa che in qualche situazione può essere decisamente vantaggiosa. Abbiamo usato Surface Pro 3 in
metropolitana a Milano e schiacciati su
un treno affollato (e chi li ha presi sa
cosa vuol dire), tutte situazioni dove
un portatile tradizionale ci avrebbe
messo in difficoltà, e dobbiamo dire
che questa terza versione non si è
comportata male. Anzi.
La costruzione è al top
Un nerd definirebbe Surface Pro 3
un “gran pezzo di hardware”: senza
cambiare le linee dei modelli precedenti, Microsoft ha riplasmato il
magnesio per creare un corpo sottile e leggero - 9.1
mm per 800 grammi di peso - che sono davvero un
piacere da tenere tra le mani. Rispetto alle versioni
precedenti cambia un po’ tutto ma la novità più evidente è lo schermo, che passa dai 10” in formato 16:10
del Surface Pro 2 a un più fotografico 12” in formato
3:2. Un cambiamento obbligatorio per Microsoft, utile per staccare Surface dall’affollato mondo dei tablet ibridi da 10” e spostarlo verso un segmento più
professionale. Surface si posiziona, e forse non è un
caso, a metà tra il Macbook Air da 11” e quello da 13”
andando così a coprire quella via di mezzo che nessuno oggi è in grado di soddisfare. L’elemento distintivo
di Surface è senza dubbio il kickstand, quell’aletta
metallica che serve a posizionarlo sul piano variando
l’inclinazione: qui Microsoft ha dato il meglio creando un meccanismo di cerniere che persino Scavolini
potrebbe invidiargli. Nonostante la fluidità del movimento, il kickstand regge i 900 grammi di Surface con
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segue a pagina 39 
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MAGAZINE
TEST
Microsoft Surface Pro 3
segue Da pagina 38 
una naturalezza disarmante creando un appoggio
stabile in moltissime situazioni. Grazie all’appoggio
inclinabile a piacere, Surface Pro 3 può essere appoggiato senza problemi anche sulle gambe per un
utilizzo come laptop, e grazie alla tastiera con doppio
aggancio magnetico le prestazioni di scrittura non ne
risentono più di tanto. Sotto il profilo della connettività, Surface non fa gridare al miracolo: c’è una porta
USB 3.0, la porta magnetica per l’alimentazione e ci
sono uno slot microSD e una mini display port, ma oltre a questo dobbiamo ricorrere alla docking esterna
che viene venduta a 200 euro. La docking permette
di trasformare Surface in un vero e proprio desktop
replacement: tuttavia avremmo apprezzato almeno
una porta USB in più all’interno del cabinet e uno slot
SD a dimensioni standard. La porta microSD, infatti, è
una nota stonata se si pensa che Surface potrebbe
essere il prodotto perfetto per un fotografo, e il suo
posizionamento sotto il kickstand lascia pensare che
Microsoft l’abbia pensata più come slot di espansione per la memoria interna piuttosto che come slot di
servizio per card contenenti foto e video. Sempre in
tema di sfruttamento degli spazi va segnalata l’assenza di una porta per la penna digitale: sarebbe stato
più “smart” prevedere uno spazio sicuro e protetto
all’interno. I 54,99 euro richiesti per la penna di riserva sono comunque una cifra discreta e perderla è un
danno non da poco.
Meglio liscio o con tastiera?
Surface Pro 3 viene venduto “liscio”: la versione provata, con processore Core i5, 4 GB di RAM e 128 GB
di SSD costa 1.019 euro IVA inclusa, praticamente la
stessa cifra di un Macbook Air da 13” con configurazione analoga. Non depone però a favore di Microsoft
la necessità di acquistare a parte la tastiera: costa
ben 135 euro ed è praticamente un obbligo se si vuole usare Surface come notebook. Il costo è in parte
giustificato dall’ottimo lavoro svolto da Microsoft: la
tastiera funziona come custodia, ha un doppio aggancio magnetico che permette di raggiungere una posizione più ergonomica per la digitazione e ha un ampio
touchpad con tasto integrato. Con uno spessore globale inferiore ai 5 mm, la tastiera Type Cover, oltre ad
essere retroilluminata, è anche pratica da usare: sotto
la pressione delle dita si flette leggermente ma niente
che possa incidere sulla velocità di scrittura, e i tasti
sono sufficientemente ampi per poter digitare senza
commettere troppi errori. La tastiera, quando non viene utilizzata, può essere ripiegata oppure sganciata
senza fare troppo sforzo: nonostante l’impegno messo da Microsoft, però, la tastiera non offre lo stesso
feel di una da notebook. Il gap tra questo modello e
quella touch venduta con i Surface precedenti è enorme (a vantaggio di quest’ultima) ma ancora non può
competere con una tastiera più classica da notebook,
e soprattutto nella scrittura veloce rimpiangiamo un
po’ di spazio tra i tasti e un’escursione maggiore
del tasto stesso. Discreto invece il touchpad, anche
se avremmo preferito un aspect ratio adeguato alle
dimensioni dello schermo: Microsoft l’ha fatto molto
largo e basso, cosa che ci
impedisce di coprire tutta
la superficie dello schermo
senza staccare il dito.
La penna
è precisissima
Uno dei vantaggi del Surface Pro 3 è la possibilità di
sfruttare la penna. Venduta separatamente a 54,99
euro, è una novità assoluta di Surface Pro 3 ed è
forse l’unico punto dove Microsoft ha rinunciato a
qualcosa. Sul Surface Pro 2, per fornire capacità di
scrittura veniva utilizzata tecnologia Wacom, dove un
pennino passivo interagiva con uno schermo dotato
di una sottile griglia che genera un campo magnetico
appena sopra lo schermo stesso.
L’uso di questa tecnologia, nota e collaudata, permette di raggiungere il riconoscimento di ben 1024 livelli
di pressione (10 bit di risoluzione) rendendo Surface
una sorta di tavoletta grafica professionale, ma il
prezzo da pagare è quello strato in più sul display
che avrebbe spinto Surface Pro 3 oltre il centimetro
di spessore. Ecco quindi che Microsoft si è rivolta alla
concorrente di Wacom, l’israeliana Ntrig, per dotare
Surface Pro 3 di una penna attiva capace però di 8 bit
di risoluzione, quindi 256 livelli di pressione. Si nota
la differenza? Dobbiamo ammettere che ci siamo limitati a prendere appunti e a disegnare un po’ senza troppe pretese, e il pennino di Surface Pro 3 ci è
sembrato non solo precisissimo e reattivo ma anche
davvero sensibile non solo alla pressione ma anche
all’inclinazione. Non siamo artisti, quindi non
sappiamo se questa differenza si possa davvero percepire nel tratto oppure no: in ogni
caso, per un uso prosumer che coinvolge
anche Photoshop, non ci pare che la penna
Ntrig sia un downgrade, anzi. L’unica scocciatura potrebbe arrivare dalla necessità di
cambiare le batterie: all’interno della penna,
infatti, ci sono due batterie che gestiscono il
funzionamento del bottone
sul tappo che può essere
usato come tasto di avvio
personalizzato (di default
lancia One Note) e come
tasto per svegliare Surface.
Un’altra pila, di tipo AAAA
(formato micro stilo), serve
invece per abilitare le funzioni di scrittura: se il tasto
funziona ma non si riesce a
scrivere, sappiate che manca quella pila, e lo diciamo
perché abbiamo perso una buona mezz’ora a capire
il motivo del malfunzionamento. Tornando all’uso con
la penna, oltre al classico pennino per selezionare
elementi, copiare e incollare file e cliccare su punti
sensibili, la stilo si può usare per prendere appunti
e disegnare. Le applicazioni One Note e Fresh Paint
già presenti su Surface offrono solo un piccolo assaggio di quello che è possibile fare, e passando a
Photoshop o a Illustrator le possibilità aumentano.
video
lab
Microsoft Surface Pro 3
La nostra videoprova
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6 OTTOBRE 2014
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TEST
Microsoft Surface Pro 3
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Abbiamo provato a usare un po’ Photoshop per realizzare anche qualcosa di “impegnativo” e i risultati
sono più che buoni. L’unica nota riguarda la resistenza del display: calcando parecchio il tratto si evidenzia attorno alla punta la tipica macchiolina violacea
dei display LCD che vengono schiacciati; la rimozione dello strato Wacom e la creazione di uno schermo
più sottile ha avuto anche un leggero impatto sulla
resistenza dello strato superficiale del display.
La penna di Surface Pro 3 può essere usata senza problemi in tutte le applicazioni che supportano
l’input penna, quindi Word, PowerPoint e tante altre.
Non abbiamo riscontrato particolari problemi di sorta,
ovviamente si deve fare l’abitudine alla scrittura su
schermo che offre un feedback leggermente diverso
da quello della scrittura su carta. Una nota, infine, per
quanto riguarda il riconoscimento del palmo: si può
scrivere senza problemi anche con il palmo appoggiato allo schermo, poiché Surface Pro 3 disabilita il
touch se la penna si avvicina a 1 cm dallo schermo.
Schermo eccellente
ma la risoluzione non è facile da gestire
Surface Pro 3 ha un eccellente schermo da 12” da
2.160 x 1.440 pixel: il rivestimento dello schermo,
seppur sottile, è dotato di un ottimo strato antiriflesso che crea un’immagine chiara anche con una forte
attivare tra le funzioni sperimentali che dovrebbe
supportare lo schermo di Surface. In realtà non fa
altro che accorpare i pixel a coppie, generando uno
schermo da 1080 x 720 di risoluzione con un’interfaccia che ricorda i vecchi monitor XGA. Office, One
Note e le app di sistema sono ottimizzate, tutte le app
che si scaricano dallo store per interfaccia Metro e
solo qualche software “pro” ha il problema evidenziato, ovvero mostra l’interfaccia a piena risoluzione
con icone minuscole.
Un po’ di “numeri”
La versione da noi provata è quella intermedia: Core
i5, 4 GB di RAM e 128 GB di disco. Dopo aver installato le app di base che non devono mancare su un prodotto di questo tipo, ovvero Office, Creative Cloud
con Lightroom, Chrome e client di posta alternativo,
ci troviamo circa 80 GB liberi su disco. Ognuno è libero di installare ciò che vuole, ma crediamo che una
configurazione di base con sistema operativo e le utility necessarie a lavorare possa occupare dai 30 ai 45
GB di spazio. Lavorando un po’ sui file temporanei e
ottimizzando il tutto (per esempio con un’installazione
di Office personalizzata), si scende un po’ ma forse il
gioco non vale la candela. Surface Pro 3 è pur sempre un tablet, e se dobbiamo usarlo per caricare foto
RAW, video da editare e altri file deve essere chiaro
che non può essere un archivio ma solo una fase di
passaggio verso un altro storage. Per elementi come
A sinistra la modalità HiDPI, a destra quella nativa. Manca una via di mezzo.
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luce ambiente e soprattutto è rivestito da un trattamento oleofobico e repellente efficace che lascia
lo schermo pulito anche con un uso intensivo. Una
superficie liscia, pulita e scorrevole è infatti indispensabile per la scrittura con la penna. Oltre alla qualità,
è bene capire come Windows 8.1 e le app più usate
gestiscono questo schermo. Grazie al supporto HiDPI
dell’ultima versione di Windows, l’interfaccia desktop
si riesce ad adattare bene ai 12” e all’elevata risoluzione restituendo testi leggibili e icone di dimensioni
adeguate. La stessa cosa vale anche per molte app le
cui “dimensioni” (finestre, icone e menù) sono gestite
a livello di sistema operativo, mentre è meno pratico
l’uso di applicazioni Adobe: se Lightroom si presta ad
essere usato bene, Photoshop e Premiere. ad esempio. sono un vero incubo, con icone e scritte piccolissime che rendono difficile persino l’uso con la penna.
Purtroppo non esiste una via di mezzo: Photoshop
nell’ultima versione CC 14 ha una modalità HiDPI da
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documenti, foto e file consigliamo di appoggiarsi a
OneDrive che è integrato alla perfezione mentre per
archiviare foto e video si può acquistare una microSD
da 128 GB e lasciarla dentro lo slot sul retro. Passando alle performance abbiamo usato i classici benchmark FutureMark e i risultati sono allineati a quelli
degli altri Ultrabook sul mercato: Surface Pro 3 ha più
o meno la stessa potenza di un MacBook Air (con a
bordo Windows però) e soffre solo sulla parte grafica dove il modello i5 ha una HD4400 invece della
HD5000 usata sul modello Core i7, dotato di processore Intel 4650U. Si tratta, comunque, di differenze
marginali, anche perché non si può sperare di usare Surface né per giocare in 3D e neppure per fare
rendering massiccio ad elevato frame rate. La resa
dello schermo, misurata con un colorimetro, mette in
evidenza una buona risposta dello schermo IPS con
illuminazione a LED bianchi anche se non siamo di
fronte a uno schermo “reference”. Se guardiamo in-
La resa dello schermo, misurata con un colorimetro, mette in evidenza una buona risposta dello
schermo IPS con illuminazione a LED bianchi
anche se non siamo di fronte a uno schermo
“reference”. Il MacBook Air, che ha uno schermo
TN, è di gran lunga peggiore. Tablet come il Galaxy
Tab S o l’iPad Air, però, hanno uno schermo leggermente più accurato.
vece ai vari benchmark Javascript, le prestazioni di
Surface Pro 3 ridicolizzano quelle dei normali tablet
ARM, anche se poi questi numeri all’atto pratico valgono ben poco. Più importante, invece, il benchmark
sul disco SSD e sulla batteria. Per quanto riguarda i
128 GB dell’esemplare in prova, il disco è un M-Sata
SSD Samsung da 128 GB: con uno Storage Score di
4825 (PCMark 8), l’unità è veloce praticamente quanto quella usata all’interno di un MacBook Air. Infine, la
batteria: si ricarica in circa tre ore usando l’alimentatore con connettore magnetico proprietario e ha una
durata variabile dalle tre alle otto ore. Tutto dipende
ovviamente da troppi fattori, come la luminosità dello
schermo e il carico di lavoro: renderizzando un filmato con Adobe Media Encoder, ad esempio, abbiamo
dato un bel colpo alla batteria che in poco più di tre
ore è scesa al 10% con un notevole surriscaldamento
del tablet nella zona posteriore. Allo stesso modo,
con una luminosità moderata e la scrittura di testi
abbiamo passato le sette ore, e volendo saremmo
riusciti anche a guadagnare qualche altro minuto; un
consumo analogo lo si ha utilizzando il browser web
e il client di posta con connessione Wi-Fi. Surface
Pro 3 ha dunque una buona autonomia per essere un
tablet così compatto e sottile, anche se ovviamente
le quasi 12 ore del MacBook Air 13” con OS X sono
quasi irraggiungibili. Una nota, infine, sull’efficienza
termica del dispositivo: Microsoft, almeno sul modello da noi provato, ha fatto un buon lavoro anche se
(ovviamente) con Haswell e una scocca così piccola
non ha potuto rinunciare a una sottile ventolina. Con
il processore a pieno regime si raggiungono quasi i
90° di temperatura, che vengono dissipati in modo
sufficiente dalla scocca in magnesio e dalla ventolina
che emette un lieve ma costante sibilo. Sul retro, se
appoggiamo la mano, Surface non è affatto freddo,
anzi: con la CPU a pieno carico e la ventola in funzione scalda parecchio. Nulla di preoccupante, sia
chiaro, ma è comunque sempre bene saperlo. Anche
lo schermo, in corrispondenza della CPU, si scalda
abbastanza.
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6 OTTOBRE 2014
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TEST Abbiamo provato con Yosemite il refresh del MacBook Pro 2014 Retina da 13”, 2560 x 1600 pixel e definizione 227 ppi
MacBook Pro 13” 2014: è bellissimo e durevole
Allo stesso prezzo Apple offre ora sul MacBook Pro ben 4 GB di RAM in più e un processore core Haswell più veloce
di Roberto PEZZALI
osemite è alle porte: il nuovo sistema operativo
Apple è arrivato alla fase Golden Master, ovvero
alla build stabile per la distribuzione. Lo stiamo
provando da un po’, e per farlo ci siamo fatti prestare
da Apple uno dei nuovi MacBook Pro da 13” mid 2014.
A fine luglio infatti Apple ha aggiornato la gamma di
MacBook Pro con un lieve refresh che ha toccato
quasi esclusivamente processore e RAM, con un ritocco verso il basso anche del prezzo. Ne abbiamo
quindi approfittato per scrivere una prova del nuovo MacBook Pro da 13” Retina, quello che insomma
troverete se andate a comprare un portatile Apple e
volete il modello più votato alla produttività. La scelta
di usare il MacBook Pro Retina per provare Yosemite
è semplice: chi ha avuto modo di vedere Yosemite e
la sua nuova interfaccia si sarà reso conto che Apple
ha in mente ormai solo lo schermo Retina, ed effettivamente Yosemite su un MacBook Air non restituisce
la stessa sensazione di compattezza e di eleganza.
Di OS X 10.10 ne parleremo comunque nella nostra
recensione approfondita che pubblicheremo non appena Yosemite verrà distribuito sul mercato, e per ora
preferiamo concentrarci su quel “bel pezzo di hardware” che è il nuovo MacBook. La versione che abbiamo in prova è quella con processore Core i5 da 2.6
Ghz, 8 GB di RAM 1.5 dei quali condivisi con la GPU
Iris e un prezzo di listino di 1329 euro, quello base
insomma. Un modello che offre sostanzialmente allo
stesso prezzo (in realtà erano 1333 euro prima) 4 GB
di RAM in più e un processore leggermente più veloce ma sempre core Haswell. Lo schermo resta in ogni
caso il pezzo forte: 13” IPS, 2560 x 1600 pixel e una
definizione di 227 ppi, il tutto con pre-calibrazione e
una resa cromatica eccellente.
Y
Costruzione unica nel suo genere
Apple non cambia il design, e fa bene. Per eleganza,
robustezza e materiali usati il MacBook Pro, insieme
al fratello MacBook Air, è sicuramente uno dei notebook meglio realizzati sul mercato. L’arrivo della nuova versione senza drive ottico, e quindi più sottile,
ha poi portato il “pro” a livelli di portabilità da vero
ultrabook. Che il MacBook Air sia più piccolo e sottile
video
lab
Apple MacBook Pro 13” Retina (2014)
1.329,00 €
DIFFICILE TROVARE DI MEGLIO
Trovare oggi un notebook miglior di un MacBook è davvero difficile, sia che consideriamo un Air o un Pro. Lasciando da parte il discorso
legato al sistema operativo, dobbiamo ammettere che Apple ha fatto un lavoro egregio: i prezzi sono alti, certo, ma la qualità costruttiva
e la durata nel tempo di questi prodotti è fuori discussione. Inoltre, ed è sempre bene considerarlo, un MacBook si svaluta pochissimo con
il passare del tempo e ha un ottimo valore anche sul mercato dell’usato. Apple (e anche noi) consigliamo ovviamente l’uso del MacBook
Pro con OS X a bordo: dura di più la batteria, l’interfaccia Retina viene gestita meglio e alcune app sono leggermente più veloci, tuttavia
non è da escludere l’acquisto di un MacBook Pro pure per Windows: si perde qualche ora di autonomia ma funziona bene.
Il MacBook Pro 13 è un prodotto eccellente che pecca solo nell’assenza di una scheda video dedicata: la GPU Iris integrata, infatti, fa un
po’ fatica a spingere il display dotato di quella incredibile risoluzione. Chi deve scegliere tra i due modelli deve mettere sui piatti della
bilancia da una parte un processore non “low voltage” e uno schermo retina e dall’altra 12 ore di autonomia e un peso più contenuto.
Non vi nascondiamo che, dopo aver visto Yosemite su uno schermo Retina, siamo propensi a consigliare la versione “pro” soprattutto se
quella differenza di autonomia di 3 ore non è così importante.
9.2
Qualità
10
Longevità
9
Design
9
Simplicità
9
Costruzione e design
COSA
COSA CI PIACE Schermo di qualità impeccabile
Prezzo elevato ma non si svaluta nel tempo NON CI PIACE
poi non è del tutto vero: il “pro” è più piccolo dell’Air
e è solo di 0.1 mm più spesso, con la differenza che
però questo spessore lo mantiene per tutta la superficie. La presenza di un pacco batteria più grande poi
porta il peso a 1,57 Kg, 200 grammi in più dei 1.37 Kg
dell’Air. La differenza c’è, ma è davvero minima anche
a tenerlo nella borsa. Rispetto al modello nato per la
D-Factor
9
Prezzo
8
GPU integrata non troppo potente
portabilità, questa versione dedicata più ad un utilizzo
produttivo può contare su un’uscita HDMI a dimensioni standard e su una coppia di porte Thunderbolt
2. Sul modello da 13” Apple ha deciso di lasciare le
stesse connessioni del modello da 15”, una scelta
davvero saggia.
Schermo eccellente
Interfaccia scalabile
o schermo del MacBook Pro Retina è sicuramente il
suo elemento di forza: rispetto al pannello TN usato
sui MacBook Air Apple ha usato qui un eccellente
IPS da 2560 x 1600 che ha un solo difetto, ovvero
un rivestimento lucido che non riesce ad abbattere
del tutto i riflessi. Tolto questo ci troviamo di fronte ad
un display d’eccellenza che restituisce, come si può
vedere dalle misure qui a fianco, una resa davvero
eccezionale con una copertura quasi completa della
gamma colore sRGB. Apple ha saputo gestire al meglio la risoluzione di questo schermo: Yosemite, ma

segue a pagina 42 
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n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
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TEST
Apple MacBook Pro 13”
segue Da pagina 41 
come lui anche le versioni precedenti, ha una interfaccia scalabile che permette di scegliere quanto grandi
si vogliono vedere testi e icone. Sconsigliamo vivamente la visualizzazione nativa (per attivarla serve un
hack), così come sconsigliamo quella Retina pura che
porta le app e lo schermo ad una risoluzione di 1280
x 800: in questo caso l’immagine impressiona per
compattezza ma sul desktop ci stanno davvero pochi
elementi e molte app di produttività come la Creative
Cloud di Adobe ha una interfaccia con elementi troppo
grossi per poter lavorare serenamente. Premiere, ad
esempio, ha pochissimo spazio per la time line e per
gli strumenti di lavoro.
Nelle impostazioni dello schermo quella che abbiamo
trovato più fruibile è la “più spazio”, ma se volete provare la nativa la cosa migliore è scaricare dal Mac App
Store l’utility Display Menu che permette di selezionare
proprio la risoluzione desiderata.
Va detta una cosa riguardo alle risoluzioni: le prestazioni del sistema in ambito grafico sono legate anche alla
risoluzione scelta, quindi la scelta dev’essere oculata.
In modalità Retina infatti il MacBook attiva quella che è
la modalità “Pixel Doubled”, dove quattro pixel del display gestiscono un singolo punto di risoluzione. Nelle
altre modalità invece l’interfaccia viene rielaborata ad
una risoluzione più alta e poi scalata alla risoluzione
nativa del pannello. Ecco perché si ha un leggero
calo di prestazioni. Per la precisione le modalità di
ridimensionamento sul modello da 13” equivalgono a
1680x1050, 1440x900 e 1024x640 (Testo più grande).
Ecco come si comporta Numbers alle diverse risoluzioni.
Il grafico del gamut dello schermo da 13”: è un
ottimo display per ritocco fotografico con una
copertura quasi totale dello spazio colore sRGB.
Si possono modificare i parametri di scaling dal
pannello di controllo.
Prestazioni e autonomia

In termini di prestazioni il nuovo MacBook Pro non si
discosta molto da quello dello scorso anno: il processore grafico, che era il vero collo di bottiglia, sulla versione da 13” resta comunque l’Intel Iris e sia con Cinebench sia con gli altri tool di benchmark le prestazioni
risultano praticamente identiche.
Cambia qualcosa a livello di processore: il passaggio
dal Core i5 a 2.4 Ghz alla versione Core i5 a 2.6 Ghz
fa guadagnare qualche punto, ma non si può dire che
si sentono differenze all’atto pratico. Utili i 4 GB in più
di RAM, soprattutto in ambito multitasking, mentre per
il disco SSD le prestazioni sono assolutamente identiche agli altri modelli e anche a quelle dei MacBook Air:
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Ecco come il cambio di risoluzione impatta sulle app: in alto da sinistra “testo grande”, “retina”,
“standard” e “più spazio”.
non si può chiedere un disco più veloce. Per quanto
riguarda la batteria Apple indica un target di 9 ore, e
effettivamente su Yosemite usando Safari come browser riusciamo tranquillamente a raggiungere questo risultato con una luminosità moderata e la connessione
wi-fi attiva. Passando a Chrome come browser, tuttavia,
si perde già quasi un’ora mentre entrando in ambito
produttivo con Premiere e un Media Encoder si scende
ancora. In linea di massima, seguendo l’uso tipico per
un portatile che si chiama “Pro” di nome ed è stato
fatto per creare e produrre, possiamo dire che la durata media va dalle 6.30 alle 7.30 ore, questo con lo
schermo regolato a metà scala per quanto riguarda
la luminosità.
n.97 / 14
6 OTTOBRE 2014
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato il nuovo Lumia con Windows 8.1. Ottimo come telefono, decisamente più scadente il reparto foto e video
Nokia Lumia 530: a 99 € difficile chiedere di più
Lumia 530 ha il difficile compito di ripetere il successo del Lumia 520 ma, a parte il prezzo, ha poche frecce al suo arco
di V. R. BARASSI
arà il best-seller della gamma Nokia di fine 2014inizio 2015, ne siamo certi, ma il Lumia 530 non
ha saputo convincerci del tutto. Il design è indiscutibilmente Lumia e lo si capisce dalle forme e soprattutto dai colori; il modello che ci è stato consegnato
per la prova è provvisto di cover posteriore arancione
ma il dispositivo è in vendita anche nelle varianti verde,
bianco e nero. Rimossa la parte posteriore si accede al
vano batteria il quale nasconde uno slot per la microSIM e uno per microSD (fino a 128 GB); in basso a sinistra si nota il corposo altoparlante di sistema che, a dirla
tutta, suona molto bene (sempre in relazione al prezzo). Sul lato destro del dispositivo vi sono il bilanciere
del volume e il tasto di blocco/sblocco mentre non c’è
il pulsante dedicato all’unica fotocamera da 5 Megapixel; la porzione superiore è contraddistinta da un jack
da 3.5mm mentre in basso c’è l’ingresso micro-USB.
Volendo esprimere un giudizio sommario sulla qualità
costruttiva siamo tutti concordi nel dire che Lumia 530
- che pesa 129 gr - è uno smartphone economico ben
realizzato: le plastiche sembrano di qualità (anche se
ci sarà da vedere alla lunga come si comporteranno) e
l’assemblaggio è buono. Del resto, esclusa la cover posteriore, è praticamente unibody: certo qualche scricchiolio c’è, i pulsanti non offrono tutto questo feedback
ma si è visto e si vede molto di peggio.
S
Display rimandato
Il frontale del dispositivo è dominato da un vetro senza
alcun trattamento particolare (attenti dunque a graffi e
cadute) che fa anche fatica a trattenere le ditate; sopra
la scritta Nokia c’è la feritoia della buona cassa auricolare mentre all’estremità inferiore del device c’è spazio
per il piccolo microfono di sistema. Al centro trova posto un display da 4 pollici di diagonale, tutt’altro che
un piacere per gli occhi. Nonostante il piccolo “salto”
di risoluzione - rispetto a Lumia 520 - da 800 x 480
pixel a 854x480 pixel e il cambio di form factor (da 15:9
a 16:9, ma ora c’è la barra dei pulsanti ad occupare lo
spazio extra), non ci si mette troppo a capire che di
passi avanti sul fronte della qualità non ne sono stati
fatti. Il pannello riproduce colori sbiaditi e offre angoli
di visione molto limitati, ma se le tile di Windows Phone
aiutano un po’ a mascherare le scialbe tonalità, nulla
video
99,00la€b
Nokia Lumia 530
SICURO BEST SELLER, MA NON SARÀ TROPPO ENTRY LEVEL?
Nokia vuole ripetere il successo del Lumia 520 e, probabilmente, ce la farà. A 99 € di listino (Lumia 520 fu lanciato a 199 €) è davvero difficile chiedere di più di quello che offre: Windows Phone 8.1 va alla grande, la batteria dura quasi due giorni, la parte telefonica è fantastica e ci si può togliere
qualche soddisfazione anche utilizzandolo come player audio. Per Facebook, Twitter e Instagram va più che bene a patto di non essere troppo - anzi,
per niente - esigenti sotto il profilo foto/video. La fotocamera è al di sotto della media e c’è poco da fare: se cercate qualcosa che sia in grado di
scattare foto almeno accettabili è meglio stare lontani da questo dispositivo. Il display non spicca per qualità ma alla fine, considerando il prezzo, ci si
convince che “meglio di così” non si poteva proprio. Forse bastava tenere in gamma solo il Lumia 630.
6.6
Qualità
6
Longevità
6
- Prezzo di listino
COSA CI PIACE - Windows Phone 8.1 sorprende
- Ottimo telefono
Design
6
Semplicità
7
D-Factor
5
Prezzo
9
- Fotocamera imbarazzante
COSA NON CI PIACE - Display “scialbo”
- Poche app sul Marketplace
- Solo 512 MB di RAM
si è riuscito a fare per nascondere le forti limitazioni
sulla visione laterale; il display del Lumia 530 si comporta bene se visto frontalmente oppure da sopra o
leggermente dal basso, ma provando ad osservarlo
dal lato sinistro oppure, ancora peggio, dal lato destro
il risultato è davvero di basso profilo. La luminosità poi
non aiuta: 200cd/m2 sono sufficienti in ambienti chiusi
ma all’aperto, e soprattutto sotto il sole, si fa davvero
fatica a vedere cosa c’è sullo schermo. Assenze importanti ma non scandalose sono quelle dei sensori di
luminosità (tra le impostazioni è possibile selezionare
un profilo basso, medio o alto) e di prossimità; quando
si appoggia il display al viso - durante una chiamata
- questo si spegne lo stesso grazie al contatto del pannello con la pelle.
Meno male che c’è Windows
Fortunatamente sotto il pessimo display c’è uno
Snapdragon 200 quad core da 1,2 GHz che fa il suo
lavoro con diligenza; come abbiamo più volte avuto
modo di sottolineare, a Windows Phone 8.1 non serve
molto per andare alla velocità della luce e anche nel
caso di Lumia 530 il risultato è il medesimo: il sistema è
una scheggia in ogni situazione e solo esagerando con
i giochi, con la navigazione oppure col multitasking si
risente dello scarso quantitativo di memoria RAM installato a bordo (512 MB). Volendo essere pignoli abbiamo
riscontrato qualche difficoltà anche nella riproduzione
di filmati 1080p, ma dubitiamo che questo possa essere uno scenario abituale per questa tipologia di dispositivo. Più completo - ma non ancora perfetto - il nuovo
centro notifiche; interessante la possibilità di attivare la
colonna di extra-tile già vista sui modelli più grandi (ma
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6 OTTOBRE 2014
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MERCATO A novembre arriverà la rivoluzione del canone Rai: addio al bollettino, al suo posto una tassa sui beni di consumo
Canone Rai scontato grazie ai biglietti della Lotteria Italia
Ci sarà un’imposta legata alla capacità di spesa delle famiglie decurtata di una parte finanziata dai biglietti della lotteria
L
di Roberto PEZZALI
a tanto attesa rivoluzione del canone Rai è alle porte: a novembre,
tramite decreto, scomparirà, infatti,
l’odioso bollettino da versare in posta.
Questo non vuol dire che il canone non
ci sarà più, ma semplicemente che non
ci sarà più il pezzo di carta da cestinare
evitando così di pagarlo: al suo posto
una tassa legata alla capacità di spesa
della famiglia, una sorta di imposta sui
beni di consumo che sarà più alta per
alcuni acquisti costosi e che sarà girata
allo Stato.
Questa imposta però costituirà solo
una parte del costo del canone: l’altra,
infatti, arriverà da una percentuale delle vendite dei biglietti della Lotteria Italia. Ne è sicuro il quotidiano La Repubblica, che ha pubblicato recentemente
un lungo articolo proprio su questa
questione. L’unico dubbio a
questo punto resta legato al
tipo di tassa che sarà a carico
delle famiglie, che dovrebbe
comunque essere più bassa
di quanto si paga attualmente il canone Rai. Questo sarà
possibile proprio grazie a chi
acquisterà i biglietti della Lotteria Italia (le nonne?), lo stesso target
di utenza che probabilmente divora
programmi Rai come Domenica In e La
Prova del Cuoco (nella foto).
TEST
Nokia Lumia 530
segue Da pagina 43 
la sconsigliamo, diventa tutto troppo piccolo) e davvero ottima la tastiera di sistema, che nonostante occupi
buona parte del display si può usare velocemente con
una sola mano e anche in modalità swipe. I soli 4 GB di
memoria fisica presenti su Lumia 530 non sono mai un
problema: tutti i file si possono archiviare nella scheda
microSD e anche gran parte delle applicazioni (tutte,
tranne quelle di sistema) si possono spostare nella
memoria esterna. Abbastanza completa è la dotazione
di applicazioni: c’è Office e ci sono i vari OneNote e
OneDrive, non mancano le mappe Here, Skype, l’ottimo MixRadio e l’app Nokia Camera che, come vedremo, poco può fare per rendere le foto migliori di
quanto possano essere. Internet Explorer si conferma
un ottimo browser anche su Lumia 530 e nonostante
a volte i tempi di caricamento siano leggermente più
lunghi della norma, l’esperienza di navigazione è sempre appagante. Se vogliamo parlare delle app di terze
parti non ci resta altro da fare che ripetere quanto già
ripetutamente scritto in passato: lo store di Windows
Phone è ancora povero se paragonato a quelli di iOS o
di Android ma ormai si trova tutto il necessario. Lumia
530 però non è un dispositivo destinato ai videogiocatori: a causa dello scarso quantitativo di RAM, i titoli più
esigenti non funzionano.
Fotocamera: 5 Megapixel… e basta

Non avevamo grandi pretese dal modulo fotocamera ma forse qualcosa in più, quella sì, ce la saremmo
aspettata; spesso si è soliti abbinare il nome Lumia a
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quello di camera-phone per eccellenza ma in questo
caso non c’è proprio niente che possa avvicinare Lumia 530 a questa categoria di prodotti. Il dispositivo in
oggetto monta un unico modulo da 5 Megapixel che
fa fatica ad esprimersi anche in condizioni “ottimali”; il
sensore da 1/4 pollici e la lente 28mm f/2.4 non sono
in grado di offrire fotografie degne del migliore brand
Lumia e quando la luce cala la rumorosità tende a diventare eccessiva. Non c’è un tasto dedicato alla fotocamera e manca l’autofocus; per ottenere fotografie
decenti bisogna posizionare gli oggetti ad almeno 60
centimetri altrimenti, causa messa a fuoco fissa, viene
tutto sfuocato. Non c’è il flash LED ma poco importa;
difficilmente avrebbe aiutato a migliorare le fotografie in condizioni di poca luce (che escono tutte un po’
“verdastre”) e forse sarebbe stato utile più come torcia.
Assente anche la fotocamera frontale: i giovani e gli
amanti dei selfie non ne saranno proprio entusiasti. Se
le fotografie fanno fatica a raggiungere la soglia della
mediocrità, ancora peggio fanno i video; Lumia 530 è
in grado di registrare filmati solo a 854 x 480 pixel, risoluzione ormai superatissima se si pensa che ormai
quasi tutti i dispositivi in commercio riescono ad arrivare almeno a 720p.
Batteria ok, buona ricezione
e ottimo audio
Lumia 530 è un prodotto economico e come tale sarebbe impensabile pretendere da esso un modulo LTE/4G
installato a bordo; bisogna accontentarsi di un classico
HSDPA+ che si comporta molto bene come egregiamente funziona anche il GPS, soprattutto con le mappe
HERE. C’è il Bluetooth 4.0 e non manca il supporto Miracast. Facendo qualche test abbiamo notato come la
ricezione del dispositivo sia buona, seppure non eccellente; detto questo difficilmente Lumia 530 vi lascerà
senza segnale. Molto buona la qualità delle chiamate:
si sente sempre bene e anche chi ascolta non può proprio lamentarsi. Ottimo l’altoparlante esterno, anche in
vivavoce. Lumia 530 ci ha sorpreso, ma neppure troppo, sotto il profilo dell’autonomia: lo smartphone copre
senza grossi problemi una normale giornata di lavoro
e i più attenti saranno anche in grado di spremere la
batteria da 1430 mAh fino a due giorni.
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TEST Abbiamo provato e realizzato una recensione completa della nuova serie X85 per capire bene le differenze con la X9
Bravia X85: il 4K Sony che costa (un po’) meno
Per chi trova troppo impegnativo il design della serie X9, Sony ha realizzato un TV 4K con sistema audio meno sofisticato
di Paolo CENTOFANTI
fogliando la gamma 2014 di TV Sony, un gradino appena sotto l’ottimo X9, che abbiamo già
recensito, troviamo la serie X85, sempre con
pannello Ultra HD ma design, se possiamo usare questo termine, meno “impegnativo”. La serie X9 è, infatti,
caratterizzata dal nuovo design a cuneo con i diffusori
stereo in bella vista ai lati del TV che aumentano non
poco le dimensioni del TV. L’X85, che abbiamo provato
nella versione da 65 pollici, segue invece la filosofia
opposta, nascondendo tutto quello che può e offrendo
un design decisamente minimale. Cambiamenti solo
estetici o anche più profondi? Vediamo di capirlo.
S
video
La riduzione del “cuneo”
Eliminato il sistema audio completo del modello superiore, X85 si presenta come un TV dal design davvero
molto semplice. Fatta eccezione per la distintiva barretta luminosa che troviamo su tutta la gamma di TV di
quest’anno, il frontale del TV è praticamente privo di
qualsiasi dettagli estetico. Ciò che stupisce del TV è il
ridottissimo spessore della cornice intorno ai lati del display, che specie sul modello da 65 pollici fa sembrare
le immagini quasi davvero a filo del bordo del TV. Senza
la necessità di mantenere la cassa acustica per i diffusori dell’X9, sparisce completamente il distintivo profilo
a cuneo, per cui l’X85 visto lateralmente è completamente “piatto” e spesso pochi centimetri. Rimangono
i particolari “piedini” di appoggio che possono essere
fissati o ai bordi oppure in posizione più centrale in
caso di disposizione su un mobile più stretto della larghezza del TV. La qualità della costruzione, nonostante
le finiture non siano forse raffinate come la superficie
piano black dell’X9, è comunque di livello alto, con un
bel profilo laterale in alluminio, ottime giunture tra i vari
elementi della cornice tra frontale e spigoli e un rivestimento del pannello sufficientemente robusto. L’X85
restituisce quella sensazione di prodotto premium che
in parte ci si aspetta anche da un TV di questa fascia
di prezzo. Il parco connessioni è completo e include
lab
Sony KD-65X8505B
3.499,00 €
PERCHÉ NON C’È IL LOCAL DIMMING?
Rispetto al modello superiore X9, la serie X85 fa a meno del sistema di diffusori completo e del design più sofisticato, differenze che valgono un taglio
del prezzo di circa 700 euro a parità di pollici dello schermo. Nei ben 3.500 euro di prezzo di listino, quindi non proprio da TV di fascia media, non c’è
spazio però per la retroilluminazione local dimming, che spinge il modello superiore su tutto un altro livello per quanto riguarda la qualità di immagine. E così, nonostante la buona resa cromatica e la risoluzione del pannello, il TV Sony non è diverso da tanti altri TV LCD LED Edge, accomunati da una
resa in termini di rapporto contrasto poco soddisfacente, specie se si cerca un TV da utilizzare in ambito Home Theater.
7.4
Qualità
7
Longevità
9
- Calibrazione di default
COSA CI PIACE - Ottima resa cromatica
Design
7
Semplicità
8
D-Factor
9
Prezzo
6
- Assenza di local dimming
COSA NON CI PIACE - Schermo poco uniforme
tutto quello che possiamo aspettarci da un TV di fascia
alta. Disposti lateralmente, ci sono 4 ingressi HDMI 2.0,
di cui due compatibili MHL, ben tre porte USB, di cui
una ad alta potenza per il
collegamento di Hard Disk
esterni per la funzione PVR,
uscita mini-jack stereo per
le cuffie, doppio tuner
DVB-T2 e DVB-S2, slot per
moduli common interface.
Direttamente rivolti verso
il muro troviamo l’ingresso
component con annesso
audio stereo analogico,
audio digitale ottico e la
porta di rete per il collegamento a Internet tramite
connessione cablata. Il Wi-Fi
è naturalmente integrato e il TV supporta il Wi-Fi Direct
oltre il Bluetooth, utilizzato per gli accessori come il
telecomando touch. Se proprio dovessimo lamentarci
di qualcosa, vista la fascia di prezzo, è l’assenza di un
ingresso DisplayPort, per sfruttare al meglio il pannello Ultra HD con un PC. In dotazione troviamo, oltre al
telecomando tradizionale, anche il One-Flick Remote,
dispositivo pensato per agevolare l’utilizzo delle funzionalità interattive del televisore. Si tratta dello stesso
telecomando in dotazione all’X9, quindi con NFC per
l’accoppiamento veloce di smartphone e tablet Sony in
Miracast per il mirroring dello schermo. Il telecomando
tradizionale è di fattura un po’ troppo economica a nostro avviso, soprattutto vista la classe del TV, e durante
l’utilizzo abbiamo notato come il pad per la navigazione dei menù, oltre a essere piccolo e apparente-

segue a pagina 47 
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TEST
TV Sony KD-65X8505B
segue Da pagina 46 
mente poco robusto, sia anche poco reattivo. Meglio in
questo caso il One-Flick Remote, con il quale occorre
familiarizzare un po’ all’inizio. Menù e funzionalità sono
del tutto analoghi a quelli della serie X9 e degli altri TV
smart del produttore giapponese. La nuova piattaforma
offre un sistema di raccomandazione dei contenuti sia
televisivi che dei servizi on demand di Sony, a cui viene
dato molto risalto nella sezione del menù dedicata ai
contenuti multimediali. Ciò rende un po’ più macchinoso passare alla riproduzione di file da periferiche USB
o dai contenuti sulla propria rete locale. Il lettore multimediale è abbastanza completo e supporta la riproduzione anche di file video con risoluzione Ultra HD.
La sezione dedicata alle app include molte applicazioni
ma in realtà quelle interessanti sono poche. Tra queste,
oltre a Skype, segnaliamo Facebook, Twitter, YouTube
e Vimeo. Twitter è integrato anche nella funzione social
view che consente di vedere i tweet relativi alle ashtag
dei programmi che stiamo guardando.
Profilo Cinema ben calibrato
Il menù delle impostazioni di immagine è identico a
quello visto anche sulla serie X9 e presenta quindi le
stesse limitazioni tra cui l’assenza di un CMS per la regolazione avanzata dei colori. In realtà non se ne sente
la mancanza, visto che il preset di fabbrica è già vicino
al riferimento e comunque con un minimo di regolazione quasi tutti i parametri vanno a posto da soli. Il
profilo di immagine più vicino a un’impostazione Home
Theater è quello denominato Cinema 1 e che presenta
sia un bilanciamento della scala di grigi che una colorimetria abbastanza corretti. C’è anche un profilo
denominato Cinema 2 e che attiva alcune elaborazioni
Colori primari e secondari del profilo Cinema 2.

Sony e in particolare un’espansione dello spazio colore
che spinge fuori riferimento la saturazione di primari e
secondari dal 50% circa in su. Con i controlli a disposizione è possibile ottenere un migliore bilanciamento
del bianco che porta ancora più vicino al riferimento
anche i primari e i secondari, ottenendo un profilo decisamente accurato. Rimane una leggera sovrasaturazione del rosso, ma nulla che possa essere considerato
fuori dalla norma per un display consumer. Durante la
calibrazione abbiamo anche portato il gamma a 2.4 utilizzando l’apposito parametro (di default è impostato a
2.2), ottenendo un buon comportamento della scala di
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grigi. Ciò che non impressiona è il rapporto di contrasto che si ferma a circa 1060:1 frenato da un livello del
nero davvero molto elevato: 0,110 cd/mq è un dato che
non passa inosservato quando il modello superiore,
l’X9005B, vantava una luminosità di 0,021 cd/mq sul
nero. Il valore è stato ottenuto tra l’altro abbassando
la retroilluminazione fino a ottenere una luminosità di
120 cd/mq sul bianco di riferimento, valore più adatto
per la visione in sala oscurata. Il TV Sony spegne la
retroilluminazione solo in presenza di una schermata
completamente nera o assenza di segnale, condizione che chiaramente non si verifica mai guardando
un qualsiasi contenuto, mentre ha una sorta di global
dimming dinamico, molto meno efficace del local dimming del modello superiore, e che solo in determinate
situazioni permette di avere un livello del nero intorno
alle 0,09 cd/mq. L’input lag, infine, in modalità gioco si
attesta sui 39 ms.
Peccato per il livello del nero
Basta un pannello Ultra HD per fare un buon televisore? Sono tanti gli aspetti che rendono un’immagine
bella da vedere e la risoluzione è solo uno di questi
elementi. La riprova è proprio questo TV Sony che è
un prodotto molto diverso dall’ottimo X9005B che abbiamo provato qualche mese fa. Se la risoluzione è
la stessa del modello superiore e l’X8505 è in grado di
offrire immagini di tutto rispetto con scene molto luminose, purtroppo è anche un TV meno convincente in
termini di un altro importante parametro, il rapporto di
contrasto. Questo per via di un sistema di retroilluminazione da cui ci aspettavamo di più dopo quanto visto
con l’X9 e che è causa essenzialmente di due problematiche che abbiamo riscontrato durante la nostra prova di visione: mancanza di uniformità dello schermo e
un livello del nero elevato. Se l’X9 ci aveva convinti
proprio per l’eccellente tecnologia di local dimming, in
questo caso ci troviamo davanti a un LCD LED Edge
con un “global dimming” meno sofisticato. Il risultato
è che, specie durante la visione in sala oscurata, il più
delle volte le immagini sono annacquate dall’alone
della retroilluminazione con il nero che non è mai davvero tale. E così, fatta eccezione appunto per le scene
molto luminose, il quadro appare un po’ slavato e poco
contrastato fino ad arrivare, nelle sequenze scure, a un
livello del nero davvero elevato, tanto che persino con
le luci in sala accese, il nero appare spesso grigio. Il
controllo dinamico della retroilluminazione se attivato
su minimo mitiga un po’ la situazione (a intensità superiore entra in gioco un’enfatizzazione digitale del
contrasto), ma il suo intervento è appunto un palliativo
molto diverso dal local dimming dell’X9 e in definitiva
meno efficace. A ciò si aggiunge appunto la mancanza
di uniformità che si nota ogni qualvolta ci sono dei movimenti laterali della macchina da presa, con l’effetto
“schermo macchiato”. L’esemplare giunto in redazione
mostrava sia clouding vicino ai bordi (specie sul bordo
superiore vicino all’attacco della webcam sulla cornice), che una sorta di leggero vertical banding meglio
visibile visualizzando una schermata grigia. Un peccato perché per il resto il TV Sony offre un’eccellente
resa cromatica, con colori saturi e brillanti, ma anche
molto equilibrati, forse il vero punto di forza di questo
Il telecomando tradizionale, in plastica, è molto
affollato intorno al pad di navigazione di costruzione un po’ economica.
modello. Come detto, nelle scene più luminose la resa
è esemplare, specie con contenuti nativi 4K dove è
possibile apprezzare un dettaglio incredibile, precisione nelle sfumature e una buona dinamica complessiva.
Purtroppo anche i contenuti in 4K non possono fare
molto nelle scene meno luminose (uno stesso spezzone di Elysium fornitoci da Sony non ne è uscito molto
valorizzato dal TV), e la maggiore risoluzione da sola
non riesce a compensare il basso rapporto di contrasto. A ciò si aggiunge una risoluzione in movimento
che si risolleva unicamente abilitando la funzione
MotionFlow che però introduce quell’effetto telenovela che magari non a tutti piace. Per quanto riguarda
l’elaborazione di immagine X-Reality Pro vale quanto
avevamo già detto per l’X9005B: l’upscaling dei contenuti in alta definizione è in generale buono e offre
immagini compatte e profonde, ma non lavora molto
bene sugli elementi di grafica fissa (sottotitoli, titoli di
testa e di coda, menù dei dischi, ecc), e se si calca la
mano diventa evidente un po’ di edge enhancement
sui contorni principali. Nel complesso però l’elaborazione è sicuramente efficace nello sfruttare al meglio il
pannello Ultra HD anche in assenza di contenuti nativi.
Tutto sommato è piacevole la resa dei contenuti in definizione standard del digitale terrestre, considerando
la mole di upscaling necessario per la visualizzazione
sul pannello Ultra HD, segno di un buon lavoro svolto
dal processore. Sul versante audio chiaramente l’X9
con i suoi diffusori dedicati era tutto un altro pianeta,
ma nel complesso l’X85 se la cava discretamente per
quanto chiaramente non possiamo aspettarci prestazioni da impianto Home Theater. La resa sulle basse
frequenze manca di impatto, ma nel complesso per un
TV così sottile la risposta non è male.
video
lab
TV Sony W805
Funzioni e interfaccia identiche alla serie X85
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TEST La soluzione multiroom Panasonic All è composta da due diffusori e un ricevitore da collegare ad un sistema stereo
Panasonic All, il multiroom a prezzo accessibile
Il sistema è un buon esordio per Panasonic nell’agguerrito settore dei diffusori connessi in rete, ma non tutto è perfetto
di Roberto FAGGIANO
boom multiroom: il successo di Sonos ha portato
tutti i produttori a realizzare diffusori wireless da
piazzare in casa. Funzionano da soli, ma danno il
meglio se presi in gruppi: possono infatti costituire un
sistema audio completo scalabile e facile da pilotare,
il tutto con un app e la rete Wi-Fi di casa. Tra i nuovi
modelli c’è anche Panasonic con una gamma completa che comprende il modello ALL8 (299 euro), il più
compatto ALL3 (249 euro) e il modulo ALL1C (199 euro)
da acquistare solo se si vuole usare anche il proprio
impianto come diffusore. Va detto che è un add-on
inutile nella maggior parte dei casi: casse e smartphone bastano e avanzano. I 3 modelli sono basati sul
sistema AllPlay di Qualcomm: questo vuol dire che
teoricamente è possibile mettere insieme i prodotti di
marche diverse basati sullo stesso standard. Purtroppo
non siamo riusciti a provarlo perché questi Panasonic
sono anche i primi disponibili con questo standard. La
connessione per tutti i modelli è Wi-Fi a doppia banda
2,4 e 5 GHz, la gestione avviene tramite l’app dedicata
Music Streaming e la compatibilità è assicurata con file
musicali MP3, AAC, WAV, ALAC e FLAC. Inoltre sono
compatibili con Spotify Connect. L’aspetto è molto elegante e sobrio, disponibile in versione bianca oppure
grigio scuro, evitando originalità ad ogni costo e colori
fin troppo sgargianti.
Il modello ALL8 è un diffusore a due vie con subwoofer
integrato e potenza complessiva di 80 watt con moduli
digitali. Gli altoparlanti hanno membrane in bambù ed
è possibile regolare i controlli di tono. Il diffusore può
essere posizionato a parete e misura 37 x 22 x 14 cm
(L x A x P). Il modello ALL3 è più compatto e può essere posizionato in orizzontale e verticale, utilizza moduli
di amplificazione digitale per complessivi 40 watt per
un sistema di altoparlanti a due vie; le misure sono di
25 x 13 x 15 cm (L x A x P). Il modulo ALL1C è invece utilizzabile da chi dispone già di un sistema stereo e vuole trasformarlo in un “diffusore” controllabile dall’app.
Il modulo contiene un convertitore digitale/analogico
Burr Brown da 192kHz/24 bit ma ha anche l’uscita digitale oltre alla stereo analogica.
Il tutto si controlla dall’applicazione Panasonic Music
Stream, già disponibile per iOS e Android. Volendo si
può usare direttamente Spotify Connect, ma solo pilotando il diffusore in modo “singolo”.
È
video
ce anche per i meno esperti. Avremmo visto volentieri
dei controlli di tono e la predisposizione per l’utilizzo in
stereofonia di due diffusori: qui Sonos è più avanti. Da
segnalare qualche impuntamento nella versione per
Android, mentre su iOS fila tutto liscio.
Installazione semplice … o quasi
Per installare i componenti si può usare la soluzione
cablata, sempre consigliabile quando disponibile oppure il Wi-Fi. Per quest’ultima versione è disponibile il
pratico WPS oppure una più macchinosa procedura via
smartphone. Il tutto deve però fare i conti con la ridotta sensibilità del ricevitore integrato, un bel problema
soprattutto per il modulo ALL1C che dovrebbe avere
una collocazione fissa e poco modificabile; i diffusori
invece possono anche essere posizionati in modo tale
da ricevere un segnale migliore. Un piccolo trucco sperimentato sull’ALL1C è quello di sistemare momentaneamente modulo o diffusore nei pressi del router per
il primo collegamento, in modo da avere un segnale
molto forte. Una volta stabilito il collegamento si riporta
l’oggetto nel posto desiderato il collegamento sembra
riuscire più facilmente, almeno così è capitato a noi.
Il diffusore ALL 8, potente ma esigente
Applicazione completa ma migliorabile

Per portare e controllare la musica verso il sistema ALL
è necessario utilizzare l’app dedicata, uno strumento
ben fatto anche dal punto di vista grafico e facile da
usare. Una schermata gestisce la sorgente tra quelle
riconosciute nella rete domestica, i servizi di streaming
e le apps, un’altra permette di scegliere dove inviare
la musica e con che volume. Se c’è un solo elemento
non bisogna fare altro, altrimenti bisogna impostare
ogni diffusore o modulo, per poter indirizzare la musica
come desiderato. Il tutto è piuttosto intuitivo e sempli-
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lab
Sul retro sono distribuite le prese di rete e il minijack
ausiliario oltre all’alimentazione, tutto è disposto per
diminuire l’ingombro ma l’accordo reflex posteriore
impedisce una collocazione troppo vicina alla parete
posteriore. L’ascolto procede bene già con i normali
brani MP3 però la resa non ci sembra ben equilibrata: la gamma bassa tende a eccedere, mentre le voci
sembrano troppo focalizzate sul diffusore; modesta
l’estensione tridimensionale oltre le dimensioni fisiche
del diffusore mentre la pressione sonora raggiungibile consente di sonorizzare anche ambienti di grande
cubatura. Proseguendo l’ascolto si nota un’eccessiva
sensibilità alla qualità della musica, un buon proposito
in generale ma temiamo che i benefici riguarderanno solo i pochi utenti con molto musica Flac. Forse ci
aspettavamo qualcosa di più per il top di gamma anche se in effetti il prezzo è inferiore a quello di molti
concorrenti. Il rapporto qualità/prezzo quindi è molto
favorevole, ma spendendo qualcosa in più si possono
ottenere prestazioni migliori e più equilibrate.
Il diffusore ALL 3, il più equlibrato
Il modello più grande della gamma ha comunque dimensioni non eccessive, anche se la profondità e il
peso impongono una collocazione su ripiani o piani
d’appoggio robusti. I controlli diretti sono posti sul lato
superiore con spie di controllo appena davanti.
Il modello più piccolo della gamma si presenta con un
peso notevole nonostante la forma compatta, i pulsanti di controllo sono sul lato superiore (o sinistro,
a seconda del collocamento) mentre le spie sono
nascoste dietro alla griglia che protegge gli altoparlanti. Per l’ascolto scegliamo la posizione orizzontale
e facciamo partire il nostro iPod, la resa sembra leggermente sbilanciata sui bassi e anche sulle voci ma
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MOBILE Secondo i test di Mashable l’uscita analogica delle cuffie è ancora limitata a 22 KHz
Per ora niente audio Hi-Res da iPhone in cuffia
Come dimostrano dei test il supporto all’audio in alta risoluzione con iOS 8 è ancora limitato
N
di Paolo CENTOFANTI
onostante le voci di un possibile
passaggio all’audio in alta risoluzione su iTunes, al momento con
iOS 8 il supporto continua ad essere limitato. Prima di tutto precisiamo che a livello hardware niente impedisce ad iPhone
nuovi e vecchi di riprodurre audio Hi-Res.
Apple da tempo impiega sui suoi dispositivi DAC audio in grado di riprodurre
file quanto meno fino a 96 KHz, ma un
test eseguito da Mashable ha verificato
che l’uscita analogica viene comunque
limitata a 22 KHz, indipendentemente
dal lettore software che viene utilizzato.
Il blog ha effettuato il test utilizzando dei
test tone campionati a 24 bit e 96 KHz,
riproducendoli con le app Onkyo e OraStream, visto che il lettore di default di
iOS 8 non riproduce per ora file ad alta
risoluzione. Il test sulla frequenza di
campionamento è abbastanza conclusivo, visto che la risposta in frequenza
viene chiaramente limitata sopra i 18
KHz, mentre quello sulla risoluzione di
24 bit (eseguito analizzando il solo rapporto SNR) sembrerebbe suggerire che
anche in questo caso la dinamica venga
limitata a 16 bit. La riproduzione di file
audio in alta risoluzione rimane possibile
utilizzando l’uscita audio digitale tramite
connessione lightning/USB, quindi gli
appassionati possono utilizzare un iPhone come lettore in alta risoluzione collegandolo a un DAC esterno. La mancanza
però di supporto nativo in iOS 8 lascia
presumere che il lancio di un iTunes in
alta qualità sia ancora lontano. Certo basta un semplice aggiornamento software
a ribaltare la situazione.
Punk, il diffusore
“spacca timpani”
Punk (70 euro) è il nuovo diffusore
compatto presentato da Sol Republic:
sta nel palmo di una mano e che si
può trasportare facilmente. La sua
finitura è studiata per resistere all’acqua, agli urti e alla polvere; la batteria
ricaricabile integrata ha autonomia
fino a 8 ore mentre il collegamento è
tramite Bluetooth oppure con il normale cavetto minijack. Sol Republic
definisce il suo nuovo gioiello come
“ferociously loud”, ovvero capace di
riprodurre musica con grande impatto
sonoro. E per spiazzare i concorrenti
Sol Republic cita la potenza maggiore
del 75%, l’autonomia doppia e la
portata wireless assai maggiore di
altri diffusori della categoria. Punk
arriverà a metà ottobre e si potrà scegliere in sette diversi colori: nero, blu
Horizon , rosso Fluoro, Cargo, Navy,
Lemon Lime e verde Ion.
Un DAC/amplificatore per cuffie
per iOS con connettore lightning
di Beyerdynamic, visto a IFA 2014.
TEST
Panasonic All
segue Da pagina 48 

complessivamente il risultato è buono.
Si apprezza l’estensione della riproduzione sonora
ben oltre le dimensioni fisiche del diffusore. Probabilmente l’accordo reflex posteriore richiederebbe una
maggiore cura nell’installazione, ma si tratta di una
condizione che il progettista non dovrebbe imporrea
un diffusore di questo tipo. Passando a musica Flac
più impegnativa migliora qualcosa in gamma bassa
ma al tempo stesso servirebbe più precisione sugli
acuti. Complessivamente il rapporto qualità/prezzo è
corretto ma la concorrenza è molto agguerrita.
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Il modulo ALL1C, esalta i Flac
valida alternativa per l’uso casalingo alle tante chiavette per pc con convertitore integrato, che spesso
costano molto di più e obbligano a impegnare una
porta USB del pc. il rapporto qualità/prezzo però non
ci sembra dei più favorevoli, anche se purtroppo i pochi concorrenti sono allineati
Un buon inizio in un mercato già affollato
Questo apparecchio è destinato ad alimentare con
musica liquida un sistema stereo già esistente e si
inserisce perfettamente in un sistema multiroom con
i diffusori ALL. Il modulo ha ingombro ridotto e non
dovrebbe essere difficile aggiungerlo a un sistema
stereo o diffusori amplificati. Per l’ascolto abbiamo
usato i convertitori interni e i risultati all’ascolto sono
notevoli: i brani Flac a 96 kHz vengono riprodotti in
modo impeccabile, proprio come ci si aspetta da registrazioni di alto livello. Evidentemente lo stadio D/A è
ben realizzato e non deluderà anche con i migliori sistemi stereo. Molto buona anche la resa con la musica
da iTunes, nonostante non siano dichiarati particolari
circuiti di miglioramento dei brani musicali compressi.
Da questo punto di vista il modulo Panasonic è una
Il sistema Panasonic ALL ci è sembrato un buon esordio nel settore dei diffusori connessi in rete per il marchio, un ingresso che avviene però in un mondo dove i
concorrenti sono molti e assai temibili. Nell’ambito del
multiroom infatti Sonos Play:1 è più completo e flessibile, un po’ per le dimensioni un po’ per le caratteristiche. All’interno della gamma il modello più riuscito è
a nostro parere il 3: dimensioni compatte, prestazioni
discrete e rapporto qualità/prezzo molto interessante. Il modello 8 costa relativamente poco rispetto ai
principali concorrenti, ma offre prestazioni non molto
dissimili dal modello più piccolo e la resa varia molto
in base alla qualità di partenza della sorgente. Infine
il modulo 1C ha un prezzo elevato però si comporta
molto bene con la musica Flac: potrebbe essere una
buona scelta per chi desidera solo aggiungere la sorgente “liquida” a un sistema stereo di livello medioalto già esistente.
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